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Ruolo della Metformina nella Sindrome dell'Ovaio Policistico. Valutazione degli esiti a sei mesi di trattamento in una popolazione di giovani donne.

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare dell’Area Critica Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e

Chirurgia

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN MEDICINA E CHIRURGIA

TESI DI LAUREA

RUOLO DELLA METFORMINA NELLA SINDROME DELL’OVAIO POLICISTICO. VALUTAZIONE DEGLI ESITI A SEI MESI DI TRATTAMENTO IN UNA POPOLAZIONE

DI GIOVANI DONNE.

Candidato Relatore

Alice Bottai Chiar.ma Dott.ssa Franca Fruzzetti

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2 INDICE

❖ DEFINIZIONE E CRITERI DIAGNOSTICI

❖ EPIDEMIOLOGIA ❖ EZIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIO

❖ PATOGENESI E FISIOPATOLOGIA ❖ QUADRO CLINICO

o Iperandrogenismo

o Disordini mestruali e infertilità o Alterazioni metaboliche

❖ ASPETTO POLICISTICO DELLE OVAIE ALL’ECOGRAFIA ❖ QUADRO ORMONALE

❖ COMORBIDITA’

❖ INTRODUZIONE AL TRATTAMENTO ❖ MODIFICHE DELLO STILE DI VITA ❖ CONTRACCETTIVI ORALI

❖ INSULINO-SENSIBILIZZANTI

o Il razionale del loro utilizzo nella PCOS o METFORMINA ▪ Introduzione ▪ Meccanismo d’azione ▪ Farmacocinetica ▪ Posologia ▪ Effetti collaterali

▪ Lunghezza del trattamento ▪ Controindicazioni

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▪ Brevi conclusioni sull’applicabilità nella PCOS ▪ Prescrizione di un farmaco off-label

o TIAZOLIDINEDIONI

❖ INTEGRATORI DI INOSITOLO

❖ INTRODUZIONE ALLO STUDIO, MATERIALI E METODI ❖ IL NOSTRO STUDIO

❖ CONCLUSIONI ❖ BIBLIOGRAFIA

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4 DEFINIZIONE E CRITERI DIAGNOSTICI

La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è stata per la prima volta descritta in letteratura medica da Stein e Leventhal i quali nel 1935 focalizzarono la loro attenzione su sette donne affette da amenorrea, irsutismo e ovaie aumentate di volume caratterizzate dalla presenza di numerose cisti. 1

Da allora molta strada è stata fatta e nel 1990 il National Institute of Health sponsorizzò una conferenza sulla PCOS che stabilì i criteri diagnostici per la sindrome, detti criteri NIH/NICHD.2 Secondo tali criteri per poter parlare di PCOS

occorre la presenza simultanea delle seguenti condizioni: • iperandrogenismo e/o iperandrogenemia

• oligoanovulazione

• assenza di altre endocrinopatie causanti eccesso di androgeni o disfunzione ovarica (come iperprolattinemia, alterazioni tiroidee, tumori androgeno-secernenti, disfunzione/iperplasia surrenalica).

Questi criteri non includevano l’aspetto di ovaie policistiche rilevato con gli ultrasuoni perché era stato osservato che le ovaie policistiche potevano essere presenti anche in donne eumenorroiche perfettamente sane.

Nel 2003 la consensus conference di Rotterdam3 ridefinì i criteri diagnostici della

PCOS, che presero il nome di criteri ESHRE/ASRM.

I nuovi criteri per parlare di PCOS prevedevano la presenza di almeno due delle seguenti caratteristiche:

• iperandrogenismo clinico o biochimico; • oligo-anovulazione;

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• aspetto policistico delle ovaie

• Il tutto sempre dopo aver escluso altre possibili patologie come causa di iperandrogenismo.

L’adozione dei criteri di Rotterdam fu un passo importante nella storia della PCOS dato che permise di diagnosticare la Sindrome dell’Ovaio Policistico a donne che risultavano escluse con i criteri NIH. Si trattava di quelle donne con ovaie policistiche e iperandrogenismo ma cicli ovulatori e di donne con ovaie policistiche e anovulazione ma normali livelli di androgeni.

Nel 2006 l’Androgen Excess and PCOS Society ha stabilito che la PCOS deve essere considerata una sindrome caratterizzata soprattutto dall’eccesso di androgeni. Per cui per parlare di PCOS secondo i criteri AES occorre la presenza simultanea di:

• iperandrogenismo clinico o biochimico • disfunzione ovarica e/o ovaie policistiche.

Anche qui vale la condizione di aver precedentemente escluso altre patologie come possibili responsabili dell’iperandrogenismo.1

Nel 2012 infine gli esperti riuniti all’NIH Evidence-Based Methodology Workshop sulla PCOS hanno stabilito che i medici nella pratica clinica facciano riferimento ai criteri di Rotterdam del 2003, per fare diagnosi di sindrome dell’ovaio policistico. 4

Differenza dei criteri diagnostici nelle adolescenti

Tali criteri sono stati stabiliti su donne adulte ma è controverso il fatto che essi siano applicabili su adolescenti.

Durante l’adolescenza infatti varie caratteristiche della sindrome posso essere osservate in ragazze sane, come espressione di una incompleta maturazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio. 5

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Pertanto la presenza di anovulazione e la morfologia policistica delle ovaie non sono sufficienti per fare diagnosi nelle adolescenti, perché potrebbero essere presenti in maniera fisiologica durante il processo di maturazione riproduttiva. Come suggerito da Legro e Arslanian la diagnosi di PCOS nelle adolescenti dovrebbe essere posta in presenza di evidenze cliniche o biochimiche di iperandrogenismo (dopo aver escluso altre cause) nel contesto di una persistente oligo-amenorrea dopo 3 anni dal mencarca. 6

EPIDEMIOLOGIA

La prevalenza della PCOS stimata secondo i criteri NIH/NICHD è del 4-8% delle donne in età fertile.

E’ stato però recentemente dimostrato che la prevalenza della sindrome varia molto sulla base dei criteri diagnostici utilizzati. Questi studi hanno infatti riportato che la prevalenza della PCOS stimata sulla base dei criteri di Rotterdam sarebbe da due fino a tre volte maggiore rispetto a quella ottenuta basandosi sui criteri NIH/NICHD. 7 Le differenze nella prevalenza della sindrome in base ai criteri

diagnostici utilizzati sono riportate nella tabella sottostante.

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7 EZIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIO

L’eziologia della PCOS risulta ad oggi ancora non perfettamente chiara. L’ipotesi più accreditata sostiene una compartecipazione causale di fattori genetici e fattori ambientali. Si tratta pertanto di una eziologia multifattoriale.

Per quanto riguarda i fattori genetici il loro ruolo nell’eziologia della PCOS è supportato dalle seguenti evidenze.

a) Aggregazione familiare: vari studi hanno dimostrato che i casi di iperandrogenismo, PCOS e sindrome metabolica hanno una prevalenza maggiore all’interno di alcune famiglie rispetto alla prevalenza nella popolazione generale. Ad esempio dallo studio di Kahsar-Miller è emerso come il 35% delle madri e il 40% delle sorelle delle pazienti con PCOS presentano anch’esse la sindrome.8

b) Equivalente maschile della sindrome nei parenti maschi delle pazienti con PCOS: in letteratura ci sono evidenze, anche se limitate, di parenti di sesso maschile delle pazienti PCOS che presentano spesso calvizie in giovane età, aspetto irsuto, elevati livelli serici di DHEA-S, insulino-resistenza e intolleranza glucidica. 9

c) Studi su gemelle: è stata descritta una elevata concordanza tra gemelle monozigoti rispetto a gemelle dizigoti. Studi sulla prevalenza della sindrome in gemelle suggeriscono comunque che la patogenesi della PCOS sia basata sia su fattori genetici che ambientali. 10

Il contributo della genetica all’eziopatogenesi della PCOS non è dovuto ad un singolo gene ma all’ereditarietà di clusters genici. Nonostante tutto questo sia ormai un’evidenza, la modalità esatta con cui la sindrome viene ereditata risulta ancora sconosciuta. 11

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I geni che sono stati studiati e che potrebbero essere implicati nella patogenesi della PCOS possono essere distinti in 4 gruppi principali12:

1) Geni correlati con la biosintesi e l’azione degli androgeni 2) Geni correlati con l’insulino-resistenza

3) Geni codificanti citochine pro-infiammatorie 4) Altri geni.

