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L'esperienza dei campi di internamento nei racconti di Max Aub: studio e traduzione

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1

DIPARTIMENTO DI

FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA IN LETTERATURE E

FILOLOGIE EUROAMERICANE

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

L’esperienza dei campi di internamento nei racconti di Max

Aub: studio e traduzione

CANDIDATO

RELATORE

Eugenia Mancini

Chiar.ma Prof.ssa Federica Cappelli

(2)

2

INDICE

INTRODUZIONE 4

CAPITOLO 1.

MAX AUB, UNA VOCE DALL’ESILIO

6

1.1 Cenni biografici 7

1.2 Le radici del conflitto civile 9

1.3 Letteratura in esilio 12

1.4 Francia, prima tappa dell’esilio aubiano 14

1.5 L’esperienza dei campi d’internamento 15

CAPITOLO 2.

LA LETTERATURA COME STRUMENTO DI

DENUNCIA 18

2.1 La narrativa aubiana prima e dopo il 1936 18

2.2 Il valore della testimonianza 20

2.3 I racconti 22

2.3.1 I racconti sulla guerra civile 24

2.3.2 I racconti sull’esilio 28

CAPITOLO 3.

DUE RAPPRESENTAZIONI DEL CAMPO DI

INTERNAMENTO: MANUSCRITO CUERVO: HISTORIA DE

JACOBO E EL LIMPIABOTAS DEL PADRE ETERNO

35

(3)

3

3.2 El limpiabotas del Padre Eterno 45

CAPITOLO 4.

I RACCONTI SUI CAMPI DI

CONCENTRAMENTO 51

4.1 Analisi dei racconti 51

4.2 Introduzione ai testi tradotti 56

CAPITOLO 5.

SAGGIO DI TRADUZIONE

59

5.1 Commento alla traduzione 59

5.2 Vernet, 1940 / Vernet, 1940 60

5.3 Ruptura / Rottura 72

5.4 Un traidor / Un traditore 80

5.5 Manuel, el de la Font / Manuel, quello della fonte 87

5.6 Historia de Vidal / Storia di Vidal 107

5.7 Yo no invento nada / Io non invento niente 113

CONCLUSIONI

132

(4)

4

INTRODUZIONE

La presente tesi intende studiare alcune opere dello scrittore spagnolo Max Aub.

In particolare, si tratta dei racconti scritti durante un lungo arco temporale, che

sono il frutto di un lento e complesso processo di elaborazione dell’esperienza

della prigionia sperimentata personalmente, tra il 1940 e il 1942, all’interno dei

campi di internamento francesi e algerini. Le vicissitudini che portarono un autore

spagnolo – il cui nome iniziava in quegli anni a circolare sulle riviste letterarie

nazionali –, in un campo di prigionia, si intrecciano in maniera indissolubile alla

storia della Spagna ed in particolare alla disfatta repubblicana e all’ascesa del

franchismo.

L’interesse per questi testi è nato grazie alla lettura di opere aubiane di differente

natura: l’estrema versatilità dell’autore ha difatti lasciato narrazioni molto

differenti tra loro; si pensi alla distanza esistente tra un testo come La verdadera

historia de la muerte de Francisco Franco e la realistica e cupa narrazione di un

racconto come Yo no invento nada. È stato proprio la curiosità di indagare le

ragioni di una scrittura così multiforme – nello stile, nelle prospettive adottate,

nelle tematiche affrontate – a condurmi all’analisi dei racconti aubiani e, in

particolare, di quelli che hanno come sfondo i campi di prigionia e le esperienze

dei detenuti. Per questo motivo, andando dal generale al particolare, il presente

lavoro analizzerà, dapprima, la totalità dei racconti del Laberinto mágico – il

progetto letterario delineato da Aub – per poi addentrarsi nell’analisi dei racconti

che vertono precisamente sulla tematica sopra citata.

Punto di riferimento imprescindibile, nell’elaborazione di questo studio, è stato il

lavoro di Ignacio Soldevila Durante, La obra narrativa de Max Aub, grazie al

quale la lettura dei racconti ha potuto trovare un valido supporto nella più ampia

riflessione sull’intera opera di Max Aub. In questo modo i racconti si sono

configurati come il tassello di un vasto programma, un tassello piccolo, sì, se

paragonato ai romanzi, ma fondamentale per scoprire l’origine di alcuni

personaggi e determinate situazioni narrative. Inoltre, grazie alla raccolta curata

(5)

5

da Javier Quiñones contenente tutti i racconti – Max Aub, Enero sin nombre. Los

relatos completos del Laberinto – ho avuto modo di affrontare testi che l’autore

non aveva mai raccolto organicamente, ma che erano apparsi in miscellanee

diverse nel corso degli anni; questo mi ha permesso di addentrarmi nello studio

dei racconti da me scelti con una maggiore consapevolezza dei risultati raggiunti

da Aub nel genere letterario del racconto.

Infine, parte di questo lavoro è dedicato alla traduzione di alcuni racconti.

Cimentarsi nella traduzione della prosa di Aub è risultata un’operazione semplice

quanto insidiosa, un lavoro che mi ha dato la possibilità di cogliere quegli aspetti

non sempre visibili a una lettura superficiale: aspetti emblematici della cura, della

precisione, della fedeltà con cui Aub ha voluto denunciare quanto subito, senza

mai tradire i suoi protagonisti, i compagni dell’esperienza carceraria, i quali

rivivono in questi racconti e finalmente, almeno grazie all’azione della letteratura,

recuperano dignitosamente quella voce calpestata nei campi di internamento.

(6)

6

CAPITOLO I

Max Aub, una voce dall’esilio

Max Aub (1903-1972) - romanziere, autore di racconti, drammaturgo, poeta e

critico - incarna una delle voci più rappresentative della Spagna esiliata. La sua

storia e la sua opera si sono intrecciate indissolubilmente ai travagliati eventi

storici che hanno scosso l’Europa nei primi decenni del XX secolo. Una voce

riscoperta relativamente tardi, il cui processo di recupero dura ancora oggi.

Autore estremamente prolifico, Aub ha incarnato in sé la figura dell’intellettuale

cosmopolita, senza frontiere; addentrarsi nell’opera di Aub significa seguirlo nei

suoi molteplici spostamenti, in una geografia di luoghi che spaziano dall’Europa

continentale all’America Centrale, passando per i desolati campi di lavoro del

Nord Africa. Si tratta di spostamenti dettati dal caso, o meglio, dagli eventi storici:

nelle esperienze personali dell’autore sembrano condensarsi gli effetti disastrosi

degli avvenimenti catastrofici di quegli anni. Per questa e per altre ragioni la sua è

una figura emblematica, e la sua opera un indispensabile strumento di riflessione:

l’analisi dei suoi testi e l’approfondimento del contesto nel quale essi videro la

luce rispondono in egual misura all’esigenza profonda di recuperare non solo il

lavoro dell’autore in questione, ma anche alla volontà di recuperare la memoria di

un’intera generazione di spagnoli esiliati.

Il recupero dell’opera aubiana rientrò nella più vasta operazione di rivalutazione -

e soprattutto incorporazione - della letteratura dell’esilio nel panorama delle

lettere spagnole. A partire dalla fine degli anni Sessanta e inizio anni Settanta

l’opera di Aub venne riscoperta – o forse sarebbe meglio dire scoperta – dalla

critica e dal grande pubblico, come dimostrato dall’aumento delle edizioni

pubblicate in Spagna in quel periodo. Le ragioni del rinnovato interesse intorno

alla figura di Aub possono essere addotte alla Ley Fraga

1

emanata in quegli anni,

così come al breve ritorno che l’autore fece in patria nel 1969. Una seconda

ondata di interesse è poi quella che risale al I Congreso Internacional Max Aub y

1 La Ley de Prensa e Imprenta del 1966, meglio conosciuta come Ley Fraga, dal nome del ministro

della Información y Turismo che la sostenne, apportava delle modifiche alle leggi della censura con un conseguente allentamento delle sue maglie e maggiore circolazione di opere fino ad allora proibite.

