DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA DELL’ENERGIA DEI SISTEMI, DEL TERRITORIO E DELLE COSTRUZIONI
RELAZIONE PER IL CONSEGUIMENTO DELLA LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA GESTIONALE
Analisi e miglioramento dei Processi di Approvvigionamento, di Logistica in Ingresso e di Picking: il caso di un’azienda di calzature
RELATORI IL CANDIDATO
Prof. Ing. Davide Aloini Rosanna Macrì
Dipartimento dell’Energia dei Sistemi,
del Territorio e delle Costruzioni [email protected]
Indice
Introduzione………5
1. Analisi e mappatura dei processi aziendali ……….7
1.1 Analisi dei processi in letteratura ………...7
1.2 BPM………...8
1.3 Definizione dei processi………..15
1.4 Classificazione dei processi………..15
1.5 Strumenti per la mappatura dei processi………19
1.5.1 Flow Chart………..20
1.5.2 Matrice delle responsabilità………..21
1.5.3 BPMN………..22
1.6 Sistemi di misurazione dei processi………..23
1.6.1 Misure di costo………23
1.6.2 Misure di tempo……….24
1.6.3 Misure di qualità……….24
2. L’Azienda Calzaturiera………..25
2.1 Metodologia di intervento………27
2.2 Analisi del processo di Approvvigionamento AS IS……….28
2.2.1 Matrice delle responsabilità……….33
2.2.2 BPMN………36
2.2.3 Flow chart………..39
2.3 Analisi del processo di Approvvigionamento TO BE………49
2.3.1 Matrice delle responsabilità……….51
2.3.2 BPMN………54
2.3.3 Flow Chart……….55
2.4 Analisi del processo di Logistica in Ingresso AS IS………59
2.4.1 Matrice delle responsabilità……….61
2.4.2 BPMN………63
2.4.3 Flow Chart……….65
2.5.1 Matrice delle responsabilità……….71
2.5.2 BPMN………73
2.5.3 Flow Chart……….74
2.6 Analisi del processo di Picking AS IS………..77
2.6.1 Matrice delle responsabilità………79
2.6.2 BPMN………..81
2.6.3 Flow Chart………82
2.7 Analisi del processo di Picking TO BE………87
2.7.1 Matrice delle responsabilità………88
2.7.2 BPMN………..89
2.7.3 Flow Chart………90
3. Magazzino automatico: Studio di Fattibilità……….93
3.1 Analisi Magazzino AS IS……….94
3.2 Progetto di Massima………98
3.3 Analisi Costi – Benefici………..104
4. Conclusioni ………118
Appendice: Analisi e standardizzazione del processo di codifica……….120
BIBLIOGRAFIA:SITOGRAFIA………138
Sommario
La presente tesi riporta le attività di analisi e miglioramento dei processi di Approvvigionamento, Logistica in ingresso e di Picking di un’azienda calzaturiera. Sebbene l’azienda abbia raggiunto performance qualitative di alto livello, la gestione dei principali processi aziendali interni risponde ancora a un modello prettamente artigianale: i processi gestionali operativi, confinati soprattutto all’interno del magazzino delle materie prime e dei semilavorati, sono scarsamente proceduralizzati e formalizzati e lasciati alla sola esperienza del personale interno. I processi critici segnalati dal management aziendale, sono stati analizzati nel dettaglio con la collaborazione degli operatori interni all’azienda, e successivamente mappati e monitorati. Le soluzioni di ottimizzazione proposte, sono state esposte e condivise con il management e sono in corso di implementazione.
L’approccio aziendale volto al raggiungimento degli obiettivi di ottimizzazione e di incremento dell’attuale quota di mercato rispetto alle altre realtà aziendali operanti nel medesimo settore, ha spinto il management a valutare l’opportunità di investire in un magazzino automatico, previo studio di fattibilità condotto nel presente elaborato e in corso di approvazione da parte degli organi interni.
Abstract
The present thesis is intended to analyze the Processes of Sourcing, Logistics Inbound and Picking of a shoe manufacturer company. Even though the company itself has reached high level quality performances, the management of the main internal business processes is still responding to a model purely artisanal: highly operational management processes, confined mainly inside the warehouse of raw materials and semi-‐finished products, are poorly arranged and formalized and left to the sole experience of internal staff. The critical processes reported by the company management were analyzed in detail with cooperation of people from the company employees at key points, and then mapped and monitored. Optimization solutions proposed have been exhibited and shared with management and are
of optimization and growth of the market shares compared to other companies operating in the same sector, has pushed the management itself to evaluate the opportunity to invest in an automatic storage machine, after a feasibility study conducted in the present analsys, which is actually in the process of approval from the the internal organs.