Studi condotti in Cina hanno infatti identificato dei geni di suscettibilità per lo sviluppo della sindrome sui cromosomi 2p16.3, 2p21 e 9q33.3. Gli ultimi due loci di suscettibilità sono stati confermati da studi condotti sulla popolazione europea. La condivisione degli stessi geni di suscettibilità tra la popolazione cinese e quella europea ha suggerito che la sindrome dell’ovaio policistico sia un’antica sindrome originatasi prima che la specie umana migrasse dall’Africa alla volta degli altri continenti.13

Sono state inoltre individuate alcune condizioni che se presenti nell’infanzia o nell’adolescenza possono predire la comparsa di una PCOS nell’età adulta.

Di sotto elencati i fattori di rischio che se presenti in età prepuberale possono favorire lo sviluppo della PCOS in adolescenza prima e nell’età adulta poi:

- L’adrenarca precoce: la “pubertà surrenalica” è caratterizzata dall’aumento della produzione di androgeni da parte delle ghiandole surrenali, che normalmente ha inizio all’età di 6 anni. Un adrenarca precoce e soprattutto esagerato, con elevazione dei livelli di DHEAS e di DHEA senza aumento degli altri androgeni, rappresenta un fattore di rischio di PCOS.

- Un basso peso alla nascita per l’età gestazionale è associato al rischio di adrenarca precoce e di insulino-resistenza, spiegando così il legame con la PCOS. - Certe forme atipiche di pubertà precoce centrale, ma non quelle idiopatiche classiche, si accompagnano al rischio di PCOS.

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- Un’obesità grave e persistente con marcata insulino-resistenza, in alcuni casi associata a acanthosis nigricans, costituisce anch’essa un fattore di rischio di PCOS.14

L’obesità sembra avere un ruolo fondamentale nello sviluppo della PCOS.

L’adiposità presente in donne PCOS è prevalentemente di tipo centrale, condizione di per sé associata ad un maggior rischio dal punto di vista cardiovascolare.

Un aumento ponderale durante l’età pre e puberale precede spesso lo sviluppo delle caratteristiche cliniche della PCOS in considerazione della sua possibile associazione con una insulino-resistenza.

Nonostante ciò nella popolazione adulta, stratificando le donne per categorie di peso, la prevalenza di PCOS non varia in maniera significativa in tali categorie. Pertanto alcuni autori hanno concluso che l’obesità può aumentare il rischio di sviluppare PCOS ma solo come fattore aggiuntivo.15 Ciò che comunque è evidente

è che l’obesità peggiora tutti gli aspetti clinici e metabolici della PCOS.

Per quanto riguarda il ruolo dei fattori ambientali nell’eziologia della PCOS alcuni inquinanti ambientali possono comportarsi da endocrine-disruptors.

Degli studi hanno associato comuni oggetti di uso domestico costituiti soprattutto da plastiche con obesità, alterazioni puberali e disfunzioni ovulatorie. In particolare elevati livelli di Bisfenolo A, un composto estrogeno-mimetico sembrerebbero contribuire alla patogenesi della PCOS. 16

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10 PATOGENESI E FISIOPATOLOGIA

Figura 2: Meccanismi patogenetici della Sindrome dell’Ovaio Policistico. 17

Fattori ambientali interagiscono con fattori genetici ancora non del tutto noti per dare il via alla sequenza patogenetica che conduce alla PCOS. L’interazione tra questi due gruppi di fattori sembra cominciare prima della nascita e continuare durante tutta la vita.18 Da questa interazione originano le 4 caratteristiche

principali della PCOS: • iperandrogenemia

• disfunzione ovarica/anovulatorietà cronica

• insulino-resistenza e iperinsulinemia compensatoria • anomalie metaboliche.

Se in passato un’alterazione della secrezione pulsatile delle gonadotropine era stato considerato il primum movens responsabile delle alterazioni della attività ovarica sia in termini di anovulazione che di iperandrogenismo, negli ultimi decenni numerosi studi hanno evidenziato nell’insulina il fattore patogenetico della sindrome, capace di determinare la coesistenza, per i suoi effetti sia centrali

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che periferici, della disendocrinia riproduttiva e del quadro dismetabolico che caratterizzano la PCOS.

Le alterazioni metaboliche della PCOS riflettono soprattutto alterazioni molecolari del signalling insulinico, prevalentemente a livello del muscolo scheletrico e del tessuto adiposo. Tali difetti sembrano essere in parte intrinseci e in parte acquisiti per colpa della situazione ormonale e metabolica.

Androgeni, adipochine e altre molecole pro-infiammatorie potrebbero contribuire all’alterata azione dell’insulina sui tessuti periferici.

L’insulina agisce come regolatrice dell’omeostasi glucidica stimolando l’uptake di glucosio da parte dei tessuti insulino-sensibili, quali tessuto adiposo, muscolo scheletrico e cardiaco, ma anche sopprimendo la produzione epatica di glucosio. L’insulina è inoltre in grado di sopprimere la lipolisi conducendo ad una diminuzione dei livelli di acidi grassi liberi (FFAs), che possono mediare l’azione dell’insulina sulla produzione epatica di glucosio.

L’insulino-resistenza viene definita come una diminuita capacità dell’insulina di svolgere queste azioni metaboliche inerenti l’uptake di glucosio, la produzione di glucosio e la lipolisi, che conduce quindi alla necessità di una maggiore quantità di insulina circolante per poter svolgere le stesse azioni. Quindi l’insulino-resistenza è caratterizzata da aumentati livelli circolanti di insulina, sia basali che dopo carico glucidico, se la funzione pancreatica è normale. 19

L’insulina agisce sulle cellule legando i propri recettori espressi a livello della membrana cellulare. Il recettore insulinico è un etero-tetramero costituito da 2 dimeri. La subunità α è extracellulare e contiene il sito di legame per l’insulina. La subunità β attraversa la membrana e il suo dominio intracellulare contiene il sito attivo della protein-chinasi.

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• In condizioni normali il legame dell’insulina alle catene alfa del recettore attiva la tirosin-chinasi presente nelle catene beta che fosforila residui

tirosinici del peptide IRS-1.

IRS-1 così fosforilato agevola la fosforilazione del lipide di membrana fosfatidil-inositolo-2-fosfato (PIP2) ad opera dell’enzima

fosfatidilinositolo-3-chinasi (PI3K) in fosfatidil-inositolo-3-fosfato (PIP3). PIP3 a sua volta attiva

la protein-chinasi B (PKB). La fosforilazione da parte di PKB inattiva l’enzima glicogeno-sintasi-chinasi 3 (GSK-3), responsabile dell’inattività della glicogeno-sintasi. Tale enzima stimolato così dall’insulina, agevola la formazione e l’allungamento delle molecole di glicogeno nel fegato e nel muscolo scheletrico attraverso l’unione di monomeri di glucosio.

• Nella PCOS è stato ipotizzato che diminuisca l’attività tirosin-chinasica della subunità β, inibendo così la trasmissione intracellulare del messaggio indotto dall’insulina negli adipociti. La diminuita attività della Fosfatidilinositolo-3-chinasi (PI3K) conduce ad una minore espressione a livello della membrana cellulare del GLUT-4 e dunque al minore uptake cellulare di glucosio insulino-dipendente. Da qui il rischio di sviluppare alterata tolleranza glucidica e diabete mellito di tipo 2.

In letteratura medica non esiste in realtà ancora consenso su quale sia il meccanismo esatto che conduce all’insulino-resistenza nella PCOS. Un vecchio studio sosteneva che nella PCOS il meccanismo alla base dell’insulino-resistenza fosse una diminuita auto-fosforilazione del recettore insulinico a seguito del legame con l’insulina.20 Recentemente

però i nuovi studi si sono invece concentrati su difetti post-recettoriali del signalling insulinico, come ad esempio un’alterata fosforilazione tirosinica del Substrato del recettore insulinico (IRS-1) insulino-dipendente. 21 Il

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insulino-mediata di GLUT-4 sulla membrana degli adipociti e in generale dei tessuti insulino-sensibili nelle donne PCOS.

Figura 3: Alterazioni molecolari dell’attività insulinica nel tessuto adiposo di donne PCOS.

Anche l’iperandrogenemia viene riconosciuta tra le possibili cause della insulino-resistenza della PCOS. Un eccesso di androgeni durante la vita intrauterina o nel periodo immediatamente post-natale ha dimostrato di accentuare l’adiposità viscerale e l’insulino-resistenza.

