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Studio e progettazione di un sistema di accumulo di energia basato su celle a ioni di litio per una microgrid utilizzata in ambito urbano

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Studio e progettazione di un

sistema di accumulo di energia

basato su celle a ioni di litio per

una microgrid utilizzata in

ambito urbano

Tesi di laurea magistrale

Università di Pisa

(2)

2

Università di Pisa

Scuola di ingegneria

Tesi di laurea magistrale in ingegneria elettronica

Studio e progettazione di un sistema di accumulo

di energia basato su celle a ioni di litio per una

microgrid utilizzata in ambito urbano

Candidato: Daniele Bellucci

(3)

3

Capitolo 0 Abstract

In questa tesi è stato realizzato lo studio e la progettazione di un accumulatore basato su cella agli ioni di litio per una microgrid utilizzata in ambito urbano.

Negli ultimi anni a causa dell’avvento dell’urbanizzazione, dell’industrializzazione e della nascita dei veicoli elettrici (EV) la richiesta di energia elettrica dalla rete è aumentata fortemente. Questo maggiore

fabbisogno energetico ha determinato un problema di picchi di potenza sulla rete, e contemporaneamente un forte aumento del livello di inquinamento atmosferico con il conseguente aggravamento dei problemi ad esso correlati. A oltre venti anni dal protocollo di Kyoto risulta quanto mai attuale e impellente la necessità di ridurre i gas serra usando fonti rinnovabili.

Una soluzione che può contribuire al superamento di queste due problematiche è quella dell'utilizzo di microgrid, ovvero micro-reti elettriche collegate alla rete generale. Le microgrid possiedono la caratteristica di autoprodurre energia da fonti rinnovabili, di immagazzinarla in uno o più accumulatori locali e di fornirla alla rete per mitigare i picchi di potenza a essa richiesti.

In questo scenario nasce il progetto SUMA (Struttura Urbana Multifunzionale Attiva) che ha lo scopo di progettare una microgrid che massimizza l’efficienza e l’integrazione tra energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e la rete elettrica locale. Tale microgrid, inoltre, prevede l’erogazione di servizi aggiuntivi come la carica di veicoli elettrici a due o quattro ruote, come monopattini, biciclette, scooter e macchine. Il ruolo del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (DII) all’interno del progetto SUMA è la progettazione dell’accumulatore e la gestione dell’intero sistema. Questa tesi, si concentra sullo studio e sulla

progettazione del sistema di accumulo dell’energia. L’accumulatore immagazzina l’energia prodotta in eccesso e la eroga ad un inverter quando la struttura necessita di maggiore energia.

La presenza dell’inverter è dovuta al fatto che i carichi che utilizzano la struttura sono a tensione alternata. Inoltre, l’inverter impiegato ha la particolarità di utilizzare tensioni di ingresso di 48 V così che siano rispettate le normative di sicurezza di bassissima tensione, questo comporta che l’accumulatore dovrà possedere una tensione nominale prossima ai 48 V.

Come prima fase della tesi, sono stati studiati gli accumulatori presenti sul mercato ed è stato deciso di utilizzare delle celle litio ferro fosfato (LFP) per la creazione di un pacco batteria. La scelta è ricaduta sulle celle LFP perché come tutte le celle a litio presentano buone prestazioni energetiche a basso costo e, inoltre, a differenza di altre chimiche, risultano maggiormente sicure rispetto a problemi di fuga termica. Di contro come tutte le celle a ioni di litio, anche se hanno una maggiore sicurezza intrinseca, le celle LFP necessitano di un sistema di gestione e controllo che ha il compito di monitorare le funzionalità di ogni singola cella. In particolare, le celle devono rimanere costantemente nei range operativi di tensione, corrente e temperatura, in quanto, una fuoriuscita da tali range può comprometterne fortemente le funzioni arrivando perfino a causarne l’esplosione. Tale sistema di gestione e controllo prende il nome di Battery Management System (BMS).

Per rispettare le specifiche di tensione imposte dall’applicazione, il pacco sarà costituito dalla connessione in serie di 16 celle LFP con tensione nominale di 51.2 V e capacità 60 Ah. È possibile implementare nel BMS

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4

delle funzioni aggiuntive che svolgono il compito di stimare lo stato di carica (SoC) ed equalizzare la carica contenuta nelle singole celle così da massimizzare la carica estraibile.

Per implementare le funzioni aggiuntive che rendono il BMS un sistema intelligente è stato necessario studiare a fondo le celle scelte così da estrarre i parametri caratteristici che le descrivono.

Il primo test effettuato sulla cella LFP è stato un test a impulsi di corrente (PCT) dal cui sono state estratte diverse informazioni.

Innanzitutto, sono stati stimati i parametri di un modello elettrochimico di una cella a ioni di litio, che è utilizzabile per prevedere il comportamento della cella sottoposta a specifiche sollecitazioni. Una volta estratti i parametri del circuito equivalente, che descrive il modello, ne è stata verificata la sua correttezza tramite dei test di controllo; i risultati ottenuti sono positivi e soddisfacenti perché la risposta del modello presenta un errore medio di circa 10 mV rispetto alla tensione misurata sulla cella negli stessi test.

Inoltre, dal PCT è stata calcolata la carica reale contenuta nella cella LFP utilizzata. Questo studio unito allo studio precedente garantisce i valori opportuni da utilizzare negli algoritmi del BMS come la stima del SoC. Infine, grazie al test PCT è stata estrapolata anche la resistenza interna della cella. Questo dato unito ad un esperimento che stima la resistenza di contatto dovuta ai ponticelli, permette di studiare la risposta termica della cella e dell’intera batteria. Grazie a questi test è stato dimostrato che la cella LFP060AHA può essere utilizzata a correnti elevate poiché garantisce buone prestazioni senza inficiare la sicurezza durante il funzionamento.

Un ulteriore test ha consentito lo studio del fenomeno della corrente di autoscarica della cella. Si è rilevato che la corrente di autoscarica è fortemente dipendente dalla temperatura; tale dipendenza, poco studiata in letteratura, risulta molto interessante perché consente di ottimizzare la progettazione del sistema di bilanciamento della carica immagazzinata nelle celle del BMS.

Una volta completata la caratterizzazione è stata studiata e progettata una valigia per contenere le celle, l’hardware di controllo e tutte gli altri componenti e connettori necessari alla realizzazione di un pacco batteria funzionante stand-alone. Nel pacco batteria è stato usato un BMS sviluppato precedentemente, il quale è stato adattato per renderlo compatibile con la batteria in esame. Inoltre, il sistema di gestione del BMS è stato configurato usando i parametri estratti nella fase di caratterizzazione delle celle rendendo gli algoritmi di stima dello stato delle celle parametrizzati per questa applicazione. Per verificare il

funzionamento e ricavare le specifiche del pacco batteria realizzato sono stati eseguiti una serie di test di carica e scarica con diversi valori di corrente.

La prima fase della caratterizzazione della batteria ha avuto lo scopo di analizzare il rispetto dei range operativi di tensione, corrente e temperatura che garantiscono il corretto funzionamento del pacco; i risultati ottenuti sono ottimi in quanto tutte queste prerogative risultano rispettate.

Un ulteriore fase è servita a determinare la conoscenza della massima carica immagazzinabile nel pacco che, grazie all’ausilio del sensore di corrente e del tool MATLAB, è stata misurata e risulta essere 74 Ah valore migliore rispetto a quello nominale. Successivamente è stata individuata la cella del pacco batteria a minor capacità la quale limita le prestazioni dello stesso. È opportuno dire che la capacità di tale cella è in linea con quella estratta durante la caratterizzazione, ciò comporta una buona valutazione del parametro di carica massima estraibile e quindi dello stato di carica della batteria.

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5

Dai test sono stati estratti anche i valori della resistenza interna sommata alla resistenza di contatto di ogni singola cella; si nota che questi valori sono confrontabili con quelli estratti durante la caratterizzazione della cella.

L’ultimo studio ha riguardato la temperatura. È stato osservato che dopo un ciclo di carica o scarica nel pacco si crea un gradiente termico di circa 5 °C, infatti, le celle più esterne si raffreddano più velocemente rispetto a quelle interne. Come osservato precedentemente, tale gradiente termico influenza la differenza di autoscarica tra le celle contenute nel pacco, condizione che implica uno sbilanciamento della carica immagazzinata nelle celle e comporta una procedura di bilanciamento per massimizzare le prestazioni della batteria. Da tale studio si nota che il BMS, tramite il suo sistema di bilanciamento integrato, può garantire una buona equalizzazione tra le celle.

I risultati ottenuti dalla caratterizzazione della cella uniti allo studio effettuato sul sistema BMS hanno permesso la realizzazione di un pacco batteria che fornisce ottime prestazioni, convalidate dalle risposte dei test effettuati sul pacco stesso. Da questi risultati si può dire che il pacco batteria può svolgere le sue funzionalità in modo ottimale in qualunque applicazione che richiede tali specifiche di tensione ed energia; come nel caso della microgrid del progetto SUMA.

