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Confronto tra modelli d'evacuazione abbinati alla simulazione di scenari d'incendio

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Academic year: 2021

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Scuola di Ingegneria Industriale e dell’Informazione

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria della Prevenzione e

Sicurezza dell’Industria di Processo

CONFRONTO TRA MODELLI D’EVACUAZIONE ABBINATI ALLA

SIMULAZIONE DI SCENARI D’INCENDIO

Relatore: Prof. Derudi Marco

Correlatore: Ing. Panìco Antonino

Tesi di Laurea di:

Tucci Paride

Matricola n. 893897

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Confronto Tra Modelli d’Evacuazione Abbinati Alla Simulazione di

Scenari d’Incendio

Paride Tucci

Uno dei molteplici obiettivi della FSE (Fire Safety Engineering) è quello di garantire l’incolumità delle persone che evacuano da un luogo in cui si sta verificando un incendio. Grazie al progresso tecnologico, che oggi permette di usufruire di potenza di calcolo elevata, è possibile effettuare simulazioni sempre più complesse, consentendo di determinare le conseguenze che un incendio potrebbe determinare sulle persone. Questi strumenti costituiscono inoltre un importante ausilio ai progettisti per la costruzione o adattamento di edifici al fine di rendere questi luoghi il più sicuri possibile. Tra i vari modelli di calcolo disponibili, quelli più accurati, ma anche complessi, sono i modelli così detti “di campo”. Usufruendo di questi modelli, gli scenari d’incendio sono riprodotti tramite simulazioni di tipo CFD (Computational Fluid Dynamics). Uno dei modelli più utilizzati oggi per la simulazione degli incendi è FDS (Fire Dynamic Simulator), progettato e costantemente aggiornato dall’ente americano NIST (National Institute of Standard and Technology). Relativamente all’esodo degli occupanti invece, gli strumenti oggi in possesso dell’ingegneria antincendio sono rappresentati dai modelli di evacuazione. Tra i più conosciuti si annovera Evac, sviluppato dall’ente finlandese VTT (Technical Research Centre of Finland) e direttamente integrato in FDS. Sono poi presenti in commercio altri software che permettono di simulare le fasi di un esodo, ognuno con le proprie peculiarità e funzioni, come Pathfinder, sviluppato da Thunderhead Engineering. Al fine di capire quali possano essere le potenzialità e i limiti di questi due software, si è deciso di impostare differenti scenari d’esodo in presenza d’incendio e di simularli con entrambi i programmi. Lo studio condotto ha evidenziato una netta discrepanza tra i risultati, specialmente negli scenari in cui gli occupanti interagiscono col fumo prodotto dalla combustione, in quanto solo Evac è in grado di tenere conto di tale interazione.

1. Introduzione

La FSE (Fire Safety Engineering) è una disciplina per lo studio e la progettazione in materia di antincendio. Si avvale di complessi calcoli matematici per produrre un’analisi prestazionale per i Progetti di Prevenzione Incendi. Tra gli scopi dell’ingegneria antincendio vi è la salvaguardia della vita umana per un periodo di tempo determinato durante la fuga da un edificio in cui si sta sviluppando un incendio. Pertanto, bisogna verificare che il calore, i fumi e i gas caldi prodotti dalla combustione non abbiano

effetto sugli occupanti impegnati nell’esodo, per tutto il tempo necessario al raggiungimento di un luogo sicuro. Per eseguire tale verifica si deve dimostrare che il tempo disponibile per l’esodo ASET (Available Safe Egress Time), in cui permangono condizioni ambientali non incapacitanti per gli occupanti, sia superiore al tempo richiesto per l’esodo RSET (Required Safe Egress Time), necessario affinché essi possano raggiungere un luogo sicuro, non soggetto a tali condizioni ambientali sfavorevoli. In particolar modo il

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tempo richiesto per l’esodo RSET, calcolato tra l’innesco dell’incendio ed il momento in cui gli occupanti dell’edificio raggiungono un luogo sicuro, è determinato come somma delle seguenti componenti:

• Tempo di rilevazione tdet;

• Tempo di allarme generale ta;

• Tempo di attività di pre-movimento tpre;

• Tempo di movimento ttrav;

In questo elaborato di tesi si intende confrontare l’utilizzo dei software Evac e Pathfinder per verificare che la condizione ASET > RSET sia effettivamente rispettata in diversi scenari. L’analisi è stata condotta poiché vi è una differenza sostanziale tra i due applicativi. Infatti, Evac integra nelle fasi dell’esodo i dati relativi a visibilità dell’ambiente, presenza dei gas tossici (CO, CO2) e disponibilità di O2. Questa peculiarità permette di valutare quindi, la capacità di mettersi in salvo tramite il calcolo del parametro FED (Fractional Effective Dose), il cui valore non deve mai essere superiore a 1 (valore corrispondente al decesso del soggetto esposto). La FED in particolare viene definita dalla norma ISO 13571 come “rapporto tra la dose di esposizione ad un asfissiante tossico e la dose di esposizione a quell’asfissiante che è attesa produrre uno specifico effetto su di un soggetto esposto di suscettibilità media” e viene stimata mediante il modello dei gas tossici [1]. Pathfinder al contempo, permette di calcolare la FED assorbita dagli occupanti, ma non ne tiene conto durante l’esodo. Discorso analogo per quanto riguarda la visibilità. Al fine di mettere in evidenza queste differenze, si rende necessario simulare l’evacuazione delle persone dal luogo soggetto al rischio, tenendo conto delle specificità dell’edificio (posizione

degli ostacoli, delle uscite, ecc.), dell’effettiva distribuzione degli occupanti e delle interazioni tra gli individui presenti. In particolare, è bene affrontare diversi scenari d’esodo, al fine di verificare l’efficacia dei software in differenti condizioni. La progettazione di una simulazione passa dapprima dalla generazione della geometria dell’edificio, a cui fa seguito la definizione delle condizioni d’incendio, l’inserimento degli occupanti nella geometria interessata dall’evento, e la descrizione delle caratteristiche degli occupanti, che vengono determinate tramite inserimento dei dati di input nel software al fine di emulare i comportamenti assunti dalle persone durante l’evacuazione.

2. Metodologia

Come già anticipato, si è scelto di procedere alla verifica della condizione ASET > RSET tramite due differenti modelli d’esodo. Prima di considerare la fase dell’evacuazione però, è stato necessario impostare lo scenario d’incendio tramite il modello di calcolo FDS. Il software risolve numericamente una forma delle equazioni di Navier-Stokes appropriata per un flusso a bassa velocità, alimentato termicamente, con una particolare attenzione al fumo e al calore trasportati da un incendio [2]. Successivamente si sono simulati gli scenari d’esodo con Evac e Pathfinder. Una volta ottenuti i risultati, sono state analizzate le differenze più critiche.

2.1. Modello Geometrico e Incendio

La prima fase del lavoro consiste nella creazione del modello geometrico, all’interno del quale poi avrà luogo lo sviluppo

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dell’incendio, nonché l’evacuazione. La geometria realizzata è composta da ostacoli che vanno a simulare la presenza di muri e pilastri, mentre le porte che mettono in comunicazione le varie stanze sono simulate tramite l’ausilio di “buchi”. Ostacoli e buchi vengono definiti tramite la compilazione di un foglio di testo in cui sono specificate le coordinate di questi elementi. Dato che questo metodo non permette di creare geometrie molto complesse, per gli scenari delle simulazioni affrontate, si è utilizzato il software Pyrosim, interfaccia grafica di terze parti, che traduce gli input grafici in righe di codice per il file di input di FDS. In particolare, si è deciso di considerare due geometrie differenti, ma appartenenti alla stessa tipologia di destinazione d’uso, vale a dire degli uffici. Il primo modello (MOD1) è costituito da 10 stanze, 2 ampi spazi comuni nel quale sono installate delle postazioni di lavoro e 4 uscite di sicurezza. Il secondo (MOD2) si compone di 20 stanze, 2 corridoi e 2 uscite di sicurezza. Una volta create le geometrie, si è proceduto alla definizione degli scenari d’incendio. Per ogni modello sono stati impostati due scenari differenti nei quali si simula l’incendio di una postazione di lavoro. La definizione dell’incendio si basa su due caratteristiche fondamentali:

a. La curva HRR (Heat Release Rate); b. La reazionedi combustione;

La curva HRR permette di definire la potenza termica rilasciata dall’incendio in funzione del tempo. Essendo espressa in kW, può essere definita anche come velocità di bruciamento, poiché il kW equivale a MJ/s. Più il valore di HRR è alto, più il materiale brucia velocemente e conseguentemente anche la produzione di fumo e calore aumenta sensibilmente. La curva scelta è la medesima

per tutti gli scenari, ed è stata reperita dall’archivio del Dipartimento di Fire Safety Engineering dell’Università del Maryland [3]. Trattasi di una curva estrapolata a seguito di prove sperimentali circa l’incendio di una postazione di lavoro composta da una scrivania e una libreria costruite entrambe con pannelli di spessore 1,6 cm ricoperti di legno e laminato plastico, rispettivamente caricate con 45 kg e 73 kg di materiale cartaceo. In particolare, è stata utilizzata la curva 101 riportata in Figura 1.

