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Fisiopatologia della funzionalità tiroidea del neonato pretermine VLBW: aspetti diagnostici, terapeutici e follow-up

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INDICE

RIASSUNTO ... 2

1 - INTRODUZIONE ... 6

1.1 - IL NEONATO PRETERMINE - DEFINIZIONI ... 6

1.2 - LA TIROIDE NEL FETO E NEL NEONATO ... 8

1.2.1- Anatomia della tiroide ... 8

1.2.2 - Struttura e fisiologia ... 9

1.2.3 - Embriologia ... 12

1.2.4 - Funzione tiroidea nel feto ... 12

1.2.5 - Funzione tiroidea nel neonato a termine ... 20

1.2.6 - Funzione tiroidea nel neonato pretermine, SGA e/o ... 22

1.3 - IPOTIROIDISMO NEONATALE ... 24

1.3.1 - Generalità ... 24

1.3.2 - Classificazione, manifestazioni cliniche e diagnosi ... 25

1.4 - FISIOPATOLOGIA DELLA FUNZIONALITA' TIROIDEA NEL NEONATO PRETERMINE ... 30

1.4.1 - Ipotiroxinemia della prematurità ... 31

1.4.1.1 - Eziologia ... 33

1.4.1.2 - Ipotiroxinemia e correlazioni neurologiche ... 61

1.4.1.3 - Trattamento dell'ipotiroxinemia transitoria nella pratica clinica ... 64

1.4.2 - Ritardata elevazione del TSH ... 68

2 - SCOPI DELLA TESI ... 72

3 - PAZIENTI E METODI ... 73

3.1 - PAZIENTI... 73

3.2 - METODI ... 77

4 - RISULTATI ... 78

4.1 - LIVELLI DI TSH E CORRELAZIONI CLINICHE ... 80

4.2 - LIVELLI DI FT4 E CORRELAZIONI CLINICHE ... 87

4.3 - EFFETTO DEI FARMACI SULLA FUNZIONALITA' TIROIDEA ... 94

4.4 - TRATTAMENTO CON L-TIROXINA ... 95

4.5 - LIVELLI DI IODURIA IN UN GRUPPO DI NEONATI DEL 2015 ... 97

5 - DISCUSSIONE ... 99

6 - CONCLUSIONI ... 105

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RIASSUNTO

Si definisce pretermine il neonato che nasce prima che siano state completate le 37 settimane di gestazione.

Fra le diverse patologie associate alla nascita prematura, troviamo le alterazioni della funzionalità tiroidea.

L’importanza della patologia tiroidea va senz'altro attribuita al ruolo insostituibile che la tiroide svolge nello sviluppo dell'individuo, in particolar modo in quello del sistema nervoso.

Due sono i quadri di alterata funzionalità tiroidea peculiari del neonato pretermine:

l’ipotiroxinemia della prematurità la ritardata elevazione del TSH

L’ipotiroxinemia della prematurità è una condizione patologica che interessa specificamente i pretermine di età inferiore alle 32 settimane di gestazione, con una prevalenza di oltre il 50% in quelli che nascono prima della 28ª settimana.

L'ipotiroxinemia, caratterizzata da valori transitoriamente bassi di T4, associati a valori normali di TSH, è una condizione tipica delle prime due settimane di vita, che tende poi a regressione spontanea nell'arco di alcune settimane.

La sua eziologia è multifattoriale: l'interruzione del passaggio transplacentare degli ormoni materni, l'immaturità dell'asse ipotalamo-ipofisi-tiroide, le patologie extratiroidee, l'utilizzo di farmaci (in

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Diversi studi hanno dimostrato un'associazione negativa fra bassi livelli di ormoni tiroidei alla nascita e compromissioni del neurosviluppo. Tuttavia non ci sono ancora indicazioni chiare sulla necessità o meno di trattare i neonati con ipotiroxinemia transitoria.

Altra condizione caratteristica del neonato pretermine è l'elevazione ritardata del TSH.

In questo caso, allo screening iniziale il neonato presenta valori di T4 normali o bassi e valori di TSH entro i limiti della norma, con una tendenza del TSH ad incrementare poi durante la seconda settimana di vita.

Sembra importante ridurre il cut-off del TSH (sino a 6 mIU/l) dello screening neonatale, per permettere una diagnosi precoce di questa forma di disfunzione tiroidea e instaurare un trattamento adeguato, ove necessario.

Non si conosce l'eziologia di questa condizione; non si sa se si tratti di un'alterazione legata all'immaturità della tiroide oppure di una forma transitoria o permanente di ipotiroidismo; è noto però che la carenza o l'eccesso di iodio, conseguente all’impiego di disinfettanti iodati, sono fattori causali di elevazione tardiva del TSH nei pretermine.

Gli obiettivi principali del nostro studio sono stati: la valutazione della funzionalità tiroidea in un gruppo di neonati pretermine di peso molto basso (VLBW); l'analisi dei fattori di rischio associati allo sviluppo di alterazioni della funzionalità tiroidea; la valutazione delle correlazioni tra le alterazioni della funzionalità tiroidea e l’outcome neurologico ed auxologico nel primo anno di vita; l’incidenza di ipotiroxinemia e ritardata elevazione del TSH che hanno richiesto un trattamento con

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L-frequenza delle alterazioni della funzionalità tiroidea nel neonato pretermine e a migliorare l’outcome neonatale a distanza.

Abbiamo arruolato 139 neonati pretermine di E.G. ≤ 32 settimane e/o peso ≤ 1.500 grammi ricoverati presso l'U.O. di Neonatologia della AOUP.

Nel nostro studio abbiamo riscontrato un'incidenza di ipotiroxinemia del 2,16% (3 casi) e un'incidenza di elevazione ritardata del TSH del 17,27% (24 casi).

Non abbiamo riscontrato alcuna correlazione significativa fra i valori di fT4 e i parametri auxologici alla nascita e alla dimissione, l'essere SGA alla nascita e l'EUGR alla dimissione.

Abbiamo invece osservato che i livelli di fT4 durante il secondo mese di vita risultavano significativamente più bassi (p < 0,05) nei bambini che erano stati trattati con dopamina.

Per quanto riguarda il TSH, abbiamo osservato che i neonati SGA per la lunghezza, durante il primo mese di vita, avevano valori significativamente più elevati (p < 0,01) rispetto ai neonati non SGA. Inoltre elevati livelli di TSH durante il primo mese di vita correlavano negativamente con il peso (sia espresso in grammi sia considerato come valore di z-score) alla dimissione (p < 0,01).

Nel secondo mese di vita, valori elevati di TSH correlavano negativamente sia con i valori di z-score per il peso (p < 0,04) sia con i valori di z-score per la circonferenza cranica (p < 0,02) alla dimissione. Inoltre abbiamo trovato una correlazione negativa fra elevati valori di

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Analizzando l'outcome neurologico, abbiamo notato che i bambini che non avevano acquisito le abilità indagate (movimenti Fidgety, stazione seduta e deambulazione rispettivamente a 3, 6 e 12 mesi di età corretta) avevano avuto durante il secondo mese di vita livelli di TSH più alti rispetto ai bambini che avevano raggiunto tali obbiettivi, ma la differenza non è risultata significativa.

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1 - INTRODUZIONE

1.1 - IL NEONATO PRETERMINE - DEFINIZIONI

Il parto pretermine (o prematuro), secondo la classificazione dell'OMS, è quel parto che avviene prima che siano state completate 37 settimane di gestazione (meno di 259 giorni).

Il tasso di nascite pretermine è del 5-11% in Europa e dell'11% negli USA e la prematurità è responsabile del 70% della mortalità e del 75% della morbidità neonatale.

Possiamo classificare i neonati pretermine in diversi modi. Se consideriamo l'età gestazionale, possiamo parlare di:

 Pretermine: E.G. ≤ 37 settimane complete;

 Late Preterm: E.G. fra 34 settimane complete e 36 settimane complete + 6 giorni;

 Medium Preterm: E.G. ≤ 34 settimane complete;  Very Preterm: E.G. ≤ 32 settimane complete;  Extremely Preterm: E.G. ≤28 settimane complete;

Se consideriamo, invece, il peso alla nascita, possiamo distinguere:

Il neonato di basso peso alla nascita (Low Birth Weight - LBW): peso fra i 1500 e 2500 g;

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Se, infine, consideriamo il peso, in rapporto all'età gestazionale e al sesso, distinguiamo:

Il neonato adeguato per età gestazionale (Adeguate for Gestational Age - AGA), con peso compreso fra il 10° e il 90° centile;

Il neonato piccolo per età gestazionale (Small for Gestational Age - SGA), con un peso inferiore al 10° centile;

Il neonato grosso per età gestazionale (Large for Gestational Age - LGA), con un peso superiore al 90° centile;

Quest'ultimo tipo di classificazione può riferirsi anche alla lunghezza e alla circonferenza cranica, sempre in rapporto all'età gestazionale e al sesso (Bertino et al., 2010).