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6

Indice

Capitolo 0 Abstract ... 3 Indice ... 6 Capitolo 1 Introduzione ... 9 1.1 MICROGRID ... 9 1.1.1 Progetto SUMA ... 10 1.2 ACCUMULATORI ... 12

1.2.1 Flywheel energy storage (FES) ... 12

1.2.2 Compressed-air energy storage (CAES) ... 15

1.2.3 BATTERIA A FLUSSO DI VANADIO ... 17

1.2.4 Zero Emission Battery Research Activities (ZEBRA) ... 20

1.2.5 Celle a ioni di litio ... 23

1.3 CONFRONTO TRA ACCUMULATORI. ... 29

Capitolo 2 Battery Management System... 31

2.1 PARAMETRI FISICI ... 31

2.1.1 Monitoraggio tensione di cella ... 31

2.1.2 Monitoraggio corrente di batteria... 31

2.1.3 Monitoraggio delle temperature di cella ... 32

2.2 STATO DI CARICA (SoC) ... 34

2.2.1 Tensione a vuoto (OCV) ... 34

2.2.2 Coulomb Counting ... 36 2.2.3 Model-Based ... 37 2.2.4 Mixed Algorithm ... 38 2.3 BILANCIAMENTO ... 39 2.3.1 Bilanciamento passivo ... 40 2.3.2 Bilanciamento attivo ... 42

2.3.3 Prodotto commerciale per il bilanciamento attivo ... 44

2.3.4 Effetti dell’autoscarica delle celle ... 44

2.4 STATE OF HEALTH (SoH) ... 45

2.4.1 Riduzione della capacità nominale ... 45

2.4.2 Aumento della resistenza serie interna ... 45

2.5 ARCHITETTURE E COMUNICAZIONE DI UN BMS ... 46

Capitolo 3 Caratterizzazione di una cella LFP060AHA ... 48

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7

3.1.1 Two Wheels Instrument Station Tester (TWIST) ... 49

3.1.2 Test di training ... 51

3.2 PULSE CURRENT TEST (PCT) ... 52

3.2.1 Calcolo della resistenza serie interna ... 53

3.2.3 Calcolo dei gruppi RC ... 56

3.2.4 Calcolo della capacità reale ... 61

3.2.5 Curva OCV/SoC ... 62

3.3 CALCOLO DELL’IMPEDENZA VISTA ... 63

3.3.1 Stima della resistenza di contatto ... 64

3.4 AUTOSCARICA ... 65

3.4.1 Autoscarica di 16 celle collegate in parallelo ... 65

3.4.2 Autoscarica singola cella in camera termica ... 66

3.4.3 Analisi dei dati ottenuti ... 68

3.5 SURRISCALDMENTO ... 70

3.5.1 Considerazione teoriche ... 70

3.5.2 Scarica a 150 A ... 71

3.6 TEST DI VERIFICA CIRCUITO EQUIVALENTE ... 73

3.6.1 Correzione parametri ... 73

Capitolo 4 Pacco batteria SUMA ... 79

4.1 STRUTTURA MECCANICA ... 80 4.1.1 Sensore di temperatura ... 80 4.1.2 Distribuzione interna ... 81 4.1.3 Contatti ... 81 4.1.4 Cablaggi ... 83 4.2 HARDWARE UTILIZZATO ... 84 4.2.1 NTC MUX ... 84

4.2.2 Module Management Unit (MMU) eval_bq76PL455A ... 85

4.2.3 Pack Management Unit (PMU) ... 88

4.2.4 Ultime osservazione: hardware utilizzato ... 89

4.3 SOFTWARE UTILIZZATO ... 91

4.3.1 Programmazione concorrente ... 91

4.3.2 Sistema operativo ... 91

4.3.3 FreeRTOS ... 93

4.3.4 Task utilizzati ... 93

(8)

8

Capitolo 5 Test pacco batteria SUMA ... 97

5.1 TEST EFFETTUATI E RISPETTIVI SET-UP ... 99

5.2 RISPETTO DELLA SOA ... 101

5.3 CAPACITA’ REALE DEL PACCO BATTERIA ... 102

5.4 SURRISCALDAMENTO ... 103

5.4.1 Problemi per l’autoscarica ... 104

5.5 ULTERIORI OSSERVAZIONI ... 106

5.5.1 Problemi dell’effetto della temperatura sull’autoscarica ... 106

5.5.2 Differenze tra le celle ... 106

5.5.3 Sviluppi futuri ... 109

Capitolo 6 Conclusioni ... 110

Bibliografia ... 112

Indice Figure ... 117

(9)

9

Capitolo 1 Introduzione

1.1 MICROGRID

Negli ultimi anni la forte industrializzazione mondiale, la progressiva trasformazione delle società rurali in società urbane, ha portato ad un aumento considerevole della richiesta energetica (in Italia nel 2018 sono stati erogati 289708 GWh rispetto ai 108000 GWh del 1968) [1] . Da questa situazione sono nate due tipi di problematiche:

• Una prima problematica è di tipo strutturale [2]. La maggior richiesta di energia elettrica,

comportando un aumento dei picchi di potenza sulla rete, necessita di una rete di distribuzione più evoluta di quella attuale che per tanto deve essere ristrutturata.

• La seconda problematica è di tipo ambientale [1]. In Italia fino all’inizio degli anni ’90 la maggior parte dell’energia veniva prodotta tramite combustibili fossili inquinanti per ceneri, fumi e gas rilasciati nell'aria. La maggiore richiesta energetica ha portato negli anni anche ad un maggiore inquinamento ambientale. Grazie al protocollo di Kyoto (1997) che ha stabilito l’obiettivo di ridurre i gas serra prodotti a livello mondiale, è stato incentivato anche in Italia l’utilizzo delle fonti

rinnovabili per la produzione dell’energia.

Partendo da queste due problematiche la soluzione pensata dalla comunità scientifica è quella dell'utilizzo di microgrid, ovvero micro-reti elettriche collegate alla rete generale. Le microgrid possiedono la

caratteristica di auto produrre energia, di immagazzinarla in un accumulatore locale e di fornirla quando verrà richiesta così da ridurre sia la quantità di energia prelevata dalla rete sia l’inquinamento se la produzione locale avviene tramite fonti rinnovabili. Tutto questo necessita di un’unità di controllo [3] [4]. Nel caso di microgrid che producono energia da fonti rinnovabili è possibile, consultando le previsioni meteo, prevedere la quantità di energia prodotta localmente e, controllando il mercato dell'energia, è possibile abbattere i costi prelevando energia dalla rete quando questa costa meno e immagazzinandola nell’accumulatore locale (Figura 1).

(10)

10

1.1.1 Progetto SUMA

Il sistema microgrid si presta bene per realizzare unità per la ricarica di veicoli elettrici, sia mezzi civili che commerciali.

Tale sistema ha come caratteristiche principali (Figura 2):

• Produrre energia, preferibilmente da fonti rinnovabili, e immagazzinarla nell'accumulatore così da riducendo i problemi di picco sulla rete elettrica.

• Gestire i vari flussi energetici così da diminuire i costi interni. • Fornire energia ai sistemi che alimentano la microrete. • Fornire energia ai carichi che utilizzano tale microrete. • Garantire un funzionamento ad isola.

Figura 2 Esempio di Vehicle-to-Grid

Nella categoria delle è compreso il progetto SUMA “Struttura urbana multifunzionale attiva”.

Tale progetto intende realizzare una pensilina multifunzionale che offre diversi servizi, tra cui i principali: • Servizi informativi (connessione alla rete internet, identificazione utenti connessi…).

• Monitoraggio ambientale. • Ricarica per veicoli elettrici.

• Fornire picchi di potenza ai dispositivi collegati.

SUMA possiede una logica di controllo che gestisce i flussi energetici a seconda delle necessità e delle opportunità di immagazzinamento dell’energia (controllo previsioni meteo e del mercato energetico). Le caratteristiche energetiche di tale struttura sono:

• Potenza erogabile massima 22 kW.

• Potenza di picco del solare 1 𝑘𝑊𝑚2 con superficie stimata di 6 𝑚2.

(11)

11

• Tensione nominale dell’accumulatore ≈ 48V (valore che rispetta la soglia di bassissima tensione ELV).

Da quanto elencato si nota che la presenza di un accumulatore è caratteristica imprescindibile per rendere un sistema come SUMA una microgrid intelligente (Figura 3).

Figura 3 Blocchi funzionali progetto SUMA

È opportuno sottolineare che in questo elaborato di tesi verranno presentati lo studio, l’analisi e la costruzione di un pacco batterie che sarà utilizzato come dimostratore per un prototipo SUMA.

(12)

12

1.2 ACCUMULATORI

Esposte le caratteristiche principali di una microgrid è opportuno concentrarsi sui possibili accumulatori utilizzabili

È adeguato precisare che gli accumulatori possibili non sono soltanto batterie elettrochimiche in quanto in commercio esistono diversi dispositivi elettromeccanici o idraulici che possono immagazzinare energia e che posseggono un buon rendimento.

In questo paragrafo si presentano alcuni tipi di accumulatori esistenti in mercato e se ne analizza le caratteristiche, così che sia possibile scegliere la soluzione migliore da utilizzare nel dimostratore SUMA. Vengono evidenziati dei parametri di merito per il confronto quali:

• Energia nominale [Wh]. • Densità di energia [Wh/l]. • Energia specifica [Wh/kg]. • Temperatura di esercizio [°C]. • Costo [$]. • Cicli di vita.