In figura 2 viene invece illustrata la curva HRR ricalcolata da FDS. Confrontando le figure 1 e 2, è evidente che le due curve non siano esattamente uguali fra di loro. Ciò è dovuto al fatto che la stanza in cui è stata condotta la prova sperimentale e quella in della simulazione sono caratterizzate da condizioni differenti di ventilazione, nonché da parametri quali il volume delle stanze stesse.

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Le caratteristiche dei prodotti della combustione sono tratte dalla letteratura tecnica di settore (SFPE Handbook of Fire Protection Engineering, third edition, table 3-4.14) [4] con riferimento al propilene (oggetti in plastica, complementi d’arredo, elettrodomestici, ecc.):

• composizione del combustibile: o atomi di carbonio: 1,0 o atomi di idrogeno: 2,0 o atomi di ossigeno: 0,5 o atomi di nitrogeno: 0,0 • produzione di CO (YCO): 0,1; • produzione di fuliggine (YS): 0,07; • frazione di idrogeno: 0,1;

Nelle geometrie d’incendio sono inserti anche alcuni complementi d’arredo, quali scaffalature o scrivanie aggiuntive, poste adiacenti al focolaio principale, che si innescano ad una temperatura di 230°C (temperatura di autoaccensione del legno) [5], tramite una logica di controllo che fa uso di device per la rilevazione della temperatura. In particolare, alle scaffalature è stata attribuita una propria curva d’incendio, anche in questo caso reperita dal database dell’Università del Maryland [3], facente

riferimento a prove sperimentali di combustione di una libreria. Questi elementi però, non hanno reso gli scenari più critici, in quanto non si sono mai raggiunte le temperature necessarie all’autoaccensione. Al fine poi di garantire una più completa visualizzazione dei risultati, sono state definite delle slice di temperatura e visibilità, nonché di concentrazione di CO, CO2 e O2. Queste ultime tre sono particolarmente importanti, poiché permettono di generare automaticamente la slice per visualizzare l’evoluzione del parametro FED nel tempo.

2.2. Modello d’evacuazione Evac

Una volta ottenuta la geometria dello scenario, si è proceduto con l’impostazione della fase di evacuazione. Il modulo FDS + Evac tratta ogni evacuante come un'entità separata, denominata anche "agente", che ha proprietà e strategie di fuga caratteristiche. Il movimento degli agenti viene simulato usando piani bidimensionali che rappresentano i piani degli edifici. L'algoritmo di base, che genera il movimento verso le uscite, risolve un'equazione del moto per ciascun agente in un piano bidimensionale (ad esempio un piano xy orizzontale) e in funzione del tempo. Le forze che agiscono sugli agenti sono le forze fisiche, come quella di contatto e quelle psicologiche esercitate dall’ambiente e da altri agenti. Il modello dietro l'algoritmo di movimento è il modello sociale di forza introdotto dal gruppo di Helbing [6]. Relativamente all’uso di Evac, quest’ultimo, così come FDS, non è dotato di interfaccia grafica, per cui si rende necessaria la compilazione di un foglio di testo tramite righe di codice. In particolare, il documento sul quale si scrive è esattamente lo stesso

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usato per generare l’incendio e la geometria. Una parte del foglio quindi, sarà dedicata ad FDS, mentre l’altra ad Evac. Per usufruire del modulo di fuga è necessario prima di tutto impostare la MESH di evacuazione tramite appositi script. Come detto in precedenza, Evac “lavora” su di un piano orizzontale, per cui la mesh di evacuazione è caratterizzata da una sola cella in direzione Z. La geometria invece non deve essere definita nuovamente, poiché verrà automaticamente presa in considerazione quella generata da FDS nel passaggio precedente. Al fine di impostare correttamente l’esodo, Evac richiede poi informazioni relative a:

a. Numero e posizionamento delle uscite;

b. Numero e posizionamento degli occupanti;

c. Tempi di esodo;

d. Profilo degli occupanti;

Relativamente al profilo degli occupanti, il software contiene già dei modelli preimpostati. Tra questi ci sono ‘Adult’, ‘Male’, ‘Female’, ‘Enfant’ ed ‘Elderly’. Ogni profilo definisce dimensioni e velocità in condizioni di non impedimento (Tabella 1).

Nonostante ciò, velocità e dimensione delle persone possono essere cambiate se specificate manualmente. Relativamente alle caratteristiche degli occupanti, è stata inoltre

abilitata la possibilità di dare inizio all’evacuazione degli agenti ogni qualvolta questi rilevino la presenza di fumo. Una volta definiti i dati di input, è stato dapprima simulato il solo esodo, e successivamente si è simulato l’incendio e l’esodo in maniera congiunta. Poiché Evac costituisce un modello di evacuazione di tipo stocastico, le simulazioni di esodo devono essere ripetute almeno una decina di volta, mentre quella dell’incendio, su cui esse si basano, solamente una. I file output .eff e .fed generati dalla simulazione FDS+Evac permettono di ricalcolare l’evacuazione in tempi brevissimi, tenendo conto dell’interazione con l’incendio. In particolare, attivando una particolare riga di codice nella sezione &MISC: “EVACUATION_MC_MODE=.TRUE.”, il software lavorerà in modalità di “evacuazione antincendio”, andando a leggere, se presenti, proprio i due file sopracitati. Al termine delle simulazioni poi, si sono utilizzati i file di output generati per valutare i tempi di esodo e i valori della FED misurati. Alla fine delle simulazioni, la visualizzazione dei risultati avviene tramite il software dedicato Smokeview, che permette la visualizzazione del modello così come mostrato in figura 3 e 4, nonché lo sviluppo dell’incendio e dell’evacuazione.

Tabella 1 - Caratteristiche profili occupanti in Evac

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vi 2.3. Modello d’evacuazione con

Pathfinder

A differenza di Evac, Pathfinder è un software dotato di interfaccia grafica, per cui la creazione del modello e l’input dei dati risulta molto più facilitato. Fornisce due principali modalità di movimento degli occupanti: una modalità denominata SFPE e una detta “steering-mode”. La SFPE implementa i concetti esplicitati nel manuale “SFPE Handbook of Fire Protection Engineering”. Questo è un modello di movimento dove la velocità di spostamento è determinata dalla densità degli occupanti e dove il flusso attraverso le uscite è controllato dalla larghezza di queste ultime. Il software utilizza una mesh bidimensionale sul quale si sviluppa l’evacuazione. In particolar modo il programma fa uso delle così dette mesh triangolari, cioè superfici unilaterali irregolari

rappresentate da triangoli adiacenti [7]. Pathfinder permette di disegnare la mesh di

navigazione o di generarla automaticamente tramite l’importazione della geometria del file FDS. La geometrie di navigazione ottenute sono quelle riportate nelle figure 5 e 6. Quest’ultima opzione è stata utilizzata per creare i modelli analizzati. Successivamente

sono stati impostati i medesimi comandi di input utilizzati in FDS+Evac, quindi relativi a:

a. Numero e posizionamento delle uscite;

b. Numero e posizionamento degli occupanti;

c. Tempi di esodo;

d. Profilo degli occupanti;

A differenza di Evac però, Pathfinder non permette di integrare completamente lo scenario d’evacuazione con quello d’incendio, per cui il comportamento delle persone che evacuano non verrà minimamente influenzato da parametri quali visibilità e concentrazione di sostanze tossiche. Pathfinder permette comunque il calcolo della FED per gli occupanti selezionati. In particolare, al fine di “estrapolare” i dati relativi alla FED è necessario impostare sul file di testo FDS alcuni comandi specifici che permettono di ricavare la variazione di CO, CO2, O2 e visibilità

nel tempo. A differenza di Evac inoltre, con Pathfinder non è stato necessario simulare il medesimo scenario più volte, poiché a meno di variazioni dei dati di input selezionati dall’utente, il programma restituirà sempre il medesimo risultato.