Frequentemente i neonati pretermine, in particolar modo quelli di E.G. molto bassa, vanno incontro, durante la degenza, ad un difetto di crescita, indicato come restrizione di crescita extrauterina (Extra Uterine Growth Restriction - EUGR) e definito dal riscontro di parametri auxologici (peso, lunghezza, circonferenza cranica) ≤ 10° centile rispetto alla crescita intrauterina attesa, considerando, come età alla dimissione, l’età postmestruale (Clark RH et al., 2003).

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1.2 - LA TIROIDE NEL FETO E NEL NEONATO

1.2.1- Anatomia della tiroide

La tiroide è una ghiandola endocrina di origine branchiale, con una struttura tipicamente follicolare.

Risulta costituita da due lobi, destro e sinistro, connessi tra loro da un istmo ed è localizzata nella regione anteriore del collo, davanti e lateralmente alla laringe e ai primi anelli tracheali.

Con una certa frequenza (dal 30 al 50% dei casi) dal margine superiore dell’istmo si origina un prolungamento parenchimale, il lobo piramidale, che si porta verso l’alto in direzione della lingua.

La tiroide è avvolta, esternamente alla capsula propria, dalla guaina

peritiroidea, involucro fibroso che la fissa posteriormente alla cartilagine

cricoide, alla cartilagine tiroide e ai primi anelli tracheali e lateralmente alla guaina del fascio vascolo nervoso del collo.

La vascolarizzazione arteriosa della ghiandola è fornita dalle arterie tiroidee superiori, che derivano della carotide esterna, e dalle arterie tiroidee inferiori, rami del tronco tireocervicale dell’arteria succlavia. Le vene formano nello spazio peritiroideo un ricco plesso che fa capo, per mezzo della vena tiroidea superiore, alla vena giugulare interna e della vena tiroidea inferiore, al rispettivo tronco brachiocefalico.

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principalmente attraverso i nervi laringei superiore e inferiore.

1.2.2 - Struttura e fisiologia

La tiroide è avvolta da una propria capsula fibrosa da cui emanano sepimenti connettivali che, distribuendosi in maniera irregolare all’interno dell’organo, suddividono il parenchima in aree di forma e dimensioni diverse, definite lobuli.

Essendo una ghiandola endocrina di tipo follicolare, il suo parenchima è rappresentato da un insieme di formazioni vescicolari, i follicoli, di diverse dimensioni, di forma pressochè sferica, talvolta tubulare e con la parete costituita da un unico strato di cellule, l’epitelio follicolare. All’interno dei follicoli è contenuta una sostanza amorfa, detta colloide, di natura glicoproteica.

In maniera schematica, si possono distinguere i follicoli in macrofollicoli e microfollicoli.

I primi hanno notevoli dimensioni, epitelio piatto, endoteliforme e sono ripieni di colloide.

Sono follicoli ipofunzionanti, la cui colloide, si accumula per essere utilizzata in caso di necessità da parte dell’organismo. In queste situazioni la parete dei macrofollicoli si modifica permettendo la comparsa dei segmenti escretori, cioè tratti della parete follicolare in cui le cellule divengono molto alte, in corrispondenza dei quali la colloide diventa molto fluida. A livello di questi segmenti avviene il riassorbimento della colloide da parte delle cellule follicolari e l’immissione in circolo degli ormoni.

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I microfollicoli presentano una parete formata da epitelio cubico e contengono quantità variabili di colloide. Trattasi di follicoli funzionanti, nei quali le cellule follicolari sono attivamente impegnate o a riversare in circolo gli ormoni tiroidei o ad immettere la colloide all’interno dei follicoli stessi.

L’epitelio follicolare, costituito da cellule follicolari o tireociti, è responsabile della produzione degli ormoni tiroidei e cioè la tiroxina o

tetraiodotironina (T4) e la triiodotironina (T3).

Le cellule follicolari sintetizzano una glicoproteina iodinata del peso molecolare di 600.000 dalton, la tireoglobulina (Tg), che poi immettono nella colloide.

I tireociti hanno anche la capacità di captare ioduri dal sangue, grazie a un sistema di co-trasporto sodio-iodio (NA/I synporter - NIS) presente a livello della membrana basale e di trasferirli nelle vescicole secretorie dirette verso il lume e contenenti la tireoglobulina di nuova sintesi.

All’interno di queste vescicole gli ioduri vengono ossidati e trasformati in iodio molecolare che viene incorporato nella tireoglobulina, a livello di specifici residui tirosinici, dando origine a monoiodotirosina (MIT) e

diiodotirosina (DIT).

In seguito dall’accoppiamento di due molecole di DIT si produce tiroxina, mentre dall’unione di una molecola di DIT e una di MIT si viene a creare la triiodotironina.

La iodinazione della tireoglobulina e i processi di ormonogenesi avvengono all’interno dei tireociti, in seguito la tireoglobuilna

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tireoglobulina nei fagolisosomi.

Gli enzimi idrolitici contenuti nei fagolisosomi liberano T3 e T4 dalla tireoglobulina; gli ormoni così prodotti vengono immessi in circolo attraverso il polo basale della cellula, che è in stretto rapporto con la parete dei capillari.

In condizioni fisiologiche circa il 90% del prodotto della ghiandola è rappresentato da T4, con un rimanente 10% costituito da T3.

La triiodotironina risulta biologicamente più potente rispetto alla tiroxina, con una più rapida metabolizzazione.

La maggior parte del T3 deriva dalla conversione periferica, mediata da una famiglia di enzimi, le deiodasi, contenenti selenio-cisteina che, rimuovendo il radicale iodio della tiroxina, portano alla formazione di triiodotirosina e triiodotirosina inversa (rT3).

L’attività della tiroide è regolata in maniera assai precisa dall’ormone

tireostimolante (TSH) o tireotropina, secreto dalle cellule tireotrope

dell’adenoipofisi.

L’azione delle celleule tireotrope è finemente controllata da un ormone ipotalamico, l’ormone liberatore della tireotropina (TRH), che viene rilasciato dall’eminenza mediana dell’ipotalamo e raggiunge l’adenoipofisi attraverso il circolo portale ipotalamo-ipofisario.

Anche lo iodio esercita un controllo sulla funzione tiroidea. L'organismo tende a difendersi dall'eccesso di iodio.

Quando le sue concentrazioni raggiungono livelli troppo elevati, il NIS viene inibito, in modo da ridurre la iodinazione della tireoglobulina e la sintesi degli ormoni tiroidei.

Questo processo, conosciuto come effetto di Wolff-Chaickoff, è transitorio, sia nel bambino sia nell'adulto, grazie ad un meccanismo di

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in alcuni giorni o settimane (Aliefendiouğlu D et al., 2006).

La capacità di svincolarsi dall'effetto inibitorio di Wolff-Chaickoff matura verso le 36-40 settimana di gestazione.

1.2.3 - Embriologia

Per quanto riguarda lo sviluppo embriologico, la tiroide si sviluppa dal pavimento della faringe embrionaria, fra la 10ª e la 12ª settimana di gestazione, e nel corso del suo sviluppo migra dal foramen cecum, alla base della lingua, lungo il dotto tireoglosso, per raggiungere la sua localizzazione finale nel collo.

Il corretto sviluppo della ghiandola è garantito dall’azione coordinata di più fattori di trascrizione (transcription factors), quali TTF-1, TTF-2 e PAX-8, che assicurano, oltre che la migrazione, l’induzione di geni specifici, come quelli per la tireoglobulina (Tg), la tireoperossidasi (TPO), il trasportatore sodio/ioduro (Na/I symporter - NIS) e il recettore dell’ormone tireostimolante.

È facilmente intuibile come alterazioni a carico di detti fattori siano alla base di disgenesia tiroidea e ipotiroidismo congenito sindromico.

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sono espressi sia recettori per gli ormoni tiroidei, che l’enzima deiodasi tipo 2, che trasforma la tiroxina nella sua forma biologicamente attiva, T3.