1.2.1 Flywheel energy storage (FES)

Flywheel energy storage (FES) è un accumulatore elettromeccanico che immagazzina energia sotto forma di energia cinetica. Il principio di funzionamento è distinto dalla presenza di un volano che posto in rapida rotazione realizza una batteria inerziale. La quantità di energia immagazzinata dipende dalla massa rotante (rotore) e dalla velocità di rotazione della massa stessa [5] [6].

Se si aggiunge un motore elettrico e un convertitore di potenza si ottiene un accumulatore che fornisce in uscita energia elettrica. Infatti una tipica batteria a volano consiste in un rotore sospeso magneticamente, connesso ad un motore elettrico e/o un generatore elettrico, posto all'interno di una camera a vuoto, grazie alla quale si ha una riduzione dell'attrito. L'energia viene caricata tramite un impianto elettrico che aumenta la velocità di rotazione del volano e scaricata rallentandone la rotazione (Figura 4) [7].

(13)

13

Dal principio di funzionamento si può descrivere l'energia cinetica immagazzinata all'interno di un FES che risulta [7] [8]:

𝐸 =1 2𝐽𝜔

2

Con J momento di inerzia e ω la velocità angolare della massa del volano. Nel caso specifico, trattandosi di un cilindro cavo con la massa concentrata sulla superficie del cilindro, il momento di inerzia è pari a:

𝐽 = 𝑚𝑟2

Con m e r rispettivamente massa e raggio del cilindro. Da cui si ottiene che: 𝐸 =1

2𝑚𝑟

2𝜔2

Le capacità tipiche per singolo rotore sono dell'ordine dei 0.25𝐾𝑊ℎ − 6𝐾𝑊ℎ con un rendimento che è circa del 𝜂 ≈ 90%. Inoltre, un FES può raggiungere energie specifiche fino ai 100 Wh/kg e può garantire picchi di potenza di circa seicento volte l’energia nominale di immagazzinamento [9].

Per esempio, il FES utilizzato in Formula 1 di proprietà Williams ha energia nominale di 110 Wh e può erogare 60KW per 6 secondi [9].

Infine, lo stato di carica risulta facilmente valutabile dalla velocità angolare (tipici valori di ω sono [ 6000,60000] rpm).

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14

Si riportano in tabella le caratteristiche di alcuni dispositivi FES in commercio [8].

Nome produttore

Active

Power Acumentrics AFS Trinity

Beacon Power Flywheel Energy Systems Magnet-Motor Nome prodotto CleanSource DC Power-Q (PQ100, PQ175, PQ250) M3A 100kW M4A 200kW Smart Energy series BHE-6 (2kW) Smart Power series BHP-250 (250kW) Series 45 rotors Magnetodynamic storage (MDS) Potenza rotore 250kW 80 kW 140 kW 200 kW 100 kW 200 kW BHE: 2 kW BHP: 250 kW 50 kW 5MW Tempo di vita >10000 cicli > 100000 cicli 20 anni Tipici 100000 cicli Tipici 100000 cicli > 100000 cicli Capacità rotore 1kWh approx. 0.44 kWh 0.56 kWh 0.55 kWh 0.42 kWh 2.0 kWh BHE: 6 kWh BHP: 1.7 kWh 1.3kWh 22.2 kWh

(15)

15

1.2.2 Compressed-air energy storage (CAES)

Un impianto CAES immagazzina energia sotto forma di aria compressa. L'aria viene compressa all'interno di serbatoi e può essere convertita in energia elettrica grazie all'utilizzo di una o più turbine.

Come è noto la compressione dell'aria genera calore mentre la sua espansione lo dissipa, questo ha portato alla progettazione di diverse generazioni di CAES, le più evolute sono ottimizzate nel recupero del calore così da raggiungere rendimenti energetici elevati [10] [11].

Nei sistemi di prima e seconda generazione non avviene il recupero del calore prodotto dalla compressione, pertanto è necessario che l'aria sia miscelata con gas naturali da bruciare nel momento dell’espansione così da garantire un buon rendimento della turbina (Figura 5) [10] [11].

Figura 5 Esempio di CAES non adiabatico

I sistemi CAES di ultima generazione sono definiti sistemi adiabatici in quanto, rispetto alle altre

generazioni, non utilizzano gas naturale per aumentare il rendimento della turbina ma impiegano il calore prodotto dalla compressione dell’aria stessa. Il calore prodotto dal compressore viene immagazzinato in un serbatoio di sali e fornito alla turbina nel momento di prelievo di energia (Figura 6) [10] [11].

(16)

16

Dal momento che il sistema CAES di terza generazione non ha una turbina a gas, il rendimento è fortemente dipendente alla efficienza di accumulo termico, teoricamente può raggiungere il 100% In alcuni studi l’accumulatore CAES di terza generazione raggiunge un rendimento 𝜂 = 70 % [12] [13].

(17)

17

1.2.3 Batteria ai flussi di vanadio

La batteria al flusso di vanadio è un tipo di batteria ricaricabile, in cui gli elettroliti che contengono una o più sostanze elettroattive disciolte fluiscono attraverso una cella elettrochimica che converte l'energia chimica direttamente in energia elettrica.

Gli elettroliti sono stoccati esternamente, generalmente in vasche o serbatoi, e vengono pompati attraverso la cella del reattore (Figura 7).

Le batterie di flusso possono essere "ricaricate" rapidamente sostituendo l'elettrolita liquido e recuperando il materiale esausto [14] [15] [16].

Figura 7 Schematizzazione di una VRB

Segue una breve analisi delle reazioni che avvengono durante la fase di scarica e di carica.

In fase di scarica, ovvero quando c'è un carico collegato ai terminali della batteria, il flusso degli elettroni generati dalla VRB scorre dall'anodo verso il catodo della batteria. Questo avviene poiché l'ossidazione da 𝑉2+ a 𝑉3+ genera un aumento del potenziale sull'anodo, allo stesso tempo la riduzione da 𝑉5+ a 𝑉4+ fa sì

che il potenziale del catodo diminuisca [14] [15]. Anodo:

𝑉2+→ 𝑉3++ 𝑒

Catodo:

𝑉5++ 𝑒→ 𝑉4+

Mentre la reazione è attiva si verifica una diffusione di ioni idrogeno (H+) che servono a mantenere la neutralità di carica e a completare il circuito. [38]

Per garantire l'equilibrio della reazione complessiva la reazione catodica, grazie alla diffusione di ioni idrogeno (H+), garantisce la formazione di acqua reagendo con gli ioni ossido di vanadio VO2+ e VO2+

presenti così da ottenere la reazione generale:

𝑉2++ 𝑉𝑂

(18)

18

Per quanto riguarda la carica della batteria è sufficiente invertire il processo collegando un alimentatore ai terminali della VRB; le reazioni risulteranno opposte a quelle di scarica (Figura 8).

Il potenziale ottenuto dalla reazione è [14] [15]:

𝐸 = 𝐸𝑐𝑎𝑡𝑜𝑑𝑜− 𝐸𝑎𝑛𝑜𝑑𝑜= (1.00 + 0.25)𝑉 = 1.25 𝑉

Figura 8 Principio di funzionamento di una VRB

Da quanto descritto è facile intuire che l'energia accumulabile dalle batterie ai flussi di Vanadio dipende dalla grandezza dei serbatoi mentre per quanto riguarda i picchi di potenza che le VRB possono garantire si tengono in considerazione due aspetti: la densità di carica presente e l'area della membrana (della sua sezione trasversale).

Per esempio, se si necessita di una corrente di 3000A e la densità di carica è pari a 300𝑐𝑚𝑚𝐴2 (densità di

carica tipica) la membrana dovrà avere una superficie di 10000 𝑐𝑚2 così da poter garantire una potenza 𝑃∗= 𝑉𝑉𝑅𝐵∗ 3000𝐴 [14] [16].

Come già accennato, nelle batterie a flusso di vanadio le due semicelle sono collegate a serbatoi di riserva contenenti volumi molto grandi di elettrolita, ciò richiede un certo ingombro, e limita la possibilità di utilizzo delle batterie a flusso di vanadio in applicazioni mobili, di fatto confinandole a grosse installazioni fisse.

(19)

19

Dopo la sintesi del funzionamento di una VRB si mostrano alcune caratteristiche di batterie al flusso di vanadio [14] [16] [17].

Esempio teorico

[14] [16]

Esempio teorico

[14]

Prodotto

Commerciale

[17]

Tipo di Batteria

Batteria a singola

cella

Batteria a 58 celle

VRB VisBlue

Tensione nominale (V)

1.25

1.19 a SOC = 50%

70

48

Energia nominale (Wh)

135K

148.4K

Da 25 a 500 kWh a

seconda dei

serbatoi

Volume (l)

1400 per serbatoio 1050 per serbatoio

Sconosciuto

Densità d’energia (Wh/l)

48

70.5

Sconosciuto

Cicli di vita

Sconosciuto

Sconosciuto

≥10,000 cicli

Temperatura di esercizio

-40°C to +50°C

-40°C to +50°C

-40°C to +50°C

Auto-scarica

Sconosciuto

Sconosciuto

<0.3% al giorno in

caso di pompe

ferme.

