Scuola di Medicina
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale
Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area Critica Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia
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CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN
MEDICINA E CHIRURGIA
“L’elettroencefalogramma quantitativo (EEGQ) per la
valutazione delle caratteristiche neurofisiologiche più
idonee ad un trattamento con tecniche di neurofeedback”
RELATORE
Chiar.mo Prof. Ferdinando Sartucci
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CANDIDATO
Sig. Matteo Alinghieri
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Con gioia e gratitudine
dedico la conclusione di questo percorso di studi a tutta la mia famiglia che con fiducia e amore mi ha sostenuto e incoraggiato in tutti questi anni, a mia moglie Sundari Radha per aver creduto in me e avermi aiutato a rafforzare la mia determinazione, al mio maestro Marco Ferrini per aver ispirato la mia vita
Indice
1. RIASSUNTO pag. 1
2. INTRODUZIONE
2.1. La diagnosi in Psichiatria pag. 5
2.2. L’elettroencefalografia pag. 12
2.3. L’elettroencefalografia quantitativa (EEGQ) pag. 15
2.4. Il neurofeedback pag. 18
2.5. Caratteristiche neurofisiologiche pag. 21
3. DESCRIZIONE DELLO STUDIO
3.1. Obiettivi pag. 25
3.2. Materiali e metodi
3.2.1. Il campione pag. 25
3.2.2. Metodi pag. 26
3.3. Analisi statistiche pag. 31
4. RISULTATI
4.1 Caratteristiche cliniche del campione totale pag. 32
4.2 Caratteristiche EEGQ del campione totale pag. 34
5. DISCUSSIONE pag. 39
6. CONCLUSIONI pag. 41
7. APPENDICE pag. 42
8. RINGRAZIAMENTI pag. 44
Riassunto
Il “neurofeedback” è una tecnica di biofeedback, basata sul segnale EEG, che viene utilizzata in diversi campi: medicina, psicologia, riabilitazione, preparazione atletica e potenziamento del proprio benessere psico – fisico. Rappresenta un’applicazione terapeutica non farmacologica di notevole interesse considerando la poca invasività e la sua versatilità. La Association for Applied Psychophysiology and Biofeedback (AAPB) e l’International Society for Neurofeedback & Research (ISNR) sono due tra le associazioni più importanti a livello mondiale impegnate nella ricerca, la divulgazione e il riconoscimento dei lavori e dei professionisti attivi in questo campo. Entrambe riconoscono l’elettroencefalogramma quantitativo (EEGQ) come strumento per monitorare efficacemente un intervento terapeutico basato su tecniche di “neurofeedback”. Ad oggi in Italia questa tecnica non è stata ancora ufficialmente regolarizzata, per cui si trovano ad operare nel settore diversi tipi di professionisti, medici e non, spesso non adeguatamente formati dal punto di vista delle conoscenze neurofisiologiche e pratiche di EEGQ, con il risultato di effettuare trattamenti basandosi solo sul colloquio clinico, senza una valutazione oggettiva iniziale e attingendo unicamente dalle informazioni del paziente, ricavate nel colloquio clinico, per valutarne la pertinenza dei protocolli impiegati e l’efficacia. Allo stesso modo nel corso degli anni si sono sviluppati software e applicazioni user – friendly che erroneamente fanno credere agli utenti di poter svolgere un lavoro terapeutico su sé stessi senza l’aiuto dei professionisti specialisti.
L’obbiettivo di questo lavoro, svolto presso lo studio privato di un medico psichiatra certificato in neurofisiologia clinica, è stato quello di utilizzare il software di analisi quantitativa “TQ7 Trainer’s Q” elaborato da Peter Van Deusen, in un gruppo di soggetti
per individuare profili EEG utili a indirizzare i pazienti a trattamenti di neurofeedback specifici.
Il campione è costituito da 75 soggetti, di cui 44 uomini (59%) e 31 donne (41%), che per loro necessità avevano richiesto una valutazione psichiatrica supportata dall’analisi EEGQ. Il campione è stato poi suddiviso in gruppi a seconda dei profili EEGQ emersi per individuare i possibili trattamenti più idonei con tecniche di neurofeedback.
Le variabili neurofisiologiche analizzate sono state il pattern di frequenza dominante, la
frequenza di picco Beta alto, picco di frequenze su T3 T4 “hot temporals”, rapporto Theta/Beta, il ritmo sensori – motorio (SMR), la scarsa reattività Alpha.
Dalla storia clinica e la compilazione del questionario auto – valutativo emerge che 15 pazienti su 75 (20%) presentavano anamnesi positiva per sintomi cognitivi, difficoltà di attenzione; in 16 pazienti su 75 (21%) si sono riscontrati disturbi psicosomatici; infine 44 su 75 soggetti (58,6%) presentavano anamnesi positiva per sintomatologia ansioso depressiva di cui: 29 con sintomatologia mista (13 uomini e 16 donne, 65,9%); 10 con solo sintomatologia di tipo ansioso (7 uomini e 3 donne, 22,7%); 5 con solo sintomatologia di tipo depressivo (1 uomo e 4 donne, 11,4%). L’analisi EEGQ, eseguita attraverso il software TQ7, ci ha permesso di ottenere i seguenti risultati: 42 pazienti su 75 non hanno esibito un pattern di frequenza dominante specifico (28 uomini e 14 donne); è stato rilevato un pattern caratterizzato da onde lente in 29 pazienti su 75 (13 uomini e 16 donne); in 2 soggetti è stato rilevato un pattern di frequenza dominante ad onde medie (2 uomini) e in altri 2 un pattern ad onde rapide (1 uomo e 1 donna). È stato indentificato un rapporto Theta/Beta alto nella maggioranza o tutti i siti di registrazione in 31 pazienti su 75 (16 uomini e 15 donne);
soggetti (14 uomini e 11 donne) hanno mostrato un rapporto misto, alto in alcune derivazioni e basso in altre ripartite equamente. L’analisi del picco di frequenza ha permesso di individuare 59 persone su 75 (36 uomini e 23 donne) con un picco di frequenza beta elevato; la valutazione del ritmo sensori – motorio (SMR) è risultata al di sotto dei limiti in 45 pazienti su 75 (23 uomini e 22 donne). L’analisi delle frequenze più rapide, Beta, a livello dei lobi temporali, è risultata al di sopra dei limiti in 48 pazienti (30 uomini e 18 donne); infine in 30 pazienti su 75 (22 uomini e 8
donne) è stata rilevata una scarsa reattività Alpha.
La valutazione complessiva derivata dal confronto – sintesi degli elementi clinici, psicodiagnostici e delle variabili neurofisiologiche analizzate con l’EEGQ ci ha permesso di suddividere il campione in quattro gruppi, a ciascuno dei quali è stato applicato un protocollo di neurofeedback specifico. In un primo gruppo abbiamo messo i soggetti con dominanza di onde lente e con risposta positiva ad item sul deficit di attenzione, 15 pazienti su 75. Questi pazienti sono stati indirizzati al trattamento con tecniche di “neurofeedback theta/beta down”; nel secondo gruppo sono stati inseriti soggetti con SMR basso e risposta positiva ad item di sintomi psicosomatici, 15 pazienti su 75. Per questi è stato individuato il trattamento di “neurofeedback SMR up”; nel terzo gruppo abbiamo inserito soggetti con beta 2 e 3 elevate sui temporali con risposte positive ad item sull’ansia, 16 pazienti su 75. Per questi è stato individuato il trattamento di “neurofeedback beta squish”; nel quarto gruppo abbiamo inserito i soggetti con quadrante anteriore sinistro 3° o 4° in velocità con risposte positive ad item sulla depressione, 13 pazienti su 75. Questi sono stati indirizzati verso il protocollo “neurofeedback F3 – P4”.