In quest’epoca è essenzialmente la tiroide materna ad assicurare al feto la quantità di ormoni necessari al suo corretto sviluppo, permettendo, la placenta, il libero passaggio della tiroxina.

A cominciare dalla 10ª-12ª settimana, la tiroide fetale presenta i primi follicoli visibili, acquisisce la capacità di concentrare lo iodio ed esprimere i recettori del TSH e gli enzimi necessari per la sintesi degli ormoni tiroidei.

Tuttavia, la secrezione ormonale è limitata fino alla metà della gestazione, momento in cui l’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide comincia a funzionare (Fisher DA, 2008).

Lo sviluppo dell’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide continua fra la 35ª e la 40ª settimana di gestazione, grazie al progressivo incremento del TRH ipotalamico e alla maturazione del sistema portale ipotalamico-ipofisario.

Nella prima parte della gestazione e fino a termine, la placenta e il pancreas fetale producono una forma bioattiva di TRH, che in parte può spiegare gli elevati livelli sierici di TRH nel feto.

Il ruolo del TRH extra-ipotalamico nella maturazione del sistema tiroideo non è ancora chiaro.

I livelli sierici di TSH, infatti, correlano solamente con quelli del TRH ipotalamico e con il contenuto ipofisario di TSH.

Il TRH ipotalamico incomincia a incrementare nel corso del secondo trimestre e il contenuto ipotalamico di TRH, quello ipofisario e quello sierico di TSH aumentano progressivamente dalla metà gestazione fino

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Durante il terzo trimestre la crescita della tiroide accelera considerevolmente.

Il suo volume, inferiore a 0,2 ml prima delle 30ª settimana di gestazione, incrementa di 8-10 volte fra la 30ª e la 42ª settimana (Fisher DA, 2008). In questo periodo si ha un progressivo incremento del contenuto di iodio, tireoglobulina e iodotironine (Van den Hove MF et al., 1999).

La tireoglobulina viene sintetizzata dalla ghiandola fetale già a partire dalla 5ª settimana di gestazione, tuttavia la capacità di secernere la proteina viene acquisita più tardivamente, circa alla 12ª settimana, contestualmente all'acquisizione della secrezione ormonale.

I livelli sierici di T4, di T4 libera (freeT4 - fT4) e di T3 incrementano progressivamente.

La T4 da circa 5 nmol/l alla 12ª settimana di gestazione raggiunge circa 120 nmol/l a termine; l’incremento sierico di T3 è invece meno importante, partendo da 0.5 nmol/l alla 12ª settimana e arrivando a 1.5 nmol/l a termine.

I valori di fT4 nel sangue cordonale, partendo da valori di 12 pmol/l alla 12ª settimana, raggiungono circa 20 pmol/l al termine della gravidanza. Il TSH raggiunge valori di 6-8 mU/L al momento della nascita (Van Wassenaer et al., 2004).

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Andamento dei valori di TSH e TRH (da Fisher DA, Semin. Perinatol. 2008)

Andamento degli ormoni tiroidei e dei loro metaboliti (da Fisher DA, Semin. Perinatol. 2008)

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La principale via del metabolismo ormonale è rappresentata dalla deiodinazione delle iodotironine, mediata da enzimi definiti deiodasi.

Da: Fisher DA, Semin. Perinatol. 2008

La tiroxina è una tetraiodotironina; dalla deiodinazione dell’anello esterno della T4 si produce T3, la forma biologicamente attiva dell’ormone.

Se la deiodinazione avviene invece a livello dell’anello più interno, si forma rT3 (reverse T3), metabolita inattivo.

Sono state descritte tre isoforme di deiodasi.

La deiodasi tipo 1 (D-I) agisce sull’anello più esterno ed è espressa soprattutto nel fegato, rene e tiroide.

Ha, in aggiunta, la capacità di deiodinare l’anello più interno, in particolar modo quella della T4 solfonata (a rT3 solfonata) e della T3

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Entrambe, quindi, possono essere definite attivatori della T4 e, insieme, contribuiscono alla quota circolante della T3.

La D-II agisce anche a livello locale, aumentando la quota tissutale di T3.

La deiodasi tipo 3 (D-III), agendo sull’anello interno, converte la T4 e la T3 nelle rispettive forme inattive, rT3 e T2.

La D-III è espressa nella maggior parte dei tessuti fetali, inclusi il cervello, la placenta, la pelle e nell’utero materno.

L'attività della D-II è più elevata a livello della membrana corionica e di quella deciduale, rispetto all'amnios; mentre la D-III è espressa soprattutto a livello trofoblastico.

L'azione combinata della D-II e della D-III a livello della placenta provvede sia alla conversione della T4 in T3 sia quella della T4 e T3 nelle rispettive forme inattive rT3 e T2.

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Il pattern ormonale fetale, caratterizzato, come abbiamo visto, da bassi livelli sierici di T3 ma alti di rT3, differisce da quello del soggetto adulto, nel quale i livelli sierici di T3 sono elevati, rispetto ai livelli sostanzialmente bassi di rT3.

Nel feto, un eccesso sistemico di T3 potrebbe, infatti, compromettere le tappe biologiche della maturazione, alterando il metabolismo, lo sviluppo muscolare, la crescita e la produzione di calore.

Per questa ragione, la concentrazione di T3 nei tessuti fetali è finemente modulata dall'azione di D-III, con variazioni da un tessuto all’altro in base allo stadio dello sviluppo.

Le concentrazioni di D-III nel feto sono da 10 a 15 volte più elevate che nell’adulto e diminuiscono poi nel periodo perinatale.

A livello epatico le solfo-transferasi contribuiscono a mantenere una bassa concentrazione ormonale, producendo metaboliti solfonati (T4 solfato, T3 solfato e rT3 solfato), che risultano inattivi.

Queste iodotironine solfonate rappresentano i principali metaboliti ormonali del feto (Richard K et al., 2001).

Tuttavia, ci sono tessuti fetali per il cui sviluppo e differenziazione sono indispensabili livelli relativamente importanti di T3.

In questi tessuti selezionati, come ad esempio il cervello, la dose di T3 necessaria è garantita dalla deiodinazione locale della tiroxina, garantita dall'espressione locale della D-II (Burrow GN et al., 1994).

I livelli di T3 nel cervello fetale fra la 20ª e la 26ª settimana raggiungono valori che si approssimano al 60%-80% di quelli dell’adulto.

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nascita) (Ng et al., 2008).

Il loro ruolo è particolarmente importante per determinate aree, quali la corteccia, i gangli della base e la coclea.

La concentrazione cerebrale è strettamente controllata dai trasportatori

di membrana cellulare MCT8 e MCT10 e dai trasportatori degli anioni organici tipo 2 e tipo 3 che permettono l'ingresso della T4 nella cellula

cerebrale, dove verrà attivata dalla D-II.

Alti livelli cerebrali di T3 e T4 sono riscontrabili molto prima dell’inizio dell’attività funzionale della tiroide fetale; l'osservazione che questi, siano di ovvia origine materna, dimostra il ruolo imprescindibile del contributo ormonale materno alla neurogenesi fetale.

La quasi totalità di T3 presente a livello del cervello del feto deriva, infatti, dalla conversione della T4 materna, mediata dalla D-II.

C’è una particolare azione di protezione del cervello fetale dalla carenza locale di T3, che viene svolta dalla T4, ma non dalla T3 materna (Stenzel et al., 2013).

È stato dimostrato che, quando i livelli di tiroxina plasmatica nel feto sono bassi, aumenta l’espressione di D-II a livello del tessuto cerebrale, mentre si riduce l’espressione epatica di D-I, allo scopo di convogliare la T4 verso il sistema nervoso centrale e gli altri tessuti, dove verrà trasformata in T3 dalla D-II.

Questo meccanismo permette di assicurare un fonte intracellulare di T3 a quei tessuti fetali strettamente dipendenti dalla T3 stessa (Fisher D, 2008).

Da quanto detto, si può concludere che, una condizione di carenza iodica e/o ipotiroidismo durante la gravidanza, seppur di grado moderato, sia capace di compromettere tappe importanti dello sviluppo neurocognitivo

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queste condizioni si instaurino.

Inoltre, diversi studi hanno dimostrato che l’ipotiroidismo materno aumenta il rischio di aborto, morti-natalità, parto pretermine.

È stata riscontrata una correlazione diretta fra i livelli materni di fT4 nelle prime settimane di gestazione e un rischio aumentato di nascita di neonati LBW e SGA (Shilds et al., 2011).

