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Scarichi industriali - Definizione e razionalizzazione del processo di gestione, controllo e vigilanza delle attività industriali nel territorio della Conferenza Territoriale n. 5 "Toscana Costa" (ex. ATO 5)

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Academic year: 2021

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Testo completo

(1)

Anno Accademico

2016/2017

Master Universitario di II livello “Gestione e controllo dell'ambiente: management efficiente delle risorse”

Autore

Dott. Ing. Paolo Grispini ………..…

Tutor Scientifico

Dott. Ing. Paolo Ghezzi ………..……

Tutor Aziendale

Dott. Ing. Michele Del Corso – ASA S.p.A. ………...

"Scarichi industriali - Definizione e razionalizzazione del processo di

gestione, controllo e vigilanza delle attività industriali nel territorio della

Conferenza Territoriale n. 5 "Toscana Costa" (ex. ATO 5)"

(2)

“Più ci saranno gocce d’acqua pulita, più il mondo risplenderà di bellezza”

(Madre Teresa di Calcutta)

(3)

Indice

Indice...2

Indice delle Figure...4

Indice delle Tabelle...4

Abstract...5

Introduzione...6

Capitolo 1 Contesto...7

1.1 Focus su inquinamento idrico...8

1.1.1 Classificazione degli agenti inquinanti per le acque...9

1.1.2 Conseguenze dell'inquinamento idrico...10

1.1.3 Prevenzione...11

Capitolo 2 Riferimenti e contesto normativo...12

Capitolo 3 Definizioni e classificazione degli scarichi...14

3.1 Provenienza degli scarichi...14

3.2 Corpi recettori degli scarichi...14

3.3 Nozione di Abitanti Equivalenti (A.E.)...16

Capitolo 4 La tutela dei corpi idrici e “Piani di Tutela”...18

4.1 Tutela delle acque...18

4.2 Il Piano di Tutela delle acque...19

4.2.1 Piano di Gestione...19

4.2.2 Piano di Tutela...20

Capitolo 5 La disciplina degli scarichi...22

5.1 La disciplina degli scarichi secondo il D. Lgs.152/06...22

5.1.1 Assimilazione ad acque reflue domestiche secondo il Regolamento n. 46/R, 2008...25

5.2 Limiti di emissione degli scarichi...27

5.3 Regime autorizzatorio degli scarichi...29

5.3.1 D. Lgs. 152/06 e normativa regionale...29

5.3.2 Autorizzazione Unica Ambientale (AUA)...30

5.4 Violazioni e sanzioni...34

Capitolo 6 Razionalizzazione del processo di gestione e controllo degli scarichi industriali nel territorio della Conferenza Territoriale n. 5 “Toscana Costa” (ex. ATO 5)...36

6.1 ASA S.p.A. (Gestore Unico del Sistema Idrico Integrato)...36 6.2 Contesto socio-economico del territorio della Conferenza Territoriale n. 5 “Toscana Costa” 36

(4)

6.3 Analisi preliminare delle pressioni inquinanti...39

6.4 Elaborazione dati scarichi industriali...41

6.4.1 Innovazione tecnologica per la gestione dei dati...47

6.4.2 Considerazioni...48

6.5 Piano di Gestione e Controllo...49

6.5.1 Scopo e campo di applicazione...49

6.5.2 Riferimenti normativi...50

6.5.3 Modalità gestionali...51

6.5.4 Piano di campionamento...52

6.5.5 Esecuzione dei controlli e delle ispezioni...55

6.5.6 Verbale di campionamento...56

6.5.7 Esiti dei controlli (diffida, sospensione e revoca dell'autorizzazione allo scarico)...56

6.5.8 Laboratorio...57

6.5.8 Oneri...58

6.5.9 Qualità e Sicurezza...58

6.6 Tariffa degli scarichi industriali...58

Capitolo 7 Gli scarichi industriali nel contesto dell'Economia Circolare...61

7.1 Economia circolare della risorsa idrica...61

7.2 Riuso e riciclo...62

7.2.1 Casi di riuso di acque reflue nel territorio gestito da ASA S.p.A...63

7.3 Simbiosi industriale...63

Conclusioni...65

Bibliografia...67

(5)

Indice delle Figure

Figura 1 – Identificazione territoriale con indicazione dei principali poli industriali……….………..37

Figura 2 – Distribuzione % della domanda di acqua dei settori industriali tra le Province della Ragione Toscana (2008) ………...….39

Figura 3 – Suddivisione autorizzazioni per Comune………...………42

Figura 4 – Suddivisione autorizzazioni per Distretto. ………...……..………42

Figura 5 – Suddivisione autorizzazioni scadute per Comune……….…………..43

Figura 6 – Suddivisione autorizzazioni scadute per Distretto………..43

Figura 7 – Percentuale delle autorizzazioni scadute sul totale delle autorizzazioni suddivise per Distretto……….……….44

Figura 8 – Numero di scarichi industriali suddivisi per range di portata scaricata…….……….45

Figura 9 – Percentuale di scarichi industriali suddivisi per tipologie principali………..46

Indice delle Tabelle

Tabella 1 – Tabella di assimilazione delle acque reflue ad acque reflue domestiche………25

Tabella 2 – Tabella dei reati presupposto in materia di inquinamento delle acque………...…………33

Tabella 3 – Attività industriali (fonte: Regione Toscana su elaborazione dati dell’8° Censimento dell’Industria e dei Servizi: primi risultati, ISTAT, 2001)……….……36

Tabella 4 – Carico organico potenziale dei comuni costieri toscani nel 2000, (fonte: elaborazione su dati ISTAT e Regione Toscana)………...….38

Tabella 5 – Valutazione relativa al carico inquinante derivato da fonte puntuale1: il carico organico è espresso in abitanti equivalenti (A.E.), i carichi trofici di azoto e fosforo in tonnellate annue (T/anno) ………...…….….38

Tabella 6 – Consumi idrici espressi in metri cubi/anno (fonte: Elaborazione dati Regione Toscana, ARPAT, 2004)...…38

Tabella 7 – Numero totale e il numero per Comune delle attività sottoposte ad autorizzazione e delle attività con autorizzazioni scadute……….38

Tabella 8 - Limiti di accettabilità degli scarichi in pubblica fognatura come indicati nell’Allegato 5 al D.Lgs. 152/06 – valori di SStot, BOD5 e COD………...….53

Tabella 9 – Parametri analitici per la caratterizzazione dei reflui da attività produttive……….….54

Tabella 10 – Struttura generale della tariffa di collettamento e depurazione dei reflui industriali autorizzati allo scarico in pubblica fognatura………..……59

(6)

Abstract

La stesura del presente documento riguarda il lavoro effettuato per la definizione e razionalizzazione del processo di gestione, controllo e vigilanza degli scarichi idrici provenienti da attività produttive nel territorio della Conferenza Territoriale n. 5 "Toscana Costa" (ex. ATO 5)", territorio gestito dal Gestore del Sistema Idrico Integrato ASA S.p.A..

Dopo aver collocato gli scarichi industriali nel contesto dell’inquinamento idrico è stato analizzato il tema da un punto di vista normativo e disciplinare; analisi volta ad approfondire aspetti come la classificazione secondo le normative vigenti, la tutela delle acque e il regime autorizzatorio.

La seconda parte del documento descrive il processo intrapreso di razionalizzazione della gestione e del controllo degli scarichi industriali. E’ stato dapprima svolto un focus sul contesto socio-economico della zona della Conferenza Territoriale n. 5 "Toscana Costa" e successivamente l’elaborazione e la conseguente interpretazione dei dati tecnico-amministrativi degli scarichi che ha consentito di valutare le pressioni che impattano sul territorio e le criticità riscontrate a livello autorizzativo. Lo step susseguente comprende la stesura di in Piano di Gestione e Controllo finalizzato alla corretta ed efficiente gestione e vigilanza degli scarichi industriali.

In ultima battuta il tema degli scarichi industriali è stato collocato nel paradigma dell’economia circolare delineando i due aspetti principali in materia quali il riuso delle acque reflue e la simbiosi industriale.

(7)

Introduzione

L'acqua è un bene primario da tutelare sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, pertanto l'obiettivo deve essere quello di una buona gestione della risorsa idrica che tenga conto dell'utilizzo razionale della stessa.