Introduzione
La spina dorsale del cosiddetto “Sistema Italia” è costituita da una miriade di piccole e micro aziende, spesso nate da intuizioni imprenditoriali di singoli e cresciute in un alveo familiare; ci sono migliaia di esempi, illuminanti in tal senso, di uomini animati dal sacro fuoco del “fare impresa” e capaci di creare dal nulla aziende nei più svariati settori, di farle progredire, crescere, svilupparsi in pratica senza soluzione di continuità. La storia (e le analisi al riguardo) dei processi economici che hanno permesso e caratterizzato il cosiddetto “boom economico” degli anni sessanta del secolo scorso è piena, zeppa, di realtà simili. Le condizioni economiche e sociali del resto rappresentavano l’ideale brodo di coltura per tutte le iniziative a sfondo imprenditoriale; banalizzando e riassumendo, il mercato nelle sue innumerevoli sfaccettature si apriva davanti agli occhi dell’imprenditore come un’immensa prateria, uno sconfinato oceano di opportunità, e per quasi un ventennio (quindi fino all’incirca la fine degli anni settanta) le praterie son rimaste fertili, gli oceani in bonaccia. Poi, il mondo è cambiato.
Il mercato è diventato globale, le distanze si sono accorciate prima materialmente con lo sviluppo di nuove e più efficienti metodologie di trasporto, poi virtualmente con l’avvento della cosiddetta “era tecnologica”; tra i tanti effetti di questa vera e propria rivoluzione, l’aumento della competitività in ogni settore d’interesse e la conseguente riduzione dei margini di reddito hanno costretto gli “attori” del meraviglioso show chiamato “mercato globale” ad una rimodulazione delle rispettive strategie che non poteva, non può e non potrà mai prescindere, ora come allora, da una profonda analisi ed una successiva ristrutturazione delle procedure di gestione interna dei processi. Ecco, l’obiettivo che ha motivato il presente elaborato è il miglioramento dei processi di Logistica in Ingresso e Picking, anche mediante l’introduzione di opportuni strumenti ICT di supporto. Il programma di intervento risponde alle necessità dell’azienda analizzata di supportare l’adozione di nuove procedure/tecniche gestionali e cambiare le attuali prassi organizzative, con particolare attenzione nella fattispecie alla Logistica in Ingresso e al Picking materiali. Questo al fine di poter cogliere l’opportunità di aumentare l’efficienza produttiva. E siccome
rischio di lasciar vuoto lo stomaco simbolico che si nutre dell’applicazione pratica delle stesse, un breve cenno sulla storia della suddetta azienda, in sede di introduzione, è illuminante. L’Impresa analizzata è un’azienda del settore calzaturiero con oltre quaranta anni di storia; in pratica, le sue origini risalgono proprio al periodo in cui l’unico aggettivo in grado di definire lo sviluppo delle microimprese in Italia è il seguente: sfrenato! Nata dall’idea e dallo spirito indomito del suo fondatore, aiutata in senso lato dalla bontà del prodotto e dal traino del valore aggiunto “Made in Italy” in un settore (la moda) che di tradizione e know-‐how si ciba quotidianamente, è cresciuta in maniera esponenziale nel corso degli anni, senza sosta. In un’azienda del genere la crescita (errore di fondo che il mercato globale sta faticosamente correggendo..) si misura(va) con il grado di aumento del fatturato e la si fronteggiava soprattutto con la creazione di nuovi posti di lavoro. L’equazione era semplice: più braccia = più capacità produttiva = più fatturato. Tutto semplice, tutto logico. Ma la globalizzazione (ed alcuni dei suoi figli legittimi, quali l’avvento dei concetti di sub-‐fornitura e delocalizzazione) ha aumentato in maniera esponenziale la concorrenza ed ha diminuito i margini di reddito; l’abbassamento dei prezzi è infatti una delle misure necessarie in una fase in cui la concorrenza la si combatte con la qualità (nel caso di mercati di nicchia come quello calzaturiero dell’alta moda), l’affidabilità (gli ordini vanno evasi per intero ed in tempo per rispettare le esigenze del distributore), l’innovazione (nuovi modelli, nuovi materiali). E se non si può immaginare di combattere la battaglia sui prezzi a scapito dei tre elementi di cui si parlava prima, né tantomeno si può fare stravolgendo lo Statuto dei Lavoratori e trasformando le giornate lavorative in intervalli da 16 ore quotidiane, l’unico modo utile per affrontare le sfide del mercato è quello di ottimizzare i processi ed evitare quelli che, siano semplici “tempi morti”, “scarti di produzione”, “errori umani nella gestione delle commesse” erodono i rendimenti produttivi e, di conseguenza, contraggono il reddito. Fatta questa premessa, resta da esplicitare l’esempio cui si faceva riferimento prima: l’azienda in questione, per quanto strano ed anacronistico possa sembrare, affida(va) il processo di codifica ad un’impiegata con trent’anni di esperienza e militanza in azienda; piuttosto, lo affida(va) alla sua memoria ed alle metodologie che la suddetta impiegata aveva sviluppato nel corso di tre decenni. Inutile a dirsi, un’influenza della signora in questione rappresentava una sorta di cataclisma per l’azienda, soprattutto se la stessa affliggeva la imprescindibile eroina nei momenti
L’uso di pratiche gestionali opportune, oramai consolidate in letteratura, ma estremamente innovative in contesti tutt’oggi ancorati ad una gestione artigianale della produzione – quali quello Calzaturiero – possono infatti insieme alla opportunità offerte dagli strumenti dell’ICT esser motore di innovazione e indurre un importante cambiamento nelle logiche interne di gestione dei processi.
