• Non ci sono risultati.

Il sistema dei controlli e la revisione legale dei conti delle societa cooperative

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Il sistema dei controlli e la revisione legale dei conti delle societa cooperative"

Copied!
144
0
0

Testo completo

(1)

1

UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea in Strategia,Management e Controllo

I SISTEMI DI CONTROLLO E LA REVISIONE LEGALE DEI CONTI

DELLE SOCIETÀ COOPERATIVE

CANDIDATO:

RELATORE:

Maria Elisabetta L’Abbadessa

Giuseppe D’Onza

(2)

2

Sommario

INTRODUZIONE ... 4

1. CAPITOLO I: La società cooperativa: principi, norme e tipologie ... 6

Premessa ... 6

1.1 Gli otto princìpi fondanti della cooperazione ... 7

1.2 Le norme : breve analisi delle specificità cooperative ... 8

1.3 Cooperative a mutualità prevalente e cooperative a mutualità non prevalente ... 15

2. CAPITOLO II: Il sistema dei controlli ... 21

Premessa ... 21

2.1 Evoluzione della disciplina dei controlli afferente le società cooperative ... 21

2.2 Il sistema di controllo interno ... 26

2.3 L’attività di vigilanza esterna ai sensi del D.Lgs 220/2002 ... 29

2.4 Il controllo giudiziario ... 33

2.5 Il controllo di legalità da parte degli organi di controllo interno ... 34

2.6 La revisione legale dei conti ai sensi del D.Lgs 39/2010 ... 39

2.7 La Certificazione di bilancio, secondo quanto disposto della legge n. 59 del 1992. . 41

3. CAPITOLO III: Soggetti e responsabilità nell’ambito del sistema dei controlli delle società cooperative ... 43

3.1 Soggetti che svolgono la revisione legale dei conti ... 43

3.1.1 Registro dei revisori e formazione obbligatoria. ... 43

3.1.2 Onorabilità e Indipendenza dei revisori... 47

3.1.3 Vigilanza sugli iscritti nel registro dei revisori legali dei conti e il controllo di qualità ... 50

3.1.4 Le responsabilità del revisore ... 52

3.1.5 Conferimento, revoca e dimissioni dall’incarico, risoluzione del contratto ... 54

3.2 Il Ministero dello Sviluppo Economico e le Associazioni Nazionali ... 55

3.2.1 Il revisore cooperativo ... 56

3.2.2 L’ispettore ministeriale ... 57

3.2.3 Le Associazioni Nazionali ... 58

3.3 Strumenti di informazione e controllo riservati ai soci ... 61

4. CAPITOLO IV: La revisione legale dei conti applicata al sistema cooperativo... 64

4.1 La revisione legale dei conti ... 64

4.1.1 Il concetto di Significatività ... 69

4.1.2 Rischio di revisione ... 71

4.2 Le tipologie di giudizio sul bilancio ... 73

4.2.1 Le situazioni di incertezza ... 75

(3)

3

4.2.3 Effetti dei giudizi sui bilanci ... 78

4.3 Gli obiettivi di revisione ... 79

4.3.1 Obiettivo globale ... 79

4.3.2 Particolari obiettivi nelle società cooperative ... 81

4.4 Le fasi caratteristiche dell’attività di revisione ... 83

4.5 Alcune peculiarità della revisione contabile applicata al sistema cooperativo ... 84

4.5.1 La verifica dello scopo mutualistico ... 84

4.5.2 Le riserve divisibili e indivisibili ... 89

4.5.3 Il prestito sociale ... 105

(4)

4

INTRODUZIONE

Il presente elaborato si propone di analizzare gli aspetti maggiormente rilevanti afferenti l'attività di consulenza svolta nei confronti delle società cooperative, in particolare concentrando l’attenzione sui due macro argomenti: il complesso sistema dei controlli, illustrandone i caratteri essenziali delle varie forme di controllo, e l'attività di revisione legale dei conti con i connessi problemi di natura pratica.

Il primo capitolo è dedicato ai principi, alle norme e alla classificazione delle varie tipologie cooperative, predisponendo un breve inquadramento normativo con l’obiettivo di sottolinearne le principali caratteristiche della società cooperativa. Si introduce, inoltre, il concetto della mutualità prevalente.

Nel secondo capitolo si esamina il sistema dei controlli previsto per le società cooperative. Si procederà ad un breve excursus sulle varie forme di controllo cui sono sottoposte le società cooperative, come fonte di garanzia per i soci di una corretta amministrazione e di trasparenza. Si evidenziano le regole del controllo, cioè i Principi di Revisione, la complessità di tali controlli che nelle cooperative si manifesta nei differenti elementi che vanno a caratterizzare le stesse verifiche ma soprattutto nel sistema di vigilanza pubblico previsto esclusivamente per tali forme sociali.

Il terzo capitolo è dedicato ai soggetti che operano nel sistema dei controlli delle società cooperative occupandosi sia dei principi e delle tecniche da osservare per svolgere gli incarichi di revisione legale, che delle responsabilità di tali soggetti, ai sensi del rilevante intervento normativo ravvisabile nel D. Lgs. n. 39/2010, il quale ne detta la normativa afferente a tali soggetti. In particolare il decretosi occupa delle regole per la tenuta del registro dei revisori legali dei conti, le modalità dell’iscrizione, il ruolo del Ministero dell’Economia, i requisiti necessari per l’abilitazione. Inoltreil terzo capitolo esamina il ruolo del Collegio Sindacale incaricato della revisione legale dei conti e del compito attribuito al Ministero dello Sviluppo Economico e alle Associazioni Nazionali, chiamati in causa dal D.lgs 220/2002 per le Revisioni Ministeriali.

Infine il quarto capitolo si occupa dell'attività di revisione legale dei conti, in termini più procedurali, svolta per tali fattispecie societarie entrando nel merito della verifica della prevalente mutualità, citando le problematiche che i professionisti possono riscontrare nello svolgimento dei controlli, del prestito sociale, posta di bilancio di esclusivo dominio delle cooperative e dei vincoli circa la non distribuibilità delle riserve di capitale.

Nelle appendici, allo scopo di attualizzare le considerazioni effettuate, verranno proposti documenti riguardanti un lavoro, al quale ho partecipato, di Certificazione di Bilancio ai sensi della

(5)

5 legge n.59/92 in capo ad una virtuosa società cooperativa emiliana operante nel settore dello smaltimento dei rifiuti, a titolo di esempio.

(6)

6

1. CAPITOLO I: La società cooperativa: principi, norme e tipologie

Premessa

Le società cooperative, rispetto agli altri soggetti societari, sono caratterizzate dal particolare fine perseguito, comunemente conosciuto come “scopo mutualistico”. Se, infatti, lo scopo di una società di capitali è massimizzare il profitto, distribuendo tale vantaggio ai propri soci sotto forma di dividendo, il fine perseguito da una società cooperativa consiste nel fornire ai propri soci beni e/o servizi ovvero occasioni di lavoro a condizioni più favorevoli di quelle che essi troverebbero sul mercato. Tra socio e cooperativa, dunque, si instaura un ulteriore rapporto, definito “mutualistico”, distinto rispetto al rapporto sociale. Tale concetto – sebbene non ne esista alcuna definizione legislativa1 – è direttamente richiamato dall’art. 45 della Carta Costituzionale che, infatti, dispone:

“La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità”.

Le società cooperative sono disciplinate:

 Dalle specifiche norme specifiche dagli art. 2511 e ss cc.;

 Dalle disposizioni dettate riguardo alle società per azioni o, alternativamente, alle società a responsabilità limitata nei casi in cui il numero dei soci cooperatori sia inferiore a venti ovvero l’attivo dello stato patrimoniale non sia superiore a un milione di euro2;

 Dalle leggi dettate con specifico riferimento a tali soggetti societari, tra cui assumono particolare rilevanza la cosiddetta legge “Basevi” (d.I.C.P.S. 14 dicembre 1947, n 1577), la legge 31 gennaio 1992, n.59, la legge 3 aprile 2001, n. 142 (cosiddetta legge “del socio lavoratore”), il d.lgs. 2 agosto 2002, n.220 (vigilanza sugli enti cooperativi).

Si comprende, dunque, come, a parità di condizioni, l’attività di revisione legale che abbia per oggetto una società cooperativa sia normalmente più complessa di quella riferita ad una società di

1 L’art. 2511 c.c. qualifica le cooperative come società a capitale variabile con scopo mutualistico iscritte presso l’albo delle

società cooperative, senza fornire alcuna definizione del concetto di “mutualità”.