I soggetti sono stati trattati per almeno 10 sedute di neurofeedback; sul piano soggettivo abbiamo avuto risposte positive circa miglioramento comportamentale e dei
sintomi nel 66% del primo gruppo, nel 46% del secondo gruppo, nel 80% del terzo gruppo, nel 30% del quarto gruppo, valutato dai singoli soggetti a cui è stato chiesto: peggioramento, stazionario, miglioramento, miglioramento significativo.
I risultati sono ancora in fase di validazione; al momento stiamo ancora eseguendo le registrazioni EEGQ post trattamento, ma seppur preliminari i risultati sono incoraggianti.
I disturbi psichiatrici rappresentano una sfida profonda per la popolazione generale, ed è imperativo convalidare pratiche cliniche e tecnologie per migliorare l'accuratezza della diagnosi e delle prescrizioni terapeutiche, farmacologiche e non. Le procedure diagnostiche e i futuri sistemi di classificazione dei disturbi mentali dovrebbero tentare di combinare approcci descrittivi, categoriali e dimensionali. L’EEGQ, con i suoi travolgenti sviluppi tecnologici attuali, rappresenta un interessante presidio atto a dare supporto a diagnosi dimensionali validate oggettivamente, oltre a indirizzare verso protocolli specifici di neuroterapia non invasiva e non farmacologica, di cui oggi sempre più pazienti e familiari vanno in cerca.
Introduzione
La diagnosi in Psichiatria
La psichiatria è tra le discipline mediche quella che più basa la diagnosi sull’anamnesi, sull’interpretazione soggettiva dei sintomi riferiti dal paziente al colloquio clinico ed eventuali test psicodiagnostici.
La psicopatologia rimane ad oggi la base che impronta l’agire dello specialista, che attinge le proprie informazioni secondo tre livelli: 1) osservazione diretta del comportamento del paziente; 2) partecipazione empatica ai vissuti del paziente, siano
o meno comunicati sul piano verbale; 3) introspezione dei propri vissuti1.
Il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM), pubblicato a partire dal
19522 dalla American Psychiatric Association (APA), nasce come manuale nosografico in
cui i disturbi mentali vengono descritti attraverso quadri sintomatologici raggruppati su base statistica. Nel corso degli anni il DSM si è imposto come strumento diagnostico clinico3 ed è arrivato oggi alla quinta edizione4; ha accumulato diverse
critiche soprattutto per la tendenza alla “medicalizzazione”, a etichettare cioè come
malattie anche condizioni che fanno parte delle normali esperienze psichiche5
causando sovra – diagnosi e over treatment. Thomas Insel, direttore del National
Institute of Mental Health (NIMH) statunitense ha dichiarato che “le diagnosi del DSM
sono basate sul consenso riguardo a gruppi di sintomi clinici, senza alcuna misura
obiettiva di laboratorio: i pazienti con malattie mentali meritano di meglio”6. Uno dei
dibattiti in psicopatologia, la branca della psichiatria che si occupa dei criteri diagnostici e classificativi, riguarda la natura dei costrutti psicopatologici e se questi debbano essere descritti secondo una prospettiva categoriale o dimensionale. L’approccio nosologico categoriale descrive le sindromi psichiatriche come entità statiche e deriva
dal modello medico, per cui ciascuna malattia viene descritta con un proprio corredo sintomatologico, una determinata eziologia, una terapia specifica e un proprio decorso. Il modello categoriale suddivide le malattie mentali in categorie diagnostiche (ansia, depressione, disturbo bipolare, etc.). L’approccio dimensionale cerca di scomporre gli stati psicopatologici in singole funzioni che possono manifestarsi in gradienti di intensità diversa, dalla normalità alla patologia. Le malattie sono cosi distribuite secondo variazioni quantitative relative alla gravità del disturbo, alla personalità, alla percezione, alla tonalità dell’umore fino alla normalità7. Le varie
edizioni del DSM si sono strutturate sull’ordinamento categoriale e la classificazione è diventata una lista di entità diagnostiche in cui ogni disturbo è nettamente separato l’uno dall’altro.
In pratica assistiamo in psicopatologia alla dialettica tra due posizioni:
1. Orientamenti volti a separare, a cogliere discontinuità nella fenomenica psicopatologica (Kraepelin: malattie mentali come entità reali; DSM: malattie mentali come convenzionali).
2. Orientamenti volti a cogliere continuità tra normale e patologico (Ciompi: continuum, come espressione di interazione tra vulnerabilità e influenze
psicosociali8; Akiskal: espressione subclinica di patologia specifica. Markers; Van
Praag: dimensioni psicopatologiche da alterazioni fisiopatologiche elementari).
Sulla posizione di Van Praag si ritiene importante un approfondimento, in quanto questo approccio appare innovativo e in linea con quanto avviene in altre branche
- l’utilizzo di sistemi nosologici rigidi e non flessibili (confezioni delimitate); - l’alimentata creazione di nuove categorie non validate, da accettare con
cautela;
- l’amplificazione dei problemi della comorbilità: più diagnosi sono disponibili, molto maggiore sarà il numero di diagnosi per paziente.
Questo autore propugna invece il modello “reaction form”, ritenuto più pertinente, con l'abbandono della nosologia. In questo modello gli stimoli nocivi vanno ad incidere sulla vulnerabilità della struttura, producendo una quantità di segni e sintomi, di volta in volta diversi, dovuti alla plasticità del sistema nervoso e alla struttura della personalità. Il tutto meglio descrivibile, non con una diagnosi categoriale, ma con una descrizione delle varie alterazioni presenti nel singolo caso nelle singole dimensioni (ad es. pensiero, movimento, affettività, etc.). A livello clinico capita spesso di trovarsi di fronte a disturbi con caratteristiche sintomatologiche variegate e complesse difficilmente inquadrabili in uno schema predefinito e che portano di fatto il medico a porre diagnosi multiple (disturbi in comorbilità) con sovrapposizioni diagnostiche. Sulla comorbilità in psichiatria (e nelle sindromi affettive in particolare) è opportuno esprimere alcune riserve. Il termine non è applicabile come in medicina internistica. Ha più a che vedere con complessi sintomatici e sindromi (co – sindromicità). Le linee guida diagnostiche e terapeutiche ufficiali dei disturbi psichiatrici non forniscono ancora a clinici e ricercatori alcuna indicazione specifica per il trattamento di quei casi che presentano comorbilità psichiatrica. I medici che cercano i criteri diagnostici per un disturbo specifico, con rigida aderenza ai criteri diagnostici e alle categorie del DSM, probabilmente perdono una prospettiva più globale dell'intera patologia. Le procedure diagnostiche e i futuri sistemi di classificazione dei disturbi mentali
dovrebbero tentare di combinare approcci descrittivi, categoriali e dimensionali10.