Non è stata trovata, invece, alcuna correlazione significativa fra i livelli di TSH materni e il peso alla nascita, probabilmente per l’interferenza della gonadotropina corionica umana, che funge da agonista per il recettore della tireotropina.

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avvenga nella maniera più appropriata, è necessario che il feto, poichilotermico e dipendente dalla placenta per la maggior parte delle sue esigenze metaboliche, diventi omeotermico e autosufficiente.

Prerequisito essenziale è l'integrazione complessa di eventi ormonali e neurali.

L'azione combinata della corticale e midollare del surrene e degli ormoni tiroidei permette l'adattamento del sistema cardiovascolare neonatale, la respirazione, l'omeostasi glucidica, la termogenesi e la maturazione dell'intestino (Fisher DA, 2008).

Specificamente, per quanto riguarda le modificazioni che interessano la tiroide, circa 30 minuti dopo la nascita, si assiste ad un incremento del TSH fino a 60-70 µU/L, conseguente al taglio del cordone ombelicale e all’esposizione all’aria ambientale, più fredda rispetto all’ambiente intrauterino; dopodiché i livelli decrementano gradualmente sino ad arrivare a 10 µU/L a 48 ore dalla nascita.

L'aumento della tireotropina stimola la tiroide del neonato a produrre T4 e T3, che aumentano considerevolmente nel plasma, raggiungendo rispettivamente 16 µg/dl e 300 µg/ml in circa quattro ore.

Gli elevati livelli di T3 derivano in maggior parte dalla conversione periferica della tiroxina, grazie alla crescente espressione della D I, che si sostituisce alla D-III placenatre (Santini F et al., 1999).

Ci sono diverse evidenze, sia nella cavia, che nell'uomo, di un'azione induttiva della T3 su D-II (Cools et al., 2000).

Verosimilmente il picco di T3, indotto dal TSH, comporterebbe un'aumentata espressione di DI a livello epatico e/o tiroideo, con una crescente produzione di T3 stessa (Cools F et al, 2000).

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superiore e agli adulti. Gradualmente anche i livelli di T3 si assestano su quelli dei bambini più grandi, tra la 2ª e le 12ª settimane di età.

Il rapporto fra TSH e fT4 (TSH/fT4 ratio) si abbassa circa tre giorni dopo la nascita, coerentemente con un’ulteriore maturazione del meccanismo di feedback che caratterizza l’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide.

1.2.6 - Funzione tiroidea nel neonato pretermine, SGA e/o

VLBW

La funzione tiroidea del pretermine, VLBW e/o SGA, differisce caratteristicamente da quella del nato a termine.

Nel neonato pretermine i livelli di T4, fT4 e T3 rimangono più bassi durante la prima settimana di vita, mentre la rT3 rimane elevata, per il persistere di un metabolismo ormonale di tipo fetale.

Nei nati sotto la 32ª settimana di gestazione, i tassi cordonali di fT4 e di TSH sono simili a quelli dei nati a termine, ma non presentano il caratteristico picco postnatale (Goissen et al., 2011).

Anzi, si assiste a un calo progressivo nelle concentrazioni di fT4, fino al raggiungimento di un nadir a 7-14 giorni, con valori di fT4 che raggiungono soglie più basse rispetto a quelli cordonali.

I livelli di fT4 nei pretermine sono circa due-tre volte inferiori rispetto a quelli nei nati a termine.

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Caratteristicamente, in questi neonati il calo della fT4 non si associa ad un’elevazione del TSH, che rimane al di sotto di 20 mU/l.

La caduta della fT4 e la profondità del nadir correlano con l’età gestazionale, dimostrandosi tanto più importanti quanto più precocemente il parto venga espletato.

Allo stesso modo, il decorso della T3 manca del caratteristico picco postnatale, ma aumenta in maniera graduale.

I ridotti livelli di D-I (Santini F et al., 1999) e/o gli elevati livelli di D-III (Richard K et al., 1998) possono essere responsabili dell’andamento della T3.

In ogni caso, la condizione qui descritta si risolve spontaneamente, con un progressivo aumento dei valori degli ormoni tiroidei che, in 3-8 settimane, consensualmente alla maturazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide, raggiungono quelli dei nati a termine.

Oltre che da questa forma di ipotiroxinemia transitoria, nel neonato pretermine si può trovare un altro quadro di alterata funzione ghiandolare, l'elevazione ritardata del TSH.

In questo caso, al momento dello screening iniziale, i neonati interessati mostrano bassi livelli di T4 associati a normali livelli di TSH che tende, però, ad aumentare nelle settimane seguenti, raggiungendo i valori caratteristici dell'ipotiroidismo congenito.

Non c'è ancora chiarezza sulla causa di questa condizione.

Potrebbe trattarsi di un difetto nella regolazione di un feedback ipofisario-tiroideo ancora immaturo, oppure potrebbe trattarsi di una forma transitoria o permanente di ipotiroidismo (Rose SR et al., 2006).

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1.3 - IPOTIROIDISMO NEONATALE

1.3.1 - Generalità

Per ipotiroidismo si intende una riduzione della funzione tiroidea.

Causa importante di ipotiroidismo è rappresentata dalla carenza di iodio. Sebbene condizioni di grave deficit iodico si registrino pressoché esclusivamente nei paesi dell’Africa Centrale e dell’Asia, in diversi paesi europei esiste ancora una condizione di moderata carenza, nonostante l’incremento dei programmi di prevenzione, basati sulla commercializzazione di sale iodato.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la carenza iodica rappresenta a tutt’oggi la principale causa di danno cerebrale prevenibile e di ritardo di crescita (Büyükgebiz A, 2013).

È importante garantire la quantità necessaria di iodio già dalle prime epoche della vita fetale.

Per questa ragione, l'OMS raccomanda di aumentare l’introduzione dello iodio del 50% durante la gravidanza e l’allattamento, con valori che non dovrebbero essere inferiori a 250 µg/die.

È altresì importante il trattamento delle forme di ipotiroidismo su base autoimmune o post-tiroidectomia, che dovrebbe essere intrapreso già a partire dal periodo pre-concezionale, adeguatamente modulato nella prima fase della gravidanza e mantenuto per tutto il corso della stessa.

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1.3.2 - Classificazione, manifestazioni cliniche e diagnosi

L’ipotiroidismo permanente può essere:

primitivo, se deriva da alterazioni dello sviluppo della tiroide o da difetti di sintesi degli ormoni tiroidei;

secondario, se dovuto ad un’alterata secrezione di TSH ipofisario; terziario, se conseguente ad un deficit di TRH.

L’ipotiroidismo transitorio è imputabile a:  carenza o eccesso di iodio;

 uso di farmaci antitiroidei o alimenti gozzigeni durante il periodo gravidico;

 passaggio transplacentare di anticorpi materni anti recettore del TSH;

 prematurità e basso peso alla nascita.

Questa forma tende alla restituito ad integrum nel breve periodo.

La maggior parte dei neonati affetti da ipotiroidismo alla nascita non presenta segni obiettivi di patologia tiroidea, sia perché può esserci un’attività ghiandolare residua, sia perché il passaggio transplacentare degli ormoni materni offre una momentanea protezione.

Uno studio Danese (Jacobsen BB et al., 1981) condotto sui nati fra il 1970 e il 1975 aveva permesso di osservare che solo il 10% dei neonati affetti da ipotiroidismo congenito era stato diagnosticato entro il primo mese di vita, presentando segni caratteristici come macroglossia, ipotonia, ittero prolungato, ernia ombelicale, addome globoso, fontanelle allargate e problemi di alimentazione (Claus M, 2013).

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Il 35% era stato diagnosticato entro i 3 mesi e il 70% entro il primo anno (Jacobsen BB et al., 1981).

Quindi, nella maggior parte dei casi, la diagnosi clinica di ipotiroidismo non può essere formulata prima dei tre mesi di età, quando ormai alcuni degli effetti della carenza ormonale sullo sviluppo cerebrale sono divenuti irreversibili.

A partire dagli anni ’70 i test di funzionalità tiroidea sono stati inseriti nei programmi di screening neonatale, permettendo la diagnosi precoce e il trattamento tempestivo dell’ipotiroidismo congenito e riducendo drasticamente la comparsa di deficit neurologici conseguenti alla carenza ormonale (Ford G et al., 2014).

