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Architettura ecosostenibile

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Academic year: 2021

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ARCHITETTURA

ECOSOSTENIBILE

Tesi di Laurea Specialistica in Architettura

Relatore della tesi: Luigi Mario Spinelli

Correlatori: Barbara Croce, Alessandro Verga

Laureanda:

Francesca Gambiasio

matricola:780868

P

OLITECNICO

DI

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ERRITORIALE

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CUOLA

DI

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RCHITETTURA

E

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OCIETÀ

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INDICE

1_ Storia della villetta a schiera 4-9

2_ L’edificio passivo 10-11

Condizioni climatiche locali 12

Orientamento dell’edificio e disposizione deilocali 13

Rapporto tra superficie e volumetria 14

Elimazione di ponti termici 15

3_Case in legno 16

Blockhaus o longhouse 17

Balloon frame e platform frame 18

Sistma a parete lamellare portante 19

Sistemiintelaiati, travi pilastri 20-21 4_I punti delicatidella costruzione in legno 22-25 5_Tecnologia 26-37 6_Riferimenti architettonici 38-39 Villa Mairea 40-42 Casa Mosman 43-44 Casa zero Energy 45-47 7_Comunedi Almenno San Bartolomeo piano di governo del territorio 48-53 8_Progetto 54

Climate consultant 55-57 Territorio: Bergamo 58-59 Almenno San Bartolomeo 60-61 Fotografie del lotto 62-69 Progetti 70-99 9_Certificazioni Energetiche 100-101 Regione Lombardia 102 Cened 103-104 CasaClima 105-107 10_Cosa è Cambiato nel progetto dopo il risultato di Casaclima 108-117 11_Progetto Energetico, componenti tecnologici 118

La pretemperazione geotermica diretta o pozzo canadese 119-120 Ventilazione meccanica controllata 121-124 Pompa di calore 125-127 Fotovoltaico integrato 128-129 Serra solare 130-133 12_Materiali utilizzati 134 Legno 135-136 Lana 137

2

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Fibra di legno 138 Vetrocellulare 139 Cartongesso 140 Intonaco 141 Serramenti 142-147 Bibliografia 148

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1.STORIA DELLE

CASE A SCHIERA

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La casa a schiera che noi conosciamo, deriva dalle continue trasformazioni della casa singola. La sua origine europea risale addirittura all’Alto Medioevo e si è sviluppata grazie alla forma-zione di classi di artigiani che realizzavano le proprie abitazioni lungo le vie d’accesso dando origine ai borghi, insediamenti line-ari aderenti al percorso. Con la realizzazione della casa Georgia-na in Inghilterra si arriva ad uGeorgia-na idea di casa a schiera più viciGeorgia-na a quella dei giorni nostri. Durante il ‘700 infatti la casa londinese è realizzata su un lotto stretto e profondo così che sul lato più corto si avesse l’accesso sulla strada mentre sull’altro lato si po-tesse inserire un giardino privato. All’interno della casa vi erano due stanze per piano e ogni piano aveva una funzione , uno per mangiare uno per dormire e uno per ricevere. Questo modo di concepire l’abitazione si mantiene per tutto l’800 in Inghilter-ra. Durante la rivoluzione industriale nasce la casa vittoriana , questa è molto più scarna di quella dell’700 ha meno stanze ed è più piccola. I quartieri che ne derivano sono quartieri affollatissi-mi di case, serviti da una rete capillare di strade. La dimensione media degli alloggi varia da 70 mq a 120mq. Altre forme di case a schiera sono presenti nei quartieri operai . Negli anni trenta si affaccia sul edilizia delle case unifamiliari la città giardino, l’idea è quella di decentrale le abitazioni dalla città per poter aver più spazio per avere zone verdi all’interno del quartiere. Questo tipo di operazione è finanziato dalla nuova classe media che viene a crearsi con la rivoluzione industriale mantenendo l’ideale di vita comunitaria e la solidarietà d’impresa già presenti nelle prece-denti architetture a schiera. Lo studio per migliorare i quartieri continua e arriva alla realizzazione dei Close, essi sono realizzati per una classe media che aspira ad un grado di rappresentati-vità superiore alle possibilità economiche individuali. Gli spazi comuni diventano più grandi e viene realizzato uno spazio a fondo chiuso che è semipubblico visivamente autonomo dalla strada arredato con alberi e giardini. In America invece portano avanti l’idea di città giardino due progettisti : Clarence Stein e Henry Wright impegnati fino agli anni ’20 nella realizzazione di edilizia a basso costo. La loro idea di edilizia a schiera ha fermi i seguenti punti: cinture verdi, comunità di dimensioni limitate e il decentramento delle attività produttive. Alla fine degli anni venti l’America aveva immatricolato un alto numero di automobili e i quartieri delle case a schiera che erano stati progettati come luo-ghi di pace e tranquillità erano ormai invasi delle macchine che portavano rumore gas nocivi e parcheggiavano sugli spazi de-stinati ai giardini. Due furono i grandi progetti realizzati in quel periodo come città giardino in America : Radburn e Baldwin Hill Village , il primo venne realizzato nel 1929 dalla City Housing Corporation di NewYork nel New Jersey. L’architetto è Clarence Stein, egli sviluppa il suo progetto basandosi su cinque punti : il super isolato, specializzazione delle strade, circolazione lo-cale suddivisa tra strade veicolari di servizio e quelle pedonali, abitazioni a pianta ribaltata e il parco come spina dorsale del progetto. Le schiere di Radburn sono realizzate in piccole unità e questo porterà ad una più libera circolazione dei pedoni e una maggiore quantità di spazio verde tra una gruppetto di case e l’altro. Le scelte che fece questo architetto si slegarono dai rigidi schemi delle case giardino o delle case a schiera operaie che creavano lunghissimi fronti nei quartieri esse ebbero un grande successo soprattutto per il loro schema libero e aperto. Il secon-do villaggio che venne realizzato fu Hill Village nel ’41 e Los Angeles , questo progetto è ancora oggi considerato un progetto all’avanguardia e viene studiato in tutte le sue forme. All’interno del complesso vi è un unico super isolato dove ai margini vi

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La casa a schiera che noi conosciamo, deriva dalle continue trasformazioni della casa singola. La sua origine europea risale addirittura all’Alto Medioevo e si è sviluppata grazie alla formazione di classi di artigiani che realizzavano le proprie abitazioni lungo le vie d’accesso dando origine ai borghi, insediamenti lineari aderenti al percorso. Con la realizzazione della casa Georgiana in Inghilterra si arriva ad una idea di casa a schiera più vicina a quella dei giorni nostri. Durante il ‘700 infatti la casa londinese è realizzata su un lotto stretto e profondo così che sul lato più corto si avesse l’accesso sulla strada mentre sull’altro lato si potes-se inpotes-serire un giardino privato. All’interno della casa vi era-no due stanze per piaera-no e ogni piaera-no aveva una funzione , uno per mangiare uno per dormire e uno per ricevere. Que-sto modo di concepire l’abitazione si mantiene per tutto l’800 in Inghilterra. Durante la rivoluzione industriale na-sce la casa vittoriana , questa è molto più scarna di quella dell’700 ha meno stanze ed è più piccola. I quartieri che ne derivano sono quartieri affollatissimi di case, serviti da una rete capillare di strade. La dimensione media degli alloggi varia da 70 mq a 120mq. Altre forme di case a schiera sono presenti nei quartieri operai . Negli anni trenta si affaccia sul edilizia delle case unifamiliari la città giardino, l’idea è quella di decentrale le abitazioni dalla città per poter aver più spazio per avere zone verdi all’interno del quartiere. Questo tipo di operazione è finanziato dalla nuova classe media che viene a crearsi con la rivoluzione industriale mantenendo l’ideale di vita comunitaria e la solidarietà d’impresa già presenti nelle precedenti architetture a schie-ra. Lo studio per migliorare i quartieri continua e arriva alla realizzazione dei Close, essi sono realizzati per una classe media che aspira ad un grado di rappresentatività superiore alle possibilità economiche individuali. Gli spazi comuni diventano più grandi e viene realizzato uno spazio a fondo chiuso che è semipubblico visivamente autono-mo dalla strada arredato con alberi e giardini. In America invece portano avanti l’idea di città giardino due progettisti : Clarence Stein e Henry Wright impegnati fino agli anni ’20 nella realizzazione di edilizia a basso costo. La loro idea di edilizia a schiera ha fermi i seguenti punti: cinture verdi, comunità di dimensioni limitate e il decentramento delle at-tività produttive. Alla fine degli anni venti l’America aveva immatricolato un alto numero di automobili e i quartieri delle case a schiera che erano stati progettati come luoghi di pace e tranquillità erano ormai invasi delle macchine che portavano rumore gas nocivi e parcheggiavano sugli spazi destinati ai giardini. Due furono i grandi progetti realizzati in quel periodo come città giardino in America : Radburn e Baldwin Hill Village , il primo venne realizzato nel 1929 dalla City Housing Corporation di NewYork nel New Jersey. L’architetto è Clarence Stein, egli sviluppa il suo progetto basandosi su cinque punti : il super isolato, specializza-zione delle strade, circolaspecializza-zione locale suddivisa tra strade veicolari di servizio e quelle pedonali, abitazioni a pianta ribaltata e il parco come spina dorsale del progetto. Le schiere di Radburn sono realizzate in piccole unità e que-sto porterà ad una più libera circolazione dei pedoni e una maggiore quantità di spazio verde tra una gruppetto di case e l’altro. Le scelte che fece questo architetto si slegarono dai rigidi schemi delle case giardino o delle case a schiera