(7)

7

el laberinto español del 1993, che ebbe come effetto una serie di azioni e

iniziative di diverso genere volte a promuovere la figura dell’intellettuale.

La traiettoria letteraria di Max Aub seguì a grandi linee quella degli altri scrittori

che si muovevano sulla scena nel secondo decennio del Novecento, un cammino

che lo portò dall’intellettualismo più puro e dalla deshumanización di stampo

orteguiano ad una sempre maggiore adesione al compromesso e all’impegno

sociale. Ciononostante, la visione dell’arte come gioco meramente estetico, come

artificio intellettuale, più accentuata negli scritti del primo periodo, accompagnò

sempre la sua opera, come un filo che lega testi di natura diversa. Ed ecco che, in

una narrazione come Manuscrito Cuervo: Historia de Jacobo, l’adesione alla

realtà, le crude descrizioni della vita del campo, convivono con l’ironia, con il

gioco linguistico, con la deformazione del reale. Soggiace, anche in quelle opere

apparentemente distanti tra loro, un’idea di letteratura che possa essere utile alla

creazione di una realtà altra, una realtà fittizia che funga da contrappunto a quella

presente ormai decaduta.

L’obiettivo del presente lavoro è l’analisi di alcuni racconti che Aub scrisse in un

arco di tempo di circa trent’anni, parallelamente alla pubblicazione di romanzi.

Nello specifico la mia indagine è rivolta ai cuentos concentracionarios, quelle

narrazioni che hanno come sfondo i campi francesi e nordafricani in cui l’autore

fu costretto a trascorrere alcuni anni. Prima di giungere all’analisi vera e propria

dei suddetti testi ritengo però opportuno ricordare quegli aspetti storici e politici

che incisero in maniera significativa sulla biografia del nostro autore,

condizionandone l’esistenza e di conseguenza la scrittura.

1.1 Cenni biografici

Nato a Parigi nel 1903 da padre tedesco e madre francese di origini ebraiche, allo

scoppio del primo conflitto bellico mondiale, Aub lasciò la Francia insieme alla

famiglia: la condizione di esiliato sembra essere destinata a marcare l’esistenza

dell’autore sin dalla giovane età. Stabilitosi a Valencia, ebbe inizio per Aub una

nuova fase della sua vita. Così rievocava in un’intervista quel trasferimento così

decisivo:

(8)

8 Y es así como, en septiembre u octubre de 1914, empezó mi vida de español. Mi vida española se acaba con otra guerra, en 1939. Es bastante curioso y bastante triste. Entonces, 1914, Valencia; fuimos a vivir cerca del mar. No era la primera vez que veía el mar: debía de tener siete u ocho años cuando descubrí el mar y las mareas en Berque Plage en invierno. Pero descubrí el Mediterráneo, a pesar de todo, que se ha convertido en ‹‹mi mar››2.

Fu così che, all’età di undici anni, Aub entrò a contatto non solo con la realtà

spagnola, ma anche con il suo idioma, quello che, pur non essendo la sua lingua

materna, più avanti adotterà come unico mezzo espressivo della sua scrittura.

Questa particolare relazione con lo spagnolo ebbe certamente ripercussioni sulle

sue modalità narrative: ad essa potrebbe infatti risalire la tendenza barocca di

alcuni suoi scritti che, in quest’ottica, rappresenterebbero una dimostrazione

dell’uso sapiente di una lingua che non era la propria

3

. Del resto, la lingua

castigliana non fu per Aub un mero strumento al servizio della sua creazione

letteraria: fu soprattutto la piena espressione di quella identità spagnola che egli

sentì sempre come propria. Francisco Ayala si riferiva con le seguenti parole a

questo aspetto della personalità dell’autore valenciano: «(…) insistió siempre con

obstinado empeño en ser no ya un escritor español, y escritor de lengua española,

sino un escritor español, y escritor español exiliado

4

».

Terminati gli studi, Aub, seguendo le orme del padre, si avviò alla professione di

commerciante itinerante, attività che alternò costantemente a quella della lettura e

della scrittura. I continui spostamenti permisero all’autore di collezionare

impressioni, accumulare osservazioni e frammenti di vita di coloro i quali incrociò

nel suo cammino. Tutto ciò costituì certamente un profondo pozzo di idee e spunti

da cui attingere per la delineazione di situazioni e personaggi che animeranno la

sua opera. Sempre grazie ai viaggi ebbe la possibilità di assistere alle tertulias di

2 Da un’intervista radiofonica del 1961, riportata in G. Malgat, Max Aub y Francia o la esperanza

traicionada., Fundación Max Aub, col. “Biblioteca del exilio”, nº 10, Segorbe – Sevilla, 2007, p.32.

3 Si veda J. Canavaggio, Historia de la literatura española, volume VI, Ariel, Barcellona, 3ᵃ ed.,

2009, pp. 301-302.

4 F. Ayala, Max Aub, escritor español exiliado, “Presentación” in Max Aub, Enero sin nombre.

(9)

9

stampo avanguardista e di entrare a contatto con personalità importanti dell’epoca.

Negli anni ’30 partecipò attivamente all’esperienza repubblicana: fu in quel

periodo che gli fu affidata la direzione del gruppo teatrale universitario El Búho

5

,

nella città di Valencia, quando il suo nome iniziava ad essere ormai noto nella

cerchia degli intellettuali. Soggiornò per un certo periodo in Francia, in veste di

collaboratore culturale; durante l’Esposizione Universale che si tenne nella

capitale francese nel 1937 sostenne il governo repubblicano facendo da tramite tra

questo e gli artisti spagnoli che risiedevano a Parigi.

A partire dal 1938 collaborò con André Malraux alla realizzazione della pellicola

Sierra de Teruel

6

, le cui riprese furono interrotte dall’avanzamento delle truppe

franchiste. In seguito alla vittoria di Franco migliaia di simpatizzanti repubblicani,

e tra questi Max Aub, oltrepassarono la frontiera diretti in Francia per sfuggire

alle rappresaglie del regime.

1.2 Le radici del conflitto civile

Il conflitto civile spagnolo che insanguinò il Paese per ben tre anni rappresentò

una situazione realmente peculiare: nelle dinamiche della guerra civile spagnola,

difatti, si intrecciarono motivi interni, conseguenti all’instabilità politica dei

governi, e condizioni esterne, che coinvolsero il più ampio scacchiere politico

europeo. Le ragioni di tale conflitto sono da ricercarsi in una molteplicità di

fattori, le cui radici affondano nei decenni precedenti.

Lo scenario economico e politico della Spagna dei primi del Novecento si

presenta molto più indeterminato e arretrato rispetto ad altre grandi realtà europee.

Alfonso XIII di Borbone guidava la Nazione con l’appoggio dell’alta borghesia,

vertici militari, clero e nobiltà, ovvero quei ceti reazionari e conservatori che, nel

1923, decisero di ammutinare lo stesso monarca a favore della dittatura militare di

Miguel Primo de Rivera, coscienti che il nuovo assetto totalitarista avrebbe

giovato alle casse dello Stato salvaguardando i propri privilegi. La deriva di

5 El Búho costituiva, insieme a El teatro del pueblo di Alejandro Casona e La Barraca di Federico

García Lorca, uno dei tre gruppi di teatro universitari meglio conosciuti della Seconda Repubblica.

