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L'epistoloenciclopedia di Ermenrico di Ellwangen

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(1)

UNIVERSITÀ DI GENOVA SCUOLA DI SCIENZE

UMANISTICHE

Dipartimento di Antichità, Filosofia e Storia (sezione D.AR.FI.CL.ET.)

2019

LA COMUNICAZIONE EPISTOLARE

FRA ANTICHITÀ E RINASCIMENTO

a cura di

Clara Fossati

(2)
(3)

PUBBLICAZIONI DEL D.AR.FI.CL.ET. “Francesco Della Corte”

Terza serie, n. 256

collanadiretta da

CLARA FOSSATI . WALTER LAPINI . STEFANO PITTALUGA SILVANA ROCCA

comitato scientifico

Claudio Bevegni (Genova), Jean-Louis Charlet (Aix-en-Provence), Giovanni Cipriani (Foggia), Carmen Codoñer (Salamanca), Jean-Yves Guillaumin (Besançon), Valeria Viparelli (Napoli), Paolo Viti (Lecce), Nigel Wilson (Oxford),

(4)

Volume pubblicato con il finanziamento dell’Università degli Studi di Genova

Gli articoli pubblicati in questo volume sono stati sottoposti a valutazione preventiva (blind peer review)

Collana distribuita da: LEDIZIONI S.r.l. Via Alamanni, 11 20141 MILANO (Italy) Tel. 02.450.71.824 - Fax 02.421.08.107 www.ledizioni.it - info@ledizioni.it ISBN 978-88-6705-888-4

(5)

SOMMARIO

Claudio Bevegni, Una ricerca dalle molte vie: le lettere prefatorie di

Aldo Manuzio 7

Clara Fossati, Su un’epistola di Poggio Bracciolini a Niccolò Niccoli.

Londra, 12 febbraio 1421 21

Edoardo Galfré, Elegia epistolare, epistola elegiaca: evoluzioni formali

e strategie comunicative nelle opere dell’esilio di Ovidio 35

Attilio Grisafi, L’epistola prefatoria dei Proverbi di Antonio Cornazzano 49

Francesco Mosetti Casaretto, L’epistoloenciclopedia di Ermenrico di

Ellwangen 63

Sandra Origone, Ricordo di Filippo Burgarella (1° agosto 1948 - 18

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L’epistoloenciclopedia di Ermenrico di Ellwangen

Quello, qui sotto riprodotto, è il segnavento del rifugio Gögealm (2027 mt.), in Valle Aurina:

FRANCESCO MOSETTI CASARETTO

Mi è parso un buon punto di partenza per rappresentare figurativa-mente la controversa questione dell’identità generica della Lettera a

Gri-maldo1 di Ermenrico di Ellwangen. Ciò che rende questo oggetto

para-digmatico è il suo intrinseco equivoco. Tutto è predisposto dall’autore per

1 Ermenrico di Ellwangen. Epistola a Grimaldo, ed. trad. comm. di F. Mosetti

Casaretto, Alessandria 2009, edizione critica alla quale si riferiscono tutte le citazioni del presente articolo. Edizioni critiche precedenti: Ermenrici Elwangensis epistola ad Grimaldum abbatem, ed. di E. Dümmler, MGH Epist. V, pp. 534-579; Ermenrich d’Ellwangen, Lettre à Grimald, ed. trad. comm. di M. Goullet, Paris 2008 (Sources d’histoire médiévale publiées par l’Institut de Recherche et d’Histoire des Textes, 37).

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64 Francesco Mosetti casaretto

indurre chi guarda a credere che, dei due elementi in gioco — l’omino meccanico da un lato, l’elica dall’altro — sia il primo a essere responsabi-le del moto; in realtà, avviene esattamente il contrario. Dunque, siamo in presenza di un dispositivo semiotico volutamente ambiguo, che trasmette intenzionalmente un doppio messaggio identitario, di cui: uno è palese, ma fittizio; l’altro è criptato, ma autentico. E ora, occupiamoci di Ermenrico.

L’Epistola ad Grimaldum è una lettera-fiume, composta nel mona-stero di San Gallo attorno all’850 e diretta all’abate laico del cenobio stesso, già arcicappellano di Ludovico il Germanico e personaggio po-litico fra i più importanti dell’epoca. Si tratta di un’opera sconcertan-te: si auto-definisce «epistola», ma, come un’enciclopedia, raccoglie e giustappone i più diversi aspetti del sapere medievale – dalla teologia all’esegesi, dalla filosofia alla grammatica, dalla metrica alla fonetica, dalla questione etica del rapporto fra monachesimo e letteratura classi-ca all’agiografia, etc – senza alcuna apparente connessione logiclassi-ca, di là dal divagare estemporaneo del mittente. La maggior parte degli studiosi concorda nel definirla un «guazzabuglio di erudizione disordinatamente profusa quasi senza senso»2; ma c’è pure chi è andato più oltre e l’ha

definita «cestino della carta di un erudito carolingio»: «der Papierkorb eines karolingischen Gelehrten»3.

Diu sane mihi pertractanti, preceptorum doctissime, quo primo exordium adipiscendae dilectae amicitiae vestrae caperem, inter multa animo opposita, occurrerunt mihi duo magna luminaria: luminare maius, quo inluminamur, ut diligatur Deus, et luminare minus, unde proximus; ad quae praecepta cetera omnia cohaerent, veluti etiam nomini et verbo, in quibus personam tenemus et actum, ceterae partes omnes iunctim appendent4.

