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Essere Neet all'Isola d'Elba

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Dipartimento di Scienze Politiche

Corso di Laurea in Sociologia e Politiche sociali

Tesi di Laurea Magistrale

Essere Neet all’Isola d’Elba

Relatore:

Candidata:

Prof. Andrea Salvini

Valentina Della Selva

Anno Accademico

2015-2016

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Alla mia mamma… Tanti anni fa ho conosciuto una donna, non l’avevo mai vista prima di allora e nemmeno lei, ma lei già mi amava di un amore infinito, incondizionato, non importava se fossi bella o brutta, simpatica o antipatica, affabile o lunatica… mi amava e basta… soffriva quando io soffrivo, era felice quando io ero felice non le importava nulla di sé stessa perché io venivo prima di tutto, un’unica anima in due corpi… mi ci volle qualche anno per capire chi fosse questa donna che ancora oggi non mi ha mai tradito e mai ha smesso di amarmi come il primo giorno che venni al mondo… Grazie per essere sempre stata al mio fianco…

Ai miei nonni, eredità di intenti, sogni e speranze, gioia infinita di rispecchiarmi nei vostri occhi. Dicono che il posto migliore in cui trovarsi sia tra le braccia di un nonno e quindi non posso che ritenermi fortunata che anche oggi, nel giorno più importante della mia vita, sarò tra le vostre braccia.

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“I giovani.. ..sono ambiziosi, e ancor più desiderosi di successo; la giovinezza infatti desidera la superiorità, e la vittoria è una superiorità... e vivono la maggior parte del tempo nella speranza; infatti la speranza è relativa all'avvenire, così come il ricordo è relativo al passato; e per i giovani l'avvenire è lungo e il passato breve; infatti all'inizio del mattino non v'è nulla della giornata che si possa ricordare, mentre si può sperare tutto.” (Aristotele, Retorica II, 12...)

“Sempre, quando si arriva all’Elba, si viene colti da un senso di smarrimento e insieme di felicità ritrovata, come se questa terra trasmettesse un respiro antico e trattenesse in sé la memoria delle generazioni passate, di un tempo trascorso che ha inciso segno e lasciato tracce visibili. Sempre, in modo forse assurdo, si prova la sensazione di essere tornati a casa, quasi che l’Elba fosse la propria terra o la terra perduta e ritrovata. E capita di pensare che si potrebbe scegliere di viverci in un futuro vicino, senza mai arrivare a prendere una decisione, cedendo ogni volta alla malinconia della partenza. Forse non si dovrebbe scegliere, basterebbe semplicemente restare.” (M. S. Mazzi, “Un foglio grande come il mare”)

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Indice

Introduzione ... 7 1. “Fenomeno” Neet ... 11 1.1 I neet ... 11 1.2 La cornice di riferimento ... 23

1.3 Il metodo: la Grounded Theory costruttivista (GTC) ... 27

1.4 L'uso di un software nell'analisi dei dati qualitativi ... 34

2. Il fenomeno Neet nel contesto dell'isola d'Elba: la mia ricerca ... 37

2.1 La situazione elbana ... 37

2.2 Il percorso metodologico... 39

2.3 Le interviste ... 47

3. Analisi delle interviste ... 50

3.1 Introduzione ... 50

3.2 L’uso del tempo libero ... 57

3.3 Le aspettative future ... 65

3.4 Il ruolo del Centro per l’impiego ... 73

3.5 I limiti contestuali ... 79

Conclusioni ... 86

Bibliografia ... 90

Sitografia ... 93

(7)

7

Introduzione

N.E.E.T, “Not in Education, Employment or Training”, è un acronimo che indica la quota di popolazione di età compresa tra i 15 e i 34 anni che non si trova né occupata, né inserita in un percorso di istruzione o di formazione.

Il presente lavoro, adottando una logica esplorativa “grounded”, indaga empiricamente la categoria Neet in relazione all’Isola d’Elba: una territorialità ben definita e circoscritta, che per certi aspetti presenta alcune caratteristiche di marginalità.

Il particolare territorio di indagine è stato selezionato in considerazione delle peculiari condizioni logistiche del luogo, in base alle quali è possibile riscontrare una difficoltà oggettiva sia nell’allargare i propri networks professionali, sia nel reperire un’occupazione al di fuori di tale contesto territoriale, ma anche e soprattutto perché luogo di provenienza della candidata.

Secondo la riflessione portata avanti in questo lavoro, per chi si trova impegnato nella ricerca di un impiego, i vincoli spaziali legati all’ubicazione geografica dell’isola possono rappresentare una forte limitazione di natura strutturale, da tenere in considerazione nelle scelte formative e lavorative.

La ricerca è iniziata con la scelta di alcuni concetti sensibilizzanti, il cui uso è stato proposto dall’interazionista simbolico Herbert Blumer, che hanno avuto lo scopo di guidare l’indagine.

I concetti sono orientamenti conoscitivi formulati in termini aperti e generali, che vengono precisati, integrati, modificati ed eventualmente ridefiniti durante il percorso di ricerca; essa si fonda sull’esperienza diretta della realtà empirica, sulle competenze logiche e nel contempo creative dello studioso, sulle sue capacità comunicative, interpretative e di relazione con i contesti attraversati dalla ricerca, e con le persone incontrate. 1

Vengono fatte ipotizzazioni parziali rispetto ai fenomeni osservati, le storie condivise e i dialoghi intrapresi, costantemente validate (o meno) mediante un attento scrutinio dei dati, per giungere, al termine del percorso di solito non

1

Salvini A., Grounded Interactionism: un lessico comune per l’Interazionismo Simbolico e la

Grounded Theory, Sociologia. Rivista Quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali, Gangemi

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8

lineare tra raccolta e analisi dei dati, ad una spiegazione teorica plausibile di quell’esperienza.2

Isolamento territoriale e adattamento sono stati i concetti sensibilizzanti considerati all’interno della seguente ricerca.

L’elaborato si articola in tre sezioni, la prima parte si concentra sulla descrizione e sull’esplorazione teoretica del profilo Neet approfondendone i criteri definitori consolidatisi nella letteratura e nelle varie ricerche, così da offrirne un’immagine che sia, prima di tutto, riconoscibile.

Nel secondo capitolo vengono chiarite le motivazioni che hanno spinto a scegliere l’approccio qualitativo, specificatamente il metodo della Grounded Theory

Costruttivista, proposto da Kathy Charmaz.

Esso non parte da ipotesi da testare nate da un'accurata analisi della letteratura o da obiettivi specifici e focalizzati, bensì prende le mosse dal desiderio di esplorare un'area, considerandola in tutta la sua globalità e complessità, senza ridurla né a variabili, né ad una domanda di ricerca puntuale. Come afferma la Charmaz: “Cerchiamo di comprendere cosa accade nel contesto della ricerca, considerando le vite dei partecipanti e prendendo in considerazione le loro affermazioni e le loro azioni. Noi comunichiamo con l’essere aperti a cosa sta accadendo sulla scena della ricerca.” 3

Esso è particolarmente adatto in questo lavoro poiché stimola a far emergere dal campo “teorie sociali” che spieghino i comportamenti, le relazioni e le dinamiche che caratterizzano l’ambito d’indagine lasciando che sia il setting studiato a farne emergere le peculiarità.

Con l’ingresso sul campo di indagine, la mente deve essere il più aperta possibile, cercando di porre attenzione al determinato setting.

È stato necessario fare estrema attenzione a non attribuire il proprio pensiero alle parole dei soggetti, costruendo i dati con loro, o meglio cercando di farsi aprire un accesso al contesto da parte dei partecipanti.

2

Ibidem

3

Charmaz K., Tr.italiana, Grounded theory. In J. A. Smith, Qualitative psychology : A practical

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9

L’obiettivo di questo lavoro è stato quello di approfondire gli aspetti motivazionali e gli stati emozionali caratterizzanti il vissuto della condizione dei soggetti appartenenti al campione.

Il campione di riferimento (a cui è stata sottoposta un’intervista biografica) è composto da ventuno ragazzi Neet residenti all’Isola d’Elba, compresi nel range di età 19-33 anni.

Con l’ausilio dell’intervista biografica è stato possibile far emergere il vissuto e le rappresentazioni dei giovani dando pieno spazio al racconto degli intervistati. Attraverso la ricostruzione dei percorsi biografici e l’esplorazione delle differenti dimensioni della quotidianità, l’indagine ha voluto indagare le connotazioni e declinazioni della condizione Neet nel contesto elbano, attraverso la ricerca di concause, conseguenze e contingenze che accompagnano il fenomeno dell’esclusione lavorativa, educativa e formativa nel territorio.