6 La pellicola si basa sul romanzo di Malraux, L’espoir, e narra un episodio della guerra civile

spagnola, a cui l’autore prese parte come aviatore nell’esercito repubblicano. Il film sarà terminato nel 1940 e proiettato a Parigi al fine di mobilitare l’opinione pubblica internazionale.

(10)

10

estrema destra a cui andò incontro la Spagna fu chiara sin da subito: divenuto

Primo Ministro per nomina regia, Primo de Rivera sciolse immediatamente le

Camere, democraticamente elette, costituendo un nuovo governo espressione

degli apparati militari. Il regime così costituitosi iniziò ad essere mal visto dalla

popolazione soprattutto a partire dal 1929, quando la crisi economica si avvertì

maggiormente, minando un equilibrio già di per sé instabile. Per i detrattori del

nuovo governo si presentò, quasi subito, la possibilità di rovesciare l’ordine

costituitosi. Superando differenze quasi inconciliabili, socialisti, radicali,

repubblicani, democratici e comunisti, si presentarono uniti e compatti alle

elezioni del 1931, riuscendo così a raggiungere la maggioranza delle preferenze e

a riportare in vita la democrazia. Il periodo liberale denominato “biennio rosso”

durò appena due anni, fino al ’33, nei quali, tuttavia, vennero adottate delle misure

molto incisive che registrarono, in primis, un sensibile ringiovanimento della

classe politica e l’epurazione dalle milizie degli ufficiali reazionari. La “falce

liberale” non risparmiò nessuno, neanche clero e latifondisti: vennero promulgate

norme a favore della libertà di culto che cozzavano, però, con la radicata fede

cattolica della popolazione e, in seguito, venne approvata una riforma agraria che

prevedeva la confisca dei terreni della corona e della nobiltà e la loro equa

suddivisione e attribuzione ai braccianti. Rispetto all’epoca monarchica, inoltre, la

capitale smise di essere il cuore pulsante del decisionismo politico a favore delle

province, che acquistarono sempre più peso all’interno del processo esecutivo.

La maggior parte degli interventi attuati da questo governo, però, non trovo

sostegno nelle classi meno abbienti della società e dal loro malcontento nacquero i

presupposti per la formazione di un nuovo movimento politico di destra, la

Falange Española, fondata dal figlio dell’ex Primo Ministro, Josè Antonio Primo

de Rivera. Il cambiamento a cui tanto aspirò la Sinistra non attecchì soprattutto

nella base popolare, che in questi anni divenne terreno fertile per la proliferazione

di pericolosi gruppi anarchici. Il malcontento si tramutò, nelle elezioni del ’33, in

un deciso passo indietro che riportò i conservatori alla maggioranza in quello che,

per contrapposizione, verrà definito “biennio nero”. I movimenti di sinistra non

accettarono di buon grado il responso delle urne e gridarono a voce alta il loro

disappunto organizzando, per tutto il ’34, scioperi e proteste che paralizzarono

(11)

11

letteralmente il Paese. Per ripristinare l’ordine pubblico il governo si affidò alle

bellicose mani del generale Francisco Franco. La risposta della Sinistra

(repubblicani, anarchici, comunisti, socialisti) fu, come nel 1931, unitaria e

concorde e si sintetizzò nella formazione di un Fronte Popolare delle Sinistre, che

trionfò nuovamente alle consultazioni del ’35. Il rinnovato “biennio rosso” non

placò il clima instabile, che anzi divenne incandescente all’indomani dell’agguato

mortale teso ai danni del capo parlamentare della Destra, José Calvo Sotelo,

architettato e attuato da alcuni componenti della milizia repubblicana

della Guardia de Asalto. Fu questa la scintilla che fece saltare definitivamente il

banco. Franco, che aveva già preparato un attacco dal Nord Africa, sbarcò in

Spagna dal Marocco il 18 luglio 1936. Come suggerisce Ranzato

7

, i golpisti

avevano a disposizione la quasi totalità dell’esercito d’Africa, che, con i suoi

47000 uomini, costituiva il fulcro dell’esercito spagnolo. Più che il numero,

tuttavia, a fare la differenza fu il fatto che questa parte d’esercito aveva ricevuto

una dura disciplina ed aveva realmente sperimentato la guerra. In breve tempo

Franco conquistò Cadice, Siviglia, Cordova al fine di puntare, in definitiva, su

Madrid. Il generale fu nominato caudillo e capo di un “Governo Nazionale”, con

sede a Burgos, parallelo al Governo Repubblicano.

Lo scacchiere bellico era ormai definito e si arricchì presto anche di alleati esteri.

Mentre, però, i maggiori leader europei di sinistra decisero di non prestare alcun

tipo di aiuto agli omologhi iberici, supportati invece da partigiani italiani e da altri

corpi di resistenza clandestina, di diverso avviso furono i regimi fascisti e nazisti

che rafforzarono, e molto, le fila di Franco

8

. Forte della potenza di fuoco alleata,

decisiva per piegare la resistenza repubblicana, il 1° aprile del 1939 Franco

annunciò la fine delle ostilità diventando capo unico della Spagna.

7 G. Ranzato, La guerra di Spagna, Firenze, Giunti Gruppo Editoriale, 1995, p.14.

8 Il duce, per esempio, decise di inviare un contingente di 50.000 soldati del regio esercito, che da

lui furono presentati come milizia volontaria, mentre per Hitler il conflitto civile spagnolo rappresentò l’occasione giusta per testare i terribili “Condor” della Luftwaffe.

(12)

12

1.3 Letteratura in esilio

Dopo un’iniziale fase di speranza nella natura effimera degli scontri, la situazione

parve chiara. L’esito nefasto non lasciò altra scelta agli intellettuali che avevano

partecipato, moralmente o fisicamente, alla resistenza contro le truppe di Franco,

se non quella di lasciare il Paese e intraprendere un lungo esilio, un esilio che per

molti non ebbe fine. L’impegno e la partecipazione a sostegno della causa

repubblicana furono particolarmente sentiti tra gli intellettuali delle generazioni

più giovani; coloro i quali parteciparono più attivamente furono anche i primi a

dover lasciare il Paese. La diaspora fu al contempo umana e culturale, e la

“sparizione” di figure rilevanti delle lettere spagnole creò una frattura profonda

all’interno del panorama letterario.

Come normale conseguenza degli eventi, lo stravolgimento portato dal conflitto

interruppe violentemente il normale sviluppo della letteratura nazionale. Silenziate

le voci del dissenso, la letteratura che si produsse in patria a partire dall’avvento

del franchismo in poi dovette fare i conti col regime e con la censura.

Di conseguenza, la “letteratura dell’esilio” fu il prodotto, letterariamente parlando,

della complessa vicenda sopra descritta. Con questa denominazione si fa

riferimento ad un vasto contenitore dai confini labili in cui rientra quella

letteratura che nasce come conseguenza diretta, e spesso come risposta o

testimonianza, all’abbandono forzato della propria patria. Si riconoscono tuttavia,

all’interno di questa etichetta, una molteplicità di opere ed autori che, pur essendo

accomunati dal contesto, vissero esperienze differenti, ognuna a suo modo

peculiare; è questo il caso di Max Aub, il cui allontanamento dalla Spagna a

seguito della vittoria di Franco rappresentò soltanto una delle dolorose esperienze

che costellarono la sua esistenza. Per questa ragione, se classificare una tendenza

letteraria è sempre cosa difficile e pericolosa, lo è ancor di più nel caso particolare

della letteratura “esiliata”. Il fenomeno dell’emigrazione coinvolse un ampio

numero di intellettuali, e tra questi occorre fare una distinzione tra coloro i quali

dovettero scappare dalla Spagna per ragioni ideologiche e coloro che invece

scelsero di lasciare il Paese per altri motivi, motivi che il più delle volte erano di

(13)

13

natura economica

9

. In questo gruppo eterogeneo di intellettuali emigrati, soltanto i

primi infatti possono essere annoverati tra i cosiddetti ‹‹autori dell’esilio››, perché

è nelle opere di questi scrittori che l’esilio diventa fulcro creativo, materia da

trattare e in alcuni casi da rifuggire.