La gestione ottimale di un bene pubblico fondamentale come la risorsa idrica, si accompagna al tema della sostenibilità, in quanto l’uso dell’acqua deve permettere il soddisfacimento dei bisogni delle attuali generazioni senza compromettere le necessità quelle future. In tale ambito risulta di fondamentale importanza il miglioramento dell’efficienza nella gestione delle acque, problema che nei prossimi anni diventerà sempre più cruciale per la sostenibilità ambientale e per lo sviluppo dell’economia.

Circa l'80% delle acque reflue (civili e industriali), a livello mondiale, è scaricato nell'ambiente (fiumi, laghi, mare) senza trattamento di depurazione; dato drammatico comunicato dall'Onu nel suo rapporto 2017 del World water assesment programme (Wwap). La percentuale di acque non depurate scende al 30% nei paesi avanzati, ma sale fino al 92% nei paesi più poveri. In Italia la quota non depurata è del 21,5%1 (dati Blue Book Utilitalia), di cui il 5% al Nord, il 18,9% al Centro

e il 31,4% al Sud.

Sulla base dello scenario suesposto si sta muovendo in maniera evolutiva la sfera della tutela della risorsa con azioni volte alla riduzione degli inquinanti nei processi produttivi, per passare a misure che permettessero compatibilità tra le pressioni antropiche e corpi idrici, per giungere, infine, ad azioni che incidano direttamente sul modello di sviluppo, correggendolo nell’ottica della sostenibilità ambientale.

E' in questo contesto che si colloca una razionale e corretta gestione degli scarichi industriali.

Pertanto la gestione efficiente degli scarichi industriali risulta di fondamentale importanza per il perseguimento degli obiettivi quali-quantitativi di tutela della risorsa idrica. Inoltre la stessa, organizzata in modo razionale, è mirata alla salvaguardia dei corpi idrici e presuppone un piano di gestione, controllo e monitoraggio che strutturi un modello organico conforme alle norme nazionali e regionali e imposti una vigilanza organizzata sulla qualità delle acque reflue scaricate e sullo stato autorizzativo degli scarichi derivanti dalle attività produttive.

(8)

Capitolo 1 Contesto

L’acqua è una risorsa rinnovabile, anche se non inesauribile, ed il ciclo dell’acqua ne permette la costante depurazione naturale grazie all’azione del suolo, dell’evaporazione e dell’autodepurazione biologica all’interno dei corsi d’acqua. La capacità di autodepurazione durante il ciclo dell’acqua è però limitata e lo sviluppo delle attività umane ha profondamente modificato le caratteristiche naturali di tale ciclo. Con lo scopo di contenere questo deterioramento, sono stati regolamentati gli scarichi in ambiente.

In Italia, la prima legge per il controllo dell’inquinamento delle acque fu la Legge Merli (1976), la quale ha imposto un insieme di limiti e di controlli applicabili a tutti gli scarichi di acque reflue nei corpi idrici. Proprio in questo contesto hanno cominciato a svilupparsi i primi impianti di depurazione di reflui civili ed industriali. Oggi sono numerose le aziende che svolgono servizi ambientali volti al recupero di reflui industriali, al loro trattamento e infine alla reimmissione dell’acqua depurata in ambiente o in rete fognaria2.

L’emanazione del D.Lg. 152/2006 del 3 Aprile, conosciuto come “Testo Unico Ambientale” costituisce l’attuale “Legge quadro” sulla tutela delle acque dall’inquinamento. L’allegato 5 contiene tutti i dati tecnici relativi ai limiti di emissione degli scarichi idrici, in particolare la tabella 3 interessa i valori limite di emissione in acque superficiali e in fognature. Gli scarichi delle attività artigianali devono attenersi a questi limiti. Se un’attività produce un refluo che supera almeno uno dei limiti, dovrà allora fare in modo, a sue spese, di rendere il refluo idoneo all’emissione. Ciò andrà fatto realizzando una o più fasi di trattamento del refluo. Il problema dell’inquinamento idrico è di rilevante importanza poiché si può arrivare a modificare le caratteristiche qualitative dell’acqua fino al punto da renderla inadatta al consumo degli esseri viventi poiché tali sostanze agiscono negativamente sull’equilibrio dei vari ecosistemi.

Di particolare interesse è l’inquinamento industriale che è dovuto all’immissione di sostanze chimiche non biodegradabili nelle acque dei fiumi, dei laghi e dei mari. Focalizziamo l’attenzione sulle acque di scarico industriale. Esse sono quelle che destano maggiori preoccupazioni, soprattutto a causa dell’estrema varietà della loro composizione. I vari danni che questi scarichi reflui di industrie ed attività artigianali possono provocare, dipendono essenzialmente dalle loro caratteristiche fisiche, chimiche e organico-biologiche.

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1.1 Focus su inquinamento idrico

L’art. 74 al comma 1, lettera gg del D.Lgs. 152/06 riporta la seguente definizione di “inquinamento”:

“inquinamento: l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze o di calore nell'aria, nell'acqua o nel terreno che possono nuocere alla salute umana o alla qualità degli ecosistemi acquatici o degli ecosistemi terrestri che dipendono direttamente da ecosistemi acquatici, perturbando, deturpando o deteriorando i valori ricreativi o altri legittimi usi dell'ambiente”.

Nello specifico l'inquinamento idrico è un deterioramento legato agli ecosistemi che hanno come elemento principale l'acqua ed è causato da molteplici e specifici fattori: gli scarichi delle attività industriali e agricole e delle consuete attività umane che arrivano nei fiumi, nei laghi e nei mari. Il tipo di inquinamento idrico può essere di natura chimica, fisica o microbiologica e le conseguenze possono compromettere la salute della flora e della fauna coinvolta, fino agli uomini, nuocendo all'ecosistema e alle riserve idriche per uso alimentare. Ci sono due vie principali tramite le quali gli inquinanti raggiungono l'acqua, per via diretta e per via indiretta. L'inquinamento per via diretta avviene quando vengono riversate direttamente, nei corsi d'acqua, sostanze inquinanti senza alcun trattamento di depurazione. La via indiretta, invece, avviene quando le sostanze inquinanti arrivano nei corsi d'acqua tramite aria e suolo.

Esistono varie tipologie di inquinamento idrico, tra le quali:

1. Inquinamento industriale: quotidianamente vengono scaricate sostanze inquinanti in quantità elevate da parte delle industrie, provocando danni all'intero ecosistema acquatico. Si evidenziano tra le maggiori responsabili dell'inquinamento idrico le industrie chimiche, che producono: acido nitrico, soda, acido fosforico, ammoniaca, acido solforico, acido cloridrico ecc. Inoltre, industrie quali cartiere, segherie e caseifici, liberano residui in grado di favorire l'accrescimento di muffe e batteri. Queste sono industrie che, insieme, causano la morte dei molti organismi viventi che ricevono questi scarichi e le acque calde utilizzate per i cicli produttivi.

2. Inquinamento urbano: fa riferimento alle acque che derivano dagli scarichi di abitazioni, uffici e altre strutture che se non vengono sottoposte a trattamenti di depurazione andranno ad incidere nell'inquinamento idrico. È stato principalmente l'aumento della popolazione a rendere il problema dei rifiuti e degli scarichi di fogna una questione molto grave, in quanto sovente vengono inseriti nelle acque per via diretta, senza alcun trattamento di depurazione. Fu la storica Rivoluzione Industriale a determinare l'inizio di un processo di dimensioni mirabili e che non trova un termine: l'urbanizzazione, forse, è la causa principale dell'aumento eccessivo di ogni tipo di inquinamento.

(10)

3. Inquinamento agricolo: deriva dall'utilizzo di fertilizzanti e pesticidi in quantità notevoli, e inoltre dallo spandimento di liquami provenienti dagli allevamenti. Queste sostanze possono arrivare alle falde acquifere sotterranee e ai fiumi per dilavamento dei terreni.

4. Inquinamento naturale: è una fonte di inquinamento quasi irrilevante. Provocata da eventi atmosferici e stagionali, alluvioni e frane.

5. Inquinamento da idrocarburi: è causato soprattutto dal petrolio che fuoriesce dalle petroliere, danneggiate o naufragate, o che è presente negli scarichi delle acque usate per lavare le cisterne petrolifere.