2 In questi casi la cooperativa può liberamente scegliere se adottare le norme previste per la società a responsabilità limitata o

per la società per azioni. In realtà esiste anche una terza fattispecie, prevista dal secondo comma dell’art. 2522 c.c.: si tratta delle cooperative con un numero di soci – tutte persone fisiche – da tre a otto, che devono obbligatoriamente applicare le regole previste per la società a responsabilità limitata.

(7)

7 capitali. Nelle pagine successive cercherò di evidenziare tutte quelle peculiarità proprie del mondo cooperativo che direttamente e indirettamente vanno a incidere sull’attività di revisione legale.

1.1

Gli otto princìpi fondanti della cooperazione

Di seguito vengono elencati gli otto principi fondamentali della cooperazione:

1. La partecipazione: Sono i soci che amministrano la cooperativa.

2. Voto per testa: Nelle società cooperative – essendo centrale la remunerazione della

prestazione mutualistica rispetto a quella del capitale – il diritto dei soci a partecipare alle decisioni sociali non è legato alla percentuale di capitale posseduta: quindi, ad ogni socio viene attribuito un voto in assemblea indipendentemente dalla quota di capitale sottoscritta. Questo perché la cooperativa è l´unica forma imprenditoriale che non consente la concentrazione in poche mani della proprietà di una società.

3. Principio della “porta aperta”: Dal concetto di variabilità del capitale sociale deriva

che l’iter di entrata (ma anche di “uscita”) dei soci dalla cooperativa risulta estremamente semplificato rispetto a quanto avviene nelle altre tipologie societarie: la legge, infatti, favorisce l’ingresso di nuovi soci nella cooperativa mediante una procedura ad hoc stabilita dall’art. 2528 c.c. È opportuno sottolineare, altresì, come tale principio non debba essere interpretato come mero diritto di ammissione per qualunque persona fisica o giuridica che ne faccia richiesta: si deve fare riferimento, infatti, tanto ai requisiti3 che l’atto costitutivo contempla al fine di poter acquisire lo

status di socio quanto alle condizioni oggettive4 in cui si trova la stessa cooperativa nel momento in

cui l’organo amministrativo è chiamato a deliberare sull’eventuale ammissione. Per tali ragioni possiamo considerare la cooperativa come una struttura aperta: chiunque ne condivida i principi mutualistici può chiedere di farne parte ed essa può accettare tale richiesta purché sia in grado di soddisfare il bisogno di lavoro o di servizio.

4. La natura mutualistica: Il fine di una cooperativa non è il profitto, ma quello di

realizzare gli scambi mutualistici con i soci.

5. La natura non speculativa: Nel momento dello scioglimento, i soci non possono

dividersi il patrimonio della cooperativa, né possono vendere la società nel suo complesso. La legge consente una tassazione agevolata degli utili, a condizione che siano reinvestiti per lo sviluppo della cooperativa stessa.

3 Secondo criteri non discriminatori.

(8)

8

6. La solidarietà intergenerazionale: La cooperativa tende a conservarsi nel tempo per le

generazioni future, alimentando un circuito virtuoso d´investimento e innovazione ed il trasferimento delle competenze e abilità fra soci anziani e giovani.

7. La solidarietà intercooperativa: Condividendo gli stessi principi, tra le cooperative si

attuano forme di solidarietà sia nello sviluppo che nel consolidamento sul mercato. Ciò consente a qualunque impresa di essere parte integrante di un movimento che vuole affermare valori di efficienza e di solidarietà.

8. La mutualità verso l’esterno: Tra le missioni delle cooperative vi è quella di favorire

con contributi diretti ed indiretti, la nascita di nuove cooperative. A questo fine tutte le cooperative destinano il 3% dei propri utili ad un fondo mutualistico finalizzato alla promozione e allo sviluppo della cooperazione.

1.2

Le norme : breve analisi delle specificità cooperative

Le società cooperative presentano numerosi aspetti che le differenziano notevolmente dalle società di capitali. Come già evidenziato, il perseguimento dello scopo mutualistico, infatti, implica che la società cooperativa sia strutturata secondo principi volti alla sua integrale realizzazione. Nel presente paragrafo si analizzeranno, sinteticamente, le principali caratteristiche strutturali di tali soggetti societari.

• Capitale variabile

A differenza delle altre tipologie societarie le cooperative sono società a capitale variabile: la variazione del capitale sociale, di conseguenza, non implica una modifica statutaria, non essendo individuato in un ammontare prestabilito all’interno dell’atto costitutivo.

• Numero minimo di soci

Per procedere alla legale costituzione di una società cooperativa è necessario che i soci siano almeno nove. Può essere costituita una società cooperativa da almeno tre soci quando i medesimi sono persone fisiche e la società adotta le norme della società a responsabilità limitata. Se i soci sono almeno nove non sussiste tale vincolo.

La legge determina il numero minimo dei soci necessario per la costituzione di particolari categorie di cooperative.

(9)

9 Nel caso in cui il numero dei soci si riduca al di sotto del minimo legale, esso deve essere reintegrato entro un anno, altrimenti la società si scioglie e deve essere messa in liquidazione.

• Soci cooperatori e soci finanziatori

Fino ad ora, tutte le volte che si è fatto riferimento alla figura del socio si è parlato di soggetti che realizzano con la cooperativa il cosiddetto scambio mutualistico: tale figura è comunemente conosciuta come “socio cooperatore”. Accanto a questa fondamentale figura l’ordinamento civilistico contempla che altri soggetti possano divenire soci della cooperativa anche senza realizzare direttamente lo scambio mutualistico5. Si tratta essenzialmente dei cosiddetti “soci

finanziatori”, fattispecie delineata dall’art. 2526 c.c. e che, normalmente ,viene connotata dal godimento di minori diritti amministrativi e maggiori diritti patrimoniali rispetto ai soci cooperatori.

• Gli organi sociali

Le società, in quanto persone giuridiche, operano attraverso organi, svolgono cioè le loro funzioni attraverso persone fisiche a cui vengono attribuiti determinati incarichi.

Gli organi sono sia individuali (ad es. il presidente, in quanto rappresentante legale, l´amministratore unico), che collegiali (l´assemblea dei soci, l’organo di controllo, il consiglio di amministrazione, gli amministratori).

• L’organo amministrativo

Il consiglio di amministrazione è l´organo che nella società ha il compito di gestire l´impresa sociale, secondo l´indirizzo strategico determinato dall´assemblea dei soci e nei limiti fissati dallo statuto. Il consiglio di amministrazione è subordinato all´assemblea, che lo elegge e della cui fiducia deve godere nel corso di tutto il mandato. Gli amministratori durano in carica per un periodo massimo di tre esercizi. Sono rieleggibili. Gli amministratori scadono alla data dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio relativo all’ultimo esercizio della loro carica. Gli amministratori devono essere per la maggioranza scelti tra i soci persone fisiche o i rappresentanti di persone giuridiche socie. Possono anche essere nominati amministratori persone non socie in misura minoritaria e purché sia previsto statutariamente. All´interno del consiglio di amministrazione viene eletto un presidente, che ha la rappresentanza legale della società e che ha il

5 La presenza dei soci finanziatori è legata a un investimento finanziario in un’ottica di potenziamento della società

(10)

10 compito di convocare il consiglio di amministrazione fissando l´ordine del giorno e provvedendo che le informazioni inserite in esso siano fornite a tutti i consiglieri. Inoltre l´atto costitutivo delle cooperative può riservare la nomina di alcuni amministratori a particolari categorie di soci (di alcune zone o portatori di interessi professionali differenziati); la norma è particolarmente significativa perché dimostra il collegamento tra la cooperativa e le categorie sociali di cui essa è espressione. In luogo del consiglio di amministrazione (in special modo nelle coop‐srl ), può essere nominato un amministratore unico che deve essere obbligatoriamente socio. La riforma del diritto societario ha introdotto inoltre nuovi modelli amministrativi, diversi da quello tradizionale che potranno essere adottati anche dalle società cooperative.

