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Monitoraggio del sistema immunitario, dell'attività endotossinica e della coagulazione nel paziente in shock settico: studio prospettico ossevazionale

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Academic year: 2021

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Corso di laurea in Medicina e Chirurgia

“Monitoraggio del sistema immunitario,

dell’attività endotossinica e della coagulazione nel

paziente in shock settico:

studio prospettico osservazionale”

Relatore:

Chiar.mo Prof. Francesco Forfori

Candidata:

Margherita Malacarne

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INDICE

INTRODUZIONE ... 3

SEPSI E SHOCK SETTICO: L’EVOLUZIONE DELLA DEFINIZIONE ... 3

EPIDEMIOLOGIA ... 13

AGENTI EZIOLOGICI E ATTIVITA’ ENDOTOSSINICA ... 18

Agenti eziologici ... 18

Attività endotossinica ... 19

DISFUNZIONE D’ORGANO IN CORSO DI SEPSI ... 23

Meccanismi dello sviluppo del danno d’organo ... 23

La clinica e la valutazione del danno d’organo ... 27

Disfunzione dell’emostasi e Tromboelastogramma ... 31

FISIOPATOLOGIA E SISTEMA IMMUNITARIO ... 40

UNA VISIONE D’INSIEME ... 40

IPERINFIAMMAZIONE ... 41

ATTIVITA’ ANTI-INFIAMMATORIA ... 42

IMMUNITA’ INNATA ... 44

IMMUNITA’ ADATTATIVA ... 54

COMPONENTE UMORALE (Ig) ... 60

CENNI SULLE TERAPIE IMMUNOMODULANTI NELLA SEPSI ... 63

STUDIO CLINICO ... 66

MATERIALI E METODI ... 67

RISULTATI E DISCUSSIONI ... 83

CONCLUSIONI ... 111

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INTRODUZIONE

SEPSI E SHOCK SETTICO: L’EVOLUZIONE DELLA

DEFINIZIONE

La definizione di una malattia ha tre obiettivi:

a) clinico: deve cioè rendere possibile la formulazione della diagnosi e della terapia e rendere possibile la comunicazione tra colleghi;

b) di ricerca: deve cioè rendere possibile l’effettuazione di studi clinici ed epidemiologici su quella malattia;

c) didattico: deve cioè rendere possibile la comprensione e il riconoscimento di quella malattia, con particolare attenzione all’insegnamento.

Si tratta quindi di una descrizione della malattia stessa: quindi “una definizione di sepsi deve descrivere ciò che la sepsi è”159

.

Da questa consapevolezza si comprende come negli anni la definizione di sepsi sia stata oggetto di dibattito e controversie ed abbia subito continue modifiche: ciò è dovuto proprio alla sua complessità clinica ed alla mancanza di una comprensione globale di quella che è la sua fisiopatologia e patobiologia (intesa come il complesso di alterazioni sepsi-indotte nella biologia cellulare, nelle vie metaboliche, nel sistema immunitario, nella circolazione, nella funzionalità e nella morfologia d’organo).

Fu Ippocrate che per primo, nel 460-370 aC, parlò della sepsi [dal gr. σῆψις «putrefazione», der. di σήπω «marcire, putrefarsi») come del processo responsabile della putrefazione della carne e della suppurazione delle ferite170.

Per Galeno (129-199 aC) la suppurazione era un evento necessario e positivo per la guarigione.

La prima teoria razionale sulla natura delle infezioni fu elaborata nel 1546 da Fracastoro, medico veronese, che nel suo “De Contagione et Contageosis Morbis” descrisse l’infezione come dovuta al passaggio di corpi minuti da una persona all’altra per contatto diretto, indiretto -mediante articoli infetti- o a distanza170 .

Fu solo nel 1800 con i lavori di Semmelweis e di Pasteur che si arrivò alla teoria dei germi.

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Semmelweis, ginecologo ungherese, in un momento in cui la morte di parto da febbre puerperale era una complicanza comune, notò che gli studenti di medicina esaminavano le donne gravide dopo le lezioni di patologia in assenza di misure igieniche,come il lavaggio delle mani o l’uso dei guanti. Dedusse che la febbre da parto potesse essere causata da “materiale animale decomposto entrato nel circolo sanguigno”.

Il chimico francese L.Pasteur parlò di “avvelenamento del sangue”: la sepsi venne intesa come un’infezione sistemica, dovuta alla moltiplicazione di microrganismi patogeni nel sangue.

Per quanto abbia apportato un grande contributo alla comprensione della sepsi, aprendo gli occhi sul processo infettivo come primum movens, questa teoria venne parzialmente confutata dall’osservazione che molti pazienti con sepsi morivano nonostante l’eradicazione dell’infezione e a pari gravità di infezione alcuni pazienti morivano mentre altri sopravvivevano.

Da qui nasce l’idea che il protagonista della patogenesi della sepsi è il paziente tanto quanto il germe6.

Su questa idea si arriva al 1992 quando la ACCP-SCCM Consensus Conference formula per la prima volta una definizione di sepsi finalizzata a facilitare il suo precoce riconoscimento al letto del malato e il suo precoce trattamento, a standardizzare i protocolli di ricerca rendendo possibile il confronto tra popolazioni omogenee di malati e l’esecuzione corretta di studi clinici. la sepsi viene definita come una risposta infiammatoria sistemica (SIRS) nei confronti di un’infezione (intesa quest’ultima come un fenomeno microbico caratterizzato da una risposta di natura infiammatoria alla presenza di microrganismi o all’invasione microbica di tessuti normalmente sterili)15

. (Tab. 1)

Tabella 1: Definizione ACCP-SCCM 1992

Batteremia Presenza di batteri nel sangue, evidenziata da positività delle emocolture

SIRS Risposta infiammatoria sistemica ad una varietà di insulti clinici gravi che si manifesta con due o più delle seguenti condizioni:

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-Temperatura corporea >38°C oppure <36°C -Frequenza cardiaca >90 bpm

-Frequenza respiratoria >20 atti respiratori al minuto o PaCO2 <32mmHg

-Leucociti >12.000/µl, <4.000/µl oppure >10% di granulociti a “banda”

Sepsi SIRS con comprovata o sospetta infezione

Sepsi grave Sepsi associata ad uno o più segni di disfunzione d’organo, ipoperfusione o ipotensione. Le anomalie di perfusione possono includere, ma non sono limitate a acidosi lattica, oliguria o alterazione acuta dello stato di coscienza

Shock settico Sepsi associata ad ipotensione nonostante un’adeguata ricostituzione del volume fluido circolante e ad anomalie di perfusione

Oltre alla difinizione di sepsi, la C.C. propone criteri di gravità della sepsi basati sulla disfunzione d’organo (direttamente o non direttamente colpito dal processo infettivo in atto) e sull’ipotensione, stressando il concetto del “continuum” fisiopatologico e clinico che porta dalla semplice infezione allo shock settico, concetto poi dimostrato negli anni successivi 147.

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Questo approccio viene fortemente criticato da alcuni studiosi, che ritengono la S.I.R.S., concetto chiave nella definizione di sepsi, gravata da 3 problemi 179:

- eccessiva sensibilità: i criteri SIRS sono così sensibili che vi rientrano fino al 90% dei

pazienti ricoverati in un reparto di terapia intensiva (ICU). La SIRS può essere causata da molti processi clinici non infettivi, come gravi traumi, ustioni, pancreatiti, e può manifestarsi nella sindromi da riperfusione.

- inutilità nel fornire nuove conoscenze della fisiopatologia: un certo grado di risposta dell'ospite è in realtà inerente l'infezione dal momento che differenzia l’infezione dalla mera colonizzazione. Qualsiasi infezione, anche un minore malattia-virale, è tipicamente associata a uno o più segni di SIRS. Questa risposta host ha aspetti positivi, e una reazione ridotta o assente potrebbe suggerire che l'individuo sia immunocompromesso.

- inutilità nella pratica clinica: si tratta di criteri aspecifici. L'infiammazione sterile (presente, per esempio, nel trauma grave, nelle ustioni, e nella pancreatite) e le infezione possono entrambe provocare segni clinici simili di infiammazione sistemica acuta. Molti di questi fattori di stress possono essere contemporaneamente presenti nei pazienti.

Oltre a queste critiche, la S.I.R.S. venne anche ritenuta inutile dal momento che tutti i trial clinici finalizzati a trovare terapie utili nel trattamento della sepsi risultavano negativi, mettendo in dubbio la capacità dei criteri diagnostici di sepsi, sepsi grave e shock settico di categorizzare in modo omogeneo i malati arruolati.