La somministrazione di farmaci ad attività anti-androgenica migliora l’insulino-resistenza.

Gli androgeni sembrano contribuire all’insulino-resistenza periferica della PCOS agendo direttamente sul sistema del signalling insulinico, con i meccanismi molecolari illustrati nella figura sottostante.

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14 Figura 4: Il ruolo degli androgeni nei difetti del signalling insulinico a livello dei tessuti periferici nella PCOS. 17

A livello del tessuto adiposo il testosterone agisce diminuendo la fosforilazione della protein chinasi C (PKC),22 mentre sul muscolo scheletrico agisce aumentando

la fosforilazione del mammalian target of rapamycin (mTOR) e della chinasi S6 ribosomiale (S6K) le quali conducono ad un’aumentata fosforilazione serinica di IRS-1. 23 Questi due meccanismi mediati dagli androgeni esacerbano

l’insulino-resistenza rispettivamente nel tessuto adiposo e nel muscolo scheletrico.

Anche fattori come adipochine e citochine pro-infiammatorie potrebbero contribuire a diminuire l’insulino-sensibilità dei tessuti periferici. Il rapporto tra citochine pro-infiammatorie e anti-infiammatorie sembrerebbe alterato in pazienti con PCOS favorendo un basso grado di infiammazione cronica. Ad esempio un’esagerata produzione di tumour necrosis factor (TNF-α) prodotto dai monociti come risposta all’iperglicemia potrebbe esacerbare le anomalie metaboliche ed ormonali della PCOS.

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Recentemente anche i prodotti finali di glicosilazione avanzata (AGEs) e i loro recettori implicati nelle cascate dell’infiammazione e dello stress ossidativo sono stati trovati iperespressi in donne con PCOS.17

Misurazione dell’insulino-resistenza

• La tecnica più affidabile consiste nel Clamp euglicemico iperinsulinemico. Poco usato nell’attività clinica perché poco pratico, viene usato però nella ricerca medica ed è il sistema per eccellenza per misurare l’insulino-resistenza. Deve il proprio nome al fatto che misura la quantità di glucosio necessario per compensare un aumento del livello di insulina senza causare ipoglicemia. Attraverso una vena periferica l’insulina viene infusa a velocità e dosi note. Al fine di compensare l’infusione d’insulina e mantenere la glicemia stabile viene infuso glucosio. I valori di glicemia vengono controllati tramite prelievi seriati ravvicinati. Si raggiunge l’equilibrio quando la dose di glucosio infusa eguaglia la quantità di glucosio usata dai tessuti periferici.

Tale quantità è definita come “utilizzazione del glucosio insulino-dipendente”. Se la quantità di glucosio necessario è elevata il paziente è insulino-sensibile; livelli molto bassi indicano invece insulino-resistenza. Livelli intermedi potrebbero suggerire un stato di alterata tolleranza al glucosio. 24

• Nella normale attività clinica per la maggiore praticità si preferisce utilizzare

l’HOMA Index. E’ un modello omeostatico matematico che considera le

concentrazioni seriche di glucosio e insulina a digiuno.

Se la glicemia è espressa in mmol/L e l’insulina in mU/L la formula da applicare è:

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Se la glicemia è espressa in mg/dL la formula da applicare è: HOMA Index = (glicemia x insulinemia) / 405.

Il range di normalità per i soggetti non insulino-resistenti è 0,23 – 2.5.

• Il test da carico orale di glucosio consiste nel somministrare alla paziente la mattina a digiuno del glucosio per via orale (usualmente 75 grammi, disciolti in 300-500mL d’acqua). Il primo prelievo rappresenta la glicemia basale. Si procede poi con prelievi seriati a 30, 60, 120, 180 minuti. Negli stessi tempi di pari passo alla misurazione della glicemia si può misurare l’insulina e ricavare la curva dell’insulina dopo OGTT.

Nella PCOS si rileva spesso un’aumentata insulinemia nei primi 60 minuti.25

Data la sua semplicità, il suo potere diagnostico e il fatto che rappresenta il modo fisiologico di assumere carboidrati, l’OGTT è un test molto usato.26

Come già precedentemente detto la resistenza all’insulina e l’iperinsulinemia reattiva che ne consegue contribuiscono in maniera più o meno rilevante alla patogenesi di numerosi aspetti della PCOS.

➢ Patogenesi dell’ iperandrogenemia nella PCOS

Un iperandrogenismo biochimico e clinico di origine ovarica e in minor misura surrenalica è evidente in circa il 60-80% delle pazienti con PCOS, risultando quindi uno dei caratteri principali della sindrome, anche se la sua presenza secondo i criteri di Rotterdam non è essenziale per porre diagnosi di PCOS.27

L’iperandrogenismo di origine ovarica è dovuto principalmente ad una difettosa steroido-genesi intrinseca nelle cellule della teca ovarica.

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All’amplificazione dell’anomala funzione steroido-genetica delle cellule tecali partecipano fattori extra-ovarici, quali elevati livelli di LH e di insulina e bassi livelli di FSH e fattori intraovarici, quali AMH e Inibina.

Iperandrogenismo Ovarico

Studi in vitro hanno suggerito come l’aumentata steroidogenesi intrinseca delle cellule della teca in donne con PCOS derivi da un’ aumentata attività degli enzimi Colesterolo-desmolasi (CYP11A1), 17α-Idrossilasi, 17,20-Liasi e 3β-Idrossisteroidodeidrogenasi.28

Questi enzimi catalizzano numerose tappe della sintesi degli androgeni.

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• L’enzima Colesterolo Desmolasi, si occupa del primo step, la conversione del Colesterolo a Pregnenolone.

• La 17α-Idrossilasi e la 17,20-Liasi agiscono in serie per convertire il Pregnenolone a 17-OH-Pregnenolone e questo a Deidroepiandrosterone (DHEA).

• La 3β-Idrossisteroidodeidrogenasi converte il Pregnenolone in Progesterone, il 17OH-Pregnenolone in 17OH-Progesterone e il DHEA in Androstenedione.

Nel causare l’aumentata funzione degli enzimi steroidogenetici ovarici come già detto compartecipano fattori extra-ovarici e intraovarici.

Figura 6: Compartecipazione di meccanismi causali all’aumentata produzione androgenica a livello ovarico.17

• Fattori extra-ovarici

L’aumentata pulsatilità dell’LH porta a livelli costantemente aumentati di LH circolante che stimolano la sintesi tecale degli androgeni. E’ stato suggerito che tali livelli elevati di LH siano in parte dovuti anche ad un alterato feedback negativo da parte degli androgeni sull’asse ipotalamo-ipofisario. 30

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19 I livelli di FSH risultano relativamente ridotti in relazione all’LH e potrebbero

avere un ruolo indiretto. Stimolerebbero infatti in misura minore rispetto al normale l’Aromatasi, dando luogo ad una ridotta conversione degli androgeni ad estrogeni che aggraverebbe l’iperandrogenismo.

L’insulina, a sua volta, agendo sui propri recettori a livello della teca ovarica,

rappresenta un trigger capace di condurre in sinergia con l’LH all’aumentata steroidogenesi tecale mediante stimolazione dell’espressione dell’mRNA del CYP17α1 e della sua attività enzimatica.

• Fattori Intraovarici

Anche ormoni generati dalle cellule della granulosa, quali Ormone

AntiMulleriano (AMH) e Inibina contribuirebbero all’attività steroido-genetica

delle cellule della teca.

L’AMH è una glicoproteina dimerica della famiglia del TGF-β coinvolta in dinamiche follicolari.