I principali programmi di screening utilizzati prevedono il dosaggio del TSH eventualmente seguito anche dalla valutazione della T4 per quei neonati che hanno valori di tireotropina elevati (Belcari F et al., 2011). Secondo Siberry e Iannone (2000) lo screening andrebbe eseguito dopo 24 ore di normale alimentazione proteica o lattea, sebbene i livelli di tireotropina non siano influenzati dall’alimentazione o dalle trasfusioni, a meno che non si tratti di trasfusioni totali (Kaye et al., 2006).

I livelli di TSH variano considerevolmente nelle prime ore e giorni dopo la nascita, per cui i prelievi fatti prima delle 36 ore possono dare origine a risultati falsi positivi.

Tutti i neonati vanno rivalutati al 7° giorno di vita.

Un successivo test deve essere eseguito in 14ª giornata, nei casi in cui il primo screening sia stato effettuato prima delle 24 ore dalla nascita

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screening: negli anni 70-80-90 questo si basava sulla valutazione dei livelli di fT4 seguiti eventualmente da quella del TSH, se il valore della tiroxina fosse stato al di sotto di uno specifico cut-off (< 10° centile); poi, a partire dal 2000, nonostante la maggior parte dei programmi usasse ancora tale strategia, circa un terzo degli stessi ha iniziato ad utilizzare il TSH come marker di disfunzione tiroidea oppure ad effettuare una valutazione simultanea di fT4 e TSH.

Lo screening basato sulla valutazione del TSH si è dimostrato più specifico per la diagnosi di ipotiroidismo congenito.

L'utilizzo di T4 come indice di ridotta funzione tiroidea, è risultato, invece, più sensibile per diagnosticare i rari casi di ipotiroidismo centrale (secondario e terziario), ma meno specifico, con un’alta frequenza di falsi positivi, soprattutto nei neonati LBW e pretermine (Büyükgebiz A, 2013).

Attualmente, i programmi di screening prevedono la valutazione del TSH oppure la valutazione simultanea dell'fT4 e del TSH.

Valori di TSH >10-15 mU/L consentono di formulare la diagnosi di ipotiroidismo congenito.

Da alcuni anni, tuttavia, si è iniziato a valutare quale fosse l’impatto di una diminuzione del valore cut-off del TSH sull’incidenza e la severità dell’ipotiroidismo congenito.

La tabella sottostante mostra l'effetto della diminuzione del valore soglia del TSH sull'incidenza di ipotiroidismo congenito in diversi paesi.

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Ford G et al., Screening for congenitel hypothyroidism: a worldwide view of strategies, 2014

Come possiamo osservare, quando il cut-off del TSH è stato portato da un valore di 20-25 mU/l a un valore di 6-10 mU/l (considerato su sangue intero), si è avuto un raddoppiamento dell’incidenza di ipotiroidismo congenito, con un'incidenza media che si spostava da 1:3.500 a 1:1.714. Bisogna tener presente che lo screening in Quebec non prevedeva di modificare il cut-off del primo campione, ma di richiedere un secondo campione nei neonati con un TSH fra 15 e 30 mU/L.

Il cut-off del secondo campione è stato abbassato negli anni da >15 mU/l a >5 mU/l e questo ha condotto ad un incremento dell’incidenza da 1:2.898 a 1:2.450.

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nel pretermine.

Nel pretermine, più specificamente, l’utilizzo di questo cut-off permetteva di evitare l’esecuzione del secondo screening a 36 settimane di età gestazionale corretta (UK Newborn Programme Centre).

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1.4

-

FISIOPATOLOGIA

DELLA

FUNZIONALITA'

TIROIDEA NEL NEONATO PRETERMINE

I continui progressi della medicina perinatale e neonatale hanno consentito una maggior sopravvivenza di neonati di E.G. sempre più bassa.

Tuttavia questo ha fatto sì che la prevalenza e la gravità delle patologie legate alla prematurità aumentassero notevolmente.

Le disfunzioni tiroidee rappresentano una delle numerose comorbidità associate alla nascita pretermine (Fisher DA, 2008).

L’importanza della patologia tiroidea va, senz'altro, attribuita al ruolo insostituibile che la tiroide svolge nello sviluppo dell'individuo, in particolar modo in quello del sistema nervoso (Van Wassenaer et al., 2004).

I due quadri più caratteristici di alterata funzionalità tiroidea nel neonato pretermine sono:

l’ipotiroxinemia della prematurità la ritardata elevazione del TSH

Di seguito prenderemo in considerazione ed analizzeremo nel dettaglio gli aspetti più caratteristici di queste due condizioni.

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1.4.1 - Ipotiroxinemia della prematurità

L’ipotiroxinemia transitoria della prematurità (transient hypothyroxinemia of prematurity – THOP) è una condizione patologica

che interessa specificamente i bambini nati sotto le 32ª settimane di gestazione, con una prevalenza che supera il 50% nei nati prima della 28ª settimana.

L'ipotiroxinemia è caratterizzata da valori transitoriamente bassi di T4, associati a normali valori di TSH.

Questo quadro, che si rende evidente durante la prima o la seconda settimana di vita, tende alla regressione spontanea entro alcune settimane (Fusako N et al., 2012).

C'è una difficoltà nell’inquadrare questa condizione, poiché non esiste un consenso unanime sul valore di tiroxina da considerare per formulare la diagnosi.

Alcuni autori hanno proposto di considerare diagnostico un valore della T4 ematica inferiore a 2, 2.6, 3 DS rispetto alla media dello screening nella popolazione di riferimento (den Ouden AL et al., 1996; Reuss et al., 1996).

Altri autori suggeriscono di utilizzare un valore di fT4 sierica inferiore a 0,7 ng/dl (Karna P, 1991; Chung HR et al., 2008; Goissen C et al., 2011; Soneda A et al., 2014).

Alcuni ricercatori hanno suggerito, invece, di considerare la concentrazione plasmatica di T3, indicandone il valore cut-off uguale a 0.3 nmol/L (Lucas A, 1996).

Recentemente, per definire l’ipotiroxinemia, Williams e coll. (2004) hanno proposto di utilizzare il valore di T4 corretto per l’età

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gestazionale.

Secondo gli autori un livello di T4, valutato al 7°, 14° o 28° giorno e corretto per l'età gestazionale, che fosse inferiore al 10° centile del valore su sangue cordonale, definiva una condizione di ipotiroxinemia. Bisogna considerare che la maturazione strutturale e funzionale del cervello umano segue uno schema definito (Levitt P., 2003).

In assenza di noxae lesive o circostanze particolari, si può ritenere che il cervello del neonato pretermine continui nel percorso di sviluppo predefinito utilizzando lo stesso modello del feto di età gestazionale (E.G.) corrispondente, rimasto in utero.

È molto probabile quindi che al prematuro sia necessaria la medesima quantità di ormone tiroideo del feto di E.G. equivalente (Volpe 2001; Levitt 2003).

È utile precisare, a questo punto, che il sangue cordonale è quello che meglio si approssima ai valori intrauterini.

Pertanto Williams e coll. hanno suggerito che il miglior metodo per definire il range appropriato di valori sierici di T4 e fT4 potesse essere quello di considerare i livelli ormonali del sangue cordonale, correggendoli per l’età gestazionale equivalente di un feto sano rimasto in utero.

La durata di questa disfunzione varia in base all’età gestazionale, ma nella maggior parte dei casi si risolve entro due o tre settimane, con la maturazione funzionale dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e l’ascesa del TSH.

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1.4.1.1 - Eziologia

Sul piano fisiopatologico, alcuni autori hanno avanzato l’ipotesi che l’ipotiroxinemia, similmente alla "Sindrome da Bassa T3" che si realizza nell’adulto, fosse un adattamento metabolico fisiologico del neonato pretermine, affetto da distress respiratorio e da ipossia (Simpson J et al., 2005).

Per altri autori, invece, questa condizione patologica è imputabile all'immaturità dell'asse ipotalamo-ipofisi-tiroide (Goisson C et al., 2010). Come si può osservare dalla tabella sottostante, l'eziologia dell'ipotiroxinemia non è univoca ma multifattoriale.

Di seguito verranno analizzate le diverse condizioni che contribuiscono alla sua genesi.

FATTORI DI RISCHIO per IPOTIROXINEMIA

Interruzione del passaggio trasplacentare degli ormoni materni

Immaturità dell'asse ipotalamo-ipofisi-tiroide

Patologie extratiroidee

Utilizzo di farmaci

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Interruzione del passaggio transplacentare degli ormoni materni.

