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Rassegna storica salernitana. A.22, n.1/4 (1961)

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RASSEGNA STORICA

S A L E R N I T A N A

(2)

R A S S E G N A S T O R I C A S A L E R N I T A N A

A CURA DELLA SOCIETÀ SALERNITANA DI STORIA PATRIA

Direttore : E. G U A R I G L I A

Comitato di Redazione. A. COLOMBIS V. PANEBIANCO

M. ADINOLFI Segretaria di Redazione

Direzione e Amministrazione : Salerno V ia F. Cantarella, 7

Redazione : presso il M useo Provinciale di Salerno

ABBO NAM ENTO ANNUALE

Per 1 Italia L. 2000

per l ' Estero L 2500

Fascicolo separato L. 800 Fascicolo doppio L. 1400

A N N O XXII (1961)

N. 1 4

S O M M A R I O

V. Pa n e b i a n c o P aestum : colonia latina, m un icip ium , colonia civium Introduzione allo studio di Pesto

rom ana . . . p a g . 3

N. Ag o c e l l a I l C ilento d a i L ongobardi ai N orm anni (secoli

X

e

XI)

S tru ttu ra am m inistrativa e agricola

P arte I . . .

35

V a ria :

M. Ga r o n e C ontratti agrari tip ici nel Salernitano intorno

al M ille . . . 83

D. Si m e o n e Le o n e O .S.B. La tom ba della Regina Sibilla

nella Kadia di Cava dei T irre n i . . . » 91 M. C 1 o ffi L 'A bbazia benedettina dj Santa M aria a To

benna in Comune di Castiglione del Genovesi . . » 105 V. Pa n e b i a n c o P er la valorizzazione culturale e turistica

del S alernitano . . . 143

M edaglioni:

G iovanni A m endola, m aestro di vita e di m orale (P . La

veglia) . . . 155

Vincenzo Cavallo (V. Sica) . . . . . . . y> 171

A ndrea G enoino . . . . . . . . . y> 179

Recensioni . . . » 181

Tra libri e riviste . . . . . . . . . y> 188

N otizie . . . . . . . . . . 196

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(3)

-RASSEGNA STORICA

S A L E R N I T A N A

(4)
(5)

P a e s t u m : c o l o n i a l a t in a ,

municipium, colonia civium.

Introduzione allo studio di Pesto romana

PAESTUM , COLONIA LATINA

P u re in m ancanza della tavola di fondazione, quale dovette essere la lex costitutiva della colonia latina di Paestum , siamo per gran fo r tuna 'sicuram ente inform ati della data di tale deduzione coloniale, che segnò u n m om ento im portantissim o nella storia di Roma e d el l'Ita lia antica: l ’estensione alla Magna Grecia del dom inio politico di Roma. La quale, cosi, unificando l ’Ita lia , tra la m eraviglia delle m aggiori potenze orientali del tem po e della stessa baldanzosa Car tagine, signoreggiante continuatrice delle glorie fenicie di T iro sui m ari d ’O ccidente, riuscì a sua volta a levarsi, nel III secolo av. Cr., tra le grandi potenze del m ondo m editerran eo, per assum ervi il ruolo di unificare e dirigere, col successo delle armi congiunto a quello ben pili d uratu ro della saggezza politica, tutti i popoli gravitanti intorno a,l M editerraneo, finalm ente pacificato nel nome di Rom a e r e stituito alla sua n atu rale funzione di tenere u n iti i suoi popoli, q uan tunque diversi, dopo tante aspre contese, in una com une e arm onica opera di civiltà.

In fatti, n e ll’immenso naufragio delle fonti annalistiche rom ane relative a questo periodo, è quasi inatteso e inopinato, potere a p p re n dere dalla Periocha del 1. XIV di Livio, dopo il ricordo d e ll’am ba sciata. a Tolom eo F iladelfo (a. 273), questa concisa e lap id aria n o ti zia: cóloniae deducine sunt Posidonin et Cosa 0 ) .

(1 ) Al K luge, S tu dien zu r T opo g ra p h ie von Paestum , in « Classical P h ilology » IV (1909), p. 60, sembrò sorprendente che l epitom e liviana ripeta qui il più antico nom e della città greca ( P oseidon ia), anziché quello più recente della città lucana ( P aistom ), la quale è invece dallo storico romano costantem ente ricordata col suo nom e italico e latino di P aestum . E, invero, potrebbe anche congetturarsi che Livio

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E la notizia è conferm ata da V elleio ( I 14, 7), che di tale d ed u zione coloniale determ ina p ure esattam ente la data con le p arole:

Cosavi et Paestum abbine annos ferm e trecentos Fabio Dorsone et Claudio Canina consuUbus . . . . coloni missi . . . (2 ).

Q uanta parte il console C. C laudio C auina, che lo stesso a. 273 prim a ancora che giungesse al suo term ine la guerra con T aranto e che si concludessero, dopo circa 70 anni, le guerre sannitiche rip o rtò u n trionfo su L ucani, S anniti e B ru ttii (3 ), abbia potuto even tualm ente avere n ella fondazione della colonia latina di P aestum , non si può dire in base alla sem plice concom itanza di tali notizie.

Ma che la deduzione di u na colonia latin a a P aestum abbia fatto seguito a una vera e p ro p ria conquista m ilitare d el’a vetusta città greco-italica da p arte dei R om ani, lascia senz’altro sospettare Stra- bone (V I 252) quando, epitom ando anch’egli le notizie storiche su Poseidonia - P aestum , esplicitam ente ricorda che 'P o s a to i Se Asuxa-

v o ò ? àcpefXovxo tyjv 7ió Xtv.

Non è im probabile, in fatti, che Lucani e T a re n tin i, fors’anche dopo la partenza di P irro d a ll’Italia (autunn o d e ll’a. 275), abbiano

abbia desunto da qualche sua fonte il nom e greco della città, su cui n el 273 a. C. si sovrappose la colonia latina di Paestum : ma è più logico pensare che l epitom atore, riportandosi alle sue cognizioni e ben sapendo della preesistente città greca, abbia voluto ricordare come la colonia latina sia stata dedotta in un centro già fiorente di vita ellenica, anziché su un abitato quasi imbarbarito dagli italici sanniti e lucani, quale dovette essere P aistom nei confronti della precedente Poseidonia. Tanto più che come subito vedrem o Roma ci terrà a menar vanto di questa sua azione p olitica, intesa ^d assicurare pace e libertà a tutte le città della Magna Grecia.

(2 ) Cfr. De Sanctis, S to ria d e i R om ani, II, Torino. 1907, p. 4 20; Pais, Serie

cronologica d e lle colon ie R om ane e L atine, n elle « Mem. d. Accad. Lincei », s. V.,

voi. XVII (1924), p. 331 sgg. ; B eloch, R óm ische G eschichte, B erlin, 1926, p. 4 70: Ciaceri, Storia della M agna Grecia, III, N ap oli, 1932, p. 81 ; G ian nelli, La re p u b

blica rom ana, M ilano, 1937, p. 2 6 4 ; J. V ogt, La rep u b b lica rom ana, B ari, 1939,

p. 80 ; A. P igan iol, La conquéte rom aine, 4 ediz., Paris, 1944, p. 152 ; E. M agaldi,

Lucania rom ana, p. I, Roma, 1948, p. 1 24; L. P areti, Storia d i R om a, II, T orino,

1952, p. 48 sg. ; F. De M artino, S to ria della co stitu zio n e rom ana, II, N ap oli, 1954, p. 82 sgg.

(3 ) Cfr. Pais, Fasti triu m p h . p o p u li R om ., I, Rom a, 1920, p. 7 6 ; e, per ultim o, E. Manni, Fasti e llen istici e rom ani (323 31 a. C .),Palerm o, 1961, p. 98.

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-tentato u n ’estrem a offensiva contro gli eserciti consolari p roprio nella pianura di Paistom , c h ’era ai T aren tin i di facile accesso dal m are, e così pure ai Lucani attraverso i valichi dei m onti retro stan ti, in cui s’apriva la grande via in tern a di com unicazione tra il Jonio e il T ir reno, la quale aveva segnato per oltre un secolo la catena com m erciale in cui si erano rin sald ati i più stretti e cordiali ra p p o rti tra Poseido niati e T aren tin i.