Nel 2001 una seconda Consensus Conference riconoscendo il fatto che i segni di S.I.R.S. fossero troppo sensibili e aspecifici 100, anche alla luce delle nuove conoscenze

fisiopatologiche accumulate dopo il 1992, conserva le categorie di sepsi, sepsi grave e shock settico ma ne amplia i criteri.

La sepsi venne definita come la presenza di infezione documentata o sospettata più almeno una delle alterazioni (tra segni e sintomi generali e segni di infiammazione) riportate in Tabella 2 100.

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Sepsi Infezione documentata o sospetta

+ alcuni dei seguenti parametri Segni e sintomi generali:

-Febbre (temperatura corporea >38,3°C) -Ipotermia (temperatura corporea <36°C) -Frequenza cardiaca >90 bpm

-Tachipnea

- Stato mentale alterato

-Edema significativo o bilancio dei fluidi positivo (>20 ml/kg per più di 24h)

-Iperglicemia (glucosio plasmatico >120 mg/dl o >7,7 mM/l) in assenza di diabete

Segni di infiammazione:

-Leucocitosi (conta leucocitaria >12.000/µl) -Leucopenia (conta leucocitaria <4.000/µl)

-Conta leucocitaria normale con >10% di forme immature -Proteina C-Reattiva >2 DS sopra il valore normale -Procalcitonina >2 DS sopra il valore normale Sepsi severa Variabili emodinamiche:

-Ipotensione arteriosa (PAS <90 mmHg, MAP <70 mmHg o riduzione della PAS >40 mmHg )

-SvO2 >70%

- Indice cardiaco >3,5 l/min/m3

Segni di disfunzione d’organo:

-Ipossiemia arteriosa (PaO2 / FiO2 <300)

-Oliguria acuta (output urinario <0,5 ml/kg/h o 45mmol/l per almeno due ore)

-Aumento della creatinina >0,5 mg/dl

-Anomalie della coagulazione (INR >1,5 o aPTT >60 s) -Ileo paralitico (assenza di borborigmi)

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-Iperbilirubinemia (bilirubina plasmatica totale >4mg/dl o 70mmol/l

Segni di alterata perfusione tissutale: -Iperlattacidemia (>1 mmol/l)

-Tempo di riempimento capillare ridotto o presenza di marezzatura cutanea

Lo shock settico viene definito come ipotensione refrattaria ad adeguato riempimento volemico o necessità di somministrazione di vasopressori per il mantenimento della pressione arteriosa media (MAP) superiore a 65 mmHg.

Infine questa seconda C.C. propone il concetto di P.I.R.O. 100 (Predisposizione, Infezione, Risposta, Organ failure) per poter meglio stadiare e categorizzare la malattia settica, sulla falsariga del modello T.N.M. per le neoplasie. Questo concetto è però successivamanete rimasto inutilizzato, sia nella pratica clinica, sia nell’ambito della ricerca.

Nel corso dei successivi 15 anni, è proseguito il dibattito sull’utilità dei criteri di S.I.R.S. nella diagnosi differenziale tra infezione e sepsi: i fautori dell’utilità della S.I.R.S. hanno sostenuto che, pur in assenza di nuove terapie efficaci, la riduzione di mortalità che si è vista nella malattia settica 41 è stata proprio legata alla precocità della diagnosi e del trattamento avvenuti grazie alla S.I.R.S.; questa osservazione non è stata però ritenuta sufficiente dagli studiosi che hanno redatto nel 2016 le nuove definizioni di sepsi partendo dal presupposto che la S.I.R.S. è non solo aspecifica ma anche non abbastanza sensibile 89, che non differenzia la risposta infiammatoria regolata e benefica per l’organismo da quella dis-regolata e dannosa179

.

Il concetto fondamentale della nuova definizione 159 (Fig. 2; Tabella 3) è che la sepsi sia il risultato della risposta infiammatoria dis-regolata da parte dell’organismo ospite all’infezione, che si manifesta clinicamente con una disfunzione d’organo (definibile con un incremento nel punteggio valutato mediante i criteri dello score S.O.F.A. Fig. 3; Tabella 4); che mette in pericolo la vita del malato.

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Se questa risposta dis-regolata risulta di estrema gravità può determinare anormalità circolatorie, metaboliche e cellulari tali da definire uno stato di shock settico, caratterizzato da ipotensione non responsiva al trattamento fluidico e richiedente l’uso di vasopressori associata a aumento del lattato ematico, espressione dell’alterato metabolismo cellulare (Figura 4).

Figura 2: Definizione Sepsis-3

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La sepsi è una disfunzione d’organo, minacciosa per la vita, causata da una disregolata risposta dell’ospite a un infezione. Il danno d’organo è definito come un incremento di almeno 2 punti del SOFA score.

Figura 4: Definizione shock settico Sepsis-3

Quando profonde alterazioni circolatorie, metaboliche e cellulari determinano l’aumento dei lattati (>2 mmol/l) e la necessità di somministrare vasopressori per mantenere la MAP>=65mmHg, si configura il quadro di shock settico. (Fig. 4)

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Tabella 3: Definizione Sepsis-3

0 1 2 3 4 Pa02/FiO2 >400 300-400 200-300 100-200 <100 Piastrine (mm3) >150.000 150.000-100.000 100.000-50.000 50.000-20.000 <20.000 Bilirubina (mg/dL) <1,2 1,2-1,9 2-5,9 6-11,9 >12 PAM (mmHg) o Terapia cardiovascolare >70 <70 D o Db <5 D o Db >5 NA< 0,1 D o Db>15 NA> 0,1 GCS 15 13-14 10-12 9-6 <6 Creatinina(mg/dL) Diuresi (mL/die) <1,2 1,2-1,9 2-3,4 3,5-4,9 <500 >5 <200

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Gli estensori di questa nuova definizione, che abbandona la S.I.R.S. come criterio di sepsi e la sostituisce con la disfunzione d’organo definita dai criteri S.O.F.A., ritengono che essa potrà essere maggiormente utile rispetto alle precedenti perché più sensibile, più specifica e più adatta a categorizzare in modo omogeneo i malati arruolabili nei trial clinici. Solo il futuro potrà dare una risposta a queste ipotesi.

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EPIDEMIOLOGIA

La sepsi è un problema di dimensioni significative che grava pesantemente oltre che sul paziente (sia in termini di sopravvivenza che di riduzione della qualità di vita) anche sul sistema sanitario in termini di personale dedicato e di costi 6, 42

(Gli accessi e i ricoveri per malattie infettive al Dipartimento Emergenza-Urgenza (DEU) di 3 Aziende sanitarie toscane www.ars.toscana.it ) che di morte anche nelle società occidentali.

Questo fenomeno nelle sue proporzioni e nella sua gravità non è stato però ancora percepito né dai governi né dalle popolazioni, tanto che si è sentita da parte dei clinici la necessità di istituire una “World Sepsis Day” che da qualche anno si celebra il 13 settembre con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema “sepsi” (www.world-sepsi-day.org)

Stimare l’incidenza della sepsi non è semplice, il dato dipende dallo strumento utilizzato:

molti lavori fanno riferimento a data-base/flussi amministrativi (ad es. la “S.D.O. Schede di Dimissione ospedaliera” compilata dal medico di reparto ospedaliero che dimette il malato) che hanno il difetto di non prevedere l’obbligatorietà dell’inserimento di tutte le diagnosi del malato, altri lavori fanno riferimento all’incrocio di dati microbiologici e dati di consumo di antibiotici che non riportano diagnosi cliniche, altri infine si basano su data-base clinici di reparto o su raccolte dati fatte ad hoc (ex PROSAFE per le UTI) che però non sono adottati da tutti i reparti e non sono dati generalizzabili.

Recentemente, Adhikari et al. stima che fino a 19 milioni di casi di sepsi si verificano in tutto il mondo ogni anno, ma la reale incidenza è probabile molto superiore 1, 41, 50, 54, 88, 114, 178

.

Inoltre l’effetto di un possibile codice di rimborso favorevole 54, 148

, previsto in alcuni paesi, può indurre alla codifica anche in situazioni borderline.

