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Utilita di immunoglobuline arricchite in Ig-M come terapia adiuvante nella sepsi nel bambino critico

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UNIVERSITA’ DI PISA

Scuola di specializzazione in

Anestesia, rianimazione, terapia intensiva e del dolore

Direttore: Prof. Francesco Forfori

Utilità di immunoglobuline arricchite in Ig-M come

terapia adiuvante nella sepsi nel bambino critico

Relatori: Candidata:

Dott. Sergio Giuseppe Picardo Dott.ssa Isabella Tucci

Prof. Francesco Forfori

Correlatore:

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Alla mia famiglia

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INDICE

Indice 3

Introduzione 4

PARTE DESCRITTIVA

Capitolo I - Sistema immunitario fisiologia del bambino e fisiopatologia

6

Capitolo II - Fisiopatologia della sepsi e dello shock settico

2.0 Risposta all’infezione di un sistema immunitario in via di sviluppo 8

2.1 Fisiopatologia della sepsi 9

Capitolo III - Definizioni

3.0 Epidemiologia e considerazioni generali 11

3.1 Definizione di sepsi, sepsi severa e shock settico 11

3.2 Definizione di sepsi 12

3.3 Sepsi severa 13

3.4 Criteri di disfunzione d’organo 14

3.5 Shock settico 15

Capitolo IV - Raccomandazioni / linee guida / evidenze

4.0 Fase rianimatoria 17

4.1 Trattamento dello shock settico 17

4.1.1 Supporto emodinamico 17

4.1.2 Terapia antimicrobica 18

4.1.3 Ventilazione meccanica (PARDS) 19

4.2 Recenti strategie terapeutiche per la sepsi e lo shock settico 21

4.2.1 Caratteristiche delle immunoglobuline 21

4.2.2 Meccanismo d’azione delle immunoglobuline endovena 22

4.2.3 Immunoglobuline endovenose: differenze tra preparati monovalenti e quelli arrichiti in IgM 23

PARTE SPERIMENTALE

CapitoloV

5.0 Scopo dello studio 26

5.1 Materiali e metodi 5.1.1 Popolazione in studio 26

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4

5.1.2 Classificazione dei dati 27

5.2 Statistica 28 5.3 Risultati 28 5.4 Discussione 29

Conclusioni 34

Bibliografia 35

Ringraziamenti 40

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5

Introduzione

Le patologie infettive sono una frequente causa di ricovero in Terapia Intensiva e costituiscono al tempo stesso le più diffuse ed insidiose complicanze che possono manifestarsi durante la degenza in questi reparti.

La sepsi è una sindrome, a rischio di vita, caratterizzata da alterazioni fisiologiche, patologiche e biochimiche indotte da uno stato infettivo.1

L’entità di questa risposta infiammatoria spesso sregolata, determina la severità della disfunzione d’organo e della conseguente prognosi per il paziente. L’aumento dell’incidenza si accompagna alla crescita di pazienti con più comorbidità e al miglioramento delle tecniche di diagnosi. Nonostante le recenti strategie terapeutiche e i nuovi regimi antibiotici, la mortalità e la gravità clinica da sepsi e shock settico resta elevata, rappresentandone una delle principali cause. L’intensità e la gravità clinica e la conoscenza più approfondita delle basi fisiopatologiche di questo disordine (e dei meccanismi associati alle risposte pro e anti-infiammatorie che l’organismo sviluppa) hanno fornito un nuovo approccio al trattamento di questa condizione potenzialmente letale. La risposta infiammatoria sistemica e la sepsi sono infatti un’affezione del sistema immunitario più che i semplici effetti prodotti da un agente patogeno. Mentre le alterazioni dell’immunità acquisita vengono associate allo specialista immunologo, quelle dell’immunità innata andrebbero associate all’intensivista. Lo shock settico, per esempio, rappresenta il risultato di una attivazione coordinata dell’immunità innata da parte dell’ospite. Inoltre la patogenesi dell’insufficienza respiratoria acuta e dell’insufficienza multiorgano innesca l’attivazione e la propagazione della risposta dell’immunità innata. Alcune terapie mirate per l’immunità innata sono attualmente oggetto di trials clinici, mentre altre terapie (come la Proteina C) sono approvate solo per la popolazione adulta.2 Un approccio immunoterapico, con lo scopo quindi di neutralizzare l’endotossina e vari altri prodotti batterici, e che agisca attraverso la passiva somministrazione di immunoglobuline endovena, sembra essere molto promettente nella pratica clinica, molto di più, che l’utilizzo come target di un solo mediatore della cascata infiammatoria.

I preparati di immunoglobuline endovena contengono anticorpi in grado di sostenere l’organismo nel combattere gli effetti della sepsi.

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6

Scopo di questo studio è stato investigare la reale utilità della somministrazione di preparati arricchiti in IgM (immunoglobuline policlonali) nel ridurre la mortalità di pazienti pediatrici con shock settico ricoverati presso la nostra terapia intensiva.

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PARTE DESCRITTIVA

Capitolo I - Sistema immunitario: fisiologia del bambino e

fisiopatologia

Rubor et tumor cum calore et dolore (Cornelio Celsio, de Medicina) erano

universalmente riconosciuti come i quattro segni cardinali dell’infiammazione.

L’immunità innata rappresenta un sistema più ancestrale (che si evolve nel tempo) che fornisce all’ospite un sistema di difesa immediato verso insulti patogeni. L’immunità innata non necessita di una precedente esposizione alla noxa patogena. Tra le cellule coinvolte nell’immunità innata si trovano: monociti, neutrofili, cellule endoteliali e dendritiche. Non appena attivata, l’immunità innata mette in atto una risposta cellulare intensa ed effettori immunitari tali da contenere o neutralizzare microrganismi invasivi. L’immunità acquisita rappresenta il processo biologico attraverso il quale il sistema immunitario genera una risposta ad un patogeno (o vaccino) con cui viene a contatto. Tale risposta richiede giorni o settimane, attraverso l’utilizzo di immunoglobuline e molecole specifiche dei linfociti T e B.

Nell’organismo adulto, la sede di produzione e della prima fase di maturazione dei linfociti avviene nel midollo osseo, mentre durante la vita embrionale altri organi come il sacco vitellino (nel primo trimestre di gestazione) e fegato e milza (a seguire) svolgono questa funzione. I linfociti T e B derivano dalla stessa cellula staminale presente nel tessuto emopoietico midollare, poi, dopo la maturazione iniziale in due linee distinte nel midollo stesso, proseguono la loro differenziazione ancora nel midollo (linfociti B), nel tessuto timico (linfociti T) e infine negli organi linfoidi periferici (linfonodi, milza, tessuto linfatico apparato digerente) dove i linfociti T e B colonizzano specificamente aree diverse attraverso il circolo ematico e linfatico.

Ci focalizziamo sul processo di genesi e maturazione dei linfociti B in quanto prendono parte attiva nei meccanismi fisiologici di produzione e attivazione dell’immunità mediata dalle immunoglobuline.

Il processo di differenziazione del linfocita B e’ suddiviso in due tappe:

1. Maturazione antigene indipendente (o differenziazione centrale o midollare). 2. Maturazione antigene dipendente (o differenziazione secondaria o periferica).