operaie che creavano lunghissimi fronti nei quartieri esse ebbero un grande successo soprattutto per il loro schema libero e aperto. Il secondo villaggio che venne realizzato fu Hill Village nel ’41 e Los Angeles , questo progetto è an-cora oggi considerato un progetto all’avanguardia e viene studiato in tutte le sue forme. All’interno del complesso vi è un unico super isolato dove ai margini vi sono alternati spazi di garages e zone verdi ,la maggior parte delle case sono due piani legate a cellule abitative di un solo piano. Le case hanno dei fronti continui omogenei, la struttura è in legno intonacata con piccole aperture vi sono pergole , bal-coni e portici che completano il progetto delle case a schie-ra. Anche se le zone di parcheggio sono grandi e spaziose non danno il senso di vuoto e squallore tipico dei parcheggi destinati alle auto.

Il Movimento Moderno

I congressi di Francoforte e Bruxelles

Nel 1929 a Francoforte vi è il secondo congresso Inter-nazionale di Architettura Moderna, si discute di alloggi minimi ed edilizia popolare , perlopiù vengono studiati i casi Realizzati in Europa e vengono proposti dei prototipi, solo con il congresso a Buxelles viene affrontato il proble-ma della tipologia delle case unifamiliari discutendo sulle altezze relative ad esse. Due relatori di spicco snocciolano le loro idee sul tema: Gropius e Le Corbusier , entrambi sono favorevoli alle case unifamiliari sviluppate in altezza, questa novità non è certo da poco poiché fino ad allora chi ha costruito ha sempre tenuto conto del rapporto tra suolo e edificio, ora con queste proposte si pensa di realizzare edifici multipiano , questo argomento di discussione sarà dal primo dopoguerra uno dei campi di applicazione della ricerca del movimento modrno.

Il Weissenhof di Stoccarda e l’Esposizione di Vienna Con il Weissenhof vi è il primo confronto internazionale degli architetti moderni dedicato al tema dell’abitazione relativo alle residenze individuali. Vengono presentate case unifamiliari isolate o abbinate tra le più famose proposte vi sono la casa in linea di Mies van der Rhoe , le cinque case di Old, le villette di Mart Stam e la provocazione della doppia casa presentata da Le Courbusier. Durante l’ultima esposizione internazionale a Vienna realizzata nel ’32 a cavallo dello scoppio della seconda guerra mondiale Il cli-ma che si respira è altamente conservatore e lo scontro tra fautori dell’edilizia multipiano e quelli della casa individua-le si svolge soprattutto sul campo dell’economia e su quello della tecnica. I nazionalsocialisti per ragioni propagandi-stiche si appropriano dell’ideologia della casa individuale che si contrappone al presunto collettivismo dei più noti quartieri operai.

Olanda

La cultura delle città giardino trova dell’Olanda un paese ricettivo e fecondo dove la tematica del quartiere operaio venne realizzata già nel 1902. Tra le due guerre mondiali questo paese, grazie al clima culturale favorevole porta avanti degli esperimenti architettonici nel campo tecno-logico e nella ricerca tipologica favoriti anche da spiccate personalità di alcuni progettisti e dal grande numero di esperimenti poi realizzati. Tradizionalisti e moderni, artisti , economi e politici collaborano per la creazione di una nuova visione di architettura ne derivano i quartieri

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no olandesi frutto di una mediazione tra villaggio semirura-le e il quartiere operaio. Tra semirura-le realizzazioni più importanti vi sono è il Quartiere Vreewijk a Rotterdam progettato da Granpré Molièr nel ’19 Il quartiere Nieuwendam realizzato nel ’26. Vi è una ricerca degli standards minimi che porta alla creazione di edifici a due piani anche per alloggi più piccoli sovrapponendoli ma mantenendo l’indipendenza degli accessi con un doppio sistema di scale. Oud fu il più influente architetto olandese, egli fece parte al De StiJl realizzandole case gradonate per Scheeweningen mante-nendo il tetto tradizionale a capanna, mentre nelle case di Kiefhoek realizzate nel ’29 viene utilizzato il tetto piano inoltre viene accentuato l’orizzontalità della schiera a di-scapito dell’individualità delle cellule abitative.

Francoforte

Anche in questa città vengono realizzati molti esempi di ar-chitettura a schiera. Grazie ad un piano urbanistico massic-cio vengono realizzati in due anni ottomila alloggi e se ne programmano altri sedicimila, nella sola valle della Nidda vengono realizzati i quartieri di Romerstadt, Praunheim e Westhausen collegati tra loro da una rete viaria e da un sistema di green belt. Vengono previsti dei procedimenti costruttivi standar suddivisi per categorie, vi sono tre tipi edilizi: case ballatoio, case in linea e case a schiera. Le ulti-me sono a loro volta suddivise per diulti-mensione e ve ne sono di sei tipi che vanno dai 56 ai 115 metri quadri e variano dal numero di piani a seconda della grandezza del nucleo famigliare. Con Francoforte si conclude l’esperienza dell’i-solato che costituisce il rapporto fronte-retro-strada-corte e interno-esterno per passare alla completa uniformità e rigidità dei quartieri del dopoguerra annullando le differen-ze tra gli spazi.

Le Courbusier

Tra i più studiati architetti che si occuparono dell’edili-zia unifamiliare c’è certamente questo architetto francese come primo esperimento progetta a Bordeaux nel ’24 130 alloggi, ma per diversi problemi è costretto a dimezzare gli alloggi. Tre sono i tipi di edifici che vengono alla luce: case doppie a tre piani , schiere a due piani e case individuali a due piani. Il modulo è alla base della sua progettazione definita a campate quadrate di cinque metri più facilmente aggregabili alle forme “L” e a “Z”. Non tenendo conto del contesto culturale presente queste abitazioni sono state oggetto di modifiche da parte degli abitanti che ne hanno sradicato l’idea iniziale. Nel 1933 vengono realizzate a Bar-cellona le case a schiera di tre piani in alternativa ai grandi edifici multipiano molto cari all’architetto ma non accet-tabili dal punto di vista tecnico del contesto. Per aumen-tare la densità del quartiere gli alloggi sono uniti schiena contro schiena mettendo dei portici e vani scala aperti per garantire la ventilazione degli edifici, il risultato è un tessuto ad altissima densità compatto e omogeneo dove l’unità di misura del piano è dato dal modulo della casa a fronte stretto.