Il problema che questi autori presentano è in primo luogo la loro collocazione nel

più ampio panorama della letteratura spagnola di quegli anni; l’avvento del

franchismo comportò difatti non poche anomalie nella ricezione delle loro opere.

Autori celebrati negli anni precedenti, le cui firme erano frequenti nelle riviste

letterarie, vennero cancellati, estromessi dallo scenario spagnolo a seguito delle

operazioni di depurazione messe in atto dall’apparato di repressione culturale del

regime, e di alcuni di loro si avrà notizia solo dopo un quarto di secolo. Di

conseguenza, la ricezione che il pubblico ebbe di questi autori non fu compatta,

poiché in essa intervennero una serie di fattori quali il peso che ciascuno scrittore

ebbe sulla scena culturale negli anni immediatamente precedenti; il grado di

partecipazione e di esternazione delle proprie posizioni ideologiche contro il

futuro regime; l’appartenenza a una data generazione o gruppo di intellettuali

riconoscibili al pubblico. Il risultato è chiaramente una visione frammentaria di

questa compagine di intellettuali, un gruppo in cui i nomi un tempo noti e

improvvisamente silenziati

10

convivono con quelli di autori giovanissimi, che alla

data del 1939 avevano appena fatto in tempo a dare alle stampe i primi scritti di

un corpus che si sarebbe poi ampliato fuori dai confini e di cui spesso il lettore

spagnolo verrà a conoscenza soltanto tardi

11

. Scrittori ed intellettuali repubblicani

esiliati si videro costretti a continuare il loro lavoro lontani dalla Spagna, in un

costante processo di adattamento a una realtà, quella del Paese d’accoglienza, che

perse pian piano il suo originario carattere provvisorio.

9 Si veda J.Canavaggio, Historia de la literatura española, cit., p. 213.

10 È questo il caso di Ramón J. Sender, le cui apparizioni erano frequenti sulle riviste e sui

periodici dell’epoca.

11 Annoveriamo tra questi autori, oltre ad Aub, Rafael Dieste, Francisco Ayala, Rosa Chacel,

(14)

14

1.4 Francia, prima tappa dell’esilio aubiano

Per la maggior parte degli esuli repubblicani la Francia rappresentò la prima tappa

dell’esilio; alcuni speravano nella natura effimera degli scontri e più in generale di

ciò che stava accadendo nel loro Paese; per altri invece la speranza era quella di

imbarcarsi per il Nuovo Continente e allontanarsi dal macabro teatro di guerra in

cui l’Europa si stava rapidamente trasformando. Meta privilegiata fu l’America

Latina che, oltre alle chiare facilitazioni linguistiche che presentava, offriva in

alcuni casi condizioni di vita e di integrazione migliori rispetto ad altri Paesi.

Spicca in questo contesto il Messico, le cui politiche d’accoglienza richiamarono

un gran numero di esuli. In molti casi fu l’aiuto di alcuni partiti politici o la

solidarietà di alcune istituzioni francesi a consentire la partenza degli esuli

spagnoli.

Tra le orde di profughi che valicarono la frontiera – immagine che si ritroverà

nelle narrazioni – vi fu lo stesso Aub. Agli inizi di febbraio del 1939, assieme alla

troupe di Sierra de Teruel, l’autore oltrepassò il confine spagnolo nei pressi di

Girona ed entrò in territorio francese. Dopo essere riuscito ad evitare i campi

allestiti per i profughi, Aub raggiunse la capitale, dove si ricongiunse con la

moglie e le figlie. Nei mesi a seguire condusse una vita relativamente normale,

considerata la sua condizione di esiliato spagnolo, continuando a lavorare su

alcuni progetti letterari e cinematografici. Questa relativa tranquillità venne

interrotta a quasi un anno di distanza, quando nell’aprile del 1940 viene accusato

attraverso una denuncia anonima di essere comunista. L’arresto di Aub e il

movente che ne stava alla base rientravano in quella serie di azioni consentite da

una legge emanata allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, legge che

prevedeva l’arresto e la reclusione di tutti gli stranieri che avessero potuto

rappresentare un pericolo o una minaccia. Nonostante la denuncia fosse falsa e

nonostante la tessera d’iscrizione di Aub testimoniasse la sua affiliazione al

PSOE, Aub venne condotto in carcere.

Le vicende personali di Aub si intrecciarono con quelle di un Paese che stava

vivendo una pagina buia della sua Storia. In base ai negoziati stipulati in seguito

alla sconfitta inflitta dalle truppe naziste, il governo di Parigi aveva conservato la

(15)

15

sua sovranità solo su metà della zona centro-meridionale del Paese e sulle colonie;

il resto era divenuto parte integrante del Reich. Dalla disfatta militare sarebbe

nata la nuova Francia collaborazionista di Vichy. Reputare quello di Vichy un

regime “fantoccio”, imposto dai tedeschi, sembrerebbe limitativo. L’assetto

governativo che si instaurò tra il ’40 e il ‘44 fu l'espressione di una tendenza

antidemocratica profonda e razzista ben radicata nel tessuto sociale transalpino:

non a caso la Francia venne considerata da molti storici come laboratorio

dell’antisemitismo moderno. Era la realizzazione di quel nazionalismo clericale,

gerarchico e autoritario che, dall'esempio italiano, venne chiamato in tutto il

mondo “fascista”, nemico della democrazia e dell'uguaglianza. Si cominciò a

vivere al grido “lavoro, famiglia e patria”, che doveva esaltare l'ordinamento

naturalmente gerarchico della società. Comunisti, Sindacalisti, Socialisti e

Liberali furono internati e l’associazionismo politico fu limitato ai soli partiti

collaborazionisti: il Partito Popolare, il Partito Fascista e il Raggruppamento

Nazional/Popolare. Culto dell’autorità, difesa della religione e della famiglia,

esaltazione retorica della piccola proprietà e del lavoro nei campi, organizzazione

sociale di tipo corporativo: questi erano i baluardi della Francia e questo era lo

scenario in cui si ritrovò a vivere Aub.

1.5 L’esperienza dei campi

Da Parigi, circa un mese dopo l’arresto, Aub venne condotto attraverso una lunga

marcia al campo disciplinare di Le Vernet, località a sud del Paese, e qui fatto

alloggiare nella baracca destinata ai sospettati di crimini di cui non si possedevano

prove certe

12

. La detenzione durò da giugno del 1940 a novembre del 1941

13

. Il

campo di Le Vernet era stato utilizzato durante il primo conflitto mondiale per

ospitare i prigionieri di guerra e successivamente come deposito d’armi. Nel

periodo in questione la sua funzione era invece quella di campo profughi e luogo

12 Per le informazioni riguardanti il soggiorno di Aub in Francia e gli spostamenti nei vari campi

mi sono basata sul lavoro di E. Nos Aldás, El testimonio literario de Max Aub sobre los campos de concentración en Francia (1940-1942), Tesis doctoral diretta da V. J. Benet Ferrando, Castellón, Universitat Jaume I, 2001, pp. 93-97

13 L’esperienza della reclusione nel campo di Vernet si rifletterà in opere come Campo Francés e

(16)

16

di isolamento per i soggetti ritenuti pericolosi; tra gli altri campi francesi, quello

di Le Vernet è il campo più rigido, vista la sua funzione “disciplinare”. A fare

compagnia all’autore una schiera di individui di diversa estrazione sociale:

comuni delinquenti, malfattori, prigionieri politici – sostenitori di posizioni

comuniste e anarchiche – e infine chiunque, come Aub, fosse stato segnalato

tramite una denuncia alle autorità francesi. È qui che Aub entrò a contatto per la

prima volta con quel microcosmo di sofferenza e miseria umana rappresentato dal

campo di concentramento, che si rifletterà successivamente nei suoi racconti.