6. Inquinamento termico: è un tipo di inquinamento che va diffondendosi sempre più. Ne è causa l'eccessivo impiego dell'acqua per raffreddare gli impianti di industrie, in particolar modo nelle centrali termoelettriche. Quindi, vengono rilasciate nell'ambiente enormi quantità di acqua a temperatura differente da quella in cui viene immessa e ciò provoca alterazioni delle condizioni fisiche dell'acqua con moria degli organismi viventi presenti, giungendo così al fenomeno dell'eutrofizzazione.

7. Altri inquinanti idrici sono le acque di scarico contenenti materiali organici che per decomporsi assorbono grandi quantità di ossigeno; parassiti e batteri; i fertilizzanti e tutte le sostanze che favoriscono una crescita eccessiva di alghe e piante acquatiche; i pesticidi e svariate sostanze chimiche organiche; il petrolio e i suoi derivati; metalli, sali minerali e composti chimici inorganici; sabbie e detriti; sostanze o scorie radioattive provenienti dalle miniere di uranio e torio e dagli impianti di trasformazione di questi metalli; dalle centrali nucleari, dalle industrie e dai laboratori medici e di ricerca che fanno uso di materiali radioattivi.

1.1.1 Classificazione degli agenti inquinanti per le acque

L'acqua usata in campo domestico, industriale, agricolo, zootecnico, spesso contiene sostanze che alterano l'ecosistema, per cui non possono essere scaricate direttamente nei corsi d'acqua, in quanto contribuirebbero ad inquinare le acque superficiali (se non telluriche) ed il suolo.

Gli agenti inquinanti delle acque più comuni sono:

Inquinanti fecali: derivano dagli escrementi animali e dai residui alimentari. Nel caso ci sia un forte inquinamento di tipo fecale, si può avere la presenza nell'acqua di microrganismi patogeni (tifo, colera, epatite virale, salmonellosi ecc.). Uno dei più comuni inquinanti fecali è il batterio E. Coli.

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determinando avvelenamenti o la morte. Le industrie che usano questi metalli nelle loro lavorazioni, prima di scaricare le acque, devono eliminarli con i loro impianti di depurazione.

Sostanze inorganiche nocive: sono costituite dai fosfati ed i polifosfati presenti nei fertilizzanti, detersivi, composti fosforati ed azotati ed in alcuni scarichi industriali. Queste provocano l'eutrofizzazione.

Sostanze organiche non naturali: come ad esempio i diserbanti, gli antiparassitari, gli insetticidi, portano vantaggi all'agricoltura ma possono inquinare sia le acque che il suolo. Inoltre ci sono i solventi organici utilizzati dalle industrie (come ad esempio l'acetone, la trielina, il benzene, il toluene, ecc.) che devono essere eliminati prima di scaricare l'acqua nei corsi.

Oli liberi e emulsionanti: sono insolubili e per via della loro bassa densità, stratificano nella superficie creando dei film oleosi che impediscono all'ossigeno di solubilizzarsi nell'acqua. È un fenomeno esteso e provoca dei veri e propri disastri ecologici nei cui confronti è molto difficile intervenire.

Solidi sospesi: sono sostanze di varia natura che rendono torbida l'acqua ed intercettano la luce solare. Inoltre, una volta depositati sul fondo, impediscono lo sviluppo della vegetazione.

Calore, acidi e basi forti: dovuti per lo più agli scarichi industriali, possono diminuire la solubilità di O2 ed alterare temperatura e pH dell'ambiente provocando alterazioni patologiche o la scomparsa di alcune specie viventi oppure ancora lo sviluppo di altre normalmente assenti.

L'acqua, in condizioni normali, è in grado di autodepurarsi grazie ad una certa quantità di ossigeno disciolto (la solubilità di O2 in acqua è di 9 ppm a 20°C con pressione pari ad 1 atm) che trasforma le sostanze, grazie alla decomposizione aerobica (ossidazione), in composti non inquinanti (come l'anidride carbonica, i nitrati, i fosfati, i solfati). Se l'ossigeno disciolto in acqua non è sufficiente per ossidare tutte le sostanze inquinanti presenti, si formano prodotti come il metano, l'ammoniaca, la fosfina-PH3-, acido solfidrico che fanno scomparire ogni forma di vita nell'acqua.

1.1.2 Conseguenze dell'inquinamento idrico

Un grande pericolo per la salute dell'uomo è costituito dalle fogne, che rilasciano acque inquinate da virus e batteri, causando malattie come epatite virale, salmonellosi e tifo. Inoltre, è molto preoccupante il fatto che scarichino in acqua detersivi non biodegradabili o contenenti fosfati. Questi detergenti, che assai sovente si vedono ricoprire di uno spesso strato schiumoso intere superfici d'acqua, per la loro complessa struttura chimica a catene ramificate difficilmente vengono aggrediti e degradati dai batteri in composti più semplici o meno nocivi; tali sostanze pertanto

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alterano fortemente le caratteristiche fisiche dell'acqua, modificandone la tensione superficiale e provocando la scomparsa, tra l'altro, della flora acquatica, del plancton e, con essi, dei componenti di tutta la piramide trofica. Altra conseguenza altrettanto grave è la diffusione in acque sia dolci sia marine di batteri e virus (tifo, dissenteria, colera, epatite virale, ecc.).

Le industrie scaricano acque altamente e pericolosamente ricche di agenti chimici, metalli pesanti e veleni. Spesso contengono mercurio, cromo, piombo.

Un pericolo da non sottovalutare è costituito dal petrolio e altri idrocarburi i quali provocano la formazione di una vera e propria barriera impermeabile che non permette lo scioglimento dell'ossigeno nell'acqua, causando la morte, per asfissia, degli organismi viventi. Oltre ai corpi idrici quali fiumi, laghi, falde acquifere dei territori interni, le zone maggiormente suscettibili ai danni causati da tali sostanze sono le zone balneari, con ripercussioni sulla vegetazione costiera e sulla fauna acquatica.

1.1.3 Prevenzione

Affinché vengano evitati molti dei danni derivanti dall'inquinamento, sarebbe necessario in primo luogo conoscere a fondo il modo in cui gli inquinanti interagiscono, in cui vengono diffusi e dispersi, occorrerebbe valutare tutto ciò che può causare l'uso di nuovi prodotti o lo smaltimento di ogni tipo di rifiuto, bisognerebbe trovare la giusta ubicazione per i centri urbani e le aree industriali, strutturandole e progettandole in modo da non deteriorare la stabilità naturale.

Ciò di cui si ha bisogno sono strumenti, tecniche, strutture, in grado di identificare gli inquinanti, di valutare i loro danni e di far rispettare le leggi per la tutela dell'ambiente e della salute comune. Tali attività possono essere tutte effettuabili solo se vengono coordinate e organizzate da sistemi pubblici validi e produttivi sia tecnicamente che amministrativamente.

La gestione e il controllo degli scarichi industriali si inserisce nel contesto dell’inquinamento idrico ponendosi tra quelle attività necessarie per la prevenzione dello stesso.

L’obiettivo di una migliore gestione degli scarichi derivanti da attività industriali è quello di preservare e salvaguardare la qualità delle acque riducendo il più possibile il deterioramento degli ecosistemi dovuto a fonti di inquinamento che siano di natura chimica, fisica o microbiologica.

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Capitolo 2 Riferimenti e contesto normativo

A livello comunitario e nazionale l’evoluzione normativa che disciplina le acque reflue vede il susseguirsi delle seguenti norme:

 DIRETTIVA CEE 75/864: viene presentato il principio di “chi inquina paga”;

 recepita con la LEGGE 319 10/05/76 “Legge Merli” che introduce i “Piani di tutela regionali”;

 Legge 5 gennaio 1994, n. 36 “Legge Galli”; vengono introdotti:

a) il concetto di "salvaguardia" dell'acqua;

b) le AATO (Autorità di Ambito Territoriale Ottimale);

c) il S.I.I. (Sistema Idrico Integrato).