2 G. d’Onofrio, La teologia carolingia, in Storia della Teologia nel Medioevo, I: I

princìpi, a cura di G. d’Onofrio, Casale Monferrato 1996, p. 169. Cfr., ad esempio, E. R. Curtius, Europäische Literatur und lateinisches Mittelalter, Bern 1948, Letteratura europea e Medio evo latino, trad. it. a cura di R. Antonelli, Firenze 1992, p. 562; P. v. Winterfeld, Die Dichterschule St. Gallens und der Reichenau unter der Karolingern und Ottonen, in «Neue Jahrbücher für das klassische Altertum Geschichte und deutsche Litteratur», 5 (1900), p. 346 (ora anche in Deutsche Dichter des lateinischen Mittelalters, München 1917, pp. 402-22); W. Fink, Ermenrich ou Hermenrich, in Dictionnaire d’Histoire et de Géographie Ecclésiastique, XV, Paris 1963, col. 759; F. Brunhölzl, Geschichte der lateinischen Literatur des Mittelalters, I. Band, s.l. 1975, Histoire de la litterature latine du Moyen Age , I / 2: L’époque carolingienne, trad. fr. a cura di H. Rochais, Turnhout 1991, p. 121, etc. Una significativa silloge di giudizi è stata poi raccolta da W. Schwarz, Die Schriften Ermenrichs von Ellwangen, in «Zeitschrift für Württembergische Landesgeschichte», 12 (1953), p. 182.

3 Schwarz, Die Schriften Ermenrichs von Ellwangen cit. 4 Ermenricus Elwangensis, Epistola ad Grimaldum, I 1, 1-3.

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L’epistoloenciclopedia di Ermenrico di Ellwangen 65

[Dottissimo maestro, mentre da tempo riflettevo su come potessi conquistare subito la vostra preziosa e cara amicizia, fra i molti dubbi, in cui l’animo versava, mi vennero incontro due grandi luci: una luce maggiore, che ci illumina spingendoci ad amare Dio, e una luce minore, che ci induce ad amare il prossimo; comandamenti, ai quali sono collegati tutti gli altri, così come tutte le altre parti del discorso restano logicamente connesse al nome e al verbo, nei quali esprimiamo la persona e l’azione.]

Cos’è questo testo? Cos’è questa scrittura magmatica, solipsistica, incontenibile, apparentemente retta dal solo capriccio di scarti associati-vi, fughe e digressioni più spontanee che razionali; apparentemente priva di un principio narrativo coerente, di là da una fumosa cornice encomia-stica, che ne garantisce, certo, la destinazione storica, ma non ne giu-stifica né il senso, né l’identità? Accostiamo la lettera di Ermenrico agli epistolari tardo-antichi (Gerolamo e Agostino), altomedievali (Cassiodoro e Gregorio Magno) e carolingi (Alcuino, Rabano Mauro, Valafrido Stra-bone, Lupo di Ferrières, Incmaro di Reims e altri): noteremo subito come essa se ne discosti radicalmente per difformità stilistica5, per estensione

(ben quarantatré pagine nell’edizione critica dei Monumenta), per varietà

5 La produzione epistolografica anteriore all’XI sec. sembrerebbe affidata, da un lato

all’uniformità della consuetudine e dall’altro alla difformità dell’estro individuale (i modelli formulari di epoca merovingia elencati da J. J. Murphy, Rhetoric in the Middle Ages. A History of Rhetorical Theory from St. Augustine to the Renaissance, Berkeley and Los Angeles 1974, La retorica nel Medioevo. Una storia delle teorie retoriche da s. Agostino al Rinascimento, trad. it. a cura di V. Licitra, Napoli 1983, p. 230, esorbitano dall’àmbito letterario, in quanto tendono alla costituzione di lettere amministrative «ad uso delle cancellerie reali ed ecclesiastiche» — Curtius, Europäische Literatur cit., p. 88); tuttavia, la successiva codificazione dello stile epistolare avviene per importazione delle norme retoriche vòlte a regolamentare l’eloquenza (cfr. B. Vickers, In Defence of Rhetoric, Oxford 1989, Storia della retorica, trad. it. a cura di R. Coronato, Bologna 1994, pp. 304 e sgg.) e ogni operazione a posteriori di questo tipo non rappresenta altro che la stabilizzazione massimale dell’uso. Vi è dunque uno stretto legame fra oratoria ed epistolografia (essenzialmente mimetico: «per gli autori medievali, eredi di un’idea già ben radicata nel mondo greco e latino, la lettera è un discorso fra assenti che permette, come scrive un inglese verso la fine del XII secolo, di pelle mortua loqui, ubi viva voce non possumus» – F. Morenzoni, Epistolografia e «artes dictandi», in Lo spazio letterario del Medioevo. 1. Il Medioevo latino, a cura di G. Cavallo - C. Leonardi - E. Menestò, II: La circolazione del testo, Roma 1994, p. 443): farebbe pensare di poter verificare la coerenza formale della lettera a Grimaldo almeno in trasparenza con i dettami dell’oratoria, che Ermenrico mostrerebbe di conoscere (cfr. Ermenricus Elwangensis, Epistola ad Grimaldum, I 4). Eppure, dal confronto emerge soltanto la possibilità che dietro l’Epistola ci sia un progetto definito, non la genuinità o meno dei suoi assunti epistolari; del resto, la stessa ampiezza della lettera è evidente trasgressione di quella concisione nella narratio, che rappresentava un elemento essenziale e irrinunciabile del discorso già nella Rhetorica ad Herennium (cfr. Curtius, Europäische Literatur cit., pp. 543-51)