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8

Maturazione antigene indipendente. I linfociti B derivano da una comune cellula

progenitrice staminale totipotente comune alla quale ne possono derivare tutte le linee cellulari ematiche. Ne segue una seconda cellula staminale dalla quale verrà preso l’indirizzo di sviluppo e maturazione della linea linfoide (linfociti T e B). Una volta indirizzate verso la filiera linfocitaria B, si assiste alla configurazione dei geni per la sintesi delle immunoglobuline che diventano specifici per questa linea. La comparsa delle catene delle immunoglobuline avviene dapprima nel citoplasma (durante la fase pre-B) seppur non in forma completa, per poi comparire in forma definitiva (IgM) sulla superficie cellulare del linfocita immaturo.

Maturazione antigene dipendente. Avviene negli organi linfatici, varia a seconda dello

stimolo antigenico, ma comunque comporta la differenziazione in linfociti B altamente specializzati nella risposta immunitaria, come le plasmacellule e linfociti B della memoria. Dopo la stimolazione ad opera di un antigene avviene la produzione di IgD e IgM che vengono posizionate sulla membrana, alle quali poi si aggiungono anche le catene pesanti di IgG e IgA. Da qui si assiste alla trasformazione in plasmacellule con notevoli quantità di Ig nel citoplasma.

I livelli ematici delle immunoglobuline variano a seconda dell’età e, una volta dosate nel sangue, andrebbero controllate con gruppi di controllo rapportati all’età del paziente esaminato. I livelli di immunoglobuline G (IgG), passate attraverso la placenta a partire dalla dodicesima settimana di gestazione, raggiungono il nadir tra 4 e 6 mesi di vita (periodo in cui avviene il declino degli anticorpi passivi materni), e i valori diventano pari all’adulto verso l’età tra 6 e 8 anni. Le immunoglobuline M (IgM) vengono sintetizzate immediatamente dopo la nascita e aumentano costantemente raggiungendo valori dell’adulto nell’età compresa tra 6 e 8 anni. Alla nascita le immunoglobuline A (IgA) si ritrovano in basse quantità nel sangue e sono assenti nelle secrezioni mucose; anche per le IgA i valori diventano simili all’adulto nell’età compresa tra 6 e 8 anni. Si considerano normali i valori ematici di immunoglobuline compresi in due deviazioni standard rispetto ai valori normali.

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Capitolo II - Fisiopatologia della sepsi e dello shock settico

2.0 Risposta all’infezione di un sistema immunitario in via di sviluppo

Il sistema immunitario dei bambini è notevolmente differente da quello degli adulti sia per quel che riguarda la funzionalità dell’immunità innata che di quella adattativa; infatti, la maturità immunologica completa viene raggiunta solo in età adolescenziale.

I neonati sono profondamente immunocompromessi e il loro sistema immunitario è caratterizzato da risposte immunitarie adattive ed innate relativamente scarse.3 Questa condizione garantisce loro un certo vantaggio di sopravvivenza, per esempio alla nascita, quando il loro sistema immunitario relativamente depresso, gli permette di tollerare la colonizzazione della pelle e del tratto gastrointestinale, precedentemente sterili durante la vita intrauterina, da parte della flora batterica fisiologica e senza che venga innescata una risposta infiammatoria di difesa.4

Nei neonati, i fagociti sono meno responsivi alle PAMPs (pathogen-associated molecular patterns) rispetto a quelli degli adulti, possiedono una minor attività adesiva e di fuoriuscita dai vasi, producono una minor quantità di citochine pro-infiammatorie ed hanno una diminuita attività di presentazione dell’antigene alle cellule del sistema immunitario adattativo.5

L’immunità adattativa è allo stesso modo abolita. Sebbene i livelli di linfociti T siano più alti nei neonati che negli adulti, la loro funzionalità è abbastanza debole in parte a causa della più bassa produzione di IL-2. Nel neonato i linfociti T helper CD4+ sono indirizzati verso risposte Th-2 (umorali) a causa della scarsa produzione di interferon-γ (IFN- γ), mentre i linfociti T citotossici CD8+ sono meno attivi.6 Le cellule B, sebbene abbondanti, sono prevalentemente immature, producono in gran parte immunoglobuline di classe M (IgM) e sono poco responsive ai polisaccaridi capsulati. A partire dall’età di due anni, le risposte immunitarie adattive ed innate tendono ad avvicinarsi molto a quelle degli adulti sani, anche se la completa immunocompetenza è raggiunta in età adolescenziale. Il risultato finale di tutti questi deficit del sistema immunitario è che i bambini sono maggiormente suscettibili alle infezioni da parte di alcuni microorganismi come virus e batteri incapsulati.

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La sensibilità ad infezioni virali severe è maggiore nei primi due anni di vita in parte a causa della incontrollata replicazione virale causata dalla bassa produzione di IFN- γ e dalle diminuite risposte dei linfociti citotossici.7

Il principale fattore attenuante durante i primi 6 mesi di vita è l’acquisizione trasnplacentare di anticorpi materni (soprattutto IgG e IgA).

2.1 Fisiopatologia della sepsi

La sepsi è una condizione di infiammazione severa che deriva da una risposta all’infezione da parte dell’ospite eccessiva e sproporzionata.

Lo sviluppo della sepsi deriva da una complessa interazione tra il microorganismo patogeno e la risposta dell’ospite e rappresenta la conseguenza dannosa di questa risposta immunitaria abnorme: la sepsi severa infatti, è associata ad un’omeostasi alterata caratterizzata dall’attivazione dell’infiammazione, che risulta in elevati valori di mediatori pro infiammatori, con il coinvolgimento del sistema della coagulazione, e un danno della fibrinolisi. Queste anomalie fisiopatologiche contribuiscono a compromettere la perfusione tissutale e la funzionalità d’organo.

Per diversi anni, questa risposta infiammatoria aumentata, definita come sindrome da risposta infiammatoria sistemica (SIRS), è stata il focus dell’attenzione nella patogenesi della sepsi; più recentemente, l’attenzione si è concentrata sulla cosiddetta immunosoppressione secondaria, definita come una sindrome da risposta anti-infiammatoria compensatoria (CARS), ugualmente capace di contribuire al danno d’organo e di condurre i pazienti all’exitus.

L’infezione da parte di un agente microbico comporta il rilascio delle PAMPs (pathogen-associated molecular patterns) e delle DAMPs (damage-(pathogen-associated molecular patterns). Queste molecole vengono riconosciute come segnali di pericolo da recettori specifici collocati sulla superficie delle cellule immunitarie, epiteliali, endoteliali e parenchimali. Gli antigeni responsabili dell’attivazione di queste risposte differiscono a seconda del microorganismo coinvolto.

Nella sepsi da Gram-negativi, ad esempio, il lipopolisaccaride o endotossina (LPS) è la molecola causa dell’attivazione di queste risposte e dell’origine dello shock endotossinico.8

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Per i batteri Gram-positivi, sono le principali componenti di parete, come l’acido peptidoglicanico e lipoteicoico, così come tutte le tossine e gli enzimi secreti, a contribuire a queste risposte.9 Tra i fattori di maggior virulenza per il sistema immunitario, prodotti dai batteri Gram-positivi, ci sono le esotossine che appartengono alla famiglia dei superantigeni.