Dopo mesi di dura detenzione e umiliazione, si presentò la possibilità di lasciare il

campo grazie all’aiuto di Gilberto Bosques, al tempo Console Generale del

Messico a Marsiglia. Grazie a questi e alla copertura della Legación Mexicana,

Aub ottenne il passaporto messicano e documenti necessari per la partenza.

Tuttavia il destino sembrò accanirsi contro di lui e, nell’intento di lasciare il

Paese, venne nuovamente arrestato e condotto questa volta presso il carcere di

Nizza. I diversi sforzi di liberazione non ebbero successo: Aub venne fatto

imbarcare su una nave destinata al trasporto di bestiame insieme ad altri trecento

deportati: destinazione il campo di Djelfa, Algeria.

Il campo di Djelfa era un campo di lavoro al cui interno venivano ammassati i

prigionieri in condizioni disumane. Così come nel campo di Vernet, anche a

Djelfa il gruppo degli internati era eterogeneo, per nazionalità e crimini attribuiti:

ad unirli in quello spazio miserabile la loro condizione di indesiderabili. Tenuti

sotto costante sorveglianza, i prigionieri erano costretti a lavori forzati se

volevano mangiare. Appositi spazi presentavano condizioni ancora più dure: si

tratta del campo speciale e del forte Caffarelli, al cui interno erano situate le celle.

Oltre ad accogliere tutti coloro i quali erano inadatti ai lavori, questi spazi

venivano usati per punire eventuali disubbidienti o il più delle volte per soddisfare

l’attitudine sadica dei carcerieri. Nel campo di Djelfa Aub fu destinato dapprima

alla fabbricazione di alpargatas, per poi ricoprire in un secondo momento il ruolo

di segretario dell’infermeria, lavoro che, esaminato il contesto, doveva apparire

come un privilegio.

(17)

17

La sua detenzione all’interno del campo di Djelfa durò all’incirca nove mesi.

Ancora una volta l’aiuto di Gilberto Bosques fu decisivo per la liberazione

dell’autore. Nel maggio del 1942 ebbe fine l’infernale esperienza carceraria di

Max Aub: partito per Casablanca, dopo una serie di traversie che metteranno a

dura prova le speranze di una liberazione definitiva, Aub salpò per il Messico, il

Paese

che

accolse

l’autore

sino

alla

fine

dei

suoi

giorni.

(18)

18

CAPITOLO II

LA LETTERATURA COME STRUMENTO DI DENUNCIA

Le dolorose vicende del nostro autore trovano posto nei suoi scritti, che accolgono

ora con ironia, ora con amarezza, le riflessioni sulla triste esperienza della

prigionia e, più in generale, su quello che ha rappresentato il conflitto civile

spagnolo. Max Aub esaminò lucidamente gli eventi, libero da faziosità,

soprattutto quando, ormai ad anni di distanza, parve chiaro che proprio la faziosità

aveva diviso gli spagnoli repubblicani: nel complesso la sua opera rappresenta il

più vasto contributo di un autore alla guerra civile spagnola, tema sempre

presente, ricorrente, quasi ossessivo per uno scrittore che, nonostante il trascorrere

del tempo, continuò a sentire viva quella ferita.

2.1 La narrativa aubiana prima e dopo il 1936

La critica ha molto discusso riguardo all’esistenza di due fasi della letteratura

aubiana, due epoche rappresentate da opere di differente stile e linguaggio

1

. Tale

cambiamento nella scrittura risalirebbe al periodo immediatamente successivo

all’insorgere dei primi scontri del 1936, con la pubblicazione di testi che

gradualmente si allontanano dall’estetica avanguardista degli scritti giovanili.

Effettivamente, prima di questa data, l’opera aubiana è caratterizzata da

sperimentazione e rinnovamento, tanto nelle tecniche come nelle tematiche; è

facile individuare nelle opere di tale periodo l’influenza delle più autorevoli voci

del panorama letterario spagnolo dell’epoca, prima fra tutte quella di José Ortega

y Gasset.

La collaborazione di Aub con la collezione Cuadernos Literarios

2

segnò il

battesimo di fuoco dell’autore come narratore avanguardista e l’opera Geografía,

pubblicata sui Cuadernos nel 1929, rappresentò la sua prima esperienza narrativa

importante. Accanto alle naturali influenze dell’avanguardia spagnola, occorre poi

1Javier Quiñones, Max Aub, escritor español...,“Prólogo” in Max Aub, Enero sin nombre. Los

relatos completos del Laberinto mágico, a cura di Javier Quiñones, Barcelona, Alba Editorial, 1994, p.16.

2 Diretta da Enrique Díez-Canedo, la rivista Cuadernos Literarios alla data del 1929 era già alla

sua quarta serie e, nonostante i modesti mezzi su cui contava, accoglieva tra le sue pagine alcune prestigiose firme di quegli anni.

(19)

19

ricordare gli stimoli provenienti dal mondo francese: la sua iniziale educazione

parigina e i contatti che continuava ad avere con l’ambiente culturale francese

marcarono in maniera decisiva la personalità artistica di Aub, sempre attento alle

innovazioni e alle suggestioni provenienti dall’esterno, come dimostrano i suoi

abbonamenti a riviste francesi, italiane o belghe

3

.

L’inizio del conflitto civile segnò indubbiamente una svolta nella scrittura

aubiana: il carattere urgente degli scontri assieme alla volontà di testimoniare e

supportare la causa repubblicana ebbero come risultato una serie di opere di

stampo differente da quelle precedenti, testi in cui l’innovazione lasciava spazio al

compromesso politico e sociale. La sperimentazione letteraria non venne meno

nelle opere a seguire, ma fu affiancata da una maggiore adesione alla realtà. Del

resto, l’avvento del conflitto non poté che avere ripercussioni in ambito letterario:

gli scrittori non furono estranei al clima di violenza esploso nelle città e dettero

prova della loro partecipazione agli eventi negli scritti relativi a quegli anni. Il

caso di Aub non è differente e un racconto come El cojo (1938), unico testo

narrativo che Aub compose durante la guerra civile, ne è la chiara dimostrazione.

Pur riconoscendo questa evoluzione e i conseguenti cambiamenti nella poetica del

nostro autore, sembra tuttavia chiaro che non si possa parlare di due fasi distinte

ed antitetiche tra loro: come già sottolineato, una certa visione della letteratura in

cui prevale la componente ludica e, generalmente, la sperimentazione, attraversa

l’intero corpus dell’opera di Aub. Si tratta dunque di due fasi che, pur nelle loro

differenze, comunicano tra loro attraverso un mutuo scambio di stimoli e

suggestioni: così come non è possibile tracciare in letteratura linee di

demarcazione che separino nettamente una corrente da un’altra, allo stesso modo

le diverse tendenze della scrittura aubiana devono essere lette come due

espressioni di una personalità e di una poetica in evoluzione.

Certamente, gli scritti successivi all’insorgere degli scontri ebbero un nuovo

soggetto e affrontarono in gran parte il tema della guerra civile e delle sue

ripercussioni. Consapevole delle nuove posizioni estetiche assunte in questi testi,

3 Si veda Ignacio Soldevila Durante, La obra narrativa de Max Aub (1929-1969), Madrid,

(20)

20

Aub riconobbe nelle opere composte da questa data in avanti il cosiddetto

‹‹realismo trascendente››. Queste le parole dell’autore in proposito:

Todo parece predecir el éxito de un realismo que un crítico mexicano

adjetivó trascendente, y a mi juicio con acierto. No por la importancia,

sino por el hecho de ser un arte llamado a traspasar y a penetrar en un

público cada vez más amplio. Realismo en la forma pero sin desear la

nulificación del escritor, como pudo acontecer en los tiempos del

naturalismo. Subjetivismo y objetividad parecen ser las directrices internas

y externas de nuestras novelística

4

.

