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Guarda Crisi del consenso politico ed obbiettivi di politica economica | Studi Urbinati, A - Scienze giuridiche, politiche ed economiche

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OSV ALDO T'ARQUINIO

CRISI DEL CONSENSO POLITICO ED OBIETTIVI DI

POLITICA ECONOMICA

(2)
(3)

SoMMARIO: l. Premessa. - 2. Esposizione sintetica delle analisi della crisi del consenso politico. - 3 . .Relazioni 'tra crisi del consenso politico e definizione degli obiettivi di politica economica. - 4. In particolare: il problema della distribuzione del reddito. - 5. ,Presumibili riflessi: nel processo di formazione della funzione del benessere sociale. - 6. In particolare: nella validità del· l'uso degli strumenti. - 7. nei livelli della spesa pubblica e nella tendenza politica a ridurli per ridurre il carico di decisioni politiche in economia. -8. Considerazioni finali.

l. · Politologi e sociologi si vanno soffermando sempre più di frequente su di un fenomeno che prenderebbe forma e consistenza nelle società occidentali, vale a dire nelle demo-crazie basate sul libero consenso ; esso è più spesso indicato come « ingovernabilità >> e deriverebbe da una crisi del mec-canismo di formazione del consenso.

N o n sono in condizione di discutere la veridicità delle analisi intorno a questo fenomeno n è di valutarne l' ampiez-za; perciò mi limiterò a riportare, successivamente, alcuni ca-ratteri essenziali che di esso forniscono gli studi di politologi e sociologi.

Mi sembra, però, che questo fenomeno (qualora realmen-te sussista e nella gravità che si attribuisce ad esso) debba o, almeno, possa interessare l'economista; 1n particolare, quello che si occupa del ramo normativo dell'Economia. Que-sti, infatti, ha accettato di assumere gli obiettivi di politica economica dall'esterno, rinunciando ad una definizione che poggi sulla logica economica ( 1) e lasciando che essi derivino da meccanismi di consenso politico

e).

Una crisi di questi

(l) Come facevano V. Pareto (Manuale di economia politica, 1906) e A.C. iPigun (Economia del benessere, 1920).

(2) Dal pensiero di A. Bergson, che ritiene si debbano interpellare i singoli per determinare la quantità e i tipi di beni e servizi desiderati e il tipo di distribu-zione del reddito voluta (preferenze individuali) e nella concedistribu-zione di J. Tinbergen e

(4)

meccanismi mi sembra che possa riportare l'economista a n-pensare la scelta di abbandonare la definizione autonoma de-gli obiettivi di politica economica ; ovvero, a porsi alcune do-mande circa la validità ed i limiti di una tale scelta per una funzionale operatività dei meccanismi dell'economia; o, alme-no, a considerare se si abbiano riflessi di una tale scelta (qua-lora sussistano le condizioni della cosiddetta << ingovernabili-tà )) ) sulla funzione dell'economista stesso nella condotta della politica econom1ca.

In questo senso

e)

mi sembra che possa tentare di for-mulare alcune domande che derivino da alcune suggestioni subite ad una prima riflessione sull'argomento.

2. - Non è intenzione di questo scritto esporre l'ampia letteratura in materia, anche giornalistica, svolta da poli-tologi e sociologi; essa d'altronde, non mi è nota che per al-cum scritti di rassegna e compendio

C).

Ai fini di questo scritto importa soprattutto l'evidenzia-zione delle difficoltà nuove che incontrerebbero i politici nel fornire la funzione di preferenza per la politica economica ; esse deriverebbero dalla crisi del meccanismo del consenso ov-vero da quei fenomeni che detta letteratura chiama di « ingo-ve:rnabilità )) più generalmente. L'esposizione può condurmi

anche a qualche « interpretazione )) (non molto estensiva, spero) della letteratura stessa per maggiormente finalizzare i

di R. Frisch, che ritiene si debbano demandare ai politici, ,come interpreti della col-lettività, le indicazioni degli uni e dell'altro (preferenze dei politici).

{3) Nella convinzione dell'importanza dei rapporti tra scienza economka ed altre discipline sociali espressa da G. Myrdal (« Asian Drama: an Inquiry into the Poverty of Nations "' New York, 19'68, vol. I, p. 5)

(4) I più ampi: R. Rose, « Ungovernability: is there Fire behind the Smoke? JJ,

in: Politica! Studies, n. 3, 1979 (trad. it. in: Problemi di Pubblica Amministrazione, n. l, 19,81), che esamina il problema riepilogando una serie di studi sul sovraccarico governativo finanziati dalla Fondazione Volk.swagen; R. RoSE - J. PETERS, Can Go-vernment go Bankrupt?, Macmillan ,Press, Londra, 1979.