Prezzo

Sconosciuto

≈ 60000 $

25000 $

(20)

20

1.2.4 Zero Emission Battery Research Activities (ZEBRA)

Le batterie ZEBRA stanno guadagnando spazio sul mercato grazie alle loro prestazioni, infatti hanno una elevata sicurezza, la possibilità di operare in un intervallo di temperature esteso e sono composte da materiali abbondanti in natura.

Per contro richiedono di operare a temperature ben superiori a quella ambiente (250 °C ÷ 350 °C), da cui il nome di “batterie calde”. Le batterie ZEBRA richiedono la presenza di un sistema elettronico che controlli e gestisca la loro temperatura così da rimanere nell’intervallo operativo [18] [19] [20].

Le celle ZEBRA sono costituite da un elettrodo negativo di sodio liquido separato dall’elettrodo positivo da un elettrolita solido di beta-allumina (Beta-Alumina Solid Electrolyte, BASE, 𝐴𝑙2𝑂3) in grado di far passare

solo gli ioni sodio(𝑁𝑎+), e un elettrolita liquido fatto di tetracloroalluminato di sodio (𝑁𝑎𝐴𝑙𝐶𝑙4),

responsabile del trasporto di ioni, con sciolte dentro altre specie chimiche, tra cui cloruro di sodio ( 𝑁𝑎𝐶𝑙), nichel (𝑁𝑖), e ferro (𝐹𝑒). L’elettrodo positivo è costituito invece interamente da nichel (𝑁𝑖).

La necessità di lavorare a temperature alte è dovuta alla temperatura di fusione del sale (157 °C), 𝑁𝑎𝐴𝑙𝐶𝑙4 ,

e al fatto che la beta-allumina presenta una resistenza sufficientemente bassa soltanto quando la temperatura supera i 250 °C. È di vitale importanza che in una batteria sodio-nichel-cloro non circoli mai corrente quando questa si trova a meno di 250 °C.

Quando la batteria è troppo fredda, infatti, la presenza di una corrente, anche modesta, può causare una foratura nello strato di beta-allumina, danneggiando gravemente e rendendo inutilizzabile la batteria in maniera permanente.

D’altra parte, la temperatura non deve superare i 350 °C in quanto una eccessiva solubilità di NiCl2 e FeCl3

nell’elettrolita liquido nuoce alla beta-allumina.

Figura 9 Spaccato di una ZEBRA

Le reazioni che avvengono in una batteria ZEBRA sono le seguenti [19] [20]: Catodo:

(21)

21 Anodo:

𝑁𝑎 ⇌ 𝑁𝑎++ 𝑒

In complessivo:

𝑁𝑖𝐶𝑙2+ 2𝑁𝑎 ⇌ 𝑁𝑖 + 2𝑁𝑎𝐶𝑙 (𝐸 = 2.58 𝑉)

Figura 10 Redox batteria ZEBRA

È opportuno sottolineare che per migliorare le prestazioni di una batteria ZEBRA viene aggiunto un altro reagente che al termine della reazione principale, ovvero quando il potenziale della reazione di ossido riduzione diventa inferiore di 2.35V, comincia a reagire secondo la reazione:

𝐹𝑒𝐶𝑙2+ 2𝑁𝑎 ⇌ 𝐹𝑒 + 2𝑁𝑎𝐶𝑙 (𝐸 = 2.35 𝑉)

Nelle batterie in commercio questa reazione ha inizio quando la batteria ha raggiunto circa il 30% dello stato di carica e serve a controllare l’aumento della resistenza interna così da migliorarne le prestazioni. Oltre a migliorare le prestazioni protegge la batteria da uno stato di sotto scarica che danneggerebbe la beta-allumina.

(22)

22 Ora si elenca alcune caratteristiche di batterie ZEBRA [19] [21].

Esempio teorico

[19]

Batteria commerciale

[21]

Tipo di Batteria

Singola Cella

48TL200

ZEBRA Battery

Tensione nominale (V)

2.59/2.50

48

Capacità nominale (Ah)

38

200

Energia nominale (Wh)

100

9600

Peso (kg)

0.68

105

Volume (l)

0.55

88,6

Energia specifica (Wh/kg)

140

91

Densità d’energia (Wh/l)

180

108

Cicli di vita

≈ 4500

≈ 10000

Auto-scarica (o perdite termiche

operative)

***

≈ 26%

Prezzo

***

≈ 14700 $

(23)

23

1.2.5 Celle a ioni di litio

Dalla loro scoperta nel 1912 da parti di Gilbert Newton Lewis fino al 1992, anno in cui Sony le ha immesse sul mercato, le batterie a ioni di litio sono state molto studiate in quanto mostravano notevoli vantaggi rispetto ad altri tipi di accumulatori.

Ad oggi sono le più diffuse in quanto, rispetto ad altri accumulatori elettrochimici, hanno una densità di carica veramente elevata e a parità di energia erogata, dimensione più piccole.

Nello specifico ci sono diverse celle agli ioni di litio in commercio.

Prima di andare ad analizzare nel dettaglio la diversa chimica è utile osservare il funzionamento generale che accumuna tutti i tipi di celle al litio.

Le celle agli ioni di litio moderne sono composte da quattro principali stadi (Figura 11) [22] [23] [24] [25]: • Catodo. Costituito generalmente da ossido di litio metallico; ha delle cavità atomiche dove si vanno ad inserire gli ioni di litio rilasciati dall’anodo durante la scarica. In fase di carica, invece, tali ioni lasciano queste cavità per tornare sull’anodo.

• Anodo. Costituito solitamente da grafite (C6), ospita gli ioni di litio in fase di ricarica ed è la sorgente di emissione degli ioni in fase di scarica.

• Elettrolita. È una miscela di sali di litio e composti organici, serve a veicolare gli ioni di litio dall’anodo al catodo e viceversa.

• Separatore. È una membrana microporosa che separa meccanicamente i due elettrodi della cella, evitando che vadano in cortocircuito; selettivamente consente il passaggio dei soli ioni di litio da una parte all’altra della cella [22] [23] [24] [25] [26].

(24)

24

Figura 12 Forme di una cella a ioni di litio. Partendo in alto a sinistra in senso orario: Cilindrica, rettangolare, bottone e flat.

In tutte le batterie al litio le reazioni di ossidoriduzione associate ai processi di carica e scarica sono reazioni reversibili.

Si descrive di seguito il funzionamento di una cella a litio [22] [23] [24] [25].

In fase di scarica, quando la cella viene collegata ad un carico, gli atomi di litio nell'anodo, intercalato nella matrice di grafite, si ossidano rilasciando all'esterno elettroni mentre gli ioni litio migrano verso il catodo attraversando l'elettrolita. In tal modo il catodo subisce una reazione di riduzione.

Contemporaneamente l'elettrone rilasciato dall'anodo percorre il circuito esterno ed arriva al catodo dove si combina con lo ione 𝐿𝑖+ formando nuovamente un atomo di litio interstiziale.

Durante il processo di carica lo ione litio 𝐿𝑖+ viene estratto dall'ossido metallico che costituisce il catodo e va in direzione dell’anodo, direzione che viene presa anche dagli elettroni, i quali passano dal catodo all'anodo attraverso il circuito esterno al quale è collegata la cella. Pertanto, il metallo del catodo viene quindi ossidato. All'anodo il processo di carica determina l'intrappolamento dello ione 𝐿𝑖+, che combinandosi con un elettrone si riduce a litio [22] [23] [24] [25].

Le reazioni sono le seguenti (vengono descritte le reazioni base e come esempio applicate ad una cella ossido litio cobalto LCO raffigurate nella Figura 13).

Anodo:

𝐿𝑖 ⇌ 𝐿𝑖++ 𝑒− Catodo:

(25)

25 Per la cella LCO avviene:

Anodo:

𝐿𝑖𝐶6 ⇌ 𝐿𝑖++ 𝐶6+ 𝑒−

Catodo:

𝐿𝑖++ 𝐶𝑜𝑂2+ 𝑒− ⇌ 𝐿𝑖𝐶𝑜𝑂2

Figura 13 Reazioni durante la scarica e la caria di una cella a ioni di litio

L'elettrolita spesso viene utilizzato in soluzione liquida o gelatinosa per veicolare gli ioni di litio tra anodo e catodo, e viceversa. Le soluzioni utilizzate sono generalmente miscele di sostanze organiche con

permeabilità dielettrica elevata e una o più sostanze con viscosità relativamente bassa il che contribuisce ad aumentare la conduttività [22] [23] [24] [25].

I solventi organici maggiormente usati sono [22] [23] [24] [25]:

EC (Etilen Carbonato): il suo impiego è essenziale con la grafite, perché tende a proteggerla con uno strato di passivazione.

PC (Propilen Carbonato): viene in genere utilizzato con elettrodi negativi di carbone mentre con la grafite non forma un film passivo stabile.

Tra i Sali di litio piu comunemente usati vi è 𝐿𝑖𝑃𝐹6 (Esafluorofosfato di litio, ad elevata conducibilità e

solubilità in EC), 𝐿𝑖𝐶𝑙𝑂4 (litio perclorato, esplosivo), 𝐿𝑖𝐵𝐹4 (Tetrafluoroborato di litio, per alte temperature),

𝐿𝑖𝑁(𝑆𝑂2𝐹)2 (litio FSI, per basse temperature) e 𝐿𝑖𝑁(𝑆𝑂2𝐶𝐹3)2 (litio TFSI, stabile fino a 4V).