In Italia, le Terapie Intensive aderenti alla rete “G.I.V.I.T.I. (Gruppo Italiano Interventi in Terapia Intensiva) riporta per l’anno 2015 in 144 T.I. (circa ¼ del totale delle T.I. nazionali) una incidenza di pazienti infetti all’ammissione in T.I. del 19,9% (9734/49141), e una incidenza di pazienti che sviluppano infezione durante la degenza in T.I. del 7,8%; l’incidenza di shock settico tra i malati con infezione all’ammissione è

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del 37,5%, con una mortalità alla dimissione dall’ospedale del 53%, mentre l’incidenza di shock settico tra i malati che sviluppano infezione durante la degenza in T.I. è del 28,65%, con una mortalità ospedaliera del 54,8%. Questi dati stanno a significare l’impatto rilevante della sepsi nelle nostre T.I., sia in termini di causa di ammissione che di causa di decesso.(www.giviti.marionegri.it)

Le conseguenze della sepsi sullo stato di salute dei malati sono importanti, sia in termini di mortalità che di esiti a distanza: la recente C.C. “Sepsis-3” ha stimato che la mortalità per sepsi sia del 10% e quella per shock settico sia del 40%, stime non dissimili da altri studi epidemiologici 6, 42, 50, 99. Purtroppo è sempre molto difficile affermare con certezza quando la morte di un malato sia direttamente attribuibile alla sepsi (“mortalità attribuibile”, il malato è morto “a causa dell’infezione”) e quando invece la sepsi è semplicemente l’evento finale in un malato che era comunque inevitabilmente avviato al decesso (“mortalità cruda”, il malato è morto “con l’infezione”).

Peraltro, la mortalità per sepsi, pur rimanendo elevata, ha mostrato una significativa (10% in due decadi) riduzione, verosimilmente per la l’implementazione di Linee Guida Internazionali 41 per la cura dei pazienti settici 41, 99, 123.

Figura 5: Distribuzione della mortalità nella sepsi

La "mortalità precoce" (vale a dire la mortalità dei primi tre giorni) si rende responsabile di <30% della mortalità totale 127, 142

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La capacità di curare i pazienti durante le prime ore di shock è migliorata (grazie a una diagnosi precoce e una terapia di supporto iniziale aggressiva), molti pazienti sopravvivono ora a questo momento critico, ma muoiono in seguito in uno stato di immunoparalisi 142.

Questa seconda fase di shock settico si ipotizza essere responsabile del > 70% della mortalità totale 175.

Il sicuro incremento dei fattori di rischio nei prossimi anni, soprattutto una maggiore longevità e una migliore cura di patologie concomitanti come il cancro e il diabete 6, 42 ha portato Deutschman e Tracey a definire la sepsi come "il disturbo medico per eccellenza del 21 ° secolo" 42.

L’incidenza della sindrome settica è notevolmente aumentata di un tasso annuo del 8-13% negli ultimi dieci anni e questa sindrome ora fa più morti di cancro di intestino e

mammella in combinazione (Global Alliance & sepsi mondo

Sepsi dati, www.world-sepsis-day.org).

Anche in termini di costi la sepsi ha un notevole impatto: negli Stati Uniti ha rappresentato il 5,2% dei costi ospedalieri nel 2011 (20 miliardi $) 172.

In questo senso le recenti esperienze di “ follow-up” messe in atto da alcune T.I. saranno sicuramente utile per verificare gli esiti a distanza.

Fattori di rischio

I fattori di rischio per lo sviluppo di sepsi possono essere divisi in due grandi categorie 1) Fattori di rischio collegati al soggetto

Tra questi ritroviamo l’età (la popolzione anziana è infatti caratterizzata da pesanti comorbilità, fragilità fisiologica e immunosenescenza)con oltre la metà dei casi di sepsi registrati dopo i 65 anni 115, il sesso maschile, l’etnia afroamericana, la presenza di malattie croniche (BPCO, cancro, diabete mellito, malattie croniche renali ed epatiche), le terapie immunosoppressive, la malnutrizione, la presenza di protesi, la residenza in strutture per lungo-degenti 118, mentre vi è una correlazione inversa con lo stato socio-economico 122.

All’interno della popolazione possono essere individuate categorie di rischio speciali che meritano un’analisi più approfondita:

- Pazienti con cancro: il cancro rappresenta una delle principali comorbidità del paziente settico, determinando un aumento del rischio di sepsi di circa 10 volte e di

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mortalità del 55%, con differenze tra i vari tipi di tumore visto che i tumori ematologici correlano ad un rischio di sepsi aumentato di circa 8,7 volte rispetto a quelli solidi, mentre la mortalità è simile nei due gruppi. Parallelamente la sepsi rappresenta il 30% delle cause di morte nei pazienti neoplastici. Dati incoraggianti tuttavia mostrano una tendenza alla diminuzione della mortalità, che si è quasi dimezzata dal 1979 al 2001 (passando dal 44,7% al 23,8%), grazie a regimi chemioterapici più sicuri ed al miglioramento del trattamento dei pazienti settici 186.

- Pazienti obesi: per quanto non ancora del tutto comprese esistono evidenze che correlano l’obesità con una maggiore suscettibilità alle infezioni ed allo sviluppo di sepsi (l’obesità è comunque un fattore di rischio per molte altre patologie croniche, che aumentano le suscettibilità alle infezioni) 48.

- Pazienti con HIV: con l’avvento della HAART e della profilassi dell’infezione da P. Jirovecii la sopravvivenza di questi pazienti è aumentata e parallelamente si è assistito ad un aumento dei ricoveri nelle UTI dovuti a malattie non AIDS correlate 28, in particolare la sepsi dovuta ad infezioni nosocomiali o associate all’assistenza sanitaria da parte di microrganismi multi-resistenti 145.

- Bambini: si sta assistendo ad un progressivo aumento (dallo 0,56 allo 0,89 / 1000) della prevalenza di sepsi nella popolazione pediatrica 72 prevalentemente dovuto all’aumento del numero di neonati con peso alla nascita molto basso (VLBWN). Le due cause principali, quando individuate, sono infezioni respiratorie (48.9%) e la batteriemia primaria (18.1%).

- Uomini vs donne: nella popolazione generale è stato individuato un rischio minore di sviluppare sepsi nelle donne 151; non si è ancora individuato il fattore causale, ma probabilmente si tratta di un insieme di fattori che agiscono in combinazione quali un diverso peso delle malattie croniche, fattori sociali ed ambientali, una diversa risposta immune all’infezione, una differenza nella tendenza ad essere sottoposti a procedure invasive e sicuramente un effetto dovuto all’assetto ormonale.

- Gruppi etnici: la popolazione afroamericana ha un maggior rischio di sviluppare sepsi 9 sia per una maggiore suscettibilità alle infezioni che per un maggiore rischio di sviluppo di disfunzione d’organo. Questa tendenza sembra in parte spiegabile, oltre che per l’interazione di fattori ambientali e genetici, anche per una maggiore prevalenza di malattia renale cronica e diabete tra i pazienti ricoverati per infezioni.

- Altro importante fattore in grado di condizionare lo sviluppo di una sepsi (e di modificarne l’outcome) è rappresentato dall’assetto genetico dell’individuo 162

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parla di eredità mendeliana, ma dell’interazione di molteplici prodotti genici con fattori ambientali che va a modificare la suscettibilità e la capacità di risposta di un individuo ad un’infezione. Tra i principali indiziati vi sono i geni del Tumor Necrosis Factor (TNF), dell’inibitore dell’attivatore del plasminogeno (PAI)-1, dei Toll-Like receptor (TLR)-1 e -4.

Nonostante l’importante contributo nella comprensione della patogenesi della sepsi l’impatto clinico dell’assetto genetico non è ancora stato compreso e sembra, almeno negli adulti, avere un ruolo di secondo piano rispetto a quello delle malattie croniche 118.

2) Fattori di rischio ambientali

È stata identificata una correlazione tra le ridotte temperature e l’incidenza e la mortalità per sepsi, che risultano aumentate nei mesi invernali e nei paesi nordici. Questa variabilità riflette i cambiamenti di incidenza delle infezioni delle vie aeree (più frequenti nei mesi freddi) 33.

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AGENTI EZIOLOGICI E ATTIVITA’ ENDOTOSSINICA

Agenti eziologici

Fino a metà degli anno 80, i principali agenti eziologici della sepsi erano i batteri Gram negativi; successivamente si è registrato un progressivo aumento della prevalenza di sepsi da germi Gram positivi (con un aumento medio del 26,3% annuo) probabilmente correlato ad un maggiore utilizzo di procedure invasive che mettono il paziente a rischio di infezioni nosocomiali 6, 114, 118.

I dati attuali continuano a mostrare una prevalenza dei microrganismi Gram negativi (in particolare Pseudomonas spp, E. coli, Klebsiella spp, Acinetobacter) attestata al 62,2%, seguiti dai Gram positivi (S. aureus, MRSA, Enterococcus, S. Epidermidis, Pneumococco) con un 46,8%, quindi microrganismi anaerobi (4,5%), funghi (Candida in particolare), parassiti (0,7%) ed altri organismi (3,9%) 27, 180.