Edilizia a schiera del dopoguerra

Dopo la guerra ogni Stato adotta dei programmi per la ricostruzione delle proprie città caratterizzati da una profonda riorganizzazione del settore pubblico. Gli alloggi popolari che ogni Stato realizza per la popolazione che non ha possibilità economiche prende spunto dal CIAM. Pubbli-cazioni di unita abitative con normative tecniche e nuovi standards dimensionali vengono adottati dagli Stati per la

realizzazione di edifici, la tipologia dell’edilizia unifami-liare nei programmi pubblici è molto presente e raggiunge punte massime dopo il 1960, ma rimane sempre in secondo piano. La tipologia della casa a schiera con giardino viene vista soprattutto per quelle tipologie di famiglie che hanno bisogno di grandi spazi o a contatto con il suolo(famiglie numerose, anziani, etc.) che si mantengono in una fascia di utenza limitata. La progettazione urbanistica si occupa soprattutto di grandi edifici multipiano , che fanno fronte al bisogno di grandi complessi per le persone che hanno perso la casa durante la guerra, la ricostruzione durerà fino agli anni ’60. In Italia il piano INA CASA realizza case a schiera decentrando gli interventi e legandoli all’edilizia locale, stimolando i progettisti alla ricerca di nuove tipolo-gie di casa, nella maggior parte delle realizzazioni si sfalsa il fronte, si elaborano nuove soluzioni per la copertura , si cerca di creare dei piccoli spazi urbani utilizzando gruppi di case unifamiliari mantenendo la scala di paese. Le prime proposte di unità di abitazione mista si hanno negli anni ‘60 co il progetto per Secondigliano con il progetto del gruppo Benevolo, Giuralongo e Melograni dove si cerca di creare una casa a schiera con densità elevate e non richiede un rapporto diretto con il giardino. Nasce la casa a tre piani utilizzando un lotto di notevole profondità dove al piano interrato vi sono i garage la zona lavoro e la sala-gioco per i ragazzi mentre al piano primo vi è la zona giorno. Ogni Stato oltre promuovere e realizzare le nuove abitazioni convenzionate ne emanava degli standards dimensionali che venivano applicati anche nel settore privato. Le prime case a schiera dal ’20 al 40’ ampliarono la superficie mi-nima, ma dopo la guerra le dimensioni ritornarono quelle minime, l’alloggio minimo per quattro persone che venne discusso durante il 2°CIAM arrivo ad avere una superficie di 64 metri quadri. Per ogni paese si crearono standards minimi e massimi per le abitazioni, a volte arrivando a nor-mare ogni stanza della casa, in Inghilterra dove le abitazio-ni a schiera erano percentualmente più numerose queste restrizioni sulle dimensioni variavano dalle tipologie di alloggio. L’Inghilterra gioca un ruolo da protagonista nella ricerca riferita all’edilizia orizzontale ad alta densità, le costruzioni degli anni ’50 dove venivano realizzati quartie-ri suburbani pquartie-rivi di vequartie-ri spazi pubblici attrezzati, applicati rigidi standards e dove la realizzazione tecnica dell’edificio era molto diversa da quella che doveva essere nel progetto architettonico subì molte critiche nei primi anni ’60. Nono-stante questo lo Stato inglese intervenne puntando soprat-tutto sull’aumentare la densità edilizia preoccupato per l’uso antieconomico del suolo ,il risultato fu una massiccia introduzione dell’edilizia multipiano. La ricerca di edifici unifamiliari si portò su un livello più alto proiettato alla ricerca di strutture complesse utilizzando molto spesso delle griglie e strutture modulari per la progettazione dove si utilizzava il meno possibile il suolo interrando i garages e facendovi passare al disopra le strade pedonali , dove le file di case a schiera si potevano associare per accedere ad una comune zona verde etc. Negli anni ’70 dopo che l’Europa Occidentale è stata investita dalla crisi il settore residenziale pubblico subisce una profonda ripercussione sulla qualità e la quantità di edifici costruiti, inoltre si inco-mincia a guardare con diffidenza agli interventi di grandi dimensione slegati dal contesto urbano preesistente e si è andato alla ricerca dei problemi riguardanti la

comunica-dimensione slegati dal contesto urbano preesistente e si è andato alla ricerca dei problemi riguardanti la comunica-

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zione e il linguaggio fra l’architettura e il luogo abbando-nando così lo studio tipologico abitativo.

Quartieri realizzati in Italia

Quartiere Cesate, Milano realizzate nel 1957. Sono villette a schiera a due piani con all’interno la scala elicoidale, i servizi sono affacciati all’esterno e il parcheggio è riservato solo alle moto. Il quartiere è stato realizzato dall’INA CASA e rappresenta uno dei più grandi insediamenti realizzati dallo Stato. Le case a schiera sono collegate tra loro con una fitta rete di strade ciclabili. L’architettura ha una so-stanziale unità di impianto variata negli aspetti, nonostante vi siano un numero di tipologie limitate. Per la realizza-zione di questo quartiere vi hanno partecipato l’architetto Franco Albini , Gardella e il gruppo BBPR. La pianta utiliz-zata e quella ad “L” negli alloggi che consente un maggior orientamento a Sud.

Nebbiara ,Reggio Emilia ,cooperativa Architetti e Ingegneri R.E.1961. Tipologia a schiera su due piani, vi è una scala è longitudinale ad una rampa, i servizi igienici sono are-ati indirettamente mentre i parcheggi sono esterni e in comune. Questo è uno dei pochi esempi dove l’utenza ha avuto un dialogo con chi progettava le proprie abitazioni, contribuendo ad ottenere un risultato positivo sia nell’orga-nizzazione generale che come studio delle soluzioni parti-colari. L’area verde comune è il centro della composizione residenziale, le fasce perimetrali sono destinate ai giardini privati e ai servizi pubblici. L’alloggio è su due piani, il soggiorno contiguo alla sala da pranzo è ad una quota più elevata esso comunica con le stanze sovrastanti . utilizzo di mattone sia come rivestimento interno ed esterno.

Residenza Villa ADA, Roma 1969 di Piero Maria Lugli e asso-ciati. Le abitazioni si presentano a schiera su due piani con seminterrato, la scala è trasversale a due rampe, mentre i servizi sono affacciati all’esterno, i garages sono privati e hanno un passaggio condominiale. Il preciso piano di dettaglio alla quale questa residenza si attiene impedisce una vera e propria affermazione dell’edificio di caratte-re privato infatti esse vengono inserite in un contesto di palazzine che pur essendo di qualità impediscono un vero e propri ambito privato. Il fronte privato si affaccia su una zona verde condominiale che non consente la realizza-zione di giardini privati o separati, vengono poi usati dei dettagli costruttivi comuni che tolgono personalità all’edi-ficio singolo. Vi è un’innovazione nella realizzazione delle autorimesse che evitano di togliere spazio ai fronti, grazie alla realizzazione di una galleria con ingresso e uscita alle due estremità dl lotto. L’Accesso al garage è accessibile dal piano terreno e dove a fianco vi è una camera ospiti o di servizio .