T ale particolare posizione tra i m onti im m inenti e il m are aveva già esposto ìa città di Posidonia Peslo sino a farla divenire, con a l terne vicende, un conteso baluardo nella cruenta e secolare lotta tra i Greci italio ti e i L ucani. Ai quali, com e rim ase precluso il dom inio del m are, ch ’era il presupposto necessario a g aran tire la difesa e il possesso di Posidonia Pesto, cosi non era stato possibile evitare, con Io sbarco di A lessandro il Molosso (a. 333 a. C .), che la città rito r nasse, sia p u re p er breve tem po, in potere dei Greci italio ti, non più alleati di T aranto (4 ). Né occorre sottolineare con quanta sim patia i R om ani dovessero assecondare o seguire con particolare interesse questi conati di riscossa ellenico italiota, contro i com uni nem ici San niti e Lucani, e che ritrovavano il loro teatro di operazioni m ilitari prop rio davanti le m ura di Posidonia Pesto, im portante scalo com m er ciale sulla ro tta tirre n a tra Massalia e la Magna G recia, alla cui difesa era intanto divenuta direttam en te interessata la stessa Rom a, dopo che verso la fine del IV secolo C artagine aveva ritenu to necessario sbarrarle la p arte m eridion ale del bacino occidentale del M editerraneo.

Non vi è dubbio, pertan to , che l’ingresso n e ll’o rbita politica di Roma dovesse essere, in quésto m om ento, vivam ente atteso e deside rato dagli stessi ab itan ti di Posidonia Pesto.

E se, com e la suindicata notizia di Strabone autorizza a pensare, essi dovettero sia p u re passivam ente e quasi a m alincuore, per non venir meno alla tradizionale e ben salda am icizia coi T aren tin i consentire che davanti alla loro m arto riata città avvenisse u n estrem o

(4 ) A qu el fortunoso m om ento, in cui la città apparve restituita a vita greca, deve appartenere lo statere di Dossennos (probab ilm ente m agistrato supremo della città, forse con poteri straordinari), su cui ha di recente richiam ato l attenzione P. Zancani M ontuoro, Dossenno a P oseidon ia, in « Atti e M emorie della Soc. Magna Grecia » 1958, p. 78 sgg. Spero di poter dare presto qualche contributo che valga a chiarire o a consentire un m igliore esame della com plessa situazione di quel par ticolare e travagliato m om ento storico per il mondo italico, greco italiota e romano, nella seconda metà del IV sec. a. C., e che già apparve difficilm ente com prensibile anche a W. Hoffmann, Rotti und die griech isch e W elt im 4 Jah rh u n dert, Leipzig,

1934, « Philologus », Suppl. XXVII, H. 11, p. 45 sgg.

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-tentativo lucano tarentino di controffensiva,, intesa ad infrangere in un punto di capitale im portanza strategica il blocco di forze m ilitari rom ane che aveva orm ai inevitabilm ente accerchiato S an n iti, Lucani e liru ttii an n id ati n e ll’interno del paese, è lecito nondim eno ritenere che, avuta ragione le forze consolari di quelle lu cano tarentine ed occupata la città stessa di P esto, gli ab itan ti di qu est’u ltim a dovettero salutare l ’avvenim ento quasi come una loro liberazione.

V edrem o subito, del resto, come Roma riuscì, in effetto , ad as sicurare la pace e la lib ertà, n o n solo a Posidonia Pésto, ma: anche a tu tte le altre città greche del M ezzogiorno d ’Italia.

Ma intanto sia pure fugacem ente occorre qui sottolineare che, in relazione a quanto è possibile dedurre dalla suindicata notizia di Strabone, m eglio si spiega perché m ai Rom a, n el 273 a.C ., cioè p rim a ancora che si concludesse il trem endo duello con T aran to , sia stata indotta a fondare le due vicine colonie latine di Cosa e di

P aestum , poste a gu ardie, l'u n a , della via com m erciale m a rittim a sul

T irreno, e l ’altra, dei valichi verso l’interno della L ucania, c h ’era stato e sarà ancora per l ’avvenire cosi difficile conquistare m i litarm ente.

L ’ipotesi che la colonia latin a gem ella di Paestum sia stata de dotta a Cosa sul fium e Silaro, anziché n e ll’om onim a cittad in a del l’E tru ria , fu prim ieram en te form ulata dal P ais; m a, n o n accettata da lu tti gli studiosi, costituisce ancora u n problem a sub ju dice (5 ).

A nche a giudicare, però, da quanto si è qui p rospettato, l ’abbi nam ento delle due colonie vicine di Cosa e di Paestum , non solo ap pare convincente in relazione alle necessità della difesa e a ll’o p p o r tu n ità di g aran tire a R om a la sicurezza dei porti e degli scali com m erciali m a rittim i di foce Silaro e di P aestum , m a sem bra anche bene scelto il m om ento di tali deduzioni coloniali. Le quali, suggellando u n successo m ilitare con un sagace provvedim ento politico costituzio nale, valsero nel contem po ad affrettare la fine della cruen ta guerra

(5 ) Cfr. V. P anebianco, La colonia rom ana d i Salernu m , Salerno, 1945, p. 8, li. 1 ; M. Lopes Pegna, La vera origine d i « Cosa vu lcen te », in « Studi E truschi », XXII (1952 53), p. 411 sgg. -­ -— — — — ­ ­ -­ ­ ­ ­ ­

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-con T aranto, il successivo a. 272, e ad assicurare l’estensione della dom inazione rom ana sulla M agna G recia, dal m om ento che dalle coste tirren e a quelle ioniche poterono finalm ente inalberarsi vitto

riosi i vessilli di R om a.

E la vittoria di Rom a dovette essere dalle città greche d ’Italia veram ente salutata come appo rtatrice di pace e libertà, dopo tante lotte per rivalità com m erciali e per infrenare le continue minacciose pressioni dei Lucani e dei B ru ttii, incalzanti d a ll’interno del paese; senza dire, poi, delle freq u en ti insidie di Siracusani e C artaginesi, diversam ente interessati alla difesa, delie rispettive zone d ’influenza com m erciale nel M editerraneo occidentale.

Cessate finalm ente le ostilità tra le città della Magna Grecia con la loro incorporazione n ella nuova lega italica, di cui Roma assunse la direzione politica bene accetta a tutti i confederati, dal m om ento che o p p o rtu n i trattati garantivano l ’autonom ia degli stati cittad in i alleati e, p u r nel quadro d e ll’egem onia di Rom a, a questa rim aneva no eguagliati, quali so d i nom in is L atini , ben potevano i R om ani m enar vanto di avere restituito « la pace, le leggi e la libertà » agli alleati italici della Magna Grecia (6).

Cosi l ’Ita lia s’unificava nel nom e di Rom a. E ogni nuova colonia latina, p ertan to , veniva quasi a costituire un nuovo centro d ’attrazione delle popolazioni locali nella, sfera d ’influenza politica di Rom a, che, a sua volta, tendeva sem pre più ad espandersi e ingrandirsi con una com plessa rete di alleanze; nelle quali, durante le trem ende prove im poste d alla guerra con Cartagine, Rom a ritro verà, infatti, sicuro e valido sostegno del suo prim ato m ilitare e politico.

(6 ) Cfr. la P eriocha del 1. XV di L ivio: v ictis T arentin is pax e t libertas data

est. E ancora Livio potrà appresso (XXXI 31, 7) ricordare, a vanto di Roma, di aver

restituito ai R egini, con la punizione dei colp evoli Campani (a . 270), « le g g i e li bertà » : an bello p ersecu ti sceleratam legionem , in p o testa tem nostrani redactam

tergo e t cervicibu s poenas sociis p en d ere cum coegissem us, urbem agros suaque om nia cum lib e ria te legibusque R eginis red d id im u s ?

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P er ben com prendere, invero, la particolare im p ortan za politica della deduzione della colonia latina di P aestum . occorre considerare l ’avvenim ento nel più vasto orizzonte della storia di R om a, alla vi gilia della p rim a guerra punica (7).

P aestum e tutte le a tre città greche d ’Ita lia , che sono ora ra p i dam ente attra tte n e ll’o rbita politica, di R om a, vantano una tradizione com m erciale e, soprattu tto, u n ’esperienza del m are che ai R om ani fa ancora difetto, e che essi p ertan to cercano nel m iglior modo possibile di assicurarsi a p ro p rio vantaggio per le im m in enti prove che li a t tendono contro la baldanzosa e tem ibile rivale cartaginese.