Questi ed altri aspetti hanno portato di recente alla diffusione e alla valorizzazione della descrizione psicopatologica secondo il modello dimensionale, e di conseguenza anche la ricerca in campo psicobiologico e psicofarmacologico hanno dovuto adattarsi a questi fenomeni. Per anni specifiche classi di farmaci sono state utilizzate su specifiche categorie, ma gli studi più recenti hanno dimostrato come doversi parametri neuro – chimici, neuro – fisiologici e neuro – morfologici, possono essere comunemente sovrapposti in disturbi mentali diversamente classificati. Le dimensioni psicopatologiche possono essere individuate attraverso il colloquio clinico e
confermate successivamente attraverso metodi statistici11, attraverso l’utilizzo di scale
di valutazione volte a misurare la sintomatologia legata a quel particolare disturbo. Il sintomo, e soprattutto l’intensità del sintomo, permettono di definire i confini tra normalità e malattia. Tuttavia ad oggi non è stato ancora possibile proporre un sistema dimensionale scientificamente validato e idoneo alle esigenze della pratica
clinica12. Su questo fronte è sicuramente rivoluzionario il progetto internazionale “The
Spectrum Collaborative Project” (Cassano G.B., Dell’Osso L., Mauri M., et al.) che ha coinvolto medici e ricercatori dall'Italia e dagli Stati Uniti con l’obiettivo di proporre un nuovo "modello di spettro"13 per migliorare la valutazione clinica e aiutare i medici
nelle scelte di trattamento, con una valutazione sistematica di subcliniche e caratteristiche atipiche delle categorie diagnostiche, la cui importanza è spesso
sottovalutata14. Quello che ad oggi ancora manca alla psichiatria è l’utilizzo di
validatori esterni15 in grado di fornire al clinico e al paziente dei dati oggettivi dello
stato di salute e malattia, che invece troviamo in altre discipline della medicina che utilizzano indagini di laboratorio e di “imaging” per la diagnosi e il follow up. Gli
per il disturbo bipolare e monitorato con la litiemia, il suo dosaggio nel sangue, salvo poi aver scoperto la sua efficacia anche in altri disturbi psichici e non, profilassi di
seconda linea per la cefalea a grappolo16, e indicato nel trattamento delle leucopenie
iatrogene in ambito ospedaliero. Allo stesso modo gli antidepressivi, in particolare gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) hanno ormai indicazioni trasversali in diverse categorie diagnostiche. Le ricerche sull’individuazione di marker biologici proseguono ma ancora non si sono ottenuti dati che ne incoraggino l’impiego per le valutazioni cliniche. Per quanto riguarda invece l’utilizzo di tecniche di
indagine attraverso strumentazioni tecnologiche possiamo dire che
l’elettroencefalografia (EEG) è stato il primo mezzo di analisi oggettiva utilizzato in psichiatria, al fine di dare una spiegazione e rilevare una causa biologica ai diversi
disordini mentali17. Nel corso degli anni sono stati individuati diversi profili EEG in
grado di fornire informazioni utili in casi di demenza, schizofrenia, disturbo ossessivo
– compulsivo, depressione, ansia, disturbi dell’umore, dislessia, etc.18-20, e per questo si
ritiene che una valutazione EEG possa essere utile per chiarire e confermare l’impressione diagnostica formulata, e valutare possibili pattern suggestivi di un
cambiamento biologico21. Probabilmente a causa delle limitazioni dovute alla bassa
risoluzione spaziale, l'uso di tecniche psicofisiologiche in psichiatria non è stato costante nel secolo scorso22; tuttavia grazie all’innovazione tecnologica e soprattutto
alla possibilità di effettuare analisi quantitative dell’EEG si sono aperti nuovi orizzonti, sia in termini di diagnosi che di trattamento; basti pensare al caso dell’
American Academy of Pediatrics che nel 2012 ha riconosciuto il biofeedback come
trattamento di livello 1 per il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) e
alla FDA, che nel 2013 ha riconosciuto l’EEGQ come strumento diagnostico23 per
neuro comportamentali più diffusi dell’infanzia e con forti ripercussioni sulla salute mentale e fisica dell’adulto, ed è senza ombra di dubbio il disordine neuropsichiatrico più studiato con l’EEGQ. I criteri diagnostici basati sul DSM sono cambiati nel corso delle diverse edizioni, portando in questi ultimi anni ad una aumento di incidenza e
prevalenza25 molto discutibile e con molte ripercussioni sociali (la diagnosi di ADHD
coinvolge l’ambito familiare, scolastico, sociale, lavorativo). La diffusione del’EEGQ e dei protocolli terapeutici non farmacologici, basati su tecniche di neurofeedback, sta portando una grande svolta in questo campo.
Cercando di riassumere i punti principali dello stato attuale, possiamo dire che:
1. La ricerca sui neuro trasmettitori, recettori, neuromodulatori e psicofarmaci, è
il settore che maggiormente ha rivoluzionato la psichiatria, sia sul piano teorico
ed eziopatogenetico (modelli recettoriali dei disturbi mentali,
neurotrasmettitori) che sul piano clinico (uso degli psicofarmaci). Al di là del piano strettamente terapeutico, gli psicofarmaci costituiscono, per il modello biologico, le principali variabili di riferimento nella ricerca. Ad esempio la diversa risposta ai farmaci è attualmente uno dei principali criteri di validazione delle categorie diagnostiche.
2. I markers biologici sono variabili correlati a situazioni cliniche; si distinguono
markers di tratto o di stato, a seconda che siano presenti o meno anche fuori dell'episodio clinico. Grazie a questi sarebbe possibile una prima validazione di sindromi cliniche finora definite solo sintomatologicamente.
3. I metodi di indagine strutturale e funzionale, quali TC, RM, RM funzionale,
SPECT, PET, consentono l’osservazione in vivo e quindi, con una più immediata correlazione anatomo – clinica, la definiione di criteri diagnostici standardizzati, e anche la possibilità di valutazioni funzionali. Tra questi recentemente ha preso consistenza la tecnica EEGQ, oggetto di questa tesi.
L’elettroencefalografia
L’elettroencefalogramma (EEG) è un’indagine neurofisiologica funzionale e dinamica che consente l’esplorazione dell’attività cerebrale e che consiste nella rappresentazione grafica della attività cerebrale sotto forma di onde (Brainwaves), registrata grazie all’utilizzo di elettrodi disposti sullo scalpo e collegati ad un amplificatore del segnale. Il termine fu coniato da Hans Berger (1873 – 1941), medico neuro – psichiatra tedesco
che nel 1929 pubblicò i primi studi sull’elettroencefalogramma umano26. Il suo lavoro
fu ispirato e reso possibile grazie agli studi di Richard Canton (1842 – 1926) alla Royal Infirmary School of Medicine di Liverpool, e ancor prima grazie alle scoperte e all’acceso dibattito sull’elettricità biologica a cura di Luigi Galvani (1737 – 1798), dell’Università di Bologna, e di Alessandro Volta (1755 – 1832), dell’Università di Pavia.
In verità i lavori di Berger non furono riconosciuti fino al 1934, quando Edgar Douglas
Adrian e Bryan H.C. Matthews del laboratorio di fisiologia di Cambridge confermarono
le ricerche di Berger pubblicando i loro risultati su “Brain”27.
Il segnale l’EEG registrato è principalmente il riflesso della somma delle correnti ioniche extracellulari associate agli eventi post – sinaptici, eccitatori ed inibitori, che si realizzano nei neuroni piramidali della corteccia cerebrale. I neuroni piramidali sono cellule eccitatorie in stretto contatto con i pacemaker talamici, la formazione reticolare del tronco e i sistemi a proiezione diffusa. La periodicità delle onde rappresentate ha permesso di definire dei ritmi approssimativamente costanti, caratterizzati da diverse frequenze misurate in Hz (c/sec) e ampiezze, misurate in µV, fra loro inversamente proporzionali (Ritmo Delta [1 – 3 Hz], Theta [4 – 7 Hz], Alpha [8 – 13 Hz], Beta [14 – 30
Figura 1 – Tipologia delle onde cerebrali e loro frequenze nel soggetto normale adulto.