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66 Francesco Mosetti casaretto

e stravaganza enciclopedica dei contenuti. Così, la natura generica della

Lettera a Grimaldo resta controversa a causa della sua ecletticità6; e se

in un saggio del 1992, John J. Contreni aveva deciso di includerla in un particolare insieme letterario, denominato «letters from the classroom»7,

paradossalmente lo aveva fatto solo perché influenzato più dalla

sum-ma erudita, che non dalla facies epistolare. La questione è complicata

dal fatto che il genere epistolare resta per tutto l’Alto Medioevo una categoria letteraria non codificata: «i primi manuali che riservano una trattazione specifica alla tecnica epistolografica furono composti (…) solo verso la fine dell’XI o del XII secolo»8. Ciò significa, naturalmente, che

non è possibile percepire in modo esatto l’«idea medievale di lettera» fino al 1100 circa9.

Guardiamo il testo. Come nel caso del nostro ironico segnavento, l’Epistola ad Grimaldum è un dispositivo semiotico ambiguo, fondato su un doppio statuto identitario:

1. Forma epistolare. È subito dichiarata in apertura: ORDITUR

EPI-STOLA ERMENRICI EPISCOPI AD DOMNUM GRIMOLDUM AB-BATEM ET ARCHICAPELLANUM.

2. Forma enciclopedica. È dichiarata, invece, poche righe sotto, quando Ermenrico, rivolgendosi al suo illustre destinatario, introduce una seconda classificazione: Et non miraris [sc. Grimaldus] e p y t o m a

6 Come osserva lo stesso J. J. Contreni, Carolingian Learning, Masters and

Manuscripts, Aldershot 1992, pp. 105 e 109. «Ermenrico di Ellwangen si è permesso delle vere e proprie pazzie nella lettera al suo protettore Grimaldo: è una raccolta disordinata di brani scelti, in cui si tratta dell’amore di Dio e del prossimo, di forme verbali irregolari e di parecchi altri argomenti» (Curtius, Europäische Literatur cit., p. 562).

7 «The category “letters from the classroom” obviously is a very loose one. Essentially

it embraces letters exchanged between scholars or between masters and students or former students whose content bears on matters studied in the Carolingian schools» (Contreni, Carolingian Learning cit., p. 84 n. 8).

8 Morenzoni, Epistolografia e «artes dictandi» cit., p. 446. Vedi anche Murphy,

Rhetoric in the Middle Ages cit., p. 233 e G. Simon, Untersuchungen zur Topik der Widmungsbriefe mittelalterlicher Geschichtsschreiber bis zum Ende des 12. Jahrhunderts, in «Archiv für Diplomatik», 4 (1958), pp. 52-119.

9 Lo stile epistolare fu usato nel Medioevo per redigere scritti di natura spesso molto

diversa. Sotto forma di lettera furono ad esempio composti carte o atti privati, diplomi imperiali o bolle papali, ma anche trattatelli morali, teologici o didattici. È quindi difficile proporre una definizione generale dell’epistola medievale, ed ancor più un elenco preciso dei vari tipi di lettera. Tutti i tentativi di classificazione, da quelli che già si trovano nelle artes dictandi medievali a quelli degli studiosi moderni, hanno dato finora risultati poco soddisfacenti, quasi sempre perché all’atto pratico la loro scarsa funzionalità è messa in evidenza dalle troppo numerose eccezioni (Morenzoni, Epistolografia e «artes dictandi» cit., p. 443).

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L’epistoloenciclopedia di Ermenrico di Ellwangen 67

meum10, «e non ti stupire della mia epitome». Cos’è, allora, l’Epi-stola ad Grimaldum? Una lettera o un’enciclopedia? L’intenzione di

Ermenrico sembra quella di voler sovrapporre in un unico enunciato due categorie («epistola» ed «epitome»), che avevano caratterizzato l’estroversa produzione grammatico-sapienziale di un altro autore, Virgilio Marone11; e, tuttavia, oltre la possibile (e finora non

stabili-ta) dipendenza ideologica, dobbiamo riconoscere che ci troviamo di fronte a un componimento, che non sembra in alcun modo armoniz-zare la sua duplicità, anzi: pare esaltarla12. Da un lato, l’ipertrofica

trattazione erudita tradisce la matrice epistolare e afferma le caratte-ristiche di un’anomala summa; dall’altro, la destinazione nominale e il livello minimo di conformazione formale (indirizzo e registro collo-quiale, exordium, petitio e conclusio13), sconfessano la summa stessa,

accreditando, al contrario, la natura epistolare. A questo punto, cosa genera il moto comunicativo di quest’opera e cosa ne orienta il sen-so? La lettera o l’enciclopedia?