Come già detto, dal secondo trimestre in poi, la tiroide fetale acquisisce attività funzionale; cionondimeno, il contributo ormonale materno continua ad essere indispensabile per lo sviluppo del sistema nervoso, soprattutto per quel periodo che va dalla 23ª alla 30ª settimana.

Il parto recidendo quelle connessioni vascolari che, attraverso la placenta, uniscono anatomicamente e funzionalmente la madre e il feto, provoca una brusca interruzione del passaggio e della produzione placentare di ormoni e nutrienti.

Quando tale arresto si manifesta in un’epoca dello sviluppo fetale in cui il sistema ipotalamo-ipofisi-tiroide non è ancora giunto a piena maturazione e la tiroide fetale non è ancora in grado di far fronte alle richieste postnatali, può causare aberrazioni della funzione tiroidea.

L’ipotiroxinemia transitoria può essere allora parzialmente imputabile all'arresto prematuro del rifornimento materno di iodio, ormoni tiroidei e TRH placentare.

Secondo le più recenti teorie, il passaggio degli ormoni materni durante il secondo e terzo trimestre di gravidanza sarebbe un evento fisiologico volto a soddisfare parte del fabbisogno di ormoni tiroidei del feto.

Questo consentirebbe alla tiroide fetale di svilupparsi totalmente, così da poter accumulare iodio e tireoglobulina iodinata e sintetizzare una quantità di ormoni adeguata per i bisogni futuri, una volta che il contributo materno sarà venuto meno.

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feti venivano deprivati del contributo ormonale materno, tentavano di soddisfare le richieste ormonali depauperando le riserve intraghiandolari di ormoni (Ruiz de Oña C et al., 1991).

Il TSH è necessario per la completa maturazione della tiroide.

Nel feto si hanno valori più alti di tireotropina rispetto al neonato a termine e all’adulto; se il parto avviene prematuramente, il TSH cala bruscamente e gli effetti benefici sulla tiroide vengono persi.

La secrezione intrauterina del TSH è sotto il controllo del TRH di origine extra-ipotalamica.

La placenta è fonte importante di TRH (Shambaugh G et al., 1979). L’improvviso calo del TRH, oltre che causare un'ovvia riduzione del TSH, potrebbe avere altri effetti, dal momento che sono state attribuite funzioni neuromodulatorie al TRH extra-ipotalamico (Ares et al., 1997). Berbel (2010), per dimostrare l’importanza del contributo ormonale materno nel secondo e terzo trimestre di gravidanza sul neurosviluppo del feto, ha condotto uno studio su ratti tiroidectomizzati al 16 giorno di gravidanza, con conseguente alterato sviluppo neurologico della prole. Per tutte le condizioni descritte, un parto prematuro può essere uno dei fattori causali della THOP.

La percentuale di neonati pretermine affetti da ipotiroxinemia aumenta con il decremento dell’età gestazionale.

Immaturità dell'asse ipotalamo-ipofisi-tiroide.

La ridotta permanenza in utero non permette un adeguato sviluppo dell’asse di controllo tiroideo, comportando inoltre una scarsa capacità della ghiandola di concentrare lo iodio, di sintetizzare e iodinare la tireoglobulina.

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basse concentrazioni di T4, un'alta percentuale di rT3 e di iodotironine sulfatate.

In seguito al parto, come detto in precedenza, si assiste ad un’ascesa marcata dei valori di TSH, che raggiungono circa 70 mU/l nei primi 30 minuti. Questa elevazione della tireotropina stimola la secrezione degli ormoni tiroidei, che raggiungono un picco fra le 24 e le 36 ore.

Nei pretermine l’innalzamento del TSH si assesta su livelli inferiori, che sembrano correlarsi all’età gestazionale.

Nei bambini nati oltre la 28ª settimana gestazionale, la risposta ormonale è assimilabile a quella dei nati a termine, poiché sia la T4, sia la T3 mostrano un incremento e risultano superiori ai valori misurati su sangue cordonale.

Vari studi sono stati svolti nel feto, nel neonato a termine e pretermine per valutare la correlazione fra l’età gestazionale e la funzionalità tiroidea.

Ballabio (1989) ha misurato i livelli di TSH e T4 su sangue proveniente da funicolocentesi in feti di 18-31 settimane e ha dimostrato che i livelli di entrambi gli ormoni aumentavano all’avanzare dell’E.G..

In seguito, Kilby (1998) ha studiato 11 feti di età media di 22 settimane e 15 feti di età media di 31 settimane, valutando le concentrazioni di fT4, fT3 e TSH su sangue del funicolo; dal suo studio è emerso un incremento sostanziale dei valori di fT4 e fT3 con l'avanzare dell'età gestazionale, con un incremento più lieve e non altrettanto significativo del TSH.

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Van Wassenaer nel 1997 ha valutato in quale modo l’età gestazionale influisse sulla funzione tiroidea dei nati sotto le 30 settimane di E.G., durante le prime otto settimane di vita.

In questo studio i neonati sono stati divisi in due gruppi in base all’E.G.: 25ª - 28ª settimana e 28ª - 30ª settimana.

La T4 si mostrava in decremento dopo il primo giorno, con un nadir al 7° giorno più spiccato nei più prematuri, poi aumentava fino al 28° giorno in maniera simile nei due gruppi, sebbene a livelli maggiori nel secondo.

La FT4 risultava anch’essa più bassa nei nati prima delle 28 settimane, con un nadir più profondo al giorno 7.

Anche il profilo della T3 si correlava con l’E.G.: al 3° e 7° giorno risultava a livelli inferiori nel primo gruppo, poi aumentava costantemente in entrambi i gruppi fino alla fine delle 8 settimane di osservazione.

Rimaneva, tuttavia, al di sopra dei livelli cordonali, e non seguiva il declino della T4; evidentemente i livelli di T3 erano la conseguenza di una maggior disponibilità di desiodasi tipo 1, indipendentemente dalla disponibilità del substrato T4.

I valori di TBG al 7° e 14° giorno risultavano inferiori nei nati sotto le 28 settimane, sebbene al 21° giorno divenissero superiori in questo gruppo.

Il TSH si riduceva in entrambi i gruppi al 3° giorno, per poi aumentare più consistentemente e in modo più duraturo nel primo gruppo, per poi assestarsi sui valori dei nati a termine verso il 28° giorno.

Questo differente comportamento della tireotropina potrebbe indicare una maggior suscettibilità della tiroide all’azione del TSH man a mano

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L’azione biologica del TSH potrebbe, altresì, incrementare con l’avanzare della gestazione, in relazione a modificazioni nella glicosilazione dell’ormone.

Quindi il quadro funzionale tiroideo nei nati sotto le 30 settimane può indicare una deplezione delle riserve ormonali tiroidee, dopo l’innalzamento della T4 e la richiesta acuta di ormoni da parte dei tessuti periferici.

Williams e coll. nel 2004 hanno svolto uno studio con l’obbiettivo principale di valutare l’andamento sierico di T4, FT4, TBG, TSH, T3, rT3 e ST4 su campioni prelevati dal cordone, al giorno 1, 7 e 24 in tre gruppi di neonati di 23-27 (gruppo 1), 28-30 (gruppo 2), 31-34 settimane (gruppo 3).

Secondariamente hanno comparato questi trends con quelli dei nati a termine e con i livelli sierici cordonali aggiustati per età gestazionale. Dallo studio emergeva che i valori di TSH erano simili in tutti i gruppi, sia su sangue cordonale che nelle valutazioni postnatali successive; i livelli cordonali risultavano più elevati, presentavano poi una caduta al 7° giorno, per rimanere constanti in seguito.

L’incremento post-natale della T4 sierica risultava attenuato nel gruppo 3, assente nel gruppo 2 (anche se i livelli rimanevano simili ai livelli cordonali corretti), invertito nel gruppo 1, il quale presentava una ipotiroxinemia spiccata, con valori di tiroxina inferiori sia rispetto agli altri pretermine, sia ai nati a termine, sia ai livelli cordonali.

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Il trend della TBG, in tutte le classi, era di incrementare e generalmente seguire, con minori variazioni, i limiti dell’E.G. equivalente.

Nei nati a termine i livelli di T3 aumentano di circa 3 volte rispetto ai valori cordonali fino a 2.5-3.0 nmol/l in circa 2-3 settimnae (Santini F et al., 1999); anche i pretermine di 32-33 settimnae di E.G. mostrano un aumento simile, sebbene partendo da valori cordonali inferiori.