Le onde lente sono generate da strutture profonde, sottocorticali, mentre quelle rapide sono di derivazione corticale.
L’attività elettrica è registrata con l’ausilio di elettrodi posizionati sulla testa e tenuti in sede grazie ad una cuffia. La cute viene prima ripulita attraverso pasta abrasiva, dopodiché fra la cute e l’elettrodo viene posto un gel elettro – conduttore per assicurare un buon contatto e ridurre le impedenze. L’ampiezza dell’attività bioelettrica cerebrale è di alcune decine di microvolt ed è possibile rilevarla attraverso l’utilizzo di sistemi di amplificazione del segnale e la selezione delle frequenze, mediante filtri e costanti di tempo. Gli elettrodi inviano il segnale all’amplificatore connesso all’elettroencefalografo, che attraverso un sistema scrivente riporta le
oscillazioni dei potenziali elettrici su carta (EEG analogico) oppure è connesso tramite usb a un personal computer (EEG digitale), che attraverso specifici software ne riprodurranno la rappresentazione sul monitor. Gli elettrodi sono posizionati secondo
il sistema di riferimento internazionale Jasper 10/2028, in modo da avere tracciati di
almeno quattro regioni simmetriche di ciascun emisfero (frontale, parietale, temporale, occipitale).
La scoperta dell’elettroencefalografia è stata una pietra miliare per lo sviluppo delle neuroscienze e ancora oggi, oltre alla sua applicazione clinica, diagnostica e valutativa in vari ambiti, dall’epilessia ai disturbi del sonno e alle alterazioni di coscienza, rimane una procedura fondamentale per la ricerca e lo studio delle funzioni cerebrali grazie anche al fatto di essere uno strumento poco invasivo e relativamente a basso costo.
L’elettroencefalografia quantitativa
L’ elettroencefalogramma quantitativo (EEGQ) è l’analisi quantitativa delle onde cerebrali grazie alla digitalizzazione del segnale EEG e ad algoritmi di analisi
matematica quali la trasformata di Fourier o più recentemente l’analisi Wavelet29.
Per ognuna delle principali bande di frequenza i risultati ottenuti includono la potenza
assoluta (microV2 totale), la potenza relativa (la percentuale della potenza totale per
ciascun banda), la coerenza (la sincronizzazione tra le bande) e la simmetria tra le bande; inoltre comunemente i valori ricavati vengono rappresentati in mappe cerebrali colorate (Brainmaps) utili per la visualizzazione grafica di specifici profili rilevati (Fig. 2).
Figura 2 – Rappresentazione mappale (Brainmapping) dell’attività EEG registrata sullo scalpo. La potenza relativa delle differenti bande di frequenza viene indicata da colori diversi, la cui scala è riportata a lato della mappa.
La rilevanza del EEGQ come metodo di diagnosi e prognosi delle funzioni cerebrali deriva dalla possibilità di ottenere una valutazione affidabile e oggettiva della attività elettrica cerebrale e di comparare le variabili rilevate nel singolo paziente a quelle di database normativi, ricavati da registrazioni effettuate su campioni omogenei di
numerosi individui30. La letteratura scientifica conferma come l’EEGQ sia uno
strumento affidabile e riproducibile, e ad oggi è utilizzato in diversi ambiti clinici e di ricerca. Il primo database normativo fu sviluppato negli anni cinquanta alla UCLA
University come parte di uno studio della NASA effettuato per la selezione degli
astronauti per le missioni spaziali31 e nel corso degli anni sono stati elaborati diversi
database con tecniche di analisi differenti, dalla distribuzione Gaussiana allo Z – Score e al Real Time Z – Score. Numerosi studi hanno confermato l’alta specificità degli indici ottenuti delle diverse bande in una distribuzione parametrica. Riscontri positivi si sono trovati in database costruiti su persone sane che hanno ripetutamente dimostrato di essere entro i livelli di probabilità, con un'affidabilità test – retest molto elevata. I dati sono stati poi estesi per coprire range di età da 1 a 95 anni per ciascun elettrodo posizionato secondo lo standard internazionale 10/20 e sono stati ampliati per includere misure di potenza assoluta, potenza relativa, frequenza media, coerenza e simmetria, e matrici di covarianza per quantificare le normali relazioni cerebrali. L'indipendenza degli indici normativi da fattori culturali ed etnici consente una valutazione obiettiva dell'integrità del cervello in persone di qualsiasi età, origine o background. Alcuni studi longitudinali mostrano che i profili EEGQ iniziali possono distinguere pazienti con la stessa diagnosi DSM che risponderanno preferenzialmente
a diversi farmaci o che mostreranno un'evoluzione diversa della malattia32.
l’opportunità di verificare i cambiamenti dinamici che avvengono nel cervello durante lo svolgimento di compiti cognitivi o in conseguenza a specifici stati emozionali
permettendoci di determinare quali aree cerebrali sono coinvolte e in che modo33.
L’EEG tradizionale e le informazioni derivate dal EEGQ possono essere interpretate e utilizzate dal clinico per valutare le funzioni cerebrali e monitorare i cambiamenti
Il neurofeedback
Il “neurofeedback” è una tecnica di biofeedback che utilizza l’EEG come segnale di controllo del feedback. Tipicamente durante il trattamento, uno o più elettrodi esploranti sono posizionati sul cuoio capelluto e uno o due di riferimento di solito sono posti sui lobi delle orecchie. Attraverso programmi specifici è possibile registrare il segnale EEG e fornire un feedback istantaneo in tempo reale, solitamente audio visivo, sulle attività delle onde cerebrali. Gli elettrodi ci permettono di misurare pattern elettrici provenienti dal cervello, “proprio come un medico ascolta il cuore dalla
superficie della pelle”36. I pazienti ricevendo il feedback delle loro onde cerebrali sullo
schermo di un computer pochi millesimi di secondo dopo che si sono verificate, hanno la possibilità di influenzarle e modificarle gradualmente (Fig. 3).
Il meccanismo d'azione è basato sul condizionamento operante, concetto elaborato da B.
F. Skinner nel 1938, considerato lo psicologo più influente del ventesimo secolo e che
contribuì a formare le basi della psicologia comportamentale. Il condizionamento operante consiste nella messa in atto di un comportamento che tende a ripresentarsi con maggiore frequenza nel caso in cui venga rinforzato positivamente; non necessita quindi di uno stimolo come nel condizionamento classico descritto da Pavlov ma è legato alla possibilità di ricevere una ricompensa e tale possibilità stimola il comportamento volontario. Ad esempio un bambino lasciato libero di fare quel che vuole in una stanza viene rinforzato positivamente solo quando mette a posto i suoi giochi. In questo modo apprende che mettere in ordine è un comportamento giusto da eseguire. Il rinforzo positivo è quello che determina una conseguenza gradita. Il rinforzo negativo, invece, porta all’allontanamento o alla cessazione di uno stimolo o comportamento spiacevole.