La risposta innata precoce cerca di limitare la diffusione sistemica dell’infezione, attraverso l’attivazione di quelle vie del sistema immunitario adattativo più lente ma molto più potenti ed efficaci.

Tuttavia l’infezione o il danno tissutale sono spesso capaci di attivare una risposta infiammatoria sistemica e sregolata, attraverso la promozione della trascrizione di molteplici geni per recettori e mediatori pro-infiammatori.

Le risposte pro- e anti-infiammatorie sono quindi eventi sequenziali durante lo sviluppo della sepsi; in prima battuta si assiste ad fase pro-infiammatoria, caratterizzata da un aumento incontrollato nella produzione di citochine ad azione infiammatoria, come ad esempio il tumor necrosis factor (TNF), l’interleuchina 1 (IL-1) e IL-6, capaci di indurre una reale tempesta citochinica.10 La sepsi, con la sua evoluzione, coinvolge in un secondo momento, meccanismi antiinfiammatori che conducono ad un danno del sistema immunitario innato ed adattativo, con una perdita di linfociti T CD4+ e CD8+, di cellule B e di cellule dendritiche follicolari, a causa di meccanismi apoptotici.11-13 Tutto questo conduce ad una condizione di compromissione del sistema immunitario.

Ulteriori meccanismi di immunosoppressione includono la down-regulation dell’attivazione di molecole di superficie cellulare, come la HLA-DR, l’esaurimento delle cellule T e l’aumento delle cellule soppressorie (cellule T regolatorie e cellule soppressorie di derivazione mieloide).14-20

Sebbene la produzione di citochine antiinfiammatorie e pro-infiammatorie sia stata osservata già nelle prime ore durante sepsi, la relativa predominanza tra ciascuna di queste due fasi opposte, è condizionata dalle caratteristiche del paziente, come l’assetto genetico, l’età, le comorbidità, e lo stato nutrizionale.

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Capitolo III - Definizioni

3.0 Epidemiologia e considerazioni generali

La sepsi e lo shock settico rappresentano un’importante causa di morte nelle unità di terapia intensiva pediatrica (PICU) nonché tra le principali condizioni responsabili della mortalità infantile globale.

L’incidenza di sepsi risulta essere in crescita a livello mondiale, tanto nella popolazione adulta che in quella pediatrica.21

Le differenze più significative in queste due popolazioni si evidenziano tuttavia in termini di outcome e sopravvivenza.

Infatti mentre la mortalità per sepsi nella popolazione adulta è rimasta approssimativamente costante nelle ultime decadi, in particolare modo compresa tra il 35 e il 50%, nei bambini si è drammaticamente ridotta, con valori intorno al 10-20%.22-24

La diagnosi e il trattamento della sepsi nei neonati e nei bambini è largamente influenzato da studi eseguiti nella popolazione adulta; in età pediatrica ci sono tuttavia delle importanti considerazioni da fare.

Il trattamento della sepsi in quest’età deve tenere conto infatti, dell’età del bambino e della sua immunocompetenza, nonché del sito, della severità e della sorgente di infezione. Dalla recente letteratura, emerge come il suo precoce riconoscimento, associato ad una terapia tempestiva e adeguata, condizioni considerevolmente la prognosi di questi piccoli pazienti. La gestione precoce e aggressiva dello shock può evitare lo sviluppo di shock irreversibile, evitando quindi l’insulto agli organi vitali e condizionarne positivamente la morbilità e mortalità.

3.1 Definizione di sepsi, sepsi severa e shock settico

La presentazione clinica della sepsi nei neonati e nei bambini spesso può essere di difficile diagnosi. La definizione di sepsi nell’adulto è stata recentemente rivista in modo da includere accanto alla presenza di infezione le manifestazioni sistemiche prodotte da quest’ultima, incluse l’ipertermia o l’ipotermia, la presenza di tachicardia, tachipnea, di uno stato mentale alterato, di edema, iperglicemia, di leucocitosi o leucopenia.25

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Al contrario, la definizione di sepsi pediatrica è rimasta immodificata dalla International Consensus Conference on Pediatric Sepsis del 2005.26

Convenzionalmente, in base al quadro clinico iniziale sono stati distinti e definiti i seguenti quadri: sepsi, sepsi severa e shock settico.

3.2 Definizione di sepsi

In accordo alla Consensus del 200526, la sepsi in età pediatrica è caratterizzata dalla triade: febbre, tachicardia e vasodilatazione, in aggiunta alle quale possono comparire alterazioni dello stato mentale oppure un prolungamento del tempo di refill capillare maggiore di due secondi. Questi criteri diagnostici sono stati rapportati e raggruppati in base alle diverse fasce di età in ambito pediatrico (Tabella 1).

Le variabili fisiologiche e di laboratorio usate per definire sia la SIRS e che la disfunzione d’organo nell’adulto, richiedono delle modifiche a seconda dello stadio di sviluppo e dell’età del bambino.

La definizione di sepsi nel bambino richiede due o più dei seguenti criteri, uno dei quali deve essere necessariamente la temperatura corporea alterata o la conta leucocitaria anomala. (Tabella 1)

 Temperatura centrale (rettale, vescicale, orale o attraverso catetere venoso centrale) > 38.5°C o < 36°C.

 Tachicardia, definita come frequenza cardiaca media > 2DS per l’età, in assenza di stimoli esterni dolorosi o assunzione cronica di farmaci; oppure aumento

persistente ed ingiustificato della frequenza cardiaca (FC) per 0.5–4 h; oppure nel paziente di età < 1 anno: bradicardia (FC < 10° percentile per età) in assenza di stimoli vagali, terapia con β-bloccanti o cardiopatie congenite; oppure depressione persistente ed inspiegabile per 30’.

 Frequenza respiratoria media >2DS per l’età; oppure ventilazione meccanica non correlata a malattie neuromuscolari o ad anestesia generale.

 Conta leucocitaria aumentata o diminuita per l’età (leucopenia non secondaria a chemioterapia) oppure presenza di neutrofili immaturi > 10%.

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La bradicardia è inclusa tra i segni di sepsi unicamente nel gruppo dei neonati; i bambini più grandi infatti manifestano questo segno come evento terminale nello shock.

Come per gli adulti, anche in età pediatrica la sepsi è definita come una sindrome da risposta infiammatoria sistemica (SIRS) associata ad un processo infettivo, certo o presunto, di natura batterica, virale o fungina.26 Non tutti i patogeni possono essere identificati da esami colturali standard e spesso ulteriori indagini cliniche e radiografiche sono necessarie per giungere alla diagnosi. Nonostante questa limitazione, nelle linee guida del Pediatric Advanced Life Support (PALS) è raccomandata la somministrazione precoce di antibiotici entro la prima ora dalla diagnosi, con un pronto e rapido controllo dell’infezione.27

3.3 Sepsi severa

La sepsi severa pediatrica è una condizione di sepsi associata a disfunzione cardiovascolare, oppure a distress respiratorio acuto (ARDS), oppure a 2 o più disfunzioni d'organo (respiratoria, renale, neurologica ematologica o epatica). I criteri di definizione della disfunzione d'organo sono stati modificati per l'età pediatrica.