Figura 3 - Geometria Evac modello 2

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vii 2.4. Descrizione degli Scenari

I modelli geometrici presi in considerazione si sviluppano su un solo piano e rappresentano locali adibiti ad uffici. In particolare, il modello 1 si compone di 10 stanze, 2 ampie zone

openspace con 38 postazioni di lavoro e 4 uscite di sicurezza, mentre il modello 2 è costituito da 21 stanze che si affacciano su 2 lunghi corridoi e 2 porte di uscita. Per ogni geometria sono stati previsti 2 differenti posizionamenti del focolaio d’incendio, rappresentato nelle immagini 7, 8, 9, 10 dall’elemento evidenziato in rosso, mentre per l’evacuazione, la manipolazione dei dati d’input dell’esodo ha portato a generare 6 scenari differenti, per un totale di 24 simulazioni. Inoltre, sono stati simulati 4 scenari in assenza di focolaio. In particolare, si è agito su parametri quali i tempi di allarme e di pre-movimento, velocità degli occupanti e affollamento. Di seguito è riportata una tabella riassuntiva con la descrizione dettagliata di ogni singola simulazione.

Figura 5 - Geometria Pathfinder modello 2

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Figura 7 - Scenario d'incendio 2, modello 1

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Posizione Incendio Tempi di Attesa [s] Affollamento Stanze Afffollamento Postazioni Velocità degli Occupanti

[s] [pers/m²] [pers/postazione] [m/s]

MOD1_V00_1 No Incendio 30 + 30-60 0.2 8 0.95±1.55

MOD1_V00_2 No Incendio 30 + 60-120 0.2 8 0.95±1.55

MOD1_V01_1 Vicino Uscita 3 30 + 30-60 0.2 8 0.95±1.55 MOD1_V01_2 Vicino Uscita 3 30 + 60-120 0.2 8 0.95±1.55 MOD1_V02_1 Vicino Uscita 3 30 + 30-60 0.4 10 0.95±1.55 MOD1_V02_2 Vicino Uscita 3 30 + 60-120 0.4 10 0.95±1.55

MOD1_V03_1 Vicino Uscita 3 30 + 30-60 0.2 8 0.71

MOD1_V03_2 Vicino Uscita 3 30 + 60-120 0.2 8 0.71

MOD1_V04_1 Vicino Uscita 1 30 + 30-60 0.2 8 0.95±1.55 MOD1_V04_2 Vicino Uscita 1 30 + 60-120 0.2 8 0.95±1.55

MOD1_V05_1 Vicino Uscita 1 30 + 30-60 0.4 10 0.71

MOD1_V05_2 Vicino Uscita 1 30 + 60-120 0.4 10 0.71

MOD1_V06_1 Vicino Uscita 1 30 + 30-60 0.2 8 0.95±1.55 MOD1_V06_2 Vicino Uscita 1 30 + 60-120 0.2 8 0.95±1.55

MOD2_V00_1 No Incendio 30 + 30-60 0.2 Ø 0.95±1.55

MOD2_V00_2 No Incendio 30 + 60-120 0.2 Ø 0.95±1.55

MOD2_V01_1 Zona Centrale 30 + 30-60 0.2 Ø 0.95±1.55

MOD2_V01_2 Zona Centrale 30 + 60-120 0.2 Ø 0.95±1.55

MOD2_V02_1 Zona Centrale 30 + 30-60 0.4 Ø 0.95±1.55

MOD2_V02_2 Zona Centrale 30 + 60-120 0.4 Ø 0.95±1.55

MOD2_V03_1 Zona Centrale 30 + 30-60 0.2 Ø 0.71

MOD2_V03_2 Zona Centrale 30 + 60-120 0.2 Ø 0.71

MOD2_V04_1 Zona Sud 30 + 30-60 0.2 Ø 0.95±1.55

MOD2_V04_2 Zona Sud 30 + 60-120 0.2 Ø 0.95±1.55

MOD2_V05_1 Zona Sud 30 + 30-60 0.4 Ø 0.95±1.55

MOD2_V05_2 Zona Sud 30 + 60-120 0.4 Ø 0.95±1.55

MOD2_V06_1 Zona Sud 30 + 30-60 0.2 Ø 0.71

MOD2_V06_2 Zona Sud 30 + 60-120 0.2 Ø 0.71

Figura 9 - Scenario d'incendio 2, modello 2

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Il tempo di attesa riportato in tabella 2 è composto dalla somma di tempo di rilevazione tdet e tempo di pre-movimento

tpre. Il primo, pari al tempo che intercorre tra il momento d’innesco e il momento in cui il sistema automatico di rivelazione o una persona sono in grado di accorgersi

dell’incendio, è stato impostato pari a 30s, poiché gli occupanti sono stati posizionati anche in prossimità del focolare. Il tempo di pre-movimento invece, tpre è stato

determinato col metodo indicato dal published document BS PD 7974-6:2004, recante “The application of fire safety

engineering principles to fire safety design of buildings – Part 6: Human factors: Life safety strategies – Occupant evacuation, behaviour and condition” [8], in relazione alle

caratteristiche degli occupanti, dell’impianto di allarme, della complessità dell’edificio e della gestione della sicurezza antincendio. Per la scelta delle velocità di movimento degli occupanti si è dapprima adottato il range di velocità previsto dal modello FDS+Evac per il profilo degli adulti, dunque un range

compreso tra 0,95 e 1,55 m/s [6].

Successivamente sono poi state impostate delle simulazioni con velocità costante degli evacuanti più basse, al fine di verificare che l’interazione coi fumi fosse maggiore rispetto ai casi precedenti. In particolare, si è adottata una velocità pari a 0.71 m/s, essendo definita dalla ISO/TR 16738:2009 come velocità di spostamento indisturbato degli occupanti sulle superfici orizzontali [9]. La definizione delle densità di affollamento invece, è stata fatta in riferimento al D.M. 3 Agosto 2015, che fornisce in forma tabellare il numero di occupanti per superficie lorda. Nel caso degli uffici, il decreto indica una densità massima pari a 0,4 pers/m², specificando che il responsabile dell’attività può comunque

dichiarare un valore dell’affollamento inferiore a quello tabulato [10], motivo per cui è stato considerato anche un

affollamento di 0,2 pers/m².

3. Risultati e discussione

I risultati ottenuti indicano che generalmente Evac restituisce tempi d’esodo più lunghi rispetto a Pathfinder. Ciò è osservabile soprattutto negli scenari dove gli ambienti in cui si muovono gli occupanti sono

caratterizzati da una notevole quantità di fumo, cioè quelli che costituiscono il modello geometrico 2. In questi casi infatti, le velocità di esodo diminuiscono e conseguentemente i tempi di evacuazione aumentano. Alcuni scenari sono risultati essere molto critici, poiché caratterizzati da un’incompleta incapacitazione delle persone di mettersi in salvo, portando alla morte di queste ultime. In particolare, si tratta delle simulazioni denominate MOD2_V01_2 e MOD2_V03_2. Di seguito si illustrano i grafici di confronto tra i 2 software che riportano l’andamento degli occupanti rimanenti in funzione del tempo relativamente alle simulazioni sopracitate. Come già anticipato, Evac è un modello stocastico, per cui si è reso

necessario ripetere la medesima simulazione 10 volte. La curva caratteristica di ciascuna di essa è indicata con la dicitura RUN presente nella legenda dei grafici di figura 11 e 12.

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Come detto, sono due gli scenari caratterizzati dal decesso di alcuni occupanti: MOD2_V01_2 e MOD2_V03_2. Ciò è dovuto al fatto che le vie di fuga della geometria 2 sono costituite da corridoi lunghi e stretti, i quali si riempiono di fumo relativamente presto. Inoltre, i tempi di pre-movimento sono compresi tra 60 e 120s, per cui gli occupanti iniziano il loro percorso di evacuazione quando ormai il fumo ha invaso le vie d’esodo. Inoltre, tre le due, quella che restituisce il maggior numero di persone incapacitate è la MOD2_V03_2, poiché le velocità di movimento sono più basse, cioè pari a 0,71 m/s. Più specificatamente, le fasi iniziali dell’evacuazione sono analoghe per entrambe i software, con andamento delle curve “Occupanti Rimanenti vs Tempo” pressoché identiche. A 150 s circa però, le curve descritte da Evac si appiattiscono, indice del fatto che l’esodo procede più lentamente.