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Crisi del consenso l33

fenomeni da essa rilevati al problema degli obiettivi di poli-tica economica.

Sociologi e politologi rilevano, m sintesi e per quel che importa ai nostri fini, che i conflitti di interessi vanno sempre più estendendosi nella società di oggi ; gli interessi prendono sempre più ampiamente forme organizzate di pressione poli-tica, anche quelli più minuti e particolari; l'autorità politica non può eludere le richieste di questi interessi perché l'orga-nizzazione statuale ha ampliato l'intervento pubblico ai set-tori ed ai problemi più disparati e particolari. Ne deriva che la parcellizzazione socialmente organizzata degli interessi e l'ampiezza di competenze pubbliche provocano la necessità di sempre maggiore dettaglio degli obiettivi pubblici e di politica economica e un sovraccarico di decisioni politiche di governo. Sembra importante rilevare che la necessità di dettagliare sempre più gli obiettivi accresce le occasioni di contradditto-rietà tra essi ( 5 ).

Il governo, nelle democrazie occidentali, SI basa sul

consenso. Nella condizione esposta il consenso è fornito dalle organizzazioni sociali rappresentantive di interessi. La scelta degli obiettivi, nel dettaglio che richiede la parcellizzazione degli interessi socialmente organizzati, diviene estremamente difficile da coniugare con l'ottenimento del consenso da parte dell'autorità governativa; non è più possibile ottenere il

con-(S) « L'elencazione distinta degli obiettivi di politica economica e degli

stru-menti si è dimostrata di notevole aiuto nella verifica della coerenza del sistema di politica economica "• ,R. A. MUNDELL, On the Selection of a Program of Economie Policy with an Application to the Current Situation in the United States, in: Quarterly

Revue della BNL, settembre 19'6,3, p. 262. Ma, se <<l'elencazione distinta" è di aiuto per la << verifica di 'coerenza')) (ovvero serve a meglio evidenziare le contradditto-rietà o le incompatibilità), il dettaglio degli obiettivi, se eccessivo, mi sembra che possa rendere anche più difficile l'opera di aggregazione (su cui si fonda la « fun-zione del benessere sociale 'll) tendente ad evitare il sovrannumero delle variabili da cui può, d'altronde, derivare un sovraccarico di decisioni politiche.

(6)

senso attraverso scelte generali su qualche grande tema socia· le o politico ; esso può derivare solo dal soddisfacimento di interessi concreti ed immediati. Si deve ricorrere sempre più al compromesso ( 6 ), arte politica per eccellenza ma sempre pm complessa e difficile nelle condizioni suddette.

Il compromesso (o la mediazione), nelle dette condizioni, non sempre ottiene l'effetto di consenso voluto dall'autorità di governo; allora questa può ripiegare sull'effettuazione di scelte inefficaci ( 7 ) o sul rinvio della scelta, particolarmente quando la quantità e minutezza delle richieste accentua la con-traddittorietà tra esse rendendo pressocché impossibile la me-diazione.

Ma l 'inefficacia delle scelte o il rinvio di esse può con-durre alla riduzione ( o alla perdita) di autorità del gover-no ( 8 ) ; questa, con un effetto di iterazione evidente, può in-debolire le stesse capacità di mediazione e le possibilità di compromesso del governo.

A questo punto appare sufficientemente chiara la cnsi del meccanismo del consenso ai fini di scelte politiche.

(6) « Ma questi diversi metodi basati più sul compromesso sono difficili

da adottare nel caso in cui obiettivi di un programma sono •più di due e vi sono domande politiche che tendono ad internalizzare ciò che una volta erano i costi esterni». RosE, Ungovernability .. . , trad. it., p. 25; cfr. R. GREGORY, The Price of Amenity, Macmillan, Londra, 1971, per ,una ampia trattazione in tema.

(1) Ovvero, le opera formalmente ma in maniera che da esse non sortisca l'effetto; ma in tali •casi: « i gruppi economici non aderiranno volontariamente alle esortazioni dei managers politici se non hanno alcuna fiducia nel fatto che tali esortazioni sortiranno un effetto», RosE, Ungovernability .. . , trad. it., p. 36. Cfr.

E. K. SCHEUCK, The relationship of Government and Business to the lndividual

in Democratic and Totalitarian Sistem, Institute for Applied Social Research,

Colo-gne, 1977, per l'esame dell'indifferenza dei governanti a raffronto tra i paesi dei-l' ovest e deldei-l'est.