Facendo direttamente riferimento alle esperienze degli intervistati, si è cercato di capire se Neet si diventa per scelta o se semplicemente ci si ritrova forzatamente e con frustrazione in una condizione di privazione di ogni opportunità di crescita, implementando un processo vizioso di ulteriore depauperamento culturale, sociale, partecipativo e di generale inclusione.

L’attenzione rispetto al fenomeno si traduce nell’esigenza di andare ad approfondirne i tratti dal punto di vista del vissuto dell’attore sociale, al fine di sviscerare le caratteristiche più profonde legate ai percorsi di vita pregressi alla condizione di inattività, alle motivazioni di ingresso in tale condizione, alle modalità di gestione di essa, sia in termini di investimento del tempo e delle azioni messe in campo dall’attore sociale, sia in termini di stato emotivo sviluppato nel corso di un prolungato decorso di inattività.

L’interesse conoscitivo riguarda anche le possibili conseguenze concatenate a una siffatta condizione, quindi sull’esplorazione di dimensioni collegate al mondo relazionale dell’attore sociale.

La terza parte è dedicata interamente all’analisi dei dati qualitativi, effettuata con l’ausilio del software RQDA, prestando particolare attenzione ai codici compresi all’interno delle sedici categorie emerse e alle relazioni tra di esse.

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10

Attraverso l’analisi delle interviste rivolte ai giovani protagonisti di questo fenomeno, si è cercato di rilevare quanto il contesto di provenienza incida sulla probabilità di entrare a far parte del gruppo dei giovani che non studiano e non lavorano.

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1. “Fenomeno” Neet

1.1 I neet

“Essere giovani vuol dire tenere aperto l'oblò della speranza, anche quando il mare è cattivo e il cielo si è stancato di essere azzurro”.

Queste parole citate da Bob Dylan al “Les Crane Show” il 17 febbraio 1965, richiamano alla mente la condizione nella quale si trovano i giovani riguardo al futuro. Essi sono ancora speranzosi nonostante il “mare cattivo” rappresentato da una struttura socio-economica disfunzionale.

Molto spesso le tematiche legate alla condizione giovanile sono etichettate con termini ad effetto che non danno ragione della complessità e dell'articolazione interna dei fenomeni vissuti dalle nuove generazioni. Semplificazioni e ragionamenti viziati non riescono pertanto a cogliere i mutamenti e le costanti che attraversano l'universo giovanile nella società odierna.4

La parola “crisi” è un termine costante, non certo positivo, che esprime un dato allarmante e che oggi giorno riguarda innumerevoli abitanti nel contesto italiano. I costi della vita aumentano, le opportunità di lavoro calano vertiginosamente e le prospettive per un futuro sereno sono pressoché nulle. Guardare avanti spaventa e realizzare i propri sogni sembra pura utopia, soprattutto perché vittime di questa crisi sono in particolar modo i giovani under 35. Tutto ciò potrebbe indurre a concepire lo studio in maniera diversa e magari meno rilevante e a vivere continuamente nel tempo presente senza possibilità di prospettive future se non in accezione negativa poiché avere un lavoro fisso e certo è un privilegio e sempre di più lo sarà. Di fronte a tale situazione, vi è lo scoraggiamento di molte persone, spinte a fuoriuscire dall'Italia, alla ricerca di una vita migliore. Ciò ha indotto a discutere del processo di acquisizione di un’identità Neet.

Il “fenomeno” Neet (Not in Education, Employment, or Training) comprende soggetti collocati all’interno di una particolare fascia d’età (15-34 anni), che non lavorano (includendo, pur facendo salva la distinzione; disoccupati, in cerca di

4

Nanni A., Tra inquietudini e incertezze: cosa cercano i giovani d'oggi?, Quaderni Cannibali, Bologna, 2007, p. 4

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12

occupazione e inattivi) e non studiano (cioè che non sono collocati in percorsi – sostanzialmente formali- di istruzione/formazione professionale).5

Tale fenomeno è “ufficialmente emerso” sulla scena europea a partire dalla fine degli anni 90, ed è stato definito per la prima volta nel Regno Unito, in uno studio prodotto nel luglio del 1999 dalla Social Exclusion Unit (SEU), che costituisce l'equivalente della Commissione d'indagine sull'esclusione sociale in Italia.6 In questo studio, il fenomeno Neet veniva circoscritto soltanto alla fascia di età compresa tra i 16 e 18 anni, con riferimento a quei giovani in uscita dai percorsi di istruzione obbligatoria, la cui condizione di inattività andava a destare particolare preoccupazione agli occhi dei policy makers, anche in virtù del fatto che veniva rappresentata come precondizione possibile rispetto allo scivolamento in traiettorie di criminalità.

Nello specifico il focus dello studio era quello di spiegare perché nel corso dei due anni successivi al conseguimento del livello di istruzione obbligatoria tanti giovani permanessero nella condizione di Neet e indagava in merito ai fattori predittivi dell’ingresso, della permanenza e dell’uscita dalla condizione stessa: l’obiettivo era quello di predisporre un piano di proposte che costituissero per questi giovani nuove opportunità di ingresso o re-ingresso in percorsi di istruzione, formazione o lavoro.

Emerse dallo studio della Social Exclusion Unit (SEU) una considerevole variabilità di cause relative al rischio di permanenza nello status di Neet, associato a fattori di varia natura, sia contestuali che individuali, gli stessi correlati all'esclusione sociale: origine straniera; residenza in regioni periferiche con lunga storia di disoccupazione; risultati scolastici di basso livello, ovvero abbandono scolastico; provenienza da famiglie con genitori impegnati in occupazioni di basso

5

Faggiano M.P., L’analisi del contenuto di oggi e di ieri. Testi e contesti on e offline, Franco Angeli, Milano, 2016, p. 29

6

Bridging the Gap: New Opportunity for 16-18 Year Old not in Education Employment or

Training, UK, SEU, 1999. La Social Exclusion Unit è una struttura attivata nel Regno Unito nel 1997 con l’obiettivo specifico di orientare azioni governative di contrasto e prevenzione dei problemi legati all’esclusione sociale, già diagnosticata come fenomeno risultato dall’operare congiunto di numerosi e vari fattori (disoccupazione, basso livello di competenze, condizioni abitative disagiate, criminalità, condizioni di salute cagionevoli, disagio familiare..), considerati tutti elementi sui quali fosse necessario intervenire non singolarmente, bensì in ragione dei legami tra loro implicati secondo un approccio che potremmo dire di tipo multifattoriale.

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profilo di competenze, non a tempo pieno e non autonomi; provenienza da famiglie estese o monoparentali; genere femminile. Molti di questi fattori risultarono predittivi dell’ingresso nella condizione di Neet.

Studi successivi confermano queste evidenze empiriche, in particolare un'indagine condotta dalla European Foundation for the Improvement of Living and Working

Condition (2012), orientata a capire le conseguenze economiche e sociali del

disimpegno nel lavoro e nella formazione, segnalava che tra i fattori che aumentano le chances di diventare Neet figuravano variabili simili.

Oltre a ciò, lo stesso studio confermava come tale categoria risultasse esposta ad un elevato e crescente rischio di intraprendere traiettorie biografiche di esclusione sociale, marginalità e stimava i danni economici e i relativi costi sociali della permanenza di quote consistenti di popolazione giovanile in questa condizione. La letteratura internazionale sul fenomeno Neet ha impiegato costantemente le categorie concettuali di disgregazione sociale, di marginalizzazione e in maniera particolare di esclusione sociale.

Sono categorie estrapolate dalla letteratura sociologica sulla disoccupazione giovanile e sull’abbandono scolastico, in cui l’esclusione sociale può essere definita come un processo multidimensionale, costituito da una combinazione di problemi interconnessi come disoccupazione, basso reddito, deprivazione delle modalità abitative, problemi di salute e disgregazione sociale, con la rottura dei legami sociali o comunque l’indebolimento della struttura relazionale nella quale è inquadrato a livello micro l’attore sociale.7

Negli studi scientifici dell’Unione Europea, inoltre, è possibile individuare e astrarre degli elementi definitori che delineano lo stato di esclusione sociale dell’attore sociale basato su tre grandi macro-dimensioni: esclusione economica, fondata sullo stato di disoccupazione o inattività che produce privazione nell’accesso alla proprietà e al credito; l’esclusione relazionale, connotata come scissione dei legami sociali; l’esclusione politica, definita come privazione parziale di alcuni diritti civili o politici.8

7

Peace R., “Social Exclusion: a Concept in Need of Definition?”, Social Policy Journal of New Zealand, 16, 2001, p. 27

8

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14

Un’ulteriore analisi della letteratura sul tema, ripresa dal testo di Mariastella Agnoli “Generazioni sospese. Percorsi di ricerca sui giovani Neet”, distingue tra marginalizzazione e disgregazione sociale, entrambe da ricomprendere come sottodimensioni del concetto di esclusione sociale.