Marino ,Roma di Giuseppe Rinaldi 1977. Villette a schiera a piani sfalsati con cinque livelli, vi è una scala longitudinale a due rampe, con i servizi affacciati all’esterno e l’autori-messa è vicina all’ingresso principale. Gli edifici sorgono su un’ area posta al limite del Lago Albano dove vi era un edificio preesistente. Le tre unità sono state pensate per soggiorni brevi stagionali, ma possono servire anche come abitazioni permanenti grazie alla vicinanza della città e le attrezzature presenti. L’edificio si sviluppa su livelli sfalsa-ti, vi è un giardino pensile da dove si accede all’abitazione la camera matrimoniale è situata al livello più alto mente le camere singole con bagno sono sotto al soggiorno. La scala

è la protagonista del progetto perché serve tutti gli ambien-ti e li mette in comunicazione spazialmente e visivamente. Gli elementi più caratteristici sono i terrazzi ampi posti vicino agli ingressi.

camere singole con bagno sono sotto al soggiorno. La scala

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2.L’EDIFICIO

PASSIVO

Standard e requisiti

I fattori da considerare

nella progettazione di

un edificio passivo sono i

seguenti

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ORIENTAMENTO DELL’EDIFICIO

ELIMINAZIONE DEI PONTI TERMICI

CONDIZIONI CLIMATICHE LOCALI

RAPPORTOTRA SUPERFICIE E

VO-LUMETRIA

11

11

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CONDIZIONI CLIMATICHE LOCALI

Un elemento fondamentale per il risparmio energetico è che il progetto venga realizzato tenendo conto delle condizioni climatiche del luogo. Per l’edificio passivo questo è un punto fondamentale, molti esempi che ci vengono proposti sono progettati e costruiti per un clima continentale poiché sono realizzati nell’Europa Centrale che presenta degli aspet-ti molto diversi dal clima dell’Italia peninsulare. Il clima continentale è più rigido, gli inverni sono più lunghi e freddi, le temperature minime sono molto più basse e in media si usa per più tempo il riscaldamento rispetto al clima mediterraneo, inoltre vi sono più precipitazioni durante l’anno. I gradi giorno sono un grossolano indicatore delle condizioni climatiche locali, un alto numero di gradi giorno indica un clima invernale freddo e un’ elevata rilevanza del “riscaldamento”. In base ai gradi giorno in Italia vengono distin-te sei zone climatiche e per ogni zona i periodo di riscaldamento varia dai 105 ai 200 giorni (per fare un parago-ne la media tedesca è di 225 giorni). Anche le temperature medie mensili dell’aria esterna, l’irradiazione globa-le su superfici verticali differenziate secondo l’esposizione, la velocità del vento e l’irradiazione solare giornaliera devono essere tenuti presenti quan-do si progetta e questi dati vengono

riportati nella norma UNI 10349 per tutti i capoluoghi di provincia italiani. Le condizioni climatiche dunque sono fondamentali per una buona proget-tazione tenendo conto che nel nord Italia il riscaldamento invernale è il fattore che incide maggiormente nei consumi mentre se si scende al centro-sud il raffrescamento estivo ha pari rilevanza del riscaldamento al nord. Un elemento fondamentale per gli edifici solari che influenzano il risparmio di riscaldamento sono gli apporti energe-tici solari, il loro problema è che non sono costanti nel tempo e non arriva-no in forma concentrata, essi varia-no dalla stagione, dalla nuvolosità e dalla riflettanza delle superfici. Con la piantagione di alberi e siepi in deter-minati orientamenti accanto alla casa possono variare il microclima interno dell’edificio, per esempio piantando a nord della casa alberi sempre verdi si può creare una barriera contro il vento freddo proveniente da nord. Tutti que-sti particolari e molti altri sono impor-tanti per avere un edificio che riesca a fronteggiare tutti gli elementi negativi del luogo e sfruttare quelli positivi.

REQUIS

ITI

(13)

ORIENTAMENTO DELL’EDIFICIO

E LA DISPOSIZIONE DEI LOCALI

Il sole sorge in inverno a Sudest e tra-monta a Sudovest, la facciata esposta a Sud è dunque l’unica a ricevere le radiazioni solari tutto il giorno inoltre il sole incide quasi perpendicolarmente sulla facciata a causa della sua bassa posizione, così le finestre situate in questa posizione fanno penetrare i raggi solari fino nella profondità delle stanze. Questo comporta un la maggior apporto solare dell’edificio proprio in inverno mentre in estate i raggi sono più inclinati e sono facilmente bloc-cabili con un aggetto dalla finestra, mentre in primavera e in autunno gli apporti sono distribuiti egualmente. L’orientamento verso Sud allora è l’i-deale per una casa passiva, infatti ogni tipologia di casa passiva è orientata a Sud se è possibile. Molto utile si è poi dimostrata la suddivisione degli alloggi in differenti zone termiche disponendo sapientemente i locali presenti nell’edi-ficio. I locali che richiedono più calore durante la giornata e quelli che vengo-no abitati per più ore al giorvengo-no come sala e cucina è buona norma metterli a Sud dove l’afflusso di Luce e di calore è maggiore, mentre i colcali di servizio camere o bagni che non richiedono un alto tasso di riscaldamento si dovrebbe posizionarli a Nord, dove assumono la funzioni di cuscinetti termici. In una casa passiva il ruolo di cuscinetto

termico è quasi inesistente poiché lo spesso isolamento evita l’entrata di grosse quantità di aria fredda e l’im-pianto di ventilazione distribuisce uni-formemente l’aria e il calore in tutto l’edificio passivo. Importante è inoltre l’inserimento delle scale nell’edificio soprattutto nelle palazzine residenziali infatti esse devono trovarsi o all’inter-no dell’involucro termico o interamen-te all’esinteramen-terno per evitare la dispersione termica.

REQUIS

ITI

(14)

RAPPORTO TRA

SUPERFI-CIE E VOLUMETRIA

La forma dell’edificio è un fattore determinate per il fabbisogno ener-getico dell’edificio. Sapendo che lo scambio termico tra l’interno e l’esterno avviene attraverso la su-perficie dell’involucro, più è elevata la superficie che racchiude il volu-me riscaldato tanto più c’è scambio di calore tra interno ed esterno. Si preferisce allora per un edificio ad alta efficienza una forma compatta diminuendo il più possibile le super-fici potenzialmente disperdenti. La formula che esprime la compattezza è il rapporto tra superficie e volume-tria (S/V) che per gli edifici passivi deve essere preferibilmente sotto allo 0,6. Questo rapporto è facile da otte-nere per quegli edifici come villette a schiera, palazzi residenziali, ma è più difficile ottenerlo per una villetta. Il progettista non è però vincolato ar-chitettonicamente da questo parame-tro, infatti balconi, terrazzi, aggetti etc. sono liberalmente progettabili poiché non influiscono sul comporta-mento termico dell’edificio.

REQUIS

ITI

(15)

ELIMINAZIONE DEI PONTI

TERMICI

LL’efficienza energetica di un

edificio passivo è basata

soprat-tutto su due elementi costruttivi:

l’involucro e le finestre.

L’invo-lucro ha il compito di ridurre

gli scambi termici dall’esterno

all’interno, soprattutto in

in-verno deve evitare le perdite

di calore mentre in estate deve

evitare il surriscaldamento delle

strutture. L’isolante deve

es-sere calcolato sulla superficie

esterna dell’edificio poiché per

le case passive è consigliato un

isolamento a cappotto esterno

alla struttura, questo involucro

non deva mai essere interrotto

per evitare i ponti termici. Sono

definiti ponti termici quelle zone

dell’involucro che hanno una

trasmittanza termica più

eleva-ta rispetto alla media, essi sono

degli elementi che non sono stati

termicamente isolati e attraverso

questi ponti il calore si diffonde

più rapidamente. Questi

elemen-ti dispersivi si possono trovare

soprattutto in corrispondenza

delle gronde, dei balconi o

co-munque quegli elementi che si

aggrappano alla struttura

spez-zando la continuità dell’isolante.

Oltre a disperdere il calore essi

possono favorire all’interno della

parete la condensazione del

va-pore provocando così la

creazio-ne delle muffe, questa situaziocreazio-ne

porta ad inumidire il materiale

isolante che perde le sue

carat-teristiche termoisolanti. Evitare

i ponti termici è fondamentale

per garantire ad un edificio il

massimo delle sue prestazioni

e scongiurare l’insalubrità della

casa e velocizzare il processo

di degrado della struttura. Gli

elementi solidi che compongono

la struttura ( architravi, pilastri,

pareti di tamponamento)

devo-no dunque trovarsi all’interdevo-no

dell’involucro termico e prestare

attenzione ai collegamenti tra gli

elementi costruttivi cioè dove è

più facile trovare i ponti termici,

l’inserimento di porte e finestre

deve seguire particolari elementi

costruttivi. Nonostante tutti

que-sti accorgimenti i ponti termici

non sono totalmente evitabili, i

punti più critici sono come già

accennato sono i collegamenti

tra gli elementi soprattutto tra

pareti e fondazione o tra pareti

e finestre, economiche e efficaci

per ovviare a questo problema

sono le seguenti soluzioni:

Montare finestre

all’estra-dosso della parete così che il

te-laio si a coperto almeno da 5cm

di isolamento termico.