1 Analisi e Mappatura dei processi aziendali
1.1 Analisi dei processi in letteratura
La presente tesi ha lo scopo di approfondire le tematiche dell’analisi dei principali processi di logistica in ingresso e di approvvigionamento di un azienda calzaturiera, ed ovviamente l’approccio più logico è stato quello che ci ha portati ad uno studio approfondito della letteratura esistente, soprattutto per quanto riguarda le diverse tecniche di approccio all’analisi, alla scelta della tecnica di descrizione in funzione del processo in esame e alla modalità di raccolta delle informazioni.
La suddivisione dell’azienda in attività di diversa natura e della catena del valore aziendale, presentate da Porter 1negli anni 80, ha dato via ad una serie di studi ed esperienze aziendali
significative che hanno portato a considerare l’azienda come un insieme di processi inter funzionali e non come un insieme di funzioni. Questo cambiamento ha consentito grandi miglioramenti di efficienza ed efficacia, sia a livello produttivo che manageriale. La visione dell’azienda come un continuo scambio di materiali, informazioni, idee, aumenta la consapevolezza da parte di tutti gli organi interni ed esterni, di ciò che si produce all’interno e richiede una visione d’insieme che non è sempre presente in coloro che la dirigono. Ancora, ricorriamo all’esempio dell’eroina codificatrice impiegata nell’azienda analizzata per chiarire il concetto: nel momento stesso in cui le si presenta l’esigenza di un nuovo codice la signora ha come obiettivo quello di generare un codice che non sia un duplicato di quelli creati in precedenza e non si può non rimarcare come riesca ad assolvere il compito brillantemente. Purtroppo per l’azienda, con i passare degli anni (che in un’azienda
calzaturiera si traduce in almeno tre collezioni stagionali) le stringhe di codifica si sono via via “allungate”, l’inizio di rapporti di collaborazione con nuovi subfornitori e nuovi clienti ha decuplicato le occasioni di codifica ed il processo di creazione della singola distinta base di un prodotto, nonché la successiva esplosione degli ordini è diventato via via sempre più farraginoso. Nondimeno, la mancanza di una visione d’insieme nel processo di codifica e la peculiarità dello stesso fa si che l’intervento umano nella gestione di tutte le sub-‐commesse sia inevitabile e necessario; logica conseguenza, ad un maggiore numero di interventi umani corrisponde un maggiore rischio di errore con conseguenze dirette sul rendimento produttivo. In definitiva, la preferenza diremmo “concettuale” accordata ad una tipologia di processo (la codifica personalizzata) da vita ad una serie di intoppi e disfunzioni procedurali che risultano essere antitetiche rispetto al concetto stesso di “congruità dei processi”, la “radiazione di fondo” che permea ed ispira il lavoro di Porter.
Per tornare alla nostra breve digressione di carattere storico, dopo Porter, i lavori e di Hammer e Champy all’inizio degli anni 90 resero popolare il concetto di Business Process Reengineering (BPR) che venne inteso come un fondamentale ripensamento ed una riprogettazione radicale dei processi al fine di raggiungere miglioramenti importanti nelle misurazioni delle loro performance; molte aziende erano più attente alla burocrazia e ai moduli piuttosto che al cliente e ai suoi bisogni. Il contributo degli autori ha permesso quindi di risvegliare l‘attenzione su quelli che devono essere gli obiettivi principali di ogni singola azienda: soddisfare i clienti attuali e futuri e sollecitare le stesse aziende ad interrogarsi sulle rispettive metodologie di lavoro (a tutto tondo) per ottimizzarle strategicamente e permettere infine di correggerne gli errori.
Nel corso degli anni sono state presentate tecniche e strumenti di rappresentazione dei processi che verranno presentate all’interno della presente tesi.
1.2 BPM Business Process Managment
Il Business Process Managment (BPM) è l’insieme delle attività necessarie per definire, ottimizzare, monitorare e integrare i processi aziendali, al fine di creare un processo orientato a rendere efficiente ed efficace il business dell’azienda. I software dovrebbero
questi obiettivi, un software BPM deve monitorare l’esecuzione dei processi, consentire ai manager di fare analisi e cambiare tecnologia e organizzazione sulla base dei dati concreti piuttosto che in base ad opinioni soggettive o situazioni contingenti. Il BPM consente inoltre di modellare il processo definendo i relativi attori, attività e applicazioni coinvolte identificandole con grandezze quantitative. Tanto maggiori sono il numero e le varietà di attori coinvolti nei processi, tanto lo è il beneficio che trae l’azienda da una definizione strutturata e puntuale dei medesimi. Un altro, rapido, esempio. L’azienda produce moltissimi modelli in pellami di varia natura e qualità. Il taglio delle pelli produce scarti che in virtù delle peculiarità del mercato delle stesse risultano essere spesso di dimensioni che ne consigliano l’immagazzinamento. Succede infatti che può ripresentarsi l’occasione di poterle riutilizzare come componenti e/o accessori per un modello di un’altra collezione ed un altro cliente. Purtroppo però la la codificatrice non può prevedere il futuro e la sua esigenza (primaria, ma anche unica..) è quella di risolvere il problema che le si presenta quotidianamente davanti agli occhi, senza la necessaria visione d’insieme; in ragione di ciò, lo stesso tipo di pelle utilizzato nel caso (a) viene codificato in un modo, il relativo scarto di produzione in maniera consequenziale e quando il responsabile dell’approvvigionamento effettua l’analisi delle giacenze per produrre il modello di cui al caso (b) possono succedere tre cose: Il magazziniere (1) ricorda l’esistenza di pelle simile, il magazziniere (2) lo esclude a priori, il magazziniere (3) non ricorda e si lancia nell’impresa di rovistare negli scaffali tra “scarti” di decine e decine di collezioni, decine e decine di modelli, decine e decine di scatoli di varia natura.