I più alti tassi di mortalità si registrano per gli organismi Gram negativi 27, in particolare P. Aeruginosa (77%), seguiti da Candida (43%) ed Acinetobacter (41%), mentre organismi come Stafilococco spp. ed E. coli causano solitamente una minore mortalità (intorno al 20%) 180.

La causa della maggior letalità dei batteri Gram negativi è verosimilmente legata alla presenza in circolo dell’endotossina.

Le endotossine sono componenti strutturali della cellula batterica ed in particolare della sua parete aventi effetto tossico sull'organismo 111.

Tipicamente, le endotossine si differenziano dalle esotossine per la resistenza al riscaldamento, per gli effetti tossici non differenziati, per l'assoluta innocuità in caso d'ingestione, per la minore potenza, per l'assenza di attività enzimatica e perché, seppur immunogene, non sono neutralizzate dagli anticorpi.

L'esempio più classico è il lipopolisaccaride (LPS) inserito nella membrana esterna di tutti i batteri gram-negativi. Si tratta di una molecola composta da un'ancora di acido grasso a catena lunga, il cosiddetto lipide A, connesso ad un core di catene glicidiche; entrambe queste strutture sono altamente conservate in tutti i gram-negativi ed in particolare il lipide A, che è poi il principale determinante di patogenicità, il che spiega gli effetti tossici indifferenziati delle varie endotossine. Attaccata al core glucidico si

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trova una catena variabile di carboidrati, detta antigene O, immunogena, utile per la sierotipizzazione e la discriminazione fra i differenti ceppi.

Zuccheri zuccheri insoliti:eptosio Ketodeossioctonico

Figura 6: Struttura LPS

L'azione dell'LPS dà luogo a numerosi effetti biologici, generalmente dose-dipendenti, su molteplici popolazioni cellulari e sistemi umorali: essa determina infatti

- sintesi e secrezione di IL-1 e TNFα da parte dei monociti-macrofagi, con conseguente innalzamento della temperatura corporea (da cui la denominazione storica di “pirogeno esogeno”), aumento della permeabilità vascolare, vasodilatazione, tendenza all'ipoglicemia, aumento della produzione linfocitaria di INFγ. Inoltre sono stimolate anche la fagocitosi e la produzione di enzimi lisosomiali e di specie ossidanti di ossigeno azoto (ROS, RNS);

- rilascio di amine vasodilatanti ad opera dei neutrofili; - attivazione dei linfociti B con produzione di anticorpi; - attivazione del sistema del complemento per via alternativa;

- attivazione della coagulazione per azione diretta sul fattore XII di Hageman e per induzione del TF 192.

Attività endotossinica

Nonostante l'importanza assoluta rivestita dall'LPS nella patogenesi della sepsi da gram-negativi, fino al 2004 non esistevano metodiche affidabili e di rapida attuazione in grado di determinare a fini clinici la sua concentrazione o la sua attività nel plasma. L'EAA™ (Endotoxin Activity Assay) ha ovviato a questa lacuna proponendo un test di laboratorio 113 basato sulla reazione (Fig. 7) di un anticorpo monoclonale ad alta specificità -già introdotto in passato nella pratica clinica con finalità terapeutiche ma

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con scarsi risultati- con il lipide A presente in un campione di sangue del paziente in esame.

Il complesso è poi fagocitato da neutrofili attivati con Zymosan, un glucano ricavato dalla parete cellulare dei lieviti utilizzato in laboratorio per indurre uno stato di flogosi sterile.

Le reazioni ossidative intracellulari conseguenti alla fagocitosi esitano nella produzione di radicali dell'ossigeno, che sono captati da un reagente luminescente. La luce prodotta, direttamente proporzionale alla quantità di complessi antigene-anticorpo presenti nel sangue del paziente, è registrata da un apposito misuratore, e, tradotta in termini di attività endotossinica. L’EA (endotoxin activity) è espressa in forma di frazione rispetto ad un controllo positivo nel quale l'intera capacità neutralizzante dell'anticorpo è saturata da lipopolisaccaride appositamente aggiunto.

Il risultato, fornito dallo strumento in meno di 1 ora, varia da 0 a 1: valori inferiori a 0,4 consentono di escludere una sepsi da gram-negativi, valori compresi fra 0,4 e 0,6 sono di dubbia interpretazione, mentre valori superiori a 0,6 sono fortemente indicativi di una sepsi da germi produttori di LPS, cioè Gram negativi. (Tab. 5)

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21

Livello EA Descrizione Interpretazione

0-0,39 Bassa attività endotossinica Basso rischio di sepsi

Esclusione di infezione G-

0,4-0,59 Intermedia attività

endotossinica

Medio rischio di sepsi (OR=2,0)

0,6-1 Alta attività endotossinica Alto rischio di sepsi

(OR=3,0)

Tabella 5: guida all’interpretazione dei valori di Endotoxin Activity

Nei pazienti in cui i livelli di EAA sono intermedi (0,4-0,6) può essere utile utilizzare altri marker di sepsi quali la pro calcitonina (PCT) e la conta leucocitaria per migliorare l’accuratezza diagnostica del test 190

.

Attraverso la corretta interpretazione dei risultati è possibile: 1. Valutare il rischio di insorgenza di sepsi severa.

Lo studio MEDIC 112 ha dimostrato che il livello di endotossinemia (EA), valutato al ricovero del paziente in ICU, è proporzionale alla prevalenza della sepsi e ai principali indici di gravità (es. APACHE II); il monitoraggio dell’andamento dell’attività endotossinica è stato correlato all’andamento della sepsi 91.

2. Escludere la presenza di infezioni da batteri Gram Negativi.

Risultati inferiori a 0,40 (0 - 0,39) unità EA sostengono l’assenza di infezioni da batteri Gram negativi nei pazienti in ICU con sospetto di infezione.

3. Impostare e monitorare eventuali terapie della sepsi basate sulla neutralizzazione delle endotossine. Sempre maggiori evidenze sostengono che la neutralizzazione delle endotossine possa costituire un ottimo strumento terapeutico per il trattamento della sepsi. Il test EAA™ si propone come valido strumento per impostare le terapie antiendotossina e misurarne l’efficacia. Il valore soglia di 0,6 suggerito da varie pubblicazioni è legato al fatto che la curva di risposta di EAA a diversi dosaggi di LPS non è lineare e che solo a valori EA>0,6 corrispondono le concentrazioni di LPS che possono indurre lo shock settico (Fig. 8). Novelli et al. hanno mostrato che il tasso di riduzione percentuale di EA dipende dal valore iniziale di EA 129, 139.

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22

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23

DISFUNZIONE D’ORGANO IN CORSO DI SEPSI

Meccanismi dello sviluppo del danno d’organo

La risposta dis-regolata dell’organismo all’evento infettivo comporta il danneggiamento di componenti fondamentali per la funzionalità di organi e tessuti. In particolare si vanno a configurare nel corso della sepsi un “danno di barriera” (in particolare endoteliale), l’”attivazione della coagulazione”, che non di rado esita in una coagulazione intravascolare disseminata (CID), ed una “compromissione mitocondriale” che configura un quadro di “crisi energetica” cellulare che si ripercuote sulla fisiologia dei tessuti e degli organi.

L’instaurarsi di queste alterazioni sfocia nel quadro clinico della sindrome da disfunzione multiorgano (MODS), definita come un’alterazione potenzialmente reversibile della funzione di due o più organi.

1) Il danno di barriera

Come ormai sappiamo da tempo l’endotelio non è semplicemente una barriera, bensì un organo vero e proprio con un ruolo importante, oltre che nella regolazione della perfusione tissutale, nella regolazione dell’attività del sistema della coagulazione e nella modulazione della risposta immunitaria 2, 26.

Il coinvolgimento dell’endotelio è parte integrante della risposta ad un’infezione, infatti esso è sia bersaglio che effettore della risposta infiammatoria in quanto viene attivato da prodotti batterici e citochine ed attua una serie di risposte fisiologiche quali:

- l’adesione e la marginalizzazione dei monociti e dei neutrofili (tramite espressione di molecole quali P- ed E-selectina, VCAM, ICAM-1);

-l’aggregazione piastrinica e l’attivazione della coagulazione (tramite aumentata espressione di fattore tissutale, PAI-1 e la modificazione dell’assetto dei fosfolipidi di membrana) con l’obiettivo di confinare i patogeni ma con la potenziale conseguenza negativa di determinare trombosi vascolare e ischemia tissutale;

-la modifica del tono vasomotore (tramite aumentata espressione di iNOS oltre che per gli effetti dell’attivazione dei canali del potassio sulle cellule muscolari lisce vasali e per gli alterati livelli di ormoni quali glucocorticoidi e vasopressina) con conseguente ipovolemia relativa ed ipotensione arteriosa;

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-l’aumento della permeabilità vascolare (indotta dagli elevati livelli di TNFα, dalla ridotta espressione di costituenti delle giunzioni serrate quali le proteine zonula occludens-1, occludina e claudina-1 per effetto delle vie di segnalazione attivate da HMGB-1 ed altri DAMPs 42 e dall’apoptosi delle cellule endoteliali indotta da LPS, TNF, INFα ed IL-1) in modo selettivo così da regolare l’afflusso di cellule immunitarie nei siti dove sono effettivamente necessarie; conseguenza dell’aumento della permeabilità vascolare è l’istaurarsi di edema tissutale e deficit di ossigenazione tissutale.