Il problema dell’identità dell’Epistola ad Grimaldum è correlato, necessariamente, a quello della sua destinazione. A chi scrive, realmen-te, Ermenrico? Perché, in quanto «epistola», il testo avrebbe un solo destinatario, singolare e determinato: l’abate Grimaldo14; ma, in quanto

«epitome», la destinazione appare, al contrario, totalmente

spersonaliz-10 Ermenricus Elwangensis, Epistola ad Grimaldum, I 1, 11.

11 Come sottolinea anche il Brunhölzl (F. Brunhölzl, Geschichte der lateinischen

Literatur des Mittelalters, I. Band, s.l. 1975, Histoire de la litterature latine du Moyen Age, I / 1: L’époque mérovingienne, trad. fr. a cura di H. Rochais, Turnhout 1990, p. 148), Virgilio Marone fu ben conosciuto, stimato e utilizzato, soprattutto presso le fondazioni irlandesi di epoca carolingia.

12 Come nel caso dell’opera di Virgilio Marone, «some have seen it in part as a wilful

parody and others as the outpouring of a confused mind» (Contreni, Carolingian Learning cit., p. 109).

13 Rispettivamente: exordium (I 1, pp. 217-21), petitio (I 10, 31-64, pp. 321-5) e

conclusio (I 11, pp. 325-7). I cc. II 1-7 sono, invece, da considerarsi appendici esterne alla lettera stessa: cfr. Mosetti Casaretto, Ermenrico di Ellwangen ed. cit., pp. 210-3; E. Dümmler, Ueber Ermenrich von Ellwangen und seine Schriften, in «Forschungen zur Deutschen Geschichte», 13 (1873), p. 483 e W. Forke, Studien zu Ermenrich von Ellwangen, in «Zeitschrift für Württembergische Landesgeschichte», 28 (1969), pp. 69 e sgg.

14 A parte l’esplicita intestazione, che imprime una direzione inequivocabile alla lettera

— Orditur epistola Ermenrici Episcopi ad domnum Grimoldum abbatem et archicappellanum —, in un paio di occorrenze contestuali la personalità della composizione è ribadita, a conferma di come il ricevente designato sarebbe, davvero, l’Arcicappellano di Ludovico il Germanico (cfr. Ermenricus Elwangensis, Epistola ad Grimaldum, I 9, 3: Malui tamen hanc epistolam inter primas vel secundam fore ad honorem tuum scriptam; Non sit tenuitate sensus ultimum, quod constat ad te scriptum).

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68 Francesco Mosetti casaretto

zata, ad utilitatem legentium15. Qualunque lettore, quindi, diventa

de-stinatario. Questa contraddizione, che è in termini, si ripresenta anche a livello fabulatorio. Da un lato, infatti, Ermenrico appare coerente nel condurre il discorso epistolare con Grimaldo e nel giustificare ai suoi occhi i contenuti enciclopedici della lettera come una sorta di divaga-zione estemporanea (che, tuttavia, non ha senso alcuno se indirizzata, davvero, all’erudito Grimaldo come persona e non come destinatario no-minale, anzi: potrebbe, addirittura, risultare offensiva16); dall’altro lato,

però, lo stesso Ermenrico è ugualmente coerente nel definire l’Epistola una silloge istruttiva, gratuitamente elargita volentibus aeque nolentibus17

per diffondere il frutto del proprio sapere18. Di nuovo, chi è il vero

desti-natario? Giocoforza, siamo costretti a postulare l’esistenza di almeno due destinatari simultanei: uno privato determinato (ad Grimaldum) e uno pubblico indeterminato (ad legentes)19. Si tratta di una dualità possibile

nell’epistolografia20; ma quando si verifica, poiché vi è un’inconciliabile

incongruenza nella destinazione, uno dei due destinatari dev’essere, ne-cessariamente, fittizio. In altri termini: o è l’omino meccanico a spingere o è l’elica a mulinare; non possono farlo contemporaneamente entrambi.

Ora, nel caso della lettera di Ermenrico, esistono fondati motivi per ritenere che — come avviene già, per esempio, in Orazio21 — il gioco

15 Cfr. Ermenricus Elwangensis, Epistola ad Grimaldum, I 5, 299: Collegi ea ad

utilitatem legentium.

16 Se ne rende conto lo stesso Ermenrico: Livor edax, tacito, si quisquam murmure

dicat / Cur haec auderem scribere inepta tibi [sc. Grimaldo]… (Ermenricus Elwangensis, Epistola ad Grimaldum, I 12, 23-4); cfr. anche: I 3, 1; 5, 231-3, 279-80; 298-9; 6, 1-6; 8, 2-3.

17 Ermenricus Elwangensis, Epistola ad Grimaldum, I 5, 233. È possibile vedere in

questa disposizione filantropica l’influsso di un topos diffuso, secondo il quale «chi possiede la sapienza ha il dovere di comunicarla agli altri» (Curtius, Europäische Literatur cit., p. 102).

18 Cfr. Ermenricus Elwangensis, Epistola ad Grimaldum, I 1, 12; 5, 231-3, 279-80,

299; 6, 1-6; 8, 2-3.