Recettori di tipo 2 dell’AMH (AMHR2) sono stati recentemente scoperti sulla membrana delle cellule tecali e medierebbero un effetto paracrino diretto di stimolazione dell’AMH sulla produzione androgenica. 31 In più l’AMH

contribuirebbe anche in maniera indiretta all’anomala steroidogenesi ovarica contrastando l’azione dell’FSH sull’Aromatasi e quindi inibendo l’Aromatasi stessa. 30

Le cellule tecali hanno inoltre dimostrato di esprimere recettori per l’Inibina sulla loro membrana, supportando l’ipotesi di una stimolazione per via paracrina anche da parte dell’Inibina sulla steroidogenesi tecale ovarica. 32

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20 Iperandrogenismo Surrenalico

L’iperandrogenismo nella PCOS può essere di origine ovarica e/o surrenalica, nonostante ciò le alterazioni della steroidogenesi surrenalica sembrano contribuire solo in piccola parte. 33

• Anche l’iperandrogenismo surrenalico nella PCOS sarebbe dovuto all’iperattivazione del CYP17α1.34

• Anche un aumentato metabolismo periferico del cortisolo è stato proposto come contribuente all’iperandrogenismo surrenalico. I ridotti livelli di cortisolo causerebbero un inadeguato feedback negativo sull’asse ipotalamo-ipofisi-surrene con maggior produzione di ACTH a livello ipofisario e stimolazione del surrene alla steroidogenesi.35

➢ Patogenesi dell’alterata follicologenesi e maturazione follicolare nella PCOS

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La PCOS rappresenta la più comune cause di anovulazione normogonadotropa. Oligomenorrea e anovulazione sono la principale manifestazione clinica della PCOS, sono infatti presenti nel 70-80% delle donne con PCOS. 36

L’anovulazione nella PCOS è dovuta all’alterata follicologenesi che caratterizza la sindrome. Il difetto follicolare consiste in un’accelerata crescita follicolare e alterazione delle tappe successive che conducono alla selezione del follicolo dominante. 30 Webber37 et al. hanno riportato una maggiore quantità di piccoli

follicoli pre-antrali primari in biopsie ovariche di donne PCOS rispetto a biopsie eseguite su controlli. Il rallentamento nel processo che conduce all’atresia potrebbe compensare l’aumentato reclutamento e spiegare perché l’ovaio policistico non vada incontro a deplezione di follicoli preantrali.

La follicolo-genesi è il processo di crescita che coinvolge un gruppo di follicoli fino allo stadio di follicolo dominante. Dopo lo stadio di follicoli primordiali i follicoli reclutati crescono divenendo follicoli pre-antrali primari e poi secondari, quindi follicoli antrali. La selezione del follicolo dominante termina con l’ovulazione.

In condizioni normali il reclutamento follicolare è regolato da fattori di crescita,

come GDF-9 e BMP-15, che stimolano la transizione da follicoli primordiali allo stadio di follicoli primari. L’FSH regola invece gli stadi successivi della follicolo-genesi. Gli androgeni e l’insulina hanno un minor effetto di stimolazione della follicolo-genesi, mentre l’LH esercita la sua azione negli stadi intermedi-finali del processo. Il rapporto AMH/FSH infine risulta cruciale per l’attività dell’Aromatasi e nella selezione finale del follicolo dominante. E’ la produzione di Estradiolo da parte del follicolo dominante che porta poi alla morte dei follicoli non dominanti conducendo alla mono-ovulazione.

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22 Nella PCOS risulta evidente un’accelerata crescita follicolare dovuta all’eccesso di

androgeni con il risultato di condurre ad un eccesso di piccoli follicoli. La riduzione della secrezione di fattori di crescita come GDF-9 e BMP-15, prodotti dagli oociti amplifica la follicologenesi precoce. L’aumento di piccoli follicoli immaturi causa un rialzo dei livelli dell’AMH che interferiscono con la responsività dei follicoli all’FSH. L’iperinsulinemia amplifica l’espressione dei recettori dell’LH sulle cellule della granulosa risultando quindi implicata nella luteinizzazione prematura. Sarebbe probabilmente da imputare alle diverse isoforme di recettori per l’insulina il fatto che l’ovaio rimanga sensibile in un contesto di insulino-resistenza periferica. Sulle cellule della granulosa infatti è preponderante l’espressione di recettori A dell’insulina, ciò darebbe all’insulina la possibilità di modulare la responsività delle cellule della granulosa alle gonadotropine indipendentemente dagli effetti metabolici dell’insulina, che risultano invece mediati da recettori dell’insulina di tipo B espressi a livello degli altri tessuti periferici. 38

La diminuita responsività all’FSH e la prematura luteinizzazione delle cellule della granulosa alterano la selezione del follicolo dominante portando ad un arresto della maturazione follicolare. Tutte queste alterazioni conducono infine alla situazione di oligoanovulatorietà. 30

QUADRO CLINICO

Il quadro clinico della PCOS è caratterizzato principalmente da:

1) Iperandrogenismo

2) Disordini mestruali e infertilità 3) Alterazioni metaboliche

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23 1) Iperandrogenismo

Le principali manifestazioni dell’iperandrogenismo clinico includono: • Irsutismo

• Acne e seborrea • Alopecia

• Manifestazioni più rare come aumento della massa muscolare e abbassamento

del tono della voce.

Queste ultime sono però manifestazioni più tipiche di neoplasie ben differenziate, androgeno-secernenti a livello ovarico o surrenale, oppure di stati di insulino-resistenza veramente marcati. 39

Le classificazioni dell’NIH e di Rotterdam considerano l’irsutismo, l’acne e l’alopecia come segni clinici dell’iperandrogenismo.

La classificazione dell’AES accetta solo l’irsutismo invece come marker di iperandrogenismo.

Sicuramente durante l’adolescenza l’irsutismo è considerato il miglior marker di iperandrogenismo. Infatti l’acne è una caratteristica facilmente riscontrabile in adolescenti normali, mentre l’alopecia è infrequente nella popolazione giovanile.

5

• Irsutismo

L’irsutismo è definito come un aumento della peluria in zone androgeno-dipendenti come labbro superiore, mento, solco intermammario, areole mammarie, dorso nella zona lombare, faccia interna delle cosce. 40

La prevalenza dell’irsutismo nella popolazione generale si attesta attorno al 5-15%, con differenze importanti in base all’etnia e alla localizzazione geografica.39

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In un ampio studio su pazienti con iperandrogenismo clinico al 72% di queste fu possibile fare diagnosi di PCOS secondo i criteri vigenti. Pertanto la PCOS rappresenta la principale causa di irsutismo nella popolazione generale. L’irsutismo è presente in circa il 65-75% delle pazienti con PCOS ed è stato visto come possa predire le sequele metaboliche della PCOS. 41

Per quantificare l’irsutismo viene comunemente utilizzato lo score di Ferriman e Gallwey.

Figura 8: Ferriman-Gallwey score.

L’irsutismo viene definito come un punteggio al Ferriman-Gallwey ≥ 8, che corrisponde al 95° percentile della popolazione europea.40

Il cut-off per parlare di irsutismo comunque varia in base alla razza. 42

Nelle adolescenti data la più breve esposizione all’eccesso di androgeni il cut-off per definire l’irsutismo potrebbe essere inferiore.

Molto importante risulta la diagnosi differenziale tra irsutismo e ipertricosi la quale non è considerata una manifestazione di iperandrogenemia. L’ipertricosi differisce dall’irsutismo per la distribuzione della peluria in aree non androgeno-dipendenti e per le differenti caratteristiche della peluria. 5

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• Acne e seborrea

L’acne è comune nelle donne con PCOS, particolarmente nelle adolescenti. La prevalenza varia tra il 14 e il 25% con una certa differenza in base all’etnia e all’età. La prevalenza della combinazione acne-irsutismo non è ancora stata perfettamente definita anche se è evidente che la prevalenza di ciascuna delle due manifestazioni presa singolarmente è maggiore rispetto alla combinazione delle due. 6

• Alopecia

L’alopecia può essere classificata mediante metodi quali il Ludwig-score.

Figura 9: Ludwig Scale.

Tipicamente è una manifestazione di iperandrogenismo che ha una prevalenza minore nelle donne con PCOS, circa il 5%, e presentazione più tardiva rispetto ad irsutismo e acne. Nonostante ciò risulta una manifestazione poco tollerata dalle pazienti e con notevoli ripercussioni psicologiche. 39 Anch’essa come

l’acne non è considerata un marker di iperandrogenismo da parte della AES. 41

Inoltre quando si presenta da sola e non associata con irsutismo o acne è un segno aspecifico che può riconoscere altre eziologie, come ad esempio nel caso dell’alopecia areata che è la più comune causa di alopecia nella popolazione adolescente.5

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26 2) Disordini mestruali e infertilità

• Oligomenorrea/Amenorrea

Le disfunzioni ovariche nelle donne con PCOS si manifestano di solito con oligomenorrea/amenorrea, dovute alla cronica oligo-anovulazione. Comunque l’anovulazione prolungata può condurre a sanguinamenti uterini in grado di mimare una maggiore regolarità mestruale.