2) Attivazione della coagulazione

La sepsi si associa ad alterazioni del sistema emostatico che vanno da livelli subclinici di attivazione del sistema della coagulazione (stato di ipercoagulabilità) a quadri più drammatici di coagulazione intravascolare disseminata (CID) che possono condurre verso la MODS sia per i fenomeni trombotici che per la coagulopatia da consumo che conduce ad uno stato emorragico 155.

L’attivazione della coagulazione nella sepsi è dovuta essenzialmente a tre fenomeni simultanei: l’up regulation delle vie procoagulanti, la down regulation dei sistemi anticoagulanti e l’inibizione della fibrinolisi.

a)up regolation delle vie pro coagulanti: si è osservato

-un aumento dei livelli di fattore tissutale (TF), indotto dall’LPS, dalle citochine o dai DAMPs (come la HMGB-1 e gli istoni H3 e H4), in particolare in organi dove si è evidenziata una notevole deposizione di fibrina nel corso di CID. La principale fonte di TF, oltre all’endotelio, sono risultati essere i monociti/macrofagi, nei quali l’espressione di TF è indotta dall’LPS e dall’infiammazione. Oltre a questo anche altre cellule (es. neutrofili, eosinofili e piastrine) sono in grado di esprimere TF per attivazione diretta da parte dell’LPS o per il legame con le cosiddette TF-expressing microparticles (MPs), vescicole di membrana rilasciate da cellule attivate (come i macrofagi) o apoptotiche in grado di legare specifici recettori su cellule bersaglio rendendole capaci di attivare e propagare la coagulazione 154;

b)down-regulation delle vie anticoagulanti: è stata osservata una riduzione dei principali componenti endoteliali del sistema anticoagulante quali la

-trombomodulina,

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-le proteine C e S, l’inibitore della via del fattore tissutale (TFPI) e l’eparan solfato 156; c)inibizione della fibrinolisi dovuta prevalentemente ad uno squilibrio tra fattori pro ed antifibrinolitici:

in particolare si è osservata un’eccessiva produzione di inibitore del plasminogeno attivato (PAI)-1, prodotto dall’endotelio e probabilmente dalle piastrine, ed una riduzione dei livelli di stimolatore dell’attivatore del plasminogeno (PAs).

Oltre a ciò si hanno anche dei meccanismi trombino-dipendenti che rendono i coaguli più resistenti e meno permeabili 156 che causano attivazione dell’inibitore della fibrinolisi attivabile dalla trombina (TAFI), una procarbossipeptidasi che nella sua forma attiva (TAFIa) cliva un residuo C-terminale di lisina dalla fibrina parzialmente degradata riducendo l’attivazione del plasminogeno 133

.

Anche le piastrine attivate influenzano la fibrinolisi, sia in maniera indiretta rilasciando polifosfati inorganici che alterano la struttura della fibrina ed inibiscono il legame del t-PA e del plasminogeno alla fibrina 136, che in maniera diretta tramite l’interazione della fibrina con la glicoproteina IIaIIIb 20.

3) Il danno mitocondriale

Nonostante l’evidente impatto delle alterazioni vascolari e coagulative nella fisiopatologia del danno d’organo, il riscontro di MODS anche in assenza di queste alterazioni, così come la relativa scarsità di alterazioni cellulari negli organi disfunzionanti, il recupero relativamente rapido della funzionalità d’organo dopo la sepsi ed il mantenimento della tensione di ossigeno in organi insufficienti dopo adeguata rianimazione volemica ha indotto i ricercatori a cercare un’ulteriore fonte di danno a livello subcellulare indagando il possibile coinvolgimento della centrale energetica cellulare: i mitocondri 157.

I mitocondri sono responsabili del 98% del consumo di ossigeno totale ed il loro ruolo è fondamentale non solo per la produzione di ATP attraverso la fosforilazione ossidativa ma anche per la produzione di calore, la regolazione della concentrazione di calcio intracellulare, la produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) nonchè per la sintesi (cortisolo) ed azione (estrogeni e T3) di ormoni 146.

Altro aspetto fondamentale dell’attività mitocondriale è rappresentato dal ruolo di regolatore dei processi di morte cellulare per necrosi ed apoptosi.

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In primo luogo subisce un danno ossidativo basato su un aumento del rapporto superossido dismutasi (che catalizza la conversione dell’ossigeno singoletto in perossido di idrogeno)/catalasi (che converte il perossido in acqua) con accumulo di perossido di idrogeno e consumo di antiossidanti quale il glutatione. L’effetto netto è un accumulo di radicali, favorito anche dalle citochine pro infiammatorie (in particolare TNFα ed IL1β), che causano un danno ossidativo sulle proteine e sul DNA mitocondriale (interferendo oltre che sulla funzione anche sulla biogenesi mitocondriale). In corso di sepsi si osserva però anche un’aumentata produzione di NO (in particolare per aumentata espressione di iNOS) il quale sembra giocare un ruolo di fattore limitante sul danno ossidativo in quanto è in grado di inibire il complesso I della catena di trasporto degli elettroni riducendo la quota di ROS che si formano attraverso il ciclo Q. In questi termini quindi la soppressione della produzione mitocondriale di ATP rappresenta il risultato di una strategia per proteggere la cellula dallo stress ossidativo piuttosto che l’effetto di una mancanza di substrati 158

.

In secondo luogo in corso di sepsi si ha un fenomeno di autofagia, con il quale i mitocondri danneggiati o senescenti (che mostrano un’aumentata permeabilità di membrana) vengono distrutti nei fagolisosomi 90. C’è da precisare che il fenomeno di

autofagia è presente anche in condizioni fisiologiche ma in corso di sepsi, almeno nelle fasi iniziali, può contribuire a proteggere le cellule da necrosi ed apoptosi rimuovendo gli organelli danneggiati, evitando inoltre che essi consumino ossigeno in cicli futili per l’economia cellulare. Chiaramente nelle fasi più avanzate un processo di questo tipo genera una deplezione mitocondriale tale da compromettere la funzionalità cellulare tant’è vero che può rappresentare parte di una strategia batterica volta ad indebolire l’ospite (in particolare riducendo l’efficacia delle cellule del sistema immunitario 35

. Come ultimo effetto della sepsi è stato osservato che questa va a modificare la biogenesi mitocondriale, stimolandola inizialmente come meccanismo di compenso al danno ossidativo subito dal DNA mitocondriale che compromette la sintesi proteica e quindi la funzionalità dell’organello, ma inibendola in fasi più avanzate, andando quindi ad impoverire ulteriormente la popolazione mitocondriale cellulare e quindi la funzionalità cellulare e d’organo 47

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27 La clinica e la valutazione del danno d’organo

Una delle caratteristiche della sepsi è la possibilità di sviluppare una disfunzione d’organo a distanza dal sito di infezione caratterizzata da una sequenza temporale precisa, riguardando prima i polmoni, quindi il cuore, ed in seguito il cervello, i reni ed il sistema epatosplancnico 15, 100, 159.

Il danno d’organo indotto dalla sepsi che conduce all’insufficienza funzionale viene comunemente definito “disfunzione” perché si assiste ad un continuum da una funzione normale ad un peggioramento progressivo e graduale che si realizza con velocità e tempistiche diverse da organo a organo: sul piano clinico, epidemiologico e di ricerca è molto più utile poter descrivere questo continuum piuttosto che definire un cut-off dicotomico “ funzione-insufficienza”; in questo senso viene comunemente utilizzato uno score denominato “S.O.F.A.” che quantifica con un punteggio maggiore da 0 a 4 il progressivo peggioramento della funzione di 6 organi/apparati (respiratorio, cardiocircolatorio, renale, epatico, coagulazione e sistema nervoso centrale) ciascuno dei quali valutato con un significativo parametro. (Tab.4 S.O.F.A.)

