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Il profilo genetico come prova esclusiva di colpevolezza?

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Academic year: 2021

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Facoltà di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di laurea

Il profilo genetico come prova esclusiva di

colpevolezza?

Candidata Relatore

Gisella Dalila Moscato Luca Bresciani

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A mio padre, per avermi trasmetto i valori della vita e per avermi insegnato a vedere il buono del mondo.

A mia madre, per avermi dato la forza di superare ogni ostacolo e per avermi insegnato cosa sia l’amore

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Sommario ……… Introduzione……….

Capitolo 1. La prova scientifica nel processo penale

1.1 premessa………. 1.2Cos’è la prova scientifica……… 1.3 breve storia delle scienze forensi ………

Capitolo 2. l’ingresso dell’analisi sul DNA nel repertorio delle prove del giudice italiano

2.1. la scientificità del DNA-TEST come garanzia della sua affidabilità ……….. 2.2 dati genetici e problema di riservatezza ………. 2.3 banca dati DNA……….. 2.4 La Legge n. 85/ 2009……….

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Capitolo 3. l’assunzione della prova scientifica nel procedimento penale

3.1 prova, indizio e procedimento probatorio ………. 3.2 la fase dell’assunzione /acquisizione della prova genetica……… 3.3 la fase di estrazione del profilo genetico ……….. 3.4 l’incertezza dell’esame del DNA ……….

Capitolo 4 .il giudice e il DNA: il caso Gambirasio

4.1 la prova del DNA e il ruolo del giudice……… 4.2- il ruolo del DNA nel caso Gambirasio……….. 4.2.1 il caso Gambirasio ……… 4.2.2 Le prove a carico dell’imputato………. 4.2.3l’assenza del DNA mitocondriale di Bossetti………… 4.2.4 le motivazioni della corte ……….

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6 Conclusioni ……….

Bibliografia ………. Ringraziamenti ……

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Introduzione

La tesi in questa sede esposta si prefigge l'obiettivo di analizzare, dal punto di vista del giurista, l'utilizzo della prova tecnico -scientifica all'interno del processo penale. L'apporto della scienza alla giustizia, e in particolare alla giustizia penale, ha contribuito a dare nuovi risvolti nella ricerca della verità processuale e nell'applicazione delle garanzie dell'imputato, affinché una persona che proclama la propria innocenza possa farlo con tutti gli strumenti che l'innovazione tecnologica scientifica può mettere a disposizione.

Alla base di questo studio vi è l’analisi di quella particolare tipologia probatoria rappresentata dalla prova del DNA.

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L’obbiettivo di questa tesi di laurea è quello di mettere in luce la validità probatoria di tale strumento scientifico. Per far ciò è stata condotta un’indagine che si pone come punto di partenza la spiegazione tecnico scientifica dello strumento in questione. La questione su cui si focalizza l’elaborato non sarà tanto l’apporto della scienza alla giurisprudenza, ma come la giurisprudenza utilizzi la scienza per fondare un proprio giudizio. Alla fine dell’elaborato si cercherà di analizzare in concreto come la giurisprudenza italiana abbia gestito i proprio processi penali alla luce di tale apporto scientifico, nello specifico verrà attenzionato il caso Gambirasio, muovendo dal carico probatorio portato in aula dall’accusa e concludendo con l’analisi delle motivazioni addotte dalla corte. Nel presente lavoro, si è cercato, inoltre, di dare una risposta ad una delle domande più discusse in ambito giuridico, ovvero se si possa considerare la prova del DNA come una “prova regina “in grado di affermare o negare completamente la colpevolezza dell’imputato. Quanto è affidabile questa prova? E soprattutto può il DNA essere l'unico capo accusatorio nei confronti di un indagato?

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Capitolo 1. La prova scientifica nel processo penale

1.1 Premessa

Il contributo dell’evoluzione scientifica nel processo penale ha avuto un’intensità sempre più crescente negli anni. La ricerca di appigli sicuri che consentano una ricostruzione del fatto di reato in termini il più possibile certi ha condotto giuristi ed operatori del settore a cercare negli apporti tecnico scientifici la soluzione alle obiettive difficoltà dell’accertamento processuale.