19 A tali conclusioni giunse, preventivamente, il Forke: «Eine Reihe von Stellen

weisen darauf hin, daß dieser an Grimald persönlich gerichtete Brief nicht nur von diesem allein gelesen werden sollte, sondern sekundär auch zur Belehrung eines größeren Kreises gedacht war» (Forke, Studien zu Ermenrich cit., p. 13).

20 «Capita anche, a volte, che destinazioni privata e pubblica, determinata e

indeterminata, siano presenti contemporaneamente, come nelle Epistole di Orazio, rivolte a un destinatario determinato e insieme al pubblico indeterminato» (J.-M. Schaeffer, Qu’est-ce qu’un genre littéraire?, Paris 1989, Che cos’è un genere letterario, trad. it. I. Zaffagnini, Parma 1992, p. 88).

21 Precisiamo che non si intende stabilire in alcun modo un diretto influsso

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L’epistoloenciclopedia di Ermenrico di Ellwangen 69

illusorio22 riguardi il destinatario pubblico e non quello privato. Perché?

Perché il presunto beneficiario collettivo dell’Epistola perde concretezza e plausibilità a causa del suo continuo mutare. Dapprima, il re23; poi,

alcu-ni imprecisati «ignoranti»24; poi, i giovani monaci dipendenti da

Grimal-do25; quindi, alcuni ipotetici e casuali lettori26; infine, dei generici e non

meglio individuati «studenti»27. L’impressione è che il destinatario

collet-tivo sia fantasmatico ovvero non esista affatto; corrisponda più a una pro-gettata rappresentazione letteraria, che non a una reale istanza oggettiva.

L’autenticità della destinazione enciclopedica, del resto, viene smentita anche dalla desolante tradizione manoscritta dell’Epistola, che ci è stata trasmessa da un solo testimone coevo, il codex Sangallensis 265. È lecito presumere, infatti, che se la natura autentica

dell’Episto-la ad Grimaldum fosse stata queldell’Episto-la di un manuale scodell’Episto-lastico, avrebbe

dovuto produrre un numero più consistente di esemplari; e, invece, ci troviamo di fronte alla singolarità di una testimonianza, che sembra im-plicitamente attestare come il Medioevo non sia caduto nell’equivoco del segnavento e abbia interpretato il testo alla stregua di un vero documen-to episdocumen-tolare privadocumen-to28, non di un’illusoria, pubblica «lettera aperta»29.

C’è di più. Se osserviamo l’assortimento interno del codex Sangallensis 265, noteremo che, oltre alla lettera ermenriciana (pp. 3-91), esso tra-manda anche una selezione di testi poco coerente rispetto all’Epistola di Ermenrico, ma non rispetto alla persona di Grimaldo30. Si tratta dell’Epi-stola ad Antiochum regem, attribuita allo pseudo-Ippocrate (pp. 93-97)31

destinazione, una abbia necessariamente il carattere di fictio (cfr. Schaeffer, Qu’est-ce qu’un genre littéraire? cit., p.173, n. 35).

22 Proprio dei testi fittizi, che simulano atti discorsivi seri: cfr. M. Glowinski, Sur le

roman à la première personne, in «Poétique», 56 (1983), pp. 435-43.

23 Cfr. Ermenricus Elwangensis, Epistola ad Grimaldum, I 4, 45. 24 Cfr. Ermenricus Elwangensis, Epistola ad Grimaldum, I 5, 231-3.

25 Cfr. Ermenricus Elwangensis, Epistola ad Grimaldum, I 5, 279-80; 10, 31-2. 26 Cfr. Ermenricus Elwangensis, Epistola ad Grimaldum, I 5, 298-9.

27 Cfr. Ermenricus Elwangensis, Epistola ad Grimaldum, I 6, 1-6.

28 Il quale, legato all’informazione referenziale in esso contenuta, esaurisce appunto

la propria funzione nell’atto unico della trasmissione, cfr. N. Bonifazi, Il genere letterario. Dall’epistolare all’autobiografico, dal lirico al narrativo e al teatrale, Ravenna 1986, pp. 9-19. Ciò non significa, naturalmente, che l’Epistola di Ermenrico, in quanto lettera, non appartenga, a tutti gli effetti, all’insieme della letteratura.

29 Goullet, Ermenrich d’Ellwangen cit., p. 30.

30 Cfr. F. Mosetti Casaretto, Sankt Gallen, Stiftsbibliothek, 265: «ad Grimaldum

abbatem»?, in «Maia», 51 (1999), pp. 471-83.

31 A. Nelson ed., Zur pseudohippokratischen Epistula ad Antiochum regem, in

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70 Francesco Mosetti casaretto

e di alcune opere in versi di Beda il Venerabile (Vita Cuthberti metrica, pp. 98-12232; Carmen de virginitate de Edildrudæ [i. e. Etheldreda] re-ginæ, pp. 122-12333; Carmen de psalmo XLI, pp. 123-12434; Carmen de psalmo CXII, p. 12435). L’Epistola dello pseudo-Ippocrate, per esempio,

corrisponde in toto agli interessi erboristici e medicinali coltivati dall’A-bate sangallense36; e anche i testi successivi si giustificano in base alle

complesse circostanze, che hanno provocato la stesura dell’Epistola. Ciò significa che la composizione materiale del ms 265 approva la proiezione

ad personam del testo ermenriciano; e che il manoscritto Sangallense

po-trebbe essere, se non proprio il codice originale destinato a Grimaldo37,

almeno un apografo dell’esemplare dedicatorio38, come suggeriva, per

altre ragioni, lo stesso Bischoff39. In ultima analisi, non è l’omino

mec-anche G. Sabbah - P.-P. Corsetti - K.-D. Fischer, Bibliographie des textes médicaux latins. Antiquité et haut moyen âge, Saint-Étienne 1987, pp. 96 e sgg.