- Per le coop‐spa:

o il sistema monistico: l´assemblea nomina il consiglio di amministrazione che ha il compito di gestione della società e nomina al suo interno il comitato per il controllo sulla gestione che svolge le funzioni del collegio sindacale, con esclusione dell´attività di controllo contabile;

o il sistema dualistico: l´assemblea nomina il consiglio di sorveglianza che ha il compito dell' approvazione del bilancio, svolge le funzioni del collegio sindacale, riferisce all´assemblea e infine nomina e revoca il consiglio di gestione, il cui compito è la gestione della società

- Per le coop‐srl sono possibili forme di amministrazione congiuntiva e disgiuntiva (è

consigliabile, almeno in una prima fase, mantenere il modello amministrativo tradizionale.)

La maggioranza dei membri dell’organo amministrativo deve essere scelta tra i soci ovvero tra le persone indicate dai soci cooperatori persone giuridiche.

• L’assemblea dei soci

Se durante lo svolgimento del proprio lavoro il socio deve sottostare ai propri superiori per una migliore organizzazione e distribuzione delle competenze tecniche, durante i momenti di attività sociale il cui massimo esempio è rappresentato dall´assemblea dei soci, il socio non è più in un rapporto di gerarchia, ma di totale parità con il resto della compagine sociale.

L´assemblea può essere ordinaria o straordinaria, a seconda degli argomenti posti all´ordine del giorno. In alcune ipotesi vi è l´obbligo delle assemblee separate (art.2540 del codice civile).

L´assemblea deve essere convocata almeno una volta all´anno entro 120 giorni dalla chiusura dell´esercizio sociale. E´ possibile il differimento del termine di convocazione fino a 180 giorni, qualora la società sia tenuta alla redazione del bilancio consolidato o ricorrano particolari esigenze.

(11)

11 L´assemblea è convocata dagli amministratori mediante avviso che deve contenere il luogo, l´ora di convocazione e l´ordine del giorno. La convocazione può essere effettuata con pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale o in un quotidiano indicato nello statuto almeno 15 giorni prima della convocazione dell´assemblea. Oppure con altri mezzi comunque idonei a garantire la prova dell´avvenuto ricevimento.

Le maggioranze richieste per la costituzione delle assemblee e per la validità delle deliberazioni sono determinate in via statutaria e sono calcolate secondo il numero dei voti spettanti ai soci.

All´assemblea possono partecipare tutti i soci iscritti a libro soci e hanno diritto di voto solo i soci cooperatori che risultano iscritti a libro soci da almeno novanta giorni. E´ possibile il voto per delega, ma i delegati devono essere soci. Ogni socio può rappresentare fino a un massimo di dieci soci. I possessori di strumenti finanziari hanno diritto di voto con particolari limitazioni.

Come precedentemente detto, nelle cooperative vale il principio di una testa un voto, qualunque sia il numero delle azioni possedute o il valore della quota. Per i soci cooperatori persone giuridiche l´atto costitutivo può attribuire più voti, ma non più di cinque, in relazione dell´ammontare della quota o al numero dei loro membri. Anche ai soci detentori di strumenti finanziari può essere attribuito il diritto al voto, che in nessun caso può essere superiore a 1/3 dei voti spettanti all´insieme dei soci presenti.

Nelle cooperative di "supporto" dove è presente la figura del "socio ‐ imprenditore" è possibile attribuire un voto plurimo ad una categoria di soci (superando quindi il principio di una testa ‐ un voto), in ragione della partecipazione allo scambio mutualistico. L´attribuzione del voto plurimo è però condizionata da una duplice limitazione:

- individuale: ciascun "socio pesante" non può esprimere più di 1/10 dei voti in ciascuna assemblea generale;

- di categoria: alla categoria non può essere attribuito più di 1/3 dei voti spettanti all´insieme dei soci presenti o rappresentati in ciascuna assemblea generale.

• Destinazione del risultato di esercizio

La destinazione del risultato d’esercizio di una società cooperativa presenta numerose peculiarità, che la differenziano notevolmente dalle società di capitali. Innanzitutto, occorre porre l’attenzione su quanto previsto dai primi due commi dell’art. 2545-quater c.c., ovvero:

(12)

12 - “qualunque sia l’ammontare del fondo di riserva legale, deve essere a questo destinato almeno il trenta per cento degli utili netti annuali”;

- “una quota6 degli utili netti annuali deve essere corrisposta ai fondi mutualistici per la

promozione e lo sviluppo della cooperazione, nella misura e con le modalità previste dalla legge”. Di conseguenza, le destinazioni obbligatorie riguardano, generalmente, il 33% degli utili netti annuali di una società cooperativa.

Inoltre, qualora la cooperativa rispetti i vincoli per la prevalenza mutualistica, dovrà qualificare le proprie riserve indivisibili tra i soci cooperatori. In estrema sintesi, si rileva come la società cooperativa sia l’unica tipologia societaria in cui si assiste alla contemporanea presenza di riserve divisibili e indivisibili tra i soci.

• Ristorni

Tra gli strumenti tipici della cooperazione spicca per rilevanza l’istituto del ristorno. Anche se non ne esiste alcuna definizione legislativa, esso potrebbe essere descritto come “il vantaggio mutualistico riconosciuto al socio cooperatore, allo stesso attribuito in via posticipata e quindi a seguito dell’evidenziazione, nel bilancio di esercizio, di un avanzo di gestione”7. La Corte di

Cassazione lo ha definito come “uno degli strumenti tecnici per attribuire ai soci il vantaggio mutualistico (risparmio di spesa o maggiore remunerazione) derivante dai rapporti di scambio intrattenuti con la cooperativa”8. Esso può essere equiparato ad “una sorta di conguaglio, giacché

permette alla società di restituire ai soci una parte del prezzo pagato per acquistare beni o servizi da essa ceduti ovvero incrementare i corrispettivi pagati ai soci che abbiano fornito beni o servizi alla cooperativa”9.

I ristorni sono la ridistribuzione ai soci del profitto realizzato dalla cooperativa relativamente all´attività svolta con i soci, in proporzione alla quantità e qualità degli scambi mutualistici che i soci hanno intrattenuto con la cooperativa nel corso dell´esercizio.

Il ristorno assume varie caratterizzazioni a seconda della tipologia di scambio mutualistico tra socio e cooperativa:

6 Si tratta di una quota pari al 3% degli utili netti annuali, secondo quanto disposto dall’art. 11 della legge n. 59/1992.

7G. PETRELLI, I profili della mutualità nella riforma delle società cooperative, in Studi e materiali in tema di riforma delle società cooperative, collana studi del Consiglio Nazionale del Notariato, Giuffrè, Milano 2005, pag. 45.

8

Corte di Cassazione, sez. I, sentenza 8 settembre 1999, n. 9513.

9COMMISSIONE COOPERATIVE – UNIONE GIOVANI DOTTORI COMMERCIALISTI DI ROMA, Mutualità: de- terminazione della prevalenza e definizione dei requisiti, ottobre 2005, pag. 4.

(13)

13 - nelle cooperative di consumo e di utenza si manifesta in una restituzione di parte del corrispettivo pagato dai soci cooperatori a fronte dell’acquisto di beni e servizi della cooperativa (in un rimborso di costi o aumento di ricavi dell´attività svolta al socio);

- nelle cooperative di lavoro, costituisce un trattamento economico ulteriore (in un´integrazione dei salari, che non può superare il 30% dei salari correnti) da corrispondere ai soci cooperatori;

- nelle cooperative di imprenditori, rappresenta una maggiore remunerazione di beni o servizi che i soci apportano alla cooperativa.

Fatte queste premesse, occorre sottolineare come la legge preveda che l’atto costitutivo di una società cooperativa debba contenere i criteri per la ripartizione dei ristorni 10, criteri che devono

comunque rispettare la proporzionalità tra quantità e qualità degli scambi mutualistici intrattenuti dai singoli soci con la cooperativa e valore dei ristorni ad essi erogati 11.

L’assemblea dei soci è l’organo deputato a deliberare in merito all’assegnazione dei ristorni. Essendo ormai pacifico che non esiste in capo ai soci un diritto soggettivo alla percezione dei ristorni 12 , l’assemblea può liberamente deliberare per la loro erogazione o meno.

È opportuno sottolineare come la legge ponga dei limiti all’erogazione dei ristorni: in primo luogo, è fondamentale considerare il concetto secondo il quale può essere retrocesso ai soci, sotto forma di ristorno, soltanto il surplus relativo all’attività che la cooperativa ha svolto con i soci stessi, ovvero l’avanzo di gestione generato dall’attività con i soci. In secondo luogo, occorre considerare le modalità di calcolo del massimo ristorno distribuibile secondo quanto previsto dalle specifiche indicazioni contenute nel verbale di revisione delle società cooperative.