 DIRETTIVA CEE 91/271, concernente il trattamento delle acque reflue urbane;

 recepita con il D. Lgs. 152/99 “Disposizioni sulla tutela delle acque”; il Decreto abroga la Legge Galli;

 DIRETTIVA CEE 2000/60 “Direttiva Quadro sulle Acque – DQA”;  Recepita con il D. Lgs. 152/06 “Norme in materia ambientale”.3

Mentre a livello regionale, per quanto riguarda nello specifico la Regione Toscana, l’iter normativo presenta i seguenti passaggi evolutivi:

 L.R. 21 dicembre 2001 n. 64 “Norme sullo scarico di acque reflue..”: abrogata;

 L.R. 31 maggio 2006, n. 20 “Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento”: vigente, modificata con L.R. n.28 del 03.03.2010;

 D.P.G.R. 23 maggio 2003, n. 28/R “Regolamento di attuazione dell'art. 6 della L.R. 21 dicembre 2001 n. 64”: vigente fino al 16 marzo 2009;

 D.P.G.R. 8 settembre 2008, n. 46/R “Regolamento di attuazione dell'art. 13 della L.R. 31 maggio 2006 n. 20”: vigente dal 17 marzo 2009.

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Pertanto gli interventi mirati alla gestione, al controllo e all’uso delle risorse idriche sono regolati da un quadro normativo riconducibile alla L.n. 36 del 5/1/94 (“Disposizioni in materia di risorse idriche”), nota come “Legge Galli”.

A questa hanno fatto seguito numerosi interventi normativi, alcuni dei quali di competenza regionale, che complessivamente costituiscono le linee guida per la corretta pianificazione delle risorse idriche.

La norma è stata abrogata dal D.Lgs. 152/99 e successivamente dal D.Lgs. 152/06, che ne hanno mantenuto quasi totalmente i contenuti.

Per quanto concerne la normativa del regime autorizzativo e in particolare per l'Autorizzazione Unica Ambientale (AUA) si fa riferimento al:

 D.P.R. 59 del 13 marzo 2013 “Regolamento recante la disciplina dell'autorizzazione unica ambientale e la semplificazione di adempimento amministrativi in materia ambientale gravanti sulle piccole imprese e sugli impianti non soggetti ad autorizzazione integrata ambientale”

Infine per la definizione della tariffa degli scarichi industriali il riferimento è il:

(15)

Capitolo 3 Definizioni e classificazione degli scarichi

Il D.Lgs. 152/06 definisce come “scarico: qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all'articolo 114” (art. 74, comma 1, lettera ff), e aggiunge la definizione “acque di scarico: tutte le acque reflue provenienti da uno scarico” (art. 74, comma 1, lettera gg).

Lo stesso decreto prevede altresì una molteplicità di scarichi differenziandoli in funzione della provenienza e del corpo ricettore.

3.1 Provenienza degli scarichi

Il D.Lgs. 152/06 distingue gli scarichi di acque reflue secondo la loro provenienza. Le definizioni sono contenute nell'art. 74 del D.Lgs. 152/06 e qui di seguito riportate:

g) acque reflue domestiche: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche;

h) acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento;

i) acque reflue urbane: acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato;

Dove agglomerato sta per:

n) agglomerato: l'area in cui la popolazione, ovvero le attività produttive, sono concentrate in misura tale da rendere ammissibile, sia tecnicamente che economicamente in rapporto anche ai benefici ambientali conseguibili, la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane verso un sistema di trattamento o verso un punto di recapito finale;

3.2 Corpi recettori degli scarichi

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Sono le acque presenti sulla superficie terreste quali i fossati stradali, i cavi e i canali, i torrenti, i corpi idrici artificiali, i fiumi, i laghi e il mare.

Il comma 1, art. 74 del D.Lgs. 152/06 da queste definizioni:

c) acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione;

e) estuario: l'area di transizione tra le acque dolci e le acque costiere alla foce di un fiume, i cui limiti esterni verso il mare sono definiti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio; in via transitoria tali limiti sono fissati a cinquecento metri dalla linea di costa;

f) acque dolci: le acque che si presentano in natura con una concentrazione di sali tale da essere considerate appropriate per l'estrazione e il trattamento al fine di produrre acqua potabile; Il comma 2, art. 74 da queste ulteriori definizioni:

a) acque superficiali: le acque interne ad eccezione di quelle sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali;

b) acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti, e tutte le acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali; c) fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie ma che può essere parzialmente sotterraneo;

d) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;

e) acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzate dai flussi di acqua dolce;

h) corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente, fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, acque di transizione o un tratto di acque costiere;

Suolo e strati superficiali del sottosuolo

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Acque sotterranee e sottosuolo

Sono le falde idriche sotterranee o lo strato insaturo del sottosuolo.

Il comma 1, art. 74 del D.Lgs. 152/06 fornisce a riguardo questa definizione:

l) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano al di sotto della superficie del suolo, nella zona di saturazione e in diretto contatto con il suolo e il sottosuolo;

Rete fognaria

Rappresenta la fognatura al servizio degli agglomerati.

Il comma 1, art. 74 del D.Lgs. 152/06 fornisce a riguardo queste definizioni:

dd) rete fognaria: un sistema di condotte per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane;

ee) fognatura separata: la rete fognaria costituita da due canalizzazioni, la prima delle quali adibita alla raccolta ed al convogliamento delle sole acque meteoriche di dilavamento, e dotata o meno di dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di prima pioggia, e la seconda adibita alla raccolta ed al convogliamento delle acque reflue urbane unitamente alle eventuali acque di prima pioggia.

3.3 Nozione di Abitanti Equivalenti (A.E.)

Gli scarichi di acque reflue urbane sono ulteriormente distinti in funzione delle dimensioni dell'agglomerato urbano a monte e riferiti agli abitanti equivalenti (A.E.) serviti.

Di seguito le definizioni di Abitante Equivalente (A.E.) riportate nel D.Lgs 152/06, nella L.R. 20/2006 e la variabile introdotta dal Regolamento 46R-2008:

 D.Lgs.152/2006 “Norme in materia ambientale” art. 74 Definizioni co.1 a):

“abitante equivalente: il carico organico biodegradabile avente una richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni (BOD5) pari a 60 grammi di ossigeno al giorno”;

 Legge Regionale Toscana 20/2006 “Norme per la tutela delle acque dall’inquinamento” art. 2 Definizioni co.1 a):

“abitante equivalente: il carico organico biodegradabile avente una richiesta biochimica di ossigeno a cinque giorni (BOD5) di 60 gr. di ossigeno al giorno; è da considerare equiparabile una richiesta chimica di ossigeno di 130 gr. di ossigeno al giorno. Solo nel caso in cui non sia disponibile il dato analitico di carico organico si fa riferimento al volume di scarico di 200 litri per abitante per giorno”;

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 Un’ulteriore variabile all’unità di misura è stata introdotta anche dal Regolamento 46R-2008 all’art. 47 Criteri generali comma.1:

“La determinazione degli A.E. ai soli fini del calcolo del carico inquinante stagionale di cui all’articolo 2, comma 1, lettera m) della legge regionale deve essere riferita al carico medio dei quattro mesi di massimo afflusso, rapportato ad un fabbisogno giornaliero di 200 litri abitante giorno”.

Tutte le norme vigenti inerenti gli scarichi di acque reflue assumono il dato degli A.E. come carico inquinante sia per l’individuazione dei sistemi di trattamento appropriati che per il loro dimensionamento.

Per reflui urbani/domestici gli A.E. afferenti all’impianto determinano per applicazione normativa anche i limiti tabellari da applicare allo scarico.

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Capitolo 4 La tutela dei corpi idrici e “Piani di Tutela”

4.1 Tutela delle acque

La sezione II alla Parte Terza del D.Lgs.152/2006 definisce i criteri per la tutela delle acque dall’inquinamento.

L’oggetto della sezione è la protezione e il risanamento dei corpi idrici e la regolamentazione delle reti fognarie e dei sistemi depurativi. Il principio di base si struttura su due elementi fondamentali, caratteristici degli scarichi, volti alla tutela e salvaguardia dei corpi idrici:

 i limiti degli scarichi, e quindi i conseguenti livelli di trattamento, vanno fissati con lo scopo di garantire voluti obiettivi di qualità per il corpo idrico, nell’ambito di un bilancio globale di tutti gli apporti, naturali e antropici, che ad esso pervengono e che contribuiscono a formarne lo stato di salute;

 vanno tuttavia rispettati i limiti minimi inderogabili riportati nella Parte Terza, All.5 del D.lgs. 152/06 (art.101, D.lgs. 52/06); per reflui industriali i limiti inderogabili sono quelli per le sostanze pericolose della Tab.5.