Il 70%-80% delle donne con PCOS presentano oligomenorrea o amenorrea. 43

L’oligomenorrea nelle donne adulte è definita come la presenza di meno di 9 cicli mestruali all’anno o 3 cicli più lunghi di 38 giorni durante l’anno precedente.

L’amenorrea è definita come cicli di durata superiore ai 90 giorni. 44

Comunque la presenza di cicli mestruali regolari in donne con iperandrogenismo non assicura la presenza dell’ovulazione, dato che in questa popolazione di donne fino al 40% hanno mostrato oligo-anovulazione nei test di laboratorio.

Per questo la AES e la consensus di Rotterdam hanno stabilito la necessità di valutare la disfunzione ovulatoria in donne adulte con PCOS e cicli regolari attraverso la misurazione del progesterone tra la giornata 20 e 24 del ciclo. Una considerazione a parte merita l’adolescenza. Durante l’adolescenza i cicli mestruali sono spesso più lunghi rispetto all’età adulta e l’anovulazione può essere fisiologica. Durante gli anni immediatamente post-menarcali infatti i cicli mestruali possono durare tra 21 e 45 giorni in maniera fisiologica. La caratteristica regolarità delle donne adulte (24-38 giorni) viene di solito raggiunta diversi anni dopo il menarca. 45

Per tale motivo a fini diagnostici l’irregolarità del ciclo va interpretata con cautela al fine di fare diagnosi di PCOS.

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• Infertilità

La fertilità è definita come la capacità di concepire nell’arco di 12 mesi.

La PCOS è la causa più comune di infertilità dovuta ad anovulazione. È la responsabile del 90-95% degli accessi a cliniche della fertilità in donne con anovulazione. Nonostante ciò il 60% di donne con PCOS sono fertili.

Tra le donne con PCOS e infertilità ben il 90% si sono dimostrate essere sovrappeso. L’obesità è infatti un fattore che esacerba indipendentemente la condizione di infertilità, riduce gli effetti dei trattamenti per la fertilità e aumenta il rischio di aborti spontanei. 43 Per questo sono aperti dibattiti volti a

stabilire il limite di BMI appropriato per iniziare le terapie di riproduzione assistita. Idealmente il peso dovrebbe essere ottimizzato prima della gravidanza. 46

Anche se il meccanismo principale di infertilità si presume essere l’oligo/anovulazione ci sono altri fattori potenzialmente implicati tra cui la diminuita competenza dell’oocita e alterazioni endometriali che sfavoriscono l’impianto. 47

3) Alterazioni metaboliche.

• Obesità

L’obesità gioca sia un importante ruolo patogenetico nello sviluppo della PCOS, sia è in grado di esacerbare le caratteristiche cliniche e metaboliche della sindrome.

Circa un 50% di donne con PCOS sono obese o sovrappeso.7

Le pazienti PCOS obese hanno spesso un iperandrogenismo più severo e alterazioni mestruali maggiori rispetto a donne PCOS normopeso. 48

Da sottolineare il fatto che nella patogenesi della PCOS non è importante solo la quantità di massa grassa ma anche o soprattutto la distribuzione del grasso.

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Gli studi hanno infatti dimostrato che il 50-60% delle donne con PCOS hanno un’obesità di tipo centrale, ovvero con distribuzione del grasso a livello addominale, indipendentemente dal loro BMI. Si tratta della così detta distribuzione Androide del grasso, al contrario di quella che è la normale distribuzione Ginoide. Figura 10: Distribuzione del grasso Androide o a mela e Ginoide o a pera.

Kirchengast et al hanno inoltre dimostrato come donne con PCOS hanno una maggior quantità di massa grassa e minor quantità di massa magra rispetto a controlli sani accoppiati per età, peso e BMI. Nello stesso studio gli autori osservarono che in tutti i controlli sani la distribuzione del grasso era di tipo ginoide mentre era tale solo nel 30% delle donne con PCOS. 49

Nelle donne con PCOS gli adipociti a livello viscerale alterano il profilo metabolico e ormonale, con i meccanismi illustrati nella figura sottostante.

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29 Figura 11: Circolo vizioso dei meccanismi che scaturiscono dall’obesità centrale e che al tempo stesso la aggravano.

Gli adipociti viscerali sono infatti in grado di alterare il metabolismo steroideo nelle donne con PCOS stimolando la 17-β-Idrossisteroidodeidrogenasi che converte Androstenedione a Testosterone, un androgeno più potente. Gli aumentati livelli di androgeni a loro volta inducono la distribuzione del grasso di tipo centrale. Si genera pertanto un circolo vizioso.

Inoltre gli adipociti viscerali sono in grado di convertire il cortisone a cortisolo grazie all’enzima 11-β-Idrossisteroidodeidrogenasi 1. Studi condotti sull’uomo hanno infatti dimostrato un incremento dell’espressione dell’RNA che codifica l’11 β-HSD-1 nel tessuto adiposo dei soggetti obesi. L’aumento del cortisolo aggrava ulteriormente l’insulino-resistenza.

L’aumento del cortisolo e del testosterone con un meccanismo a feedback conducono ad un aumento della distribuzione dell’adipe a livello centrale. 50 Si

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In conclusione questi meccanismi spiegano come l’obesità sia in grado di esacerbare l’insulino-resistenza e l’iperinsulinemia in donne con PCOS. L’insulino-resistenza e l’iperinsulinemia sono infatti presenti nel 65% di donne PCOS obese contro un 20% di donne PCOS magre. 51

Misurazione dell’obesità

▪ L’obesità viene misurata generalmente mediante l’indice di massa corporea (IMC) o body mass index (BMI) dall’inglese. Si tratta di un dato

biometrico, costituito dal rapporto tra peso (espresso in kg) e quadrato dell'altezza (espressa in metri) di un individuo ed è utilizzato come un indicatore dello stato ponderale.

Figura 12: Divisione in categorie in base al BMI. o Lo stato di normopeso

è definito come un BMI compreso tra 18,5 e 24,99.

o Il sovrappeso come un BMI compreso tra 25 e 29,99.

o L’obesità come un BMI compreso tra 30 e 34,99.

Quest’indice ha però dei grossi limiti, non tiene infatti conto del sesso dell’individuo, del rapporto massa grassa/massa magra e soprattutto della distribuzione del grasso.

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Le donne PCOS obese con distribuzione del grasso di tipo ginoide (“a pera”) presentano minori alterazioni della sensibilità insulinica e livelli minori di insulina rispetto a quelle con obesità di tipo androide (“a mela”).

Per ovviare a questo problema si ricorre quindi al WHR (waist-hip ratio), ovvero il rapporto tra la circonferenza misurata a livello della vita e a livello dei fianchi. Il rapporto vita/fianchi dovrebbe essere inferiore a 0,95 per gli uomini e 0,85 nelle donne. Nelle donne PCOS troviamo invece spesso un WHR > 0,85 che indica una distribuzione della massa grassa a livello addominale.

• Acanthosis Nigricans

L’iperinsulinemia compensatoria può associarsi sul piano clinico ad Acanthosis Nigricans. Si tratta di zone iperpigmentate, mal delimitate, che compaiono tipicamente a livello delle pieghe cutanee o comunque delle zone di attrito come collo, ombelico, inguine, ascelle. La pelle si presenta ispessita, di colore più scuro rispetto alle zone circostanti.

Può essere diagnosticata con certezza solo dopo esame istologico della cute che dimostri ipercheratosi spesso in associazione con iperpigmentazione. In realtà spesso è già evidente all’esame clinico in un’alta percentuale di donne obese con PCOS, e in una minor percentuale di casi, anche in donne magre. La severità dell’acanthosis nigricans dipende dal grado di insulino-resistenza della paziente. 52

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32 ASPETTO POLICISTICO DELL’OVAIO ALL’ECOGRAFIA

Per più di quindici anni i criteri ecografici cui si è fatto riferimento per la diagnosi ecografica di PCOM (Polycystic Ovarian Morphology) si rifacevano alla definizione

di Adams: ovaie aumentate di volume con almeno 10 follicoli di 2-8 mm disposti

perifericamente o sparsi in uno stroma iperecogeno.

Nel 2003 poi la consensus conference di Rotterdam ha stabilito i nuovi criteri per parlare di PCOM:

• presenza di 12 o più follicoli

• diametro follicolare compreso tra 2 e 9 mm

• volume ovarico >10 cm³ Tradizionalmente il calcolo del volume ovarico veniva effettuato utilizzando la formula per l'elissoide (π/6 x diametro longitudinale x diametro anteroposteriore x diametro trasversale). La formula semplificata attualmente in uso è: 0,5 (che corrisponde alla approssimazione di π/6=0,5233) x lunghezza x larghezza x spessore. I moderni ecografi sono oggi in grado di calcolare il volume automaticamente sulla base dell’ellisse posizionata sull’ovaio.