Sempre in questo periodo l’autore delineò un progetto letterario che avrebbe

dovuto comprendere una serie di cinque romanzi raccolti sotto il titolo di El

laberinto mágico e dedicati agli eventi della guerra civile spagnola. Le cose

andarono diversamente da quanto ideato e, trascorsi trent’anni, il corpus narrativo

dell’opera aubiana contava sei grandi romanzi, l’ultimo dei quali era Campos de

Almendros (1968), e una serie di racconti. Proprio la composizione di questi

ultimi fu spesso frutto dei periodi di transizione e spostamenti che costellarono

l’esilio dell’autore. I testi de El laberinto furono pubblicati nel corso degli anni,

quando ormai l’autore si era definitivamente stabilito in Messico; essi

costituiscono il frutto di un tenace lavoro di revisione e analisi degli eventi vissuti.

Parallelamente alle opere narrative, Aub diede alle stampe anche i testi teatrali, i

saggi e i suoi diari poetici.

2.2. Il valore della testimonianza

Attraverso la scrittura Aub lasciò testimonianza delle esperienze vissute e degli

orrori a cui aveva assistito. La scrittura possiede innegabilmente un valore

terapeutico e offre in molti casi una possibilità di superamento del trauma.

Scrivere costituisce uno strumento per rivivere il passato, analizzarlo, riordinarlo,

4 Max Aub, Discurso de la novela española contemporánea, México, Centro de Estudios Sociales,

(21)

21

comprenderlo. E nei testi di Aub questa necessità è evidente: nel turbinio di

situazioni e personaggi dei suoi racconti e romanzi, Aub sembra voler dare una

cornice ben definita ad eventi confusi, un nome ed un volto alle esistenze che

incrociarono il suo destino in quegli anni. Ogni testo racchiude un’esperienza che,

una volta trasformata in parole, acquisisce una possibilità di lettura. Ma scrivere è

anche un impegno: rendere noto ciò che altrimenti sarebbe caduto nell’oblio della

storia rappresentò per Aub un dovere, il dovere di chi aveva assistito ed era

sopravvissuto agli orrori della guerra, alla brutalità dei campi, alla solitudine

dell’esilio. In tal modo, quel sostegno che Max Aub aveva più volte dimostrato

nei confronti del governo repubblicano tramite gli incarichi ricoperti non venne

meno neppure in seguito alla sconfitta. In quest'ottica l’atto della testimonianza

assume una duplice funzione nei testi aubiani, divenendo, al contempo, un obbligo

e una necessità: obbligo di render noto ciò che gli altri ignoravano o conoscevano

solo parzialmente e necessità di far propria, di interiorizzare, di imparare a

dominare, attraverso la terapia della parola, un’esperienza altrimenti

incomprensibile.

Per rendere noti gli eventi di cui era stato testimone diretto, Aub utilizzò la

finzione letteraria, strumento fedele al quale affidare la memoria del proprio

passato. La letteratura fu adoperata come mezzo espressivo d’eccellenza, in aperto

contrasto con quelle verità propinate dai documenti ufficiali e dalla stampa del

regime che, invece, si discostavano volutamente dalla realtà

5

. Il regime aveva

cancellato con un colpo di spugna un’intera generazione di autori, aveva gettato

un velo sulle loro opere; documenti e false denunce – che fecero, tra le loro

vittime, lo stesso Aub – dipinsero gli intellettuali come veri e propri criminali, il

cui allontanamento era un’azione necessaria per depurare il Paese da soggetti

dannosi. Ecco allora che la fantasia letteraria divenne uno degli strumenti per

colmare i vuoti della storiografia ufficiale e per restituire quella veridicità che era

stata negata: quella di Aub fu una vera e propria lotta contro la deformazione

storica del franchismo, un’operazione di restituzione della verità ai suoi lettori.

5 Javier Sánchez Zapatero, Max Aub o el poder testimonial de la ficción, Universidad de

(22)

22

A dimostrazione di come i documenti possano mentire e ingannare il lettore,

proprio in nome della loro forma ufficiale, lo stesso Aub all’interno delle sue

opere gioca sovente sul confine realtà-finzione. Celebre, a questo riguardo, è

l’opera Jusep Torres Campalans (1958), la biografia fittizia di un altrettanto

fittizio pittore avanguardista catalano: l’opera non contiene uno stralcio di verità,

personaggio e opere artistiche sono interamente frutto della fantasia dell’autore,

eppure, attraverso un apparato testuale che in tutto ricalca le classiche monografie

di artisti – con tanto di raffigurazioni del presunto pittore –, Aub riesce ad

ingannare il lettore romanzando una vita in realtà mai esistita. Lungi dall’essere

un mero esperimento ludico, il testo di Aub è la dimostrazione di come sia

impossibile affidarsi totalmente ai documenti e che, dietro la loro parvenza di

rigore ed esattezza, questi possano offrire una visione parziale, quando non

ingannevole, della realtà. Un caso parallelo è quello che si osserva in Antología

traducida (1963), un insieme di presunte traduzioni di testi che Aub attribuisce ad

autori differenti, dietro i quali invece, ancora una volta, si cela lo egli stesso

6

. Il

messaggio è chiaro: il limite tra realtà e finzione è labile e poco affidabile e la

manipolazione della memoria collettiva è possibile tanto nella finzione letteraria

quanto nella vita reale.

2.3 I racconti

7

Nella produzione aubiana i racconti occupano un posto di rilevante importanza; la

loro elaborazione è andata di pari passo a quella dei romanzi del ciclo del

Laberinto e, di conseguenza, devono essere letti come una parte altrettanto

importante di questo progetto letterario. I racconti aiutano a comprendere appieno

l’essenza stessa di questo progetto, ossia la denuncia di ciò che era accaduto

durante e successivamente alla guerra civile. Nel 1938 venne dato alle stampe il

primo racconto. Si tratta de El cojo, uscito sul diciassettesimo numero di Hora de

6 Ibid., p. 8.

7 L’edizione su cui mi sono basata per l’analisi dei racconti è Max Aub, Enero sin nombre. Los

relatos completos del Laberinto mágico, a cura di Javier Quiñones, Barcelona, Alba Editorial, 1994

(23)

23

España, la nota rivista nata a Valenza un anno prima e spostatasi a Barcellona in

seguito al trasferimento del Governo della Repubblica nella capitale catalana

8

.

La lettura dei racconti aiuta ad avere una visione più profonda dell’opera di Aub

nel suo complesso; ci spinge, oltretutto, a riflettere sulla genesi di alcuni racconti:

accanto a narrazioni del tutto indipendenti e dai contorni ben definiti, infatti, si

riscontrano anche testi che sembrano essere nati all’interno di un romanzo, per poi

aver preso vita propria e assunto la forma di racconti, o viceversa, ci imbattiamo

in narrazioni che inizialmente dovevano essere racconti e che poi sono sfociate in

un romanzo. Del resto, la natura stessa delle novelas de El laberinto mágico,

spesso volutamente frammentaria, ne è la prova.

Aub fa riferimento al cospicuo gruppo di racconti nell’ultimo dei suoi romanzi,

Campos de Almendros. Nel corso degli anni questi testi vennero pubblicati in

diverse raccolte. In Spagna, destinataria d’eccellenza vista la loro tematica

centrale, i racconti trovarono luogo al termine della dittatura in collezioni

miscellanee o in riviste di difficile accesso al lettore; tutto ciò fece sì che i racconti

godettero in un primo momento di un’attenzione minore e furono invece i romanzi

le opere a riscuotere maggior successo.