3.4 Criteri di disfunzione d’organo

3.4.1 CARDIOVASCOLARE

Nonostante l’infusione endovena di un bolo di soluzione isotonica ≥ 40 ml/kg in 1 ora

 Pressione arteriosa (PA) (ipotensione) < 5° percentile o PA sistolica < 2 DS per età OPPURE

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 Necessità di farmaci vasopressori per mantenere normale la PA (dopamina > 5 mcg/kg/min o dobutamina, adrenalina, noradrenalina a qualsiasi dose)

OPPURE

 2 dei seguenti:

- acidosi metabolica inspiegabile (BE < - 5.0 mEq/L)

- incremento del lattato arterioso > 2 volte superiore alla norma - oliguria: diuresi < 0,5 ml/kg/h

- tempo di refill > 5sec

- differenza tra temperatura centrale e periferica > 3°C

3.4.2 RESPIRATORIO

 PaO2/FiO2 < 300 in assenza di patologia cardiaca cianogena o polmonare preesistente

OPPURE

 PaCO2 > 65 mmHg o 20 mmHg sopra il valore basale OPPURE

 Dimostrato fabbisogno o FiO2 > 50% per mantenere una saturazione ≥ 92% OPPURE

 Necessità di ventilazione non-invasiva o meccanica invasiva non elettiva

3.4.3 NEUROLOGICO

 Glasgow Coma Score ≤ 11

OPPURE

 Repentina modificazione della condizione neurologica con una diminuzione del GCS ≥ 3 punti dal valore precedente

3.4.4 EMATOLOGICO

 Piastrinopenia < 80.000/mm3 o diminuzione del 50% del valore massimo di PLT registrato negli ultimi 3gg (in pazienti con patologie oncoematologiche croniche)

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OPPURE

 INR ratio > 2

3.4.5 RENALE

 Creatinina ≥ 2 volte oltre il limite superiore per l’età o 2 volte il valore di base

3.4.6 EPATICO

 Bilirubina totale ≥ 4 mg/dL (non applicabile ai neonati).

3.5 Shock settico

Sempre in accordo con le definizioni pubblicate dall’International Consensus Conference on Pediatric Sepsis 26, lo shock settico è una condizione di sepsi severa, come definita pocanzi, a cui si associa una disfunzione o compromissione cardiovascolare che non si risolve dopo un’iniziale infusione fluidica (bolo di soluzione isotonica ≥ 40 ml/kg in un’ora). Nel bambino, un sistema cardiovascolare ancora sano, può garantire il mantenimento di un output cardiaco adeguato attraverso l’aumento della frequenza cardiaca fino a livelli estremi e per un periodo prolungato, senza che ciò induca ischemia miocardica. Rispetto agli adulti, l’ipotensione si presenta più tardi nei bambini, ma spesso fa presagire un collasso cardiovascolare potenzialmente non reversibile.Di conseguenza, i bambini in cui l’esame obiettivo riveli estremità fredde e con refill capillare ritardato nonostante un bolo fluidico, vanno considerati in shock settico e trattati allo stesso modo di quelli con uno shock già avanzato dipendente dalla terapia vasopressoria.28

Mentre negli adulti lo shock settico si presenta generalmente come ‘shock caldo’ (ridotte resistenze vascolari sistemiche, ipotensione e tachicardia), più del 50% dei bambini presentano uno ‘shock freddo’, caratterizzato da resistenze vascolari sistemiche elevate, ridotta riserva cardiaca ed estremità fredde.

Alcune di queste definizioni sono state recentemente modificate per il paziente adulto. Uno dei cambiamenti principali è l’eliminazione del concetto di SIRS e di sepsi severa.

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E’ stata, inoltre, inserita una nuova definizione dello shock settico. In particolare, per quest’ultimo, sono stati scelti due criteri clinici a parte integrante della definizione: l’ipotensione che richiede l’uso di farmaci vasoattivi per mantenere una pressione arteriosa media di 65 mmHg o superiore, e un livello sierico di lattato superiore a 2 mmol/L (18 mg/dl), nonostante un’adeguata terapia fluidica.29-30

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Capitolo IV - Raccomandazioni / linee guida / evidenze

4.0 Fase rianimatoria

L’obiettivo primario del trattamento precoce della sepsi in età pediatrica è invertire lo stato di shock la cui diagnosi di fonda su di un’attenta analisi clinica dello stato emodinamico, del tempo di refill capillare, della condizione di perfusione delle estremità, della qualità dei polsi, dell’output urinario, e dello stato mentale, al fine di impostare tutti gli aggiustamenti terapeutici come suggerito dalle linee guida del 2014 dell’American College of Critical Care Medicine/Pediatric Advanced Life Support (ACCM/PALS).27 Il monitoraggio continuo della frequenza cardiaca e respiratoria, della pressione arteriosa invasiva, nonché della pressione venosa centrale, forniscono dati fondamentali per guidare le giuste scelte terapeutiche. In termini generali la rianimazione fluidica, incomincia con la somministrazione di soluzione fisiologica salina o con soluzioni colloidali al dosaggio di 20 ml/Kg fino a che la perfusione non migliora o non sono osservati segni di sovraccarico. Come già sottolineato, i pazienti pediatrici differiscono dagli adulti in quanto frequentemente essi richiedono una rianimazione fluidica nell’immediato trattamento dello stato di shock. I bambini sono allo stesso modo, poco suscettibili al sovraccarico fluidico proprio in virtù di una funzione cardiaca e renale conservata. Le linee guida ACCM/PALS raccomandano nella prima ora un rimpiazzo volemico compreso tra 40 e 60 ml/kg fino a quando non compaiono segni di overload fluidico.27

4.1 Trattamento dello shock settico

4.1.1 Supporto emodinamico

Un supporto emodinamico si rende spesso necessario per assicurare una ossigenazione tissutale adeguata in corso di trattamento di uno shock refrattario alla rianimazione fluidica. Un output cardiaco basso è associato ad un aumento di mortalità nei pazienti pediatrici, di conseguenza, le raccomandazioni per lo shock settico suggeriscono l’ottimizzazione dell’indice cardiaco tra 3.3-6 L/min/m2

. Dopamina, dobutamina e adrenalina sono tutti farmaci vasopressori, utili soprattutto in caso di ‘shock freddo’. L’adrenalina è spesso usata come terapia di prima linea rispetto agli adulti e spesso è

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preferita agli altri farmaci inotropi. Tra l’altro un recente trial randomizzato ha dimostrato come l’uso di dopamina fosse associato con una mortalità aumentata rispetto alla terapia con adrenalina.31 Nel cosiddetto ‘shock caldo’, deve essere preferito l’impiego di noradrenalina in infusione continua. Nei bambini non è stato osservato alcun miglioramento in termini di mortalità con l’utilizzo della vasopressina o della terlipressina nello shock refrattario.32

Le linee guida ACCM/PALS raccomandano una saturazione in vena cava superiore > del 70%.