Sicché, si com prende agevolm ente perché m ai Rom a si preoccupi, p ro p rio in questo m om ento, di stringere a sé gli ab itan ti di queste città com e s o d i iw vales.

F ra i quali, i PesLani dovettero essere d a Rom a annoverati, non soltanto in considerazione del loro passato m arin aro e com m erciale, ma anche e specialm ente per la garanzia e h ’essi davano, fors’anche in relazione a prove di fedeltà già fo rnite d u ran te gli u ltim i eventi delle guerre sannitiche, di essere allea ti, sui quali si potesse confidare e ai quali convenisse p ertan to affidare u n ruolo politico e m ilitare di partico lare im portanza.

Di qui, evidentem ente, l’o p p o rtu n ità di dedu rre una colonia la tina a Paestum .

B asterebbe, del resto, a conferm arlo il ben significativo ricordo tram andatoci da Silio Italico, il cantore della guerra an nibalica, n ell'o ttav o libro del suo poem a , dei contingenti che gli alleati d e ll’antico sinus Paestanus diedero a R om a prim a della battaglia di C anne:

•(7 ) Fondam entali sono le osservazioni di L. P areti, o. c., II, p. 44 sgg. sui pre parativi p o litici e m ilitari di Roma ai grandi eventi d elle guerre pu niche, che le daranno il dom inio del M editerraneo.

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575 Parebat legio audaci perm issa Cethego, Cui socias vires, atque indiscreta m aniplis A rm a recensebant, rame sese ostendere m iles Leucosiae e scopulis, n unc quem Picentia Paeslo M isit, et exhaustae inox P o m o Marte Carillae,

580 N unc Silarus quos n u trit aquis, quo gurgite traduut D uritiem lapulum mersis inolescere ramis.

llle et pugnacis laudavit tela S a lem i Falcatos enses, et quae B uxentia pubes A ptabat d extris irrasae robora clavae.

E* davvero sorprendente come il poeta abbia sapulo, in questa brillante rassegna di forze m ilitari alleate, dare sufficiente rilievo a quel contingente, q u em Picentia Paesto - m isit, cosi aridam ente spe cificato, ma ben determ inato com ’è a significare la particolare n atu ra del contingente m ilitare allora dato dai P icentin i ex form ula per tr a m ite della vicina colonia latina di P aestum , a cui evidentem ente dove vano essere stati da Rom a a ttrib u iti nella loro condizione di dediticii e alla quale pertanto erano tenuti a, fornire il co ntributo fissato dal trattato di sottom issione ( lex dedvtionis) d e ll’a. 268, quando dal 1 originario Piceno furono p er punizione d epo rtati nel tratto di te r ritorio costiero tra Salerno e il fiume Seie, che da essi prese perciò nom e di ager P icentinus (8).

Il che vale senz’altro a indicare quale partico lare funzione p o li tica e m ilitare dovette essere riservata da Roma alla colonia latina di P aestum , nel vasto quadro della federazione italica, che, specie nelle trem ende prove d ella seconda punica, si rivelò sicuro sostegno del prim ato rom ano.

'Ed è rim asta fam osa, tra le colonie latine che al tem po di A nn i baie si segnalarono p er la loro fedeltà a R om a, la solidarietà offerta d a Paestum nei più decisivi e difficili m om enti.

In fatti, subito dopo l’insuccesso m ilitare subito da Roma con la battaglia, del T rasim eno (a . 217), che ap ri ad A nnibaie la via d e ll’I ta lia m eridionale, in un m om ento particolarm en te difficile la fortuna di Rom a sem brava vacillare, e già nel Mezzogiorno della penisola fermentava, la sollevazione che non tard e rà, del resto, a scoppiare , la città alleata di N apoli, come Livio fieram ente ricorda (XXII 32, 5), vedendo p o p u li R om ani aerarium bello exhauriri, et cum iuxta prò

(8 ) Cfr. V. Panebianco, n .c ., p. 24. ­ ­ ­ -­ ­ ­ ­ — —

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urbibus agrisque sociorum ac prò capite atque arce Italiae, urbe R o ­ mana atque im perio, geratur . . . ., aveva m andato al Senato rom ano

q u aran ta coppe d ’oro pesanti, tolte dai p ro p ri tem p li, ove servivano come ornam ento e saggia riserva contro i casi della fo rtu n a ; m a il Senato rom ano, p u r am m irando e apprezzando la no biltà del gesto, si era solo lim itato ad accettare in omaggio la coppa di m ino r peso.

A nche P aestum , mossa dagli stessi interessi e dagli stessi senti m enti, m andò a R om a legati con tazze d ’oro. E il Senato, com e aveva fatto per i N apoletani, ringraziò e declinò l ’offerta, si com e Livio, per evitare ripetizio n i, rap id am en te ricorda (XXII 36, 9 ): legati a

Paesto pateras aureas R om am adtulerunt. Iis sicut N eapolitanis gra- tiae actae; aurum non acceptum .

P iù esplicitam ente Livio (XXVI 39, 5) fa cenno di u na fo rn itu ra di navi fa tta a Roma ex foedere da R hegium , V elia e P aestu m ; e, finalm ente, dopo aver ricordato la defezione nel 209 delle dodici co lonie latin e che saranno più ta rd i nel 204 severam ente pu nite, segnala ad una ad u n a, a titolo d ’onore e di perenne g ratitu d in e ro m ana, le colonie rim aste fedeli, tra, le quali è Paestum (XXVII 10, 7):

ne nunc q u id em post tot saecula sileamtur fraud euturve laude sua: Signini fu ere... et P a e s t a n i h a r u m coloniarUm subsidio tu m im pe- riu m p o p u li R om ani stetit, iisque gratiae in senatu et apud p o p u lu m actae.

*

* *

Ma, dal M ommsen in qua, si è alquanto incerti nel v alu tare co- desti contributi navali dati a Roma, da P aestum , quasi che questa, anziché come una delle tan te altre colonie di d iritto latino, fosse nei confronti d e ll’altra considerata come una città fed erata, godente di p artic o la ri prerogative che la rendevano piuttosto pari ai socii navale», in considerazione del suo passato m arinaro e com m erciale di città italiota (9).

R ilevò, infatti, il M ommsen (C . I .L. X, p. 52): quod re Graeca

etin m tu m erat, magis quam L atina, pariter atque civitatibus foederatis Graecorum, naves tnagis quam m ilites e x foedere im perarentur.

(9 ) Cfr., sulla questione, Pais, S erie cronologica cit., p. 333; Ciaceri, o .c ., I l i , p. 90, n. 3 ; A. M arzullo, La statua d i M arsyas e la colon ia la tin a d i P aestu m , in « Atti d. Soc. It. per il Progresso delle Scienze » XXI R iunione • Roma, ottobre 1932, voi. V, Rom a, 1933, p. 207 ( 15 d ell estr.); M agaldi, o .c ., p. 1 99; F. Sartori, P ro

b lem i d i storia costitu zion ale ita lio ta , Rom a, 1953, p. 102 sgg.

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E il P ais a giudicare dal d iritto di m onetazione, lasciato a Paestum da Roma e di cui subito sarà detto qui appresso, e dal fatto che, come risulta dalla, suindicata testim onianza di Livio, al tem po della guerra annibalica P aestum fu richiesta, al pari di Regio e V elia, di dare aiuto di navi, e non di forze terrestri ritenn e che «le norm e che regolavano le coloniae L atinae non erano uniform i e che, grazie a speciali tra tta ti, a Pesto furono riserbate condizioni diverse da q u el le fatte ad altri federati L a tin i ». E cosi, concluse: « Questa speciale condizione di Paestum si riconnette e si spiega, con il fatto che ivi anche durante il dom inio dei Lucani, non m eno che sotto quello dei Rom ani, p arte della popolazione continuò ad essere di stirpe ellenica».

Il C iaceri, poi, sostenne senz’altro che Pesto « im propriam ente è ricordata fra, le città federate, essendo invece colonia la tin a » ; e, per ultim o, anche il S artori, p ur attenuando l ' incongruenza storico costituzionale di tali supposizioni, non è riuscito a sottrarsi alla sug gestione di afferm are che a Pesto: «al dom inio lucano succede quello rom ano, che com porta la deduzione di una colonia latin a nel 273 a.C ., ma ciò non toglie alla città u n fondam entale aspetto ellenico, come dim ostra il fatto che essa viene considerata a.la pari di città greche quali T aranto, Reggio e V elia ed obbligata a fornire navi e non m i lizie terrestri a ll’esercito rom ano ».