E proprio per prevenire e poi combattere, tra le altre cose, il consolidarsi ed il ricorso a pseudo strategie del genere che bisogna perseguire come obiettivo primario il superamento dell’organizzazione funzionale. L’attribuzione dei compiti e delle responsabilità nelle organizzazioni, infatti, per quanto ispirata da criteri di efficienza, porta a trascurare la dimensione del processo; il BPM, invece nel momento in cui permette di identificare, capire e gestire i processi tra loro correlati come se fossero un sistema, aiuta l‘organizzazione a raggiungere gli obiettivi con efficacia ed efficienza. Con un BPM ben strutturato sarà il pellame ad avere un codice identificativo intellegibile ed univoco e non il modello costruito con esso; con un BPM ben strutturato ci saranno addetti che sapranno gestire la fase di progettazione, quella di gestione dell’ordine e quella relativa alla gestione delle giacenza ed
Principali metodologie del BPM
L’obiettivo principale del BPM in azienda è di ridisegnare ed ottimizzare i processi di business garantendone l’efficacia e l’efficienza nei progetti di cambiamento per rispondere a nuove esigenze di mercato, a requisiti regolatori o conformità a nuove normative. A tal scopo, il BPM ha sviluppato e migliorato diverse metodologie utilizzate per la gestione dei processi. Tra le più comuni si evidenziano:
• Total quality Managment: TQM
Total Quality Managment è un approccio manageriale, ideato negli anni 50 da Kaoru Ishikawa e focalizzato sulla Qualità, nel senso più stretto del termine; infatti l’obiettivo è la ricerca della qualità, in maniera costante e continua, in tutte le attività interessate all’erogazione dei servizi/prodotti, allo scopo di soddisfare il cliente interno ed esterno. E dal momento che sono i processi a governare l’erogazione dei servizi/ prodotti, la concentrazione, lo sforzo dell’intero “sistema azienda” ricade sui processi, alla continua ricerca di metodologie che ne permettano miglioramenti costanti. L’implementazione corretta dell’approccio TQM consente di ridurre drasticamente errori, difetti, e di conseguenza incrementare la produttività e migliorare la competitività.
Per i giapponesi, il Total Quality Manager si compone di quattro processi:
• Kaizen, che si focalizza sul miglioramento;
• Atarimae Hinshitsu, che si concentra sul fatto che le cose debbano funzionare esattamente come ci si aspetta che facciano, sugli aspetti intangibili dei processi e sul modo di ottimizzarli;
• Kansel, che attraverso l’analisi delle modalità secondo le quali un utilizzatore usa un prodotto, porta al miglioramento del prodotto stesso;
• Mirykuteki Hinshitsu, cioè l’idea che gli oggetti debbano avere anche una qualità di tipo estetico
(Appare evidente che nel caso dell’azienda analizzata l’approccio TQM non è applicabile integralmente in maniera diretta: se è indubbio che il processo “Kaizen” permette di individuare le criticità durante le fasi produttive e suggerisce le migliorie necessarie alle stesse ed il processo “Atarimae Hinshitsu” completa l’opera mediante la ristrutturazione inesorabile delle stesse, è altrettanto vero che gli input derivanti dai processi “Kansel” e “Miryuteki Hinshitsu” arrivano in azienda sotto forma di feedback indiretti forniti dalle aziende committenti i prodotti).
• Quality Function Deployment
E’ una tecnica nata in Giappone in ambito manufatturiero, negli anni 70. L’obiettivo principale è la traduzione dei bisogni dei clienti, opportunamente identificati, in caratteristiche tecniche e l’individuazione delle modalità operative necessarie per l’erogazione/produzione efficiente ed efficace. Per dirla in maniera più pratica, non ha senso (a) produrre una scarpa decolleté per la collezione “inverno” di un paese nordeuropeo (per quanto possa essere accattivante il modello, il rischio di trovarsi con piedi congelati sarebbe un deterrente formidabile all’acquisto!) o modelli con tacco 12 (b) da parte di un’azienda che si rivolge alla fascia di mezza età; ovviamente (e qui si parla di modalità operative) nel caso (a) la corretta applicazione del QFD imporrà l’accantonamento di tutte le procedure necessarie alla produzione di modelli di scarpa aperta (dalla progettazione alla creazione passando per le relazioni commerciali con aziende subfornitrici specializzate nella componentistica adatta), nel caso (b) convoglierà risorse alla ricerca e progettazione di una modellistica che riesca ad accontentare l’estetica solo dopo aver garantito l’utlizzabilità.