Per quanto riguarda il separatore, spesso si usa una plastica multistrato in polipropilene (PP) o polietilene (PE) per separare l’anodo e il catodo. Questo materiale consente agli ioni litio di passare dall'anodo al catodo proteggendo la cella da corto circuito. Multistrati PP/PE/PP sono usati per proteggere lo strato intermedio di PE dalla fusione date le più altre temperature di fusione di PP (155 °C). Tipicamente lo spessore del separatore è di circa 10-30 µm [22] [23] [24].

(26)

26

Riguardo la chimica delle diverse celle si possono osservare e seguenti differenze. • Ossido di litio cobalto (𝑳𝒊𝑪𝒐𝑶𝟐 , LCO) [25] [27]

È la prima cella commercializzata agli ioni di litio. La reazione al catodo è:

𝐿𝑖++ 𝐶𝑜𝑂2+ 𝑒− ⇌ 𝐿𝑖𝐶𝑜𝑂2

La tensione di cella è tipicamente compresa tra 3.6-3.8 V ed ha un elevata densità di energia. • Litio-manganese ossido (𝑳𝒊𝑴𝒏𝟐𝑶𝟒 , LMO) [27]

Uno dei pregi principali di questo materiale catodico è quello di essere molto economico in quanto il manganese è molto abbondante in natura e non è tossico per l’ambiente.

La reazione al catodo è:

𝐿𝑖++ 𝑀𝑛2𝑂4 + 𝑒− ⇌ 𝐿𝑖𝑀𝑛2𝑂4

La tensione di cella è tipicamente 3.8 V ed ha un elevata densità di energia. • Litio ferro fosfato (𝑳𝒊𝑭𝒆𝑷𝑶𝟒 , LFP) [25]

Grazie al fosforo, che è un materiale molto più sicuro di quelli presenti nelle tecnologie LCO o LMO, tale batteria risulta estremamente stabile alla sovraccarica e non va facilmente in fuga termica. Queste sono le migliori in termini di sicurezza intrinseca.

La reazione al catodo è:

𝐿𝑖++ 𝐹𝑒𝑃𝑂4 + 𝑒− ⇌ 𝐿𝑖𝐹𝑒𝑃𝑂4

La tensione di cella è tipicamente 3.2-3.3 V, più bassa delle altre e anche la densità di energia non è tra le migliori.

• Ossido di litio-nickel-manganese-cobalto (𝑳𝒊𝑵𝒊𝒙𝑴𝒏𝒚𝑪𝒐𝒛𝑶𝟐 , NMC) [28]

Sono tra le celle più commercializzate. Questo tipo di cella offre prestazioni simili alle LCO ma risulta più economica e maggiormente stabile ad eventuali sbalzi termici.

La reazione al catodo è:

𝐿𝑖++ 𝑁𝑖

𝑥𝑀𝑛𝑦𝐶𝑜𝑧𝑂2+ 𝑒− ⇌ 𝐿𝑖𝑁𝑖𝑥𝑀𝑛𝑦𝐶𝑜𝑧𝑂2

La tensione di cella è tipicamente 3.6-3.7 V. La densità di energia, come osservato precedentemente, è simile alle LCO.

A causa della loro complessità sono molto sensibili a variazioni nel processo produttivo e queste le rende piuttosto variabili in termini di prestazioni.

(27)

27

• Ossido di litio-nickel-cobalto-alluminio (𝑳𝒊𝑵𝒊𝑪𝒐𝑨𝒍𝑶𝟐 , NCA) [29]

Vengono utilizzate per applicazioni portatili grazie alla densità di energia che risulta essere la migliore tra le celle qui elencante.

La reazione al catodo è:

𝐿𝑖++ 𝑁𝑖𝐶𝑜𝐴𝑙𝑂2+ 𝑒− ⇌ 𝐿𝑖𝑁𝑖𝐶𝑜𝐴𝑙𝑂2

La tensione di cella è tipicamente 3.6V. La sicurezza è bassa e il costo è molto elevato [24].

• Ossido di litio-titanio (𝑳𝒊𝟒𝑻𝒊𝟓𝑶𝟏𝟐 , LTO) [30] [31]

Le celle LTO si differenziano da quelle sopra elencante per la struttura della cella stessa in quanto il 𝐿𝑖4𝑇𝑖5𝑂12 è presente all'anodo.

La reazione all’anodo è:

𝐿𝑖4𝑇𝑖5𝑂12+ 3𝐿𝑖++ 3𝑒− ⇌ 𝐿𝑖7𝑇𝑖5𝑂12

La tensione di cella è tipicamente 2,2–2,3V. La densità di energia è più bassa rispetto alle altre celle studiate, il costo è il più alto.

Tuttavia, la cella LTO offre il vantaggio di poter operare a una temperatura inferiore rispetto ad altri prodotti chimici ed è molto stabile a fughe termiche.

Alcuni produttori stanno cercando di abbassare il costo di tali celle così da renderle alternativa valida per molte applicazioni a bassa energia e alta potenza come micro-HEV [24].

La tabella riporta in maniera dettagliata le caratteristiche delle celle citate [24]. [30] [32] [32]:

Chimica del Catodo LFP LMO LTO LCO NCA NMC

Energia specifica [Wh/Kg] 80-130 105-120 70 120-150 80-220 140-180 Densità di energia [Wh/L] 220-250 250-265 130 240-450 210-600 325 Volt [V] 3.2-3.3 3.8 2.2-2.3 3.6-3.8 3.6 3.6-3.7 Auto scarica [% al mese] < 3% 5% 2-10% 1-5% 2-10% 1% Range operativo di tensione [V] 2.6 a 3.8 3.5 a 4.2 2.2 a 2.8 3.5 a 4.2 2.8 a 4.2 2.6 a 4.2 Range operativo di temperatura [°C] -20 a 60 -20 a 60 -40 a 55 -20 a 60 -20 a 60 -20 a 55 Cicli di Vita 1000-2000 >500 >4000 >700 >1000 1000-4000 Costo per KWh [$] 400-1200 400-900 600-2000 250-450 600-1000 500-900

(28)

28

Per il confronto con altri accumulatori si sceglie di utilizzare la cella litio ferro fosfato (LFP) in quanto risulta la più aderente alle caratteristiche dell’applicazione SUMA, essa infatti gode di una buona sicurezza intrinseca e possiede un’estesa durata di vita rispetto ad altre tecnologie più performanti.

A livello commerciale, per le LFP, si utilizzano le celle prodotte da Winston, le LFP060AHA.

Si riportano i valori della Winston LFP060AHA che poi saranno utilizzati per il confronto con gli altri accumulatori. [35] Tensione V 3.2 Peso Kg 2.3 Volume L 1.5 Capacità nominale Ah 60 Densità di energia Wh/L 130 Energia specifica Wh/Kg 84 Range di temperature °C -20 to 60 Costo $ 75

(29)

29

1.3 CONFRONTO TRA ACCUMULATORI.

Date le caratteristiche degli accumulatori presentati nel paragrafo precedente si confrontano i parametri di merito tra quelli in commercio al fine di scegliere la tecnologia più adeguata a un pacco batterie SUMA. Prima di concentrarsi sui parametri di merito si eliminano sin da subito gli accumulatori CAES dal confronto, visto che non è possibile impiegarli come pacco batterie SUMA infatti le specifiche generali non rispettano le specifiche per il progetto SUMA.

Come accennato nel paragrafo 1.2 si sceglie di utilizzare come parametri di merito l’energia nominale, la densità di energia, l'energia specifica, la temperatura di esercizio, i cicli di vita e il costo.

Tipo di accumulatore Energia nominale [Wh] Densità di energia [Wh/L] Energia Specifica [Wh/Kg] Temperatura di esercizio [°C]

Cicli di vita Costo [$]

LFP 190 84 130 -20 to 60 1000-2000 75

VRB 148.4K 70.5 *** -40 to 50 10000 25000

ZEBRA 9600 108 91 Inf ≈ 2500 14700

FES 110 *** 5.5 Quasi inf 100000

Tabella 6 Parametri degli accumulatori presi a confronto

Ricordando le specifiche della batteria SUMA: Tensione nominale ≈ 48 V.

Energia nominale 3.5 KWh.

Si nota dalla tabella che il rapporto capacità nominale rispetto al costo nelle batterie LFP risulta essere il migliore.

Per SUMA è stato scelto, come primo dimostratore, di utilizzare un pacco batteria realizzato dalla

connessione in serie di 16 celle LFP, della famiglia Winston 60Ah, che porta alla realizzazione di una stringa con le seguenti caratteristiche:

Tensione nominale V 51.2 Peso Kg 37 Volume L 24 Capacità nominale Ah 60 Energia nominale Wh 3100 Densità di energia Wh/L 130 Energia specifica Wh/Kg 84 Range di temperature °C -20 to 60 Costo $ 1200

Tabella 7 Caratteristiche del pacco batteria utilizzato come dimostratore SUMA

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Figura 14 Rendering del dimostratore a LFP

Come tutte i pacchi batterie formati da celle al litio, anche questo necessita di un sistema che controlli e gestisca i parametri fisici della batteria: tensione, corrente e temperatura. Il sistema elettronico che fornisce queste caratteristiche prende il nome di Battery Management System (BMS).