Cosi il feedback audio visivo che deriva dalle proprie frequenze cerebrali stimola il paziente a migliorare la propria condizione autonomamente grazie al fenomeno della neuroplasticità. In questo modo il soggetto diviene consapevole dei suoi eventi cerebrali, con la possibilità di controllarli attivamente e volontariamente. È come se qualcuno che non si fosse mai visto allo specchio diventasse capace di vedersi e modificare il proprio aspetto e comportamento basandosi sulle nuove informazioni ricevute, ora disponibili. All'inizio, i cambiamenti sono di breve durata, ma gradualmente diventano più duraturi. Con trattamenti consecutivi è possibile strutturare modelli di onde cerebrali più funzionali alla gestione dei disturbi del paziente. La maggior parte delle ricerche suggerisce che miglioramenti significativi sembrano verificarsi dal 75 all'80% delle volte36. La scoperta che le onde cerebrali
principi di condizionamento operante furono applicati per la prima volta per l'EEG negli anni '6040,41; tuttavia il campo del neurofeedback è stato a lungo circondato da
un'aura di mistero e antagonismo scettico che ne ha ostacolato il progresso. Vari fattori, come alcune repliche fallite, condizioni di controllo assenti o inadeguate in alcuni studi iniziali, spiegazioni insufficienti sui meccanismi sottostanti, esagerazione dei benefici clinici e divulgazione prematura nella società in generale, può aver contribuito a una certa cautela nell'adozione di neurofeedback come tema di ricerca dei laboratori universitari42. Affinché questo approccio terapeutico abbia successo è
fondamentale eseguire una valutazione iniziale e personalizzare il trattamento con tecniche di neurofeedback in base ai pattern delle onde cerebrali e ai sintomi specifici di ciascuna persona. Gli elettrodi devono essere applicati in zone diverse della testa secondo quanto rilevato dal EEGQ che risulta essere un strumento necessario per pianificare e monitorare il trattamento43.
Caratteristiche neurofisiologiche
Il cervello umano può essere considerato come una complessa rete di comunicazione attraversata da miliardi di segnali scatenati dall’attivazione neuronale. Negli stati di riposo, grandi aree della corteccia sono sincronizzate con aree del cervello che producono ritmi lenti. Nelle situazioni di compito, gruppi locali di neuroni lavorano indipendentemente con ritmi più veloci prodotti a livello della corteccia. Essi inoltre comunicano con altri gruppi di neuroni (aree associative), a diverse distanze e siti per
collaborare a compiti e condividere informazioni.
La corteccia tende a sviluppare certe "abitudini" nel modo in cui esso agisce e risponde agli input. Questi pattern stabili di attivazione sono alla base delle nostre azioni, sentimenti e prestazioni. Possono avere un impatto sulle risposte da stress ed anche su come il nostro corpo funziona. Il “neurofeedback” si concentra sull'identificazione e il cambiamento di tali abitudini quando esse non sono più efficaci. Lo scopo del trattamento è di modificare in modo significativo quello che la persona può mettere in atto in determinate situazioni problematiche.
Il software “TQ7 Trainer’s Q” ideato da Peter Van Deusen, utilizzato in questo studio, elabora i dati raccolti durante la registrazione dell’elettroencefalogramma e realizza
un’analisi quantitativa complessa e dettagliata delle diverse bande di frequenza EEG44.
Le caratteristiche neurofisiologiche descritte dall’EEGQ riguardano la potenza assoluta e relativa, le asimmetrie, i gradienti, la sincronia, la coerenza, intra – emisferica e inter – emisferica. In particolare i seguenti indici, descrittivi di caratteristiche neurofisiologiche dei soggetti, sono stati analizzati nel nostro studio:
• pattern di frequenza dominante: I neuroni corticali scaricano a diverse velocità (frequenze), che vengono associati a diversi livelli di energia. I cervelli con il pattern di frequenza dominante veloce continuano a scaricare a velocità di lavoro anche quando non c'è nessuna attività da svolgere, sprecando quindi energia; i cervelli dominati da frequenze lente non riescono ad attivarsi per svolgere compiti corticali di lunga durata. I pattern di frequenza ci mostrano l'abilità del cervello di girare al minimo nel momento appropriato e di attivare le aree necessarie quando c'è dell'attività da svolgere. I soggetti che sono dominati da una attività generale a bassa frequenza possono anche non avere disturbi psicopatologici ed essere persone improntate all’intuizione e alla
creatività45, una focalizzazione incentrata sul mondo interno e poco indirizzata
verso gli eventi ambientali. In questa tipologia si trovano comunque anche
soggetti che mostrano un rallentamento delle funzioni cognitive e psichiche46,
quali l’attenzione, la memoria e in alcuni casi anche difficoltà di giudizio della realtà per una certa deafferentazione rispetto all’ambiente.
• Il rapporto Theta/Beta è una delle variabili associate maggiormente al fenomeno
dell’attenzione e alla capacità di reagire allo stress46,47. Rapporti alti mostrano
una dominanza di onde Theta e possono correlare con un focus di consapevolezza interno pensiero intuitivo e creativo. Rapporti bassi mostrano una dominanza di Beta e possono correlare con stress, ansia, sensibilità, eccessivo utilizzo del pensiero a scapito delle emozioni.
• Il picco di frequenza: le onde Beta possono essere suddivise in tre bande, Beta 1 o
Lo – Beta (15 – 19 Hz), Beta 2 (19 – 22 Hz), Beta 3 o Hi – Beta (23 – 38 Hz). Quest’ultimo gruppo è caratterizzato da onde più rapide e generalmente non è
frequenza Beta alto indica la presenza di Hi – Beta nella maggior arte delle
derivazioni esploranti.
• “Hot temporal”: le frequenze Hi Beta sui temporali (T3 – T4) depongono per la
presenza di ansia 49-51.
• Il Ritmo sensori – motorio (SMR) è caratterizzato da onde di frequenza comprese tra i 12 e i 15 Hz, si rileva nelle derivazioni C3 – CZ – C4 corrispondente alla corteccia sensori – motoria che segue il solco centrale, la linea che separa la parte frontale (motoria) e la parte posteriore (sensoriale) del cervello, fortemente connessa sia con i sistemi di rilevazione sensoriale (talamo) che di rilevazione motoria (gangli della base). In quest'area le informazioni motorie e sensoriali si collegano. Sembra essere anche la sede principale dei neuroni
specchio52, che svolgono un ruolo importante per lo sviluppo dell'empatia.
Queste onde sono associate ad unno stato di quiete, centratura, buona relazione corpo mente, controllo fisico, e bassi livelli spesso sono associati a irrequietezza, disturbi del sonno e difficoltà di comprendere quel che ci circonda53,54.
• La scarsa reattività Alpha: la banda di frequenza Alpha si manifesta maggiormente ad occhi chiusi, specialmente nella parte posteriore del cervello. Ad occhi aperti o durante un compito, i livelli di Alpha dovrebbero scendere
del 30 – 50%55. La mancata produzione di Alpha ad occhi chiusi spesso
comporta ansia, incapacità di "spegnere" la mente, anche con affaticamento o stati di astenia. L'incapacità di bloccare Alpha ad occhi aperti o in condizione di compito spesso correla con ottundimento dei processi mentali, mancanza di motivazione e scarsa energia.
Il cervello è un’entità dinamica che svolge una varietà di compiti in diversi modi. Deve avere la capacità di spostarsi efficientemente tra diversi stati di attivazione allo scopo di compiere e realizzare attività differenti ma sempre in equilibrio e
sostenibile56. Sostanzialmente non esistono pattern di frequenze buone e pattern di
frequenze cattive da eliminare, il trattamento di neurofeedback è orientato alla medicina personalizzata, che propone la personalizzazione della salute, con decisioni mediche, pratiche, prodotti su misura per il paziente. Qualunque sia il montaggio e le frequenze trattate, nei protocolli c'è un elemento di rilassamento, in quanto le cellule cerebrali corticali producono voltaggi misurabili solo quando agiscono all'unisono e per agire in sincronia, devono rilassare l'inibizione, consentendo di esprimere i potenziali post – sinaptici in risposta ai segnali talamo –
corticale43. Consentendo al cervello di rilassarsi e produrre ritmi endogeni in varie
combinazioni, è possibile favorire cambiamenti nelle funzioni cerebrali e ottenere la capacità di stabilizzare i propri disagi. Si ritiene che sia il cervello a cambiare sé stesso attraverso il feedback ricevuto.