La tecnica si base su matrici di relazioni, ovvero le stanze della house of quality, in cui vengono riportate le aspettative del cliente, i requisiti tecnici, i requisiti progettuali, la tabella delle correlazioni (tetto della casa), gli obiettivi e le priorità. I presupposti per utilizzare correttamente il QDF sono, come (si spera) gli esempi hanno esplicitato:
• Business Process Improvement (BPI)
È una metodologia che ricerca la massima funzionalità dei processi mediante un miglioramento dei flussi operativi in cui i cambiamenti vengono gestiti in maniera incrementale a partire dalle modalità operative in corso, eliminando inefficienze e passaggi burocratici. A differenza del TQM, che è un approccio cosiddetto “bottom-‐up” (dal basso all’alto) sulla struttura aziendale, il BPI agisce contemporaneamente su tutti i livelli dell’organizzazione, coinvolgendo da subito sia il managment che gli specialisti di settore in attività di medio lungo periodo. L’obiettivo è rendere il processo efficace ed adeguato, evitando l’errore, spesso ricorrente nella ricerca dell’ottimizzazione dei processi complessi, di migliorare i sotto-‐processi senza che il processo nella sua interezza ne tragga i dovuti benefici.
Esempio classico di un approccio di tipo BPI è quello che ha portato alla decisione, nell’azienda esaminata, di trasformare concettualmente le categorie di prodotto, invertendo in maniera drastica il concetto precedentemente utilizzato di “componente”, “semilavorato”, “prodotto finito” per arrivare ad inserire nei processi la figura in questo caso stabilizzatrice di “variante”. Infatti, tenuto conto del sistema arcaico (eufemismo) di codifica, ogni modifica al prodotto iniziale che appariva troppo invasiva rispetto all’originale generava un nuovo articolo, quindi una nuova codifica e per il prodotto finito che per le sue decine di componenti: non importava che la scarpa variasse solo per la lunghezza delle stringhe che chiudevano la caviglia o per la grandezza degli strass applicati sulle stesse. Per le metodologie in uso, quello era un nuovo articolo. Considerando invece la scarpa “al contrario”, non come un prodotto da ridurre in componenti ma bensì come un insieme di componenti da assemblare (quindi, concettualmente parlando, una vera e propria rivoluzione), soprattutto garantendo alle stesse la centralità nei processi progettuali passata attraverso una capillare definizione e codifica, la realizzazione della medesima scarpa ora segue logiche più razionali ed oggettive; soprattutto, la gestione delle (n) varianti di ogni singolo articolo è non solo infinitamente più semplice, ma addirittura implicitamente contemplata già a livello di progettazione!
• Business Process Reengineering BPR
Il concetto di BPR nasce da una radicale riprogettazione dei principali processi di una organizzazione tesa al raggiungimento di fortissimi miglioramenti di risultati. Esposto per la prima volta da Hammer all’inizio degli anni 90, è stato un concetto ripreso successivamente da altri esperti, che hanno a dire il vero mitigato ed “ammorbidito” questi concetti, generando ipotesi e approcci che si differenziano principalmente per la profondità del cambiamento, per l’ampiezza dell’intervento e per il diverso peso specifico degli obiettivi di efficacia o efficienza. La caratteristica di radicalità del BPR nel puntare ad obiettivi di forte discontinuità nei livelli di prestazione, non consente di limitare l’attenzione ai soli flussi operativi, ma obbliga ad una profonda analisi in cui si mettano in discussione gli aspetti organizzativi, le responsabilità, le strutture, le competenze, i sistemi tecnologici ed informatici. Il BPR rappresenta quindi, un approccio complesso e pieno di rischi, che richiede forte leadership, attenzione ai problemi di gestione del cambiamento e una visione di medio lungo periodo. Per intenderci, ci vuole tanta convinzione ed una leadership veramente forte per convincere un magazziniere con vent’anni di esperienza in una singola azienda a timbrare i colli in entrata con una etichetta che verrà generata al computer una volta che egli avrà inserito in una maschera di dialogo le informazioni che il sistema gli richiede, quando per i precedenti due decenni si è limitato a copiare il codice del fornitore con un pennarello risolvendo il tutto in cinque secondi; salvo poi dover riprendere il collo quando la merce si sarà resa necessaria nel reparto di utilizzo, assegnargli il codice fornito dalla codificatrice, premurarsi di annotarlo nel brogliaccio personalizzato che gli permette di ricordare il codice stesso ed il suo utilizzo, gestire poi le scorie e gli avanzi di produzione seguendo la stessa procedura. Trentacinque secondi di differenza in più d’intervento del magazziniere all’entrata della merce si traducono in dieci minuti del suo lavoro risparmiati in futuro. E, non riparliamo della codificatrice e della leadership necessaria per permetterle di comprendere che, di fatto, il suo lavoro è un problema più che una risorsa per l’azienda. L’esempio torna utile anche per spiegare in maniera discorsiva il processo seguente:
Metodologia nata alla fine degli anni 70 ad opera di un pool di ingegneri, nell’ambito di un progetto pilota per soddisfare le necessità di miglioramento della qualità. La tecnica sviluppata rappresenta una vera e propria filosofia operativa in quanto tende non solo a modificare, in positivo, un processo, ma anche a diffondere in azienda la consapevolezza dell’importanza dell’applicazione della nuova metodologia. La principale finalità è la determinazione degli obiettivi da perseguire, a partire dalla conoscenza dello scostamento tra il come è e il come dovrebbe essere (e qui si ritorna al magazziniere..). L’approccio si articola in sei distinte fasi:
1. Definizione; 2. Misura; 3. Analisi;
4. Miglioramento; 5. Controllo;
6. Acquisizione dei risultati;
ed è orientato ai bisogni del cliente, all’eliminazione degli sprechi e a migliorare qualità e performance.