Nel caso che un pacco batteria richieda una tensione nominale più alta rispetto a quella della singola cella (come nel caso SUMA), oppure nel caso di maggior bisogno di carica immagazzinata nella batteria, è necessario collegare più celle tra loro. I collegamenti tra celle possono essere in serie o in parallelo perciò il BMS controllerà ogni punto di collegamento così da analizzare ogni tensione di cella e monitorarla rispetto al range operativo di tensione.

Individuato il tipo di accumulatore che realizzerà il pacco batterie SUMA il lavoro di tesi si concentra sull’obiettivo di controllare la carica, la scarica e altre funzioni secondarie dell’accumulatore stesso. Verranno esposte le problematiche e le caratteristiche del sistema di controllo nel capitolo successivo. Infine, è opportuno segnalare che per quanto riguarda il progetto SUMA, insieme agli altri partner, è stato deciso di creare altri due dimostratori che utilizzeranno una batteria VRB e una batteria ZEBRA.

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Capitolo 2 Battery Management System

Come specificato nel capitolo precedente un pacco batterie agli ioni di litio necessita di un sistema elettronico che controlli i parametri fisici e attui gli opportuni cambiamenti per mantenerlo nel range operativo. Inoltre, il sistema elettronico implementa accorgimenti utili per descrivere il comportamento della batteria, tipo lo stato di carica o lo stato di salute della batteria stessa. Tale sistema elettronico prende il nome di Battery Management System (BMS).

2.1 PARAMETRI FISICI

Lo scopo principale di un BMS è quello di monitorare i parametri fisici della batteria quali: • Tensione delle celle del pacco batteria.

• Corrente del pacco batteria. • Temperatura delle singole celle.

Il BMS deve garantire il controllo di questi tre parametri che, in caso di scostamenti dai valori operativi, potrebbero produrre dei guasti al pacco batteria arrivando a causare, nella peggiore dell’ipotesi, possibili esplosioni pericolose per gli utenti che ne usufruiscono. Il rispetto di tali valori permette alla cella di operare nella propria Safe Operating Area (SOA).

2.1.1 Monitoraggio tensione di cella

Il monitoraggio delle tensioni di cella è una prerogativa principale di ogni BMS.

Come riportato nel capitolo 1 la cella agli ioni di litio presenta dei valori tipici di undercharge e overcharge. Questi valori devono essere rispettati per evitare reazioni chimiche non controllabili che causerebbero seri danni alla cella stessa [24] [33].

Il BMS ha il compito di segnalare quando si presentano tali condizioni e, nei BMS più avanzati, effettuare procedure di carica o di scarica per garantire il rispetto di tali range.

Infine, come già accennato nel capitolo 1, in caso di specifiche necessità è possibile effettuare collegamenti misti, serie e parallelo, così da aumentare sia la tensione nominale sia la capacità del pacco batteria. Questo comporta un aumento della complessità della struttura del BMS.

2.1.2 Monitoraggio corrente di batteria

Un altro aspetto fisico che deve essere tenuto sotto osservazione è la corrente del pacco batterie e in questo caso i motivi sono due.

Il primo motivo è dovuto all’aspetto della sovracorrente che si può suddividere in ulteriori due casi. Un caso è il cortocircuito: una cella a ioni di litio presenta una resistenza interna estremamente bassa questo comporta che, in caso di cortocircuito, il pacco possa fornire in uscita una corrente pari a

𝐼𝑏𝑎𝑡𝑡 =

𝑉𝑏𝑎𝑡𝑡

∑ 𝑅𝑐𝑒𝑙𝑙𝑎

(32)

32

realizzando così una situazione di pericolo. In questo caso viene previsto un fusibile in serie all’uscita del pacco così che, in caso di cortocircuito, il fusibile possa interrompere l’erogazione di corrente.

L’ulteriore casistica che riguarda la sovracorrente risiede nel fatto che: nelle celle a ioni di litio, come nella cella Winston LFP060AHA, se scorre una corrente eccessiva la cella può subire danneggiamenti e avere così ripercussioni su tutto il sistema. Secondo il datasheet le celle Winston LFP060AHA possiedono l’esigenza di limitare la corrente in scarica a 600 A per 10 s e in carica a 180 A, rispettando queste soglie la cella non si rovina [32]. Allora, in caso di sovracorrente, il BMS deve sospendere il flusso di corrente nella batteria. Il secondo motivo è dovuto alla conoscenza del valore di corrente erogata o assorbita che è di estrema importanza. Prendendo in esempio la scarica di una batteria, se si conosce la corrente erogata si può risalire a quante cariche sono state erogate e quindi, nel caso iniziale di batteria carica con carica massima nota, è possibile ricavare a quale percentuale di Stato di Carica (SoC) si trova la batteria.

Mentre per il primo motivo il sistema non necessita di precisione nella lettura di corrente, ma solo di capire il superamento di una soglia fissata, per il secondo scopo è necessario che il sensore di corrente sia preciso in quanto la carica è in funzione del flusso di corrente.

Si riportano le due grandi tipologie di sensori di corrente presenti sul mercato:

• Sensori basati su resistenze di shunt [34]. La corrente da misurare viene fatta passare in una resistenza di valore molto basso e preciso, realizzata con dei materiali aventi una resistività elettrica non dipendente dalla temperatura. La corrente che scorre nella resistenza crea ai suoi capi una caduta di potenziale

proporzionale alla stessa corrente da misurare; così viene valutato il modulo e il segno di questo potenziale risalendo al valore di corrente e al verso.

Per una misura più accurata ed indipendente dalle resistenze di contatto si effettua una misura a 4 punti. Questi sensori sono realizzati con materiali, come la costantana (lega rame nickel), che sottoposti a un gradiente termico garantiscono basse variazioni di resistività. Questa tecnica di misura è semplice ma richiede un circuito dedicato per il condizionamento del segnale; inoltre questa tipologia di misura condiziona il circuito in cui si vuole misurare la corrente.

• Sensori ad effetto Hall [34]. Sono dei sensori che sfruttano l’effetto Hall di alcuni materiali per cui un campo magnetico induce ai capi del materiale una differenza di potenziale in direzione ortogonale al campo e proporzionale al campo stesso. Se il campo è quello generato da una corrente, la differenza di potenziale indotta ai capi del materiale sarà proporzionale alla corrente. Questo tipo di sensori hanno il privilegio di essere isolati galvanicamente dal circuito sottomisura, a differenza dei precedenti basati su shunt resistivo. Per contro, la precisione di misura dipende da quanto il flusso del campo magnetico generato dalla

corrente viene convogliato all’interno del sistema di misura.

2.1.3 Monitoraggio delle temperature di cella

La temperatura è il terzo parametro fisico che richiede di essere controllato. Se una cella supera la temperatura massima operativa si innescano, al suo interno, delle reazioni chimiche non reversibili che la renderebbero nella migliore dell’ipotesi inutilizzabile e nella peggiore incline a esplosioni (come già precisato nel capitolo precedente) [35]. Nel caso che la temperatura diminuisca così da superare la temperatura minima operativa il problema si focalizza nella carica. Infatti, durante la carica a basse

temperature gli ioni di litio, invece che inserirsi come interstiziali nello strato di grafite, creano uno strato di metallizzazione nella grafite stessa che porterebbe come minimo ad una riduzione di capacità e nella

(33)

33 peggiore dell’ipotesi a cortocircuitare la cella.

Tuttavia, il BMS, tramite dei sensori di temperatura, controlla le temperature delle celle del pacco batterie e nel caso di fuoriuscita dai range operativi di temperatura si preoccuperà di adottare delle soluzioni opportune per evitare l’innesco delle reazioni chimiche irreversibili, come interrompere il flusso di corrente.

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34

2.2 STATO DI CARICA (SoC)

Oltre al controllo dei parametri fisici, che ogni BMS è obbligato a possedere, è possibile implementare delle ulteriori funzioni che verranno utilizzate per conoscere informazioni importanti della batteria.

Una di queste funzioni è la stima dello Stato di Carica (SoC).

La conoscenza del SoC è una caratteristica molto importante infatti, grazie a questo parametro, si può calcolare l’autonomia residua del pacco batteria [33] [26].

Per prima cosa si esprime la definizione di SoC:

𝑆𝑜𝐶 = 𝑄

𝑄max

Dove 𝑄 è la carica residua della cella e 𝑄max è la carica massima immagazzinabile nella cella.

Adesso il problema si sposta sulla stima della carica residua della cella.

Prima di analizzare i metodi per il calcolo della carica residua, si scrive il SoC in funzione della carica prelevata così da facilitare la lettura di tale parametro.

𝑄𝑝𝑟𝑒 = 𝑄𝑚𝑎𝑥− 𝑄 che implica 𝑆𝑜𝑐 = 1 − 𝑄𝑝𝑟𝑒 𝑄𝑚𝑎𝑥

2.2.1 Tensione a vuoto (OCV)

Il metodo più semplice per la stima dello stato di carica si basa sulla relazione, spesso univoca, tra il SoC e la tensione a vuoto della cella, ovvero la tensione in assenza di flusso di corrente, che è legata strettamente allo stato di carica della cella (Figura 15) [26] [33] [36].