Polmoni

Il polmone è la prima vittima della MODS, con lo sviluppo di un quadro di sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) caratterizzata da impegno alveolare su base infiammatoria con perdita di funzione della barriera aria-sangue (prevalentemente sul versante epiteliale) ed infiltrato infiammatorio e proteico a livello del lume alveolare: nelle fasi iniziali si ha infiltrato neutrofilo, edema interstiziale, perdita di surfactante e infiltrazione fibrinosa; successivamente si ha infiltrato mononucleato, proliferazione degli pneumociti di tipo II e fibrosi interstiziale configurando un quadro di patologia restrittiva polmonare.

Al di là dell’aspetto istopatologico la diagnosi di ARDS si basa sulla contemporanea presenza di quattro criteri 49:

1) Timing: insorgenza entro una settimana da un danno clinico noto o dalla comparsa di nuovi sintomi respiratori o dal loro peggioramento.

2) Aspetto radiologico: riscontro radiografico o TC di opacità bilaterali diffuse non attribuibili a versamento pleurico, atelettasia o noduli.

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28

3) Esclusione di insufficienza cardiaca o sovraccarico idrico come cause dell’insufficienza respiratoria, supportata da una valutazione oggettiva (quale un esame ecocardiografico) se non sono presenti fattori di rischio.

4) Compromissione degli scambi respiratori: riscontro di riduzione del rapporto PaO2/FiO2, valutato con pressione positiva di fine espirazione (PEEP) maggiore o uguale a 5 cm H2O. Se il rapporto è tra 300 e 200 si parla di ARDS lieve, se tra 200 e 100 moderata, se inferiore a 100 grave.

Dal punto di visto patogenetico occorre rendersi conto che l’ARDS non è solo una patologia indotta dalla risposta infiammatoria al patogeno, ma presenta anche una componente iatrogena: è infatti noto come la ventilazione meccanica (con il barotrauma, volutrauma, atelectrauma ed il biotrauma), livelli di ossigeno troppo elevati e l’utilizzo di elevati volumi di liquidi per la rianimazione volemica possano peggiorare la funzionalità respiratoria inducendo anch’essi una risposta di tipo infiammatorio a livello locale 160.

Cuore

Nella sepsi si descrive una disfunzione cardiaca sisto-diastolica biventricolare, indipendentemente dalla gittata cardiaca dei pazienti. Dal punto di vista patogenetico sono stati tirati in ballo fattori miocardio-depressori, con possibile ruolo di TNF-a, IL-1b, IL-6, lisozima C, DNA e RNA batterici e NO, nel determinare un danno dei miocardiociti dimostrato dal riscontro di aumentati livelli di troponina circolante.

Sono state descritte anche alterazioni della funzionalità cellulare riguardanti la fisiologia del calcio e la disfunzione mitocondriale che oltre ad interferire con la fisiologia della cellula possono innescare fenomeni apoptotici.

Sistema nervoso centrale

È comune nel paziente settico il riscontro di alterazioni dello stato di coscienza tipiche dell’encefalopatia caratterizzate dalla comparsa di agitazione, confusione e coma. La fisiopatologia di queste alterazioni non è ancora stata del tutto chiarita, ma da analisi autoptiche è emerso uno spettro abbastanza ampio di lesioni cerebrali tra le quali

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fenomeni ischemico-emorragici, trombosi microvascolare, microascessi e leucoencefalopatia multifocale progressiva.

Oltre al danno diretto sul parenchima cerebrale il coinvolgimento del sistema nervoso centrale si estrinseca anche con la risposta all’insulto mediato dal riflesso infiammatorio (con modulazione della risposta neuroendocrina allo stress e della risposta infiammatoria mediata dal sistema nervoso autonomo).

È facile immaginare come questo doppio livello di compromissione del sistema nervoso nel corso di sepsi giochi un ruolo importante nell’outcome dei pazienti.

Sistema epato-splancnico

Questo sistema può essere interessato sia direttamente dal processo settico che indirettamente. In particolare è importante notare come il suo coinvolgimento si manifesti con alterazioni del drenaggio linfatico e della barriera mucosa con aumentata immissione in circolo di mediatori di flogosi e citochine prodotte dal microbiota intestinale o dagli stessi enterociti (che possono produrre mediatori quali l’HMGB-1). Riguardo al microbiota è importante notare che esso subisce variazioni sia in seguito ai segnali prodotti dalla risposta allo stress che in seguito all’effetto della terapia antibiotica diretta contro il microrganismo responsabile della sepsi. Entrambi questi eventi possono causare virulentazione di microrganismi commensali che trovano nuove nicchie biologiche disponibili.

Il coinvolgimento epatico invece generalmente è più tardivo in quanto il fegato sembra essere relativamente protetto dagli insulti settici acuti, forse per gli elevati livelli di antiossidanti e per la costante esposizione ai prodotti microbici (dal momento che il sangue refluo dall’intestino giunge al fegato tramite la vena porta). Proprio per questa resistenza intrinseca la comparsa di disfunzione epatica nel corso della sepsi è indice di un danno grave ed è predittiva di un outcome negativo.

Il fegato è anche un sito di grande importanza per quanto riguarda la risposta all’endotossina ed ai prodotti batterici in quanto è in grado di rilevare la presenza di questi sia nel circolo splancnico che nel circolo sistemico (dato che un terzo della sua perfusione è garantito dall’arteria epatica): per queste ragioni rappresenta il sito primario per la rimozione dell’LPS dal circolo e per la risposta all’infezione con la sintesi di citochine pro-infiammatorie e di proteine di fase acuta. C’è da riconoscere che

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30

proprio per questo suo ruolo può essere implicato anche nella riposta infiammatoria non omeostatica e partecipare allo sviluppo della MODS.

Rene

Come in altri organi la disfunzione renale non riflette un semplice difetto di perfusione, che anzi risulta aumentata in risposta all’aumentata produzione di NO midollare, quanto un danno ad eziologia multipla: esiste un danno infiammatorio, indotto da citochine prodotte dalle cellule mesangiali, tubulari ed endoteliali, un danno su base ossidativa ed uno su base coagulativa con deposizione di fibrina.

Nel prossimo paragrafo analizzeremo più nel dettaglio le alterazioni sepsi-indotte del sistema emocoagulativo.

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Disfunzione dell’emostasi e Tromboelastogramma Alterazioni dell’emostasi

Nella pratica clinica, nel paziente settico si assiste alla comparsa di trombocitopenia associata ad uno stato di ipercoagulabilità 154, 155.

Per quanto riguarda la comparsa di trombocitopenia questa sembra avere diverse possibili cause:

diminuita produzione, aumentata distruzione per meccanismi immunomediati, aumentata interazione tra piastrine e altre cellule (leucociti, endotelio), consumo in corso di coagulazione intravascolare disseminata, diluizione in pazienti sottoposti a trasfusioni e abbondante somministrazione di liquidi. (Tab. 5 e 6)

Tabella 5: Cause di trombocitopenia indipendenti dall'attivazione/disfunzione piastrinica

meccanismo fisiopatologia riferimento

Diminuita produzione Fagocitosi endomidollare dei megacariociti

51, 98

Deficit acuto dei folati 57 Aumentata distruzione

immunomediata

Anticorpi non specifici, rivolti contro la superficie piastrinica ed agenti con meccanismo di molecular-mimicry

166

Autoanticorpi rivolti contro antigeni superficiali

166

Altri, non sepsi correlati Patologie coesistenti o pre-esistenti (eg.neoplasie, porpora trombocitopenica autoimmune, ipersplenismo) Farmaci (es eparina)

Trattamenti fisici (eg. emodialisi, CPFA)

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32 Piastrinopenia da emodiluizione (eg.trasfusioni massive) Pseudopiastrinopenia da anticorpi EDTAdipendenti 131

Tabella 6: Cause di trombocitopenia correlate all'attivazione/disfunzione piastrinica

Meccanismo fisiopatologia riferimento

Aggregaziozione

intercellulare incrementata

Fra piastrine per attivazione delle stesse

56

Interazione con alter cellule Fra piastrine e leucociti, per iperespressione di selectina-P

141

Fra piastrine e cellule

endoteliali (più

propriamente, quindi,

adesione), con aumento del fattore di von Willebrand per disfunzione endoteliale

184

Attivazione delle

coagulazione

Di grado alquanto variabile, con aumento del D-dimero e diminuzione di proteina C ed antitrombina III, fino alla CID conclamata

117

In corso di sepsi vi sarebbe, oltre ad un’alterazione quantitativa, anche un’alterazione qualitativa a carico delle piastrine. Queste dimostrerebbero infatti, una diminuita aggregabilità e una riduzione della produzione di VEGF e ciò testimonia che nella sepsi anche non complicata, vi è un’alterazione della funzione piastrinica, presente anche in assenza di altre anomalie coagulative.