Il processo Six Sigma è probabilmente quello preferibile in un’azienda, come quella analizzata, in cui l’inversione a 180° della metaforica “rotta” da seguire è non solo necessaria quanto obbligatoria. Infatti, nella loro totalizzante ricerca della perfezione teorica gli ideatori di strategie innovative nella gestione dei processi produttivi spesso (e purtroppo) dimenticano che l’applicazione degli stessi passa attraverso l’intervento umano, e sottostimano la necessità che lo stesso sia o debba essere fattuale e convinto. C’è poco da fare; si può provare all’infinito ad imporre le nuove metodologie dall’alto come nel caso della codificatrice e del magazziniere, oppure al modellatore che sostiene di non voler utilizzare, ad esempio, scampoli di pelle già sagomati dal sub-‐fornitore di turno, preferendogli la propria manualità “di cui si fida” e delle sagome-‐modello ritagliate personalmente e con tanta cura, quando magari il sub-‐fornitore in questione si avvale di fustelle comandate elettronicamente dalla memoria di un computer appositamente programmato. Per avere successo, un cammino di ristrutturazione aziendale passa attraverso i singoli momenti in cui la codificatrice si rende conto di persona che la definizione di un singolo codice “variante” a lei richiede un quarto d’ora (per la maggior
gliene sforna a centinaia (quasi tutti dal solo valore teorico, nel senso che non ci sarà bisogno di utilizzarli) e tutti “unici” nel tempo necessario a battere le ciglia, in cui il magazziniere risponde alla richiesta di approvvigionamento di un singolo componente “x” di qualsivoglia singolo reparto dirigendosi a colpo sicuro verso il luogo di stoccaggio dello stesso individuato premendo un comando sul suo computer, in cui il modellatore dovrà limitarsi a verificare la compatibilità del componente già sagomato con il campione assegnato piuttosto che doverlo tagliare in proprio.
1.3 Definizione dei processi
Il processo aziendale (o business process) è un insieme di attività interrelate, svolte all’interno dell’azienda, che creano valore trasformando delle risorse (input del processo) in un prodotto (output del processo) destinato ad un soggetto interno o esterno all’azienda (cliente). Il processo è teso al raggiungimento di un obiettivo aziendale, determinato in sede di pianificazione se questa è presente. La trasformazione di input in output può essere eseguita con l’impiego di lavoro umano, di macchine o di entrambi. L’attività è parte di un processo che non include decisioni, e che quindi non è utile scomporre ulteriormente. Le attività possono sostanziarsi in operazioni su oggetti fisici o informativi oppure in una decisione assunta da un attore coinvolto nel processo. Il sotto processo è una parte del processo che comprende più attività e ha propri attributi in termini di obiettivo, input e output, contribuendo al contempo all’obiettivo più generale del processo. In un processo sono coinvolti più organi aziendali e il loro apporto è coordinato attraverso un flusso di informazioni. Il coordinamento può essere perseguito in più modi:
• formalizzando in procedure i compiti le responsabilità degli organi aziendali che intervengono nel processo;
• Attribuendo la necessaria autorità funzionale ad un’apposita figura manageriale ossia al Process Manager;
• Raggruppando in un'unica unità organizzativa tutti gli organi coinvolti nel processo. Questa soluzione comporta l’abbandono dei tradizionali criteri di raggruppamento basati sull’input o sull’output.
1.4 Classificazione dei processi aziendali
Nelle realtà industriali la classificazione più diffusa è quella dello schema elaborato da Porter basato sulla cosiddetta catena del valore. Secondo tale approccio, i processi aziendali sono divisi tra:
• processi primari, che hanno un maggior impatto sui risultati di business dell’azienda, sono in grado di creare valore riconosciuto dal cliente e le loro prestazioni operative, in termini di costi, qualità e tempi, influenzano fortemente il livello di soddisfazione del cliente finale stesso; in sintesi, sono quei processi che producono direttamente un risultato per l ‘esterno (come, torniamo ad uno degli esempi precedenti, la creazione di una scarpa con tacco più basso e magari più “elastica” per la clientela di mezza età);
• processi di supporto, necessari per la gestione aziendale ma che contribuiscono alla creazione del valore in modo indiretto, svolgendo un ruolo di fornitori dei processi primari, fornendo loro input e supporto, garantendone efficienza ed efficacia. Sono strettamente necessari per il funzionamento dei processi primari, anche se non producono un output riconoscibile dal cliente finale. Sono caratterizzati da soli clienti interni (ad esempio, la migliore comunicazione, in termini di operatività ristretta, tra tutti i reparti coinvolti nella produzione di un modello)
Questo modello prevede nove componenti, distinte tra “infrastrutturali” e di “core business”, legate ai processi caratteristici di una determinata impresa, vedi fig 1 A monte di tale modello troviamo i vincoli legati all’ambiente e alle risorse, mentre a valle è rappresentato l’output che il cliente finale vuole ricevere, il valore che attribuisce al risultato della catena del valore.