In un mondo in costante evoluzione, la lotta al crimine non può rinunciare all’impiego di conoscenze scientifiche sempre più sofisticate Tuttavia, nell’analizzare gli strumenti per mezzo dei quali la prova scientifica penetra all’interno del

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tessuto processuale, pur riconoscendone i meriti e l’indubbia portata innovatrice, occorre adottare le dovute cautele e seguire un approccio di “critica consapevolezza” nei confronti di qualsiasi mezzo di prova e nei confronti di quegli strumenti che possono creare certezze illusorie in merito all’accertamento. Orbene, non è difficile immaginare l’importanza che oggigiorno la prova scientifica assume nelle aule dei tribunali. Casi di cronaca, come quello di Yara Gambirasio, dimostrano come l’andamento di un giudizio può assumere una direzione piuttosto che un’altra sulla base di un semplice test del DNA. La scoperta del DNA e la sua conoscenza, anche basilare, è fondamentale per comprendere al meglio come questa straordinaria scoperta e le applicazioni della stessa abbiano avuto un impatto decisivo sull’amministrazione della giustizia in molteplici procedimenti legali.

Il DNA codifica le informazioni genetiche di ogni essere vivente ed è presente in ogni cellula e quindi anche nel sangue, nella saliva, nello sperma, nei capelli, nella pelle,

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elementi tutti che possono essere trovati sul luogo del delitto, sulla persona uccisa o ferita, nella donna violentata. All’interno di ogni cellula di uno stesso organismo, indipendentemente dalle funzioni alle quali essa è preposta, il DNA è identico. Questa caratteristica è fondamentale per l’identificazione genetica, cioè l’attribuzione di una traccia biologica ad un determinato individuo mediante l’analisi del DNA, perché consente di comparare il DNA proveniente da fonti biologiche diverse

Ogni persona dimostra il 99,99% di identità genetica rispetto ad una qualsiasi altra. Ciò significa che ogni individuo si differenzia da un altro solo per lo 0,1% di DNA.

La prova scientifica di per sé (come nel caso del test del DNA), per la qualità del sapere che consente di raggiungere, è una “prova regina”; ma basta un piccolo errore, una svista, un’insufficiente competenza per stravolgere l’apporto che essa può fornire al processo. La sentenza di assoluzione di Amanda Knox e Raffaele Sollecito per l’omicidio di Meredith Kercher si è giocata soprattutto sulle prove scientifiche. Si è avuto un completo ribaltamento della decisione adottata in

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primo grado, a fronte di una diversa e opposta valutazione non dei test del DNA, ma del loro utilizzo. Per la Corte d’Assise d’appello di Perugia le prove di colpevolezza ritenute, in precedenza, schiaccianti per entrambi gli imputati, diventano inattendibili. Siamo di fronte ad un punto di svolta del processo penale: non è più il processo della prova dichiarativa (la c.d. prova specifica) ma è il processo della prova scientifica, con tutto ciò che ne consegue. Non si ragiona più con l’argomentazione, ma con l’informazione. E se nella prova dichiarativa il maggiore ostacolo è il dolo, in quella scientifica la più grande insidia è l’errore nell’acquisizione della prova mediante procedimenti e pratiche complessi e altamente sofisticati. Certo, la prova scientifica arriva là dove la prova dichiarativa non può neppure sperare. Permette di riaprire cold cases e riduce sensibilmente il numero di casi irrisolti per mancanza di indizi, La new scientific evidence ha, tuttavia, un lato oscuro. Essa è innanzitutto complicata, portandola lontano dalla conoscenza del giudice, abituato a lavorare su prove dichiarative. Sarebbe opportuno dunque che il giudice sia in grado di tracciare con certezza i confini tra

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“sapere comune “ e “ sapere scientifico” poiché ogni volta che abbia la necessità di attingere a conoscenze specialistiche si prospetta il problema della prova scientifica , ossia stabilire come le eleggi scientifiche debbano essere individuate e poi utilizzate nel processo .1

In altri termini, nel processo, l'obiettivo fondamentale della DNA forensic non può che essere quello di stabilire l'appartenenza di un campione a una persona.