(8) " Le divergenze in materia economica minacciano l'autorità politica quando si possono tradurre in dispute di potere del regime ; ad esempio, sul fatto che tutti i cittadini dovrebbero accettare le regole di governo o la redistrihuzione del reddito », RosE, Ungovemability ... , trad. i t., p. 31.

(7)

Crisi del consenso 135

3. - La fissazione degli obiettivi di politica economica da parte dei politici (preferenza dei politici) è certamente un'o-peraziOne di scelta che deve provenire dal consenso o, al-meno, ha bisogno di consenso.

La crisi del meccanismo di consenso mi sembra che met-terebbe in discussione non so se il valore degli obiettivi di po-litica economica ma certamente la capacità dei politici ad in-dicarli, per lo meno con un sufficiente grado di cTedihilità.

È questa una conclusione cui si perviene con le analisi di politologi e di sociologi, non dimenticando che studi di economisti ( 9 ) avevano già rilevate alcune conseguenze dei so-vraccarichi di compiti sull'amministrazione pubblica nelle condizioni attuali del capitalismo. Infatti, tali analisi eviden-ziano gli impacci dell'autorità politica nel dirimere i conflitti di interessi, impacci che portano le autorità a barattare l'effi-cacia della propria azione con il consenso ( 10 ). La ricerca del consenso, cioè, mi sembra che conduca perlomeno a sfuggire, realmente o formalmente, alle scelte necessarie a formulare un'adeguata funzione di preferenza; ciò per la quantità di obiettivi e l'aggravio di contradditorietà tra essi, derivanti dal-la minutezza delle richieste e dall'ampiezza delle funzioni pubbliche.

I meccanismi politici di formazione del consenso sembra-no, da quanto rilevato fin qui, essere messi in crisi proprio dal problema della definizione degli obiettivi di politica econo-mica, anche se non soltanto da essi ( 11 ).

Se la precedente valutazione circa la cns1 del

meccam-(9) Ch., ad esempio: J. O'CoNNOR, The Fiscal Crisis of the State, St.

Mar-tin's Press, New York, 1973; trad. it. Einaudi, Torino, 1977; J. M. BucHANAN

-R. E. W AGNER, Democracy in Deficit: The Political Legacy of Lord Keynes,

Aca-demic Press, New York, 1977.

(10) RosE, Ungovemability, trad. it., p. 40.

(11) Si cita ad esempio il caso della guerra del Vietnam: « o l'America m-tera era in guerra in Vietnam o non lo era », RosE, Ungovernability . .. , trad. it.,

(8)

smo di consenso politico fatta da politologi e sociologi è nel vero e se quest'ultima interpretazione delle conseguenze di essa sulla definizione degli obiettivi di politica economica è

legittima, si può cercare di porre alcune domande circa i ri-flessi su alcune questioni relative alle discipline economiche.

4. · Innanzitutto : l'incapacità alla sintesi delle istanze sociali da cui fare scaturire la funzione di preferenza (ovvero gli obiettivi di politica economica) può riproporre il grovi-glio di difficoltà per cui fu negata dagli economisti l'ammissi-bilità dei confronti interpersonali di utilità?

Se sussiste una situazione nuova del genere descritto da politologi e sociologi, e come qui interpretata, mi sembra che un noto brano della Rivlin vada rimeditato perché potrebbe avere una nuova valenza. Scriveva la Rivlin ( 12 ) :

« Da quando hanno abbandonato la nozione che fossero ammissibili i confronti interpersonali di utilità ed hanno con-futata l'asserzione di senso comune che togliere un dollaro da un ricco per darlo ad un povero provoca un aumento del be-nessere sociale in generale, (gli economisti) non solo si sono preclusi di occuparsi dei problemi distributivi, ma hanno de-dicato ingegnose risorse intellettuali a spiegarsi reciprocamen-te perché a proposito hanno tanto poco da dire.

La mia reazione istintiva è che l'asserzione di senso co-mune è valida: prendere un dollaro o mille dollari ad un mi-lionario e darli ad un contadino povero con tre bambini affa-mati aumenta di sicuro il benessere totale.

n

problema che in-teressa, però, non è se questa affermazione estrema sia esatta,

ma sin dove ci porti. Il fatto che gli economisti abbiano

dedi-cato molto tempo nell'ultimo decennio allo studio dei poveri e all'individuazione di politiche destinate ad assisterli

dimo-(12) A. M. RIVLIN, Income Distribution - Can Economists Help?. in

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Crisi ,del consenso 137

stra che la m1a reaziOne istintiva è ampiamente condivisa,

anche se non può essere difesa sul piano teorico. Siamo suffi-cientemente sicuri che accrescere il livello inferiore della di-stribuzione del reddito aumenta il benessere totale ; non sia-mo del tutto sicuri di che pensare circa la redistribuzione tra

1 livelli intermedi >>.