Ora, che la questione sia prop rio da porsi in term ini cosi con trad d itto ri, non si riesce davvero a com prendere.

La colonia latina di Paestum , come tutte le altre colonie di diritto latino, essendo costituita dallo Stato rom ano, avrà avuto una condi zione sua p articolare scaturente dalla deductio avrà goduto, cioè, di una larga autonom ia, come sarà qui appresso prospettato , ma non sarebbe giusto assim ilarla senz’altro a una città libera federata, anche se gli ab itan ti di essa erano so d i nom inis L atini, poiché è evi dente che la loro condizione derivava,, non da un trattato di alleanza, ma dal riconoscim ento dello stato giuridico costituzionale della colo nia latina, c h ’è forse da intendere come qualcosa di mezzo tra il m u nicipio e la città federata (10).

Sicché, anche i co ntributi navali offerti a Rom a da Paestum si possono benissimo spiegare con la sua partico lare condizione di colo nia latina,, che in fondo la poneva in posizione di eguaglianza con l’Urbe, quasi come u n vero e pro p rio stato federale, com ’è del resto conferm ato dalla speciale autonom ia di cui dovette godere la colonia latina di Paestum . (1 0 ) Cfr. De M artino, o .c ., II, p. 85. — — ­ ­ ­ ­ ­ ­ — — ­ - ­ ­ ­

(14)

U na nota distintiva di p artico lari condizioni di autonom ia si deve evidentem ente riconoscere nel d iritto di m onetazione, che Paestum conservò anche d u ran te tutto il periodo di tem po in cui rim ase nello stato di colonia latin a, dal 273 a ll’89 a. C ., e che come in seguito vedrem o le sarà da R om a riconosciuto com e eccezionale privilegio fin per una p a rte alm eno del I sec. d. C ., nonostante le altern e vicen de costituzionali della vetusta città di P aestum , che sarà, poi, tra sform ata in m unicipio e, quindi, in colonia di cittad in i rom ani.

P iù che dal decoro m onum entale d ’età rom ana e dalla reg olarità d e li’im pianto u rb a n o , che diede una nuova fisionom ia alla città fin dal tem po della deduzione della colonia latin a e che ora gli Scavi archeologici vengono rivelando a ll’attenzione degli studiosi, la miglio re e davvero significativa docum entazione della vita politica ed eco nom ica di P aestum è data dalla sua m onetazione.

E il fatto che R om a abbia lasciato a Paestum , come ad altre città greche d ’Ita lia , la facoltà di continuare a, b attere m oneta dev’essere considerato, non solo come u n segno di riconoscim ento d ella gloriosa tradizione com m erciale e m o netaria delle città d ella M agna Grecia., che ora vengono irresistibilm ente attra tte n e ll’orb ita po litica rom ana, m a anche come una necessità contingente di politica econom ica: p e r ché, alm eno in quel m om ento, anche se R om a avesse voluto so p p ri m ere la m onetazione delle città greche d e ll’Ita lia m erid io n ale, c h ’era m onetazione prevalentem ente argentea, no n avrebbe potuto agevol m ente e subito sostituirla con u na m onetazione equivalente.

E ’ in fatti risapu to che R om a era rim asta fedele a lla m onetazione di bronzo, e solo per le esigenze del com m ercio con l’estero, e per i bisogni d e ll’esercito che si trovava spesso a contatto con popolazioni che usavano m oneta circolante d ’argento, si era provveduta di una certa scorta di valuta argentea, traendo dalle zecche della C am pania, d u ra n te le guerre sannitiche, i d idram m i rom ano cam pani con la leg genda R om a o R om ano ( r u m ) . Ma n e ll’anno 269 a.C. secondo P lin io

(n . h . XXXIII 13, 44), o n e ll’anno successivo secondo Livio (Periocha

del 1. XV), Rom a adottò anch’essa la valuta argentea, (11).

(1 1 ) Cfr. ora, per tutti. L. B reglia, La prim a fase della coniazione rom ana d e l

l argento, Roma, 1952, passim .

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(15)

P er m olto tem po si è ritenuto elle R om a, adottando una sua p ro pria m onetazione d ’argento, abbia esercitato u n ’abusiva pressione po litica ed im posto la chiusura delle zecche rivali, risparm iando il d i vieto solo a Pesto, B rindisi e Venosa. Ma, se la nuova m oneta rom ana d ’argento, afferm andosi gradualm ente nei m ercati, finì col soppian tare i bei num m i delle città italiote, non può dirsi che R om a abbia allora im posto alcun divieto; che, se veram ente vi fosse stato, esso avrebbe dovuto agire prontam ente e sim ultaneam ente su tutte le zecche della Magna Grecia rom anizzata. Invece, la cessazione della m oneta argentea italiota com inciò parecchio tem po prim a e finì parecchio dopo il 269/8: né occorre qui addurre esem pi, del resto abbastanza noti (12).

Converrà piuttosto vedere, sia pure fugacem ente, quali riflessi il fenom eno abbia avuto nei confronti della m onetazione pestana,.

Ad epoca anteriore al 268 risale un raro statere di argento, che rappresenta i Dioscuri, reca in lettere greche le leggenda Paistano-

( ru m ) e segue il sistema m onetale delle città italiote: esso fu già

dal Mommsen attrib u ito agli inizi della colonia latin a (273 268). e rapp resenta l ’ultim a m oneta d ’argento coniata a Paestum .

Cessata la coniazione delle m onete d ’argento, si succede una lunga e in in terro tta serie di m onete di bronzo, che fino a ll’89 a. C., portando imipressi sim boli aventi prevalentem ente riferim ento alla agricoltura e al com m ercio transm arin o N ettuno, C erere. M ercurio: il delfino, il trid en te, l ’ancora, il tim one, la prora, il corno d ell’abbon danza e la 'spiga, , recano la leggenda, prim a in lettere greche,IIA I2, e poi in lettere latine, PAES. nonché indicazioni della valuta secondo

il sistema divisionale rom ano (13).

Né, come in seguito vedrem o, tale m onetazione cessa a Paestum con Fa. 89, quando tutte le città d ’Ita lia , ammesse nella cittadinanza rom ana, p erdettero il d iritto di coniare m oneta.

B asti, p er il m om ento, sottolineare soltanto che la m onetazione di P aestum , con l’abbondanza e varietà dei suoi tip i, costituisce vera m ente u n ’eccezionale docum entazione d e ll’im portanza della vita eco nom ica e politica della città. iE’ solo, p u rtro p p o , vivam ente da la m entare la circostanza che m anchi ancora uno studio esauriente e sistem atico, cosi sulla m onetazione bronzea di Pesto rom ana, come su tu tti i bronzi di conio non rom ano, n e ll’età ellenistica, della peni

(1 2 ) Cfr., specialm ente, Ciaceri, o .c ., I l i , p. 92 sg.

(1 3 ) Cfr. Head, H istoria N u m m orum , Oxford, 1911, p. 8 2 ; Giesecke, Italia

N um ism atica, Leipzig, 1928, p. 162 e 288.

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(16)

-sola italica, sia a causa della continua dispersione dei singoli rinve nim enti, sia per l ’incredibile trascuratezza in cui sono finora rimasti i pochi ritrovam enti che si sono salvati dalla bram a dei collezionisti; presso i q u ali, invero, com e del resto presso gli stessi studiosi di num ism atica, tale m onetazione n o n h a m ai trovato buona accoglienza, tu tti presi dal fascino e dalPìam m irazione artistica dei pregevoli conii delle m aggiori zecche italiote del V e del IV sec. a. C.

Cosi, la m onetazione bronzea di Paestum è ancora oggi im per fettam ente conosciuta, p er non dire m aln ota o pressoché ignota, tanto che può dirsi davvero im presa disp erata cercare di orientarsi nello studio delle num erose serie di conii, uscite da quella zecca e che pure sono testim onianze significative della floridezza economica e com m erciale, oltre che d e ll’autonom ia e d e ll’im portanza politica, della vetusta colonia latin a di Paestum .