E dunque, l'unica domanda alla quale un genetista potrebbe rispondere sarebbe. premesso che l'imputato è innocente, qual è la probabilità che il DNA trovato sulla scena del crimine corrisponda a quello dell'imputato2

1 LOMBARDO.L.G., Prova scientifica e osservanza del contraddittorio, p.1092 2 MARAFIOTI, Luca (2010), banca dati del DNA e accertamento penale, GIUFFRÉ

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1.2.cos’è la prova scientifica

Il rapporto tra il mondo della scienza e quello della legge è cosa affascinante e nel contempo complesso. Per addentrarci in tale tema perciò bisogna iniziare dalla chiarezza dei termini ed in primis da ciò che si intende per scienza e scientifico. Il grande dizionario della lingua italiana definisce la scienza come “un insieme di conoscenze rigorosamente controllate e sistematicamente ordinate, che consente di raggiungere verità obbiettive intorno ad un determinato ordine di fenomeni e di concetti “la scienza dal latino scire è dunque un complesso organizzato di conoscenze acquisite con un approccio sistematico e finalizzate ad ottenere una descrizione precisa della realtà e fattuale delle cose “. Ma in che senso si può parlare di “scientificità della prova”? al riguardo possiamo affermare che la dottrina maggioritaria ritiene scientifica la

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prova che viene raggiunta mediante il metodo scientifico 3è

invece metodo scientifico l’insieme di quelle regole che governano l’acquisizione della conoscenza. Comunamente si utilizza il termine “prova scientifica “per riferirsi a tutti quegli accertamenti che producono un risultato utile per il processo e che richiedono per il loro espletamento il ricorso a conoscenze tecnico -scientifiche. 4

La prova scientifica si può dunque definire come uno strumento tecnico scientifico idoneo alla ricostruzione del fatto storico. Si può definire scientifica la prova che partendo da un fatto dimostrato, un fatto noto, utilizza una legge scientifica per accertare l'esistenza di un altro fatto da provare, e quindi un fatto ignoto, e rientra nella più vasta categoria della prova critica o indizio. Si capisce dunque che il genus “prova scientifica comprenda al suo interno un numero elevatissimo ed in continua espansione di possibili species di prove, o accertamenti, in particolare vi sono alcune prove che

3 F.FOCARDI, la consulenza tecnica extraperitale delle parti private , CEDAM,

2003 ,p.14

4 V.O.VALLI,Roberto(2003),le indagini scientifiche nel procedimento penale ,

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a prescindere da ogni valutazione non possono essere esperite nel processo. Si tratta dei metodi o delle tecniche idonee ad influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti, parliamo di prove quali l’ipnosi, la macchina della verità o ancora la narco analisi. Vi sono poi strumenti scientifico-tecnici peculiari definiti in dottrina con il termine di “nuova prova scientifica “che si caratterizzano per un contenuto di elevata specializzazione quali ad esempio il metodo sonografico o ancora la stilometria.

Va precisato che in relazione a tali strumenti è necessario, proprio per la loro particolarità ed innovazione, verificare preliminarmente la loro validità e affidabilità.5

Non v’è dubbio dunque che la prova scientifica abbia assunto grande rilievo durante il trascorrere degli anni nell’ambito del processo penale, infatti l’evoluzione dei vari settori della scienza ha prodotto l’accrescimento del peso probatorio delle indagini scientifiche nel processo.

5 V.O.VALLI,Roberto(2003),le indagini scientifiche nel procedimento penale ,

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Non è però sempre facile comprendere dove la scienza può arrivare e se soprattutto è utile e possibile farvi ricorso. É necessario dunque rivolgere lo sguardo agli strumenti di indagine tecnica e scientifica ad applicazione forense. Gli strumenti scientifici “nuovi “possono infatti essere assunti dal procedimento penale solamente a determinate condizioni dunque nel momento in cui si dimostrino validi ed affidabili. Tali condizioni vengono dettate dall’articolo 189 c.p.p6 che si

rifà espressamente alla prova non disciplinata dal giudice7.Sarebbe dunque tale articolo a permettere alle

indagini scientifiche di trovare accoglimento nel nostro procedimento , il giudice infatti nell’ammettere una prova atipica oltre ad escludere gli aspetti di cui nell’art.190 dovrà verificare la sussistenza dei requisiti richiesti dall’articolo 189.Dopo aver verificato la sussistenza di tali requisiti sarà il