Fig. 1 catena del valore Porter
Il modello ha riscosso da subito un enorme successo in quanto:
• differenzia distintamente i processi core business non esternalizzabili in quanto costituiscono il fulcro della creazione del valore per il cliente finale. E le componenti di processo infrastrutturali;
• rende chiara la finalizzazione dei processi, infrustrutturali e non, verso l’obiettivo del soddisfacimento del cliente finale;
Earl e Khan propongono una classificazione che divide i processi in 4 macrocategorie:
• processi core, centrali per il funzionamento dell’impresa e che toccano direttamente il cliente esterno;
• processi di network, che si estendono oltre i confini dell’impresa, coinvolgendo fornitori e clienti;
• processo di supporto, che hanno clienti interni e che rappresentano il sostegno dei processi core;
• processi di management, con i quali vengono pianificate, gestite e controllate le risorse.
Per arrivare a questa classificazione gli autori hanno legato la tipologia di processo con la sua strutturabilità ed il suo impatto sulla performance dell’azienda.
Unendo ed elaborando le classificazioni precedentemente presentate, Berchi e Fontanazza hanno distinto tre macro processi:
• processi direzionali, volti a pianificare, guidare e coordinare gli obiettivi che forniscono le regole di funzionamento di un organizzazione e che verificano la loro applicazione;
• processi operativi, finalizzati all’ottenimento di prodotti e servizi con i quali l’organizzazione si presenta sul mercato; rappresentano quelli a maggiore impatto sui risultati di business dell’azienda;
• processi di supporto, necessari per il funzionamento degli altri processi e forniscono gli elementi infrastrutturali ed i servizi generali di supporto
Un’altra classificazione dei processi è la tripartizione, basata sul modello di Antony tra: • processi direzionali o strategici che concorrono alla pianificazione di medio lungo
termine dell’organizzazione;
• processi gestionali: che concorrono alla traduzione degli obbiettivi di “medio-‐lungo” termine nella programmazione invece di “breve” termine e controllano il raggiungimento degli obiettivi;
• processi operativi che concorrono al raggiungimento degli obiettivi.
I processi direzionali sono tipicamente caratterizzati da decisioni non strutturate, assunte cioè in assenza di regole predeterminate per decidere, mentre nei processi gestionali sono prevalenti le decisioni semi strutturate, assunte in base a regole solo in parte predeterminate. Nei processi operativi, infine, la maggioranza delle decisioni è strutturata; sono cioè assunte in base a regole completamente predeterminate.
I tre tipi di processi sono, inoltre, svolti a livelli della struttura aziendale: si verificano ai livelli più alti i processi direzionali che coinvolgono prevalentemente il senior managment, ai livelli intermedi quelli gestionali. Con il coinvolgimento del middle managment, e ai livelli più bassi, quelli operativi. Per capirci, decidere di adottare un software di gestione degli ordini completamente nuovo e “cucito” sulle specifiche esigenze e caratteristiche dell’azienda è un processo direzionale e strategico, controllare che la sua applicazione pratica risponda alle aspettative intervenendo magari in corso d’opera suggerendo le opportune modifiche del caso (che l’applicazione pratica quotidiana evidenzierà di sicuro) è un processo gestionale, il coinvolgimento di codificatrice, magazziniere e tagliatore cui sarà fornito il know-‐how necessario per utilizzare il software è un processo operativo.
1.5 Strumenti per la mappatura dei processi
La necessità di rappresentazione grafica dei processi e delle loro interconnessioni nasce nel momento dell’analisi e della descrizione dettagliata per dare una forma più comprensibile intuitivamente ai risultati ottenuti. In letteratura sono presenti varie modalità di
convenzioni. La rappresentazione grafica permette di definire il business “Process Model”, ossia la descrizione della realtà aziendale e di come quella specifica realtà crea, o si propone di creare, valore per il suo cliente finale. Di seguito vengono descritte le principali tecniche grafiche utilizzate nel presente lavoro di analisi:
1.5.1 Flow Chart -‐Diagramma di flusso
Un metodo semplice e diffuso di rappresentazione dei processi è quello che si serve del diagramma di flusso(flow chart) mutuato dall’informatica. Si tratta di un grafo in cui i nodi rappresentano le attività e archi orientati la loro sequenza cronologica, nel senso che se un arco esce da un’attività ed entra in un’altra, la seconda va eseguita dopo la prima. Nei nodi diverse forme geometriche (blocchi) rappresentano i diversi tipi di attività:
rettangolo con angoli smussati: usato per rappresentare l’azione che da il via e quella che conclude il processo, la parte di processo rappresentata del diagramma di flusso;
rettangolo: usato per rappresentare un’azione o un’attività che si compie all’interno del processo e la figura professionale che la compie;
rombo: usato per rappresentare un punto in cui si prende una decisione. Usualmente la frase che si scrive all’interno del simbolo è costruita in modo tale che richiede come risposta un si o un no, per poter seguire uno dei due possibili percorsi uscenti;
parallelogramma: usato per rappresentare un’azione o una attività che porta ad entrare in un altro processo;
rettangolo con onda sotto: usato per indicare che è stato prodotto un documento;
freccia: indicatore della direzione del flusso;
cerchio: indica che il diagramma di flusso continua in un’altra pagina, dove è stato inserito, con riferimento, lo stesso simbolo contenente la stessa indicazione.