Si comprende, dunque, come il processo di attribuzione dei ristorni ai soci cooperatori comporti una serie di passaggi e adempimenti – anche sul piano fiscale – che richiedono un’attenta attività di verifica da parte del soggetto incaricato della revisione legale sulla cooperativa.

Il ristorno ai soci può essere erogato in forma liquida oppure mediante aumento del capitale sociale o emissione di strumenti finanziari.

• Quote e azioni

10 Art. 2521 c.c.

11Art. 2545-sexies c.c.

(14)

14 Il valore nominale di ciascuna azione o quota non può essere inferiore a 25 euro né, per le azioni, superiore a 500 euro.

La quota massima che ogni socio persona fisica può detenere è di 100.000 euro. (art.2525 del codice civile, comma 1 e 2). Tali limiti non si applicano nel caso di conferimenti in natura o di crediti, e con riferimento ai soci diversi dalle persone fisiche ed ai sottoscrittori degli strumenti finanziari dotati di diritti di amministrazione.

• Rivalutazioni delle quote e delle azioni

Le società cooperative e i loro consorzi possono destinare una quota degli utili di esercizio ad aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato. In tal modo possono essere superati i limiti massimi di cui sopra , purché nei limiti delle variazioni dell´indice nazionale generale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati, calcolate dall´Istituto nazionale di statistica (ISTAT) per il periodo corrispondente a quello dell´esercizio sociale in cui gli utili stessi sono stati prodotti. Queste disposizioni si applicano anche alle azioni dei soci sovventori. La quota di utili destinata ad aumento del capitale sociale non concorre a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte dirette; il rimborso del capitale è soggetto a imposta, a carico dei soli soci nel periodo di imposta in cui il rimborso viene effettuato fino a concorrenza dell´ammontare imputato ad aumento delle quote o delle azioni.

• Il prestito sociale

In merito al prestito sociale, si rimanda al capitolo quarto.

1.1 Le tipologie cooperative

Nelle premesse si è affermato che lo scopo mutualistico consiste nel fornire ai soci delle cooperative condizioni più favorevoli di quelle che essi troverebbero sul mercato: tale fine si realizza nello scambio socio/cooperativa (comunemente noto come “scambio mutualistico”), ove oggetto di tale scambio è la prestazione del socio nei confronti della cooperativa.

La natura di questo rapporto di scambio ,che si aggiunge al rapporto societario proprio di tutte le società (conferimento di capitale, partecipazione agli utili, partecipazione alla gestione della società), vale anche a caratterizzare i diversi tipi di cooperative nel loro modo di operare ed anche nella loro struttura, ovvero:

(15)

15 – cooperazione di lavoro, dove il socio svolge la propria prestazione lavorativa nei confronti della cooperativa, nelle forme contemplate dall’art. 1 della Legge n. 142/2001. Il vantaggio mutualistico si estrinseca nelle migliori condizioni di lavoro (anche migliore retribuzione) rispetto a quelle mediamente praticate dal mercato (socio lavoratore).In tale categoria rientra la cooperazione sociale;

– cooperazione di consumo o utenza, dove il socio è cliente della cooperativa (consumatori o utenti di beni e servizi). In tali fattispecie il vantaggio mutualistico si realizza nell’acquisto di beni e/o servizi a prezzi migliori di quelli mediamente praticati sul mercato;.

– cooperazione di imprenditori o consortile (di supporto), dove il socio è un imprenditore che fornisce beni o servizi alla cooperativa. In tali casi il vantaggio mutualistico consiste in una migliore valorizzazione dei prodotti o servizi conferiti rispetto a quella mediamente ottenibile sul mercato.

È necessario sottolineare come in realtà, all’interno di queste macro-categorie, esistano ulteriori specificazioni, a cui spesso si riferiscono particolari disposizioni di legge. Di conseguenza, l’attività di revisione sulle società cooperative dovrà prendere in considerazione anche le specifiche peculiarità che caratterizzano le singole categorie esaminate13.

1.3

Cooperative a mutualità prevalente e cooperative a mutualità non

prevalente

All’interno di un insieme unitario qualificato dal perseguimento dello scopo mutualistico, la riforma del diritto societario ha previsto la coesistenza di due modelli, con aspetti molto simili tra loro, denominati rispettivamente cooperative a mutualità prevalente e cooperative a mutualità non prevalente. Le differenze tra queste due fattispecie rilevano quasi esclusivamente sul piano delle agevolazioni fiscali (di cui godono pienamente soltanto le prime); mentre le caratteristiche strutturali tipiche del soggetto cooperativo rimangono proprie di entrambi. Gli artt. 2512, 2512 e 2514 c.c. definiscono il concetto di prevalenza mutualistica sulla base di due opzioni:

13Le cooperative sono inoltre classificate in base all’attività svolta in: Cooperative di produzione e lavoro, Cooperative di lavoro

agricolo, Cooperative di conferimento prodotti agricoli e allevamento, Cooperative edilizie di abitazione, Cooperative sociali,

Cooperative della pesca, Cooperative di consumo, Cooperative di dettaglianti,Cooperative di trasporto, Consorzi cooperativi,

(16)

16 - un’opzione gestionale (artt. 2512 e 2513), basata sul concetto che l’attività che la cooperativa svolge nei confronti dei propri soci deve essere prevalente rispetto a quella svolta nei confronti dei terzi. Tale prevalenza viene generalmente rilevata mediante la costruzione di determinati parametri di natura contabile

- un’opzione statutaria ( artt. 2514), che viene realizzata mediante l’inserimento nello statuto sociale di clausole che limitano il lucro soggettivo dei soci cooperatori.

Il contemporaneo rispetto di queste due opzioni qualifica le cooperative a mutualità prevalente ed è condizione necessaria per usufruire pienamente delle agevolazioni fiscali dettate dalla normativa tributaria a favore delle società cooperative. Anche le cooperative a mutualità non prevalente, comunque, possono usufruire di benefici fiscali, seppur molto più limitati.

Come accennato, la prevalenza gestionale viene normalmente rilevata mediante la costruzione di parametri che traggono la loro origine da dati contabili, specificatamente da alcune voci contenute nel conto economico del bilancio d’esercizio. Non mancano, tuttavia, eccezioni a questa regola di carattere generale, eccezioni che possono essere riferite, in alcuni casi particolari specificamente indicati dalla legge, all’utilizzo di modelli di calcolo speciali o ai casi di cooperative “prevalenti di diritto” o comunque esentate dal dare dimostrazione del conseguimento dell’opzione gestionale.

Come prescritto dal citato art. 2513 c.c., la prevalenza gestionale deve essere documentata dagli amministratori in nota integrativa e dai sindaci nella loro relazione al bilancio. Nessun riferimento diretto è fatto alla figura del soggetto incaricato della revisione legale dei conti. Tuttavia, a parere di chi scrive, tale verifica rientra pienamente anche tra i compiti del revisore, che sarà chiamato ad esaminare tanto le procedure messe in atto dagli amministratori della cooperativa per consentire la corretta rilevazione dei dati necessari ai fini della costruzione dei parametri di prevalenza come la loro regolare contabilizzazione 14.

Lo stesso art. 2513 c.c. dispone che la documentazione della prevalenza gestionale deve essere effettuata mediante l’individuazione e la verifica dei seguenti parametri di origine contabile:

• ricavi dalle vendite dei beni e dalle prestazioni di servizi nei confronti dei soci superiori al 50% del totale dei ricavi dalle vendite dei beni e dalle prestazioni di servizi di cui al punto A1 del conto economico del bilancio di esercizio, per quanto attiene alle cooperative che svolgono la propria attività nei confronti dei soci consumatori o utenti di beni e servizi;

14 Si pensi alle implicazioni che la verifica di tali parametri potrebbe comportare sul calcolo delle imposte d’esercizio.