Descrizione dello Studio
Obiettivi
Lo scopo di questo studio è stato utilizzare un software di analisi EEGQ per l’individuazione di profili utili all’individuazione di trattamenti con tecniche di neurofeedback specifici.
Materiali e metodi
Il campione
Il campione è costituito da 75 soggetti, 44 uomini (59%) e 31 donne (41%), selezionati tra i pazienti di uno studio psichiatrico privato che tra il maggio 2016 e il gennaio 2018 hanno richiesto una valutazione psicopatologica supportata dall’analisi EEGQ. Sono stati esclusi dal campione i pazienti con anamnesi farmacologica psichiatrica positiva, e pazienti di età inferiore ai 18 anni.
Metodi
Ogni paziente è stato accolto nello studio e dopo il colloquio clinico e la compilazione di un questionario di auto – valutazione sui sintomi psicopatologici, si è proceduto alla registrazione dell’EEG.
Il questionario, elaborato da Peter Van Deusen, è costituito 54 item riguardanti la sfera dell’umore, dell’ansia, della depressione, dei disturbi somatici e delle facoltà cognitive. Per la registrazione dell’EEG è stata utilizzata la strumentazione Medicom MTD (Taganrog, Russia), sistema per Bio – Neurofeedback con registrazione telemetrica a 10 canali per elettrodiagnosi, riabilitazione e ricerca. I dati sono stati acquisiti attraverso il software Encephalan – EEGR Elite (2015), amplificatore APR – 10, elettrodi
Geltrodes in Ag/AgCl e gel elettroconduttivo per EEG Neurogel.
È stata eseguita la registrazione di un EEG con due montaggi consecutivi a 8 canali unipolari, riferiti ad A1 – A2, secondo il sistema internazionale di registrazione 10/20: Primo montaggio: F3; F4; C3; C4; P3; P4; T3; T4 (Fig. 4).
Secondo montaggio: F7; F8; FZ; CZ; PZ; OZ; T5; T6 (Fig. 5).
Per ogni setting la registrazione prevedeva 4 fasi: occhi chiusi; occhi aperti ed esecuzione di due task allo scopo di esplorare le diverse aree cerebrali sotto sforzo. Nel primo montaggio veniva eseguito come primo task il digit – span (test di misurazione della memoria verbale utilizzato in neuropsicologia, in cui l’esaminatore legge una sequenza numerica e solo quando la sequenza è ripetuta correttamente dal soggetto, l’esaminatore continua con la sequenza successiva, che è più lunga di un numero rispetto alla precedente) e come secondo task l’ascolto di un brano letto. Nella seconda registrazione il primo esercizio consisteva in una prova di visualizzazione immaginativa e il secondo in una di lettura mentale di un brano.
L’elaborazione dei tracciati EEG è stata compiuta con il supporto EEGlab su Matlab. I dati sono stati quindi processati utilizzando il software TQ 7 Trainer’s Q, versione 7.5, ideato da Peter Van Deusen.
La valutazione complessiva, derivata dal confronto – sintesi degli elementi clinici, psicodiagnostici e EEGQ raccolti, con la definizione di profili clinico – neurofisiologici, ci ha condotto alla determinazione di protocolli terapeutici con tecniche di neurofeedback a cui indirizzare i soggetti ed è stata quindi operata la seguente selezione:
In un primo gruppo abbiamo messo i soggetti con dominanza di onde lente e con risposta positiva ad item sul deficit di attenzione (15 pazienti su 75). Questi pazienti sono stati indirizzati al trattamento con tecniche di “neurofeedback Theta/Beta down”: l’obiettivo di questo protocollo è di migliorare le capacità cognitive, di controllo e gestione dell’attenzione anche nei momenti di stress ambientali. Il paziente esegue la sessione di neurofeedback ad occhi aperti, vengono monitorati gli indici di potenza
delle due bande attraverso un montaggio bipolare con elettrodi EEG posizionati su C3 – CZ riferiti all’orecchio (Fig. 11).
Figura 11 – Rappresentazione schematica del montaggio EEG impiegato nel protocollo
Neurofeedback Theta/Beta43,57.
Nel secondo gruppo sono stati inseriti soggetti con ritmo sensori motorio (SMR) basso e risposta positiva ad item di sintomi psicosomatici (15 pazienti su 75). Per questi è stato individuato il trattamento di “neurofeedback SMR up”: l’obiettivo di questo protocollo è di rafforzare la banda delle frequenze SMR (12 – 15 Hz) su C4 e ridurre le onde Theta e Hi Beta. Questo permetterebbe alla persona di sviluppare una maggiore capacità nella gestione degli eventi emotivi e sviluppare la capacità di focalizzare l’attenzione su eventi esterni rimanendo rilassati. Il paziente esegue la sessione di neurofeedback ad occhi aperti, gli indici sono monitorati attraverso un montaggio bipolare riferito al padiglione auricolare corrispettivo, C3 – A1, C4 – A2 (Fig. 12).
Figura 12 – Rappresentazione schematica del montaggio EEG impiegato nel protocollo
Neurofeedback SMR up56,58.
Nel terzo gruppo abbiamo inserito soggetti con beta 2 e 3 elevati sui temporali, con risposte positive ad item sull’ansia (16 pazienti su 75). Per questi è stato individuato il trattamento di “neurofeedback beta squish”: l’obiettivo di questo protocollo è ridurre le onde beta a più alte frequenze associate ad un iperattivazione corticale che può determinare ansia, irritabilità e disturbi ossessivi compulsivi. Il paziente svolge la sessione di neurofeedback ad occhi aperti, gli indici sono monitorati attraverso un montaggio con due derivazioni su T3 e T4, riferiti ai padiglioni auricolari corrispettivi (Fig. 13).
Figura 13 – Rappresentazione schematica del montaggio EEG impiegato nel protocollo
Nel quarto gruppo abbiamo inserito i soggetti con quadrante anteriore sinistro 3° o 4° in velocità con risposte positive ad item sulla depressione (13 pazienti su 75). Questi sono stati indirizzati al protocollo “neurofeedback F3 – P4”: l’obiettivo di questo protocollo è ridurre la quantità di onde Alpha nell’area frontale sinistra, il paziente svolge la sessione di neurofeedback ad occhi aperti, gli indici sono monitorati attraverso un montaggio con due derivazioni su F3 e P4 riferiti ai padiglioni auricolari corrispettivi (Fig. 14).
Figura 14 – Rappresentazione schematica del montaggio EEG impiegato nel protocollo
Analisi statistiche
L’analisi statistica è stata effettuata utilizzando Microsoft Excel e la suite del software TQ
7.5, metodo di valutazione della funzione cerebrale che consente di analizzare dati
fino a 20 diversi elettrodi EEG sulla testa, stilando un rapporto specializzato. Questo report, sviluppato da Peter Van Deusen presso Brain Trainer, offre una descrizione dei diversi pattern EEG, compresa la velocità relativa delle onde EEG, i principali rapporti di ampiezza di banda, la rappresentazione di mappe cerebrali, la ripartizione delle ampiezze attraverso la testa, i differenziali tra siti analoghi dell'emisfero sinistro e destro, l’ analisi automatica dei dati EEG sotto forma di indicazione per un piano terapeutico; focalizza l'attenzione su schemi dell'EEG identificati nell’EEGQ da correlare con la costellazione dei sintomi e delle sindromi cliniche basandosi non solo su un database normativo ma sull’analisi statistica Z – Score.