Non è ancora questo il problema più importante, che non sarebbe risolto (per quanto esposto prima) affidando l'indica-cazione degli obiettivi ai politici?

Non è forse il caso che gli economisti riprendano gli sforzi alla ricerca di una nuova soluzione ad esso? ( 13 )

5. - Di ordine diverso, ma collegate alle pnme sono le successive perplessità.

Nell'operare la politica economica con la funzione del benessere sociale vi è necessità di iterazione tra il momento di fissazione degli obiettivi e quello di individuazione degli strumenti per conseguirli; tale iterazione richiede che gli obiettivi siano ridefiniti in considerazione degli effetti del-l'uso possibile degli strumenti

C

4 ).

In questa operazione di ridefinizione degli obiettivi in relazione a compatibilità tra essi e tra essi e gli strumenti do-vranno reintervenire i politici sia per una ulteriore scelta tra gli obiettivi sia per il funzionamento degli strumenti. Ma se i politici hanno gli impacci che rilevano politologi e sociologi nell'operare le scelte e se essi tendono a scelte inefficaci al fine di ottenere consenso, come è possibile proseguire nella operazione? Essi avranno già svolto tutto lo sforzo di

media-(13) Anche se con un indirizzo non meramente teorico, come sembra già suggerire il citato brano della llivlin, bensì anche istituzionalistico e non esclusi-vamente economico ma coinvolgente '" tutte le relazioni sociali nel senso più ampio " come pure ritiene Myrdal ('<< Response to Introduction n, American Economie Re-vue, maggio 1972, segnatamente p. 461).

(14) Cfr. L. Izzo, A. PEDONE, L. SPAVENTA, ,F. VoLPI, Il controllo dell'eco-nomia nel breve periodo, F. Angeli, Milano, 1970.

(10)

zwne tra le Tichieste degli inteTessi socialmente organizzati e questo sforzo può anche averli condotti a scelte inefficaci ; come potranno opeTare ancora ulteTiori scelte che rimetteTeb-bero in discussione i precaxi equilibri prima ottenuti con la mediazione

e/

o con un compromesso tra i vari interessi e l'inefficacia di qualche scelta? Almeno, come lo potranno senza rimette1·e in discussione il consenso?

Una tale necessità operativa accentua, mi sembra, le dif-ficoltà dei politici a scegliere tra i vaxi obiettivi possibili, do-vendo ripetutamente dirimere le incompatibilità txa obiettivi e txa essi e gli strumenti e perciò ritornaxe all'operazione di scelta; in ciò essi, spesso, devono anche vincere xesistenze al-l'uso di alcuni strumenti (ed esempio, lo stxumento fiscale) da parte di interessi organizzati ; come è possibile ciò in pre-senza della crisi del meccanismo di consenso che sussistere-rebbe?

Una difficoltà quale quella appena esposta rende ancora possibile il dialogo tra politici ed economisti e la prosecuzio-ne degli sforzi per una coerente ed efficace politica economica?

6. - Ancoxa su quest'ordine di pmblemi vengono altre perplessità che accentuano le motivazioni della domanda di fondo.

Ad esempio, non si sta creando, s1a pu:re involontaria-mente ed indirettainvolontaria-mente, una sfiducia negli strumenti econo-mici, nel possibile uso e nell'efficacia di essi a causa della cri-si del meccanismo di consenso politico?

La non chiarezza degli obiettivi forniti dai politici che tale crisi comporta può riflettexsi autonomamente sull'effi-cacia degli strumenti poiché questi vanno usati in relazione agli obiettivi; la scelta, per motivi di consenso da parte dei politici, di indicazione degli obiettivi, specie di dettaglio, am-bigua o con recondite finalità di inefficacia può condurre ad individuare strumenti non congrui. Ciò al di là degli impacci

(11)

Crisi del consenso 139

che al politico possono venue da motivi di consenso nell'uso stesso degli strumenti adatti.

L'una e l'altra circostanza potrebbero essere causa di un certo clima di sfiducia nell'uso degli strumenti tradizionali di politica economica. Si verificherebbe, cioè, una certa inter-dipendenza tra comportamento politico ai fini di mantenere il consenso, sacrificando l'efficacia delle scelte, e sfiducia nella efficacia intrinseca degli strumenti.