Uno dei primi problemi che ci si ritrova ad affrontare nell’analisi di questi testi è

la definizione del genere; difatti, considerate le grandi differenze di estensione tra

un racconto e un altro, sarebbe forse opportuno far loro riferimento con il termine

più generico di relatos, raccogliendo in questo modo, sotto un’unica etichetta,

quelle narrazioni che in tutto si avvicinano al cuento vero e proprio e quelle che

invece sono prossime alla novela breve

9

.

In questo studio si è scelto di seguire la classificazione proposta da Quiñones

10

che suddivide i racconti, in totale quaranta, in tre categorie ben definite seguendo

il principio classificatore della tematica affrontata. Abbiamo di conseguenza

8 Angel Sánchez-Gijon, Le riviste letterarie nella guerra civile spagnola: Hora de España, apud http://circe.lett.unitn.it/le_riviste/riviste/bibliografia_spe/biblio/hora_de_espa%F1a.pdf, ultima consultazione 05/07/2017.

9 Per una dettagliata riflessione sulle differenze esistenti tra romanzo e racconto si rimanda a

Baquero Goyanes, Qué es el cuento, qué es la novela, Murcia, Universidad de Murcia, 1993.

(24)

24

relatos de la guerra civil, relatos de los campos de concentracíon, relatos del

exilio

11

. Ricordiamo che si tratta di una classificazione arbitraria, il cui unico

scopo è quello raggruppare i testi per organizzarli secondo l’argomento e per

facilitarne la fruizione. Partendo da questa utile ripartizione, andiamo ora ad

analizzare le diverse sezioni; mettendo da parte per un momento il criterio

cronologico, iniziamo con l’analisi sommaria delle narrazioni sulla guerra civile e

di quelle sull’esilio per poi soffermarci in maniera approfondita sui testi dei campi

di concentramento, principale obiettivo di questo lavoro.

2.3.1 I racconti sulla guerra civile

Nove testi compongono questo primo gruppo di racconti. La guerra, con la sua

alterazione dello stato naturale delle cose, si riflette in questi scritti in tutta la sua

complessità. L’avvento del conflitto ebbe le sue naturali ripercussioni in ambito

letterario: gli scritti prodotti in quel periodo ebbero la duplice funzione di

sostenere una delle due fazioni in campo e di dare la propria interpretazione

dell’esperienza bellica. Difatti, oltre al dover vivere l’esperienza caotica e

distruttrice della guerra, ciascuno scrittore e, più in generale, ciascun artista, si

ritrovò a creare un’arte dal carattere urgente, ricca di riferimenti, più o meno

espliciti, agli avvenimenti del momento. Consapevoli del loro ruolo, molti autori

fecero della scrittura uno strumento per condividere i propri pensieri e le proprie

posizioni in merito al conflitto: la letteratura divenne un’arma per accendere gli

animi, per incoraggiare all’arruolamento volontario, per spiegare le cause della

lotta e per screditare la posizione del nemico. Tra i repubblicani era frequente

diffondere un’immagine del nemico come invasore, negandogli dunque l’identità

nazionale; in questo modo la lotta repubblicana assumeva, negli scritti che

esortavano a resistere, il carattere di guerra di liberazione

12

. Alcuni scrittori si

ritrovarono a combattere al fronte, altri, pur non arrivando ad impugnare le armi,

svolsero un intenso lavoro di propaganda. Tra questi ultimi annoveriamo lo stesso

11 Quiñones, “Prólogo” in Max Aub, Enero sin nombre, cit., pp. 19-37.

12 Javier Sánchez Zapatero,“El cojo” de Max Aub, y la Guerra Civil española: escritura para el

combate, lectura para la memoria, Pamplona, Servicio de Publicaciones de la Universidad de Navarra, 2012, pp. 1-2.

(25)

25

Aub che, nel periodo tra il 1936 e il 1939, ricoprì diverse cariche al servizio del

governo repubblicano, fra l’altro partecipando, durante l’incarico di addetto

culturale presso l’ambasciata spagnola di Parigi, alle azioni di accoglienza degli

intellettuali spagnoli rifugiatisi in Francia. Le preoccupazioni più urgenti negli

scritti propagandistici erano principalmente quelle di incitare la popolazione ad

abbracciare la causa repubblicana e, non meno importante, invitare a superare le

fratture interne alla suddetta fazione: l’eterogeneità delle ideologie che

ingrossavano il Frente Popular fu infatti tra le principali cause della sconfitta della

Repubblica. Il testo poetico aubiano A un fascista, pervaso da un profondo

sentimento antifascista, è un esempio dell’attitudine di molti autori durante il

conflitto. Se ne leggano alcuni versi:

Maltrecho por tu invidia carcomida

lo que en escombros tu furor entierra

vivo renace dándote otra guerra,

los surcos vueltos nube ayer dormida

13

.

Se i testi aubiani di questo periodo presentano il carattere urgente dettato dalla

voglia di intervenire e possono essere classificati come «literatura de combate

14

»,

i racconti che si occupano della guerra civile sono invece frutto di una maggiore

riflessione sugli eventi e di uno sguardo più lucido e distante. Si tratta di testi

diversi tra loro, che si focalizzano su aspetti differenti del conflitto: ora la fuga

concitata, ora lo scontro diretto, ora l’attesa estenuante del nemico. Aleggia in

molte di queste narrazioni la speranza nei personaggi, o se vogliamo l’illusione, di

un aiuto dall’esterno, di un sostegno più volte promesso dagli altri Paesi e mai

concretizzatosi

15

.

13 Apud http://www.jesusfelipe.es/maxaub.htm#A UN FASCISTA, ultima consultazione

26/07/2017.

14 J. Sánchez Zapatero,“El cojo” de Max Aub, cit., p. 7.

15 La delusione di Aub in merito alla condotta degli altri Paesi, primo tra tutti la Francia, è evidente

(26)

26

È emblematico il fatto che, nonostante la natura della tematica comune, siano

poche le narrazioni che mettono esplicitamente in scena azioni belliche. Si tratta

di un elemento interessante perché in questo modo Aub riesce a descrivere,

attraverso una vasta gamma di situazioni, le molteplici difficoltà che la guerra

comportò, pericoli che, prima ancora che sul campo di battaglia, piombarono nella

vita di tutti i giorni, stravolgendone la quotidianità. Accenniamo solo ad alcuni di

questi testi per dare un’idea di quanto detto. Generalmente in questi racconti si ha

l’impressione di una sospensione del tempo, con l’abbandono dei personaggi alla

loro sorte, al corso immutabile degli eventi. È questa la sensazione che il lettore

ha leggendo un testo come Una canción (1955), in cui viene descritto un

momento di riposo tra un attacco e un altro. Il narratore è un soldato che, sdraiato

a terra, si sofferma a riflettere con attenzione su cose apparentemente

insignificanti e che acquisiscono importanza grazie all’insolita prospettiva

adottata. E mentre le mosche si ammassano sulla ferita di un soldato caduto per

succhiarne avidamente il sangue, una vecchia canzone risuona – realmente o puro

frutto dell’immaginazione? – accompagnando i pensieri della voce narrante in

attimi che sembrano eterni.

Il racconto Cota, pubblicato per la prima volta all’interno della raccolta No son

cuentos (1944), è l’unica narrazione in cui assistiamo allo scontro vero e proprio e

in cui, di conseguenza, leggiamo dell’angoscia precedente all’assalto. La serietà

del comandante Guillén, personaggio che si ritrova anche nel romanzo Campo de

sangre

16

, contrasta con gli atteggiamenti scherzosi e nervosi dei soldati, gli

improvvisati soldati dell’esercito repubblicano, con i volti martoriati dal sole, dal

vento, dalla fame, portano avanti a stento la resistenza, combattendo con l’amara

consapevolezza della superiorità militare dell’avversario e dell’inefficacia dei

propri mezzi.