(17)

17 • costo del lavoro dei soci superiore al 50% del totale del costo del lavoro di cui al punto B9 (computate le altre forme di lavoro inerenti lo scopo mutualistico che trovano allocazione nel punto B7) del conto economico del bilancio di esercizio, per quanto riguarda le cooperative che si avvalgono nello svolgimento della propria attività delle prestazioni lavorative dei soci;

• costo della produzione per servizi ricevuti dai soci ovvero per beni conferiti dai soci rispettivamente superiore al 50% del totale dei costi dei servizi di cui al punto B7 del conto economico del bilancio di esercizio ovvero al costo delle merci o materie prime acquistate o conferite di cui al punto B6 del conto economico del bilancio di esercizio, per quanto concerne le cooperative che si avvalgono nella propria attività degli apporti di servizi o di beni da parte dei soci. Per quanto attiene alle cooperative agricole, la legge prevede che il parametro di prevalenza gestionale possa essere alternativamente costruito tanto sulla base di grandezze contabili – nei termini appena esposti – come utilizzando dati extracontabili, specificatamente le quantità dei prodotti acquistati e conferiti.

Nei casi in cui la stessa cooperativa realizza diverse tipologie di scambio mutualistico, invece, occorre fare riferimento alla media ponderata delle percentuali dei singoli parametri considerati.

Come accennato, tuttavia, le regole appena esposte non sono applicabili all’universalità delle società cooperative: il legislatore, infatti, ha previsto alcuni particolari casi di deroga. Innanzi tutto, già in sede di riforma del diritto societario, era stato specificato come alcuni soggetti fossero esonerati di diritto dall’obbligo di dimostrare la propria prevalenza gestionale e, dunque, dovessero essere considerati a mutualità prevalente in considerazione della loro tipica rilevanza sociale o di determinate caratteristiche soggettive. Si tratta:

• delle cooperative sociali, a condizione che rispettino le disposizioni di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381;

• delle banche di credito cooperativo, a condizione che osservino le norme delle leggi speciali ad esse relative;

• delle banche popolari; • dei consorzi agrari.

Infine, il d.m. 30 dicembre 2005, dando attuazione a quanto previsto dall’art. 111- undecies disp. att. c.c., ha introdotto i cosiddetti “regimi derogatori”, ovvero una serie di regole specifiche da applicare in ben determinati casi, essenzialmente riconducibili alle seguenti fattispecie:

(18)

18 • casi in cui le cooperative devono dare dimostrazione della prevalenza secondo criteri, contabili o extracontabili, ad hoc, differenti dalle norme generali sopra esposte;

• casi in cui le cooperative sono esentate dal dare dimostrazione del rispetto della prevalenza.

Un ulteriore approfondimento sui temi legati al concetto di prevalenza mutualistica è la seguente tabella15 può costituire un rapido strumento di ausilio per orientarsi nel complesso ambito

della dimostrazione della prevalenza gestionale.

DIMOSTRAZIONE DELLA PREVALENZA MUTUALISTICA

COOPERATIVE AREA DI RIFERIMENTO

Cooperative di consumo e di utenza

Ricavi delle vendite e delle prestazioni

Cooperative di lavoro Costi per il personale

Cooperative di servizi Costi per servizi

Cooperative di conferimento Costi per mat. prime, suss., cons. e merci

Cooperative “miste” Media ponderata delle diverse aree di riferimento

Cooperative agricole di

conferimento

Valore dei beni conferiti o quantità dei beni conferiti

Regimi derogatori Regole specifiche per soggetti individuati con

apposito decreto

Cooperative sociali Esonerate dalla dimostrazione

Banche di credito cooperativo Esonerate dalla dimostrazione

Banche popolari Esonerate dalla dimostrazione

Consorzi agrari Esonerati dalla dimostrazione

I requisiti mutualistici costituiscono il “cuore” della disciplina cooperativa.

Le cooperative che intendono qualificarsi a mutualità prevalente, come sopra evidenziato, devono inserire nei propri statuti le clausole indicate dall’art. 2514 c.c. (opzione statutaria). Tali clausole, che limitano notevolmente il lucro soggettivo dei soci cooperatori, contemplano:

15 La tabella è tratta da A. DILI, L’IRES nelle società cooperative. Mutualità, ristorni, agevolazioni, Giuffrè, Milano, 2007,

(19)

19 – “il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi16, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato”;

– “il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi”;

– “il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori”;

– “l’obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell’intero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione”.

Queste limitazioni, infatti, tendono a rafforzare il carattere mutualistico dell´impresa sotto due profili:

• la salvaguardia del carattere mutualistico in base al quale il vantaggio dei soci deve realizzarsi attraverso gli scambi mutualistici;

• l´accumulazione indivisibile, per consentire alla cooperativa di rafforzare il proprio patrimonio a vantaggio dei soci futuri.

La rilevanza del concetto di prevalenza mutualistica ed i suoi riflessi sulla determinazione del carico fiscale di una società cooperativa rendono imprescindibile che l’attività di revisione si concentri particolarmente sul controllo del rispetto delle norme – e dei comportamenti – che ne sono all’origine: le procedure per la rilevazione delle grandezze che permettono la verifica dell’opzione gestionale, la loro contabilizzazione e l’adeguatezza del piano dei conti e, dunque, della struttura amministrativo-contabile, l’accertamento della sussistenza e del rispetto delle clausole statutarie ex art. 2514 c.c. sono, infatti, tutte attività che richiedono al soggetto incaricato della revisione di una società cooperativa un’approfondita attività di analisi e che toccano aspetti ulteriori se paragonati alle società di capitali.

1.2 Il bilancio d’esercizio: cenni sugli aspetti peculiari

Alle società cooperative sono applicabili le norme e le regole previste per la redazione dei bilanci di esercizio delle società di capitali. Tuttavia, in considerazione del fatto che le cooperative perseguono lo scopo mutualistico, ulteriore obiettivo del bilancio di esercizio di tali soggetti è

16 È opportuno sottolineare come tale limite massimo debba essere determinato in sede di assemblea che delibera la

distribuzione dei dividendi, facendo riferimento al decreto ministeriale relativo all’emissione della serie più recente di buoni postali fruttiferi.

(20)

20 rappresentare in modo completo e dettagliato tutti gli aspetti relativi alla gestione mutualistica dell’impresa.

Si comprende, dunque, come le ordinarie norme civilistiche sulla redazione dei bilanci debbano essere integrate con le specifiche regole previste per le società cooperative.

Fatte queste premesse, si cercherà di evidenziare sinteticamente le principali peculiarità proprie dei bilanci di tali soggetti. In tal senso, occorre focalizzare l’attenzione sulle seguenti fattispecie:

– operazioni effettuate con soci rispetto a non soci; – voci di credito e debito riferite a rapporti vari con soci; – varie tipologie di soci;

– riserve, evidenziandone il regime di divisibilità; – politica dei ristorni;

– prestito sociale;

– rapporti con altre cooperative e consorzi e informazioni sul gruppo paritetico cooperativo;

– rapporti con i fondi mutualistici; – rapporti con la vigilanza;

– gestione della prevalenza mutualistica; – criteri di gestione della mutualità; – agevolazioni fiscali godute 17.

17La presente classificazione è tratta da E. BELBELLO – A. DILI, Il bilancio delle società cooperative, Franco Angeli, Milano, 2010, pag. 68 e ss.

(21)

21

2. CAPITOLO II: Il sistema dei controlli

Premessa

L’attività di controllo generalmente è caratterizzata dalle peculiarità delle finalità che ci si pongono nell’effettuarla, dagli strumenti utilizzati e dai soggetti attivi e passivi che vi prendono parte. Allora è evidente come la mutualità delle società cooperative, trovando espressione diretta nei documenti contabili e nella gestione dell’azienda, conseguentemente vada ad influenzare e a modificare i fini che motivano lo svolgimento dell’attività di controllo e attraverso questi l’attività stessa18. L’importanza dei controlli nelle cooperative si manifesta nei differenti elementi che vanno

a caratterizzare le stesse verifiche ma soprattutto nel sistema di vigilanza pubblico previsto esclusivamente per tali forme societarie. Il controllo, come fonte di garanzia per i soci di una corretta amministrazione e di trasparenza, è oggetto di una profonda attenzione da parte della normativa e allo scopo di assicurarne una maggiore funzionalità, viene suddiviso in due branche affidate a diversi soggetti. Il controllo prettamente contabile è infatti materia riservata a revisori esterni, che sia un revisore persona fisica o una società di revisione. La parte afferente la legalità e l’efficienza dell’attività gestionale rimane oggetto di verifica del Collegio Sindacale. E’ possibile così attuare verifiche più precise attraverso la definizione puntuale dei differenti compiti e l’impiego di soggetti qualificati per l’effettuazione di specifici controlli.