Al titolo II della sezione II alla Parte Terza del D.Lgs. 152/2006 vengono fissati gli obiettivi di qualità (ambientale e per specifica destinazione); il titolo III tratta la tutela dei corpi idrici con particolare riferimento alla tutela quantitativa (risparmio idrico) e qualitativa (disciplina degli scarichi) della risorsa; al titolo IV troviamo gli strumenti di tutela tra i quali i piani di gestione e piani di tutela delle acque, i criteri autorizzativi e il controllo degli scarichi.

Pertanto le fasi attraverso cui si sviluppano le attività di risanamento dei corpi idrici sono:

a) la definizione di obiettivi di qualità per specifica destinazione d’uso (potabile, balneare, industriale etc.) e ambientale, che si vogliono garantire per il corpo idrico;

a) il monitoraggio delle caratteristiche dei corpi idrici e delle possibili fonti di inquinamento;

b) l'identificazione dello stato di qualità dei corpi idrici e la loro conseguente classificazione, secondo un criterio quantitativo basato sui risultati del monitoraggio;

c) il risanamento dei corpi idrici, con l’individuazione dei provvedimenti atti a raggiungere l’obiettivo di qualità voluto o a mantenere quello già posseduto.

Gli obiettivi di qualità dei corpi idrici sono suddivisi in due classi principali di “obiettivi di qualità” che devono essere garantite per i “corpi idrici significativi”:

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a) l'obiettivo di qualità per specifica destinazione individua lo stato dei corpi idrici idoneo a una particolare utilizzazione;

a) l'obiettivo di qualità ambientale è definito in funzione della capacità dei corpi idrici di mantenere i processi naturali di autodepurazione e di supportare comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate.

Le misure per il raggiungimento di tali obiettivi sono contenuti nel “Piano di Tutela”, che costituisce piano stralcio del Piano di bacino, previsto dalla Legge 183/89.

4.2 Il Piano di Tutela delle acque

4.2.1 Piano di Gestione

Gli obblighi comunitari inerenti l’elaborazione dei piani di gestione sono stati recepiti nella normativa nazionale attraverso l’articolo 117, Parte Terza, del D.Lgs. 152/06 il quale, nell’ambito del quadro più ampio della pianificazione distrettuale, prevede l’obbligo per ciascun distretto idrografico di adottare un Piano di Gestione.

Il Piano di Gestione delle Acque è, ai sensi della Direttiva CEE 2000/60, il “piano direttore” per tutto quello che concerne la tutela qualitativa e quantitativa delle acque superficiali e sotterranee e deve contenere tutti i riferimenti per un uso sostenibile delle risorse idriche, relativamente ai vari tipi di uso (potabile, irriguo, industriale) e alla salvaguardia dei corpi idrici.

L’attuale assetto normativo, individua diversi livelli di pianificazione, articolati come segue:

 per ciascuno dei distretti individuati, il D.Lgs. 152/06 (art.63) prevede l’istituzione di una Autorità di bacino distrettuale, responsabile della redazione del Piano di Gestione (art. 117). Il Piano di Gestione costituisce stralcio del Piano di Bacino Distrettuale;

 il D.Lgs. 152/06, inoltre, stabilisce ulteriori obblighi in materia di pianificazione, ponendo in capo alle Regioni l’obbligo di redigere un Piano di Tutela per il proprio territorio, che costituisce uno specifico piano di settore (art. 121). Aspetti quali lo stato dei corpi idrici e le misure per la tutela quali-quantitativa delle acque rientrano tra gli elementi del Piano di Tutela.

Il Piano di Gestione viene predisposto dalle Autorità di distretto ed emanato con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri.

La pianificazione della tutela delle acque e delle risorse idriche definita a livello comunitario dalla Direttiva Quadro sulle Acque (WFD) persegue obiettivi ambiziosi così sintetizzabili:

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 proteggere e migliorare lo stato degli ecosistemi acquatici attraverso misure specifiche per la graduale riduzione degli scarichi, ed il ripristino di corrette condizioni idrologiche ed idromorfologiche, raccordandosi ed integrandosi con la direttiva 2007/60/CE cosiddetta "direttiva alluvioni" ed il relativo Piano di Gestione del Rischio Alluvioni;

 assicurare la graduale riduzione dell'inquinamento delle acque sotterranee ed impedirne l'aumento;

 raggiungere e/o mantenere lo stato di "buono" salvo diversa disposizione dei piani stessi; per tutte le acque con cadenza sessennale, 2021, 2027.

Il Piano di Gestione delle Acque di ogni distretto idrografico, pertanto, è piano stralcio del piano di bacino, ai sensi dell'art. 65 del D.Lgs 152/06, per quanto riguarda la tutela delle acque e la gestione delle risorse idriche.

E' quindi il riferimento per la pianificazione operativa di dettaglio per la tutela delle acque a livello di singolo corpo idrico, da perseguirsi attraverso il Piano di Tutela, la cui elaborazione, approvazione ed attuazione è demandata alla Regione.

Relativamente agli ambiti territoriali di competenza, i contenuti dei Piani di Tutela sono ampiamente coincidenti con quelli del Piano di Gestione, ciò implica che i Piani di Tutela, realizzati e/o in corso di ultimazione, rappresentano un imprescindibile riferimento per la redazione del Piano di Gestione.

4.2.2 Piano di Tutela

Il D.Lgs. 152/06 definisce: “Il Piano di tutela delle acque costituisce uno specifico piano di settore ed è articolato secondo i contenuti elencati nel presente articolo, nonché secondo le specifiche indicate nella parte B dell'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto” (comma 1 dell’art. 121). Secondo quanto indicato all’art. 121, comma 4 del D.Lgs 151/06, il Piano di Tutela deve contenere:

 i risultati dell’attività conoscitiva;

 l’individuazione degli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione d’uso (potabile,irriguo,industriale);

 l’elenco dei corpi idrici a specifica destinazione d’uso e delle aree che richiedono misure di prevenzione dall’inquinamento e di risanamento;

 le misure di tutela per ogni bacino idrografico;

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 il programma di verifica dell’efficacia degli interventi previsti;  gli interventi di bonifica dei corpi idrici.

Pertanto il Piano di Tutela delle acque è lo strumento con il quale vengono definite le misure necessarie al raggiungimento degli obiettivi di tutela ambientale qualitativa e quantitativa dei sistemi idrici, a scala regionale e di bacino idrografico.

Il Piano è l'articolazione di dettaglio, a scala regionale, del Piano di Gestione delle Acque del distretto idrografico e l'elaborazione dello stesso, che costituisce piano stralcio di settore del Piano di bacino, è demandata alle Regioni, in accordo con le Autorità di bacino.

Alla base del Piano di Tutela vi è la conoscenza degli aspetti quantitativi naturali che caratterizzano i corpi idrici (andamenti temporali delle portate nei corsi d'acqua, delle portate e dei livelli piezometrici negli acquiferi sotterranei, dei livelli idrici nei laghi, serbatoi, stagni). Da tale conoscenza, scaturisce la possibilità di conseguire i due principali obiettivi del Piano:

 il mantenimento o il riequilibrio del bilancio idrico tra disponibilità e prelievi, indispensabile per definire gli usi compatibili delle risorse idriche al fine della loro salvaguardia nel futuro;

 la stima delle caratteristiche di qualità dei corpi idrici attraverso l'intensificazione del monitoraggio e la conseguente definizione degli interventi per il conseguimento degli obiettivi di qualità.

Il Piano di Tutela delle acque garantisce lo snodo di raccordo tra la pianificazione strategica distrettuale e quella regionale, traducendo sul territorio le disposizioni a larga scala dei piani di gestione con disposizioni di dettaglio adattate alle diverse situazioni e strumenti di pianificazione locali, anche attraverso le risultanze di una più accurata comparazione tra costi previsti/sostenuti e benefici ambientali ottenuti/ottenibili.

Con la delibera n.11 del 10 gennaio 2017 la Regione Toscana ha avviato il procedimento di aggiornamento del Piano di Tutela delle Acque della Toscana del 2005 , contestualmente con l'approvazione del documento preliminare n. 1 del 10 gennaio 2017, la Giunta Regionale ha disposto l'invio dell'informativa al Consiglio Regionale Toscano prevista dall'art. 48 dello statuto.

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Capitolo 5 La disciplina degli scarichi

5.1 La disciplina degli scarichi secondo il D. Lgs.152/06

La disciplina degli scarichi è trattata alla Sezione II, Titolo III, Capo III della Parte Terza del D.Lgs. 152/06.