Per parlare di aspetto ecografico di ovaie policistiche, è sufficiente che una sola delle due ovaie abbia le 3 caratteristiche sopra descritte.

Figura 13: Aspetto ecografico di un ovaio con morfologia policistica.

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L’aspetto policistico delle ovaie rappresenta uno dei tre criteri diagnostici di PCOS come stabilito dalla consensus di Rotterdam nel 2003. Dato che per fare diagnosi occorre la presenza di due dei tre criteri, la PCOS può essere diagnosticata anche in assenza di ovaie policistiche all’ecografia purché siano verificati gli altri due criteri.

Allo stesso tempo la presenza isolata dell’aspetto policistico delle ovaie non deve causare un’automatica associazione con PCOS in quanto ovaie con morfologia policistica si ritrovano nel 20-30% della popolazione generale. La prevalenza scende lievemente se il metodo diagnostico utilizzato è l’ecografia transaddominale rispetto all’ecografia transvaginale. 53

Sicuramente la prevalenza di ovaie policistiche diminuisce all’avanzare dell’età della popolazione di donne considerata.

Durante l’adolescenza la morfologia policistica dell’ovaio potrebbe essere una fisiologica variazione della morfologia ovarica. Pertanto in letteratura non esiste consenso sul fatto di includere la PCOM tra i criteri diagnostici di PCOS in adolescenza. 54

QUADRO ORMONALE DELLA PCOS

Durante il processo diagnostico di PCOS in genere si procede alla valutazione dei livelli di una serie di ormoni: LH, FSH, Estrone (E1), Estradiolo (E2) , Testosterone,

Androstenedione, Deidroepiandrosterone solfato (DHEA-S),

17-idrossiprogesterone (17-OHP), Sex-Hormon Binding Globulin (SHBG).

LH e FSH

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• aumentati livelli di LH

• livelli normali o ridotti di FSH • rapporto LH:FSH >2,5

• eccessiva risposta dell’LH al test di stimolazione con GnRH

• maggiore frequenza nella pulsatilità di rilascio dell’LH a livello ipofisario

Questo tipico andamento della secrezione gonadotropinica è il risultato o di una aumentata sensibilità dell’ipofisi al GnRH ipotalamico o di un’alterata secrezione ipotalamica di GnRH.

È stato infatti osservato nei ratti che la pulsatilità del GnRH è in grado di modulare la sintesi delle gonadotropine. In particolare una situazione di rapida pulsatilità del GnRH stimolerebbe la sintesi dell’LH, mentre una bassa pulsatilità stimolerebbe la sintesi dell’FSH. Nelle donne con PCOS la pulsatilità è a favore della produzione dell’LH. 55

La parziale soppressione dell’FSH, la maggior sensibilità di questa gonadotropina al feedback negativo degli estrogeni e la relativa insensibilità al GnRH sono dovute almeno in parte all’azione dell’Inibina, la cui attività è aumentata nei follicoli ovarici per l’effetto dell’eccesso di androgeni. 56

I bassi ma costanti livelli di FSH stimolano continuamente la crescita di nuovi follicoli, che però non raggiungono la completa maturazione e quindi non vanno incontro all’ovulazione ma all’atresia. Questi follicoli atresici continuano ad arricchire la quota stromale ovarica che secerne, sotto la stimolazione dell’LH consistenti quantità di androgeni.

I livelli plasmatici delle gonadotropine non sono mai stati inclusi nei criteri per fare diagnosi di PCOS perché le caratteristiche alterazioni possono sfuggire al

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semplice prelievo ematico per via del meccanismo pulsatile con cui viene rilasciato l’LH.

Un importante studio di confronto fra una popolazione di donne PCOS e una di donne normali fu condotto nel 2002 da Cook57. Egli dimostrò che nelle donne

PCOS:

• i livelli medi di LH erano significativamente più elevati (P<0,00001)

• i livelli serici di FSH non mostravano una differenza statisticamente significativa

• la produzione ovarica di Estradiolo era significativamente diminuita (p<0,00002)

• i livelli serici di Testosterone libero erano significativamente aumentati (p<0,00001).

Figura 14: Livelli serici di LH, FSH, E2 e Testosterone libero in donne normali e donne PCOS a confronto.57

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36 Estrone (E1) ed Estradiolo (E2)

Elevati livelli di Estrone e livelli di Estradiolo corrispondenti a quelli della fase follicolare precoce di donne eumenorroiche caratterizzano la PCOS. L’aumentata

aromatizzazione periferica, soprattutto nel tessuto adiposo, di Androstenedione ad Estrone, causa l’aumento dei livelli di E1 e l’inversione del rapporto E1:E2. Questo stato di iperestrogenismo cronico può favorire proliferazione endometriale e aumentato rischio di cancro endometriale.29

Iperandrogenemia

L’iperandrogenemia rappresenta il criterio biochimico diagnostico di PCOS, anche se non è sempre presente.

Deve essere accertata mediante misurazione dei livelli di: • testosterone totale

• androstenedione

• deidroepiandrosterone solfato

• androgeni liberi calcolati mediante la determinazione dei livelli di testosterone libero o mediante il free androgen index (FAI).

Il dosaggio del testosterone libero può risultare poco accurato, per questo motivo la consensus conference di Rotterdam ha stabilito che debba essere preferito il calcolo del FAI, dato che esso gode di maggiore sensibilità e specificità. 5

Ad ogni modo il testosterone, e l’androstenedione sono i migliori markers della secrezione androgenica ovarica, mentre il DHEA-S che è elevato in circa il 50% delle pazienti, è il miglior marker della secrezione cortico-surrenalica.

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Nel ristretto numero di casi in cui le concentrazioni plasmatiche totali degli androgeni sono comprese nei limiti normali, le frazioni libere, biologicamente attive sono sempre abnormemente elevate, a causa della riduzione dei livelli circolanti di SHBG.

SHBG

La Sex Hormon Binding Globulin presenta una riduzione di circa il 50% rispetto ai suoi livelli normali. Sono testosterone e insulina che riducono la sua produzione epatica. Il risultato della riduzione dei livelli di SHBG è un aumento degli androgeni liberi, quando in condizioni normali invece meno del 3% del Testosterone viaggia libero nel sangue. 58

AMH

I livelli di AMH nelle donne con PCOS risultano aumentati rispetto a donne normali e l’aumento sarebbe proporzionale alla severità clinica della sindrome. Evidenze scientifiche suggeriscono che tale aumento dell’AMH sarebbe da imputare allo stimolo esercitato dagli androgeni sulle fasi precoci della crescita follicolare. E’ stato dimostrato che l’aumento dei livelli serici dell’AMH va di pari passo con quello degli androgeni, per cui l’AMH è stato proposto come marker di iperandrogenismo di origine ovarica.59 Studi successivi hanno comunque non

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38 COMORBIDITA’ DELLA PCOS

La PCOS è una sindrome complessa nell’ambito della quale ritroviamo spesso una serie di comorbidità. Le principali sono:

▪ Complicanze gestazionali ▪ Rischio di cancro endometriale

▪ Depressione, ansia, ridotta autostima ▪ Sindrome delle apnee notturne del sonno ▪ NAFLD e NASH

▪ Aumentato rischio cardiovascolare

o Intolleranza glucidica e Diabete Mellito di tipo 2 o Sindrome metabolica

o Dislipidemia

o Ipertensione arteriosa o Alterazioni Endoteliali

Descrivendo nel dettaglio queste comorbidità

▪ Complicanze gestazionali: le donne PCOS hanno un maggior rischio di sviluppare diabete gestazionale, parto pre-termine e pre-eclampsia rispetto a donne normali. Il rischio aumenta ulteriormente se queste donne con PCOS sono anche obese. In queste pazienti è pertanto raccomandata una valutazione pre-concezionale del BMI, della pressione arteriosa e della tolleranza glucidica.

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▪ Rischio di sviluppare tumori endometriali: l’ipotesi di un’associazione con la PCOS emerse per la prima volta in letteratura nel 1949. Da lì in poi una serie di studi hanno dimostrato la forza di questa associazione. Le donne con PCOS infatti presentano molti fattori di rischio per lo sviluppo di cancro endometriale, quali obesità, iperinsulinemia, diabete, sanguinamenti uterini anomali. Pertanto in queste pazienti è raccomandato un periodico screening ecografico per la misurazione dello spessore endometriale.