(35)

35

La relazione di univocità tra OCV e SoC è indispensabile per l’utilizzo di tale metodo, ma oltre a questa prerogativa ci sono altri aspetti che rendono ugualmente questo algoritmo poco utilizzabile.

Per esempio: si prende in considerazione una cella con capacità considerevole e si ipotizza che stia erogando corrente. Nel caso della tecnica OCV/SoC, per stimare lo stato di carica, si interrompe la scarica della cella così da poter misurare la sua tensione OCV.

Da analisi si nota che questa è un’operazione che non può funzionare a causa dei tempi di rilassamento della cella (Figura 16).

Figura 16 Rilassamento di una cella LFP

Infatti, una cella agli ioni di litio ha bisogno di un tempo non trascurabile per far sì che dopo l’interruzione della scarica la sua tensione ritorni al valore effettivo di OCV. Ma, come nell’esempio preso in ipotesi, non sempre è possibile permettersi di non erogare corrente per un tempo non trascurabile (in Figura 16 si nota che il tempo di rilassamento è nell’ordine di centinaia di secondi per l’esempio preso in considerazione). È utile sottolineare che variazioni di temperatura portano errori non trascurabili per la caratterizzazione della stima dello stato di carica, questo perché la tensione a vuoto di una cella dipende dalla temperatura della cella stessa.

Infine, è opportuno ribadire che non tutte le celle al litio sono predisposte a questo tipo di metodo. Come si può notare dalla Figura 18 , una cella LFP ha una curva OCV/SoC con pendenze non significative da cui possono scaturire errori durante il calcolo del SoC; infatti, non c’è univocità tra i valori di OCV e il SoC (Figura 17) (Figura 18).

(36)

36

2.2.2 Coulomb Counting

L’algoritmo Coulomb Counting è un metodo molto utilizzato per la stima del SoC. Il principio di

funzionamento è quello di “contare” le cariche estratte dalla cella che sottratte dallo stato di carica iniziale fa sì che si possa ricavare lo stato di carica attuale [26] [33] [37].

Da qui si ricava l’equazione che descrive il metodo Coulomb Counting:

𝑆𝑜𝐶(𝑡) = 𝑆𝑜𝐶(𝑡0) −

∫ 𝑖 𝑑𝑡 𝑡𝑡

0

𝑄𝑚𝑎𝑥

Come già accennato questo modello ha bisogno della lettura della corrente erogata (o assorbita) dalla batteria così da poterla utilizzare nell’equazione. In caso di corrente erogata dalla batteria, per definizione, la corrente ha segno negativo, nel caso contrario, la corrente assume segno positivo.

Analizzando l’equazione che descrive il modello è possibile considerare due tipi di errore che questo metodo può commettere.

Il primo è un errore di calibrazione che dipende dalla precisione del calcolo della 𝑄𝑚𝑎𝑥. Come è di facile

comprensione un utilizzo errato del valore 𝑄𝑚𝑎𝑥 porterebbe a compiere un errore proporzionale all’errore

stesso di cui è affetta 𝑄𝑚𝑎𝑥. Allora, si può pensare di calcolare la 𝑄max della batteria all’installazione del

pacco stesso e settarla così nell’algoritmo di calcolo, successivamente implementare, mediante test effettuati, un algoritmo che corregge 𝑄𝑚𝑎𝑥 al passare del tempo di utilizzo di tale batteria. Questi

accorgimenti dovrebbero garantire una corretta stima del valore 𝑄𝑚𝑎𝑥.

Il secondo errore che si commette è dovuto al rumore che è presente durante la lettura della corrente. Il rumore viene campionato e se, non è a media nulla, va a modificare il risultato dell’integrale. Se si considera tempi molto lunghi e correnti erogate basse, la stima ottenuta può risultare essere solo errore. In conclusione, l’algoritmo Coulomb Counting risulta essere non performante per tempi di misura molto lunghi e, oltre a un sensore di corrente preciso, necessita di un meccanismo per la calibrazione del valore di 𝑄𝑚𝑎𝑥.

(37)

37

2.2.3 Model-Based

L’ultimo metodo per il calcolo del SoC è il Model-Based. Con Model-Based viene specificata una serie di modelli per il calcolo del SoC.

Un tipo di modello è quello che utilizza il circuito elettrico equivalente di una cella a ioni di litio (Figura 19) [26] [33] [38].

Figura 19 Circuito equivalente di una cella al litio

Come si nota dall’immagine il circuito è composto in due sezioni.

La prima, quella di sinistra, schematizza l’energia immagazzinata nella batteria. 𝐶𝑐𝑒𝑙𝑙𝑎 = 𝑑𝑒𝑠𝑐𝑟𝑖𝑣𝑒 𝑙𝑎 𝑐𝑎𝑟𝑖𝑐𝑎 𝑖𝑚𝑚𝑎𝑔𝑎𝑧𝑧𝑖𝑛𝑎𝑡𝑎 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑐𝑒𝑙𝑙𝑎. 𝑅𝑝 = 𝑚𝑜𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑙𝑎 𝑐𝑜𝑟𝑟𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑑𝑖 𝑎𝑢𝑡𝑜𝑠𝑐𝑎𝑟𝑖𝑐𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑐𝑒𝑙𝑙𝑎. 𝐼𝑐𝑒𝑙𝑙𝑎 = 𝑠𝑐ℎ𝑒𝑚𝑎𝑡𝑖𝑧𝑧𝑎 𝑙𝑎 𝑐𝑜𝑟𝑟𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑒𝑟𝑜𝑔𝑎𝑡𝑎 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑏𝑎𝑡𝑡𝑒𝑟𝑖𝑎.

La seconda, quella di destra, descrive la resistenza interna e i tempi di rilassamento della cella. 𝑉𝑜𝑐𝑣 = 𝑑𝑒𝑠𝑐𝑟𝑖𝑣𝑒 𝑙𝑎 𝑡𝑒𝑛𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑎 𝑣𝑢𝑜𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑐𝑒𝑙𝑙𝑎.

𝑅𝑠𝑒𝑟𝑖𝑒 = 𝑠𝑐ℎ𝑒𝑚𝑎𝑡𝑖𝑧𝑧𝑎 𝑙𝑎 𝑟𝑒𝑠𝑖𝑠𝑡𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑛𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑏𝑎𝑡𝑡𝑒𝑟𝑖𝑎. 𝐺𝑟𝑢𝑝𝑝𝑖 𝑅𝐶 = 𝑑𝑒𝑠𝑐𝑟𝑖𝑣𝑜𝑛𝑜 𝑖 𝑟𝑖𝑙𝑎𝑠𝑠𝑒𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑐𝑒𝑙𝑙𝑎.

I gruppi RC sono di numero variabile, più si aumenta il numero dei gruppi e più il modello sarà preciso, di conseguenza l’aumento dei gruppi RC necessita di maggiori risorse di calcolo.

Il metodo Model-Based si basa sulla caratteristica OCV/SoC della cella al litio. Infatti, l’idea di fondo è quella di stimare il SoC dalla lettura della tensione Vcella. Quando tutti i gruppi RC e Rserie sono noti è possibile attuare questa procedura così da calcolare la tensione OCV della cella grazie alla conoscenza della tensione Vcella (Figura 19).

Anche questo metodo non è esente da problemi, infatti alcune ripercussioni che si possono riscontrare dai problemi di questo modello sono principalmente due. Si può notare che questo metodo va molto bene per tempi lunghi dove i gruppi RC sono a regime, mentre per tempi corti risulta meno efficace del Coulomb Counting a causa proprio dei gruppi RC.

Il secondo problema è che, come per il metodo OCV/SoC, non è possibile utilizzare il Model-Based per tutte le tipologie di celle a litio.

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38

2.2.4 Mixed Algorithm

Visto la complementarietà dei metodi Coulomb Counting e Model-Based è opportuno pensare di creare algoritmi composti da entrambi i modelli, così da ridurre, usando i punti di forza di entrambi, gli errori introdotti nella stima del SoC [26] [33] [39].

Detto questo lo schema logico di un mixed algorithm risulterà essere:

Figura 20 Schema logico di un algoritmo misto

Dalla Figura 20 si nota una possibile implementazione che sfrutta sia la conoscenza della tensione di cella che la conoscenza della corrente pacco batteria.

Si riassume:

Algoritmo Vantaggi Svantaggi Applicazione OCV-SoC Molto semplice. Stima in condizioni particolari

(OCV).

Molto semplici, in cui la batteria non viene usata di continuo.

Coulomb Counting Semplice e preciso su brevi periodi.

Poco preciso su lunghi periodi, quindi ha la necessità di essere ricalibrato spesso.

È adatto a tutte le applicazioni data la sua semplicità, ovviamente la stima migliora se la misura della corrente è precisa o vi è la possibilità di ricalibrare spesso l’algoritmo.

Model-based Può risultare molto preciso

La precisione dipende

dall’accuratezza del modello e quindi dalla sua complessità.