IL “ MARSIÀ „ DEL FO R O DI PAESTUM

Ma un segno ben più m anifestam ente significativo d e ll’autonomia e della lib ertà politica della colonia latin a di Paestum è da riconoscere in quella rarissim a e stranissim a statua di M arsyas, rinv enu ta nel 1931 du ran te lo scavo del Foro di P aestum , e precisam ente a ll’incrocio del decum ano m aggiore e del cardine m assim o, cioè sul compitu'm, situato n e ll’angolo sud occidentale della grande piazza del Foro.

T rattasi di una statua in bronzo del sileno M arsyas: ed è l’unico grande bronzo finora rinvenuto d u ra n te gli Scavi della vetusta città.

La statua è alta m. 1,035. R appresen ta il Sileno stante, con le gam be leggerm ente divaricate e sbilenche: la sinistra è appena pro tesa col piede u n pò rialzato, quasi accenni a m uovere il passo.

Il corpo è del tutto nudo, ad eccezione dei calzari bassi con rivolti, e m anca com ’è com unem ente riten u to (14) di p ro p o r zioni e di m odellatu ra; per giunta, è privo delle braccia e della coda: il che vale ad accentuare la lunghezza del corpo, con cui evidente m ente a m io parere lo scultore, nonostante l ’estrem a som m a rietà di esecuzione, h a voluto contrassegnare e ren d ere evidente la

[josizione eretta della figura anim alesca del Sileno.

(1 4 ) Cfr. A. M arzullo, o .c ., p. 193 sg. ( 1 d ell estr.) e tavv. I IV ; P. Ducati,

L Ita lia A n tica, M ilano, 1935, p. 570 sgg. e figg. 364 e 365 ; P. C. Sestieri, I l nuovo M useo d i P aestu m , Rom a, 1954, p. 7.

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(17)

Il braccio destro era levato in alto, m entre la spalla sinistra ab bassata indica che la figura doveva, su questo lato, reggere un otre: allo stesso m odo, le gam be divaricate, con la destra p un tata, palese mente rivelano l’intenzione d e ll’artista d ’indicare l’equilibrio della figura sotto il peso.

In contrasto col som m ario rendim ento del corpo, degna di p a rti colare esame è la testa, che non soltanto è eseguita a parte, ma è chiaram ente ad a tta ta al corpo.

Sotto la chiom a, che u n a benda tiene 'strettam ente legata, spic cano, in netto rilievo, l’am pia fronte sfuggente, le orecchie aguzze e tipicam ente sileniche, tra le quali i sopraccigli, singola,rmente d i stesi in arco e sollevati sugli occhi oblung hi, il naso piuttosto piccolo e levato in su e, specialm ente, la bocca dischiusa e risaltan te tra le fluenti e folte ciocche, variam ente mosse e ben rilevate e distinte, della barba, valgono a rivelare l’intento dello scultore di accentuare e, direi, caratterizzare m eglio l’espressione di esaltazione giuliva assai comune nei Sileni d ’età ellenistica,.

E a un prototipo italiota genuinam ente ellenistico ci richiam a, invero, per concezione e form a, questa caratteristica testa del Marsyas di Paestum . Basterà ad d u rre a confronto alcuni noti tipi tarentini di Sileni (15), d ’età protoellenistica (IV III sec. a. C.), nonché alcune coeve figurazioni vascolari, p roprio di P aestum , attrib u ib ili ad Asteas e a P ython (16), senza dire che il tipo si ritroverà persino inserito nello schema com positivo del notissim o grande affresco della, « Villa dei M isteri » a P om pei.

Sicché, a differenza, del corpo che sem bra espressione di arte piuttosto tard a, anche se contenuta in form e sintetiche, di schietto sa pore artigianale, e com unque riferib ile a ll’inoltrato I secolo a. C., quando la statua, quale ci è stata, rivelata dagli Scavi, dovette essere evidentem ente alla m eglio rab berciata e rifatta , la testa dev’essere considerata un prodotto di arte alquanto evoluta, tipicam ente italiota, in cui il prob ab ile m odello greco d ’età classica vi appare rielaborato e risentito artisticam ente con spirito italico: e, pertanto, la testa può ben datarsi ai prim i decenni del II I sec. a. C., cioè ad età poco an teriore alla deduzione della colonia latina di Paestum .

(1 5 ) P er i quali v. P. W uilleum ier, T arente, Paris, 1939, p. 418 sg. e tav. XXIX, 3 e 4.

(1 6 ) Cfr. T rendall, P aestan P o tte ry , London, 1936, specialm ente fig. 17 e tav. XIX b. ­ ­ ­ ­ ­ -— ­ — ­

(18)

*

* *

Ma, in tan to , è accaduto che, fin dal m om ento della scoperta di questo raro cim elio scultorio c h ’è tanto più pregevole, in q u anto è fin’oggi l’unica statua di Marsia a noi nota e, per giunta, rinv enu ta in un Foro di città rom ana in Italia , m entre si è senz’altro afferm alo che trattasi di u na replica della statua di M arsia, che sorgeva nel F oro di Rom a, non si è saputo con sicurezza determ in arn e la cronologia,, che rim ane tu tto ra incerta tra g’i studiosi, ingenerando p ertanto erro ri e confusioni, sia n e ll’individuazione del suo tipo artistico e della sua origine, sia soprattutto n e ll’interp retazio n e del suo significato p oli tico costituzionale.

E ppure, già il suo prim o ed ito re, il M arzullo, che n ’era stato anche il fo rtunato scopritore, aveva, sottolineato il p artic o 'are signi ficato del Marsia, di P aestum . rim asto nel Foro di quella città fin nei tard i tem pi im p eriali, e la cui determ inazione cronologica, può p o r tare notevole contributo alla soluzione di un altro im po rtante pro blem a: donde, cioè. Roma abbia preso la statua sim i'e che sorgeva nel suo Foro (17).

Q ualche anno dopo, nel 1935. S. Besques, com m entando la notizia d e ll’interessante trovam ento pestano e della prim a illustrazione fa t tane dal M arzullo, tenuto conto del fatto che il M arsia di Paestum non può essere di epoca im p eriale, né può essere del tu tto conside rato come u na fedelissim a copia di quello di Roma,, anche se come questo si trovava « in foro », si chiedeva se la statua di M arsia a Pesto era già in onore a ll’epoca della deduzione della colonia latin a o fu invece eretta in quel m om ento come simbolo della lib ertà coloniale, e concludeva che nella questione essenziale, di sapere perch é Marsia era divenuto a Rom a il sim bolo della lib ertà, la scoperta di Paestum non sem bra dovere ancora ap p o rta re la spiegazione attesa (18).

In tanta incertezza,, si finì persino col d u b itare che la statua p o tesse sicuram ente ra p p resen tare M arsia (19), tanto che essa fu del tutto trascurata dal P ao li, nel suo am pio saggio su M arsyas e il ius

(1 7 ) M arzullo, o .c ., p. 219 ( 2 7 d ell estr.). (1 8 ) S. Besques, in R e v . arch., 1935, II, p. 177.

(19) Cfr. M. Grant, From lm p e riu m to A u cto rita s, A H istorical S tu d y of Aes

Coinage in th è R om an E m p ire, 49 B.C. A.D . 14, Cambridge, 1946, p. 201, n. 10. — — ­ -­ ­ ­ ­ ­ ­ =

(19)
(20)
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lta licu m nelle città provinciali d e ll’im p ero rom ano (20), fino al punto

da afferm are recisam ente che « noi non abbiam o u n solo esem pio di statua elevata a M arsyas in Ita lia , ad eccezione di quella della capitale » (21).

Ma, come più tard i am m onirà il P iganiol (2 2 ), la scoperta di Paestum dà invece ragione a E ckhel, e, p ur senza ap po rtare argo m ento decisivo in favore della sua tesi, tende a conferm arla.

V ediam o di che si tra tta .

*

Da due passi di Servio siamo sicuram ente inform ati che la statua di M arsia e ra, nelle città di cui ornava il Foro, simbolo di libertà. E converrà qui rip o rta rli:

A d A eneida I I I 20. Q uod autem de L ibero i>atre d ixim us, lmec

causa est u t signum sit liberae civitatis; im m apud maiores aut stipendiariae eraiu, aut foederatae, aut liberae; sed in liberis civitatibus simulacrum. M arsyae erat, qui in tutela L iberi jmtris est.