La rappresentazione può essere arricchita disponendo le attività su diverse colonne o righe in corrispondenza dei diversi organi o funzioni aziendali che le svolgono; si possono anche differenziare le attività svolte dai vari organi con una diversa colorazione dei blocchi.
1.5.2 Matrice delle responsabilità
La matrice delle responsabilità è uno degli strumenti utilizzati per identificare come le diverse funzioni interagiscono nei processi, quali sono i ruoli e le loro responsabilità. Il suo scopo è documentare in modo sistematico la rete di relazioni che supporta la comunicazione organizzativa, l’iter di approvazione e il processo decisionale.
Si costruisce elencando sulle righe successive i processi e le attività e sulle colonne i vari ruoli funzionali e gli individui coinvolti nella gestione e nell’organizzazione del processo. Così ogni cella si identificherà per lo specifico processo in riga che tipo di responsabilità ha la funzione o persona in colonna.
I diversi tipi di responsabilità sono riportati in tabella utilizzando le iniziali (Figura 1).
Obiettivo della compilazione di tale matrice è identificare chiaramente chi fa che cosa ed evitare scoperture, sovrapposizioni o sovraccarichi decisionali. Per dare a ciascuno la consapevolezza di cosa le altre funzioni e persone si aspettano da ciascuno dalla partecipazione ad un processo specifico.
1.5.3 BPMN -‐Business process modelling notation
È il modello sviluppato dalla business process managment initiative (bpmni) la cui prima versione è stata rilasciata nel 2004. Bpmn definisce un business process diagramm che rappresenta un adattamento della tecnica dei diagrammi di flusso. In un bpd le attività ed il loro ordine di esecuzione sono rappresentati attraverso una rete di oggetti grafici e controlli di flusso. Gli elementi di un bpd sono raggruppabili in 4 categorie:
• flow chart: oggetti di base( eventi, attività)
• connecting object: connettono i flow chart per rappresentare la struttura di processo;
• swimlane: dei raccoglitori che permettono di raggruppare le attività in categorie visuali separate per mostrare diversi ambiti di responsabilità o funzionali;
• artifact: elementi che forniscono informazioni su come documenti, dati e altri oggetti sono usati e aggiornati in un processo.
Sono stati identificati numerosi elementi grafici utilizzabili per la realizzazione di questo tipo di grafico, tutti raccolti negli applicativi dedicati.
Da una rappresentazione grafica ben strutturata e coerente è possibile identificare già da una prima analisi come l’impresa crei valore al suo interno, come si relazionino tra loro i diversi elementi che la compongono. Quali siano critici o secondari per il raggiungimento della mission globale dell’impresa e valutare l’impatto di eventuali azioni riorganizzative o correttive, proprio a causa delle relazioni esistenti tra i processi e delle attività esistenti
1.6 Sistemi di misurazione dei processi
È possibile prendere in considerazione i metodi e i sistemi di misurazione delle performance dei processi mediante la definizione di alcuni indicatori. Esistono due tipologie di misure delle prestazioni dei vari processi, una di carattere universale, valida praticamente per tutte le aziende, quali ad esempio misure di tempo , costo e qualità; ed altre tipologie di prestazioni, più riferibili ad un’azienda specifica, ad esempio la produttività e flessibilità dei vari processi produttivi.
Pierantozzi propone tre fondamentali aspetti da prendere in considerazione durante l’attività di analisi dei processi, sia in caso di miglioramento che di cambiamento radicale:
• la misurazione della performance è importante per l’analisi del processo attuale; • la misurazione della performance è importante per fissare opportuni obiettivi di
miglioramento
• la misurazione della performance è importante per valutare l’efficacia dell’azione realizzata
1.6.1 Misure di costo
le misure di costo sono indicatori di efficienza di uno specifico processo, quindi consistono in misure di costo di medio per unità di specifico output
per misurare le performance di costo, vengono proposte due tecniche: • Activity based costing
• Process costing
ABC fornisce due livelli di informazione: la prima riguarda il costo delle attività, dirette ed indirette, la seconda il costo pieno del prodotto.
L’abc si focalizza sulle attività, e preve due fasi:
1. Calcolo del costo delle attività tramite localizzazione dei costi delle risorse impiegate; 2. Calcolo del costo di prodotto sommando ai coati diretti anche i costi trovati nella
fase precedente.