Nei pretermine al di sotto delle 32 settimane gli andamenti ormonali sono più variabili.

Nel gruppo 23-27 settimane, l'incremento postnatale della T3 si sviluppava nel momento in cui i livelli di T4 (ma non di fT4) erano diminuiti al di sotto dei valori cordonali corretti.

I livelli di T3 possono essere aumentati nel pretermine inferiore alle 32 settimane attraverso la somministrazione di tiroxina, ma questo comporta una soppressione dei livelli di fT4, probabilmente per un feedback negativo esercitato a livello ipofisario (Biswas S et al., 2003). Anche una singola dose di T3 somministrata ai nati prima delle 28 settimane comporta una soppressione di fT4, per un'azione di rinforzo sull'attività della deiodasi tipo 1, indotta dalla stessa T3.

Mantenere adeguati livelli di fT4 nei nati sotto le 28 settimane sembra un aspetto fondamentale per consentire uno sviluppo adeguato del cervello e delle funzioni neurologiche.

Infatti, è necessaria una dose adeguata di fT4, piuttosto che di T4, per la conversione a T3 che avviene nelle cellule cerebrali.

La rT3 in tutti i gruppi e in tutti i campionamenti si manteneva sotto i valori cordonali di E.G. equivalente.

Infine in tutti i gruppi i valori di sT4 incrementavano, con un maximum al giorno 7; anche in questo caso il gruppo 23-27 ha mostrato un

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giorno 7, ma in contrasto con gli altri gruppi, i livelli rimanevano elevati, al di sopra dei valori cordonali, anche ai giorni 14 e 20.

Nel gruppo dei più prematuri gli autori hanno evidenziato come il calo postnatale della T4 si sviluppasse in un background in cui i valori della TBG venivano mantenuti entro i limiti cordonali corretti per E.G..

In queste circostanze, ci si sarebbe dovuto attendere un calo consensuale dei valori di fT4, come aspetto caratteristico dell'ipotiroxinameia transitoria.

Di fatto i valori di fT4 rimanevano entro i limiti cordonali, quindi apparentemente adeguati a favorire lo sviluppo cerebrale in utero, assumendo che quei valori riflettessero quelli di un feto normale, di età gestazionale equivalente, che stesse progredendo verso il termine della gravidanza.

Questo è stato associato ad uno spiazzamento della T4 dalla TBG conseguente alla somministrazione di farmaci, alla produzione di particolari metaboliti e acidi grassi liberi (free fatty acid – FFA).

Nei pretermine è frequente il riscontro di elevati livelli di FFA, specialmente quando la concentrazione di albumina è bassa, livelli che possono spiazzare la T4 e spiegare quindi l’elevazione della fT4.

In questo studio i neonati venivano alimentati per via parenterale con sostanza ad alto contenuto lipidico.

Inoltre il posizionamento di cateteri arteriosi e venosi richiede l’infusione di eparina che, attivando la lipoproteinlipasi, può portare all’aumento di FFA, con conseguente incremento falsamente positivo del

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È noto come l’ultima parte del secondo e la prima metà del terzo trimestre di gestazione siano due periodi critici per il metabolismo ormonale fetale; è evidente pertanto come una gravidanza interrotta troppo precocemente non permetta un corretto sviluppo di queste funzioni e contribuisca allo sviluppo delle disfunzioni tiroidee.

Queste disfunzioni saranno tanto più peculiari quanto più anticipatamente avverrà il parto; in questo senso lo studio di Williams offre ulteriori prove di come i pretermine di alto grado siano un gruppo distintivo nell’ambito di tutti i neonati pretermine.

In un ampio studio del 2005 lo stesso autore ha indagato come il contributo di fattori prenatali e intrapartum modificasse i livelli cordonali di iodotironine, TSH e TBG, analizzando 620 neonati di età gestazionale compresa fra la 23ª e la 42ª settimana.

Tre fattori sono risultati contribuire in maniera significativa alla variazione dei valori di fT4 nel sangue cordonale: il Ph arterioso, l’analgesia epidurale e il peso alla nascita; tuttavia il contributo di queste modificazioni sul piano clinico risultava insignificante.

Da questo studio non è emerso un aumento dei livelli di fT4 nei nati da madri fumatrici, come invece riportato da Meberg (Megerg et al., 1986). In più, in tutti i gruppi di pretermine i livelli di fT4 risultavano al di sopra o entro i limiti cordonali corretti per E.G., indipendentemente dalla gravità della malattia.

Questo ha portato Williams a ritenere, in contrasto con gli studi precedenti, che livelli diminuiti di fT4 non fossero una caratteristica patognomonica della THOP.

Anche in questo studio, come nel precedente, la T4 mostrava un nadir al giorno 7, correlato all’E.G.; gli autori hanno concluso quindi che il

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al 7° giorno postnatale.

La T3 nel siero cordonale variava in relazione alla gestazione e alla positività della madre allo Streptococcus gr. B; i livelli postnatali, in tutti i gruppi, erano entro o al di sopra dei limiti cordonali, indipendentemente dalla presenza della malattia o dopo la correzione per la positività materna allo Strepotcoccus.

Alcuni pretermine sono quindi esposti a livelli postnatali di T3 superiori a quelli cui sarebbero stati sottoposti se fossero rimasti in utero fino a termine.

È probabile che il cervello venga protetto da questo eccesso di ormone, dal momento che il contributo della T3 sistemica allo sviluppo cerebrale è insignificante.

Per quanto riguarda il TSH, studi precedenti avevano dimostrato l’associazione tra la concentrazione della tireotropina e diversi fattori, fra cui il parto per via vaginale, la presenza di giri del cordone intorno al collo del feto, un feto SGA, la presenza di meconio nel liquido amniotico, l’utilizzazione di forcipe e ventosa, un APGAR basso, il sesso maschile e l’abitudine al fumo della madre.

Williams e coll. (2005) invece hanno trovato un’associazione, per altro debole, esclusivamente con il tipo di parto.

Il TSH risultava più basso rispetto ai valori dell’E.G. equivalente, indipendentemente dal grado di prematurità, dall’epoca della valutazione, dalla severità di malattia e anche rispetto alle correzioni adottate per la modalità del parto.

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la TBG rimaneva, in tutte le classi, entro i limiti dei valori corodnali, indipendentemente dalla presenza e dalla severità della malattia.

Per questo motivo le concentrazioni di TBG non sono nè specificamente caratterizzanti ne’indicative di ipotiroxinemia.

Anche se non utili per fini diagnostici, Williams suggerisce comunque di monitorare le variazioni di TSH e T3, per scongiurare un’inavvertita soppressione dell’asse ipotalmo-ipofisi-tiroide in seguito alla terapia sostitutiva con tiroxina.

Bagnoli et al. hanno valutato un gruppo di pretermine AGA (adeguate for gestational age), dimostrando livelli di T4 significativamente inferiori rispetto ai nati a termine.

I valori di T4 aumentavano consensualmente all’E.G. e questo incremento era significativo anche per aumenti di età gestazionale di due settimane.

Secondo gli autori anche un incremento minimo della E.G. si accompagna ad aumenti significativi dei valori della T4, in qualsiasi classe di età, inclusi i neonati ELBW.

Questa è un’ulteriore conferma di come un’interruzione precoce dello sviluppo intrauterino della tiroide e del suo asse di controllo contribuisca allo sviluppo della THOP.

Patologie extratiroidee.

Frequentemente i nati pretermine sono affetti da patologie complesse che possono modificare la funzionalità tiroidea agendo sia a livello centrale, alterando la funzionalità ipotalmo-ipofisaria, sia a livello periferico, compromettendo il metabolismo tissutale degli ormoni (Wiersinga, 2000).

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sviluppare la cosiddetta ‘Sindrome da bassa T3’, caratterizzata da livelli bassi di T3 ed elevati di rT3.

Nelle forme gravi si assiste anche ad un calo dei valori di T4.

Da circa un trentennio si studia la relazione che intercorre fra le patologie critiche del pretermine e lo status tiroideo.

In particolar modo si è posta l’attenzione sulla Sindrome da Distress Respiratorio (respiratory distress syndrome – RSD) e sull’emorragia intraventricolare.

Uhrmann e coll. (1981) hanno dimostrato che il 35% di una popolazione di pretermine con RSD aveva livelli sierici di T4 inferiori a 3 μg/l.

Studi su modelli animali hanno portato a supporre che gli ormoni tiroidei potessero agire in maniera sinergica ai corticosteroidi nell’accelerare la produzione del surfrattante, riducendo la gravità della RSD (Liggings et al., 1998).