Risultati
Caratteristiche cliniche del campione totale
Lo studio è stato condotto su un campione di 75 soggetti: 44 uomini (59%) e 31 donne (41%) (Fig. 6).
Figura 6 – Campione totale dei soggetti oggetto dello studio.
L’età di questi pazienti era compresa tra un minimo di 19 anni con un massimo di 80 anni, con una età media di 49,6 e una deviazione standard di 11.92.
Dalla storia clinica e la compilazione del questionario auto – valutativo emerge che 15 pazienti su 75 (20%) presentavano anamnesi positiva per sintomi cognitivi, difficoltà
infine 44 su 75 soggetti (59%) hanno presentato anamnesi positiva per sintomatologia ansioso depressiva di cui: 29 con sintomatologia mista (13 uomini e 16 donne: 39%), 10 con solo sintomatologia di tipo ansioso (7 uomini e 3 donne: 13%), 5 con solo sintomatologia di tipo depressivo (1 uomo e 4 donne: 7%) (Fig.7).
Figura 7 – Sintomatologia rilevata nei soggetti inclusi nello studio ed incidenza relativa delle diverse forme.
Sono stati inclusi nei rispettivi gruppi tutti coloro che avevano risposto positivamente ad almeno il 50% degli item presenti nel questionario corrispondente alle dimensioni sintomatologiche considerate. Al momento della valutazione i pazienti non stavano assumendo alcuna terapia di tipo psichiatrico o che potesse interferire con la
Caratteristiche EEGQ del campione totale
L’analisi EEGQ, eseguita attraverso il software TQ, ci ha permesso di ottenere i seguenti risultati:
• Pattern di frequenza dominante: 42 pazienti su 75 non hanno mostrato un pattern di frequenza dominante specifico (28 uomini e 14 donne); è stato rilevato un pattern caratterizzato da onde lente in 29 pazienti su 75 (13 uomini e 16 donne); in 2 soggetti è stato rilevato un pattern di frequenza dominante ad onde medie (2 uomini) e in altri 2 un pattern ad onde rapide (1 uomo e 1 donna) (Fig. 8).
Figura 8 – Pattern di frequenza dominante e loro incidenza relativa nel campione indagato.
• Rapporto Theta/Beta: è stato indentificato un rapporto alto nella maggioranza o tutti i siti in 31 pazienti su 75 (16 uomini e 15 donne); in 19 soggetti (14 uomini e 5 donne) è stato rilevato un rapporto basso, mentre 25 persone (14 uomini e 11 donne) hanno mostrato un rapporto misto, alto in alcune derivazioni e basso in altre, ripartito equamente (Fig. 9).
Figura 9 – Rapporto Theta/Beta nei soggetti inclusi nello studio ed incidenza relativa delle diverse forme.
• Picco di frequenza Beta alto (High Beta): l’analisi di questo parametro ha permesso di individuare 59 persone su 75 (36 uomini e 23 donne) con un picco di frequenza Beta elevato (Fig. 10);
• Ritmo sensori – motorio (SMR): la valutazione del ritmo sensori – motorio è risultata al di sotto dei limiti in 45 pazienti su 75 (23 uomini e 22 donne) (Fig. 10);
• Hot Temporal: l’analisi delle frequenze più rapide, Hi Beta, a livello dei lobi temporali è risultata al di sopra dei limiti in 48 pazienti (30 uomini e 18 donne) (Fig. 10);
• Scarsa reattività Alpha: in 30 pazienti su 75 (22 uomini e 8 donne) è stata rilevata una scarsa reattività Alpha (Fig. 10).
Cercando una relazione tra i diversi parametri abbiamo riscontrato che nei casi con dominanza di onde lente e rapporti Theta/Beta elevati, la percentuale di risposta positiva a problemi di attenzione è stata in rilevata in 15 pazienti su 75 (7 uomini e 8 donne).
I valori di SMR basso sono stati riscontrati maggiormente nei soggetti con dominanza di onde lente, 38 %. In essi nel questionario auto – compilato si è trovato una risposta positiva superiore al 27% delle domande relative a sintomatologia di tipo psicosomatica.
Nei casi con picchi di frequenza Hi Beta elevati sui temporali si è riscontrata risposta positiva agli item sull’ansia in 16 pazienti su 75 (9 uomini e 7 donne).
Nei casi con il quadrante anteriore sinistro lento (terzo o quarto in velocità), 13 pazienti su 75, si sono riscontrate risposte positive agli item per depressione nel 38% dei casi rispetto al totale.
I soggetti sono stati trattati con 10 sedute di neurofeedback; al termine del trattamento è stato chiesto di scegliere quale tra i seguenti aggettivi descrivesse meglio il loro stato post – trattamento: peggioramento; stazionario; miglioramento; miglioramento significativo. Sul piano soggettivo abbiamo ottenuto risposte positive circa il miglioramento comportamentale e dei sintomi nel 66% del primo gruppo, relativo ai pazienti con problemi della sfera cognitiva; nel 46% del secondo gruppo, relativo ai pazienti con sintomatologia psicosomatica; nel 80% del terzo gruppo, costituito dai pazienti con disturbi relativi alla sfera dell’ansia; nel 30% del quarto gruppo, relativo ai pazienti con sintomatologia di tipo depressivo (Fig. 15).
Figura 15 – Percentuale di miglioramento della situazione sintomatologica comportamentale, post trattamento con tecniche di neurofeedback, nei rispettivi gruppi indagati.
Discussione
L’analisi quantitativa dell’EEG, e il relativo esito, ci ha dato modo di rivedere le risposte date dai pazienti al questionario di 54 item auto – compilato sotto un altro punto di vista. Nell’elaborazione dei risultati va infatti tenuto presente il problema di fondo, particolarmente rilevante in psichiatria degli “over – raters” (coloro che valutano eccessivamente la propria condizione) e degli “under – raters” (coloro che sottovalutano la propria condizione) e che ci porta a considerare il questionario come un metodo non sufficiente a definire lo stato psicopatologico dei soggetti. Così sebbene nei risultati ci siano alcuni soggetti con determinate caratteristiche neurofisiologiche senza che ci sia una corrispondenza sintomatologica dichiarata e viceversa, l’EEGQ è stato determinante nel descrivere il disturbo dei soggetti dal punto di vista oggettivo e per l’individuazione dei protocolli di neurofeedback utili per impostare un trattamento così come confermato negli studi di John, Hughes e Hammond19,32,36. Tenuto conto di
questo, la relazione trovata tra l’autovalutazione della condizione psicopatologica e le caratteristiche neurofisiologiche EEGQ analizzate ci ha permesso di suddividere il campione in quattro gruppi: cognitivo, psicosomatico, ansioso, depressivo, e destinare a ciascuno un protocollo di trattamento con tecniche di neurofeedback specifico, come precedentemente descritto, dando risposta al nostro quesito iniziale circa l’importanza di una valutazione elettroencefalografica quantitativa per impostare il giusto trattamento. Il gruppo dei cognitivi è stato sottoposto al protocollo neurofeedback
Theta/Beta down43,57, con l’obiettivo di aumentare l’attività Beta e ridurre quella Theta;
il gruppo degli psicosomatici al protocollo neurofeedback SMR up56,58, con l’obiettivo di
rafforzare la banda delle frequenze sensitivo – motorie SMR (12 – 15 Hz) e ridurre le onde Theta e Hi Beta; il gruppo con sintomatologia di tipo ansiosa al protocollo
neurofeedback Beta Squish49,59,60, con l’obiettivo di ridurre le onde Beta a più alte
frequenze; il gruppo con sintomatologia depressiva al protocollo neurofeedback F3 –
P460,61, con l’obiettivo di attivare la corteccia frontale sinistra e ridurre l’Alpha nella
stessa regione. I risultati riscontrati hanno corroborato un effetto di addestramento positivo nella banda Alpha sulla corteccia prefrontale, indicando una relazione causale tra asimmetria Alpha nel profilo EEG e i sintomi di depressione.