La disgregazione sociale rappresenta un concetto che include al suo interno elementi riferibili alla sfera culturale, con la rottura dei legami sociali e l’incapacità o impossibilità di seguire le norme sociali prevalenti, il tutto nel quadro di un processo che porta l’attore alla stigmatizzazione sociale.9

Il concetto di marginalizzazione, invece, include elementi riferibili ai percorsi biografici nei quali si esperisce a più riprese lo stato di disoccupazione o di occupazione a tempo determinato, frequentemente associato a bassi livelli di istruzione e di qualificazione professionale.10

Secondo la proposta di Kieselbach e Stitzel, infine, il concetto di esclusione sociale definisce in maniera più accurata un processo dinamico e multidimensionale, che ingloba i primi due elementi.

Le caratteristiche della disgregazione sociale e della marginalizzazione sono integrate e concatenate all’interno di una sequenza di elementi:

• l’esclusione dal mercato del lavoro, con le difficoltà di accesso, reinserimento ed il fenomeno dello scoraggiamento;

• l’esclusione economica, con la dipendenza economica dell’autore dal

welfare o, in particolar modo nei contesti sud-europei, dalla famiglia di

origine;

• l’esclusione istituzionale, con l’impossibilità di accedere ad istituzioni pubbliche o private che erogano servizi;

• l’esclusione culturale, con l’incapacità o impossibilità di seguire le norme sociali prevalenti, che produce processi di stigmatizzazione sociale di cui è oggetto l’attore sociale;

9

Kieselbach T., Stitzel A., (1999) Social Exclusion and Youth Unemployment:an European

overview, in La Rosa, Kieselbach, Disoccupazione giovanile ed esclusione sociale, Franco Angeli,

Milano, 1999, p.181

10

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15

• l’isolamento sociale, con un indebolimento o la scissione dei legami sociali nell’ambito dei propri ambiti relazionali.11

Si evince che l’esclusione sociale è un processo dinamico, dunque a livello delle traiettorie biografiche degli attori sociali può essere rappresentato come una sequenza di stati o di eventi esperiti nel corso di vita e non necessariamente come una condizione statica.

L’esclusione sociale non è riducibile alla dimensione economica e alla posizione

occupazionale dell’attore sociale, anche se il concetto incorpora questa

dimensione. Il processo di acquisizione di un’identità Neet viene attivato da una condizione di vulnerabilità economica e occupazionale.

L’esito del processo è l’indebolimento o la rottura dei legami sociali. Questo significa che la vulnerabilità occupazionale del soggetto gioca un ruolo fondamentale nella definizione o nell’analisi dell’esclusione sociale, ma non ne esaurisce il significato.12

Attenendoci anche a questi studi si può ben dire che il fenomeno Neet comprende una combinazione eterogenea di giovani che si trovano nelle più diverse condizioni professionali e personali. Le successive indagini hanno dimostrato che i Neet rappresentano infatti una popolazione molto differenziata dove coesistono i disoccupati tradizionali, malati e disabili, giovani che accudiscono altri familiari, casalinghe/i, persone che sono impegnate in attività come l'arte, la musica, l'autoapprendimento o il volontariato, ma anche i lavoratori a nero (fenomeno particolarmente sviluppato nel nostro Paese).

Mariastella Agnoli in: “Generazioni sospese. Percorsi di ricerca sui giovani Neet”13, definisce dei range di variabilità secondo i quali ciascun attributo può essere adottato, al fine di dar conto della molteplicità dei criteri combinatori che possono essere utilizzati per giungere a identificare tipi possibili di Neet e stimarne la numerosità.

11

Ivi, pp. 175-178

12

Mingo I., Marginalità ed esclusione sociale: concetti e indicatori in mutamento, paper presentato al convegno Il punto sulla statistica sociale. I temi, le metodologie, la interdisciplinarietà, Roma, Dipartimento di Scienze Statistiche-Sapienza Università di Roma, 30 ottobre 2012

13

Agnoli M. S., Generazioni sospese. Percorsi di ricerca sui giovani Neet, Franco Angeli, Milano, 2014, p. 15

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Età: rispetto a questo parametro, la determinazione del fenomeno, che

inizialmente concerneva solo minorenni di età compresa tra i 16 e i 18 anni, è stata progressivamente estesa fino a considerare i giovani delle classi 15-24 anni, ovvero 15-29, ovvero 15-34 anni. La graduale, maggiore estensione della fascia di età al quale viene riferito il fenomeno, è il frutto della sempre maggiore lentezza che caratterizza il passaggio dal mondo dell'istruzione al mondo del lavoro.

Condizione nel mercato del lavoro: per quanto riguarda questo parametro,

sussistono diversi criteri classificatori. All'interno della categoria sono infatti considerati sia i soggetti disoccupati che quelli inattivi, i quali per definizione non vengono computati nelle forze di lavoro, risultato della somma di occupati e disoccupati. Siccome il fenomeno Neet per definirsi tiene conto anche del parametro età, si capisce bene come questa inclusione dei giovani inattivi abbia una ricaduta importante su tale fenomeno. Le fonti definitorie della disoccupazione legano questo stato di non presenza nel mercato del lavoro, sia nella fattispecie della disoccupazione in senso stretto (condizione seguita a un precedente stato di occupazione), sia nella condizione di inoccupazione (caratterizzata dalla ricerca di una prima occupazione), alla disponibilità immediata a svolgere un'attività, nonché alla ricerca attiva di un lavoro. Sono pertanto ricompresi nella classificazione tre criteri:

1. lo stato oggettivo sulla propria condizione lavorativa; 2. una modalità di atteggiamento;

3. una modalità di comportamento.

La categoria degli inattivi è il risultato di una condizione oggettiva di disoccupazione o inoccupazione, alla quale si associano le modalità contrarie relativamente alle caratteristiche di atteggiamento e di comportamento, ossia la non disponibilità immediata ad intraprendere un'attività lavorativa, pur avendone la possibilità, e la non ricerca del lavoro.

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Essa verrebbe così a designare quella quota di giovani e giovani-adulti che pur essendo in attività lavorativa non è occupata (perché disoccupata o inoccupata) e non cerca attivamente un lavoro.

E non è tutto. Difatti anche la categoria degli inattivi, presenta al proprio interno la possibilità di ulteriori determinazioni, derivanti dall'applicazione del criterio che abbiamo prima menzionato dell'atteggiamento nei confronti del lavoro. Possiamo così distinguere tra inattivi che non sarebbero comunque disponibili a lavorare nemmeno se glie ne fosse offerta la possibilità e inattivi che invece, pur non cercando un lavoro, sarebbero tuttavia, disponibili a lavorare se gliene fosse offerta la possibilità. Sulla base di questo solo criterio, la categoria dei Neet verrebbe ad articolarsi nella seguente tipologia teorica:

ATTIVI 1 disoccupati/inoccupati che cercano lavoro e sarebbero immediatamente disposti a lavorare

ATTIVI 2 disoccupati/inoccupati che cercano lavoro ma non sarebbero immediatamente disposti a lavorare

INATTIVI 1 disoccupati/inoccupati che non cercano lavoro ma sarebbero disposti a lavorare

INATTIVI 2 disoccupati/inoccupati che non cercano lavoro e non sarebbero disposti a lavorare

In questa elaborazione di strutture concettuali, se volessimo essere sistematici, si dovrebbe aggiungere anche un ulteriore elemento: lo stato di possibilità oggettiva che un individuo ha di assumere un atteggiamento e un conseguente comportamento nei confronti del lavoro.

Si fa riferimento ai casi di popolazione che, per ragioni di salute o perché impegnati in compiti di cura e assistenza familiare, non svolgono un lavoro per oggettivi impedimenti, gli stessi impedimenti per i quali non lo cercano e a causa dei quali comunque non sarebbero disposti ad assumere l’impegno; tale condizione è rinviabile, di fatto, ad un ulteriore criterio di identificazione dei Neet, quello della volontarietà del comportamento, nonché dell'atteggiamento assunto nei confronti del lavoro.