In applicazioni con elevate potenzialità di calcolo data la sua complessità. Mixed-Algorithm Fornisce una stima

molto precisa

Ha un’elevata complessità se si vuole ottenere una buona stima

In applicazioni molto dinamiche dove la precisione è da prediligere.

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39

2.3 BILANCIAMENTO

Dopo avere analizzato la funzione dello stato di carica si esamina un ulteriore funzione del BMS. Un BMS ha il compito di bilanciare la carica contenuta nelle celle che compongono il pacco batteria così da

massimizzare la stessa carica estraibile. Se la carica estratta non è la carica massima contenuta nel pacco batteria, il pacco si dice sbilanciato [26] [33] [40].

Per analizzare l’effetti dello sbilanciamento su un pacco batteria si prende in esempio un pacco batteria composto da 4 celle collegate in sere tra loro. Si ipotizza che le celle siano ideali e uguali tra loro così che le loro capacità siano identiche, inoltre si considera che ci sia uno sbilanciamento iniziale.

Lo scenario di partenza è descrivibile come in figura; le celle hanno capacità nominale 108000 ma sono sbilanciate tra loro (Figura 21):

Figura 21 Condizioni iniziali [26]

Da qui il pacco viene caricato e la carica terminerà quando una cella raggiungerà la soglia di overcharge; nel caso in esempio la cella 4 raggiungerà la condizione di cella carica prima delle altre (Figura 22).

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Al termine della carica completa del pacco la batteria viene fatta scaricare completamente, così da poter calcolare la massima carica estraibile (Figura 23).

Figura 23 Condizioni al termine della scarica completa del pacco batteria [26]

Da qui si nota che la carica estratta dal pacco batterie, viste le ipotesi di partenza, è pari alla carica immagazzinata nella cella con minor SoC iniziale e che non è stato possibile estrarre la massima carica immagazzinata nella batteria.

Affermato ciò è possibile scrivere la relazione che lega la carica estratta dal pacco in funzione dello stato di carica delle celle [26].

𝑄𝑒−𝑚𝑎𝑥= 𝐶𝑛 [min(𝑆𝑜𝐶𝑖) + min(1 − 𝑆𝑜𝐶𝑖)]

Con 𝑄𝑒−𝑚𝑎𝑥 viene indicata la carica massima estraibile, 𝐶𝑛 la capacità nominale delle celle e con 𝑆𝑜𝐶𝑖 lo

stato di carica della cella i-esima.

Analizzato il problema si nota che portando tutte le celle allo stesso SoC si ottiene la massima carica estraibile che è pari alla capacità nominale.

Per far ciò il BMS attua una strategia di bilanciamento che porta tutte le celle ad avere lo stesso stato di carica.

Per raggiungere questo risultato esistono due grandi tipologie di metodi per il bilanciamento: • Bilanciamento passivo.

• Bilanciamento attivo.

2.3.1 Bilanciamento passivo

Il bilanciamento passivo è il metodo di bilanciamento più semplice, consiste nello scaricare le celle più cariche così da ottenere lo stesso SoC per tutte le celle del pacco. Questa tecnica comporta una perdita di energia che diventa considerevole in caso siano presenti celle con alte capacità ma ha un minor costo di implementazione.

Per la realizzazione è possibile utilizzare due strutture hardware. Entrambe presentano resistori, che scaricano la cella, e switch che hanno il compito di selezionare la cella da bilanciare

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41 Prima architettura (Figura 24) [26] [33] [41] [40]:

Figura 24 Schema bilanciamento passivo con n celle e n resistori

La prima architettura presenta un resistore in parallelo ad ogni cella e uno switch, che controllato, gestisce il bilanciamento di tale cella. Questa è la struttura più semplice da realizzare anche se presenta una ridondanza nell’uso di resistori.

Seconda architettura (Figura 25) [26] [40]:

Figura 25 Schema bilanciamento passivo con un solo resistore

La seconda architettura utilizza un solo resistore che tramite una matrice di switch viene posto in parallelo alla cella che deve essere bilanciata. Si nota subito che la diminuzione dei componenti utilizzati comporta una maggior complessità per il controllo degli switch, infatti, il controllore deve evitare il cortocircuitarsi delle celle che porterebbe ad una distruzione del pacco.

Nella Tabella 9 è riassunto la complessità delle due architetture citate.

Numero celle Numero resistori Numero switch

Prima Archittettura n n n

Seconda Archittettura n 1 n+1

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2.3.2 Bilanciamento attivo

Il bilanciamento attivo è ideato per contrapporsi a quello passivo e trova maggiore impiego in pacchi batterie con celle ad alta capacità nominale. Il bilanciamento attivo, invece di scaricare le celle con più carica, ha come principio di funzionamento quello di fornire carica alle celle con SoC inferiore così da raggiungere ugualmente una condizione di equilibrio tra le celle. Questo comporta un risparmio energetico che risulta in caso di pacchi batterie contenti celle con alte capacità nominali.

È possibile pensare a diversi metodi per trasferire carica tra le celle a più alto SoC a quelle più basse. Il primo metodo illustrato è quello basato sulla tecnologia switching capacitors dove le celle sono connesse in parallelo a dei condensatori, tramite una matrice di switch si controlla l’equalizzazione di due celle adiacenti (Figura 26) [26] [33] [41] [40].

Figura 26 Bilanciamento attivo con l'utilizzo del sistema switching capacitors

Si nota come questa configurazione strutturale sia uguale al primo metodo del bilanciamento passivo con l’eccezione che al posto di resistori sono presenti dei condensatori. Come nel bilanciamento passivo è possibile estendere il metodo così che utilizzi un solo condensatore; questa estensione porta gli stessi benefici e gli stessi svantaggi menzionati precedentemente.

Gli altri due metodi che saranno esposti, invece, sono basati su trasformatori. In entrambi i casi l’energia che alimenta il trasformatore viene prelevata dall’intero pacco batteria e successivamente viene erogata alla cella con SoC più basso.

La prima tecnologia presenta l’utilizzo di un trasformatore avente il primario collegato, attraverso uno interruttore, all’intero pacco batteria mentre ogni cella è collegata ad un secondario.

Chiudendo l’interruttore il primario si carica, una volta riaperto l’interruttore il primario si scarica sul secondario della cella avente minor SoC; così si ottiene l’equalizzazione. In questo caso il processo di bilanciamento è di facile controllo dato che con un’onda quadra, che apre e chiude l’interruttore del primario, si può bilanciare l’intero pacco batteria (Figura 27) [26] [33] [41] [42] [40].

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Figura 27 Bilanciamento attivo con metodo trasformatore primario e secondario

La seconda tecnologia basata sui trasformatori utilizza, invece, un convertitore DC-DC.

L’ingresso del convertitore DC-DC viene collegato al pacco tramite un interruttore, mentre l’uscita viene collegata alle celle tramite una matrice di switch.

Il DC-DC si carica e si scarica sulla cella con SoC inferiore che viene selezionata tramite un controller che monitora lo stato di carica di tutte le celle. Questo metodo necessita che il gestore controlli gli switch in maniera opportuna così da non procurare cortocircuiti. Infine, è opportuno dire che questa tecnologia risulta sì essere la più complessa ma è quella che porta a un miglior rendimento rispetto agli altri metodi mostrati. (Figura 28) [26] [33] [41] [40].

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2.3.3 Prodotto commerciale per il bilanciamento attivo

Per completezza si espone un prodotto commerciale utilizzato per bilanciare le celle di una stringa. Il prodotto in questione è LTC3300-1 di Analog Device che utilizzando il metodo di bilanciamento attivo equalizza la carica delle celle della stringa [43].

Figura 29 Circuito funzionale LTC3300-1 per bilanciamento attivo [43]

Come si osserva dalla Figura 29 il circuito di Analog Device utilizza dei trasformatori per bilanciare la carica delle celle a minor SoC. Tramite la lettura del potenziale di ogni cella viene utilizzata la carica della cella a SoC più alto per caricare la cella a SoC più basso. In Figura 29 viene mostrato l’esempio di come la cella C6 venga scaricata così da equalizzare la cella C1.

2.3.4 Effetti dell’autoscarica delle celle

Le celle agli ioni di litio hanno un corrente di autoscarica che a seconda della chimica può non essere trascurabile.

Nel caso di ipotesi di auto-scarica simile tra le celle contenute nel pacco questa caratteristica non influisce sul bilanciamento del pacco batteria stesso, ma se le correnti di auto-scarica sono significativamente diverse tra cella e cella un pacco batteria si sbilancerà.

Esempio:

Pacco batteria costituito da due celle C1 e C2 aventi capacità nominale di 100 Ah.

C1 ha una auto-scarica di 3% al mese mentre C2 di 5% al mese rispetto alla rispettiva capacità nominale. Dopo un periodo di 6 mesi dove il pacco non è stato utilizzato, e dove le condizioni iniziali di C1 e C2 erano di carica completa, le celle risultano avere la rispettiva carica immagazzinata:

• C1 = 82 Ah. • C2 = 70 Ah.

Si nota come il pacco si sia sbilanciato.

Detto questo è concepibile pensare di studiare l’autoscarica del pacco, così da prevedere un metodo di bilanciamento opportuno per tale batteria affetta da questo problema.

Riferimenti

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