Altre volte la guerra resta sullo sfondo e ne leggiamo soltanto gli effetti: è questo

il caso de El cojo, scritto a Barcellona poco tempo dopo l’evacuazione

dell’esercito repubblicano e della fuga dei civili tra Malaga e Almeria. Aub si

rifece a questo episodio reale per delineare lo straordinario personaggio del Cojo

(27)

27

de Vera. Contadino taciturno e solitario, il protagonista di questo racconto decide

di combattere al fianco dei repubblicani per difendere l’unica cosa a cui tiene

realmente: non un ideale o un progetto politico, ma la sua terra, quella che ha

lavorato nel corso di un’intera vita e che ora vede minacciata dalle bombe.

Assistiamo al cambiamento di questo personaggio, che si ritrova,

inaspettatamente, ad assumere un’attitudine eroica: mentre tutti gli altri fuggono

terrorizzati davanti all’avanzamento delle truppe nemiche, egli decide di non

muoversi, di resistere e proteggere fino all’ultimo la sua terra:

El cojo buscaba una palabra y no daba con ella; defendía lo suyo, su sudor,

los sarmientos que había plantado, y lo defendía directamente como un

hombre. Esa palabra, el Cojo no la sabía, no la había sabido nunca, ni

creído jamás que se pudiera emplear como posesivo. Era feliz

17

.

Un profondo senso di disillusione ed amarezza pervade il testo, ritenuto da

Eugenio García de Nora “la mejor novela corta de nuentra guerra”

18

. Questa

narrazione spicca sicuramente tra tutte le altre che si occupano del conflitto: se

infatti gli altri racconti hanno come obiettivo la riflessione e la lotta contro l’oblio

e alla deformazione storica franchista, El Cojo, unico testo narrativo che Aub

compose durante la guerra civile, nasce dal desiderio di intervenire sulla condotta

della popolazione denunciando le violenze e i soprusi del nemico. La speranza che

si intravede nell’epilogo del testo con la figlia del Cojo che in punto di morte dà

alla luce una bambina, è un riflesso di quella speranza che i repubblicani

nutrivano ancora nel 1938 sulle sorti del conflitto.

La guerra non è soltanto voglia di combattere per i propri ideali, né si è sempre

disposti ad offrire la propria vita per questi. Ne dà prova Aub nel racconto La ley

(1955) dove due disertori dell’esercito repubblicano, colti in flagrante durante il

tentativo di fuga, devono essere giustiziati. La loro difesa viene assegnata ad un

17 M. Aub, Enero sin nombre, cit, p.63. 18 Ibid. p.22.

(28)

28

semplice ufficiale che poco conosce della legge, ma che prende a cuore il suo

ruolo e la sorte dei due condannati. Scoprendo a poco a poco i due personaggi, il

lettore può comprendere come per molti la causa repubblicana non fu altro che un

orribile compito imposto dall’alto; a questo punto, il lettore non può fare a meno

di provare pietà per i due traditori, sebbene uno dei due rappresenti il cittadino

senza ideali politici né scrupoli, preoccupato solo per i propri interessi economici:

un profilo contro cui gli autori spesso e volentieri si scagliarono durante quegli

anni di concitata azione politica e richiamo al senso del dovere.

Altro racconto in cui un personaggio rimanda esplicitamente ad un romanzo del

ciclo del Labirinto è La espera (1955): il protagonista senza nome rimanda,

difatti, al Fajardo di Campo de sangre. Le descrizioni dettagliate e minuziose

dell’ambiente e del contesto in cui il protagonista attende un aereo militare, rende

particolarmente bene l’idea del tedio che fa da padrone durante le ore di attesa.

Il panorama e le vicende da cui Aub prese spunto per la stesura di questi racconti

è dunque molto variegato. Nel loro insieme questi testi offrono una visione

eterogenea del conflitto, riflettendone la complessità e la molteplicità delle

esperienze che visse chi vi prese parte.

2.3.2 I racconti sull’esilio

Come detto in precedenza, tralasciamo per il momento i racconti dei campi di

internamento che occuperanno in maniera più specifica la sezione successiva di

questo lavoro e diamo uno sguardo a quei di racconti accomunati dal tema

dell’esilio. A partire dal 1944 circa, Aub iniziò a comporre testi in cui si

riflettevano la realtà dell’esilio repubblicano insieme alle condizioni e alle

preoccupazioni degli esiliati. Composto da diciassette testi, questo è il più

cospicuo gruppo di racconti; la ragione può risiedere, con ogni probabilità, nella

maggiore tranquillità in cui l’autore si ritrovò a scrivere queste narrazioni, una

situazione decisamente più stabile se paragonata alle precarie condizioni

antecedenti, come quelle della prigionia e dei continui spostamenti. Ancora una

volta Aub mette in scena situazioni e personaggi differenti per dare al lettore una

(29)

29

visione quanto più eterogenea della dolorosa esperienza dell’esilio repubblicano.

Tra le mille sfaccettature, emergono da questi racconti le attitudini degli spagnoli

esiliati e le loro storie si ergono a paradigma di un’intera generazione che si

ritrovò a vivere lontano dalla propria nazione.

Nel quadro generale dell’esilio repubblicano sarebbe sbagliato analizzare tale

fenomeno come un’esperienza comune, dai confini ben definiti: l’eterogeneità che

contraddistinse lo schieramento repubblicano durante la guerra civile – contro cui

si stagliava l’uniformità della fazione fascista – non venne meno durante

l’esperienza dell’esilio e tra comunisti, socialisti, anarchici, democratici – solo

alcuni dei gruppi che costituivano questa compagine – rifugiatisi in ogni parte del

mondo è opportuno tenere a mente quelle fratture che gli spagnoli portarono con

sé anche durante l’esilio. Se infatti il punto di partenza fu per tutti l’opposizione al

franchismo, i contrasti tra le diverse ideologie che animavano gli oppositori di

Franco continuarono a sussistere e ad essere motivo di discordia anche al di fuori

della Spagna

19

. Insomma, non è un fronte compatto neppure quello degli esiliati.

Interessante, a tal proposito, è la distinzione che Piras (2014) propone tra i

concetti di exilio, inteso come fuga dal proprio Paese, destierro, termine che

aggiunge una sfumatura di sradicamento, di legame infranto con la propria terra, e

transtierro, un neologismo introdotto da José Gaos per descrivere l’esperienza di

tutti quegli esiliati repubblicani che emigrarono nell’America di lingua spagnola

20

.

Nella realtà ciascun esiliato visse un’esperienza differente, perché differente, del

resto, è ogni esilio. E non poteva essere altrimenti vista la portata del fenomeno:

più di 400.000 spagnoli lasciarono il Paese durante i tre anni degli scontri e

all’indomani della vittoria del caudillo

21

.

Tra questi Max Aub, che dopo gli anni

di prigionia nei campi, salpò da Casablanca a bordo del Serpa Pinto

22

per

approdare finalmente in Messico, dove si ricongiunse con moglie e figlie dando

inizio alla sua nuova vita e dove rimase, salvo brevi spostamenti, fino all’anno

della sua morte.

19Alessio Piras, Dentro e fuori il labirinto: la guerra civile spagnola in Max Aub, Ernest

Hemingway, André Malraux, tesi dottorale diretta da Giulia Poggi, Università di Pisa, Pisa, 2014

20 Ibid, p. 52.

21 Isabel Olmos Sánchez, América y el exilio español republicano, “Anales de Historia

Contemporánea”, 8 (1990-1991), p. 1.

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