Il comma 1 dell'art. 101 del D.Lgs. 152/06 specifica quanto segue:

“Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e devono comunque rispettare i valori limite previsti nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. L'autorizzazione può in ogni caso stabilire specifiche deroghe ai suddetti limiti e idonee prescrizioni per i periodi di avviamento e di arresto e per l'eventualità di guasti nonché per gli ulteriori periodi transitori necessari per il ritorno alle condizioni di regime”.

Nell’ambito degli “scarichi” di origine urbana4 viene fatta differenza tra le varie emissioni prodotte, a cui sono applicati differenti limiti secondo un duplice criterio:

 natura delle acque veicolate (caratteristiche quali-quantitative);  provenienza degli scarichi (domestici, produttivi, meteorici).

La disciplina degli scarichi contenuta nel D.lgs. 152/06 prevede un doppio canale di controllo degli scarichi:

 quello tabellare, riportato nell'All.5 alla Parte Terza del decreto, i cui limiti sono differenziati in funzione della provenienza degli scarichi; essi costituiscono valori inderogabili, di cui quindi non può essere concesso il superamento (limitatamente ai parametri nelle Tabelle 1, 2 e 5);

 quello individuato dalle Regioni nell’ambito della redazione del Piano di Tutela delle Acque (PTA), finalizzato al rispetto degli obiettivi di qualità che si vogliono raggiungere e garantire per i corpi idrici ricettori, da cui dipende la scelta dei limiti su concentrazioni e carichi massimi ammissibili per gli scarichi che in essi trovano recapito;

4 . Gli scarichi urbani sono classificati secondo la tipologia di acque sottoelencate:

 ACQUE REFLUE DOMESTICHE

 ACQUE REFLUE INDUSTRIALI

 ACQUE REFLUE URBANE

 ACQUE METEORICHE

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Sempre all’art. 101 del D.Lgs. 152/06 troviamo i criteri generali alla disciplina degli scarichi, quali:

le Regioni non possono stabilire valori limite meno restrittivi di quelli fissati nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto:

a) nella Tabella 1, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali;

b) nella Tabella 2, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici superficiali ricadenti in aree sensibili;

c) nella Tabella 3/A, per i cicli produttivi ivi indicati;

d) nelle Tabelle 3 e 4, per quelle sostanze indicate nella Tabella 5 del medesimo Allegato.

 Tutti gli scarichi, ad eccezione di quelli domestici e di quelli ad essi assimilati ai sensi del comma 7, lettera e), devono essere resi accessibili per il campionamento da parte dell'autorità competente per il controllo nel punto assunto a riferimento per il campionamento.

 Sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque reflue:

a) provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del terreno e/o alla silvicoltura;

b) provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame;

c) provenienti da imprese dedite alle attività di cui alle lettere a) e b) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall'attività di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la disponibilità;

d) provenienti da impianti di acqua coltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e che si caratterizzino per una densità di allevamento pari o inferiore a 1 Kg per metro quadrato di specchio d'acqua o in cui venga utilizzata una portata d'acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo;

e) aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate dalla normativa regionale;

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Gli Art. 102, 103, 104, 105, 106, 107, 108, 109 e 110 forniscono ulteriori specifiche indicazioni per le seguenti tipologie di scarico:

 Scarichi di acque termali;

 Scarichi sul suolo;

 Scarichi nel suolo e nelle acque sotterranee;

 Scarichi in acque superficiali;

 Scarichi di acque reflue urbane in corpi idrici in aree sensibili;

 Scarichi in reti fognarie;

 Scarichi di sostanze pericolose;

 Trattamento rifiuti presso impianti di trattamento acque reflue. I punti più significativi sono:

Art. 103 (Scarichi sul suolo) – 1. È vietato lo scarico sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, fatta eccezione:

a) per i casi previsti dall'articolo 100, comma 3;

b) per gli scaricatori di piena a servizio delle reti fognarie;

c) per gli scarichi di acque reflue urbane e industriali per i quali sia accertata l'impossibilità tecnica o l'eccessiva onerosità, a fronte dei benefici ambientali conseguibili, a recapitare in corpi idrici superficiali, purché gli stessi siano conformi ai criteri ed ai valori-limite di emissione fissati a tal fine dalle regioni ai sensi dell'articolo 101, comma 2. Sino all'emanazione di nuove norme regionali si applicano i valori limite di emissione della Tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;

Art. 105 (Scarichi in acque superficiali) – 1. Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali devono rispettare i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell’articolo 101, commi 1 e 2, in funzione del perseguimento degli obiettivi di qualità.

2. Gli scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie, provenienti da agglomerati con meno di 2.000 abitanti equivalenti e recapitanti in acque dolci ed in acque di transizione, e gli scarichi provenienti da agglomerati con meno di 10.000 abitanti equivalenti, recapitanti in acque marino-costiere, sono sottoposti ad un trattamento appropriato, in conformità con le indicazioni dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

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3. Le acque reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente in conformità con le indicazioni dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

Art. 107 (Scarichi in reti fognarie) - 1. Ferma restando l'inderogabilità dei valori-limite di emissione di cui alla tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e, limitatamente ai parametri di cui alla nota 2 della Tabella 5 del medesimo Allegato 5, alla Tabella 3, gli scarichi di acque reflue industriali che recapitano in reti fognarie sono sottoposti alle norme tecniche, alle prescrizioni regolamentari e ai valori-limite adottati dall'Autorità d'ambito competente in base alle caratteristiche dell'impianto, e in modo che sia assicurata la tutela del corpo idrico ricettore nonché il rispetto della disciplina degli scarichi di acque reflue urbane definita ai sensi dell‘articolo 101, commi 1 e 2.

2. Gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti fognarie sono sempre ammessi purché osservino i regolamenti emanati dal soggetto gestore del servizio idrico integrato ed approvati dall'Autorità d'ambito competente.

5.1.1 Assimilazione ad acque reflue domestiche secondo il Regolamento n. 46/R, 2008

All’Art. 18 del D.P.G.R. 8 settembre 2008, n. 46/R (Regolamento di attuazione della Legge Regionale 31 maggio 2006, n. 20 "Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento") troviamo ulteriori indicazioni per quanto riguarda l’assimilazione delle acque reflue scaricate da attività produttive ad acque reflue domestiche, in particolare il comma 1 riporta quanto segue:

1. “Le acque reflue scaricate da insediamenti e/o stabilimenti di cui alla tabella 1 dell'allegato 2 al presente regolamento hanno caratteristiche qualitative equivalenti ad acque reflue domestiche sempreché rispettino tutte le condizioni stabilite nell'allegato 2 al presente regolamento”.

Di seguito è rappresentata la tabella 1 dell’allegato 2 al Regolamento n. 46/R che riporta le condizioni vincolanti per lo scarico in termini di Abitanti Equivalenti per scarichi rispettivamente in pubblica fognatura e fuori dalla pubblica fognatura.

Inoltre al Capo 1 dell’allegato 2 sono indicate ulteriori indicazioni per l’assimilazione delle acque reflue domestiche.

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5.2 Limiti di emissione degli scarichi

I limiti di emissione degli scarichi sono indicati nell’Allegato 5 alla Parte Terza del D.Lgs. 152/06.

L'Allegato 5 “Limiti di emissione degli scarichi idrici” pertanto è fondamentale nell'approccio alla disciplina delle autorizzazioni allo scarico e si articola in quattro parti:

 Scarichi in corpi d'acqua superficiali;  Scarichi sul suolo;

 Indicazioni generali;

 Metodi di campionamento e analisi.

Inoltre l’Allegato 5 contiene sei tabelle, quattro delle quali sono particolarmente significative per gli scarichi industriali; le tabelle dei limiti di emissione per gli scarichi industriali sono elencate di seguito:

 Tabella 3. Limiti di emissione in acque superficiali e in fognatura;

 Tabella 3/A. Limiti di emissione per unità di prodotto riferiti a specifici cicli produttivi;  Tabella 4. Limiti di emissione per le acque reflue urbane ed industriali che recapita sul

suolo;

 Tabella 5. Sostanze per le quali non possono essere adottati limiti meno restrittivi di quelli indicati in Tab. 3, per lo scarico in acque superficiali e per lo scarico in rete fognaria, o in Tab. 4 per lo scarico sul suolo.