32 Beda Venerabilis, Vita Cuthberti (W. Jaeger ed., Bedas metrische Vita s. Cuthberti,

Leipzig 1935).

33 Cfr. Beda Venerabilis, historia ecclesiastica gentis Anglorum, IV 20 (Bede’s

Ecclesiastical History of the English People, a cura di B. Colgrave - E. R. Mynors, Oxford 1969, pp. 396-400).

34 Bedae Venerabilis Liber hymnorum - rhythmi - variae preces, ed. a cura di J.

Fraipont, in Bedae Venerabilis Opera, III: Opera homiletica - IV: Opera rhythmica, Turnholti 1955, pp. 447-8.

35 Fraipont, Bedae Venerabilis Liber hymnorum cit., p. 450.

36 «Grimald must have taken a special interest in the art of healing: Walafrid Strabo

dedicated to him a Latin poem entitled Hortulus, in which the virtues of medicinal herbs are described. It is also recorded that Grimald presented a medical work to the library. Hippocrates and Galen were studied at St. Gall, as we see from the presence of a ninth-century manuscript with excerpts from the works of these and other classical authorities» (J. M. Clark, The Abbey of St. Gall as a Centre of Literature and Art, Cambridge 1926, pp. 123-4).

37 Il fatto che l’Epistola non sia nominata nel catalogo sangallense dei libri di Grimaldo

pubblicato dal Lehmann (P. Lehmann, Mittelalterliche Bibliothekskataloge Deutschlands und der Schweiz, I, München 19692, pp. 87-9), non ci sembra particolarmente significativo al

riguardo: poiché tale lacuna non è limitata alla sola Epistola (nell’elenco, ad esempio, non figurano altri due testi dedicati a Grimaldo, e cioè la Visio Wettini e l’Hortulus, cfr. Bischoff 1981, p. 193, n. 34) e poiché l’elenco stesso si intitola Istos autem libros domnus Grimoldus de suo dedit, ad sanctum Gallum (cfr. Lehmann 1969, p. 88), possiamo semplicemente immaginare che l’abate abbia escluso dalla donazione alcune opere della sua biblioteca privata, fra cui i testi a lui stesso dedicati.

38 Presumibilmente, redatto prima dell’866; più precisamente, poiché la composizione

dell’Epistola è datata verso la fine dell’850 (terminus post quem) ed Ermenrico diventa vescovo nell’866 (terminus ante quem), la redazione sarebbe avvenuta nell’arco di questi sedici anni.

39 «Der Codex [ist] wohl als eine Abschrift des Widmungsexemplars zu beurteilen»

(B. Bischoff, Bücher am Hofe Ludwigs des Deutschen und die Privatbibliothek des Kanzlers Grimalt, in Mittelalterliche Studien, III, Stuttgart 1981, p. 200). Cfr. anche Goullet, Ermenrich d’Ellwangen cit., p. 48.

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L’epistoloenciclopedia di Ermenrico di Ellwangen 71

canico a spingere l’elica, ma, al contrario, è l’elica a muovere l’omino. Così, benché, l’Epistola, a un primo sguardo, sembri un’enciclopedia: 1) l’identità autentica del testo ermenriciano è, davvero, epistolare; 2) il destinatario ultimo (e autentico) del testo è Grimaldo; 3) la prospet-tiva pubblica, epitomatoria è virtuale, fictio di una cultura elargita, che maschera, invece, un movimento opposto: cioè, quello di una cultura esposta a scopo auto-propagandistico.

Ci si chiede, allora: come si scrive, nel Medioevo, un’«epistola», che, al contempo, si vuol «spacciare» anche come «epitome»? La ri-sposta è: grazie all’adozione di un doppio registro espressivo. Alle due differenti identità testuali (epistola ed epitome), infatti, corrispondono altrettanti piani della fabulazione:

a) un piano primario, colloquiale, che, come richiede una delle meta-fore di enunciazione più convenzionali della scrittura epistolare40,

riproduce virtualmente lo svolgersi di un discorso fra Ermenrico e Grimaldo;

b) un piano secondario, didascalico, che subentra là dove il tono collo-quiale si interrompe per sviluppare, sotto forma di temporanee quan-to erudite digressioni, alcuni argomenti di carattere enciclopedico.