Segni di ipovolemia includono un aumento della ‘pulse variation’. Dopo la prima ora di rianimazione bisognerebbe cercare di misurare l’output cardiaco e le resistenze vascolari sistemiche così come il volume intravascolare al fine di guidare la terapia con farmaci inotropi, vasopressori e con i liquidi, così come la rimozione fluidica. La somministrazione di emazie concentrate deve essere presa in considerazione per garantire il mantenimento di livelli di emoglobina intorno a 10 gr/dl.27

La somministrazione di idrocortisone a boli oppure in infusione continua in quei pazienti con un’instabilità emodinamica refrattaria alla terapia volemica e vasoattiva, è suggerita sia dalle linee guida ACCM/PALS che da quelle della Surviving Sepsis Campaign del 2016.27,30

4.1.2 Terapia antimicrobica

Sia le linee guida ACCM/PALS 27 che della Surviving Sepsis Campaign del 2016 30 raccomandano una precoce somministrazione di antibiotici entro la prima ora dal riconoscimento di sepsi e shock settico. E’ stato dimostrato che un ritardo nell’inizio di questa terapia è associato ad un aumento di mortalità.33,34

L’età è un elemento da tenere in grande considerazione nei confronti di ciascun caso di sepsi pediatrica dal momento che ad esempio un neonato precedentemente sano presenta un rischio di infezione differente rispetto a quello un bambino sano o di un adolescente. Il trattamento antibiotico empirico nei pazienti critici include una copertura sia verso i batteri Gram negativi che verso i Gram positivi.

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4.1.3 Ventilazione meccanica (PARDS)

Più della metà degli adulti con shock settico sviluppano ARDS che rappresenta la comorbidità più frequente associata alla sepsi.

Le raccomandazioni della Surviving Sepsis Campaign del 2016 30 indicano che sia auspicabile una ventilazione meccanica invasiva con tidal volume di 6 ml/kg e con l’obiettivo di mantenere delle pressioni di plateau che non superiori a 30 cmH2O.

E’ suggerito l’impiego di una pressione di fine espirazione (PEEP) alta in pazienti con ARDS indotta dalla sepsi al fine di migliorare gli scambi gassosi. La pronazione del paziente è indicata in pazienti con ARDS e rapporto PaO2/FiO2<150. 30

In ambito pediatrico, la Consensus Conference for the Pediatric Acute Lung Injury del 2015 35, ha stabilito la definizione e i criteri diagnostici della sindrome da distress respiratorio acuto (PARDS). Questa sindrome si caratterizza per l’insorgenza acuta di ipossiemia e di modificazioni radiografiche entro 7 giorni dall’ammissione in ospedale. In tutte le precedenti definizioni la ARDS veniva caratterizzata per la presenza di modificazioni radiografiche del torace come la presenza di infiltrati polmonari bilaterali. Su questo aspetto tuttavia non vi è accordo, in quanto è stato notato come l’impegno polmonare parenchimale di questa sindrome sia, talvolta, del tutto disomogeneo. Anche per questo, è stato suggerito che l’impiego della PEEP debba essere diversificato in base alle caratteristiche della malattia del singolo paziente.

Per la valutazione della severità del quadro respiratorio, il parametro raccomandato per tutti i pazienti in ventilazione meccanica invasiva è l’Oxygenation Index (OI). Questo indice è calcolato moltiplicando la fiO2 per la pressione media delle vie aeree per 100 e dividendo il valore ottenuto per la PaO2. Vengono identificate tre classi di severità della PARDS: OI >20 (PARDS severa), OI maggiore o uguale a 13 (PARDS “mild”), OI minore di 6 (PARDS moderata).

Il rapporto P/F invece, dovrebbe essere utilizzato per la diagnosi di PARDS nei pazienti in trattamento con ventilazione non invasiva.

La somministrazione di ossigeno in ventilazione deve essere titolata con l’obiettivo di ottenere delle saturazioni di ossigeno comprese tra 88% e 97%.

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4.2 Recenti strategie terapeutiche per la sepsi e lo shock settico

Nonostante i recenti progressi nel trattamento, come ad esempio l’evoluzione della terapia di supporto e l’utilizzo di agenti anti-infettivi di ultima generazione, la sepsi continua ad essere una grande sfida nelle unità di terapia intensiva.

Con l’approfondimento delle conoscenze sulla fisiopatologia della sepsi, l’attenzione si è focalizzata su nuove opzioni terapeutiche aventi come target proprio la risposta sregolata dell’ospite piuttosto che il microorganismo che l’ha indotta.36

In aggiunta alle terapie antimicrobiche e all’eradicazione dei foci settici quando indicato, sono state considerate perciò diverse terapie adiuvanti, proprio con lo scopo di modulare il sistema immunitario.

La scoperta che bassi livelli di anticorpi protettivi nei confronti di alcuni fattori microbici chiave, correlassero con l’outcome dell’infezione, ha sottolineato l’importanza dell’azione protettiva degli anticorpi nei confronti delle infezioni e che quindi le immunoglobuline potessero rappresentare una terapia aggiuntiva. Studi sulla sepsi da Gram-negativi hanno evidenziato la correlazione positiva esistente tra bassi livelli di anticorpi con attività anti-endotossinica e lo sviluppo e l’outcome dell’infezione.37

Un approccio immunomodulante che agisca quindi con lo scopo di neutralizzare l’endotossina e diversi altri prodotti batterici, attraverso la semplice somministrazione di immunoglobuline endovenose sembra perciò essere molto promettente nella pratica clinica.

4.2.1 Caratteristiche delle immunoglobuline

Le immunoglobuline sono molecole glicoproteiche prodotte dalle plasmacellule. I linfociti B attivati e stimolati alla proliferazione in modo dipendente dalle cellule T, sono i precursori delle plasmacellule secernenti anticorpi ad alta affinità.38

Ogni monomero di immunoglobuline è costituito da una coppia di catene, ciascuna costituita da una catena pesante (50-70 kDa) ed una leggera (23 kDa), tenute insieme da forze elettrostatiche e legami disulfurici (Immagine 1).

Ogni catena pesante è composta da regioni di sequenze aminoacidiche che si ripiegano in regioni globulari chiamate domini.

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Sia le catene leggere che quelle pesanti possiedono una regione detta variabile, all’interno della quale, ci sono tre regioni cosiddette ipervariabili, responsabili della specificità anticorpale.

La combinazione delle regioni variabili e costanti delle catene leggere e pesanti costituisce la regione legante l’antigene (Fab).

Le catene di aminoacidi nelle restanti regioni costanti delle catene pesanti, vanno invece a costituire il frammento cristallizzabile (Fc), importante nel determinare la classe e sottoclasse di immunoglobuline nonché la loro capacità funzionale.

La notevole diversità dei determinanti antigenici è riconosciuta dalla regione variabile delle immunoglobuline. Questa è una funzione svolta dal sistema immunitario adattativo. Il legame della immunoglobuline con i tanti diversi antigeni viene segnalata da un piccolo numero di isotipi di immunoglobuline.