▪ Depressione, ansia, ridotta autostima: sarebbero il cambiamento dell’immagine corporea, l’acne, l’irsutismo, l’infertilità e lo sviluppo delle varie comorbidità a compromettere la qualità di vita delle pazienti e ad avere un forte impatto sul loro benessere psichico.

Studi osservazionali hanno dimostrato nelle donne PCOS una più alta incidenza di episodi di depressione maggiore durante l’arco della vita e una minore autostima. La storia di tentativi di suicidio è sette volte maggiore nel gruppo delle pazienti PCOS rispetto alla popolazione dei controlli sani. Per questo si raccomanda uno screening sia in donne adulte con PCOS che in adolescenti per depressione e ansia. Se viene fatta diagnosi di tali sindromi psichiatriche è raccomandato il trattamento. 60

▪ OSAS: Le donne con PCOS sviluppano la sindrome delle apnee notturne del sonno, con una prevalenza analoga o addirittura superiore a quella della popolazione maschile. Si pensa che ciò sia dovuto all’iperandrogenismo e all’obesità.

Pertanto si raccomanda uno screening per la OSAS a tutte le donne e adolescenti PCOS sovrappeso o obese. Se questa viene diagnosticata è

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opportuno sottoporre le pazienti alla polisonnografia e riferirle a centri adeguati per il trattamento della sindrome. 61

▪ NAFLD e NASH: la Non Alcoholic fatty liver disease è caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso nel fegato (steatosi), mentre la Non Alcoholic Steatohepatitis è una sottocategoria della NAFLD in cui la steatosi si associa a danno epatico e infiammazione. Dato che molte donne PCOS hanno alterazioni metaboliche quali obesità, ipertensione, dislipidemia, diabete, non è sorprendente l’associazione della PCOS con la NAFLD.

Pertanto donne con PCOS e fattori di rischio metabolici meriterebbero uno screening mediante marker serici di disfunzione epatica. Se questi si presentano elevati è opportuna una quantificazione della fibrosi mediante metodi non invasivi come il fibroscan oppure mediante metodi invasivi come la biopsia epatica.

▪ Rischio cardiovascolare: è maggiore nelle donne PCOS rispetto alla popolazione generale dato che esse presentano contemporaneamente molti fattori di rischio cardiovascolari.

o Le pazienti PCOS hanno un alto rischio di sviluppare di IGT e DM2. La letteratura riporta un aumento del rischio di sviluppare DM2 da 5 a 10 volte nelle donne cui viene fatta diagnosi di PCOS. 62

Pertanto è raccomandato l’uso dell’OGTT come screening per l’IGT e il DM2 in queste pazienti. Nel caso in cui queste pazienti non siano in grado di portare a termine un OGTT si può misurare l’HbA1c. Le linee guida non hanno ancora definito esattamente ogni quanto tempo ripetere questo screening, pertanto l’approccio raccomandato è quello

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di scegliere in base alla presenza di adiposità centrale, aumento ponderale, sintomi suggerenti lo sviluppo di diabete. 63

o La sindrome metabolica è stata definita come la presenza di almeno 3 dei seguenti 5 criteri:

A. circonferenza addominale> 88 cm B. trigliceridemia > 150mg/dL

C. livelli di HDL <50mg/dL

D. pressione arteriosa > 130/85mmHg E. glicemia basale > 110mg/dL. 64

L’esatta causa della sindrome metabolica non è nota. L’insulino-resistenza, l’obesità, la predisposizione genetica giocherebbero un ruolo fondamentale nella sua patogenesi.

E’ ampio il numero di donne con PCOS che presentano sindrome metabolica. Uno studio di Dokras e del suo gruppo, nel 2005, ha infatti dimostrato come le donne con PCOS avessero un rischio 11 volte maggiore di sviluppare sindrome metabolica rispetto a controlli appaiati per età. 65

o La dislipidemia è più comune in donne PCOS rispetto a controlli appaiati per categorie di peso. È caratterizzata da elevati livelli di trigliceridi e LDL e bassi livelli di HDL.

Le pazienti PCOS sviluppano dislipidemia indipendentemente dal valore del loro BMI, anche se l’obesità e l’insulino-resistenza esercitano un effetto sinergico di potenziamento. 66

o Per quanto riguarda l’ipertensione arteriosa nonostante vari studi abbiano rilevato valori normali di pressione arteriosa sistolica e diastolica, in altri i livelli di pressione arteriosa media in donne con PCOS sono risultati elevati rispetto ai controlli. Anche il fisiologico calo della

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pressione arteriosa che si ha durante la notte sarebbe minore nelle donne con PCOS.67

o Numerose alterazioni vascolari sono state riscontrate in donne PCOS, come ad esempio un maggior spessore intimale a livello carotideo, che rappresenta un fattore di rischio indipendente per ictus e infarto miocardico. Anche la prevalenza di aterosclerosi coronarica è maggiore in queste pazienti rispetto ai controlli sani.68

o All’ecocardiografia si notano importanti differenze sia anatomiche che

funzionali cardiache tra donne con PCOS e controlli, quali: aumento del

diametro ventricolare sinistro, aumento della massa miocardica sinistra, diminuzione della frazione di eiezione sinistra e disfunzione diastolica. o Alcuni studi hanno dimostrato un’alterata funzione endoteliale nelle

donne PCOS, dimostrata ad esempio da una ridotta compliance vascolare.69 Studi in vivo e in vitro hanno trovato una correlazione tra

l’iperinsulinemia ed elevati livelli di Endotelina 1 (ET-1). È stato proposto che la possibile causa dell’iperproduzione di ET-1 nella PCOS sia l’insulino-resistenza. Questa ipotesi è diventata ancora più solida quando si è visto che il trattamento con Metformina riduce i livelli di ET-1.70

INTRODUZIONE AL TRATTAMENTO DELLA PCOS

Obiettivi del trattamento

Il trattamento della PCOS diventa necessario nelle donne adulte per indurre: • cicli ovulatori e fertilità

• migliorare l’aspetto fisico e le manifestazioni dell’iperandrogenismo • ridurre l’obesità

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• ridurre complicanze metaboliche quali la disfunzione endoteliale e l’infiammazione, il profilo lipoproteico aterogeno, le calcificazioni coronariche, la NAFLD e la NASH, le OSAS.

Nelle adolescenti ottenere cicli ovulatori e fertilità è meno importante rispetto alla donna adulte, anche se è importante ripristinare la ciclicità mestruale al fine di migliorare il benessere endometriale. Una riduzione ponderale e un miglioramento dell’aspetto estetico risultano invece fondamentali in queste giovani donne.

Non è detto che per ciascuna paziente sia necessario perseguire tutti questi obiettivi. Al tempo stesso questi obiettivi possono essere raggiunti solamente utilizzando percorsi terapeutici diversi tra loro come sintetizzato nella tabella sottostante, per cui alla fine la terapia può risultare complessa.

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44 Possibilità terapeutiche

Le possibilità terapeutiche a disposizione per la PCOS sono rappresentate dalle modifiche nello stile di vita, dall’uso di contraccettivi orali, antagonisti dei recettori degli androgeni, farmaci insulino-sensibilizzanti come Metformina e Tiazolidinedioni, integratori a base di Inositolo. Esaminiamo ciascuno di questi presidi terapeutici.

1) MODIFICHE DELLO STILE DI VITA E CALO PONDERALE

Il primo approccio terapeutico nelle donne con PCOS deve essere rappresentato dalle modifiche dello stile di vita, alimentazione e in presenza di obesità o sovrappeso dalla perdita di peso. Oltre ad un miglioramento delle comorbidità metaboliche associate all’obesità, il calo ponderale riduce l’iperinsulinemia e aumenta l’insulino-sensibilità, conducendo di conseguenza anche a una diminuzione dell’LH e dei livelli di androgeni.

Uno stile di vita più sano deve essere caldamente raccomandato soprattutto alle adolescenti per migliorare le loro abitudini di vita prima dell’ingresso nell’età adulta.

Nelle donne adulte è stato dimostrato un miglioramento in ciascuno degli aspetti clinici associati alla PCOS dopo calo ponderale.