Le società cooperative, a seguito delle loro particolarità, sono soggette anche alla vigilanza del Ministero dello Sviluppo Economico come previsto dal d.lgs. 220/2002. A riguardo la riforma si limita a riprendere il rinvio a leggi speciali contenuto nel vecchio codice.

La complessità dei sistemi di controllo applicati alle cooperative richiede perciò un’analisi differenziata volta alla comprensione degli obiettivi, compiti, strumenti e soggetti caratterizzanti i vari organismi preposti alle verifiche.

A garanzia della trasparenza e di una gestione equilibrata vengono perciò resi obbligatori i controlli esterni volti ad accertare la legalità e la correttezza del bilancio, documento che riflette l’opera degli amministratori e la vita stessa dell’impresa19.

2.1

Evoluzione della disciplina dei controlli afferente le società cooperative

Le cooperative, dirette espressioni delle organizzazioni sindacali, sorgono verso la metà del XIX secolo in antitesi con i dettami propri del capitalismo. Ben presto, assunta una certa

18G.Cotronei, “La nuova vigilanza degli enti cooperativi” in «Riv.Coop.», Roma, Istituto Luigi Luzzatti, 2001. 19A.Rossi, “Revisione contabile e certificazione obbligatoria”, collana «Quaderni di giurisprudenza commerciale», n. 74, Milano, Giuffrè, 1985.

(22)

22 importanza, il fenomeno delle società cooperative, necessita della creazione di forme di vigilanza ad hoc20. Nel 1905 fu formulato un progetto per l’applicazione alle società cooperative della revisione

dei conti e successivamente, nel 1907 si propose l’obbligatorietà di un sistema di vigilanza allo scopo di tutelare il rispetto del carattere mutualistico delle cooperative. Soltanto nel 1911, tali controlli, trovano applicazione ma limitatamente alle cooperative interessate alla partecipazione ai pubblici appalti.21

Il R.D. 12/2/1911 istituiva un pubblico registro delle cooperative, ne regolava le modalità di iscrizione e ne assegnava la tenuta alle prefetture. Inoltre tale norma definiva la vigilanza come mezzo atto alla valorizzazione e “conservazione dei caratteri e dello spirito cooperativo” (art. 34) e affidava lo svolgimento della stessa al Ministero dell’Industria, dell’Agricoltura e del Commercio. Erano previste, con funzioni consultive, di intervento ed ispettive, Commissioni Provinciali di Vigilanza. Il coordinamento dei compiti assegnati ai vari organi istituiti era garantito dalla Commissione Centrale delle Cooperative.

I poteri di vigilanza vennero successivamente estesi a tutte le cooperative. Tramite rinvio a leggi speciali, il codice del 1942 affermò il “principio di sottomissione” di tutte le cooperative agli organi di vigilanza dell’autorità amministrativa (con esclusione delle Banche Popolari direttamente soggette al controllo della Banca d’Italia).22

Il principale elemento distintivo di questa forma organizzativa era e rimane lo scopo mutualistico in piena contrapposizione a quello lucrativo proprio degli altri tipi di società.

La cooperativa definita dall’articolo 45 della Costituzione, sorge come istituto votato allo svolgimento di una funzione sociale; la sua attività deve avere carattere di mutualità, senza fini di speculazione privata ed è quindi compito della legge favorire la cooperazione ed assicurarne attraverso dei controlli il rispetto de “il carattere e le finalità”.

Risulta evidente il rapporto di causalità che lega il carattere mutualistico della società cooperativa alla necessaria esecuzione di una attività di vigilanza da parte dello Stato, il quale, adoperandosi al fine di favorire tale forme societarie, in virtù della funzione sociale da essa svolta, ha l’obbligo di verificarne le qualità identificative a motivazione dei privilegi accordati.23

Il controllo sulle cooperative da parte dell’autorità governativa era disciplinato, nel vecchio codice, dall’articolo 2542 che rinviava alle leggi speciali.

20 “Le società cooperative: i sistemi di controllo e la revisione contabile” Laura Bianchi,

http://www.misterfisco.it

21 M. Ieva, “Il sistema dei controlli sulle società cooperative”, in «Riv. not.», Milano, Giuffrè ed., 1984.

22 G.Bonfante, “La legislazione cooperativa. Evoluzione e problemi”, collana «Quaderni di giurisprudenza

commerciale» n. 59, Milano, Giuffrè, 1984.

(23)

23 Il D.Lgs. C.P.S n. 1577 del 1947 intitolato “Provvedimenti per la cooperazione” regolava in particolar modo la vigilanza, le ispezioni, le commissioni di vigilanza e i requisiti delle cooperative.

Le finalità di questo controllo sono esplicitate nell’oggetto delle ispezioni ordinarie che era rappresentato da:

 l’osservanza delle norme legislative, regolamentari, statutarie e mutualistiche;  la presenza dei requisiti richiesti per le agevolazioni tributarie e di altra natura accordate all’ente;

 la regolarità contabile e amministrativa, l’esatta impostazione tecnica e il regolare svolgimento delle attività specifiche promosse o assunte dall’ente;

 la consistenza patrimoniale, le attività e le passività.24

Ben presto sono state evidenziate le debolezze insite nei soggetti abilitati ai controlli. I sindaci spesso provenivano dalle più disparate categorie professionali ed erano privi della maggior parte di quelle particolari conoscenze tecniche necessarie all’efficace svolgimento dei compiti di vigilanza assegnati al Collegio Sindacale. Gravi mancanze erano però ravvisabili anche da parte degli organi esterni incaricati della vigilanza sulle cooperative. Infatti i soggetti investiti dalle Associazioni Nazionali della carica di ispettori, non sempre, anzi quasi mai, possedevano quella formazione professionale o quell’esperienza richieste per l’espletamento delle loro mansioni. La validità dei controlli quindi dipendeva dalla preparazione dei soggetti adibiti al controllo e la mancanza di norme precise che ne indicassero rigidamente i requisiti era la causa del cattivo funzionamento dell’intero sistema dei controlli esterni.25

Negli anni ’50 era molto discussa anche la non neutralità delle Associazioni Nazionali nell’espletamento delle loro funzioni di vigilanza sulle società cooperative. E’ palese che se il controllo è esercitato da chi nutre un interesse qualsiasi verso il soggetto controllato, non può definirsi del tutto efficace né attendibile. Questo ricorda il caso appunto delle Associazioni Nazionali che controllano le società cooperative loro consociate. I criteri, le metodologie adottate da tali associazioni non hanno mai rispecchiato in toto la rigidezza propria di una attività di controllo esterna e la ragione di ciò era da ricercare nel rapporto che faceva delle cooperative dirette figlie dell’ente deputato alla loro vigilanza. In realtà, i fini stessi dell’attività di verifica, ossia il rispetto dei requisiti di mutualità, il mantenimento della forma sociale della cooperativa a scopi socio-economici e non lucrativi, la garanzia di una sana gestione amministrativa dovrebbero rispecchiare gli interessi della società e quindi dell’Associazione Nazionale stessa ed è per questo che si erano

24 D.Lgs. C.P.S. 14/12/1947, n. 1577 “Provvedimenti per la cooperazione” – art. 9

(24)

24 ritenuto opportuno assegnare loro un compito così importante e gravoso come il controllo sulle cooperative.26

Mentre questi problemi nascevano dall’assenza di organi di controllo razionali altre questioni, non meno rilevanti, derivavano dalla serie di limitazioni introdotte per le società cooperative al fine di garantire privilegi di varia natura solamente nel rispetto di quelle caratteristiche di mutualità riconosciute dalla legge ma che restringevano il campo d’azione di tali imprese. Infatti sono tuttora previste delle clausole restrittive afferenti la distribuzione dei dividendi e delle riserve e la devoluzione in caso di scioglimento del patrimonio sociale a scopi di pubblica utilità. L’interesse è quello di evitare che un patrimonio sociale parzialmente di proprietà di una collettività sia oggetto di una gestione imprudente e finalizzata al perseguimento di interessi lucrativi privati.27

Con la legge n. 59 del 1992, “nuove norme di materia di società cooperative”, venne introdotto l’obbligo di certificazione annuale di bilancio effettuata da società di revisione iscritte negli albi speciali, per le cooperative e i loro consorzi che presentavano:

• partecipazioni di controllo in S.p.A.;

• oppure un fatturato superiore a 180 miliardi di lire; • o riserve indivisibili superiori a 3 miliardi di lire;

• prestiti o conferimenti di soci finanziatori superiori a 3 miliardi di lire.28

L’importanza dei controlli trovava quindi riconoscimento attraverso la previsione di un doppio controllo obbligatorio che, a seconda della dimensione della cooperativa, si aggiungeva al governativo: quello effettuato dalla società di revisione e l’interno affidato al Collegio Sindacale.