Evitare il contatto dei

bal-coni con il solaio o costruirli

all’esterno dell’involucro termico

oppure realizzarlo su mensole

Realizzare una fascia

isolante sopra all’interrato

rea-lizzata con blocchi di cemento

alleggerito o elementi che

pos-siedono bassa trasmittanza.

REQUIS

ITI

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3.CASE IN LEGNO

Caratteristiche e tipologie

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BLOCKHAUS O LOG HOUSE

Sistema costruttivo tradizionale delle zone alpine e nord-europee. La costruzione è di tipo massiccio e presenta elementi lineari (tronchi) di legno di conifera orizzontali sovrapposti tra di loro a formare una parete in legno, col-legati con viti o cavicchi di legno. Gli elementi possono essere di due tipologie: tronchi di legno massiccio scor-tecciato oppure elementi squadrati. Tradizionalmente le strutture dei solai di interpiano e di copertura vengono realizzate con travi e semplice tavolato, la resistenza a carichi verticali è affidata alle pareti e eventuali pilastri interni. Occorre tenere conto del fenomeno del ritiro che è particolarmente sensibile in direzione ortogonale ri-spetto alla fibratura. Una struttura realizzata con questa tecnica può essere al massino alta dueo tre piani.

TIPOL

OGIE

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BALLOON FRAME E PLATFORM FRAME

Gli edifici costruiti piano per piano vengono denominati “platform frame” mentre solo occasionalmente, in genere in America, si utilizzano elementi di altezza pari a più piani questi vengono detti“balloon frame”. Questo è il sistema costruttivo più diffuso al mondo, grazie alla sua caratteristica di essere molto flessibile e molto leggero. Le pareti e i solai sono costituiti da intelaiature di elemen-ti di legno di piccola sezioneposelemen-ti ad interasse costante di 40-60 cm sulle quali da un lato o da entrambi i lati vengono collegati, con tanti chiodi o viti di piccolo diame-tro, dei pannelli di legno strutturale, ossia generalmente compensato o OSB. Con questa tecnica si può arrivare ad un’altezza di quattro piani.

TIPOL

OGIE

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SISTEMA A PARETE LAMELLARE PORTANTE

Pannelli costituiti da strati incrociati di tavole in legno massiccio, chiodate o incollate, il setto portante si pre-senta “pieno”, dotato di buona stabilità dimensionale e con “massa” elevata. Il numero di strati è sempre dispari e varia per il numero di strati che vengono aggiunti. Vie-ne utilizzato il legno massiccio di abete, ma si possono utilizzare sia pannelli in larice, pino o douglasia. questo sistema costruttivo nasce verso la fine degli anni ’90 in Austria e Germania, questo sistema costruttivo concet-tualmente è simile ad un edificio in muratura. In questo caso non vi sono limitazioni per il numero di piani.

TIPOL

OGIE

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SISTEMI INTELAIATI TRAVI PILASTRI

Questo sistema di costruzione presenta una maggiore flessi-biità architettonica, mentre per i collegamenti rigidi necessi-ta, per motivi di carattere strutturale, dell’uso di elementi di irrigidimento della maglia

costruttiva sia nel piano verticale che in quello orizzontale. Gli elementi di controvento possono essere realizzati con aste di legno, con pannelli strutturali a base di legno, o con croci in acciaio. Anche in questo caso la struttura realizzata con questa tecnica può sopportare il peso di due o tre piani.

TIPOL

OGIE

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4. I PUNTI

DELICATI DELLA

COSTRUZIONE

IN LEGNO

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Costruire utilizzando il legno è una pratica an-tica e molto usata, il legno però è un materiale degradabile se non viene preservato da certi elementi come per esempio l’acqua, l’umidi-tà o l’aria. Quindi l’impiego del legno per le strutture o per i rivestimenti non lascia spazio all’improvvisazione, è importante conoscere l’essenza del legno e l’eventuale trattamento utilizzato, le dimensioni per il tasso di umidi-tà dato e conoscere gli elementi metallici che vengono inseriti al suo interno. Come punto fondamentale è evitare che il legno venga in contatto con l’acqua quindi l’impermeabilità all’acqua è fondamentale, le pareti esterne delle abitazioni a struttura in legno sono gene-ralmente ben isolate, ma un infiltrazione può causare una riduzione delle prestazioni. Esse si trovano più spesso all’attacco con il basamen-to, al livello dei solai e delle falde di copertura oppure a livello degli infissi e degli avvolgibili. E’ buona norma evitare che la pioggia battente e gli schizzi di pioggia siano direttamente a contatto con la parete in legno allontanando il corrente inferiore di almeno 20 cm dal suolo. Mentre per il problema della risalita d’acqua per capillarità si consiglia la realizzazione di una barriera impermeabile tra il corrente infe-riore e la muratura oppure mettere la barriera nella parte bassa della struttura con un rialzo di circa 30 cm. Per ottenere una buona imper-meabilità all’aria bisogna avere il pieno con-trollo costruttivo dell’insieme dei collegamenti dell’involucro che devono essere attentamente studiati nella fase di progettazione e realizzati molto accuratamente. Le infiltrazioni si posso-no verificare tra l’unione di due pannelli, dove vi è un impianto che deve essere isolato oppu-re quando vi è un collegamento tra struttura e infisso. La condensa è un altro fattore da evi-tare assolutamente in una struttura di legno, essa appare quando la temperatura della parete è inferiore al punto di rugiada. Le strutture in legno non presentano mai condensa sulla

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rete ma talvolta si presenta al suo interno causando molti danni tra questi vi è l’alte-razione delle caratteristiche dei materiali, la nascita di muffe e putrefazione e lo scol-lamento dei rivestimenti. Questo tipo di degrado è molto grave perché spesso resta invisibile per molto tempo danneggiando irreparabilmente la struttura, per evitarlo basterebbe inserire una barriera al vapore continua davanti all’isolante, sul lato inter-no. Per quanto riguarda la protezione degli incendi di una struttura bisogna tener pre-sente che la resistenza all’azione del fuo-co e la sua reazione varia dalla classe del materiale utilizzato che va da un M1 che è praticamente incombustibile ad un M3 (un materiale mediamente infiammabile) che può avere un’ottima resistenza al fuoco e questo è il caso delle strutture in legno. Il potere calorifero che il legno e i suoi pro-dotti derivati possono avere è 17MJ/kg che è un valore superiore al limite previsto per i materiali incombustibili che è di 2,5 MJ/ kg. A seconda dell’essenza e della dimen-sione il legno da costruzione appartiene alle classi M3 o M4 con un trattamento di

ignifugazione si può arrivare a classificarlo M2 o perfino a M1. Come già detto il com-portamento del legno in caso di incendio varia in funzione dell’essenza, delle dimen-sioni e del tasso di umidità. I legni duri e densi si infiammano più difficilmente di quelli leggeri e teneri, la sua velocità di combustione durante un incendio si misu-ra con la velocità di combustione, cioè il tempo che impiega il fuoco a propagarsi a poco a poco nel materiale. Nel corso di un incendio la velocità di combustione segue normalmente una progressione lineare, durante la combustione si forma uno strato di carbone e l’acqua contenuta nel legno evapora, mantenendo la temperatura all’in-terno del locale. Lo strato carbonizzato che ha conducibilità molto più bassa del legno rallenta l’avanzare del fuoco proteggendo gli strati interni, la resistenza meccanica degli elementi non si altera sotto l’effetto della temperatura , deformandosi in modo lieve anche se l’incendio dura a lungo, a differenza delle strutture in acciaio esse non crollano all’improvviso.

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5. TECNOLOGIA

THOMA

Caratteristiche e tipologie

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La casa in legno presenta una “propensione” al risparmio energetico molto elevata. La stragrande maggioranza delle case in legno sono progettate per avere valori di trasmit-tanza termica molto basse.