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33

Lo stato di ipercoagulabilità è collegato a attivazione dei fattori pro-coagulanti, riduzione dei fattori anti-coagulanti, iperfibrinolisi. Diversi fattori sono in gioco: attivazione dell’endotelio, attivazione piastrinica, TF espresso nei monociti e nell’endotelio, riduzione degli anticoagulanti normali, immobilità, distruzione dell’integrità della parete dei vasi.

L’ipercoagulabilità è il risultato dello spostamento dell’emostasi verso uno stato pro coagulante, ovvero verso l’attivazione piastrinica, l’attivazione della cascata coagulativa, e la soppressione dei fattori anticoagulanti naturali. Questo porta a formazione di trombina, deposizione di fibrina, consumo dei fattori della coagulazione e in casi estremi a DIC. In aggiunta all’aumentata produzione di trombina si ha anche una riduzione della rimozione dovuta alla depressione dell’attività del sistema fibrinolitico. Il fattore tissutale gioca un ruolo fondamentale nell’attivazione della coagulazione da parte dell’infiammazione.

Interazione infiammazione-coagulazione

I rapporti tra sistema della coagulazione e la risposta infiammatoria durante la sepsi sono numerosi e complessi, mediati in prima istanza dall’endotelio.

In condizioni fisiologiche l’endotelio 2, 26:

- inibisce l'adesione piastrinica, e di conseguenza l'attivazione e l'aggregazione dei trombociti stessi: tale attività è mediata principalmente dal NO e dalla prostaciclina; - inibisce i fenomeni coagulativi propriamente detti, grazie all'azione potenziante l'AT-III dell'eparan-solfato presente nella matrice extracellulare, al blocco dalla via estrinseca operato dal TFPI, alla espressione superficiale di trombomodulina, inibente la formazione di trombina tramite il sistema delle proteine C ed S, ed al PAI-1;

- ha attività profibrinolitica, esprimendo il tPA e producendo Urokinasi Type Plasminogen Activator, e regolandone l'azione tramite la sintesi di PAI-1.

In corso di sepsi assistiamo ad un danno anatomico dell'endotelio, indotto dalle citochine pro-flogistiche 2, 156, e traducentesi in una sua attivazione, con elevazione dei livelli plasmatici dei markers di questa, come trombomodulina, E-selettine e fattore di von Willebrand ed insufficienza dei meccanismi antiemostatici sopra descritti, con rolling, adesione cellulare, innesco della cascata coagulativa e conseguente danno ischemico e flogistico che perpetua la lesione e la conseguente attivazione endoteliale, con aggravamento della disfunzione risultante in senso procoagulante.

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In presenza di infiammazione, il TF viene espresso sulla superficie delle cellule endoteliali, e si innesca il meccanismo della coagulazione grazie al legame con il fattore VII. A sua volta, la trombina generata dalla cascata coagulatoria, amplifica la infiammazione agendo sull’endotelio.

Da un punto di vista clinico, lo sbilanciamento eccessivo in senso procoagulante dell'intero sistema emostatico nel paziente settico può manifestarsi in modo estremamente vario per tipologia e per gravità dei reperti, che vanno dalla porpora cutanea per trombosi dei vasi dermici alla MOF per disfunzione su base ischemico-emorragico-flogistica dei vari organi ed apparati alla CID franca.

Quest'ultima condizione, caratterizzata da un'attivazione del tutto sregolata del processo emocoagulativo, si manifesta a dispetto del nome principalmente con fenomeni emorragici per eccessivo consumo dei fattori della coagulazione: si tratta di un quadro clinico gravato da elevatissima mortalità.

Tromboelastogramma (TEG)

La tromboelastografia (TEG) è una metodica di indagine della coagulazione messa a punto per la prima volta da Hartet, ad Heidelberg durante la seconda guerra mondiale. Il TEG è un metodo per la valutazione dell'efficacia delle varie fasi della coagulazione basato sui dati registrati da un viscosimetro a torsione e rielaborati da un software dedicato.

Il sensore tromboelastografico pesca nel sangue e, con il progredire dei fenomeni prima coagulativi e poi fibrinolitici, viene indotto alla torsione da una forza variabile, dovuta alla variazione di viscosità del coagulo prima in formazione e poi in dissoluzione . Il campione ematico può essere eventualmente addizionato, prima di essere messo nella cuvetta, con appositi reagenti al fine di innescare o contrastare determinate fasi del processo coagulativo o di neutralizzare l'azione di farmaci con esso interferenti:

- Attivatori (celite, caolino, fattore tissutale, trombina, DAPPTIN, ecc.) - Neutralizzatori dell’eparina (eparinasi- HepTEG-, protamina)

- Agenti di blocco delle piastrine (Reopro, Integrilin, Aggrastat, ecc.)

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Il caolino (silicato di alluminio idrato, attiva la via intrinseca della coagulazione tramite il fattore XII) è l’attivatore usato abitualmente(KaoTEG), dato che il NATEM (TEG effettuato su sangue interno nativo) è più lento.

Aggiungendo il fattore tissutale (TF) al caolino (Rapid TEG) si aumenta ulteriormente la velocità del test.

L’eparinasi I, estratta dal flavobacterium heparinum, è un enzima che neutralizza in modo rapido e specifico le proprietà anticoagulanti dell’eparina; scinde l’eparina in piccoli frammenti inattivi senza influenzare la funzione di altri componenti del sangue coinvolti nella coagulazione. Una cuvetta con eparinasi riesce a neutralizzare circa 6 UI di eparina per ml di sangue. Il test con eparinasi viene effettuato per valutare la coagulazione nativa del paziente che viene trattato con eparina o quando si vuole aggiustare rapidamente il dosaggio di eparina in caso di necessità di trattamento con questo farmaco.

Nel caso in cui il sangue intero raccolto venga immesso in una provetta citrata, (contenente, cioè, citrato di sodio) il sangue nativo (0,34 μL) deve essere ricalcificato con 0,02 μL di CaCl2 (calcio cloruro) prima di essere immesso nella cuvetta e successivamente analizzato.

Tale variazione di viscosità è riportata su un piano cartesiano in funzione del tempo, e la risultante curva ed i valori ad essa associati forniscono quindi un quadro del sistema emostatico sia globale che mirato alle varie fasi che lo compongono succedendosi e parzialmente sovrapponendosi nel tempo.

Il tipico tromboelastogramma assume quindi un aspetto simile a quello riportato nella Fig. 9

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Figura 9: TEG

Il tracciato TEG può essere analizzato qualitativamente o quantitativamente.

I profili vengono interpretati facilmente, senza misurazione, per determinare le condizioni di iper-, ipo-normo-coagulazione e fibrinolisi. (Fig. 10)

In ogni caso, utilizzando le misurazioni nonché gli intervalli e gli indici normali stabiliti, i profili possono essere quantificati in relazione al grado di anormalità.

I parametri fondamentali da tenere in considerazione sono:

- t2R: impostato manualmente, indica il tempo trascorso dal prelievo all'inizio del test;

- R (reaction time): tempo di latenza dall'inizio del test alla formazione di fibrina. Valuta i fattori della coagulazione-ovvero le sostanze che portano alla formazone di fibrina. Graficamente corrisponde al tempo che intercorre tra l’inizio del tratto orizzontale (inizio della valutazione del processo coagulativo) e il momento in cui la curva si divarica e raggiunge un ampiezza di 2 mm.

Un prolungamento di R si ha negli stati di ipocoagulabilità: ad esempio quando somministriamo anticoagulanti (TAO, NAO, eparina), nelle condizioni di deficit dei fattori della coagulazione, nella ipofibrinogenemia.

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Il normale valore è compreso tra 4 ed 8 minuti.

- K (clot formation time): rappresenta la formazione del coagulo, è funzione dell'aggregazione piastrinica e della rapidità di formazione dell'agglomerato di fibrina. Graficamente è il tratto che va dal punto in cui si ha la formazione della fibrina (divaricazione di 2 mm) sino a quello in cui l’ampiezza della curva raggiunge i 20 mm. Un prolungamento di K si ha negli stati di ipocaogulabilità: deficit dei fattori della coagulazione, ipofibrinogenemia, trombocitopenie/patie.

Una riduzione di K si ha nelle condizioni di ipercagulabilità. Il valore normale è 0-4 minuti.

- α (alpha angle): è l'angolo individuato con l'asse delle ascisse dalla retta passante per l'estremo finale del tratto R e tangente alla curva nel suo segmento K.