È da questo punto in poi infatti, che l’interazione delle persone coi fumi diventa preponderante, diminuendo notevolmente le velocità di movimento. Una velocità di fuga più bassa, unita ad una riduzione della visibilità, espone le persone in fuga a concentrazioni di sostanze tossiche sempre più elevate, fino poi a causarne il decesso. Questo fenomeno è ben osservabile anche dai grafici riportati di seguito, in cui si evidenzia l’aumento dell’indice FED fino al raggiungimento e superamento del valore critico, cioè 1. Si noti che il valore del parametro FED continua ad aumentare anche per gli agenti deceduti, proprio come se questi fossero ancora vivi.

Figura 10 – Confronto simulazione MOD2_V02_1

Figura 11 - Confronto simulazione MOD2_V03_2

Figura 12 - Andamento parametro FED MOD2_V01_2

Figura 13 - Numero decessi simulazione MOD2_V01_2

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Lo scenario MOD2_V03_2 risulta essere il più critico in assoluto, poiché sono ben 4 i RUN in cui si manifestano uno o più decessi. È possibile notare poi come l’andamento del parametro FED sia praticamente identico per ogni RUN, con le curve di figura 15 perfettamente sovrapponibili tra loro. In questo specifico caso, i risultati ottenuti non devono sorprendere, poiché lo scenario prevede velocità di movimento basse (0,71 m/s) e tempi di reazione lunghi, compresi tra 60 e 120s.

Un’altra sostanziale differenza che si evidenzia dal confronto tra i due software è quella relativa alle modalità con cui gli occupanti danno origine all’esodo. In

particolare, Evac permette alle persone di iniziare ad evacuare una volta che questi notano la presenza del fumo, nonostante la somma dei tempi di rilevazione e di reazione impostati nello script non sia ancora esaurito. Viceversa, Pathfinder non permette di emulare questo comportamento. Tale fenomeno è evidente nelle simulazioni MOD1_V05_2 e MOD1_V06_2. Dall’osservazione delle figure 17 e 18 infatti, si può notare che le curve descritte da Evac si abbassano prima e in maniera più dolce rispetto a quella descritta da Pathfinder, che invece descrive una curva che decade in maniera più netta. Questi andamenti sono dovuti al fatto che nello scenario 1 gli incendi sono collocati in ampi spazi aperti, dunque i fumi si propagano molto velocemente lungo tutte le postazioni di lavoro. Al contrario, questo fenomeno non è evidente nello scenario 2, dove invece gli occupanti sono inizialmente posizionati in stanze.

Figura 14 - Andamento parametro FED MOD2_V03_2

Figura 15 – Numero decessi MOD2_V03_2

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Confrontando invece le simulazioni d’esodo in cui non è presente l’incendio, si può apprezzare un’ottima convergenza dei risultati da parte di entrambe i software, così come mostrato nei grafici delle simulazioni MOD1_V00_1 o MO1_V00_2.

4. Conclusioni

A seguito dei risultati ottenuti quindi, si evidenzia come il punto di forza del modulo Evac consista proprio nella diretta integrazione tra incendio ed evacuazione, permettendo di riprodurre un comportamento delle persone che più si avvicina alla realtà. Viceversa, Pathfinder si è dimostrato essere un valido strumento di valutazione dove gli effetti della combustione sugli occupanti non sono critici. Dal punto di vista dell’utilizzo, il software sviluppato da Thunderhead Engineering ha dalla sua il pregio di essere molto più intuitivo e semplice da utilizzare, grazie alla presenza dell’interfaccia grafica. Inoltre, la possibilità di visualizzare contemporaneamente le fasi d’esodo e quelle d’incendio generate da FDS, slice comprese, permette comunque una valutazione sull’incolumità degli occupanti, seppur più conservativa. La verifica della condizione ASET > di RSET può essere infatti effettuata utilizzando il modello di calcolo semplificato in accordo alla ISO/TR 16738 [9]: invece di procedere alla verifica di tutti i modelli di calcolo avanzato – dei gas tossici, dei gas irritanti, del calore e dell’oscuramento della visibilità da fumo – si utilizza l’ipotesi

Figura 17 - Confronto simulazione MOD1_V06_2

Figura 18 – Confronto simulazione MOD1_V00_1

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semplificativa della “esposizione zero”, impiegando soglie di prestazione molto stringenti. Le soglie di prestazione associate a tale obiettivo sono:

• Altezza minima dei fumi stratificati dal piano di calpestio h > 200 cm;

• Temperatura media dello strato di fumi caldi T < 200 °C;

Questi criteri permettono agli occupanti la fuga in aria indisturbata, non inquinata dai prodotti della combustione. Inoltre, è bene precisare che, nonostante al momento Pathfinder non permetta un vero e propria interazione tra incendio ed evacuazione, in futuro dovrebbe avere funzioni che includeranno la navigazione per evitare il fuoco e il fumo, i cambiamenti di velocità dovuti al fumo, la visualizzazione dinamica delle esposizioni e la capacità di tracciare l'esposizione per tutti gli occupanti.

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Bibliografia

[1] ISO 13571, Life-threatening components of fire - Guidelines for the estimation of time to compromised tenability in fires.

[2]K. McGrattan, S. Hostikka, J. Floyd, R. McDermott, M. Vanella, Fire Dynamics Simulator User’s Guide, 2019.

[3] http://www.firebid.umd.edu/burning-item-database.php.

[4] P. J. DiNenno, D. Drysdale, C. L. Beyler, W. Douglas Walton, R. L. P. Custer, J. R. Hall, J. M. Watts, SFPE Handbook of Fire Protection Engineering Third Edition, 2002.

[5]http://www.vigilidelfuoco.it/sitiVVF/milan o/viewPage.aspx?s=281&p=2601.

[6] T Korhonen, Fire Dynamics Simulator with Evacuation - Technical Reference and User’s Guide: FDS+EVAC, 2018.

[7] Thunderhead Engineering, Pathfinder User Manual, 2019.

[8] BSI, Application of fire safety engineering principles to the design of buildings Part 6: Human factors: Life safety strategies - Occupant evacuation, behaviour and condition (Sub-system 6), 2004.

[9] ISO ISO/TR 16738:2009, Fire-safety engineering - Technical information on methods for evaluating behaviour and movement of people, 2009.

[10] Ministero Dell'Interno, Testo coordinato del DM 03 agosto 2015 - Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, 2015.

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Indice

1 INTRODUZIONE ... 1

2 STATO DELL’ARTE ... 4

3 MATERIALI E METODI ... 5

3.1 La Fire Safety Engineering ... 5

3.1.1 Metodologia ... 5

3.1.2 Criteri di scelta e d’uso dei modelli e dei codici di calcolo ... 7

3.1.3 Impostazione degli scenari d’incendio ... 11

3.1.4 Progettazione prestazionale per la salvaguardia della vita ... 21

3.2 FDS - FIRE DYNAMICS SIMULATOR ... 32

3.2.1 Tempo di analisi ... 32

3.2.2 Mesh computazionali ... 33

3.2.3 Creazione della geometria ... 37

3.2.4 Stechiometria di reazione semplice ... 38

3.2.5 Curva HRR ... 41

3.2.6 Visualizzazione dei risultati: le slice ... 41

3.3 Evac ... 42

3.3.1 Avvio di FDS+Evac ... 44

3.3.2 Basi teoriche del modello di evacuazione ... 45

3.3.3 Il processo di selezione delle uscite ... 51

3.3.4 Agente di tipo conservativo ... 53

3.3.5 Agente di tipo attivo ... 54

3.3.6 Agente di tipo herding ... 55

3.3.7 Agente di tipo follower ... 56

3.3.8 Effetti tossici dei prodotti della combustione ... 57

3.3.9 Riassumendo ... 60

3.4 PATHFINDER ... 61

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3.4.2 Comportamento ed obiettivi... 65