I risultati dei miglioramenti ottenuti grazie ai trattamenti con tecniche di “neurofeedback”, in particolar modo quelli relativi al gruppo dei soggetti con disturbi
cognitivi (66%) e di tipo ansioso (80%), rispecchiano quelli presenti in altri studi49,59,60.
Visto che il lavoro è stato svolto con pazienti di uno studio privato non abbiamo ritenuto etico fare un gruppo di controllo di soggetti senza una valutazione EEGQ iniziale per l’impostazione del trattamento. Un altro limite nel metodo utilizzato è che nonostante siano stati utilizzati software in grado di ripulire automaticamente i tracciati elettroencefalografici da artefatti di registrazione (ovvero di potenziali di origine non cerebrale quali i movimenti oculari, movimenti muscolari, segnale elettrocardiografico, etc.) questi non sono ancora in grado di sostituire completamente l’osservazione morfologica del tracciato effettuata dal clinico; per questo risulta altresì importante che il neurofeedback e l’EEGQ siano effettuati da specialisti adeguatamente qualificati.
I risultati sono ancora in fase di validazione; al momento stiamo ancora eseguendo le registrazioni EEGQ di follow up, ma seppur preliminari i presenti risultati sono incoraggianti.
Conclusioni
I disturbi psichiatrici rappresentano una sfida profonda per la popolazione generale, ed è imperativo convalidare pratiche cliniche e tecnologie per migliorare l'accuratezza della diagnosi e delle prescrizioni terapeutiche, farmacologiche e non. Le procedure diagnostiche e i futuri sistemi di classificazione dei disturbi mentali dovrebbero tentare di combinare approcci descrittivi, categoriali e dimensionali. L’utilizzo di tecniche psicofisiologiche in psichiatria non è stato continuo nel secolo scorso; tuttavia, la recente possibilità tecnica di combinare diversi approcci di “imaging” cerebrale ha ulteriormente favorito un rinnovato entusiasmo vero l'uso delle tecniche basate sulla EEGQ in psichiatria. Nell’ambito del dibattito interno alla psichiatria su diagnosi categoriale – dimensionale e sui validatori esterni come elementi oggettivi che indirizzino al trattamento, l’EEGQ, con i suoi travolgenti sviluppi tecnologici attuali, rappresenta un interessante strumento atto a dare supporto a diagnosi dimensionali validate oggettivamente, oltre a indirizzare verso protocolli specifici di neuroterapia non invasiva e non farmacologica, di cui oggi sempre più pazienti e familiari vanno in cerca. Interessante in proposito la possibilità che alcune variabili QEEG si pongano come markers di diagnosi dimensionali psichiatriche: ad esempio l’eccesso di Alpha nel quadrante anteriore sinistro (con riduzione del quadrante che dovrebbe essere il più rapido di tutti) per condizioni depressive e i valori SMR bassi (inferiori al 10% ad occhi aperti su C3, CZ, C4) in condizioni di disturbi psicosomatici ed appiattimento empatico. Rappresenta inoltre un nuovo punto di incontro tra psichiatria e neurologia, in favore di una riunificazione delle discipline in una “neuropsichiatria” moderna che si occupi di tutti gli aspetti della patologia cerebrale sfruttando al meglio gli sviluppi delle neuroscienze.
Appendice
Nell’ambito dello sviluppo personale – emotivo, di peak performance, della gestione dello stress, e dei disturbi cognitivi abbiamo sviluppato insieme al Centro Studi
Bhaktivedanta (CSB) associazione culturale non profit riconosciuta di promozione
sociale, accademia di Scienze Tradizionali dell’India, e la Dev Sanskriti University (DSVV), Università di Haridwar (India), accreditata dalla University Grants Commission del Governo Federale Indiano, un protocollo di trattamento basato su tecniche di neurofeedback e Yoga in sessioni combinate. La meditazione e le tecniche Yoga stanno ricevendo molta attenzione in tutto il mondo grazie all’aumento di pubblicazioni su gli effetti positivi diretti e indiretti di queste pratiche. Lo Yoga è una disciplina millenaria che l’Unesco ha riconosciuto come patrimonio orale e intangibile dell’umanità e che trova le sue origini nei Veda, nella Bhagavad Gita, negli Yoga Sutra e molti altri testi della tradizione socioculturale dell’India. La diffusione sempre maggiore dello Yoga, delle medicine tradizionali e complementari ha fatto si che l’Organizzazione Mondiale della Sanità pubblicasse nel 2013 la “Strategia dell’OMS per la Medicina Tradizionale per il
2014 – 2023” con l’obiettivo di aiutare le autorità sanitarie a sviluppare soluzioni che,
in una prospettiva più ampia, contribuiscano a migliorare la salute e a favorire l’autonomia del paziente.
Molte università hanno avviato laboratori di ricerca dedicati compreso l’Università di Pisa, nel febbraio del 2016, ha firmato una convenzione di collaborazione scientifica con l’Istituto Lama Tzong Khapa, uno dei principali centri del Buddismo Mahayana in occidente allo scopo di promuovere un approccio multidisciplinare allo studio della coscienza e dell’interazione mente – corpo.
alle personali necessità, costituzione, età e sesso. Mentre il neurofeedback agisce in modo non consapevole, attraverso il condizionamento operante descritto in questo studio, lo Yoga, invece, si fonda sullo sviluppo di una consapevolezza interiore attraverso una partecipazione attiva e un rivoluzionario cambiamento nello stile di vita. Ad oggi sono state sottoposte a sessioni Yoga e neurofeedback 65 persone al fine di indagare l’interesse e i possibili benefici combinati. Attualmente attraverso questionari e la richiesta di testimonianze il campione sottoposto a questo nuovo approccio integrato ha risposto positivamente, e la possibilità di monitorare i cambiamenti attraverso l’analisi EEGQ come descritto in questo lavoro di tesi ci apre a future possibilità terapeutiche integrate.
Ringraziamenti
Ringrazio il Prof. Ferdinando Sartucci, professore associato presso il Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, per aver revisionato con cura e interesse la tesi e soprattutto per la fiducia che ha riposto in me lasciando che io potessi svolgere questo lavoro in autonomia e in altra sede.
Ringrazio il Dott. Paolo Cioni, psichiatra forense, già professore a contratto di psicopatologia, presso la scuola di specializzazione delle Università di Pisa e Firenze, per la disponibilità e la supervisione all’intero progetto di tesi mettendo a disposizione il suo studio e la sua strumentazione.
Ringrazio Marco Ferrini, fondatore e presidente del Centro Studi Bhaktivedanta, direttore dell’Accademia di Scienze Tradizionali dell’India, fonte inesauribile di conoscenza, guida e maestro di vita, per aver ispirato il progetto e incoraggiato il mio percorso in tutti questi anni di studi.
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