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Volontarietà della scelta di non lavorare: in base a questo requisito si determina

l'esclusione o meno di coloro che si occupano di attività domestiche o di accudimento, i disabili, gli inattivi che dichiarano di non voler lavorare. Si tratta di un criterio che, per come è formulato, è ambiguo. Difatti, ne implica un altro: lo stato di possibilità effettiva di intraprendere e svolgere un'attività lavorativa. Da cui l'articolazione logica delle modalità di questo criterio sarebbe:

a) non vuole lavorare e non potrebbe; b) non vuole lavorare e potrebbe; c) vuole lavorare e potrebbe; d) vuole lavorare e non potrebbe.

A questo proposito è particolarmente significativo il caso del Giappone. In uno studio condotto da Yuji Genda, basato su microdati desunti dall'Employment

Status Survey, vengono esaminate le determinanti del crescente numero di giovani

non occupati in Giappone, verificatosi a partire dagli anni 90.

Lo studioso, prende in considerazione la fascia di età 15-34 anni e segnala l'ampia diffusione nel paese dell'acronimo Neet, inizialmente associato all'immagine veicolata dai media di una popolazione giovanile indolente (lazy), viziata (spoiled), indisciplinata (undisciplined), a fronte di commenti di altri osservatori invece propensi ad enfatizzare le effettive difficoltà di trovare un lavoro riscontrate da parte di questi giovani.

Ciò che va sottolineato dello studio in esame, è che la categoria generale dei giovani senza scuola né lavoro si articola al proprio interno in due sotto-gruppi tra loro distinti, eminentemente, sulla base di criteri di natura psicologica e valoriale, gli Hikikomori e i Freeter.

Vi sono delle diversità culturali tra i due gruppi; i primi sono giovani che volontariamente si isolano dal mondo, si sottraggono a impegni di studio o di lavoro e “rifiutano i rapporti sociali”, e sono quelli considerati più appropriatamente assimilabili alla definizione europea di Neet; i Freeter, invece,

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19

sono i giovani che dopo la conclusione degli studi, anche superiori, rifiutano volontariamente la carriera come professionisti, scelgono di non lavorare a tempo determinato indeterminato e preferiscono lavori occasionali, anche poco qualificati, che però garantiscono più tempo libero14.

Natura dei corsi di istruzione e formazione: in alcuni casi come criterio di

inclusione nella categoria dei Neet, si considera solo l'assenza da percorsi formali di istruzione o formazione professionale, in altri casi invece il criterio è più estensivo e comprende anche i corsi e le attività informali, secondo una distinzione che in linea di fatto rinvia alla possibilità che da tali corsi si possa o non conseguire un titolo, una qualifica, una certificazione, un'attestazione formale. Sulla base di una rielaborazione effettuata dal Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale (Cedepof-European Centre for the Development of Vocational Training), la distinzione può essere articolata nelle seguenti modalità:

a) formal learning = apprendimento/acquisizione di saperi/abilità/competenze intenzionale dal punto di vista del discente, maturato a seguito di una attività concepita, erogata e strutturata per quelle finalità di apprendimento e che dà luogo all'acquisizione di un titolo di studio, di una qualifica professionale;

b) non-formal learning = apprendimento/acquisizione di saperi/abilità/competenze intenzionale dal punto di vista discente, che matura a seguito di un'attività non concepita né erogata per quelle finalità di apprendimento e che non dà luogo all'acquisizione di un titolo di studio, di una qualifica professionale o comunque di una certificazione;

c) informal learning = apprendimento/acquisizione di saperi/abilità/competenze non intenzionale dal punto di vista del discente, maturato a seguito della partecipazione a seminari, conferenze, corsi di auto-apprendimento, non

14

Cfr. Genda Y. “Jobless Youths and the Neet Problem in Japan”, Social Science Japan Journal, 10, 1, 2007, p. 25

(20)

20

concepiti né erogati per quelle finalità di apprendimento e che non danno luogo all'acquisizione di un titolo di studio, di una qualifica professionale o comunque di una certificazione.

Le scelte operate in ambito europeo ed extraeuropeo per quanto concerne la combinazione dei vari elementi sopra citati, identificativi della condizione di Neet, danno conto della diversa attenzione che all'interno di vari paesi viene prestata, da parte dei singoli enti, organismi, istituti di ricerca, alla varietà delle forme che tale condizione sociale può assumere e a diagnosticare quali di queste forme, appunto, siano da considerare “intollerabili”, perché e da quali punti di vista.

Sussistono delle differenze tutt'altro che marginali, ovviamente ciò rende problematico studiare il fenomeno in una prospettiva di analisi comparata. Pertanto nei paesi dell'Unione Europea, si è progressivamente attuato un disegno di armonizzazione dei criteri di identificazione e rilevazione dei Neet.

Ampio è il ventaglio delle varietà di definizioni a cui si può fare riferimento. La definizione utilizzata da Eurostat15 per determinare la popolazione Neet nell'Unione Europea fa riferimento a individui che si trovano contemporaneamente nella condizione di:

a) non essere occupati (nel senso di disoccupati o inattivi, secondo la definizione che di questa categoria viene data dall'International Labour

Organisation - Ilo);

b) non aver ricevuto alcuna istruzione o formazione nelle quattro settimane precedenti la rilevazione effettuata in vista della loro identificazione.

15

Ufficio Statistico dell'Unione Europea, che raccoglie ed elabora dati relativi agli stati membri dell’UE, promuovendo il processo di armonizzazione della metodologia statistica tra gli Stati membri a fini di comparabilità.

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L'Oecd16, a sua volta, assume come fonte per la stima del fenomeno basi di dati Oecd ed Eurostat, rielaborati dall'Oecd Lso (Labour Market and Social Outcomes

of Learning Network) e normalmente riferiti al primo trimestre, ovvero alla media

dei primi tre mesi dell'anno solare di riferimento.

L'istituto esclude dalla popolazione che viene considerata inserita in un percorso di istruzione coloro che sono impegnati in percorsi non formali, nonché in attività formative di breve durata.

Quanto all'occupazione, il criterio adottato è la definizione dell'Ilo che “copre tutti coloro che hanno svolto un lavoro retribuito per almeno un'ora nella settimana di riferimento della survey o che erano temporaneamente assenti dal lavoro”.

Lo stesso organismo segnala che in alcuni paesi sono considerati Neet anche i giovani impegnati nel servizio militare obbligatorio, e che in altri, ad esempio la Corea, la popolazione Neet include giovani non inseriti in percorsi di istruzione formale, ma che pure sono in formazione professionale o che si stanno preparando in vista di una di ingresso all'istruzione terziaria.

Nel suo report più recente (2014) lo stesso Oecd prende in considerazione la fascia d'età 15-29 anni.

E’ comunque evidente, al di là dei criteri adottati, che la stima del fenomeno è sempre riferita, nelle statistiche ufficiali, ai risultati di una rilevazione puntuale, la quale fotografa una situazione in un preciso riferimento temporale, più o meno esteso (la settimana di riferimento della survey per lo stato di occupazione, ovvero le quattro settimane precedenti la rilevazione per quanto concerne l’istruzione/formazione).

E’ altrettanto evidente che si tratta, in ogni caso, di un’istantanea, che non tiene conto delle dinamicità dei corsi di vita e delle traiettorie occupazionali dei soggetti coinvolti e questo è un vuoto che l’analisi qualitativa tende a colmare.

16

Organisation for Economic Co-operation and Development; in italiano Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), in francese Organisation de coopération et de développement économiques (Ocde). È «un'organizzazione internazionale di studi economici per i

paesi membri, paesi sviluppati aventi in comune un sistema di governo democratico ed un’economia di mercato». Vi aderiscono 34 paesi di Europa, Asia, America e Oceania.

(22)

22

Di conseguenza, le varie discipline che si sono occupate dell’analisi dei Neet, sono chiamate a studiare tale condizione come posizione dalla quale si può più o meno frequentemente entrare e uscire, nella quale si può stazionare per periodi più o meno lunghi, nella quale si può, talvolta, permanere anche definitivamente.

(23)

23

1.2 La cornice di riferimento

L’approccio metodologico di riferimento prende il nome di Grounded Theory costruttivista: GTC.

In generale la GT è “Un metodo di analisi comparativa (…) e un insieme di procedure capaci di generare [sistematicamente] una teoria fondata sui dati”.17 Si tratta di un modo di procedere che, fin dall'inizio della raccolta dei dati, mira alla teorizzazione e conseguentemente alla comprensione dei fenomeni sociali. Questo significa che, a differenza delle altre metodologie qualitative, essa non si basa sul processo logico-deduttivo, secondo il quale si devono verificare o falsificare le ipotesi iniziali, ma, piuttosto considera i dati come la fonte della teoria.