Esplora la qualità dell’interazione fibrinogeno-PLT.

E', assieme a K, espressione della cosiddetta “clot kinetics”, ed è analogo ad esso sia riguardo ai fenomeni fisiologici o patologici a cui fa riferimento sia per quanto concerne le informazioni che fornisce.

L’angolo è maggiore se c’è maggior attività delle piastrine e del fibrinogeno; è minore nelle ipofibrinogenemie, nei deficit congeniti di GpIIb-IIIa, nelle trombocitopenie/patie, in corso di terapia con inibitori piastrinici.

Il valore normale è tra 47 e 74.

- MA (maximum amplitude): quantifica la massima forza esercitata dal coagulo. Graficamente corrisponde al diametro maggiore della curva.

E’ dovuta alla contrazione delle PLT.

La diminuzione di MA si ha nelle condizioni di trombocitopenia/patia, ipofibrinogenemia. Al contrario un aumento caratterizza gli stati ipercoagulabili.

Il range di normalità è 54-72 mm

- CI (coagulation index): è un paramero derivato che si basa su R, α e MA. Fornisce una valutazione globale dell'emostasi, soppesando e compendiando nel risultato di un'unica equazione i valori dei suddetti parametri.

Se maggiore di +3 è indice di ipercoagulabilità; se è minore di -3 è indice di ipocoagulabilità.

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- Lys 30% (clot lysis index, indice di lisi):è un quoziente di misura dell’attività di fibrinolisi in un determinato tempo (30 min). E’ il tempo necessario alla dissoluzione del coagulo ematico e dà quindi informazioni sull'integrità del sistema fibrinolitico. Il range di normalità è tra 0% e 8%.

Figura 10: Interpretazione qualitativa del tracciato tromboelastografico

I vantaggi di questa metodica di studio dell’emostasi sono: -è un test pint of care;

-fornisce informazioni sullo stato emostatico in tempi rapidi (già dopo 15 minuti); -può essere facilmente ripetuto e ciò consente la possibilità di effettuare un monitoraggio del paziente;

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-fornisce informazioni sulle interazioni tra tutti i componenti del processo emostatico incluse le piastrine, la fibrina, i fattori della coagulazione, la trombina, a differenza dei test convenzionali che valutano componenti isolati del processo emostatico e non sono in grado di predire il ruolo di questi componenti nell’intero processo. Con questa metodica è possibile discriminare se il sanguinamento è dovuto ad una mancata emostasi chirurgica, ad una disfunzione piastrinica, ad una ipofibrinogenemia, ad anomalie delle proteasi della coagulazione o dei loro inibitori, oppure è associato ad un’eccessiva precoce fibrinolisi;

-è un test qualitativo e dinamico: mostra ciò che avviene dalla formazione del coagulo alla lisi, evidenziando le specifiche alterazioni di ogni fase dell’intero processo, consentendo di effettuare una terapia mirata.

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FISIOPATOLOGIA E SISTEMA IMMUNITARIO

UNA VISIONE D’INSIEME

Classicamente la distribuzione della mortalità nel paziente settico era rappresentata con un pattern bifasico (Fig.5 A) con un primo picco nei primi giorni dall’insorgenza della sindrome dovuto alla tempesta citochimica, espressione dello stato di iperinfiammazione disregolata (S.I.R.S.) che si manifesta clinicamente come insufficienza cardiopolmonare e mancata riposta alla fluidoterapia, e un secondo picco, a distanza di qualche settimana, dovuto ad uno stato di “immunoparalisi” mediato da citochine antiinfiamatorie (C.A.R.S.) con persistente disfunzione d’organo e comparsa di infezioni nosocomiali 130, 187. Oggi si sposta l’attenzione verso una distribuzione trimodale (Fig.5 B) nella quale i primi due picchi sono identici a quelli del modello bimodale, ma meno marcati, e si aggiunge un terzo picco che si manifesta tra 60 giorni e 3 anni dall’insorgenza della sepsi 40, 121, 187.

Questo cambiamento della distribuzione della mortalità è dovuto alle più sofisticate cure intensive che, mantenendo in vita anche pazienti anziani con comorbilità e pesanti alterazioni immunitarie, fisiologiche, biochimiche e metaboliche, spiegano la riduzione di entità dei primi due picchi 191.

Le cause del terzo elevato picco di mortalità a lungo termine non sono del tutto chiare: l’ipotesi più probabile depone per uno stato di cronica “immunoparalisi” in sinergismo con l’età avanzata (caratterizzata da una fisiologica immunosenescenza), le comorbilità, i danni d’organo persistenti, un metabolismo tendente alla fase catabolica 17, 58.

I ricercatori hanno quindi concentrato i loro sforzi sulle alterazioni dell’immunità innata e adattiva che facilitano lo sviluppo di complicanze infettive, mettono in pericolo il recupero dallo stato settico, e aumentano la mortalità a lungo termine 37, 54, 58, 78, 80.

La sepsi impatta direttamente sul sistema immunitario agendo sulla sopravvivenza, sulla produzione e sulla funzione delle cellule e dei mediatori responsabili dell’ omeostasi immunitaria 18, 37 sia nella fase acuta che a distanza di mesi/anni.

Mentre in passato si pensava ad una sequenza temporale tra SIRS e CARS, oggi si pensa che esista una duratura e simultanea risposta infiammatoria e anti infiammatoria,

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guidata da un sistema immunitario –adattativo e innato- disregolato, che insieme si rendono responsabili del danno d’organo persistente e dell’outcome del paziente 149.

Figura 11: Risposta infiammatario vs anti-infiamatoria. Uno stato persistente di yin e

yang immunologico.

IPERINFIAMMAZIONE

Precocemente, nel corso della malattia settica, si verifica un massiccio rilascio di mediatori infiammatori (normalmente designato per innescare la risposta immunitaria contro i patogeni) che può essere deleterio inducendo disfunzioni d’organo e ipoperfusione 121. La "mortalità precoce" (vale a dire, la mortalità dei primi tre giorni) associata a questo stato iperifiammatorio, si rende responsabile di <30% della mortalità totale 127, 142(Fig.5)

Il riconoscimento dei patogeni e dei tessuti danneggiati avviene attraverso dei recettori pattern recognition (PRR- pattern recognition receptor), che sono onnipresenti sulla superficie delle cellule del sistema immunitario. I PRR sono espressi sulle cellule del sistema immunitario e fagocitarie e su molti tipi di cellule somatiche.

Microrganismi, più o meno patogeni, esprimono dei PAMPs -pattern molecolari associati ai patogeni- che vengono riconosciuti dai PRR: così l’ospite si rende conto dell’infezione.

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Esempi di PRR sono i toll-like-receptor (TLR), recettori lectine di tipo C, recettori leganti i mannani, recettori NOD-like e Rig I- like receptor.

Proteine e prodotti cellulari rilasciati in conseguenza di un danno tissutale sono ugualmente riconosciuti dal sistema immunitario come DAMPs (damage-associates molecular patterns) 52, 120, 121.

Durante la sepsi, l'attivazione del sistema immunitario innato da parte di PAMPs e DAMPs scatena una risposta infiammatoria, che non rimane localizzata nel siti di infezione ma si manifesta anche in organi a distanza dal sito stesso e non si autolimita nel tempo, caratterizzata da un eccessivo rilascio di citochine infiammatorie come IL-1, TNF e IL-17, nota collettivamente come la "tempesta di citochinica" 149.

Si tratta quindi di uno stato definibile come “iperinfiammazione” .

Il rilascio esorbitante di citochine infiammatorie si verifica nel corso di un periodo relativamente breve di tempo (diversi giorni). A causa di questa tempesta e al contemporaneo contributo del complemento, si passa da una risposta fisiologica all’infezione, a una risposta infiammatoria eccessiva con conseguente danno tissutale, compromissione cellulare e disregolazione metabolica che portano a danno d’organo fino alla MOF 149.

Per ragioni tuttora non chiare, alcuni pazienti non riescono a risolvere questa condizione iniziale di iperinfiammazione e mantengo uno stato di infiammazione persistente.

ATTIVITA’ ANTI-INFIAMMATORIA

La sepsi è stata, per lungo tempo, descritta unicamente come responsabile di una tremenda risposta infiammatoria sistemica, nuovi studi indicano che la sepsi scateni una risposta immunologica più complessa che varia nel tempo, con la presenza concomitante di entrambi i meccanismi pro e anti-infiammatori. (Fig. 11)

I percorsi antinfiammatori compensatori vengono attivati poco dopo l’inizio della sepsi 77

per frenare la schiacciante infiammazione e smorzare una risposta anti-infettiva

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