3.4.3 Percorsi ... 67

3.4.4 Esecuzione del percorso in modalità SFPE ... 72

3.4.5 Calcolo della FED, Fractional Effective Dose ... 78

3.5 IMPOSTAZIONE DELLE SIMULAZIONI ... 80

3.5.1 Definizione degli scenari d’incendio ed esodo ... 80

3.5.2 Modello geometrico ed incendio ... 87

3.5.3 Modello d’evacuazione Evac ... 90

3.5.4 Modello d’evacuazione Pathfinder... 92

4 RISULTATI E DISCUSSIONE ... 94

5 CONCLUSIONI ... 106

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1 INTRODUZIONE

L'Ingegneria Antincendio o Fire Safety Engineering è l'applicazione dei principi scientifici e ingegneristici per proteggere le persone, le proprietà e i loro ambienti dagli effetti dannosi e distruttivi di fuoco e fumo. Tale disciplina si concentra sulla rilevazione, soppressione e mitigazione di incendi, nonché sul garantire l’incolumità delle persone che evacuano da un luogo in cui si sta verificando un incendio. Relativamente a quest’ultimo aspetto, è necessario verificare che il calore, i fumi e i gas caldi e potenzialmente tossici prodotti dalla combustione non abbiano effetto sugli occupanti impegnati nell’esodo, per tutto il tempo necessario al raggiungimento di un luogo sicuro. In particolare, quando si valutano le conseguenze sulla vita umana, il criterio fondamentale per garantire la sicurezza delle persone è che il tempo disponibile per la fuga, sia maggiore del tempo necessario per mettersi in salvo. Il primo intervallo di tempo viene definito ASET (Available Safe Egress Time), mentre il secondo RSET (Required Safe Egress Time) [2]. ASET è definito come l’intervallo di tempo compreso tra l’innesco dell’incendio e il momento in cui le condizioni ambientali diventano inaccettabili per l’uomo, tale per cui non è più in grado di mettersi in salvo autonomamente. La condizione di incapacitazione dipende da:

a. Esposizione al calore trasferito per convezione e irraggiamento; b. Inalazione di gas asfissianti;

c. Esposizione a sostanze che possano irritare le vie aeree superiori; d. Riduzione della visibilità causata dalla propagazione del fumo.

RSET invece è definito come il tempo che intercorre tra l’innesco dell’incendio ed il momento in cui gli occupanti dell’edificio raggiungono un luogo sicuro, ed è determinato come somma delle seguenti componenti:

• Tempo di rilevazione tdet;

• Tempo di allarme generale ta;

• Tempo di attività di pre-movimento tpre; • Tempo di movimento ttrav;

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L’esposizione al calore e ai fumi della combustione influenza la capacità di fuga, la velocità di spostamento e l’individuazione delle uscite di sicurezza, riducendo l’efficienza delle azioni da intraprendere e ritardando conseguentemente la fuga. Il calcolo di ASET dunque, dipende da molteplici caratteristiche dell’incendio, degli ambienti e degli occupanti stessi. La natura dell’incendio (la potenza termica emessa, quantitativi e tipo di combustibile, reazioni chimiche coinvolte) e degli ambienti (dimensione, ventilazione) determinano la concentrazione dei gas tossici, la temperatura dei fumi e delle pareti e la densità del fumo nel tempo. Anche le caratteristiche degli occupanti (età, stato di salute, posizione rispetto all’incendio) influenzano gli effetti dell’esposizione al fumo e al calore. Al fine di poter verificare la condizione ASET > RSET, l’ingegneria della sicurezza antincendio fa uso di simulazioni sempre più complesse che consentono di determinare le conseguenze che un incendio potrebbe avere sulle persone. Più precisamente le simulazioni si basano su modelli così detti “di campo”, facenti uso della CFD (Computational Fluid Dynamics) o fluidodinamica computazionale. L’utilizzo di questi strumenti è reso oggi possibile grazie alle moderne tecnologie, che hanno permesso di realizzare calcolatori sufficientemente potenti da risolvere in forma numerica le varie equazioni matematiche che governano i modelli CFD. Tali simulazioni costituiscono inoltre un importante ausilio ai progettisti per la costruzione o adattamento di edifici al fine di rendere questi luoghi il più sicuri possibile. Uno dei modelli più utilizzati oggi per la riproduzione e lo studio della dinamica degli incendi è FDS (Fire Dynamic Simulator), progettato e costantemente aggiornato dall’ente americano NIST (National Institute of Standard and Technology). Relativamente all’esodo degli occupanti invece, gli strumenti oggi in possesso dell’ingegneria antincendio sono rappresentati dai modelli di evacuazione. Tra i più conosciuti si annovera Evac, sviluppato dall’ente finlandese VTT (Technical Research Centre of Finland) e direttamente integrato in FDS. Sono poi presenti in commercio altri software che permettono di simulare le fasi di un esodo, ognuno con le proprie peculiarità e funzioni, come Pathfinder, sviluppato da Thunderhead Engineering, che è stato utilizzato nel presente lavoro i tesi durante un tirocinio svolto presso lo studio di Ingegneria FSE ITALIA.

In questo elaborato di tesi si intende confrontare l’utilizzo dei software Evac e Pathfinder per verificare che la condizione ASET > RSET sia effettivamente rispettata in diversi scenari. L’analisi è stata condotta poiché vi è una differenza sostanziale tra i due applicativi. Infatti, Evac integra nelle fasi dell’esodo i dati relativi a visibilità dell’ambiente, presenza dei gas tossici (CO, CO2) e

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disponibilità di O2. Questa peculiarità permette di valutare quindi, la capacità di mettersi in salvo tramite il calcolo del parametro FED (Fractional Effective Dose), il cui valore non deve mai essere superiore a 1 (valore corrispondente al decesso del soggetto esposto). La FED in particolare viene definita dalla norma ISO 13571 come “rapporto tra la dose di esposizione ad un asfissiante tossico e la dose di esposizione a quell’asfissiante atteso nel produrre uno specifico effetto su di un soggetto esposto di suscettibilità media” e viene stimata mediante il modello dei gas tossici [1]. Pathfinder al contempo, permette di calcolare la FED assorbita dagli occupanti, ma non ne tiene conto durante l’esodo. Discorso analogo per quanto riguarda la visibilità. Al fine di mettere in evidenza tali differenze, in questo elaborato di tesi si è proceduto a simulare differenti scenari d’esodo in presenza d’incendio, tenendo conto delle specificità dell’edificio (posizione degli ostacoli, delle uscite, ecc.), dell’effettiva distribuzione degli occupanti e delle interazioni tra gli individui presenti. La progettazione delle simulazioni ha previsto la generazione della geometria dell’edificio, a cui ha fatto seguito la definizione delle condizioni d’incendio, l’inserimento degli occupanti nella geometria interessata dall’evento, e la descrizione delle caratteristiche degli occupanti, che vengono determinate tramite inserimento dei dati di input nel software, al fine di emulare i comportamenti assunti dalle persone durante l’evacuazione.

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2 STATO DELL’ARTE

Evac e Pathfinder sono due modelli per la simulazione dell’esodo che possono essere utilizzati come validi strumenti di verifica per la salvaguardia delle persone durante la fuga da svariati ambienti. Trattandosi di software recenti, non vi è grande disponibilità di letteratura. Tuttavia, si possono citare studi interessanti, come quello condotto da Leia e Ta, che tramite il modello Evac hanno indagato l’effetto di differenti configurazioni delle scale all’interno di un edificio avente la funzione di dormitorio e posizionamento delle uscite sul processo di evacuazione, concludendo che gli edifici dovrebbero essere progettati con le scale che si affacciano direttamente sulle uscite e che, se possibile, una scala molto larga dovrebbe essere sostituita con due paia identiche [3]. Tale studio quindi, dimostra come FDS+Evac possa essere un valido strumento di ausilio anche in fase di progettazione di un edificio. Il modello, tramite l’utilizzo della fluidodinamica computazionale, permette inoltre di valutare l’esodo anche in situazioni non convenzionali, come dimostrato dal lavoro condotto da Bosco et al. [4] in cui è stato affrontato lo studio delle fasi di evacuazione in un tunnel stradale a seguito di un incendio di un veicolo. FDS+Evac considera l’interazione tra l’incendio e gli evacuanti, andando quindi a simulare gli effetti psicologici di fumo e fiamme sulle persone, come dimostrato da Bae et al. [5] che hanno sviluppato un modello di interazione con l’incendio, confrontandolo poi con quello integrato in Evac. Tale modello di evacuazione però, al momento è ben calibrato per simulare gli esodi in geometrie piane semplici, come gli edifici più semplici, mentre non è ancora validato per geometrie inclinate e complesse come stadi o teatri, così come esplicitato dal manuale [6]. I modelli d’esodo possono essere utilizzati anche per indagare il comportamento delle persone che evacuano in spazi pubblici di grandi dimensioni, come fatto da Liu et al. [7] che hanno utilizzato Pathfinder per simulare l’esodo di una folla lungo la riva del fiume Huangpu a Shangai. Tra le peculiarità di Pathfinder, si annovera anche la possibilità di simulare la presenza degli ascensori, tale per cui il software risulta ottimale per la valutazione d’esodo in edifici alti, così come fatto da Gravit et al. [8] che hanno constatato come l’uso congiunto di scale e ascensori, sia tanto più necessario, quanto è alto l’edificio.