Occorre prestare attenzione alle differenti finalità e motivazioni alla base di queste attività di controllo poiché quella effettuata dall’autorità governativa era e rimane incentrata alla verifica dell’osservanza dei requisiti di mutualità, mentre il controllo legale dei conti, affidato al revisore e parzialmente al Collegio Sindacale, attiene fondamentalmente al rispetto dei principi contabili.

Questa differenza appare sempre più evidente nel D.Lgs. 220/2002, “norme in materia di riordino della vigilanza sugli enti cooperativi ai sensi …”, dove vengono indicate le finalità della

revisione cooperativa nel fornire agli organi di direzione e di amministrazione delle società suggerimenti e consigli per il miglioramento della gestione e per la promozione della

26 A.Arrighi, “Le peculiarità dei controlli e della vigilanza delle società cooperative”, in «Il controllo legale dei conti»,

Milano, Giuffrè, 2000

27 M. Miccoli, “Il controllo statale e intervento notarile nel sistema cooperativo italiano”, in «Riv. not.», Milano, Giuffè ed.,

1988.

(25)

25

partecipazione dei soci alla vita della cooperativa ma soprattutto nell’accertare la natura mutualistica dell’ente e quindi la sua legittimazione a beneficiare delle agevolazioni fiscali e di altra natura ad esso accordate.

Nonostante un espresso riferimento al ruolo richiesto alla revisione cooperativa, la normativa non riesce però a colmare il problema circa l’oggetto del controllo stesso, ossia non individua gli elementi identificativi di un ente a carattere mutualistico. Il testo ne suggerisce alcuni nella reale partecipazione dei soci alla vita sociale ed allo scambio mutualistico con l’ente, nella qualità della partecipazione, nell’assenza di scopi di lucro, nel rispetto dei limiti previsti per tali enti, nella verifica dell’effettività della base sociale, in fattori da controllare anche attraverso la gestione amministrativo contabile, ma in realtà tutte queste indicazioni sono risultate vaghe e generali, la totale assenza di strumenti per la loro valutazione è ancora alla base del problema della nozione di mutualità stessa.29

In passato si è molto discusso della nozione di mutualità che veniva riconosciuta nella fornitura di beni o di occasioni di lavoro ai soci a condizioni più vantaggiose di quelle ottenibili sul mercato. Questa definizione di mutualità non ha quasi mai trovato alcuna corrispondenza nella disciplina delle cooperative e perciò non risultava riscontrabile nelle società esistenti le quali si limitavano al rispetto dei limiti quantitativi indicati. Tutto questo rendeva quindi la revisione cooperativa una sorta di “castello sull’acqua” dato che il suo obiettivo principale era quello di verificare l’esistenza di un elemento la cui definizione era assai generale e controversa: la mutualità. Inoltre la società cooperativa rimaneva penalizzata dalle limitazioni imposte a causa della sua funzione sociale ed appariva necessario cercare di favorire l’accesso di tali società al mercato dei capitali sempre salvaguardando gli scopi mutualistici.

La riforma del diritto societario pare abbia trovato soluzione a molti di questi problemi attraverso l’indicazione di adeguati strumenti per determinare la “prevalente mutualità” delle cooperative, grazie all’estensione dei controlli ed alla riduzione delle varie limitazioni.

Infine l’analisi dell’evoluzione storica del sistema dei controlli si conclude con il rivoluzionario D.Lgs n°39 del 2010 che consente di recepire nel nostro Paese la Direttiva 2006/43/CE del 17 Maggio 2006, ha apportato consistenti modifiche alla materia della revisione legale, novellando il Codice Civile attraverso modifiche ed abrogazioni di alcuni articoli relativi alla revisione dei conti, tra cui gli artt. 2409-bis e 2409-ter. Questo recepimento è stata l’occasione per una completa rivisitazione della disciplina nazionale dell’esercizio del controllo contabile e della

(26)

26 revisione contabile (ora revisione legale ). La normativa di riferimento passata era altamente frammentata:

- art. 2409 bis del C.C. e seguenti, utilizzavano la nozione di “controllo contabile”;

- art. 41 del D. Lgs. 127/91 prevedeva che il bilancio consolidato fosse sottoposto a “controllo”;

- art. 155 del TUIF utilizzava la nozione di “revisione contabile”;

- art. 52 dl TUB fa riferimento sia alla nozione di “revisione” sia a quella di “controllo contabile”;

- art. 102 del codice delle assicurazioni prevede la nozione di “revisione contabile”.

Attualmente nelle cooperative possono essere distinti diversi istituti di controllo quali:

- il controllo interno; - l’attività di vigilanza; - il controllo giudiziario; - il controllo legale;

- la revisione legale dei conti.

Passiamo all’analisi delle caratteristiche di tali istituti al fine di comprenderne le differenze e le diverse finalità.

2.2

Il sistema di controllo interno

Per sistema di controllo interno si intende l'insieme dei meccanismi, procedure e strumenti predisposti dalla direzione aziendale per assicurare il conseguimento degli obiettivi aziendali tipicamente rappresentati dai seguenti cinque obiettivi generali: attendibilità dei dati, salvaguardia del patrimonio aziendale, conformità alle normative applicabili, efficacia nel conseguimento degli obiettivi aziendali ed efficienza operativa.30 Il sistema di controllo interno è costituito da cinque

componenti interconnessi, inerenti alle modalità di gestione dell’azienda da parte del suo management. I componenti sono collegati e servono come criteri per valutare l’efficacia del sistema.”31 Le componenti sono costituite da: ambiente di controllo (ossia gli individui ed i loro

valori etici), valutazione dei rischi, attività di controllo, informazioni e comunicazione, monitoraggio.

30 L.Marchi, “Principi di revisione contabile”, Giuffre Editore,2012, pag 81.

(27)

27 L’AIIA fornisce un’ulteriore definizione del sistema di controllo interno, quale “processo - attuato nel Consiglio di Amministrazione, dai Dirigenti e da altri soggetti della struttura aziendale – finalizzato a fornire una ragionevole sicurezza sul conseguimento degli obiettivi rientranti nelle seguenti categorie:

- efficacia ed efficienza delle attività operative; - attendibilità delle informazioni di bilancio; - conformità alle leggi e ai regolamenti

Quindi, sebbene vi siano svariate definizioni a seconda dell’estensione che si vuole attribuire al sistema, il controllo interno come strumento atto a rilevare prontamente ogni possibile irregolarità od operazione “pericolosa” per gli interessi della società, costituisce attività fondamentale alla base di una sana gestione aziendale e dell’intero sistema dei controlli.

I soggetti adibiti allo svolgimento di tale attività possono rivestire diversi ruoli all’interno dell’azienda: semplice contabile, responsabile di settore, membro dell’organo centrale di controllo interno. Ciò deriva dal fatto che a garanzia del controllo stesso è la suddivisione dei compiti e lo svolgimento delle verifiche a più livelli.

Gli organi principali della società preposti al controllo interno sono: il Collegio Sindacale nel sistema latino, il Consiglio di Sorveglianza nel dualistico e il Comitato per il Controllo sulla Gestione per il monistico.

Sebbene la composizione, i poteri e gli obblighi differiscano, i compiti assegnati al Collegio Sindacale e al Consiglio di Sorveglianza sono pressoché gli stessi, ossia vigilare:

- sull’osservanza della legge e dello statuto;

- sul rispetto dei principi di corretta amministrazione;

- sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla

società;

- sul concreto funzionamento dell’azienda.

Il Comitato per il Controllo sulla Gestione è invece chiamato a verificare:

- l’adeguatezza della struttura organizzativa della società; - l’adeguatezza del sistema di controllo interno;

- l’idoneità del sistema amministrativo e contabile;

(28)

28 L’attività di controllo, da parte dell’organo interno, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione si configura quindi nella ricerca di conformità delle scelte di gestione ai principi di razionalità economica generale e di attendibilità con riferimento ai documenti contabili. In generale non è perciò richiesto alcun giudizio circa l’opportunità gestionale di determinate operazioni in quanto si effettua una verifica di legittimità, non di merito.32

Nel caso di società cooperative si ha però un’eccezione: il Collegio Sindacale, o corrispondente organo di controllo, è chiamato a valutare “i criteri seguiti nella gestione sociale per il conseguimento degli scopi statutari in conformità con il carattere cooperativo della società”.33 Il

controllo, in queste circostanze, non ha carattere puramente legale in quanto non è sufficiente l’enunciazione nella relazione degli amministratori del rispetto della gestione mutualistica. L’organo di controllo interno attua un esame di merito sull’operato degli amministratori ed esprime un giudizio riguardo al fatto che l’attività svolta dalla società costituisca effettivamente attività mutualistica con riferimento ai principi di cooperazione.