La grounded theory viene nominata per la prima volta in letteratura nel 1967, quando due ricercatori, Barney Glaser ed Anselm Strauss, pubblicano le loro riflessioni sulla metodologia che hanno utilizzato nella ricerca sulla consapevolezza del morire negli ospedali statunitensi. I due studiosi pubblicano nel 1967 The Discovery of Grounded Theory, il successo di questa pubblicazione e la sua portata rivoluzionaria stanno nella proposta di una metodologia per le scienze sociali che sia al tempo stesso rigorosa e sappia produrre teoria rilevante, colmando in questo modo gli svantaggi delle precedenti tradizioni di ricerca in sociologia.

Massimiliano Tarozzi nel libro: “Che cos’è la Grounded Theory”18, sintetizza le caratteristiche della Grounded theory. In prima istanza il ricercatore avvia

l’esplorazione di un processo e determina le categorie chiave attraverso cui si

organizza per identificarne stadi e fasi, a questa segue un campionamento teorico, in cui il campione non viene formato a priori, ma nel corso della ricerca stessa seguendo le lacune della teoria emergente, per arrivare a “saturare” le categorie raccogliendo dati presso soggetti e in contesti che presentano proprio quelle caratteristiche sulle quali la teoria emergente è ancora debole19.

17

Glaser B.G., Strauss A.L. (1967). The discovery of Grounded theory: strategies for qualitative

research. Chicago (Illinois): Aldine de Gruyter, p.VIII

18

Tarozzi M., Che cos’è la grounded theory., Carocci Editore, Roma, 2008, p.14

19

(24)

24

Impiegando il metodo della costante comparazione a ogni livello di analisi, tale approccio si avvale di una simultaneità delle fasi di raccolta e analisi dei dati e costruisce una codifica partendo dai dati stessi.

L’operazione fondamentale che conduce alla creazione della teoria non è la descrizione dei dati ma la concettualizzazione degli stessi che prende forma nei vari livelli di analisi dei dati, che nel gergo della GT, trattandosi di dati testuali, si chiama codifica.

Il processo di analisi dei dati non è affatto un percorso lineare, con un punto certo d’inizio e uno di fine; infatti, sebbene possa essere un po’ disorientante per il ricercatore, non è possibile pensare alla fase di raccolta e di analisi dei dati come a due momenti distinti.

Va adottato un procedimento interattivo che prevede lo spostamento continuo dalla raccolta all’analisi dei dati: è tratto caratteristico della GT il fatto che le due pratiche si sviluppino di pari passo20.

Dal punto di vista più strettamente procedurale, sono caratteristici apparati strumentali della Grounded Theory i memo e i diagrammi. I memo sono annotazioni circa il processo di ricerca che rendono conto dei passaggi della concettualizzazione: funzionali alla leggibilità e alla valutazione del processo di ricerca stesso, rappresentano una fase intermedia tra le codifiche e la stesura del rapporto conclusivo. Sebbene non compaiano nel rapporto di ricerca, sono estremamente utili alla costruzione della teoria emergente perché aiutano il ricercatore a stimolare la concettualizzazione, a non perdersi con il procedere dell’analisi, ricordandogli come è giunto all’elaborazione di una determinata categoria e documentando il lavoro di codifica effettuato. I diagrammi sono strumenti abbastanza peculiari della Grounded Theory, tanto che la loro presenza nei rapporti di ricerca consente di individuare a livello visivo molto facilmente le ricerche condotte con questa metodologia. Per la loro capacità espressiva e di sintesi trovano posto nei rapporti di ricerca, perché consentono di rappresentare e riassumere processi complessi difficilmente esprimibili in forma linguistica.

20

Gianturco G., L’intervista qualitativa. Dal discorso al testo scritto, Guerini Scientifica, Milano, 2005, pp. 117-120

(25)

25

Tarozzi spiega inoltre come avviene concretamente l’analisi dei dati, descrivendo tre livelli di analisi:

1. Codifica iniziale: in questa fase occorre restare molto aderenti ai dati ed

esplorare ogni possibilità teorica che proviene da essi21. Al termine di

questa fase saranno emersi alcuni concetti-chiave esplicativi del fenomeno oggetto d’indagine;

2. Codifica focalizzata: durante questa fase si passa ad un più alto livello di

astrazione, nel quale i concetti vengono elaborati in categorie, che vengono definite e collegate tra loro;

3. Codifica teorica: in questa fase si cerca la core category, la categoria

centrale che organizza tutte le altre e dà forma alla teoria emergente. In questa fase le categorie vengono “saturate” tramite il campionamento teorico.22 Con il termine “saturazione” si fa riferimento alla situazione in cui non vengono trovati dati comparativi ulteriori in base ai quali sviluppare proprietà della categoria23.

Al termine di questa fase viene elaborato il modello teorico che spiega il processo indagato.

Nella versione presentata originariamente da Glaser e Strauss, questo metodo di ricerca si fondava su alcuni presupposti: la concezione realista della realtà, per cui i fenomeni possono essere oggettivamente conoscibili e la teoria può essere “scoperta” da un/a ricercatore/rice esterno/a al fenomeno stesso; il fatto che la teoria scoperta corrisponda alla realtà e sia generalizzabile.

Negli anni Novanta questo metodo subisce numerose critiche nel campo delle scienze sociali e questa crisi dà vita a nuovi sviluppi, tanto che Antony Bryant e Kathy Charmaz parlano del metodo della Grounded Theory come di una “famiglia

21

Tarozzi M., Che cos’è la grounded theory., Carocci Editore, Roma, 2008, p.86

22

Ivi, p.85-102

23

Strati A., La scoperta della grounded theory. Strategie per la ricerca qualitativa, Armando Editore, Roma, 2009, p.91

(26)

26

di metodi”24 ed offre linee guida per fare il lavoro sul campo […] e per l’analisi del materiale qualitativo.25

Accanto alla versione data da Strauss e Corbin, uno dei più importanti sviluppi del metodo è la Grounded Theory costruttivista (GTC) di Kathy Charmaz.

24

Bryant A., Charmaz K., The SAGE Handbook of Grounded theory, SAGE Publications, Londra, 2007, p.11

25

Denzin N.K., Grounded theory and the politics of interpretation (2007). In Bryant A., Charmaz K. The SAGE Handbook of Grounded theory, SAGE Publications, Londra, pp. 454-455

(27)

27

1.3 Il metodo: la Grounded Theory costruttivista (GTC)

Kathy Charmaz, fondatrice della prospettiva, definisce la sua posizione affermando:

“Nella Grounded theory classica, Glaser e Strauss parlano di scoprire una teoria che emerge dai dati separatamente dall’osservatore scientifico.

Diversamente da questa posizione, io assumo che né i dati, né le teorie, vengano scoperti. Al contrario, noi siamo parte del mondo che studiamo e dei dati che raccogliamo. Noi costruiamo le nostre Grounded Theory attraverso il nostro coinvolgimento passato e presente e le interazioni con le persone, le prospettive, le pratiche di ricerca. Il mio approccio assume esplicitamente che qualsiasi restituzione teorica offre un ritratto interpretativo della realtà studiata, non un’esatta rappresentazione di essa.26 Pertanto, anche le categorie concettuali derivano dalle nostre interpretazioni dei dati, più che emergere dagli stessi o dalle nostre pratiche metodologiche; l’analisi teorica è un’interpretazione del reale, più che un’oggettiva restituzione dello stesso.27

Secondo questa prospettiva teorica l'attenzione prioritaria viene data al fenomeno più che ai metodi con cui lo si studia; i dati e la loro analisi vengono considerati come costruiti attraverso le esperienze condivise con i partecipanti alla ricerca”.28 La GTC si radica in particolar modo all’interno dell’interazionismo simbolico, di cui Herbert Blumer è considerato il fondatore effettivo. Citando le sue parole: “..il gruppo umano è composto da soggetti che determinano reciprocamente le linee di azione dei partecipanti. Tale dinamica delle azioni è realizzata soprattutto dai partecipanti che si danno indicazioni su ciò che fanno e che, in risposta, interpretano le indicazioni avanzate dagli altri; a partire da quelle interpretazioni le persone formano gli oggetti che costituiscono i loro mondi; le persone sono preparate ad agire verso i loro oggetti in base al significato che questi hanno per loro; gli individui sono di fronte al loro mondo come organismi con dei sé, il che