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3 MATERIALI E METODI

Per Fire Safety Engineering si intende la disciplina che applica principi scientifici ed ingegneristici al fine di capire gli effetti di un incendio, la reazione e il comportamento delle persone rispetto al fuoco, così come proteggere le persone stesse, i beni e l’ambiente. La FSE è dunque un validissimo strumento per la progettazione antincendio, avvalendosi di complessi calcoli matematici al fine di produrre un approccio di tipo prestazionale per i Progetti di Prevenzione Incendi.

3.1 La Fire Safety Engineering

La complessa materia della prevenzione incendi può essere approcciata in Italia secondo due strategie sostanzialmente diverse:

1. Approccio Deterministico; 2. Approccio Prestazionale;

L’approccio deterministico consiste nella progettazione basata esclusivamente su norme di carattere prescrittivo, quali ad esempio le norme verticali di prevenzione incendi, rendendo il processo molto semplice. Per contro spesso le prescrizioni normative risultano essere molto rigide nella loro applicazione.

L’approccio prestazionale consente di definire soluzioni idonee al raggiungimento di obiettivi progettuali mediante analisi di tipo quantitativo. L’approccio prestazionale è descritto in maniera esaustiva nel D.M. 3 agosto 2015, che per la prima volta in Italia permettere di normare la progettazione FSE ai fini della prevenzione incendi. In particolar modo, all’ingegneria della sicurezza antincendio è dedicato il capitolo M del decreto ministeriale. Si riportano di seguito alcuni passaggi del decreto in cui viene descritta la metodologia della progettazione prestazionale [9].

3.1.1 Metodologia

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6 a) prima fase: analisi preliminare

Nell’analisi preliminare si individuano le condizioni che più rappresentano il rischio al quale l’attività è esposta, nonché le soglie di prestazione a cui riferirsi in relazione agli obiettivi da perseguire;

b) seconda fase: analisi quantitativa

Impiegando modelli di calcolo, si esegue l’analisi quali-quantitativa degli effetti dell’incendio in relazione agli obiettivi assunti, confrontando i risultati ottenuti con le soglie di prestazione già individuate.

3.1.1.1 Analisi preliminare

La fase di analisi preliminare si compone di alcune sotto-fasi necessarie per definire i rischi da contrastare e, di conseguenza, i criteri oggettivi di quantificazione degli stessi, necessari per la successiva analisi numerica. Tra queste sotto-fasi si possono elencare:

• La definizione del progetto: in particolare si definisce lo scopo della progettazione antincendio, identificando aspetti quali la destinazione d’uso dell’attività, eventuali vincoli progettuali, pericoli di incendio connessi con la destinazione d’uso, caratteristiche degli occupanti in relazione alla tipologia di edificio.

• La definizione degli obiettivi della sicurezza antincendio: si specificano ad esempio il livello di salvaguardia dell’incolumità degli occupanti, il massimo danno tollerabile all’attività ed al suo contenuto.

• La definizione delle soglie di prestazione: le soglie di prestazione, di carattere qualitativo e quantitativo, consentono una valutazione oggettiva del problema in esame. Sono esempi di soglie gli effetti termici sulle strutture, la propagazione dell’incendio, i danni agli occupanti, ai ben e all’ambiente. Tali soglie sono fondamentali per riconoscere le soluzioni progettuali che soddisfino le prestazioni richieste. In particolar modo, al fine di tutelare l’incolumità degli occupanti, si stabiliscono i life safety criteria, cioè soglie per valutare l’incapacitazione dovuta al fuoco e ai suoi prodotti. Per definizione, gli occupanti raggiungono l’incapacitazione quando diventano inabili a mettersi al sicuro autonomamente.

• L’individuazione degli scenari di incendio di progetto: gli scenari rappresentano uno schema degli eventi che si possono manifestare nell’attività in funzione delle caratteristiche del focolare, dell’edificio e degli occupanti.

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7 3.1.1.2 Analisi quantitativa

La fase di analisi quantitativa si compone di alcune sotto-fasi necessarie per effettuare le verifiche di sicurezza degli scenari individuati nella fase preliminare. Tra queste sotto-fasi si elencano:

• Elaborazione delle soluzioni progettuali: il progettista deve elaborare una o più soluzioni progettuali, ognuna delle quali deve soddisfare gli obiettivi di sicurezza antincendio;

• Valutazione delle soluzioni progettuali: il progettista calcola quindi gli effetti dei vari scenari d’incendio per ciascuna soluzione progettuale elaborata precedentemente. Per far ciò si impiega un modello di calcolo analitico o numerico. I risultati forniti dal modello descrivono l’evoluzione dell’incendio e dei suoi effetti su strutture, occupanti, ambienti. I risultati delle modellazioni sono quindi usati per verificare il rispetto delle soglie di prestazione per ciascuno scenario d’incendio di progetto. Le soluzioni progettuali che non soddisfano soglie di prestazione, devono essere scartate;

• Selezione delle soluzioni progettuali idonee: Il professionista antincendio seleziona la soluzione progettuale finale tra quelle che sono state verificate positivamente rispetto agli scenari di incendio di progetto.

3.1.2 Criteri di scelta e d’uso dei modelli e dei codici di calcolo

Il professionista antincendio può optare tra i modelli di calcolo che le conoscenze tecniche di settore mettono a disposizione, sulla base di valutazioni inerenti alla complessità del progetto. Il professionista antincendio che adotta modelli di calcolo sofisticati, deve possedere una particolare competenza nel loro utilizzo, nonché un’approfondita conoscenza sia dei fondamenti teorici che ne sono alla base che della dinamica dell’incendio.

Allo stato attuale i modelli più frequentemente utilizzati sono: a. Modelli analitici;

b. Modelli numerici; Tra questi si annoverano:

I. Modelli di simulazione dell’incendio a zone per ambienti confinati (CFAST, Ozone); II. Modelli di simulazione dell’incendio di campo (FDS, Fluent);

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III. Modelli di simulazione d’esodo (FDS+EVAC);

IV. Modelli di analisi termostrutturale (Abaqus, Adina);

Nel loro campo di applicazione, i modelli analitici garantiscono stime accurate di effetti specifici dell’incendio (es. il calcolo del tempo di flashover in un locale). Per analisi più complesse che coinvolgano interazioni dipendenti dal tempo di più processi di tipo fisico e chimico presenti nello sviluppo di un incendio, si ricorre generalmente ai modelli numerici. Per i parametri di input più rilevanti del modello deve essere svolta un’analisi di sensibilità dei risultati, alla variazione del parametro di input. Ad esempio, i risultati dell’analisi non devono essere significativamente dipendenti dalle dimensioni della griglia di calcolo. È ammesso l’utilizzo contemporaneo di più tipologie di modelli. Ad esempio:

a. Si possono usare modelli specifici per la valutazione del tempo di attivazione di un impianto di rivelazione o di spegnimento e della rottura di un vetro in funzione della temperatura, per poi inserire i dati ricavati in una modellazione effettuata con modelli di campo;

b. Si può utilizzare un modello a zone per valutare in una prima fase le condizioni di maggiore criticità del fenomeno, per poi approfondire la trattazione degli effetti con modelli di campo;

3.1.2.1 Modelli algebrici

I modelli algebrici rappresentano solitamente il primo step utilizzato per studiare la dinamica di un incendio. Le equazioni sono state sviluppate per stimare il comportamento degli effetti dell’incendio come ad esempio l’altezza di fiamma, il calore rilasciato, le velocità delle nubi o dei fire jet, temperature degli strati di gas, nonché irraggiamento ed altri fenomeni. I modelli algebrici impiegano equazioni sviluppate, sia empiricamente tramite l’osservazione diretta dei fenomeni di incendio, sia matematicamente attraverso calcoli o proprietà fisiche. Queste equazioni spesso valgono in regime di stato stazionario, fornendo dunque informazioni in un determinato istante di tempo; nonostante ciò, alcune possono essere iterate al fine di fornire l’evoluzione nel tempo delle caratteristiche del fenomeno studiato. Il vantaggio di un modello algebrico consiste nell’immediatezza del risultato fornito relativo a dinamiche e fenomeni d’incendio molto semplici, così come il fatto che il risultato di queste equazioni si basa direttamente su prove empiriche o fondamenti della fisica. Lo svantaggio invece, è rappresentato dal fatto che spesso questi modelli sono “compatibili” solo con scenari d’incendio specifici e molto semplici, fornendo informazioni su

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di una singola proprietà caratteristica, rispetto invece a rappresentare lo scenario d’incendio nella sua totalità. I risultati saranno tanto più attendibili, quanto più le condizioni dello scenario analizzato sono simili alle condizioni dello scenario di test da cui derivano le equazioni. Al contrario, l’attendibilità dei risultati diminuirà. Spesso è utile sfruttare questi semplici modelli per confrontare i risultati ottenuti dai modelli di calcolo più complessi, come quello a zone o di campo. Infatti, nonostante quasi certamente i risultati dei modelli algebrici non siano esattamente uguali a quelli ottenuti con gli altri modelli, spesso sono però dello stesso ordine di grandezza.