Tali digressioni non partecipano, direttamente, al discorso epistola-re fra Ermenrico e Grimaldo; al contrario, sospendendolo, se discostano, per sviluppare in modo autonomo, come circoscritte voci d’enciclopedia, altri discorsi, determinati e settoriali. In pratica, non c’è alcun disordine narrativo nell’Epistola ad Grimaldum, ma un progettato colloquio virtua-le, interrotto da improvvise divagazioni a carattere enciclopedico, nelle quali l’Ellvangense finge di incorrere per libera associazione di idee;

40 «La scrittura epistolare mostra evidente la sua vicinanza al linguaggio parlato e,

nello stesso tempo, la sua necessità di scostarsene il più possibile. Legata all’informazione referenziale fino al punto da sembrarne un riflesso speculare, tale scrittura sente più d’ogni altra la conseguenza d’essere invece linguaggio scritto, sostituzione testuale, segno solitario e individuale, operazione immaginaria (…) La convenzionalità del sistema epistolare risalta nel breve rapporto che si stabilisce tra il destinatore e il destinatario, e che trasforma ed esalta letterariamente, fin quasi a confonderli, il messaggio e i modi della trasmissione discorsiva (…) Le condizioni in cui si verifica l’evento epistolare sono molto differenti da quelle di una conversazione comune: c’è un solo agente, che è il mittente, ed è lui solo a parlare (anche se risponde a un’altra lettera, o se domanda). Già il colloquio presenta una dimensione fittizia, dove il destinatario è muto, oltre che assente (almeno per tutta la durata della lettera) e lo si fa parlare per supposizione. Il colloquio è ridotto a un monologo, rivolto sì ad un altro, ma con tutta l’incertezza di una destinazione suppositiva» (Bonifazi, Il genere letterario cit., p. 9). Tale coscienza è già tardo-antica e medievale, cfr. Murphy, Rhetoric in the Middle Ages, pp. 223-304; vedi anche Morenzoni, Epistolografia e «artes dictandi», p. 443.

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72 Francesco Mosetti casaretto

a queste, seguono altrettante excusationes, che, recuperando il filo del discorso con Grimaldo, permettono a Ermenrico di riprendere la comu-nicazione diretta con l’Abate, preparando, al contempo, l’esposizione di un nuovo argomento. L’alternanza fra digressioni associative e formule escusatorie rappresenta la misura fabulatoria del testo ovvero lo strata-gemma mediante il quale Ermenrico riesce a cucire assieme la dimen-sione dell’epistola e quella dell’epitome, rendendo fictio enciclopedica e realtà epistolare un unico oggetto coerente.

Resta un solo interrogativo al quale rispondere: perché Ermenri-co scrive una lettera Ermenri-così atipica a Grimaldo? Per uno sErmenri-copo polemiErmenri-co.

Collegi ea ad utilitatem legentium, non considerans malam voluntatem invidentium41, «Ho raccolto queste cose a utilità dei lettori, non

prestan-do orecchio alla cattiva volontà degli invidiosi». Ermenrico scrive contra

contradictores e tali sono i suoi confratelli: i quali, dapprima, lo hanno

incaricato di scrivere la vita metrica di san Gallo, che il suo maestro, Valafrido Strabone, non era riuscito a comporre perché morte preventus42;

poi, spazientiti per il fastidioso temporeggiare dell’Ellvangense, hanno

41 Ermenricus Elwangensis, Epistola ad Grimaldum, I 281-99.

42 Scripsit itaque eiusdem confessoris Christi vitam [sc. s. Galli] supradictus preceptor

meus, vir simplicissime vite et per omnia recte, beatus Walahfredus tibi [sc. Grimaldo] notissimus, quem etiam tu ipse ut peritus cathegeta peritum sophistam enutristi et, ut plus in domo Dei luceret lumine Dei preventum super candelabrum elevasti. Sed, heu pro dolor, mors acerba, quae nulli parcere novit, subito eum nobis tulit, nec tamen sibi animam illam vindicavit, quam Christus assumpsit. Voluit vero ille poaetico coturno gesta beatissimi Galli comere, sed morte preventus, vitam in vita finivit (Ermenricus Elwangensis, Epistola ad Grimaldum, I 10, 39-41).

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L’epistoloenciclopedia di Ermenrico di Ellwangen 73

deciso di affidare il prestigioso compito a un non ben identificato poeta (novus Homerus), attivo di là dal Reno43. L’Epistola ad Grimaldum nasce

qui: ferito nell’orgoglio per l’indubbio discredito, che una simile esau-torazione necessariamente comportava, Ermenrico si rivolge a Grimaldo, affinché intervenga nella questione e lo reintegri nella dignità perduta44.

In un certo senso, quindi, l’Epistola ad Grimaldum è assimilabile

all’E-pistola ad Augienses fratres di Gunzone di Novara45: è una lettera

pole-mica; è originata da un diverbio; si prefigge come scopo il «recupero» della dignità intellettuale del mittente.

E, tuttavia, Ermenrico è un monaco, ha degli obblighi morali: ha scelto la Regula di Benedetto come binario della propria esistenza e ora non può allontanarsene. Per osservanza d’umiltà, non può pavoneggiarsi, ostentare la propria bravura; per temperanza, non può battere i pugni sul tavolo e dire esplicitamente ciò, che pensa dei suoi avversari. Un monaco è un monaco e non può cedere al Nemico il livore dell’anima come sponda; la societas del «corpo di Cristo» non ammette il cortocir-cuito dell’auto-aggressione46. E allora? E allora, anche se Grimaldo è un

laico47, il parlare di Ermenrico deve essere obliquo, deve saper

sfrutta-re strategicamente il vincolo della caritas, cui, da monaco, è tenuto a conformarsi. Per questo, la caritas è non solo il manifesto dell’esordio e il Leitmotiv del componimento, ma è anche il suo unico perimetro ideologico48. Solo così, si spiega la finzione dello slancio di perfecta

di-43 Cfr. Ermenricus Elwangensis, Epistola ad Grimaldum, I 10, 46 e F. Mosetti

Casaretto, L’«Epistola ad Grimaldum abbatem» di Ermenrico di Ellwangen: identità e destinazione, scopo, tipologia redazionale, in «Studi Medievali», 38 (1997), p. 660, n. 80.