In base alle caratteristiche della porzione costante della loro catena pesante, i sottotipi di immunoglobuline sono classificati in G, A, M, D e E.39-40

Immagine 1

4.2.2 Meccanismo d’azione delle immunoglobuline endovena

Le immunoglobuline endovena sono agenti immunomodulatori con una modalità di azione complessa. Esercitano il loro effetto di modulazione sia sul sistema immunitario

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23

innato che su quello adattativo. Molti meccanismi immunoregolatori, sebbene non ancora completamente dimostrati, sono stati ipotizzati per spiegare il loro effetto vantaggioso. Questi fattori cooperano in maniera sinergica e esercitano un effetto potenzialmente benefico nei pazienti con malattia infiammatoria severa.

E’ stato recentemente descritto che una piccola frazione di IgG glicosilate sia dotata di attività antinfiammatoria e che la rimozione dei residui glicosilati elimini questa funzione allo stesso livello delle immunoglobuline non glicosilate. Inoltre, dati sperimentali hanno supportato l’ipotesi che esista proprio uno specifico recettore macrofagico capace di riconoscere le IgG glicosilate e legate al frammento Fc, suggerendo che tanto questi residui, quanto il frammento Fc siano fondamentali per il loro effetto antinfiammatorio.41 Ulteriori studi sperimentali, hanno messo in luce che le immunoglobuline endovenose polivalenti possano migliorare l’opsonizzazione, prevenire l’attivazione apecifica del complemento, proteggere dal rilascio di endotossina indotto dagli antibiotici e neutralizzare sia l’endotossina che una grande varietà di superantigeni.42

In virtù di ciò, e delle loro ampie proprietà antinfettive ed immunoregolatrici, le immunoglobuline endovena policlonali sono state proposte come una terapia aggiuntiva in corso di sepsi e di shock settico. Queste infatti, agiscono differentemente a seconda della specifica situazione clinica; nella sepsi il loro effetto regolatore ripristina il bilanciamento tra la risposta immune dell’ospite e i fattori di virulenza del patogeno.43

Studi recenti hanno sottolineato la possibilità che la somministrazione di immunoglobuline endovena possa modulare le differenti classi di cellule T, in particolare le Th-17 e le cellule T regolatorie (Treg).44

Kessel et al.45 hanno dimostrato che l’effetto soppressore sulle cellule T CD4+ CD25- era ulteriormente aumentato dalla somministrazione dei preparati di immunoglobuline ai terreni di coltura. Altri studi hanno portato alla luce che l’impiego di Ig endovena possa determinare l’aumento nella proliferazione delle cellule T regolatrici. Questo meccanismo spiega un effetto terapeutico addizionale nelle patologie autoimmuni e allergiche e suggerisce un possibile effetto benefico anche in quelle condizioni cliniche caratterizzate da una risposta infiammatoria sostenuta e sregolata, proprio come la sepsi severa.

I preparati di immunoglobuline polivalenti hanno dimostrato contenere un largo spettro di anticorpi dotati di attività opsonizzante e neutralizzante e diretti verso una grande varietà di antigeni microbici.46-47

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4.2.3 Immunoglobuline endovenose: differenze tra preparati monovalenti

e quelli arricchiti in IgM

I preparati di immunoglobuline endovenose monovalenti sono un derivato ematico ottenuto da un largo numero di donatori sani (di solito circa 10000), offrendo così un ampio spettro di anticorpi in grado di neutralizzare e opsonizzare una varietà di antigeni microbici e multipli epitopi. Le IgG e le proteine del complemento sono le principali classi di opsonine, che contribuiscono alla clearance batterica.

Unicamente un prodotto, il Pentaglobin® (Biotest, Germany) è arricchito in IgM. Questo preparato ha una composizione tale da contenere in un millilitro di soluzione, 50 mg di proteine così distribuite: 38 mg di IgG, 6 mg di IgM e 6 mg di IgA. Al contrario, le formulazioni non arricchite comunemente contengono più del 96% di IgG. In questo modo, proprio come il plasma umano contiene tutte e tre le classi di immunoglobuline, le preparazioni arricchite in IgM/IgA sembrano risultare più fisiologiche.

E’ stato ben evidenziato il fatto che le preparazioni arricchite in IgM siano superiori rispetto alle immunoglobuline polivalenti, contenenti esclusivamente IgG, probabilmente anche perché, le IgM rappresentano la prima linea della risposta immunitaria e contengono titoli più elevati di anticorpi e opsonine. Questa classe di immunoglobuline possiede una struttura pentamerica, che le conferisce una efficacia superiore nella neutralizzazione delle tossine e nell’agglutinazione batterica se confrontata con quella delle immunoglobuline di classe G. La preparazione arricchita contiene anche IgA, anticorpi che possiedono una forte attività antinfiammatoria sui monociti e sulle cellule monucleate del sangue periferico.48-50

Per il Pentaglobin è stato dimostrato un effetto neutralizzante nei confronti dell’endotossina proprio attraverso il legame con la componente IgM.51-52

Le preparazioni di immunoglobuline endovena, in particolar modo quelle arricchite in IgM, contengono anticorpi contro i lipopolisaccaridi di Escherichia Coli, Pseudomonas Aeruginosa e Klebsiella spp.53

I dati presenti in letteratura sembrano suggerire che i pazienti in grado di beneficiare maggiormente della terapia con immunoglobuline endovena arricchite in IgM siano quelli con shock settico da Gram-negativi, e questo vale sia per gli adulti che in età pediatrica.54

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Nel 2013 la meta analisi Cochrane pubblicata da Alejandra et al. ha concluso che per dimostrare un vero beneficio nella riduzione della mortalità di neonati con sepsi trattati con immunoglobuline polivalenti erano necessari ulteriori e più robusti trials clinici.55

Meta analisi di trial clinici in neonati di severo basso peso alla nascita (VLBW infants) hanno dimostrato che anche la somministrazione profilattica di immunoglobuline endovena produceva una significativa riduzione dell’incidenza di sepsi.56

La somministrazione endovenosa di immunoglobuline policlonali riduce la mortalità, la degenza ospedaliera e migliora la prognosi nei neonati e nei bambini in sepsi grave e shock settico, in particolare quando è presente coagulazione intravascolare disseminata (CID). Si suggerisce l'uso delle immunoglobuline ad alte dosi endovena nei bambini in sepsi grave e shock settico.57

(26)

26

PARTE SPERIMENTALE

Capitolo V

5.0 Scopo dello studio

Scopo del nostro studio è stato valutare l’efficacia clinica dell’utilizzo di preparati di immunoglobuline arricchiti in IgM (immunoglobuline policlonali) a confronto con la preparazione contenente solo IgG (immunoglobuline monovalenti) in un gruppo di pazienti neonatali e pediatrici ricoverati presso la terapia intensiva pediatrica.

L’intento è stato quello di valutare l’impatto di questa terapia sia sulla mortalità a 30 giorni che su quella intraospedaliera.