Anche modeste riduzioni di peso, nel range del 2-7%, hanno dimostrato72 di

migliorare la funzione ovulatoria in un’alta percentuale di donne PCOS. Se questa modesta riduzione di peso viene associata anche ad una regolare attività fisica l’efficacia aumenta.

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Recentemente Palomba73 ha dimostrato come in due coorti di pazienti seguite per

24 settimane, di cui una era sottoposta ad un programma di esercizio fisico regolare mentre l’altra ad una dieta ipocalorica iperproteica, in entrambe si otteneva diminuzione dell’insulino-resistenza e miglioramento dei cicli mestruali, della fertilità, dei livelli di SHBG e di androgeni.

Hoeger72 ha riscontrato invece miglioramenti nell’ovulatorietà di pazienti PCOS

solo dopo calo ponderale.

Le modifiche dello stile di vita sono fondamentali ma allo stesso tempo difficili da sostenere e sono associate ad alti tassi di recidiva. Nello studio di Hoeger sopra menzionato, 72 dove erano state arruolate donne adulte PCOS che venivano

sottoposte a intense modifiche dello stile di vita per 48 settimane, si osservò una percentuale di abbandono del programma pari al 40%.

2) CONTRACCETTIVI ORALI

L’uso dei contraccettivi orali nella PCOS è una delle prime possibilità terapeutiche che devono essere tenute in considerazione sia nelle donne adulte che nelle adolescenti.

Questo trattamento produce cicli mestruali regolari, diminuisce il rischio di iperplasia endometriale e migliora enormemente l’acne e l’irsutismo con in più il grande vantaggio dell’efficacia come anticoncezionale.

Il trattamento con pillola estroprogestinica rappresenta dunque la terapia di prima scelta per trattare l’iperandrogenismo.

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46 Meccanismo d’azione

Le pillole anticoncezionali più usate contengono sia una componente estrogenica, tipicamente etinilestradiolo, sia una componente progestinica.

L'assunzione quotidiana di questi due ormoni inibisce gli eventi ormonali che inducono l'ovulazione. L'estrogeno ed il progestinico contenuti nella pillola, simulando gli ormoni endogeni, sfruttano il feedback negativo, portando così ad una ridotta secrezione di FSH e soprattutto di LH da parte dell'ipofisi.

La riduzione dei livelli plasmatici di FSH inibisce lo sviluppo del follicolo, impedendo così il normale aumento dei livelli di estradiolo. Il feedback negativo del progestinico impedisce il picco di LH a metà ciclo: questo fatto, insieme all'arresto dello sviluppo follicolare, previene l'ovulazione.

Questo è il principale, ma non l’unico meccanismo che permette alla pillola di funzionare come anticoncezionale e che viene sfruttato anche nella PCOS. Diminuendo infatti la produzione delle gonadotropine si blocca l’iperstimolazione sulla teca ovarica esercitata dall’LH e quindi si ottiene una ridotta produzione di androgeni. In particolare:

• La componente estrogenica coadiuva l’azione del progestinico nell’indurre l’inibizione dell’ovulazione.

Gli estrogeni sono inoltre in grado di aumentare la produzione dell’SHBG a livello epatico, dando così luogo ad una diminuzione dei livelli di androgeni liberi e della loro biodisponibilità. 74

Ecco quindi che la pillola EP interferisce con l’iperandrogenemia in due modi: fa diminuire la produzione ovarica degli androgeni e al contempo riduce la loro biodisponibilità.

• I progestinici si legano a diversi recettori e a seconda della molecola utilizzata sono in grado di attivare o inibire i recettori cui si legano. Hanno

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tutti in comune la capacità di legarsi ai recettori del progesterone ma alcuni presentano un’addizionale azione anti-androgenica, altri pro-androgenica, alcuni hanno un’azione stimolante sul recettore dei glucocorticoidi, altri no. Particolarmente indicati, almeno nelle forme di PCOS in cui l’irsutismo e/o l’acne sono marcati, sono gli EP che utilizzano un progestinico ad attività antiandrogenica.75 Gli effetti della terapia sulle manifestazioni cliniche

dell’iperandrogenismo non devono comunque essere valutati prima dei sei mesi dall’inizio del trattamento. Se la ciclicità mestruale si regolarizza immediatamente con l’EP, lo stesso non accade per le manifestazioni cutanee dell’iperandrogenismo. I peli hanno infatti un’emivita di circa sei mesi.

Nonostante la popolarità di cui godono i contraccettivi orali gli studi di confronto tra una formulazione e l’altra sono limitati e l’osservazione di solito si arresta a 6-12 mesi di trattamento. Pertanto non esistono ad oggi valide linee guida che indichino quale formulazione sia migliore in donne e adolescenti PCOS.

Controindicazioni

Numerose condizioni, tra cui la familiarità per trombosi venosa profonda, controindicano l’uso della pillola estro-progestinica e in particolare degli estrogeni in essa contenuti. In questo caso si può utilizzare una pillola con solo progestinico che pur offrendo la stessa protezione contraccettiva dell’estro-progestinico, non ha gli stessi effetti terapeutici sull’iperandrogenismo.

Limiti e complicanze

Come spiegato gli EP sono molto utili nel trattamento della PCOS, soprattutto nella riduzione dell’iperandrogenismo, però purtroppo non tutti gli EP sono in

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grado di agire su altri aspetti della PCOS altrettanto importanti come l’insulino-resistenza e l’iperinsulinemia compensatoria.

Al contrario alcuni EP anzi risulterebbero associati ad una serie di complicanze metaboliche a lungo termine, come intolleranza glucidica, displipidemia e malattie cardiovascolari.

• L’impatto degli EP sul metabolismo glucidico in donne PCOS è ancora dubbio perché gli studi disponibili sono pochi. Da questi studi è comunque emersa una possibile diminuita sensibilità insulinica e un’aumentata glicemia dopo carico di glucosio in base alla dose di estrogeni e al tipo di progestinico usati. L’attività androgenica residua del progestinico contenuto nella formulazione della pillola sembrerebbe influenzare il metabolismo del glucosio in misura maggiore rispetto alla dose dell’estrogeno. 76 Gli EP con progestinici ad attività antiandrogenica hanno

invece effetti positivi sulla sensibilità all’insulina.

Per quanto riguarda il loro uso nella donna diabetica l’American Diabetes Association ha concluso che i contraccettivi orali non sono controindicati in donne diabetiche purché queste non abbiano anche complicanze cardiovascolari. 77

• Per quanto riguarda il metabolismo dei lipidi gli effetti degli EP dipendono dalla formulazione utilizzata. Quando prevale l’attività estrogenica aumenta il colesterolo HDL e diminuisce quello LDL, l’opposto avviene quando prevale l’attività androgenica residua del progesterone. I progestinici ad attività anti-androgenica non si oppongono agli effetti positivi degli estrogeni.78

Gli EP più nuovi, contenenti basse dosi di progestinico e soprattutto ad attività anti-androgenica, hanno comunque un minore o nullo impatto negativo sull’insulino-resistenza e sul profilo lipidico, che anzi può risultare migliorato dal loro uso.

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• Per quanto riguarda il rischio cardiovascolare alcuni studi evidenziano un minimo aumento del rischio di trombosi venosa e arteriosa, effetto questo che comunque non può essere generalizzato a tutte le formulazioni. 79

Ad ogni modo per i limiti che gli EP presentano e per la scoperta del ruolo dell’insulino-resistenza e dell’iperinsulinemia compensatoria nella patogenesi della PCOS da alcuni anni sono state introdotte le così dette terapie metaboliche nella PCOS.

3) INSULINO-SENSIBILIZZANTI

Il razionale dell’uso di insulino-sensibilizzanti nella PCOS deriva dal fatto che un 45-65% delle pazienti PCOS presenta insulino-resistenza e iperinsulinemia compensatoria80 che alterano la funzione steroidogenetica dell’ovaio e la

maturazione follicolare. 20

A) METFORMINA

Introduzione

La Metformina è un farmaco della famiglia delle Biguanidi introdotto nella pratica clinica nel 1957. Fa parte degli antidiabetici orali ed è classicamente utilizzata nella terapia del Diabete Mellito di tipo 2.

Nel 1994 Velazquez et al. per primi valutarono gli effetti della somministrazione di Metformina in 26 donne obese con PCOS per indagare il ruolo dell’insulino-resistenza nella patogenesi della sindrome. Dopo 6 mesi di trattamento con Metformina alla dose di 1500 mg/dì gli autori riportarono una significativa

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