Il punto 1 dell’Allegato 5 (Scarichi in corpi d’acqua superficiali) a sua volta si articola in: 1.1 Acque reflue urbane;

1.2 Acque reflue industriali.

Per quanto riguarda gli scarichi industriali al punto 1.2 vengono indicate le prescrizioni generali, le determinazioni analitiche e ulteriori prescrizioni per gli scarichi contenenti sostanze pericolose.

Il punto 1.2.1 riporta le seguenti indicazioni riguardo la definizione di concentrazioni limite diverse da quelle fissate dal D.Lgs. 152/06 da parte degli organi di controllo su scala regionale:

1.2.1 Prescrizioni generali

“Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali devono essere conformi ai limite di emissione indicati nella tab. 3 o alle relative norme disposte dalle Regioni.

I valori limite di emissione che gli scarichi interessati non devono superare sono espressi,in linea di massima, in concentrazione.

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Tuttavia, le Regioni, nell’esercizio della loro autonomia,in attuazione dei piani di tutela delle acqua, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili, delle migliori tecniche disponibili, definiscono i valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui alla tab. 3 sia in concentrazione massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo.

In questo caso, i valori limite espressi in concentrazione devono essere coerenti, e comunque non possono essere superiori,con quelli in peso dell’elemento caratteristico dell’attività edil relativo fabbisogno d’acqua, parametro quest’ultimo che varia in funzione dei singoli processi e stabilimenti.”

Ulteriori indicazioni vengono fornite dalla Legge Regionale 31-5-2006 n. 20 “Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento” che all’Art. 21 (Limiti di emissione nei corpi recettori) riporta le seguenti disposizioni:

1. In applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 124, comma 10, del decreto legislativo e dell'articolo 17, comma 2, l'ente competente al rilascio dell'autorizzazione allo scarico può prescrivere limiti di emissione più restrittivi di quelli disposti dall'allegato 5 della parte III del decreto legislativo, qualora sia necessario per il mantenimento e raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione previsti dai piani di tutela. In particolare per le sostanze pericolose di cui alle tabelle 1A e 1B dell'allegato 1 alla parte III del decreto legislativo, si autorizzano limiti allo scarico tali da non compromettere il raggiungimento e mantenimento degli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione.

2. L'ente competente al rilascio dell'autorizzazione allo scarico, nel caso di scarichi fuori dalla pubblica fognatura, in applicazione dell'articolo 101, commi 1 e 2, del decreto legislativo e dell'articolo 17, comma 2, della presente legge, può definire, sentito il parere dell'ARPAT, limiti di emissione diversi da quelli dell'allegato 5 alla parte III del decreto legislativo nel rispetto delle disposizioni del comma 3 del presente articolo.

3. Il comma 2 è applicabile nel rispetto delle seguenti condizioni:

a) limiti diversi da quelli previsti dall'allegato 5 alla parte III del decreto legislativo possono essere previsti nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 101, comma 2, del decreto legislativo; b) limiti diversi non possono essere stabiliti per scarichi direttamente adducenti a corpi idrici significativi nei quali non sia già stato raggiunto lo stato di qualità ambientale di buono;

c) il limite diverso non deve compromettere il mantenimento degli obiettivi di qualità per specifica destinazione;

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4. Nel caso lo scarico oggetto dell'autorizzazione presenti sostanze non disciplinate, neanche in via generale, dalla vigente normativa può disporre, sentito il parere dell'ARPAT, limiti di emissione, in concentrazione e massa, che ritiene necessari per il mantenimento e raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione previsti dai piani di tutela.

5.3 Regime autorizzatorio degli scarichi

5.3.1 D. Lgs. 152/06 e normativa regionale

Gli artt. 124 e 125 al capo II “Autorizzazione agli scarichi” del D.Lgs. 152/06 definiscono i criteri generali per l'autorizzazione allo scarico e forniscono indicazioni per quanto riguarda gli adempimenti tecnici e amministrativi da rispettare nella domanda di autorizzazione allo scarico di acque reflue industriali.

Si riportano parte dei contenuti degli articoli suddetti rilevanti ai fini dell'autorizzazione degli scarichi:

Art. 124 (Criteri generali) – 1. Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati.

2. L'autorizzazione è rilasciata al titolare dell'attività da cui origina lo scarico. Ove uno o più stabilimenti conferiscano, tramite condotta, ad un terzo soggetto, titolare dello scarico finale, le acque reflue provenienti dalle loro attività, oppure qualora tra più stabilimenti sia costituito un consorzio per l'effettuazione in comune dello scarico delle acque reflue provenienti dalle attività dei consorziati, l'autorizzazione è rilasciata in capo al titolare dello scarico finale o al consorzio medesimo, ferme restando le responsabilità dei singoli titolari delle attività suddette e del gestore del relativo impianto di depurazione in caso di violazione delle disposizioni della parte terza del presente decreto.

Art. 125 (Domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali) – 1. La domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali deve essere corredata dall'indicazione delle caratteristiche quantitative e qualitative dello scarico e del volume annuo di acqua da scaricare, dalla tipologia del ricettore, dalla individuazione dei punto previsto per effettuare i prelievi di controllo, dalla descrizione del sistema complessivo dello scarico ivi comprese le operazioni ad esso funzionalmente connesse, dall'eventuale sistema di misurazione del flusso degli scarichi, ove richiesto, e dalla indicazione delle apparecchiature impiegate nel processo produttivo e nei sistemi di scarico nonché dei sistemi di depurazione utilizzati per conseguire il rispetto dei valori limite di emissione.

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2. Nel caso di scarichi di sostanze di cui alla tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella medesima tabella 3/A, la domanda di cui al comma 1 deve altresì indicare:

a) la capacità di produzione del singolo stabilimento industriale che comporta la produzione o la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze di cui alla medesima tabella, oppure la presenza di tali sostanze nello scarico. La capacità di produzione dev'essere indicata con riferimento alla massima capacità oraria moltiplicata per il numero massimo di ore lavorative giornaliere e per il numero massimo di giorni lavorativi;

b) il fabbisogno orario di acque per ogni specifico processo produttivo.

A livello regionale (Regione Toscana) i riferimenti autorizzatori sono contenuti nella L.R. 31-5-2006 n. 20 “Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento” agli artt. 4, 5 e 6 del Capo II dove vengono disciplinate in ordine: l'autorizzazione allo scarico di acque reflue non in pubblica fognatura, autorizzazione allo scarico di acque reflue in pubblica fognatura, le modalità di rinnovo alle autorizzazioni allo scarico.

Ulteriori riferimenti li troviamo nel D.P.G.R. 8 settembre 2008, n. 46/R (Regolamento di attuazione della legge regionale 31 maggio 2006, n. 20). In particolare il Titolo II “Autorizzazioni allo scarico di acque reflue e meteoriche” al Capo I (Artt. 5-12) disciplina il rilascio di nuove autorizzazioni e, al Capo II (Artt. 13,14), il rinnovo delle autorizzazioni allo scarico di acque reflue.

5.3.2 Autorizzazione Unica Ambientale (AUA)

L'Autorizzazione Unica Ambientale (AUA) è un provvedimento autorizzativo unico, istituito dal Decreto del Presidente della Repubblica 13/03/2013, n.59, che sostituisce e comprende sette diversi titoli abilitativi in materia ambientale, che prima venivano richiesti e ottenuti separatamente.

L'AUA si pone quindi come strumento di semplificazione amministrativa che risponde alla duplice esigenza di garantire la tutela dell’ambiente e ridurre gli oneri burocratici a carico degli operatori privati e pubblici determinando un miglioramento, in termini di efficienza, dell’intero sistema autorizzativo.