Le proprietà del legno fanno si che le strati-grafie “leggere” si comportino molto bene dal punto di vista energetico sia in condizioni estive che invernali. Importante è il controllo della ventilazione e delle condizioni di umi-dità interne, col una verifica precisa dell’as-senza di condensa nelle stratigrafie.

La conduttività termica delle strutture in legno dipende molto dal grado di vapore pre-sente nelle stesse. Le case in legno possono essere associate a infissi di ottima qualità e ad impianti molto evoluti, anche di tipologia “passiva”.

Le case in legno hanno standard costrutti-vi molto elevati per cui costrutti-viene diminuito il rischio della “posa in opera” che può avere gravi conseguenze sui valori finali di trasmit-tanza delle componenti edilizie.

Le case in legno presentano ottimi valori di fonoassorbimento. Semplicità di inserimento degli impianti attraverso appositi vani tecni-ci.

Le case in legno possono essere modulari e quindi possono essere adeguate ad amplia-menti volumetrici

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Attualmente in Alto Adige ricrescono in un anno ca. 950.000 mc. di legname. Parallelamente vengono consumati ca. 530.000 mc. di legna-me per gli impieghi piú svariati. In sole 2 ore ricresce la quantitá di legno necessaria per costruire una casa in legno unifamiliare. L’ inte-ra struttuinte-ra portante (pareti, solai e copertuinte-ra) è composta da lastre multistrato in legno massiccio. Le lastre con spessore dai 25 a 50 mm a loro volta sono collegate tra di loro senza l’ ausilio di colle, leganti, elementi metallici o quant’ altro. A differenza degli elementi multistra-to, chiamati anche XLAM, gli elementi THOMA100 sono collegati tra di loro da tasselli in legno di faggio con diametro di ca. 20mm. I tasselli asciutti vengono compressi e inseriti nelle lastre preforate con un diametro minore e successivamente umidificati generando un incastro permanente delle lastre. Rispetto all‘ acciaio la resistenza a flessione, pressione e tensione in direzione delle fibre é pari a ca. 1/10. Rispetto all‘ acciaio la resistenza a pressione e tensione in direzione perpendi-colare alle fibre é pari a ca. 1-2/100. Il legno viene definito un mate-riale non isotropo, ovvero un matemate-riale con caratteristiche meccaniche dipendenti dalla direzione di sollecitazione rispetto alla direzione del-le fibre. Conseguenze: A paritá di carico, nonché di luce di calcolo una trave in legno presenterá una sezione molto maggiore dell‘ elemento portante in acciaio equivalente.

THOMA

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Immagini di edifici realizzati con la tecnologia Thoma.

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THOMA

L’ intera struttura portante (pareti, solai e copertura) è composta da lastre multistrato in legno massiccio.

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THOMA

Le lastre con spessore dai 25 a 50 mm a loro volta sono collegate tra di loro senza l’ ausilio di colle, leganti, elementi metallici o quant’ altro. A differenza degli elementi multistrato, chiamati anche XLAM, gli elementi THOMA100 sono collegati tra di loro da tasselli in legno di faggio con diametro di ca. 20mm. I tasselli asciutti vengono compressi e inseriti nelle lastre preforate con un diametro minore e successivamente umidificati generando un in-castro permanente delle lastre.

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DETTAGLIO SISTEMA COSTRUTTIVO

1_Basamento della struttura 2_Guaina per evitare l’umidi-tà di risalita

3_Letto di malta livellata 4_ Tassello Holz100 di larice ancorato per mezzo ganci alla piastra inferiore

5_ Parete Thoma Holz100 strutturale

THOMA

Immagini di un edificio realizzato con la tecnologia Thoma.

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DETTAGLIO SISTEMA COSTRUTTIVO

1_Basamento della strut-tura

2_Guaina per evitare l’u-midità di risalita

3_Letto di malta livellata 4_ Collegamento ad an-golo BMF per mantenere la posizione della strut-tura portante

5_ Parete Thoma Holz100 strutturale

THOMA

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DETTAGLIO SISTEMA COSTRUTTIVO

1_ Parete Thoma Holz100 strutturale

2_Isolante

3_Travetti per struttura por-tante per parete ventilata 4_Parete verticale ventilata

THOMA

Immagini di un edificio realizzato con la tecnologia Thoma.

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DETTAGLIO SISTEMA COSTRUTTIVO

1_ Parete Thoma Holz100 strutturale 2_Isolante 3_Sistema di aggrappo dell’intonaco sull’isolante 4_Intonaco

THOMA

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Le strutture di fondazione sono realizzate o con una platea (che può essere realizzata anche sopra un vano interrato ad uso scantinato) oppure con un reticolo di travi rovesce in c.c.a. Utilizzando una platea viene comunque sempre realizzato un cordolo in c.c.a. o in legno (altezza 100-120 mm) adatto per l’esterno così da evitare il contatto diretto dei pannelli di parete con la platea stessa. Inoltre tra la platea in c.c.a. e la struttura in legno deve sempre essere interposto uno strato di guaina bituminosa risvoltata sulla struttura in legno. Le pareti sono realizzate o con un unico elemento dotato di tutte le aperture per porte e finestre, con l’unica limitazione della lun-ghezza data dalle esigenze di trasporto (solitamente sotto i 12 m), oppure con l’unione di più pannelli (lunghezza minore o uguale a 3 m) collegati tra loro tramite giunti meccanici realizzati con sottili strisce di pannello mul-tistrato oppure tramite viti, chiodi e tasselli. I solai di interpiano vengono invece sempre realizzati assemblando più pannelli di lunghezza minore o uguale a 3 m, uniti con giunti meccanici realizzati con le stesse modalità dei pannelli di parete e sono collegati alle pareti sottostanti ed eve tualmente a travi rompitratta in legno lamellare., le pareti possono essere realizzate con un unico pannello lungo fino a 16 m ed alto fino a 3 m (1 piano),

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pure possono essere suddivise in pannelli di larghezze variabili a seconda del produttore fino ad un massimo di 3 m e collegate tra loro con la realiz-zazione di giunti verticali. Questi vengono solitamente realizzati inserendo una striscia di pannello multistrato in legno inserita all’interno di apposite fresature predisposte nelle pareti. Il collegamento viene poi rinforzato tra-mite l’inserimento di viti autoforanti (diametro da 6 a 10 mm) con interasse variabile in finzione dei carichi. Montate le pareti del piano terra, è possibile procedere con l’installazione del primo solaio. Terminato il solaio, si proce-de con la osa proce-delle pareti proce-dei piani superiori fissati al solaio proce-del piano terra con l’ausilio delle piastre hold-down. In alternativa possono essere utiliz-zate anche le pratiche bande metalliche forate da collegare esternamente alla parete esterna con chiodi o viti, sia alla parete del piano inferiore che a quella del piano superiore. Giunti alla copertura, questa può essere realiz-zata in pannelli oppure col metodo tradizionale, ovvero con travi principali, secondarie ed arcarecci in legno lamellare ricoperti da un doppio strato di perlinato incrociato o da pannelli a base di legno.