A d A eneida IV 58. Patri que L ya eo : qui, u t supra d ixim u s, apte

u rbibus libertatis est d eu s: u nde etiam Marsyas, m inister eius, civitatibus in foro positus, libertatis indiciu m est, qui erecta m anu testatur n ih il urbi deesse.

P e r la re tta interp retazio n e di questi due passi serviani, sarebbe potuto bastare, forse, chiedersi perché m ai Marsyas, m inistro di L ib er P ater il cui culto assim ilato a quello di Dionysos soprannom inato anche Pater byaeus, fu vanam ente interdetto dal senatoconsulto de

Ba-cchanalibus del 186 a. C. (23) , attestava, con la m ano destra le

(2 0 ) J. P aoli, M arsyas et le Ivs lta lic u m , in « M élanges d archeologie et d hi stoire de l École fran^aise de Rome », LV (1938), p. 96 sgg.

(2 1 ) P a o li, o .c ., p. 116, n. 1.

(2 2 ) A. P igan iol, Le M arsyas de Paestum et le roi Faunus, in « Revue archéolo* gique », 1944, II, p. 121.

(2 3 ) C.I.L., I 1 96; Liv. XXXIX 8, 1 9 ; Cic., d e Leg., II 3 7 ; Tertull., A p o i. 6 ;

L iberu m pa trem cum m ysteriis suis consules senatus a u ctoritate non m odo urbe sed. universa Ita lia elim in averu n t.

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(22)

v ata, che niente m ancava alla città, di cui ornava il F oro: libertatis

itvdiciWm.

E, a re n d ere p iù evidente il significato di questo sim bolo, avrebbe potuto validam ente co n trib u ire la sem plice considerazione che le c ittà , aventi a n c h ’esse, al p ari di R om a, n el loro Foro la statua di Mar sia, potevano m eglio afferm are la legittim ità del loro d iritto a riten ersi, p er d irla con G ellio ( N octes A ttiene XVI 13, 9), quasi effìgies parvae

sim ulacraque della capitale.

Ma conciliare questi due passi serviani con quanto si sa. del d i ritto pubblico rom ano è sem brato, e sem bra tu tto ra , ai giuristi e agli storici, piuttosto difficile (24).

Cosi, già E ckhel, due secoli or sono, pose la questione, di come intend ere questa liberto# di città sottomesse a ll’a u to rità di R o m a (25).

E fu E ckhel stesso ad afferm are p er prim o che dal m om ento che in epoca im periale, come risulta dalla testim onianza di m onete e iscrizioni, la statua di M arsia figurò nel Foro di u n gran num ero di città provinciali le città con M arsia sono, evidentem ente, colonie rom ane di d iritto italico (26).

O ra, prescindendo qui dalla questione se M arsia fu veram en te il sim bolo del ius Ita licu m , esteso da Rom a alle città provinciali in età im periale, o fu sem plicem ente u n sim bolo di lib e rtà , da id en tificare con prerogative di autonom ia rie n tra n ti nella concezione p o li tica della civitas ■ E ckhel si era bene a.pposto, afferm ando che le città d ’Ita lia dovevano già avere avuto la consuetudine di erigere un « M arsia » nel loro F oro, e che solo la m ancanza di scoperte arch eo logiche ce la lasciava ignorare: essendo giusta la sua osservazione, che Servio, hom o R om anus, qui hunc urb iu m italicarum m orem coram

vid it, dicere p o tu it.

Ecco p erché, come si è detto poc’anzi, il P iganiol h a potuto giu stam ente afferm are che la scoperta di P aestum dà ragione a E ck hel, e, p u r senza ap p o rta re argom ento decisivo in favore' della sua tesi, tende

a conferm arla.

Ma è opportuno seguire ancora il P iganiol nel suo ragionam ento.

(2 4 ) Cfr. P aoli, o .c ., p. 96 sgg. (iv i bibliografia precedente) e C. Gioffredi,

I trib u n a li d e l Foro ( in A ppendice : il « M arsia » d e l F oro), in « Studia* et D ocu

menta H istoriae et Iuris », II (1943), p. 280 sgg. ( 56 sgg. d ell estr.). (2 5 ) E ckhel, D octrina nu m m orum veteru m . IV , p. 494.

(2 6 ) E ckhel, o .c ., IV , p. 493. -­ — — — ­ ­ ­ — ­ ­ ­ =

(23)

*

Si chiede, in fatti, a questo pun to , il Piganiol: la statua di Pae* slum è realm ente u n a replica di quella di R om a? )Er giustam ente, r i sponde che non è possibile d ubitarne.

Solo che, per risalire a ll’originale del Foro rom ano, richiam a il Ma,rsia riprodotto, n e ll’83 a. C., su u n denario del m agistrato m one tario L. Marcio C ensorino; e, dopo averne rilevato alcune note com uni col Marsia di P aestum , si dom anda: delle due statue, q u al’è la più an tica? E, dal m om ento che la m oneta di Censorino è la prim a testi m onianza che noi abbiam o sulla presenza di M arsia a Rom a, non ci si può chiedere, dopo la scoperta di Paestum e come del resto aveva già prospettato il M arzullo e rip etu to il B rendel (27), se Rom a non abbia derivato d a ll’Ita lia m erid ionale la consuetudine di elevare questo sim bolo nel Foro?

T utto dipende dice bene il Piganiol dalla data, che bisogna .assegnare alla statua di P aestum .

E, non sapendo farla risalire al III secolo, né potendo a ttrib u irla ai tem pi di Augusto, ritien e che si possa datare a ll’ultim o secolo della R epubblica e, per conseguenza, considerare come una medio crissim a copia del M arsia rom ano. Evidentem ente, il Piganiol non sospetta nem m eno che la testa possa essere più antica del resto della statua, com ’è pervenuta sino a noi e come già si è prospettato poc’anzi, e ignora del tutto i risu ltati a cui era pervenuto, l’anno precedente, il G ioffredi, attraverso u n ’acuta disam ina, che gli aveva consentito dì far risalire il M arsia di R om a ai prim i decenni del I I I secolo a. C. e di afferm are, p erta n to , che anche in quel periodo deve porsi l’arrivo del « M arsia » a R om a.

Senonché, più o p p o rtu n am en te, aggiunge ancora il P iganiol: l ’e re zione del M arsia a, P aestum deve riferirsi" a un m om ento im portante d e ll’evoluzione costituzionale della città, m a a quale?

E, dopo aver fatto cenno alle successive vicende costituzionali di Paestum , cosi com ’è possibile delinearle nonostante la confusione e incom piutezza dei d ati a nostra disposizione, il Piganiol si chiede se l’erezione del M arsia a Paestum abbia accom pagnato la fondazione della colonia latin a, del m unicipio o della colonia, rom ana.

(2 7 ) Cfr. B rendel. ArchHoI. A nz.. LXVIII (1933), 639.

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(24)

Se noi potessim o determ in arlo con certezza, soggiunge il Piganiol* la soluzione del problem a delle città con M arsia avrebbe fatto un gran passo. Ma noi siamo costretti a congetture: se lo stile della sta tu a di P aestum non p erm ette di d atarla né al II I secolo, né ai tem pi di Augusto, se conviene alF ultim o secolo della R ep ub blica, è segno c h ’è stata elevata subito dopo la guerra sociale e, per conseguenza, in occasione d e ll’istituzione del m un icip io.

E il ragionam ento del P ig an io l, che si è potuto fin qui logicam ente seguire, nonostante l’incertezza di alcuni dati ed alcune d iscu tib ili afferm azioni, diventa, a questo pu nto, piuttosto confuso e con trad d itto rio .

Come si può, in fatti, sostenere che solo n e ll’inim ediato do po guerra della Sociale si possa p a rla re di ius lta lic u m ? E ’ vero che le città italiche, che avevano reclam ato condizioni di p a rità con R om a, con la concessione della cittadinanza ro m ana qualche soddisfazione avevano pu re avuto: il suolo dei nuovi m u nicipi, invero, fu, com e quello di R om a, suscettibile di p ro p rie tà q u irita ria e, com e q uello, esente da im posta fo n d iaria. Ma, si può afferm are che fu pro p rio al lora definito lo statuto privilegiato che, sotto l ’im p e ro , fu eccezional m ente accordato, fuori d ’Ita lia , ad alcune città favorite?