3.1.2.2 Modelli a zone

Un modello a zone è un software che predice gli effetti dello sviluppo di un incendio all’interno di un volume chiuso. Nella maggior parte dei casi il volume non è totalmente chiuso, i modelli sono quindi in grado di stimare il comportamento di porte, finestre, bocchette di aerazione ecc. Esistono modelli a Zone in grado di calcolare gli effetti dell’incendio in una sola camera e altri modelli che possono considerare lo stesso effetto in compartimenti multipli. I modelli a zona lavorano considerando l’ipotesi che un determinato spazio possa essere suddiviso in un numero maggiore di volumi più piccoli, chiamati appunto “zone”, all’interno dei quali le equazioni algebriche possono essere risolte al fine di determinare le proprietà rilevanti dei flussi. Questi modelli generalmente prendono in considerazione due o tre zone, che rappresentano rispettivamente lo strato inferiore e lo strato superiore ai quali alle volte si aggiunge anche una zona usata per rappresentare la nube di fumo nel compartimento dovuta all’incendio. Temperatura, velocità, e altre proprietà sono ritenute uniformi all’interno di queste zone; il trasferimento di massa, energia, moto e specie è evidenziato da una zona all’altra tramite equazioni appositamente concepite per “il concetto a zone”. L’approccio “due strati” dei modelli a zona è basato sul fatto che i gas caldi si accumulano al di sotto del soffitto del compartimento, mentre uno stato più freddo sarà presente al di sotto di quello dei gas caldi. Nonostante prove sperimentali abbiano dimostrato che nella realtà esistono variazioni delle condizioni tra una zona e l’altra, queste ultime sono minori rispetto alle differenze tra gli strati, permettendo dunque una simulazione realistica di molti scenari d’incendio tramite i modelli a zona. Questi modelli sono infatti spesso utilizzati per studiare il trasporto del fumo e dei gas caldi dal compartimento di origine dell’incendio alle altre porzioni dell’edificio connesse tra di loro. Il grande vantaggio di questi modelli consiste nel fatto che, a seguito dell’evoluzione dei computer, oggi i modelli a zone possono essere risolti nell’arco di una decina di secondi o di qualche minuto. Lo

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svantaggio invece è rappresentato dal fatto che talvolta l’assunzione di “volume uniforme” non è molto accurata, specialmente per gli spazi caratterizzati da una geometria complessa che non sono accuratamente simulati usando gli equivalenti volumi rettangolari. Analogamente alcune assunzioni che si fanno generalmente in questo tipo di modello, come il movimento dei fumi caldi al soffitto, potrebbero non valere per geometrie con soffitti troppo alti, lì quindi dove avviene la stratificazione.

3.1.2.3 Modelli di campo

I modelli di campo, noti anche come modelli di fluido-dinamica computazionale (CFD), sono uno strumento per modellare i flussi attraverso un volume, facendo uso delle soluzioni numeriche delle equazioni di Navier-Stockes. Le soluzioni di equazioni differenziali parziali per la conservazione di massa, quantità di moto ed energia sono approssimate come differenze finite su un numero di volumi di controllo. Queste equazioni rappresentano gli enunciati matematici delle leggi di conservazione della fisica:

• la massa di un fluido si conserva;

• la velocità di variazione del moto eguaglia la somma delle forze di una particella di fluido – la seconda legge di Newton;

• la velocità di variazione dell’energia eguaglia la somma della velocità di aumento del calore e la variazione del lavoro svolto su una particella di fluido – prima legge della termodinamica. In molti software che fanno uso della CFD, questi calcoli possono essere effettuati su di un certo periodo di tempo, al fine di fornire un’evoluzione delle caratteristiche dello scenario. Anziché usare due o tre volumi di controllo come accade nei modelli a zona, un modello CFD è costituito da migliaia o milioni di volumi di controllo. Questo permette di avere risultati finali notevolmente più accurati, rispetto ai modelli a zona, necessitando però, di potenza di calcolo maggiore e di tempi di simulazione molto più lunghi, nell’ordine dei giorni, settimane e talvolta anche mesi. Oltre a descrivere fenomeni quali la turbolenza e galleggiabilità dei fluidi, l’uso della CFD permette di modellare scenari caratterizzati da diffusione di gas caldi, radiazioni termiche, nonché la ricostruzione del percorso di particelle di fumo ed acqua. I benefici della simulazione CFD consistono nel fatto che la simulazione si basa sui concetti fondamentali della fisica relativamente alla dinamica dei fluidi, nella flessibilità che permette la simulazione di un ampio range di condizioni al contorno, e nella capacità del modello di trattare geometrie molto complesse e dettagliate. Al contrario però, i modelli di campo sono notevolmente più complessi, necessitano di ampie conoscenze da parte del

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modellatore, grandi potenze computazionali e tempi di calcolo notevolmente lunghi. La fluido-dinamica permette di modellare con precisione il movimento dei fumi e recentemente è stata applicata per ricostruire la completa evoluzione di un incendio, in particolar modo la fase che precede il flashover, così come incendi localizzati in geometrie complesse.

3.1.2.4 Modelli di evacuazione

I modelli di evacuazione sono in grado di calcolare il tempo necessario agli occupanti di una struttura per raggiungere un luogo sicuro. Questi modelli sono utilizzati nella progettazione con il metodo prestazionale per determinare i punti dove si verificheranno delle congestioni durante le operazioni di evacuazione di un compartimento. Molti di questi modelli sono estremamente sofisticati, possono tenere in considerazione delle caratteristiche legate al comportamento umano, come gli effetti del fuoco sugli occupanti dovuti alla tossicità del fumo, alla diminuzione della visibilità e anche alla componente psicologica legata allo stress che si subisce in occasione di eventi potenzialmente traumatici. Alcuni di questi modelli hanno anche caratteristiche grafiche utili a visualizzare il movimento delle persone in un edificio durante una simulazione.

3.1.3 Impostazione degli scenari d’incendio

Gli scenari d’incendio rappresentano la descrizione dettagliata degli eventi che possono ragionevolmente verificarsi in relazione a tre aspetti fondamentali:

a. Caratteristiche dell’incendio; b. Caratteristiche dell’attività; c. Caratteristiche degli occupanti.

3.1.3.1 Identificazione dei possibili scenari d’incendio

Il primo passo della procedura consiste nell’identificare tutti i possibili scenari d’incendio che possono svilupparsi durante la vita utile dell’attività. In relazione a ciò si devono considerare tutte le condizioni di esercizio ragionevolmente prevedibili, come ad esempio: allestimenti temporanei, diverse configurazioni spaziali dei materiali combustibili, modifica delle vie d’esodo e dell’affollamento. Per individuare gli scenari d’incendio, il professionista antincendio sviluppa uno

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specifico albero degli eventi a partire da ogni evento iniziatore pertinente e credibile. Il processo può essere svolto in maniera qualitativa, oppure in maniera quantitativa se sono disponibili dati statistici desunti da fonti autorevoli e condivise. Ogni scenario d’incendio identificato deve essere compiutamente ed univocamente descritto in relazione ai suoi tre aspetti fondamentali: le caratteristiche dell’incendio, le caratteristiche dell’attività e le caratteristiche degli occupanti. In ogni caso, il professionista antincendio deve specificare se lo scenario d’incendio ipotizzato sia relativo ad una condizione di pre-flashover oppure ad una condizione di post-flashover, a seconda dell’obiettivo da raggiungere che può essere ad esempio la salvaguardia degli occupanti, o il mantenimento della capacità portante delle strutture. Nella fase di identificazione degli scenari, il professionista antincendio deve tenere conto degli incendi che hanno interessato edifici o attività simili a quella in esame mediante analisi storica e deve descrivere:

a. Evento iniziatore caratterizzato da un focolaio di incendio e dalle condizioni dell’ambiente circostante;

b. Propagazione dell’incendio e dei prodotti della combustione;

c. Azione degli impianti tecnologici e di protezione attiva contro l’incendio;

d. Azioni eseguite dai componenti della squadra aziendale dedicata alla lotta antincendio presenti nell’ambiente;

e. Distribuzione e comportamento degli occupanti.