I sindaci, commissari o consiglieri dovranno inoltre accertarsi che gli amministratori non compiano attività od operazioni:

a) palesemente imprudenti;

b) in qualche modo capaci di compromettere l’integrità del patrimonio sociale; c) attuate con lo scopo di ridurre i diritti dei soci previsti dallo statuto;

d) estranee all’oggetto sociale;

e) in conflitto d’interessi con la società;

f) in contrasto con quanto deliberato dall’assemblea o dal Consiglio di Amministrazione.

Per quanto riguarda l’adeguatezza della struttura organizzativa della società, intesa come l’insieme delle direttive e procedure atte a garantire che il potere decisionale sia assegnato ed esercitato ad un adeguato livello di competenza e responsabilità, l’organo di controllo interno si avvale dell’operato del Sistema di Controllo Interno che è tenuto a segnalare eventuali deficienze al fine della loro pronta correzione. La struttura organizzativa viene considerata efficiente se presenta una adeguata separazione dei compiti, se i poteri e le deleghe risultano chiaramente definiti per ogni

32 F.Mancinelli, “Risultati dei controlli sull’amministrazione ed il parere condizionato: aspetti della relazione dei sindaci al

bilancio”, in «Le società: rivista di diritto e pratica commerciale, societaria e fiscale», Milano, Ipsoa ed., 2000.

(29)

29 funzione, se sono attuate verifiche continue da parte dei livelli superiori sull’operato degli altri reparti.34

La fonte di maggiore espressione dell’operato dell’organo di controllo interno è la relazione che esso presenta all’assemblea. Tramite tale documento i sindaci giudicano il progetto di bilancio predisposto dagli amministratori ed offrono suggerimenti vari. La relazione non è un semplice mezzo di informazione ma rappresenta l’unico strumento a disposizione dei soci per la comprensione e la conseguente discussione del bilancio stesso. In questo modo il Collegio Sindacale, fornendo ai soci le osservazioni necessarie, manifesta la sua natura di organo ausiliario all’assemblea.35

Inoltre il Collegio Sindacale di società cooperative è tenuto, come gli amministratori, ad inserire nella relazione annuale, redatta in occasione della approvazione del bilancio di esercizio, un paragrafo ove riferisce circa i criteri specifici seguiti nella gestione sociale per il conseguimento dello scopo mutualistico.36 Da notare che tale paragrafo è richiesto per tutte le cooperative

indipendentemente dal carattere della prevalenza.

2.3

L’attività di vigilanza esterna ai sensi del D.Lgs 220/2002

L’attività di vigilanza da parte dello Stato sulle società cooperative è indicata nell’articolo 45 della Costituzione e ribadita nel codice civile dall’articolo 2545-quaterdecies secondo il quale “le

società cooperative sono sottoposte alle autorizzazioni, alla vigilanza e al controllo governativo previsti dalle leggi speciali”.

L’intero sistema di vigilanza trova fonte principale nel D.Lgs. C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1577, modificato più volte ed adesso rivisitato con il D.Lgs. 220/2002. In base a quest’ultimo dettato normativo, la vigilanza è attribuita al Ministero dello Sviluppo Economico (ex Ministero delle Attività Produttive) anziché a quello del Lavoro e della Previdenza Sociale. La vigilanza non è solo una conseguenza logica dei favori concessi alle cooperative ma rappresenta l’esercizio dell’attività di controllo da parte dello Stato da considerare come un dovere inequivocabile.37

Il significato della vigilanza si è concentrato sull’importanza che riveste la funzione sociale

34 F.Marciandi, “La funzione di controllo interno delle società” in «Le società: rivista di diritto e pratica commerciale,

societaria e fiscale», Milano, Ipsoa ed., 2000.

35 F.Mancinelli, “Risultati dei controlli sull’amministrazione ed il parere condizionato: aspetti della relazione dei sindaci al

bilancio”, in «Le società: rivista di diritto e pratica commerciale, societaria e fiscale», Milano, Ipsoa ed., 2000.

36 Codice civile, articolo 2545 comma 1°.

(30)

30 svolta dalle cooperative per il pubblico interesse ed è divenuta strumento principale per assicurare la natura mutualistica dell’ente e allo stesso tempo atta a incoraggiare lo sviluppo della cooperazione attraverso un’attività di supporto alla gestione aziendale.38

Il legislatore indica come sottoposte a vigilanza tutte le forme societarie tramite le quali si realizza la mutualità senza alcuna differenziazione rispetto al carattere della prevalenza. Questo orientamento discende direttamente dal concetto di interesse pubblico che è ragione della vigilanza stessa, ossia la forma cooperativa come strumento per la realizzazione di un fine mutualistico, sia esso prevalente o meno. In generale l’attività di vigilanza “è finalizzata all’accertamento dei

requisiti mutualistici”.39

Gli strumenti in dotazione al Ministero per lo svolgimento dell’attività in argomento sono principalmente due: revisione cooperativa e ispezione straordinaria40.

Oltre a queste verifiche che attengono alle singole cooperative, si hanno dei controlli che rispondono “a fini di generale censimento del fenomeno cooperativo nel suo insieme”41 e

consistono nella tenuta di registri prefettizi presso i quali sono iscritte le cooperative aventi sede nella provincia (pena l’esclusione da ogni agevolazione), e di uno schedario della cooperazione tenuto dal Ministero dello Sviluppo Economico.

La revisione cooperativa è attività ordinaria di tipo “assistenziale” volta cioè a:

- “fornire agli organi di direzione e di amministrazione degli enti suggerimenti e

consigli per migliorare la gestione ed il livello di democrazia interna, al fine di promuovere la reale partecipazione dei soci alla vita sociale;

• accertare, anche attraverso una verifica della gestione amministrativo-contabile, la

natura mutualistica dell’ente, verificando l’effettività della base sociale, la partecipazione dei soci alla vita sociale ed allo scambio mutualistico con l’ente, la qualità di tale partecipazione, l’assenza di scopi di lucro dell’ente, nei limiti previsti dalla legislazione vigente, e la legittimazione dell’ente a beneficiare della agevolazioni fiscali, previdenziali e di altra natura”;42

38 A.Rossi, “Revisione contabile e certificazione obbligatoria”, collana «Quaderni di giurisprudenza commerciale», n.

74, Milano, Giuffrè, 1985.

39 Legge 220/2002, articolo 1 comma 2°.

40 Le definizioni sono importanti: non sono più tutte “ispezioni” e il termine “revisione” accentua il carattere di verifica e

consulenza.

41 F.Galgano, “Diritto Commerciale – Le società - Contratto di società, società di persone, S.P.A., altre società di capitali,

società cooperative”, XIII ed., Bologna, Zanichelli, 2003

Riferimenti

Documenti correlati

445/00 e che, se dal controllo effettuato, emergerà la non veridicità del contenuto di taluna delle dichiarazioni rese, decadrà dai benefici conseguenti al

Nella classe “E - Ratei e risconti", esposta nella sezione "passivo" dello Stato patrimoniale, sono iscritti costi di competenza dell'esercizio esigibili

il quale sostituisce il documento cartaceo e la

Si comunica che a partire da mercoledì 1 dicembre avrà inizio un ciclo di lezioni seminariali dal titolo.. “La

- la revisione cooperativa ha lo scopo di accertare la natura mutualistica dell’ente, anche attraverso un controllo della gestione amministrativo-contabile, verificando la

Accertare la natura mutualistica dell’ente, l’effettività della base sociale, la partecipazione dei soci alla vita sociale e allo scambio mutualistico, l’assenza di

Si fa presente che la società ha fruito dell'esonero dalla redazione della relazione sulla gestione, al pari delle società che redigono il bilancio in forma abbreviata, qui fornendo

Le immobilizzazioni materiali sono rilevate alla data in cui avviene il trasferimento dei rischi e dei benefici connessi ai beni acquisiti e sono iscritte, nel