6 1. Quando è richiesta una prova non disciplinata dalla legge, il giudice può

assumerla se essa risulta idonea ad assicurare l'accertamento dei fatti [187] e non pregiudica la libertà morale della persona [642, 188]. Il giudice provvede all'ammissione, sentite le parti sulle modalità di assunzione della prova

Codice di procedura penale ,LIBRO TERZO - Prove ,Titolo I - Disposizioni generali

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giudice in contraddittorio a determinare le modalità di assunzione della prova scientifica

I nuovi ritrovati scientifici e tecnologici, se per un verso hanno contribuito nel tempo a migliorare la prova giudiziaria, per un altro verso sono stati assai spesso, all'origine di problemi di notevole complessità posti alla legislazione, alla giurisprudenza e alla dottrina per garantire un loro impiego affidabile nella ricostruzione processuale del fatto. 8

8 DOMINIONI, Oreste (2005), la prova penale scientifica , GIUFFRÉ EDITORE

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1.2 Breve storia delle scienze forensi

Il termine forense deriva dal termine latino forum

Le scienze forensi sono, secondo una definizione adottata dalla comunità internazionale, l’applicazione di un ampio spettro di discipline scientifiche al campo della legge, sia in ambito civile che penale. Sono moltissime le discipline che possono essere ricollegate alla famiglia delle scienze forensi, tra le più note è bene citare:

-l’antropologia forense -l’archeologia forense -entomologia forense -patologia forense

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Il termine scienze forensi è così vasto dunque da ricomprendere anche nella sua locuzione la stessa criminologia ovvero la scienza che indaga i fatti criminosi e i loro aspetti fenomenologici 9

Possiamo dunque tracciare un percorso storico delle scienze forensi partendo proprio dal significato del termine stesso,

forum che assume il significato di “piazza”

In epoca romana, un reato penale veniva presentato davanti ad un pubblico, un gruppo di persone nel foro, nella piazza. Sia la persona accusata del reato sia l’accusatore si sfidavano tramite discorsi e ragionamenti in base alla loro visione della storia. Colui che argomentava nel miglior modo e che presentava scoperte sull’evento in questione, determinava l’esito del caso. In sostanza, la persona con dialettica e con prove certe sul caso e quindi con abilità forensi più acute avrebbe vinto e diventava il principe del foro. Da qui l’origine del duplice significato nell’uso del termine forense: uno legato all’ambito del diritto e nello specifico riferito

9 PICOZZI-INTINI,Massimo-Alberto, scienze forensi ,UTET giuridica , torino

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all’esibizione della prova; l’altro riferito alla presentazione pubblica del caso.

1792-1750 a.C. Il codice di Hammurabi è il primo esempio di raccolta di norme (282 sentenze) con le pene previste in caso di danno procurato.

III secolo a.C. Erofilo e Erasistrato fondano la grande scuola medica di Alessandria d’Egitto.

287-212 a.C. Archimede può essere considerato un precursore delle scienze forensi. Egli stabilì che una corona non è completamente composta di oro e giunse a tale conclusione valutando la densità dell’oggetto attraverso misurazioni dei suoi spostamenti e del suo peso nell’acqua. 82 a.C. a Roma, viene emanata la Lex Cornelia De veneficis, la legge che punisce l’acquisto, la produzione e la vendita di veleni.

618-906 d.C. in Cina, durante la dinastia T’ang le impronte digitali vengono intenzionalmente utilizzate per validare i documenti.

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IX secolo Carlomagno nei Capitularia allarga il campo delle

pene pubbliche.

Ma fu, nel 1865, William James Herschel, ufficiale capo amministrativo del distretto di Hooghly in India, a notare per primo la forma regolare e distintiva delle impronte digitali chiedendo ai militari in congedo di firmare con un ‘impronta la ricevuta del vitalizio, stabilendo cosi il primo uso moderno delle impronte digitali a scopo identificativo10

Ma All’inizio degli anni ‘90, i criminologi hanno cominciato a mettere in discussione la natura delle scienze forensi, con ovvie conseguenze per le implicazioni etiche e deontologiche.