E ’ p roprio il P igan iol a, riconoscere subito che, in u n certo senso, il vus Ita licu m com portava, p er le città provinciali, u n privilegio, che le città italich e avevano da tem po p erd u to : il diritto di m onetazione. Ma è p ro b ab ile, aggiunge il P iganiol, che in principio questo d iritto facesse p arte dello statuto italico. Solo che non può trascurare di sot to lineare che in Ita lia , dopo la guerra sociale, tu tti i nuovi m u nicipi avevano rinunziato a b attere m oneta, fatta eccezione di uno solo, quello di P aestum , che continuò ad usare di questo d iritto fino ai prim i tem pi di T ib erio . Ci si p otrebbe dunque chiedere se P aestum , elevando il suo M arsia, non abbia voluto indicare che, pur divenendo rom ana, rivendicava per sé l ’intero esercizio della, lib ertà, M a, in realtà, riconosce il P iganiol, la sua em issione m onetaria, con la sigla

S C, è indicata com e subordinata a ll’autorizzazione del Senato.

Ciononostante, p er il P iganiol, il M arsia sarebbe apparso a R om a, come a P aestum , al m om ento della concessione del d iritto di c itta d i nanza rom ana a tu tta l ’Ita lia .

E, senza, avvertirne la contraddizione, si com piace di rilev are che L. M arcio C ensorino, il quale lo riprodusse sulle sue m onete, a p parteneva a u na fam iglia di p arte p opolare, ferocem ente nem ica di Siila: e i popolari erano disposti a, regolare con uno spirito di giustizia e di legalità i gravi prob lem i che sollevava la creazione della nuova Italia! ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­ ­

(25)
(26)

Il suggestum con l iscrizione dedicatoria ai

aediles adsignatores della colonia Augustea

q u in qu eviri

di Paestum

Base di statua onoraria a H elion, Patrono del collegio degli Augustali a Paestum

(27)

Infine, il Piganiol si chiede perché mai sia stato scelto il bizzarro sim bolo, un pò volgare, di M arsia. E avanza l'ip o tesi che il M arsia del Foro rom ano avrebbe raffigurato Fauno, re degli A borigeni e le gislatore, e per tal m otivo sarebbe stato scelto, dopo la guerra sociale, come garante del d iritto degli italici.

F in alm en te, il Piganiol conclude, afferm ando che la scoperta di Paestum appo rta un elem ento nuovo allo studio del problem a del M arsia, ma non lo risolve. Dà ragione a E ckhel, provando che anche in Italia alcune città han n o copiato il M arsia di R om a; conferm a (? ) che il 'simbolo di M arsia non è riservato alle sole colonie rom ane, ma può trovarsi anche nei m un icip i; è in stretto rap p o rto col iiis italicum ( ? ) , poiché ap pare a R om a e senza dubbio ( ? ) a Paestum . subito dopo la guerra sociale, nel m om ento stesso in cui si em anava il nuovo statuto giuridico d ’Italia!

L ’anno precedente, invece, il G ioffredi ma il P iganiol, eviden tem ente, ignorava tale im portantissim o co ntributo alla m igliore valu tazione di alcune questioni, tu tto ra controverse, connesse con l’o ri gine e il significato del M arsia aveva, tra l’altro , rilevalo che, p u r essendo le m onete di L. M arcio Censorino le sole testim onianze u tili per risalire a ll’originale del Foro rom ano, il M arsia di Pesto è l’unica statua, di carattere uguale a quella di R om a, che ci sia pervenuta.

E si potrebbe anche aggiungere la considerazione, sfuggita al G ioffredi, che il fatto stesso che la statua di P aestum , piuttosto che al Marsia, quale ci ap p are su alcuni denari di L. M arcio C ensorino, ci r i chiam a a quella raffigurata sui famosi plutei traian ei del Foro ro m ano specie p er quanto riguarda il ritm o delle gam be, con la sinistra spostata in avanti e ripiegata (cioè, con ritm o invertito e a l terato risp etto al tipo raffigurato sulle p redette m onete re p u b b li cane) , vale ad indicare che trattasi p rop rio della riproduzione del M arsia rom ano. La quale, come in seguito vedrem o, non può che risalire al tem po in cui la città di Paestum fu da m unicipio trasfo r m ata in colonia cittadina.

Q ui, per i l m om ento, prem e invece sottolineare, col G ioffredi, come non sia del tutto sicuro e, com unque, facilm ente d i m o s t r a b i l e

che il M arsia sia stato senz’altro sim bolo del ins Ita licum . E ’ invece del tutto probabile che M arsia, come sim bolo della libertà politica,

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(28)

abbia avuto u n significato più generale, e « può ben credersi che a loro tem po tenessero quel sim bolo anche le colonie di d iritto latino d ’Ita lia : il ” M arsia „ di Pesto ne è rip ro v a » .

Ne è rip ro v a , perché possiamo ora aggiungere e specificare ai p rin cip i del I I I secolo risale, come si è già p ro sp ettato , la testa del M arsia pestano, c h ’è l’unica parte superstite della statua più antica.

Ed è anche lecito sospettare, dopo quanto si è d etto , che pro p rio da Pesto dovette prob ab ilm en te Rom a im po rtare, non solo il tipo statuario, m a anche lo stesso sim bolo del M arsia, m inistro di Liber

Pater e signum liberae civitatis. P erché è m olto p ro babile che i Romani

abbiano ricevuto dai G reci d ’Ita lia la nozione di Liber, difensore e protetto re della lib ertà (2 8 ): e, in p articolare, occorre anche tener presente che, tra i sim boli della m onetazione della colonia latina di P aestum , oltre a Poseidon, figura freq uen tem ente Dionysos, assimi lato com ’è noto ai L iber P a te r (29). Si tenga poi presente che il M arsia fu collocato nel Foro di R om a p rop rio in vicinanza del fico R um in ale, c h ’era specialm ente sacro a Dionysos (30).

Ma v’è, finalm ente, una partico lare necessità politica a dar r a gione d e ll’accettazione del sim bolo da parte di R om a.

B asti qui rip e te re quanto abbiam o già letto nella Periocha del 1. XV di Livio, che dopo la guerra di P irro victis T a ren tin is pox et

libertas data e s t; ove ch iaram ente dobbiam o in ten d ere che Taranto

non riebbe indipendenza in politica estera, ma solo autonom ia negli affari in te rn i: u n ’autonom ia, ch ’è lib ertà, la quale Rom a avrebbe voluto senz’altro identificare con la, civitas.

Ma p er gli ab itan ti delle città italio te la civitaà nega la polis (31): e ciò determ ina u n contrasto insanab ile tra R om a e i Greci d ’Italia. Cosi, abilm ente, Rom a ritien e opportuno fa r p ro p rio questo sim bolo di lib ertà, p er m ostrarsi p ari alle altre città d ’Ita lia , considerate tutte eguali, p u r nel nuovo e più am pio qu adro politico d e ll’Italia rom ana.

Con il rispetto costante delle autonom ie locali, sem pre che non costituissero insidie e pericoli per la res publica, la saggezza politica di R om a, a ll’insegna della lib e rtà , riuscirà a ren dere possibili i rap

(2 8 ) A. Bruhl. L ib er P ater, Paris. 1953, p. 42 sgg-(2 9 ) Head. H isto ria num m orum cit., p. 82.

(3 0 ) Cfr. J. P a o li, La statue d e M arsyas au « F orum R om anu m », in « Revue des études latin es », XX III (1945), p. 167, n. 1.

(3 1 ) Cfr. ora su questo problem a F. Sartori, Il declin o d ella Magna Grecia:

lib e rtà ita lio ta e c ivitas rom ana, in «Rivista Storica Italiana» LXXII (1 9 6 0 ), pp. 5-19.

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(29)

-porti tra la civitas rom ana e V eleutheria greca, senza che questa ne rim anga del tutto soverchiata, e ad operare il « m iracolo italico » di fare gradualm ente degli Ita lio ti i cittad in i di u n im pero.

E, in tal m odo, m entre Rom a si italianizzava, l’Ita lia si univa politicam ente nel nom e di Rom a.

PAESTUM , M UNICIPIO SILLANO

C oin’è noto, delle condizioni e delle vicende di Paestum . dopo le guerre puniche, e specie in e tà posteriore alla guerra sociale, abbiam o cosi confuse e scarse notizie da re n d ere incerta persino la, delineazione del suo o rd in am en to costituzionale, che indubbiam ente dovette subire successivi m utam enti, in relazione ai com plessi avvenim enti storico po litici d e ll’età sillana, cesariana ed augustea (32).