44 Cfr. Mosetti Casaretto, L’«Epistola ad Grimaldum abbatem» di Ermenrico di

Ellwangen cit., pp. 647-77, in particolar modo le pp. 656-67.

45 Epistola ad Augienses und Ansel von Besate Rhetorimachia, ed. a cura di K.

Manitius, Weimar 1958.

46 Cfr. F. Mosetti Casaretto, «Dilectio proximi?» La polemica dissimulata di Ermenrico

di Ellwangen in «Hagiologica». Studi per Réginald Grégoire, a cura di A. Bartolomei Romagnoli - U. Paoli – P. Piatti, I, Fabriano 2012, pp. 393-416.

47 «Er selbst nicht dem Mönchsstand angehörte und seine Einsetzung zum Abt allein

dem König verdanke, der damit die von ihm selbst garantierte Wahlfreiheit der Mönche ignorierte» (D. Geuenich, Beobachtungen zu Grimald von St. Gallen, Erzkappellan und Oberkanzler Ludwigs des Deutschen, in Litterae medii aevi. Festschrift Johanne Autenrieth zu irhem 65. Geburtstag, hrsg. M. Borgolte und H. Spilling, Sigmaringen 1988, p. 55; cfr. anche p. 59).

48 Sulla centralità della dilectio in Ermenrico – già notata da S. Mähl, «Quadriga

virtutum». Die Kardinaltugenden in der Geistessgeschichte der Karolingerzeit, Köln 1969, p. 151 e poi ribadita da H. Löwe, Ermenrich von Passau, Gegner des Methodius, in Salzburg und die Slawenmission. Zum 1100 Todestag des Hl. Methodius. Beiträge des internationalen Symposions vom 20. bis 22. September in Salzburg, H. Dopsch cur., Salzburg 1986, p. 225;

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74 Francesco Mosetti casaretto

lectio49, la maschera convenzionale dell’epitome amorevolmente destinata

all’istruzione del prossimo50, che nasconde la realtà di un gigantesco spot

culturale per riaffermare la propria credibilità. Perché Ermenrico può polemizzare e manifestare tutto il suo dissenso solo sovrascrivendo quel-le stesse categorie etiche, che glielo impedirebbero. Restando in meta-fora: se l’omino meccanico non genera il moto dell’elica, né contribuisce a orientare il segnavento, non vuol dire che non abbia comunque una precisa funzione strategica.

Abstract

In the Epistola ad Grimaldum abbatem of Ermenrich of Ellwangen (IX sec.) two literary identities coexist simultaneously: from one side it is a sort of private letter (epistola), sent from a monk (Ermenrich himself) to his abbot (Grimald); while on the contrary, from the other side, it seems to be a public encyclopedia (epitome), developed to collect the wisdom of the author, and to offer it as a gift to his pupils. Unquestionably, these two literary identities con-tradict one another, that is: one is true, while the other is false. But which is authentic and which is not? This paper deals with the problem of the meaning of the Epistola ad Grimaldum as a coherent work, and tries to solve the puzzle concerning its real purpose.

Key words

Ermenricus Elwangensis - Epistola ad Grimaldum - enciclopedismo - let-teratura monastica - Sankt Gallen - rinascita carolingia

F. J. Worstbrock, Ermenrich von Ellwangen, in Verfasserlexikon II, Berlin 1978/1979, col. 610; e, ultimamente, anche da G. d’Onofrio, La teologia carolingia, in Storia della Teologia nel Medioevo, I: I princìpi, Casale Monferrato 1996, p. 169 – cfr. F. Mosetti Casaretto, «Iter caritatis»: forma e metafora dell›enciclopedismo epistolare di Ermenrico di Ellwangen, in «Studia Monastica», 40 (1998), pp. 265-79; Id., L’«amicitia», chiave ermeneutica dell›«Epistola ad Grimaldum abbatem» di Ermenrico di Ellwangen, in «Revue Bénédictine», 109 (1999), pp. 117-47.

49 Dei et proximi, giustificandosi l’amore del prossimo solo in relazione all’amore di Dio. 50 Cfr., ad esempio, Ermenricus Elwangensis, Epistola ad Grimaldum, I 5, 231-3:

Nimisque longum est, domine pater [sc. Grimalde], si omnia in verbis varie reperta, tibi etiam comperta, in unam congeriem conor conglobare: precipue, cum fastidium pariant scientibus et tamen necessaria sunt ignorantibus. Ob quorum etiam amorem, licet absentium, hec tam longa serie prosequar exponendo, ut sciant quod communem habere cum eis gratiam Dei desidero, in scientia artis et intellectu spiritali; et ut pro anima mea, quando hec legunt, divinum implorent auxilium, quia quicquid Deo donante intellego, aliis communico. Neque mea voluntate thesaurum celestem sub veste tenacitatis abscondo, sed volentibus eque nolentibus ultro expendo.

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