Il D.P.R. 13 marzo 2013 n°59 “Regolamento recante la disciplina dell'autorizzazione unica ambientale e la semplificazione di adempimenti amministrativi in materia ambientale gravanti sulle piccole e medie imprese e sugli impianti non soggetti ad autorizzazione integrata ambientale” definisce le procedure, i termini, il ruolo dei soggetti competenti in materia di AUA. Il Decreto rappresenta, sotto un certo profilo, la risposta del legislatore alla richiesta delle imprese di

(32)

semplificare i procedimenti afferenti ad una molteplicità di autorizzazioni e comunicazioni previste da leggi in materia ambientale per il tramite del SUAP (Sportello Unico per le Attività Produttive). Secondo il D.Lgs. 152/06, l’Autorizzazione Unica Ambientale (AUA) viene richiesta dai gestori degli impianti di cui all’art. 1 del Decreto stesso nel caso in cui siano assoggettati, ai sensi della normativa vigente, al rilascio, alla formazione, al rinnovo o all’aggiornamento di almeno uno dei seguenti titoli abilitativi:

a) autorizzazione agli scarichi di cui al capo II del titolo IV della sezione II della Parte terza del D.Lgs. 152/06;

a) comunicazione preventiva di cui all'art. 112 del D.Lgs. 152/06, per l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari e delle acque reflue provenienti dalle aziende ivi previste;

b) autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti di cui all'art. 269 del D.Lgs. 152/06;

c) autorizzazione generale di cui all'art. 272 del D.Lgs. 152/06;

d) comunicazione o nulla osta di cui all'articolo 8, commi 4 o comma 6, della legge 26 ottobre 1995, n. 447;

e) autorizzazione all'utilizzo dei fanghi derivanti dal processo di depurazione in agricoltura di cui all'art. 9 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99;

f) comunicazioni in materia di rifiuti di cui agli artt. 215 e 216 del D.Lgs. 152/06. Pertanto le acque che ricadono in AUA sono:

 Acque reflue industriali da processi produttivi

 Acque reflue industriali da raffreddamento

 Acque reflue industriali di lavaggio

 Acque reflue meteoriche di dilavamento5

L’ Autorizzazione Unica Ambientale (AUA) si applica a tutte:

5 Le acque meteoriche di dilavamento (AMD) si distinguono in: acque meteoriche di prima pioggia (AMPP), acque meteoriche contaminate (AMC) e acque meteoriche dilavanti non contaminate (AMDNC); sono disciplinate da:

 D.Lgs. 152/06 all'art. 113;

(33)

 le imprese che non sono soggette all’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), indipendentemente dalla loro dimensione (piccole, medie o grandi) e che hanno la necessità di dotarsi di almeno uno dei sette titoli abilitativi suesposti (si veda l’art.1, comma1, D.P.R. n.59/2013);

 le PMI “Piccole e Medie Imprese” (di cui all'articolo 2 del decreto del Ministro delle attività produttive 18 aprile 2005);

 i gestori che eserciscono attività soggette a sole comunicazioni (per esempio per il recupero di rifiuti in regime semplificato) ovvero all’autorizzazione alle emissioni di carattere generale di cui all’articolo 272 del D.Lgs. 152/06 possono decidere di non richiedere l'AUA fermo restando il passaggio attraverso il SUAP per la presentazione delle istanze(articolo 3, comma 3, D.P.R. n.59/2013).

Mentre non possono usufruire dell'AUA:

 gli impianti soggetti ad AIA;

 i progetti sottoposti a V.I.A.(art.26 del D.Lgs 152/2006 e, s.m.i.);

 le procedure ordinarie per i rifiuti (art.208 del D.Lgs 152/2006 e, s.m.i.);

 gli impianti FER “Impianti di Energia da Fonti Rinnovabili” (D.Lgs. 387/2003);

 le attività soggette alla direttiva “nitrati” (direttiva “nitrati” 2011/721/UE);

 gli impianti asserviti ad attività di bonifica/MISE;

 gli impianti di depurazione acque reflue urbane, inclusi gli impianti tecnicamente connessi (ad es. sfioratori).

L’AUA va richiesta in caso di stabilimento/attività/impianto nuovo o di trasferimento dello stesso e nel caso di stabilimento/attività/impianto esistente (al 13 giugno 2013):

 allo scadere della prima autorizzazione/comunicazione sostituita dall'AUA, nel rispetto dei termini di rinnovo previsti dalla specifica norma di riferimento;

 al verificarsi delle condizioni che comportino la necessità di procedere alla richiesta di una modifica sostanziale che comporti la presentazione di una nuova domanda per la singola autorizzazione/comunicazione, sostituita dall'AUA.

Il gestore, ai sensi dell’art. 3, comma 3, del D.P.R. 59/2013, può non avvalersi dell’AUA qualora si tratti di attività soggette solo a comunicazione o ad autorizzazione di carattere generale.

(34)

All'art. 4 del D.P.R. 59/2013 viene definita la procedura per il rilascio dell'AUA; in particolare vengono fornite indicazioni per quanto riguarda le modalità di presentazione dell'istanza comprese le comunicazioni e l'iter amministrativo che vede tre casistiche applicative in funzione della tipologia dei titoli sostituiti e delle procedure amministrative che caratterizzano il rilascio degli stessi, in particolare:

a) procedimenti di durata inferiore o pari a 90 giorni in cui sia necessario acquisire solo l'Autorizzazione Unica Ambientale (Art. 4, comma7);

a) procedimenti di durata superiore a 90 giorni in cui sia necessario acquisire solo l'Autorizzazione Unica Ambientale (Art. 4, comma7);

b) procedimenti in cui è necessario acquisire, oltre all'Autorizzazione Unica Ambientale, ulteriori atti di assenso o autorizzazioni (Art. 4, commi 4 e 5).

Inoltre, ai sensi del D.P.R. 59/2013 valgono le seguenti disposizioni riguardanti la durata dell'autorizzazione, le modalità di rinnovo e le modifiche:

 L'AUA ha durata pari a 15 anni, ai sensi dell’art. 3, comma 6, del D.P.R. 59/2013, a decorrere dalla data dell’adozione del provvedimento.

 Il rinnovo dell’AUA deve essere richiesto dal gestore alla Regione, tramite il SUAP, almeno sei mesi prima della scadenza secondo quanto previsto dall’art. 5 del D.P.R. 59/2013.

 Le modifiche sono disciplinate dall’art. 6 del Regolamento.

 Sono sostanziali ai fini dell’AUA le modifiche che risultano essere sostanziali ai fini delle normative (nazionali e regionali) settoriali.

Il gestore che intende effettuare una modifica sostanziale presenta una domanda di autorizzazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 4 del d.P.R. 59/2013. L’iter procedurale è analogo a quello previsto per una nuova istanza di AUA.

Il gestore che intende effettuare una modifica non sostanziale dell’attività o dell’impianto ne dà comunicazione alla Regione salvo quanto previsto dal c. 3 dell’art. 6 del D.P.R. 59/2013, nel caso in cui quest’ultima non si esprima entro 60 giorni dalla comunicazione, può procedere all’esecuzione della modifica. La Regione provvede, ove necessario, ad aggiornare l’autorizzazione in atto e tale aggiornamento non incide sulla durata dell’autorizzazione.

Il D.P.R. 59/2013 (art.6, comma 4) prevede “le Regioni possono, nel rispetto delle norme di settore

(35)

“modifica sostanziale” applicabile al titolo abilitativo inerente l'autorizzazione allo scarico è quella fornita dall'art. 124, comma 12 del D. Lgs. 152/06 di seguito riportata:

“...scarico avente caratteristiche qualitativamente e/o quantitativamente diverse da quelle dello scarico preesistente....”.

5.4 Violazioni e sanzioni

La parte terza del D.Lgs. 152/06 prevede due campi sanzionatori principali, corrispondenti alle violazioni di “inquinamento” relative alla violazione del regime tabellare ed alle violazioni riferite alle autorizzazioni allo scarico. Sussistono, poi, naturalmente altri tipi di violazioni di diversa natura, che riguardano illeciti in campi non connessi con i due principi-base di fondo citati i quali rappresentano comunque la struttura portante del sistema sanzionatorio del decreto.

Il D.Lgs. 152/06 all'art. 133 elenca i provvedimenti sanzionatori amministrativi mentre all'art. 137 vengono elencate le sanzioni penali.

Di seguito una tabella riepilogativa dei reati presupposto in materia di inquinamento delle acque previsti dal D.Lgs. 152/06 e le relative sanzioni per la persona fisica e per l'ente.

Figura

Tabella 1 – Tabella di assimilazione delle acque reflue ad acque reflue domestiche.
Tabella 2 – Tabella dei reati presupposto in materia di inquinamento delle acque
Figura 1 – Identificazione territoriale con indicazione dei principali poli industriali.
Tabella 4  – Carico organico potenziale dei comuni costieri toscani nel 2000, (fonte: elaborazione su dati ISTAT e
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