7. · A proposito di strumenti, poi, v'è da rilevare un altro dubbio. La politica fiscale è stata finora usata a fini di politica economica; le circostanze hanno portato ad un uso di tale strumento che si ritiene abbia condotto a livelli eccessivi la spesa pubblica ( 15 ) con riflessi anche sul prelievo tributario.

Si va sempre più imputando, perciò, ai livelli di spesa pubblica lo stato di crisi inflazionistica (o, meglio, di << sta-gflation )) ) in cui si dibattono le economie occidentali oggL Si richiedono perciò non solo tagli alla spesa pubblica ma il ritorno al disimpegno nell'intervento pubblico sull'economia; una sorta di ritorno alla « finanza neutrale ll.

A tale proposito sarebbe da tenere in maggiore conto la considerazione che forse gli strumenti di bilancio pubblico non sono stati usati opportunamente e con gli adeguati accor-gimenti per l'economicità, l'efficacia e la efficienza dell'azio-ne pubblica ( 16 ) ; è tuttavia da considerare, alla luce di

quel-( 15) Cfr., F. REVIGLIO, Spesa pubblica e stagnazione nell' econ01nia italiana, Il

Mulino, Bologna, 1977.

(16) Cfr., F. FoRTE - O. TARQUINIO, Il bilancio dell'operatore pubblico,

Bo-ringhieri, Torino, 1978, ove si analizzano le inadeguetezze delle forme di bilancio e della conduzione deHe azioni pubbliche in relazione appunto all'economicità, al-l'efficacia e all'efficienza di queste. Più in generale, in relazione ai limiti economici di politiche sociali pur valide sul piano dei principi, ·cfr. S. STEVE, « I fondamenti del-la politica sociale, «Giornale degli Economisti, n. 7-8, l9HL

(12)

le crisi del consenso e delle conseguenze di essa di cui nelle analisi di politologi e sociologi, che i contrasti sociali è dubbio che si ridurrebbero portandoli dal piano pubblico al piano privatistico ; o, almeno, sarebbe da spiegare perché tali con-trasti (che costituirebbero, secondo le analisi richiamate, la causa di fondo degli impacci nelle condotte di politica eco-nomica) si comporrebbero più facilmente o più efficacemente spostandoli da un piano pubblico ad un piano privatistico ma-gari evitando anche forme di mediazione politica ( 17 ).

Naturalmente, tale spiegazione dovrebbe Tiguardare il problema degli equilibTi economici, di un più facile ed effi-cace raggiungimento di essi, e non già quello degli equilibri dell'autorità politica; sembra infatti intuitivo che una ridu-zione di carico decisionale politico potrebbe agevolaTe il so-stegno a tale autorità poiché si ridurrebbero le responsabilità dirette di essa.

8. - Gli economisti dibattono da tempo lo stato di crisi del-la disciplina di cui si occupano (

ll) ;

ma quanto di tale crisi può essere dovuto ad un grado di isolamento accentuato di detta di-sciplina del contesto sociale e politico?

Certo, gli economisti sono avvertiti da tempo della neces-sità di considerare le interconnessioni tra scienza economica e altre discipline sociali senza trascurare i fatti politici ed

(17) Una verifica può essere vista nelle trattative tra Confindustria e sinda-cati unitari in Italia nell'autunno 1981, ove le parti, lasciate sdle dal governo a dirimere le questioni della scala mobile e del costo del lavoro, sono pervenute alla rottura delle trattative stesse che ha costretto il governo a riprendere un'opera di mediazione. Cfr., anche per la cosiddetta « riscoperta del mercato ll: F. CAFFÉ,

Prefazione a: O'CONNOR, op. cit., pp. IX-XI della trad. i t. nella « PJB.E. l))' 1979.

(18) F. CAFFÈ (a cura), L'autocritica dell'economista, Laterza. Bari, 1975;

M. D'ANTONIO {a cura), La crisi post-Keynesiana, Boringhieri, Torino, 1975, ove è

tradotto anche lo scritto di maggiore risonanza sul tema, J. RoBINSON, La seconda crisi della teoria econmnica, (1972).

(13)

Crisi del consenso 141

istituzionali

C

9 ). Perciò, quanto si è qui dedotto dalle analisi di politologi e sociologi circa la crisi del consenso politico for-se non for-serve che da riprova della validità di tali sollecitazioni.

Mi rendo quindi conto perciò che le domande poste ripor-tano a ben più ampie riflessioni; avevo perciò- precisato all'ini-zio che esse scaturivano da suggestioni immediate create dalla lettura di scritti circa la crisi del consenso politico.

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