5.1 Materiali e metodi

5.1.2 Popolazione in studio

Questo studio è un’analisi retrospettiva dell’esperienza monocentrica riguardo l’utilizzo delle immunoglobuline nella popolazione neonatale e pediatrica ricoverata presso la Rianimazione Pediatrica Generale dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. La Rianimazione Pediatrica Generale dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù è dotata di 10 posti letto e accoglie neonati e bambini critici affetti da patologie respiratorie (acute e croniche), infettive, del sistema immunitario, endocrinologiche, neurologiche, epatiche (acute e croniche), metaboliche, reumatologiche, nefrologiche, cardiache; nonché si occupa della gestione postoperatoria dei neonati e bambini sottoposti ad intervento di chirurgia toracica, addominale maggiore, trapiantologia (fegato, rene e combinati), neurochirurgia, maxillo-facciale, plastica, otorinolaringoiatrica, urologica, cardiochirurgia minore.

Sono stati studiati tutti i neonati e bambini che sono stati ricoverati presso la terapia intensiva pediatrica nel periodo totale di 51 mesi, dal marzo 2013 al maggio 2017 e che abbiano ricevuto infusione endovenosa di immunoglobuline monoclonali o policlonali. Nel periodo di studio sono stati ricoverati 2248pazienti suddivisi nei seguenti periodi:

 marzo 2013 – dicembre 2013: 453 pazienti

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 gennaio 2015 – dicembre 2015: 525 pazienti

 gennaio 2016 – dicembre 2016: 531 pazienti

 gennaio 2017- maggio 2017: 264 pazienti

5.1.3 Classificazione dei dati

Tutti i neonati e bambini che hanno ricevuto infusione endovenosa di immunoglobuline sono stati seguiti dal primo giorno di degenza in terapia intensiva pediatrica fino al termine del ricovero nella stessa.

Tutti i dati sono stati raccolti in un apposito file Microsoft Office Excel in formato anonimo.

Sono stati raccolti i seguenti dati: gender, età, peso, altezza, Body Mass Index (BMI), diagnosi principale di malattia (divisi in 5 gruppi: insufficienza respiratoria, gestione postoperatoria, trapianto, immunodeficienza, altro), diagnosi secondaria di malattia (sepsi, shock settico, insufficienza respiratoria acuta, altro), Pediatric Index of Mortality 3 (PIM3), presenza o meno di deficit del sistema immunitario all’ammissione (congenito e/o acquisito), livello basale delle immunoglobuline testato nel sangue, necessità di infusione di farmaci inotropi/vasopressori (dopamina > 6 mcg/kg/min, adrenalina, noradrenalina, vasopressina, dobutamina, milrinone, levosimendan), Vasoactive Inotropic Score (VIS)58, presenza di ventilazione meccanica, durata di ventilazione meccanica, necessità di trasfusioni (plasma, eritrociti, piastrine), necessità di terapia steroidea, isolamento di germi (suddivisi in 4 gruppi: Gram-Positivi, Gram-Negativi, Funghi, Virus), durata di degenza in terapia intensiva pediatrica e in ospedale, mortalità a 30 giorni e durante la degenza in terapia intensiva.

Per la diagnosi della sepsi e dello shock settico in età pediatrica sono stati considerati i criteri dell’American College of Critical Care Medicine del 2007.27

Per la definizione di insufficienza respiratoria acuta sono stati considerati i criteri per la sindrome da distress respiratorio acuto pediatrica (PARDS) stabiliti da Khemani et al. nel 2015.35

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5.2 Statistica

I dati categorici sono stati rappresentati con conteggi e proporzioni e sono stati confrontati tra i due gruppi attraverso il test Chi quadrato o il test esatto di Fisher quando appropriato. I dati continui sono stati presentati mediante medie, mediane, deviazioni standard e range e confrontati con il test T di student o il test Mann Whitney.

I risultati sono stati considerati statisticamente significativi per p < 0.05. Le analisi sono state eseguite attraverso il software Stata.

5.3 Risultati

L’età in mesi della popolazione inclusa è risultata compresa tra 12 giorni e 231 mesi (19 anni) con una mediana di 3,5 mesi. Sono stati compresi 36 maschi e 36 femmine. Tutti hanno ricevuto immunoglobuline endovena (policlonali o monoclonali) durante il periodo ricovero, a dosaggio di 400 mg/kg infuse in un tempo di 6 ore e per un periodo di 5 giorni consecutivi.

Le immunoglobuline arricchite in IgM sono state somministrate a 30 di questi pazienti, mentre i restanti 42 hanno ricevuto immunoglobuline endovena monoclonali.

Le diagnosi principali di malattia sono risultate così suddivise: 23 pazienti sono stati ammessi per insufficienza respiratoria acuta (ARF), 17 per gestione post-operatoria, 15 dopo trapianto, 13 per condizione di immunodeficit e 4 per altra diagnosi.

Le diagnosi secondarie di malattia sono state rispettivamente: 13 ARF, 24 sepsi, 34 shock settici, mentre 1 solo paziente ha presentato altra manifestazione clinica.

Per quanto riguarda il dosaggio dei livelli di immunoglobuline basali, 16 pazienti hanno presentato valori normali, 17 valori bassi mentre ai restanti 39 non è stato eseguito alcun prelievo basale prima della somministrazione.

43 pazienti hanno ricevuto terapia con farmaci inotropi/vasopressori mentre i restanti 29 no.

La ventilazione meccanica invasiva e non invasiva è stata impiegata in 65 pazienti. La terapia corticosteroidea è stata somministrata a 51 pazienti.

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La mortalità intraospedaliera è stata il 25%, in quanto 18 pazienti sono deceduti nel corso del loro ricovero.

L’analisi statistica non si è rivelata significativa nella riduzione della mortalità a 30 giorni sia nel gruppo di pazienti che ha ricevuto immunoglobuline monoclonali che in quello che ha ricevuto le policlonali. Allo stesso modo, analizzando la mortalità intraospedaliera nei due gruppi di pazienti, il valore della p non si è dimostrato significativo, seppur notevolmente ridotto (di circa quattro volte).

5.4 Discussione

Nel 2013 una meta analisi Cochrane pubblicata da Alejandra et al. aveva concluso che le immunoglobuline monoclonali erano efficaci nel ridurre la mortalità in adulti con sepsi. Nei neonati con sepsi invece, se impiegate come terapia adiuvante, non dimostravano alcuna riduzione della mortalità.55

Per quanto riguarda i preparati arricchiti in IgM, le evidenze di eventuali benefici, rimanevano insufficienti e non conclusive, tanto per gli adulti che per i neonati, anche a causa della scarsità di trials clinici di buona qualità.

Le recenti raccomandazioni della Surviving Sepsis Campaign per il trattamento della sepsi e dello shock settico del 201630 sconsigliano l’impiego delle immunoglobuline per una scarsa qualità di evidenza. Tuttavia, viene incoraggiato lo sviluppo di studi multicentrici più ampi al fine di confermare in un futuro prossimo, un’eventuale efficacia delle preparazioni policlonali nei pazienti con sepsi.