3.1.3.2 Selezione degli scenari d’incendio di progetto

Nel primo passo della procedura viene in genere identificato un elevato numero di scenari d’incendio possibili nell’attività. Lo scopo di questo secondo passo della procedura consiste nel ridurre il numero degli scenari d’incendio al minimo numero ragionevole, al fine di alleggerire il successivo lavoro di verifica delle soluzioni progettuali. Il professionista antincendio seleziona quindi i più gravi tra gli scenari di incendio credibili. Gli scenari d’incendio di progetto così selezionati rappresentano per l’attività un livello di rischio d’incendio non inferiore a quello compiutamente descritto dall’insieme di tutti gli scenari d’incendio. Le soluzioni progettuali, rispettose delle soglie di prestazione richieste nell’ambito degli scenari d’incendio di progetto, garantiscono quindi lo stesso grado di sicurezza anche nei confronti di tutti gli altri scenari d’incendio. La selezione degli scenari d’incendio è fortemente influenzata dall’obiettivo che il professionista antincendio intende

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raggiungere. Ad esempio, se si intende principalmente perseguire la salvaguardia degli occupanti durante la fase di esodo, possono essere selezionati scenari come quelli di seguito indicati:

a. Un incendio di breve durata e con crescita veloce, che è accompagnato da elevata produzione di fumo e gas di combustione (ad esempio, l’incendio di un mobile imbottito), risulta più critico di uno che rilascia maggiore potenza termica, ma che ha una crescita lenta e dura più a lungo, anche se quest’ultimo sollecita termicamente in modo più severo gli elementi costruttivi presenti;

b. Un incendio di limitate dimensioni, che però si sviluppa in prossimità delle vie di esodo di un locale ad alta densità di affollamento, può risultare più pericoloso di uno che emette una maggiore potenza termica, ma che si origina in un ambiente confinato e che si trova lontano dalle zone dove è prevista la presenza di occupanti.

3.1.3.3 Descrizione quantitativa degli scenari d’incendio di progetto

Terminata la selezione degli scenari di incendio di progetto, il professionista antincendio deve procedere con la descrizione quantitativa di ciascuno di essi. Il professionista antincendio traduce la descrizione qualitativa degli scenari d’incendio di progetto, in dati numerici di input appropriati per la metodologia di calcolo scelta per la verifica delle ipotesi progettuali. In relazione alle finalità dell’analisi, il professionista antincendio specifica i dati di input per attività, occupanti ed incendio.

• Attività. Le caratteristiche dell’attività influenzano l’esodo degli occupanti, lo sviluppo dell’incendio e la diffusione dei prodotti della combustione. A seconda dell’obiettivo dell’analisi, la descrizione quantitativa dell’attività potrà comprendere i seguenti elementi:

o Caratteristiche architettoniche e strutturali;

o Dimensione, localizzazione e stato di apertura/chiusura/rottura efficace delle aperture di ventilazione di progetto e potenziali, come porte, finestre, lucernari, superfici vetrate;

o Barriere che influenzano il movimento dei prodotti della combustione; o Impiantistica;

o Aspetti gestionali ed operativi;

o Fattori ambientali che influenzano le prestazioni antincendio dell’attività;

• Occupanti. A seconda dell’obiettivo dell’analisi, il professionista antincendio descrive dettagliatamente le caratteristiche della popolazione ospitata nell’attività, che possono

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influenzare il comportamento e la risposta nei confronti dell’incendio. In particolare, la descrizione deve tener conto almeno dei seguenti aspetti ove rilevanti ai fini della tipologia dell’analisi:

o Affollamento complessivo e distribuzione degli occupanti negli ambienti dell’attività; o Tipologia degli occupanti;

o Familiarità degli occupanti con l’attività e con il sistema di vie d’esodo; o Stato di veglia/sonno degli occupanti;

• Incendio. A seconda dell’obiettivo dell’analisi, la descrizione dell’incendio consiste nella caratterizzazione quantitativa del focolare, in quanto sorgente di energia termica e di prodotti della combustione, secondo i seguenti parametri ove rilevanti ai fini della tipologia dell’analisi:

o Localizzazione del focolare;

o Tipologia di focolare: covante o con fiamma;

o Quantità, qualità e distribuzione spaziale del materiale combustibile; o Fonti d’innesco;

o Curva HRR (Heat Release Rate), quale potenza termica prodotta dal focolare al variare del tempo RHR(t);

o Generazione dei prodotti della combustione presi in considerazione (es. CO e particolato).

Ai fini della caratterizzazione quantitativa del focolare il professionista antincendio può: o Impiegare dati sperimentali ottenuti da misura diretta in laboratorio secondo

metodologia scientifica consolidata;

o Usare dati pubblicati da fonti autorevoli e condivise. Il professionista antincendio cita sempre con precisione tali fonti e verifica la corrispondenza del campione di prova sperimentale (quantità, composizione, geometria e modalità di prova) con quello previsto nello scenario di incendio di progetto, utilizzando un approccio ragionevolmente conservativo;

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In alternativa, si possono impiegare i focolari predefiniti di cui al paragrafo M.2.7 del decreto ministeriale D.M. 3 Agosto 2015.

3.1.3.4 Durata degli scenari d’incendio di progetto

Deve essere descritta tutta la sequenza di evoluzione dell’incendio, a partire dall’evento iniziatore per un intervallo di tempo che dipende dagli obiettivi di sicurezza da raggiungere come riportato in tabella 2

Tabella 1 -Durata minima degli scenari d’incendio di progetto

3.1.3.5 Stima della curva Heat Release Rate (HRR)

L’RHR (Rate of Heat Released) o HRR (Heat Release Rate), che in italiano si traduce in curva di rilascio termico, è la variazione della potenza di rilascio termico in una reazione di combustione, espressa in kW, e calcolata in relazione al combustibile, alle condizioni di ventilazione e alle caratteristiche geometriche del materiale. Può essere definita anche come velocità di bruciamento o di combustione in quanto il kW equivale a MJ/s. Più il valore di HRRmax è alto, più il materiale combustibile brucia velocemente e conseguentemente anche la produzione di fumo e di calore aumentano sensibilmente. L’HRR viene rappresentata sul piano cartesiano con una curva se l’incendio non prevede la fase stazionaria, mentre come un trapezio scaleno (la cui base è l’ascissa)

se la curva prevede la fase stazionaria. Con l’esaurirsi del combustibile, la curva inizia a decrescere. L’HRR generalmente si compone di una fase di crescita (innesco – propagazione – flashover), di una

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Il metodo descritto, riportato nel nuovo Codice della Prevenzione Incendi, può essere usato per costruire le curve HRR da utilizzare con un modello di incendio numerico avanzato, per la valutazione della capacità portante in condizioni d’incendio delle opere da costruzione oppure per valutare la portata di fumo emessa durante l’incendio per la progettazione dei sistemi SEFC.

Figura 1 - Fasi caratteristiche della curva HRR

3.1.3.6 Propagazione dell’incendio

Durante la fase di propagazione, la potenza termica rilasciata dall’incendio al variare del tempo HRR(t) può essere rappresentata da:

dove:

• RHR(t) potenza termica rilasciata dall’incendio [kW]; • t tempo [s];

• tα tempo necessario affinché la potenza termica rilasciata raggiunga il valore di 1000 kW

Figura

Figura 8 - Scenario d'incendio 1, modello 2
Figura 11 - Confronto simulazione MOD2_V03_2
tabella  4  si  riportano  alcuni  esempi  di  valutazione  secondo  ISO  TR  16738:2009  [10]
Tabella 3 - Esempio di soglie di prestazione impiegabili con il metodo di calcolo avanzato
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Riferimenti

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