26

Charmaz K., Constructing Grounded Theory. A practical guide Through qualitative analysis. SAGE Publications, Londra, 2006 p.10

27

Charmaz K.,Grounded theory in the 21st century. Applications for advancing social justice

studies. In Denzin N.K, Lincoln Y.S. The SAGE Handbook of qualitative research, SAGE

Publications,Oaks, 2005, p.5

28

Charmaz K., Constructing Grounded Theory. A practical guide Through qualitative analysis. SAGE Publications, Londra, 2006 pp.130-131

(28)

28

spinge ciascuno a dare indicazioni a se stesso; l’azione umana è costruita dall’attore in base a ciò che nota, interpreta e stabilisce; e l’interconnessione di tale azione, nel suo procedere, costituisce le organizzazioni, le istituzioni e un vasto complesso di relazioni interdipendenti. Per verificare la validità di queste premesse si deve compiere un’analisi diretta della vita reale del gruppo e non di un ambiente creato in laboratorio né di uno schema di concetti operazionalizzanti, né una verifica delle ipotesi, né un’indagine tesa ad accertare se possono essere formulate premesse per determinare un controllo delle procedure di ricerca (…).29 Kathy Charmaz attinge copiosamente a Blumer con riferimento alla necessità di “stare nei processi”, di dedicare attenzione alle azioni e alle interazioni e ne traduce gli orientamenti metodologici in indicazioni puntuali in merito al disegno di ricerca.

Le teorie ed i concetti sociologici devono essere generati dall’esperienza di ricerca nella dimensione empirica e in quella dimensione devono trovare radicamento. 30 C’è un lessico comune, dunque, tra interazionismo simbolico e GTC, 11 sono i lemmi che costituiscono le fondamenta concettuali per presentare e descrivere la seconda come coerente prospettiva teorico-metodologica.31

I simboli e i significati; i diversi modi attraverso cui gli individui assegnano significato alle proprie esperienze e agli eventi formano un aspetto essenziale per lo studio dei mondi sociali degli individui32 e costituiscono il focus essenziale dell’analisi dei dati. L’obiettivo non è soltanto quello di comprendere cosa gli eventi “significano” per i partecipanti all’indagine, ma attraverso quali processi essi ri-costruiscono quei significati.

Assumere il punto di vista dei partecipanti (prospettiva emic); Thomas e Thomas

sottolineano il punto relativo alla costruzione della realtà sociale che ognuno di noi compie mediante la sua interpretazione.33

29

Blumer H., Symbolic Interactionism: Perspective and Method, Englewood Cliffs, NJ, Prentice-Hall, 1969 (Ed. italiana: Interazionismo simbolico, Il Mulino, Bologna, 2008, p.83

30

Cfr. Salvini A., Percorsi di analisi dei dati qualitativi, UTET Università, 2015, p. 28

31

Ivi, pp.29-34

32

Blumer H., Symbolic Interactionism: Perspective and Method, Englewood Cliffs, NJ, Prentice-Hall, 1969 (Ed. italiana: Interazionismo simbolico, Il Mulino, Bologna, 2008)

33

As we engage in role taking we try to determine how others define and experience a given situation. We assess the meaning of their actions, trying to figure out what their plans and intentions are in this situation and what implication their behavior has for our own proposed role performances. We then decide on a course of actions based on our interpretation of their intentions

(29)

29

L’interazionismo simbolico sottolinea l’importanza dell’assunzione del ruolo degli altri al fine di coordinare le proprie azioni con quelle altrui “in una rete reciproca di ruoli”: cioè, si deve osservare se stessi e le nostre azioni dal loro punto di vista. Nel contesto di indagine, il ricercatore è sempre una sorta di outsider rispetto ai mondi sociali degli individui, per cui la ricerca costituisce un processo attraverso il quale il ricercatore si approssima a quei mondi sociali dall’interno assumendo la prospettiva dei loro “abitanti”, apprendendo mediante un esercizio di role taking circa i loro atteggiamenti e comportamenti.

Acquisire una “intima familiarità” e identificare il “social placement” degli individui; ogni partecipante alla ricerca matura una propria comprensione circa il

fenomeno studiato, questo presupposto richiama il ricercatore ad una continua interazione comunicativa con i partecipanti. Da qui l’importanza di acquisire una conoscenza di “di prima mano” circa quelle storie, mediante l’immersione del ricercatore nei mondi sociali dei partecipanti, maturando un’intima familiarità con essi e con i temi dell’indagine. Il ricercatore non è interessato soltanto ai partecipanti alla ricerca in quanto “singoli casi”, ma in quanto essi condividono la circostanza di essere in grado di “dire” qualcosa di importante sul fenomeno studiato. In diversa misura e intensità, essi “condividono” tra loro un qualche aspetto biografico e identitario in base al quale essi partecipano alla ricerca: questi punti di intersezione tra storie ed esperienze di vita costituiscono il social

placement dei partecipanti.34

Il processo di ricerca sarà focalizzato alla ricostruzione di tali “social placement” e a interpretare il punto di vista dei partecipanti sui loro “placement”.

Co-costruzione dei dati; l’analista è interessato a quegli aspetti che esprimono i

processi di conversazione interiore dei partecipanti, ai modi in cui i corsi d’azione si intrecciano con quelli degli altri (joint action), ne sono ostacolati o influenzati, e a come vengono rinegoziati ed eventualmente modificati. Questi aspetti vengono "raccolti” mediante un processo comunicativo, in cui lo stesso

and unfolding behavior. (Sandstrom K.L., Martin D., Fine G.A., Symbols, Selves and Social

Reality. A Symbolic Interactionist Approach to Social Psychology and Sociology, Roxbury

Publishing Company, Los Angeles, 2006, pp.128-129

34

Kleinman S., Stenross B., & McMahon M., Privileging Fieldwork Over Interviews:

(30)

30

ricercatore “mette in gioco” i propri carattere biografici, conoscitivi; egli è dunque impegnato in un processo di dialogo interiore finalizzato a “dare senso” ai dati stessi.

Concetti sensibilizzanti; il ricercatore non ignora che ha conoscenze regresse sui

temi che sta studiando, non assume un “atteggiamento ingenuo” rispetto a quelle conoscenze, “facendo finta” di essere come una tabula rasa. Al contrario, egli considera il proprio patrimonio di conoscenze come un quadro di riferimento significativo per identificare dei concetti guida attraverso i quali egli possa orientarsi nella pratica empirica e nei processi di esplorazione dei mondi sociali dei partecipanti e nel loro social placement.

Ogni percorso di “indagine si compone, a giudizio di Blumer, di due fasi:

1) L’“esplorazione”; in questa prima fase, il ricercatore sviluppa una conoscenza più intima e ravvicinata del fenomeno sociale. E’ qui che si forma le prime idee (elementari e parziali) che fungono da guida nella ricerca. Per entrare in stretto contatto con questo “nuovo mondo”. E’ possibile impiegare vari tipi di tecniche: le “interviste non direttive”, le “storie di vita”, le “autobiografie”, lo “studio dei casi” e l’“osservazione partecipante”. Il risultato finale che ci si prefigge di ottenere, nella fase “esplorativa” è, comunque, una descrizione densa delle caratteristiche del fenomeno osservato.

2) L’“ispezione”. Nel corso della seconda fase della ricerca si procede all’esame, all’ispezione, di ogni elemento analitico dell’“oggetto” individuato, “avvicinandolo in molti modi differenti, guardandolo da angoli diversi, facendo molte domande non omogenee su di esso e tornando alla sua analisi dal punto di vista di tali domande”35 Anche l’ispezione, pur rappresentando un livello di analisi dettagliata, deve rimanere flessibile, creativa e “aperta”, capace cioè di assumere nuove direzioni.36 Il ricercatore enuclea, mediante comparazione, le proprietà comuni ai vari casi concreti inizialmente sussunti sotto una specifica idea elementare.

35

Blumer H., La metodologia dell’interazionismo simbolico. Armando Editore, Roma, 2006, p.105

36

(31)

31

In seconda battuta, il concetto emergente va confrontato con ulteriori casi concreti, fino a che si giunga a una stabilizzazione del concetto stesso. Mediante questo ininterrotto processo di affinamento della portata del concetto – attraverso il metodo dell’induzione analitica – si giunge alla creazione dei “concetti sensibilizzanti”, la cui elasticità garantisce l’apertura prospettica delle ipotesi formulate.

“Esplorazione” ed “ispezione” sono stati sostituiti dai due termini, più tecnicamente caratterizzati, di “raccolta” e “analisi”. I due momenti possono (devono) interagire e retroagire – o meglio: agire circolarmente.