In ambito neonatale, uno studio retrospettivo è stato condotto e pubblicato nel 2013 con l’obiettivo di valutare l’efficacia della terapia con immunoglobuline arricchite in IgM nel ridurre la mortalità di neonati di severo basso peso alla nascita (VLBW) e con diagnosi di sepsi. Dei 79 neonati arruolati, 40 hanno ricevuto una terapia antibiotica in associazione alle immunoglobuline arricchite in IgM, mentre ai restanti 39 sono stati somministrati unicamente antibiotici. L’ipotesi che questa preparazione potesse rappresentare una terapia adiuvante efficace nel trattamento della sepsi è stata confermata dall’analisi statistica.56 Un ulteriore studio retrospettivo, condotto dal gruppo modenese e pubblicato nel 2014, è stato sviluppato con l’obiettivo di stimare l’eventuale associazione tra la terapia con

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30

immunoglobuline arricchite in IgM e la riduzione della mortalità a 30 giorni in adulti con shock settico.59

In questo caso 246 pazienti con shock settico sono stati arruolati; il gruppo a cui sono state somministrate immunoglobuline policlonali è stato confrontato con quello che non le ha ricevute, al fine di valutare il tasso di mortalità a 30 giorni. Il gruppo trattato con immunoglobuline, ha presentato una riduzione statisticamente significativa della mortalità a 30 giorni.

In riferimento agli studi già effettuati e pubblicati, c’è da sottolineare, che tutti sono stati concepiti per confrontare l’utilità e l’efficacia dei preparati di immunoglobuline endovena con la terapia standard della sepsi o verso placebo. Seppur con le limitazioni degli studi suddetti, i risultati sono favorevoli e incoraggianti per l’uso dei preparati di immunoglobuline nel trattamento della sepsi e dello shock settico. Inoltre la base razionale su cui si fonda tale soluzione terapeutica trova diffuso consenso in ambito pediatrico e neonatale.

Il presupposto del nostro studio è stato quello di voler confrontare l’impiego delle due differenti preparazioni di immunoglobuline, rispettivamente arricchite in IgM e monovalenti, in pazienti con sepsi e shock settico. Questo e’ attualmente il primo studio che ha voluto mettere a confronto i due preparati. Inoltre non e’ stata considerata la popolazione affetta da sepsi e shock settico che non ha ricevuto infusione di almeno un preparato di immunoglobuline.

L’analisi statistica effettuata, non si è rivelata significativa, per cui non abbiamo evidenziato una superiorità di una preparazione rispetto all’altra, quanto piuttosto un effetto sovrapponibile.

Ci riproponiamo di focalizzare una maggiore attenzione su due outcome come principali: i giorni di ventilazione meccanica e la mortalità intraospedaliera. Questo perché la popolazione a cui sono state somministrate IgM si è rivelata avere un peso corporeo e una conseguente età differente.

La nostra esperienza presenta delle limitazioni. La prima consiste nella tipologia di studio che e’ restrittivo. Averlo condotto presso un unico centro si apre a criticità legate all’afferenza a questo centro. La numerosità del campione non e’ tale da poter consentire di affermare con certezza l’uguaglianza o la superiorità di un preparato rispetto all’altro.

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Tabella 2: Caratteristiche della popolazione studiata

Pazienti (n=72)

Male Sex [n (%)] 36 (50)

Eta’ in mesi [media (min-max)] 32 (1 – 231)

Peso [media (min – max)] 19.4 (2 – 65)

BMI [media (min – max)] 14 (8 – 20)

Patologia principale [n (%)]

Ins. Respiratoria Acuta 23 (31.9)

Postoperatorio 17 (23.6) Trapianto 15 (20.8) Immunodeficienza 13 (18) Other 4 (5.5) Patologia associata [n (%)] Sepsi 24 (33.3) Shock settico

Ins. Respiratoria Acuta Altro

34 (47.2) 13 (18) 1 (1.4)

Immunosoppressione [n (%)] 40 (61.1)

PIM 3 [media (min – max)] 24.0 (1-55)

Inotropi/vasopressori [n (%)] 43 (59.7)

Immunoglobuline IgM arricchite [n (%)] 30 (41.7)

Ventilazione meccanica [n (%)] 65 (90.3) Trasfusione emoderivati [n (%)] 63 (87.5) Mortalita’ a 30 giorni [n (%)] Mortalita’ in PICU [n (%)] 6 (8.3) 18 (25.0)

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Tabella 3: Caratteristiche dei pazienti suddivisi nei due gruppi di studio.

IvIg standard (n=40) IvIgM enriched (n=32) P- value Male Sex [n (%)] 36 (50) 36 (50) Age (months) 44.32 (1-231) 14.07 (1-147) Weight (kg) 14.75 (2-65) 6.27 (1.3-24) BMI (kg/m2) 15.15 (6.7-21.3) 13.53 (8 – 17.30) Patologia principale [n (%)] 0.066

Ins. Respiratoria Acuta 12 (28.5) 11 (36.7)

Postoperatorio 6 (14.3) 11 (36.7) Trapianto 10 (23.8) 5 (16.7) Immunodeficienza 11 (26.2) 2 (6.7) Other 3 (7.1) 1 (3.3) Patologia associata [n (%)] 0.394 Sepsi 11 (26.2) 13 (43.3) Shock settico

Ins. Respiratoria Acuta Altro 21 (50.0) 9 (21.4) 1 (2.4) 13 (43.3) 4 (13.3) 0 (0.0) Immunosoppressione [n (%)] 19 (45.2) 9 (30.0) 0.144 Inotropi/Vasopressori [n (%)] 23 (54.8) 20 (66.7) 0.221 Ventilazione meccanica [n (%)] 36 (85.7) 29 (96.7) 0.125 Trasfusione emoderivati [n (%)] 37 (88.1) 26 (86.7) 0.565 Terapia steroidea [n (%)] 32 (76.2) 19 (63.3) 0.179 Pazienti deceduti [n (%)] 13 (30.9) 5 (16.7) 0.134

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Tabella 4: Numero ricoveri/anno

Numero ricoveri Numero Casi 2013 453 6 2014 475 17 2015 525 22 2016 531 18 2017 Totale 617 2601 8 72

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CONCLUSIONI

La sepsi è una condizione patologica eterogenea. Nonostante i recenti progressi nella diagnosi e nel trattamento, il tasso di mortalità per sepsi severa e shock settico resta ancora elevato. Di qui la necessità di elaborare nuovi strumenti terapeutici.

Il ruolo esatto che le immunoglobuline svolgono nella risposta infiammatoria e immunitaria di pazienti con sepsi è tuttora non completamente chiaro. E’ possibile che esse giochino ruoli differenti a seconda del contesto fisiopatologico del paziente, in base alla tipologia e alla dose somministrata. L’approfondimento della letteratura suggerisce l’idea che la terapia adiuvante con immunoglobuline policlonali sia associata a tassi di mortalità più bassi, tuttavia non c’è ancora un’evidenza tale da raccomandare il loro impiego di routine nel trattamento di pazienti con shock settico.

E’ possibile che ci siano specifiche caratteristiche cliniche o sottogruppi di pazienti settici nei quali un trattamento con immunoglobuline polivalenti possa esercitare un miglior effetto immunomodulatore. Per fornire una risposta definitiva circa la reale efficacia per il trattamento della sepsi, si rendono necessari ulteriori studi di alta qualità metodologica, su di campione di popolazione più ampio.

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