Bisogna però considerare che, frequentemente, questi neonati sono affetti da patologie che interessano simultaneamente diversi organi e apparati.

Nei neonati VLBW, bassi livelli sierici di T4 durante la prima settimana di vita (ma non in seguito) sono associati con lo sviluppo di emorragia intraventricolare (Paul, 1998).

Simpson e coll. (2005) hanno condotto uno studio per valutare in quale misura gli indici di gravità delle patologie intercorrenti si riverberassero sull’assetto ormonale tiroideo del pretermine.

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neonatale, in relazione alla gravità di malattia.

Il vantaggio nell’utilizzo di questo metodo di scoring è stato quello di classificare in maniera sistematica un ampio campione di neonati, utilizzando un insieme uniforme di parametri caratterizzanti la gravità di malattia.

Il loro campione era costituito da un gruppo di pretermine nati fra la 23ª e la 34ª settimana E.G., suddivisi in tre classi di gravità.

La misurazione dei livelli ormonali sierici veniva effettuata su sangue cordonale e poi al 7°, 14° e 28° giorno di vita.

Da questa modalità di approccio risultava che il TSH rimaneva invariato in ciascuna classe, indipendentemente dalla gravità del quadro patologico; quindi l’effetto della malattia sull’andamento della tireotropina è neutrale, come già dimostrato da studi precedenti (Franklin RC et al., 1985).

I livelli sierici di T4 nella maggior parte dei neonati affetti da patologie più lievi risultavano entro o al di sopra dei livelli cordonali corretti per E.G..

Diversamente i livelli di T4 in tutti i neonati gravemente malati si mostravano ben al di sotto dei valori per E.G. equivalente.

Quindi la gravità della patologia risultava essere uno dei fattori determinanti i bassi valori di T4 del pretermine.

Posto questo risultato, la questione principale sollevata dagli autori era capire se i bassi valori di T4 fossero un fattore di rischio indipendentemente per lo sviluppo di deficit neurologici tardivi o se fossero semplicemente un epifenomeno della malattia.

Studi precedenti avevano dimostrato che la supplementazione con tiroxina, sebbene risolvesse l’ipotiroxinaemia, non avesse alcun effetto

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Conseguentemente gli autori hanno concluso che ci dovessero essere ulteriori fattori, che agendo in un contesto di malattia acuta, avessero un impatto negativo sullo sviluppo cerebrale.

Da sottolineare anche quanto emerso da uno studio Van Wassenaer et al. del 1997 che non ha rilevato, nel pretermine malato, l’aumento della tiroxina al giorno 1, ma una discesa fino al giorno 3. Al giorno 7 i livelli di T4 dei bambini malati risultavano paragonabili a quelli dei bambini sani.

In seguito, nel gruppo dei malati, la T4 si mostrava in ascesa fino al giorno 28, quando i suoi livelli risultavano superiori rispetto a quelli dei bambini sani.

Riconsiderando i risultati dello studio di Simpson (2005) per quanto riguarda la TBG, che è uno dei maggiori determinanti i livelli sierici di T4, non sono risultate differenze significative correlate all’entità del quadro patologico che potessero spiegare le variazioni della T4 associate alla gravità di malattia.

Van Wassenaer (1997) ha invece riscontrato una riduzione della TBG nella prima settimana di vita nei bambini malati, con un incremento a partire poi dal 14° giorno, probabilmente per la risoluzione del quadro clinico.

Questo decorso della TBG si rifletteva sull’andamento di T4 e T3: mancava infatti il picco postnatale della T4, mentre l’ascesa di T3 risultava attenuata.

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rispetto ai sani fino al 21° giorno, tuttavia con l’entità del nadir del 7° giorno assimilabile a quella dei sani.

In contrasto con quanto riportato, Simpson, sempre nel 2005, ha rilevato che la maggior parte dei livelli di fT4 risultava entro o al di sopra dei valori cordonali di E.G. equivalente, indipendentemente dalla gravità della malattia.

Quindi la differenza nell’andamento di fT4 e di T4 è notevole, specialmente in quei neonati più gravemente malati.

Un ridotto legame della T4 alla TBG può essere una valida spiegazione per il mantenimento di normali valori di fT4 nei pretermine malati, quando la T4 risulta diminuita.

Nel siero dei neonati il legame della T4 alla TBG può essere diminuito a causa dell’azione delle elastasi neutrofile, che risultano presenti in maggior concentrazione rispetto agli adulti, ancora di più in corso di infiammazione e infezioni.

Un’altra possibile spiegazione, soprattutto per quanto riguarda i pretermine affetti da patologie, è che ci sia uno spiazzamento della T4 dalla TBG da parte di farmaci, metaboliti e acidi grassi liberi (free fatty acids – FFA).

I neonati che vengono nutriti per via parenterale ricevono un'emulsione di trigliceridi, generalmente a 2.5 mg/kg/min; questo genera un rapporto FFA/albumina di 12 o oltre, mentre il rapporto richiesto in vitro per inibire il legame fra T4 e TBG è circa 3 (Lim C-F et al., 1993; Kao LC et al., 1984).

La necessità di mantenere pervi i cateteri venosi ed arteriosi impone la somministrazione di eparina per via infusionale; questa ha l’effetto collaterale di attivare la lipoprotin-lipasi, incrementando la formazione

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Conseguentemente, nei neonati più gravemente affetti, si sviluppano quelle condizioni per cui è più facile che avvenga lo spiazzamento della T4.

La concentrazione di T3 tende a calare nei neonati malati, in maniera proporzionale alla gravità della malattia (Franklin RC et al., 1986); così la T3 risulta costantemente più bassa nei pretemine che hanno forme di RDS più severe o in quelli che vanno incontro ad exitus rispetto a quelli che sopravvivono (Simpson et al.,2005).

Gli stessi autori (Williams F et al., 2005) in seguito hanno preso in considerazione il peso delle specifiche patologie sulle variazioni dell’assetto tiroideo, studiando un gruppo di pretermine nati fra la 23ª e la 34ª settimana di E.G..

Le valutazioni sono state fatte al 7°, 14° e 28° giorno.

I livelli sierici di TSH, fT4, T4 e T3 sono risultati associati in maniera variabile ma significativa, con la presenza di batteriemia, di colture positive dalle secrezioni endotracheali, di distress respiratorio, di enterocolite necrotizzante.

Verosimilmente una parte sostanziale degli effetti di tali condizioni patologiche sul pattern ormonale tiroideo, veniva mediata dalle citochine infiammatorie.

Il microrganismo più frequentemente responsabile delle infezioni era lo Stafilococco coagulasi-negativo.

Non è stata valutata l’associazione fra livelli di iodotitornine ed infezioni da batteri Gram negativi e funghi, responsabili di un alto tasso di

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moderata, presumibilmente le modificazioni indotte dalla sepsi stafilococciche sul pattern ormonale tiroideo erano altrettanto più attenuate.

De Felice et al., in uno studio condotto su 150 neonati VLBW nel 2005, ha trovato un'associazione significativa fra corioamnioite e THOP, confermando ancora una volta il ruolo di una risposta infiammatoria sistemica nella genesi della ipotiroxinaemia.

Utilizzo di farmaci.

Circa il 20% dei neonati VLBW nelle unità di terapia intensiva neonatale diventa ipoteso entro 24 ore dall’ammissione.

L’ipotensione è un fattore di rischio maggiore per emorragia periventricolare-intraventricolare e ridotto sviluppo neurologico a lungo termine, probabilmente per una diminuzione della pressione di perfusione e del flusso cerebrale.

Per questo motivo, oltre che per migliorare il flusso splancnico e renale, è frequente l’uso di agenti inotropi, come la dopamina e la dobutamina (Filippi L et al., 2004-2007).

La dopamina esercita fisiologicamente un ruolo inibitorio sul rilascio del TSH, agendo specificamente sui recettori D2 a livello dell’adenoipofisi e dell’eminenza mediana dell’ipotalamo.

Il TSH viene secreto dall’ipofisi anteriore in maniera pulsatile, la dopamina riduce significativamente l’ampiezza di queste secrezioni, senza tuttavia modificarne la frequenza (Filippi L et al., 2004).

Oltre che a livello centrale, la dopamina può agire a livello periferico, sia impedendo il rilascio TSH-mediato della T4 dalla tiroide sia alterando la conversione epatica della T4 in T3 (Williams et al., 2005).

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