Qui risiede la logica di fondo del disegno di ricerca della GTC, cioè nel carattere iterativo tra i due movimenti. In pratica i “dati” -cioè le interviste- non sono prima tutti raccolti e poi analizzati, ma che vengono raccolti e analizzati iterativamente (in modo circolare), di modo che la riflessione e le interpretazioni dei dati possono essere un riferimento (temporaneo) per orientare successivi incontri e successive esplorazioni.37

Comparazione costante; il ricercatore accede a nuove fonti, incontra persone

diverse, apprende nuovi punti di vista, egli non si limita a rappresentare quei punti di vista, ma a confrontare tra loro quei punti di vista, mettendo in gioco anche il proprio. Ne risulta che la ricerca è un processo dinamico di continuo confronto tra i dati, un costante movimento tra prospettive plurali.

Autoriflessività; il ricercatore al fine di comprendere i mondi sociali degli altri, li

assume, mediante un dialogo interno con cui costruisce gradatamente un modello interpretativo che comprenda le prospettive apprese. Le condizioni in base alle quali il ricercatore considererà conclusa la ricerca sono strettamente collegate alla sua valutazione-confrontata con quella dei partecipanti alla ricerca stessa-circa l’adeguatezza del modello interpretativo.

Salienza; il ricercatore si interroga continuamente sulle parole, sui gesti, sui

significati espressi e costruiti, sulle esperienze dei partecipanti alla ricerca, nel far questo è attento alle diversità, ai casi particolari, alle eccezioni, così come ai modelli ricorrenti e alle similitudini.

37

(32)

32

Alla luce delle proprie conoscenze pregresse e di quelle apprese durante il processo di indagine, egli ricostruisce possibili percorsi interpretativi che gli sembrano significativi, che gli appaiono come salienti circa i temi e le circostanze analizzate.

Codici e Memorie; nel processo di indagine, in virtù dello sviluppo di diverse

linee di salienza, alcune idee e concetti assumono maggior importanza, ma non in base alla loro occorrenza quantitativa, bensì alla rilevanza assegnata dal ricercatore.

Egli opera su ciò che ha considerato saliente mediante l’individuazione di termini-chiave (codici) che racchiudono tale salienza, e che sono strettamente connessi al materiale empirico. Egli rintraccia, così facendo, elementi comuni all’interno della pluralità dei dati, nel contempo valorizzandone la ricchezza, interpretando le proprie interpretazioni e validando questi esiti interpretativi attraverso il confronto con i dati ed eventualmente mediante un nuovo confronto con i partecipanti alla ricerca. Il lavoro sulle proprie interpretazioni si traduce nell’identificazione di ulteriori codici che hanno un contenuto semantico più ampio e più astratto (categorie) e nell’identificazione delle possibili connessioni logiche tra quelle categorie. In questo modo prende forma una teoria che è fondata sui dati, che ne costituisce un modello descrittivo ed esplicativo.

In questo processo il ricercatore diviene egli stesso interlocutore della sua stessa riflessione, di conseguenza egli utilizza strategie diverse per rendere esplicito a se stesso e agli altri questo processo autoriflessivo, di dialogo interiore sulle vicende osservate ed apprese.

Il ricercatore è fonte di dati e di documentazione, il modo attraverso cui gli opera questo processo di documentazione a se stesso si traduce, in concreto, nell’elaborazione di “memorie” scritte (memos) che consentono di ricostruire il percorso di sviluppo della consapevolezza e delle conoscenze del ricercatore circa i temi studiati.

Abduzione; la ricerca sociale (qualitativa) ha come fine la ricostruzione dei modi

(33)

33

Ma poiché la realtà ha un carattere resistente, tale ricostruzione deve essere riconoscibile ai partecipanti stessi alla ricerca, la conoscenza, infatti, come dice Schwandt38, non si basa su fatti oggettivi, ma sul consenso.

L’abduzione è una forma di ragionamento in base alla quale la creazione di nuove ipotesi e nuovi concetti è possibile in virtù della valorizzazione di evidenze sorprendenti, di esperienze empiriche inattese, in cui non esiste separazione tra la dimensione della scoperta e quella della giustificazione ma una continua circolarità.

Ricerca come interazione simbolica; il processo della ricerca sociale qualitativa,

come si è compreso dalla ricognizione effettuata, è una interazione sociale e simbolica.

38

Schwandt T.A., Constructivist, Interpretivist Approaches to Human Inquiry, in Denzin N.K., Lincoln Y.S., Handbook of Qualitative Research, Sage, London, 1994

(34)

34

1.4 L'uso di un software nell'analisi dei dati qualitativi

Nelle indagini orientate secondo la prospettiva grounded theory, la gestione e il trattamento delle interviste, l'elaborazione e sistematizzazione dei codici e delle categorie, la costruzione di percorsi teorici, rischiano di essere processi così talmente complessi da rendere l'analisi “manuale” particolarmente impegnativa, lenta ed esposta ad errori.

Il rischio di “perdere qualcosa” sia in termini materiali, sia, soprattutto, in termini di possibilità analitiche e interpretative, nel caso dell'analisi manuale dei dati, è del tutto evidente e comprensibile.

Il computer rende l'analisi dei dati meno esposta a questi pericoli, riduce i tempi di trattamento, velocizza i processi di retrieving e di comparazione, sistematizza e ordina l'archiviazione dei dati; tuttavia, in realtà il software non sostituisce il ricercatore, ma costituisce un supporto a lui rilevante.

Quindi non è corretto usare l'espressione “software per l'analisi dei dati qualitativi”, proprio in virtù di quanto appena detto; in letteratura, questi pacchetti informatici sono conosciuti come CAQDAS, Computer Assisted/Aided Qualitative Data

Analysis Software, cioè software per l'analisi dei dati qualitativi assistita dal

computer.

Le funzioni essenziali che un buon software di supporto all'analisi dei dati qualitativi dovrebbe svolgere sono essenzialmente cinque:

1) Storing: archiviazione della base dati (essenzialmente testi: interviste,

memo, annotazioni);

2) Coding: assegnazione di etichette e “tag” a segmenti di testo;

3) Retrieving: ricerca di segmenti di testo (sulla base di criteri definiti dal

ricercatore);

4) Combining: rendere possibile la combinazione di codici (categorie);

5) Connecting and visualizing: costruire e visualizzare le connessioni tra codici e categorie sottoforma di diagrammi.

Ogni software gestisce queste funzioni (e il linguaggio che le descrive) in modo diverso, anche se, in linea generale, il modo in cui i principali software sono architettati e progettati tende gradatamente a convergere.

(35)

35

Per ciò che concerne la scelta del software, bisogna ricordare come viene spesso sottolineato, che non esiste un software migliore di altri ma esiste quello che meglio si adatta alle esigenze dello studioso.39

Le ragioni per le quali si tende ad utilizzare frequentemente il software RQDA sono sostanzialmente 3:

1) RQDA è un applicativo semplice, la semplicità richiama l'essenzialità del software, che a sua volta implica la rapidità dell'apprendimento;

2) RQDA è un applicativo multipiattaforma, ossia manifesta il suo carattere di

utilizzabilità diffusa;

3) RQDA è un applicativo free, il quale rafforza il carattere di diffusività, sopra citato, inserendolo in una dimensione più generale, di carattere etico-sociale, che ha a che fare con la condivisione della conoscenza, del “come si fa” e la compartecipazione alla sua costruzione.

La combinazione di questi tre fattori lo rende indicato sia ai fini dello svolgimento dell'analisi dei dati, sia a fini didattici.

RQDA è sviluppato da Huang Ronggui, docente di sociologia presso la Fudan University di Shangai. Il programma è utilizzabile unicamente per l'analisi dei dati testuali, mentre non consente almeno per il momento, l'importazione e l'analisi delle fonti multimediali.40 Perché l’importazione in RQDA dei documenti abbia successo, è necessario salvarli in formato testo, cioè “txt”.

Il software è un ausilio per la fase di archiviazione, sistematizzazione, gestione dei dati qualitativi (testuali), e soprattutto per la loro analisi mediante operazioni rilevanti:

• Sul piano teorico-interpretativo: codifica, categorizzazione, interconnessione di codici e categorie – quelle che alcuni studiosi chiamano “data reduction” (o “condensation”) e“data display”;

39

Cfr. Salvini A., Percorsi di analisi dei dati qualitativi, UTET Università, 2015, pp. 44-49

40

(36)

36

• Sul piano metodologico-operativo: costante comparazione con la base empirica, mediante il “ritorno sui dati”, retrieving, cioè la ricerca dei codici o di altre parole chiave all’interno dei testi di intervista, circostanza che consente la loro rilettura alla luce dell’avanzamento della ricerca e dell’acquisizione di nuove informazioni e di nuove consapevolezze.