Da fonti diverse, P aestum è infatti ricordata come colonia, m u nicipio, p re fettu ra.

P er quanto riguarda quest’ultim a denom inazione di p refettu ra, la quale in fondo risulta solo dal liber regionum ch ’è dei tem pi im periali (33), è chiaro il riferim en to a territo rio dipendente dalla eo’onia romana, di P aestum , m a non com preso n ella sua « pertica » (3 4 );i sicché non occorre sottolineare come sarebbe im possibile p en sare a una vera e p ro p ria p refettu ra pestana, d ’età repu bb lican a (35).

R im ane la questione, se P aestum fu colonia o m unicipio, dopo la guerra sociale.

T ale questione è Sorta e, p urtroppo, è stata m alposta, per l’indeterm inatezza cronologica dei dati presi in esame , in quanto nelle iscrizioni, del resto non num erose, rinvenute a Paestum e, specialm ente, nelle m onete, che in questa città furono privilegio unico, p iù che raro in in te rro ttam en te coniate fino a ll’età di Ti

(3 2 ) Cfr. Sartori, P ro b lem i d i sto ria c ostitu zion ale ita lio ta , p. 105 sg, circa lo stato delle varie questioni, con l indicazione della bibliografia relativa.

(3 3 ) Cfr. Pais, S to ria della co lon izzazion e d i R om a antica, p. I, 149 sg. e 337 sg. (3 4 ) Frontin. d e lim it. II, p. 26,6 L : solum autem quodcum qu e coloniae est

adsignatum , id un iversu m p e rtic a a p p e lla tu r: q u id q u id huic u n iversita ti a dplicitu m est ex alteriu s c iv ita tis fine... praefectu ra a p p ella tu r. Cfr. anche Sicul. Flacc., de cond. agr., p. 160,4 L.

(3 5 ) La questione è stata ora ripresa e trattata da U. Kahrstedt, A ger Publicus

und S elb stven va ltu n g in Lukanien und B ru ttiu m , in « H istoria », V i l i (1959), pa

gine 174 sgg. ; e sarebbe qui superfluo sottolineare la contrapposizione delle sue ipotesi con la surriferita testim onianza di Frontino.

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(30)

berio, risultano insiem e m enzionati duoviri, che sono com unem ente considerati m agistrati p ro p ri delle colonie, e quattuorviri, che furono invece m agistrati dei m unicipi (36).

Tale confusione di d ati, cronologicam ente in d iscrim inati, ha fatto ad d irittu ra supporre che P aestum . divenuta m unicipio dopo la Sociale, avrebbe continuato ad avere gli a ttrib u ti e la denom inazione di co lonia accanto a quelli di m unicipio (37).

Ma già il M omm sen (38) d a ll’esam e dei dati epigrafici e n u m i sm atici da lui raccolti aveva ben desunto che P aestum , dopo la So ciale, era da colonia latina divenuta m u nicip io, in applicazione della

lex Julia con cui fu estesa a tutti gli Italici la cittad in anza rom ana:

e aveva anche supposto che, prim a d e ll’età augustea, e forse in epoca cesariana o trium v irale, la città stessa aveva dovuto essere trasfo r m ata in colonia di cittad in i.

P er fortuna, di recen te, u n co ntrib uto im portantissim o alla, ch ia rificazione di m olti problem i h a dato, con una acuta interpretazion e e una prim a op p o rtu n a sistem azione dei dati nu m ism atici, il G rant, nella sua poderosa o pera sulla m onetazione enea rom ana dal 49 a. C. al 14 d. C. (39).

*

* *

Il G rant, in fatti, prim a ancora, di procedere alla determ inazione delle sequenze m onetali della zecca di P aestum dal 49 a. C. al 14 d. C ., le quali sono tu tte dovute a collegi di duoviri in un prim o periodo, m agistrati suprem i del m unicipio, e, successivam ente, m agistrati su prem i della colonia cittad in a , poiché da un esame accurato anche delle più antiche m onete emesse dalla, zecca m unicipale di Paestum gli risultava evidente che l ’ultim o quattu orviro, M. Octavius (4 0),

(3 6 ) Cfr. M ommsen, C.I.L. X, p. 52 sg. ; M arzullo, o .c ., p. 208 sgg. ( 1 6 sgg. d ell estr.); M agaldi, o .c ., p. 241 sgg.

(3 7 ) M arzullo, o .c ., p. 2 10; M agaldi, o .c ., p. 243. (3 8 ) C.I.L. X, p. 52 sg.

(3 9 ) Cfr. Grant, o .c ., p. 200 sgg., 284 sgg.

(4 0 ) N on è im probabile che sia lo stesso Marcus O ctavius attestato daH e^-Ztbris su due pap iri greci di Ercolano (P . H erc. 1149 + 9 9 3 e 336 + 1150), e che deve es sere pertanto ritenuto il proprietario della famosa V illa dei P a p iri; cfr. B. Hem m erdinger, D eux notes p a p yro lo g iq u es : 1. L origine des P apyru s d H erculanu m , in « Revue des Études grecques », LXXII (1959), p. 106.

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(31)

non è anteriore al 60-55 a. C., non ha m ancato di rich iam are, anzi tutto, l'atten zio n e sul fatto che ciò ap pare in contrasto con quanto Mommsen e R udolph avevano supposto circa la, possibilità che già al tem po di Siila l ’ordinam ento costituzionale del m unicipio pestano sarebbe stato riform ato, passando da una suprem a m agistratura di qu attuo rviri a u n ’altra di duoviri .

Sicché, tale riform a d e ll’o rd inam ento m unicipale cosi bene docum entata com ’è dalle m onete, oltre che da alcuni titoli ep ig ra fici, e che dovette avvenire press’a poco a m età secolo , non solo non può ovviam ente risalire al tem po di Siila, m a non può nem m eno, a giudizio del G rant, lasciar sospettare, con la sostituzione delle m a gistrature, un pivi radicale m utam ento costituzionale, nel senso di un vero e proprio avvicendam ento d a ll’ordinam ento m unicipale a quello coloniale.

Paestum , cioè, non sarebbe stata trasform ata in colonia cittad in a, né sotto S iila, né sotto Cesare, com ’era stato precedentem ente sospet tato, ma solo in epoca posteriore, come poi vedrem o; e i duoviri a tte stati da queste sue m onete potrebbero essere senz’altro rife riti, non alla successiva colonia rom ana, ma al m unicipio stesso, nel periodo 55 28 a,. C.

P erché il G rant è convinto che n e ll’ultim o tem po della R ep u b blica non esistessero differenze nel titolo tra i m agistrati delle colonie e quelli dei m un icip i: cioè, che allora i m agistrati suprem i della città, fossero m unicipi o colonie, potevano indifferentem ente c h ia m arsi duoviri o quattuorviri, nel senso che col nome di qu attuorviri sarebbero stati designati duoviri ed edili nel loro complesso.

Ed è, questa, oom’è noto, una questione assai controversa tra gli studiosi (41); com e, del resto, adhuc sub judice, è tu tto il complesso problem a d e ll’ordinam ento m unicipale d e ll’Italia n e ll’età di Cesare.

P er quanto, in particolare, riguarda P aestum , il Degrassi preoc. cupato che le congetture degli studiosi m oderni possano far cessare ogni differenza tra il titolo dei m agistrali delle colonie e quello dei m agistrati dei m unicipi, e fa r perdere cosi ogni possibilità di d eter m inare dal nom e dei m agistrati lo stato giuridico di num erose città è giunto persino a dubitare della v alidità delle ragioni num ism atiche

(4 1 ) Cfr. De Martino, o .c ., I l i , p. 305 sgg. Ivi bibliografia, a cui bisogna ag giungere: M anni, Q u attu orviri e d u o v iri, in «Rend. Ist. Lombardo» LXXXIII (1950), p. 384 sgg. e Degrassi, D u oviri aedilicia p o testa te , d u o v iri aediles, aediles du oviri, in « Studi in onore di Aristide Calderini e Roberto Paribeni », I, M ilano Varese, 1956, p. 151 sgg. ­ — ­ — ­ ­ ­ -­ ­ — ­ — ­

Figura

ABBO NAM ENTO  ANNUALE

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