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6. RIFERIMENTI

ARCHITETTONICI

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39

Villa Mairea

Alvar Aalto

Casa Mosman

Glenn Murcutt

Casa zero Energy

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Villa Mairea

RIFERIMENTI

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Villa Mairea viene realizzata da Alvar Aalto per una coppia di suoi amici un industriale del legno, e sua moglie Maire (da cui deriva il nome della villa) colle-zionista di opere d’arte. Progettata senza limiti di co-sto, è il risultato di continue modifiche tese a miglio-rare la villa per renderla perfetta in base a quelle che erano le esigenze dei committenti. Partendo dall’idea di accostare piani geometrici diversi, Aalto sviluppa una concezione di spazio che dalle radici autocto-ne della Finlandia si eleva fino a divenire un idioma universale. L’abitazione nasce pensando al modo in cui deve essere vissuta. L’impianto della villa è mol-to semplice. E’ costituimol-to dall’intreccio di due corpi a L che definiscono una corte interna, definendo una forte relazione con la natura circostante (la foresta e il microcosmo del giardino su cui si affacciano gli ambienti principali della casa).Le due ali sono perpen-dicolari: una raggruppa la zona giorno, l’altra la zona notte. La pianta ad L si allunga nella parte posteriore in un porticato aperto che porta alla sauna, nel mezzo il prato con la piscina. Si nota una distinzione fun-zionale nei due livelli: il pianterreno è riservato alla vita sociale mentre il primo è strettamente privato. Le forme rispecchiano la duplice natura di Aalto: sono il risultato di un abile intreccio tra la sensualità della linea curva e dei materiali naturali e il rigore dell’an-golo retto e dei volumi bianchi. Interessante è inoltre lo studio dell’orientamento. Aalto dispone a sud il prospetto principale, con la pensilina d’ ingresso, le

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camere, la biblioteca, lo studio e parte del salotto. A est la cucina, spazi ausiliari e camere per domestici e ospiti, mentre a nord tutta l’area è chiusa dalla grande foresta e racchiude la piscina infine a ovest si colloca invece uno spazio più aperto. Infatti al piano terra, luogo di vita sociale, lo spazio è studiato in modo da renderlo così fluido da avere la percezione di essere contemporaneamente all’interno e all’esterno dell’edifi-cio. Qui gli ambienti sono disposti su due livelli diffe-renti: dall’ingresso si salgono quattro gradini per poi ritrovarsi in un ampio ambiente di soggiorno, fulcro della casa in quanto permette l’accesso al piano supe-riore, all’esterno e ai vari ambienti collettivi. Al piano superiore invece, gli spazi risultano parcellizzati: c’è un unico percorso indirizzato da vari corridoi. Anche qui è molto importante il rapporto con l’esterno, esalta-to da grandi terrazze.

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Casa Mosman

RIFERIMENTI

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È raro che un architetto diventi celebre grazie alle case che ha disegnato. Oggi per diventare famosi bisogna aver costruito edifici grandi e complessi, come musei, torri, aeroporti, stadi di calcio, oppure avere idee assai originali e scabrose. Glenn Murcutt non ha fatto né l’una né l’altra cosa; da Sydney, dove abita, è assurto al rango di grande architetto progettando solo opere piccole, che sono anche sem-plici, immediate, facili da capire. Si direb-be, guardando le sue case, che Murcutt con l’invadente e deformante mondo dei media non abbia nulla da spartire, e che sia preoccupato soprattutto di costruire in modo semplice e bene (il che è sempre difficile). Glenn Murcutt è un architetto australiano molto legato alla sua terra d’origine, tanto che la totalità delle sue opere sono state realizzate proprio in que-sta terra. La decisione di realizzare opere architettoniche solo in questo continente potrebbe far pensare che Murcutt sia inte-ressato alla realizzazione di un’architettu-ra austun’architettu-raliana, cosa più lontana dal vero, infatti, per l’architetto il pensiero-proces-so dell’architettura è ciò che dà forma a uno spazio, non uno stile imposto. Mur-cutt ha tentato di arrivare a un’architettu-ra del luogo in contun’architettu-rasto con un’architet-tura basata su una generalizzazione della regione o della nazione. Il fatto che le sue strutture si trovino nei luoghi australiani è certamente innegabile, ma l’architettura che ne risulta è una risposta a molti fattori specifici del posto come elemento di lavo-ro del territorio. L’applavo-roccio al design è in diretta opposizione all’applicazione arbi-traria di stile, le sue opere sono studiate per il sito, dove saranno costruite e pos-siedono un’intensa specificità che il luogo conferisce loro. E’ dunque facile compren-dere come Murcutt sia stato influenzato nella sua vita da architetti che durante la loro carriera hanno avuto un approccio più umano con lo spazio e la forma, archi-tetti come Aalvar Aalto, Jorn Utzon, oltre all’influenza della cultura giapponese e dalle sue strutture, che richiamano a un design semplice e pulito.

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Casa zero Energy

RIFERIMENTI

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Casa sperimentale che utilizza al massimo livello la progettazione bioclimatica e le più sofisticate soluzioni impiantistiche. Il progetto prevede la realizzazione di una residenza unifamiliare, caratterizzata da una strut-tura a telaio in legno lamellare e un involucro esterno che comporti una riduzione dei costi di riscaldamento del 70-80% rispetto alle costruzioni classiche. Sono previsti inoltre, la realizzazione di un sofisticato im-pianto demotico per il controllo remoto in tempo reale attraverso computer, palmare o cellulare, l’utilizzo di fonti energetiche alternative e pulite per il fabbisogno energetico della casa attraverso l’integrazione di pan-nelli solari, panpan-nelli fotovoltaici, sistemi geotermici ed eolici, lo sfruttamento dell’energia solare per garantire il riscaldamento ed il raffrescamento dell’ambiente attraverso i meccanismi naturali di trasferimento del calore. La casa di Felettano è stata posizionata verso il lato nord del lotto, in modo da avere la parte di giardi-no più ampia aperta verso sud. In questo modo la casa può girarsi aperta verso il sole invernale, la piscina, il prato. Il corpo principale della casa presenta un tetto a falda unica inclinata verso nord. In questo modo si pro-tegge la parte di vita della casa dai venti freddi inver-nali e nello stesso tempo si espone una superficie più ampia della facciata sud ai raggi del sole invernale. La facciata a sud che si apre verso la piscina e di giardino è molto vetrata per permettere alla radiazione solare

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invernale di penetrare profondamente all’interno della casa. D’altra parte queste vetrate sono ombreggiate in estate da opportuni sporti di gronda e saranno comun-que dotati di veneziane o brise-soleil esterni per la protezione dal re-irraggiamento. La più ampia superfi-cie vetrata è anche contenuta all’interno di un ulteriore serramento esterno (serra), che permette alle vetrate di lavorare nelle giornate e nelle notti fredde d’inverno ad una temperatura di circa 10°, limitando l’irraggiamento freddo nella zona pranzo. Il prospetto nord è invece poco finestrato, contenendo solo le aperture necessarie alla ventilazione notturna estiva e alla vista verso nord. Anche i prospetti est ed ovest hanno le finestre ridotte in altezza ma sufficientemente larghe per permettere una buona panoramicità senza incrementare eccessi-vamente il guadagno solare estivo. L’angolo nord-est della casa essa è sagomato ad imbuto per raccogliere le brezze fresche notturne in estate e convogliarle all’in-terno della casa attraverso un’apposita apertura posta a nord nella zona delle scale

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7. COMUNE DI

ALMENNO SAN

BARTOLOMEO

PIANO DI

GOVERNO DEL

TERRITORIO

AI SENSI DELLA L.R.12/2005

PIANO DELLE REGOLE

NORME DI ATTUAZIONE

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Articolo 1

-CONTENUTI E STRUMENTI DI

ATTUAZIO-NE DEL PIANO DELLE REGOLE

Il piano delle regole:

• definisce, all’interno dell’intero territorio

co-munale, gli ambiti del tessuto urbano

consolida-to, quali insieme delle parti di territorio su cui è

già avvenuta l’edificazione o la trasformazione dei

suoli, comprendendo in essi le aree libere

interclu-se o di completamento;

• indica gli immobili assoggettati a tutela in base

alla normativa statale e regionale;

• individua le aree e gli edifici a rischio di

compro-missione o degrado e a rischio di

incidente rilevante;

• contiene la geologica, idrogeologica e sismica,

• individua:

o le aree destinate all’agricoltura;

o le aree di valore paesaggistico-ambientale ed

ecologiche;

o le aree non soggette a trasformazione

urbanisti-ca.