(37)

37

2. Il fenomeno Neet nel contesto dell'isola d'Elba: la mia

ricerca

2.1 La situazione elbana

La bassa partecipazione giovanile al lavoro, accentuata dalla crisi, costituisce uno dei temi di maggiore attualità su cui negli ultimi tempi si è incentrato il dibattito politico e mediatico. In Italia, come altrove, l’attenzione si è focalizzata sul fenomeno dei NEET, che ormai rappresentano un indicatore dello stato di salute del mercato del lavoro e sono divenuti sinonimo di disagio giovanile.41

Abbiamo analizzato precedentemente le caratteristiche Neet effettuando una vera e propria panoramica attraverso cui è stato possibile delinearne il profilo.

Ciò ha permesso di capire anche come tale condizione non sia qualcosa di permanente o statico, ma rappresenti un passaggio, uno stadio della vita di un giovane che può essere tanto breve, quanto a medio/ lungo termine.

Uno sguardo attento al fenomeno evidenzia, infatti, che i giovani che non lavorano e non studiano rappresentano un aggregato tutt’altro che omogeneo, che racchiude al suo interno un’ampia varietà di sottogruppi, diversi fra loro non solo per quanto attiene al profilo socio-anagrafico, ma anche per quanto riguarda la loro condizione: i NEET sono disoccupati, giovani con responsabilità di cura, disabili, giovani impegnati a viaggiare, giovani occupati in attività artistiche, giovani momentaneamente in stand-by.

Indagarne la composizione interna, soffermare l’attenzione sul loro profilo, sulla loro condizione e sui loro percorsi, dunque, rappresenta uno step necessario per acquisire informazioni utili.

La seconda parte del lavoro intende esplorare il fenomeno stesso direttamente sul campo attraverso una ricerca qualitativa svolta in un contesto definito e con un campione di giovani casuale.

41

IRPET, I giovani che non lavorano e non studiano. I numeri, i percorsi, le ragioni, Firenze, 2012, p.29

(38)

38

Il particolare territorio di indagine - l’Isola d’Elba - è stato selezionato sulla base delle origini native della ricercatrice e in considerazione delle particolari condizioni logistiche del luogo, per le quali è riscontrabile una difficoltà oggettiva nel reperire un’occupazione al di fuori di tale contesto.

In altre parole, per chi si trova impegnato nella ricerca di un impiego, i vincoli spaziali legati alla particolare ubicazione geografica dell’isola, possono rappresentare una limitazione di natura strutturale, da tenere in considerazione.

In questo senso, ad esempio, la ricerca di occupazione è sottoposta ad una valutazione dei costi e benefici da parte del singolo, il quale dovrà tener conto di particolari limitazioni – temporali ed economiche – dovute all’organizzazione delle reti infrastrutturali che collegano il territorio dell’isola al continente (come dicono gli isolani).

L'isola d'Elba dista circa 10 chilometri dalla terraferma, nel punto più vicino.

Se consideriamo il tragitto della nave dal porto di Piombino Marittima a quello di Portoferraio, dove arrivano la maggior risulterebbe parte dei traghetti che attraversano il canale, la distanza è di circa 22 km, quindi complicato quotidianamente raggiungere un luogo di lavoro collocato al di fuori di questo contesto.

Tali difficoltà riguardano anche la sfera economica dato che il viaggio avrebbe un costo troppo elevato, quindi l’unica soluzione plausibile sarebbe il trasferimento. Anche in questa circostanza, tuttavia, dovrebbero essere presi in considerazione i costi di vitto e alloggio in un'altra città.

L’obiettivo è quello di comprendere ed illustrare le particolari declinazioni del fenomeno Neet all’interno di contesti con un certo grado di isolamento territoriale, al fine di scorgerne caratteristiche e tratti peculiari.

(39)

39

2.2 Il percorso metodologico

Per esplorare il fenomeno, intendo fin da subito precisare che il lavoro di ricerca si è basato su quel tipo di metodologia qualitativa che prende il nome di Grounded

Theory costruttivista (GTC), già descritta nel capitolo precedente.

L’obiettivo è stato quello di “portare alla luce le persone che si celano dietro l’immagine astratta dei soggetti”.42

Le persone, infatti, sono tutte differenti e non omologabili; non sono neppure uguali a sé stesse se prese in due momenti diversi: esse si definiscono a partire dall’esperienza e dalla dimensione processuale del vissuto: “sono esseri intenzionali che si creano e scoprono il significato delle loro azioni”.43

Il riferimento all’esperienza è, dunque, fondamentale in un percorso di ricerca

che, mettendo in rapporto le diverse soggettività (dell’intervistato e dell’intervistatore), dà vita ad una relazione significativa affinché il vissuto esperienziale possa essere esplicitato e raccontato.44

Un approccio di ricerca di tipo qualitativo è particolarmente indicato per studiare esperienze umane e processi sociali avendo come finalità principali sia la comprensione della complessità che caratterizza la trama dei fenomeni umani e sociali, sia una marcata attenzione al ruolo del contesto, al fine di produrre una conoscenza situata nello spazio e nel tempo.45

Studiare il fenomeno Neet utilizzando come riferimento la GTC stimola a far emergere dal campo teorie sociali che spieghino i comportamenti, le relazioni e le dinamiche che caratterizzano questo ambito lasciando che sia il setting studiato a far emergere le peculiarità di esso.

Il ricercatore entra nel campo di indagine con la mente più aperta possibile, cercando di porre attenzione su ciò che vede e sente in quel determinato setting.

42

Rampazzi M., La dimensione relazionale e la costruzione del dato, in “Rassegna Italiana di Sociologia”, n. 3, Bologna, 2001, p. 442

43

Terragni L., La ricerca di genere, in Melucci A., Verso una sociologia riflessiva. Ricerca qualitativa e cultura, Il Mulino, Bologna, 1998, p. 135

44

Fabbri, L., Comunità di pratiche e apprendimento. Per una formazione situata, Carocci Editore, Roma, 2007

45

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Lo scopo è stato quello di entrare in un contesto, di cercare di costruire uno sguardo dall'interno; essendo una raccolta dati volta all'emersione di una teoria, ponendo estrema attenzione a non attribuire il proprio pensiero alle parole dei soggetti, ma a costruire i dati con loro, o meglio cercare di farsi aprire un accesso al contesto da parte dei partecipanti.46

Ricavare categorie esplicative dai dati raccolti, significa estrapolare la teoria da elaborazioni concettuali e discorsive riguardanti la natura, la qualità e le dimensioni delle relazioni fra le categorie, ponendo l'attenzione alla co-costruzione dei dati tra partecipanti e ricercatore.47

La GTC è un metodo di ricerca che se da una parte assume tutta l'apertura possibile del pensiero metodologico qualitativo, dall'altra pone procedure analitiche rigorose (ma non rigide) per studiare i processi sociali.

Ciò offre la possibilità di svolgere una ricerca che sia difendibile da un punto di vista scientifico ed empirico, ma che comunque lasci lo spazio ai fenomeni di emergere attraverso i vissuti, i pensieri, le motivazioni dei soggetti coinvolti.

Un’ ulteriore motivazione di questa scelta è dovuta ad alcune peculiari caratteristiche dello stesso, tra le quali ad esempio la prospettiva Emic, già descritta in precedenza, particolarmente indicata per una comprensione ampia delle cornici di senso della comunità in oggetto e del modo in cui i partecipanti all’indagine attribuiscono significati ad azioni e attività.48

Una caratteristica, anzi, particolarmente appropriata in relazione alle origini territoriali di chi scrive.

La mia ricerca è iniziata con la scelta di alcuni concetti sensibilizzanti, il cui uso è stato proposto dall’interazionista simbolico Herbert Blumer, che potessero costituire un riferimento teorico nel procedere complessivo, avendo lo scopo di guidare lo studioso nell’intraprendere un’indagine.

46

Charmaz K., Constructing Grounded Theory. A practical guide Through qualitative analysis. SAGE Publications, Londra, 2006

47

Guba E.G., & Lincoln, Y.S., Paradigmatic Controversies, Contradictions, and Emerging Confluences, 2005 In N.K. Denzin & YS..Lincoln, Handbook of qualitative research.

Thousand Oaks, pp.191-215

48

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