Entro gli ambiti del tessuto urbano consolidato, il

piano delle regole individua i nuclei di

antica formazione ed identifica i beni ambientali e

storico-artistico-monumentali oggetto di

tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio

2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e

del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge

6 luglio 2002, n. 137) o per i quali si

intende formulare proposta motivata di vincolo. Il

piano delle regole definisce altresì le

caratteristiche fisico-morfologiche che connotano

l’esistente, da rispettare in caso di

eventuali interventi integrativi o sostitutivi,

non-ché le modalità di intervento, anche

mediante pianificazione attuativa o permesso di

costruire convenzionato, nel rispetto

dell’impianto urbano esistente, ed i criteri di

valo-rizzazione degli immobili vincolati. Per gli ambiti

del tessuto urbano consolidato, inoltre, identifica i

seguenti parametri da

rispettare negli interventi di nuova edificazione o

sostituzione:

• caratteristiche tipologiche, allineamenti,

orienta-menti e percorsi;

• consistenza volumetrica o superfici lorde di

pa-vimento esistenti e previste;

• rapporti di copertura esistenti e previsti;

• altezze massime e minime;

• modi insediativi che consentano continuità di

elementi di verde e continuità del

reticolo idrografico superficiale;

• destinazioni d’uso non ammissibili;

• interventi di integrazione paesaggistica, per

am-biti compresi in zone soggette a

vincolo paesaggistico ai sensi del decreto

legislati-vo n. 42 del 2004;

• requisiti qualitativi degli interventi previsti e

mi-tigazione delle infrastrutture della

viabilità con elementi vegetali tipici locali;

• requisiti di efficienza energetica.

Il piano delle regole:

• per le aree destinate all’agricoltura:

o detta la disciplina d’uso, di valorizzazione e di

salvaguardia, in conformità

con quanto previsto dal titolo terzo della parte

se-conda;

o recepisce i contenuti dei piani di assestamento,

di indirizzo forestale e di

bonifica, ove esistenti;

o individua gli edifici esistenti non più adibiti ad

usi agricoli, dettandone le

normative d’uso.

• per le aree di valore paesaggistico-ambientale ed

ecologiche detta ulteriori regole di

salvaguardia e di valorizzazione in attuazione dei

criteri di adeguamento e degli obiettivi stabiliti dal

piano territoriale regionale, da piano paesaggistico

territoriale

regionale e dal piano territoriale di coordinamento

provinciale;

• per le aree non soggette a trasformazione

urba-nistica individua gli edifici esistenti,

dettandone la disciplina d’uso e ammette in ogni

caso, previa valutazione di

possibili alternative, interventi per servizi

pubbli-ci, prevedendo eventuali

mitigazioni e compensazioni agro-forestali e

am-bientali.

Le indicazioni contenute nel piano delle regole

hanno carattere vincolante e producono

effetti diretti sul regime giuridico dei suoli.

Il piano delle regole non ha termini di validità ed è

sempre modificabile

Il Piano delle Regole. viene attuato mediante i

se-guenti strumenti:

a) piani particolareggiati;

b) piani attuativi;

c) piani di zona;

d) piani di recupero;

e) Programmi Integrati di Intervento;

Sono altresì previsti interventi diretti secondo la

legislazione vigente.

Articolo 2

-OPERE DI URBANIZZAZIONE

Definizione delle opere di urbanizzazione

primaria

Per urbanizzazione primaria si intende l’insieme

delle opere e servizi tecnologici qui sotto

specificati:

a) strade residenziali;

b) spazi di sosta o di parcheggio;

c) fognature;

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e) rete di distribuzione dell’energia elettrica e

del gas;

f) pubblica illuminazione, reti telefoniche ed

al-tri impianti di trasmissione dati;

g) spazi di verde attrezzato riferibili al carico

primario

Definizione delle opere di urbanizzazione

se-condaria

Per opere di urbanizzazione secondaria si

in-tende quell’insieme di servizi e di attrezzature

che costituiscono i requisiti necessari alla vita

civile, pubblica e collettiva degli

insediamenti, a livello di quartiere.Tali opere

ri-guardano:

a) asili nido e scuole materne;

b) scuole dell’obbligo nonché strutture e

com-plessi per l’istruzione superiore all’obbligo;

c) mercati di quartiere;

d) delegazioni comunali;

e) chiese ed altri edifici religiosi;

f) impianti sportivi di quartiere;

g) centri sociali e attrezzature culturali e

sanita-rie; nelle attrezzature sanitarie sono

ricomprese le opere, le costruzioni e gli

impian-ti desimpian-tinaimpian-ti allo smalimpian-timento, al riciclaggio o

alla distruzione dei rifiuti urbani, speciali,

peri-colosi, solidi e liquidi, alla bonifica di aree

inquinate; ai sensi dell’articolo 266, comma 1,

decreto legislativo n. 152 del 2006)

h) aree verdi di quartiere.

i) impianti cimiteriali

Le opere di urbanizzazione secondaria possono

consistere sia in opere pubbliche in senso

stretto, sia in opere di pubblica utilità di

pro-prietà privata.

Articolo 4

-PARAMETRI URBANISTICI ED EDILIZI

L’edificazione e l’urbanizzazione delle varie

zone del territorio comunale sono regolate dai

seguenti indici:

St = superficie territoriale

Si intende la superficie complessiva sulla quale

una operazione di intervento agisce; essa e

comprensiva delle aree edificabili, di quelle per

le attrezzature, delle zone verdi pubbliche

e private, delle strade e parcheggi pubblici e

privati

Sf = superficie fondiaria

Si intende l’area edificabile di proprietà di chi

richiede il Permesso di costruire o il Piano

Attuativo. Da essa sono escluse le superfici per

urbanizzazione primaria e secondaria

previste dal P.R.G., nonché in genere tutte le

aree non edificabili e destinate dal P.R.G. a

divenire pubbliche (strade, parcheggi pubblici

ed attrezzati, ecc.);

(It) L’indice di fabbricabilità territoriale

Si applica per le aree di nuovo impianto per le

quali é prevista l’attuazione attraverso un

preventivo piano di lottizzazione, indica il

vo-lume massimo costruibile, per ogni metro

quadro di superficie territoriale (st), in base alle

norme di zona;

(If) L’indice di fabbricabilità fondiaria

Si applica nell’edificazione dei lotti singoli,

in-dica il volume massimo costruibile, per ogni

metro quadro di superficie fondiaria (sf), in

base alle norme di zona;

(V) Il volume edificabile

Si determina come prodotto della superficie

fondiaria o territoriale per l’indice di

fabbricabilità fondiaria o territoriale prescritto

per le singole zone. I locali interamente

interrati possono essere destinati a locali di

ser-vizio (autorimesse, lavanderie private,

cantine, accessori vari, depositi, archivi,

ma-gazzini) e non si computano agli effetti della

verifica dei volumi realizzabili;

Incentivi volumetrici

Alle presenti norme si applicano gli incentivi

previsti dai Criteri di Attuazione del

Documen-to di Piano e dalle Norme Tecniche del Piano

dei Servizi. Tali incentivi sono da considerarsi

aggiuntivi alle volumetrie previste dagli indici

del Piano delle Regole e sono applicabili alle

condizioni previste dal Piano dei Servizi e dal

Documento di Piano.

(v) Il volume effettivo

Si calcola computando il volume, sia esistente

che di progetto, di tutti i corpi di fabbrica

libe-ramente emergenti dal suolo o comunque

abita-bili. I locali interrati o seminterrati per non

es-sere computati nel volume effettivo dovranno

avere altezza netta interna inferiore a cm. 270,

non potendo ottenere in questo caso il

requisi-to dell’abitabilità. Il volume si determina come

prodotto della superficie coperta di ogni corpo

di fabbrica (comprese le murature perimetrali e

in aggetto sulle facciate) per l’altezza media di

ognuno misurata a partire dallo spiccato (piano

che rispecchia l’andamento naturale del terreno

prima dell’edificazione) sino all’intradosso del

solaio di copertura dell’ultimo piano abitabile.

In caso di edifici a destinazione produttiva e

commerciale la quota di riferimento

dell’intradosso del solaio di copertura è

sostitu-ita con la quota di estradosso della trave di

copertura o di intradosso della capriata

prefab-bricata.

Sono esclusi dal computo dei volumi: i piani

semi interrati emergenti dal suolo fino ad una

altezza di m 1,20 dal piano di campagna,

altez-za determinata come media su tutti gli spigoli

del fabbricato. La quota degli spigoli interrati

rispetto al piano di campagna dovrà essere

con-siderata pari a 0,00 nella media

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