310 Op.cit. p.14

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Capitolo 2. l’ingresso dell’analisi sul DNA nel

repertorio delle prove del giudice italiano

2.1. la scientificità del DNA-TEST come garanzia

della sua affidabilità

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Nessuno dubita che l’introduzione nei processi penali di nuove prove “scientifiche”, frutto dei progressi della scienza, diano maggiori garanzie di ricerca della verità oggettiva, essendo di chiaro aiuto tanto all’attività dell’accusa e della difesa che delle altre parti del processo. Ma paradossalmente è proprio il progresso scientifico che “stabilisce” quando ormai quella particolare tecnica, assunta come mezzo di prova, non sia più idonea a fornire garanzie di attendibilità, essendo stata soppiantata da nuove scoperte.

La scoperta del DNA è fondamentale per comprendere al meglio come questa straordinaria scoperta e le applicazioni della stessa abbiano avuto un impatto decisivo sull’amministrazione della giustizia in molteplici procedimenti legali. Il DNA codifica le informazioni genetiche di ogni essere vivente ed è presente in ogni cellula e quindi anche nel sangue, nella saliva, nello sperma, nei capelli, nella pelle, elementi tutti che possono essere trovati sul luogo del delitto, sulla persona uccisa o ferita, nella donna violentata. All’interno di ogni cellula di uno stesso organismo, indipendentemente dalle funzioni alle quali essa è preposta, il

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DNA è identico. Questa caratteristica è fondamentale per l’identificazione genetica, cioè l’attribuzione di una traccia biologica ad un determinato individuo mediante l’analisi del DNA. Tra il 1984 e il 1985 presso l’Università di Leicester in Inghilterra lo scienziato A.J. Jeffreys e i suoi collaboratori scoprirono che il DNA umano poteva essere utilizzato per l’identificazione delle persone, essendo l’impronta genetica, c.d. DNA Fingerprinting, una caratteristica del tutto peculiare di ciascun individuo. Il test genetico per l’identificazione degli individui sulla base del loro DNA consiste nella possibilità di incriminare o discriminare un individuo da un’accusa sulla base di un reperto di DNA trovato per esempio sul luogo del delitto. Cosi assume rilievo il richiamo a precedenti verifiche di quello che è il metodo utilizzato, il controllo dei lavori che si pongono alla base delle indagini proposte del giudice Si impone quindi un richiamo ai criteri di giudizio sull’ammissibilità delle prove di natura tecnica in ambito forense; tali criteri vengono sistematicamente trattati dall’autore Farley che ha proposto 16 criteri per ciò che riguarda l’utilizzazione del DNA come mezzo di prova in

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ambito giudiziario. Questo insieme di criteri tendono a caratterizzare la prova scientifica e buona parte di tali criteri è già patrimonio della Genetica Forense Italiana .Tuttavia non bisogna ritenere che tutti i problemi legati alla tecnologia del DNA siano stati risolti poiché si tratta di una materia in costante evoluzione. La validazione dei metodi e obiettivo che il gruppo dei Genisti Forensi Italiani da tempo ormai persegue. Solo con un determinato rigore applicativo si potrà assumere il dato genetico da parte dell’interprete principale ovvero il Magistrato cosi come la legge prevede “al di là di ogni ragionevole dubbio “11

Orbene possiamo dunque intuire come una caratteristica fondamentale delle indagini forensi sia l’importanza dell’utilizzo di metodiche valide. Il tema della nuova prova scientifica nel nostro Paese è stato solo di recente oggetto di studi più specifici , ponendo alla base del problema quello di valutarne l’ammissibilità quale strumento atto a fornire un

11 D.ALEO-S.TURRINA- M.ORRICO , lo stato dell’arte in genetica forense

,GIUFFRÉ Yeditore ,Milano(2003), pp9-11

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contributo nel processo ecco perché il primo momento logico della prova scientifica è rappresentato dall’indagine sulla validità tecnica o teorica della prova utilizzata , conseguentemente avremo l’indagine in ordine alla validità in concreto della prova scientifica e infine la valutazione del risultato di prova 12

La validazione risulta essere un passaggio fondamentale poiché le procedure di validazione ci permettono di desumere maggiore sicurezza sui risultati ottenuti. Tuttavia nella realtà giuridica si ci può ritrovare in casi limite in cui la qualità e quantità del DNA da poter utilizzare non sia ottimale 13

Il test del DNA ha una probabilità di efficacia maggiore del 99%. Il 100% non si raggiunge solo per ragioni matematiche, dato che la metodologia di analisi è realizzata su base statistica e la probabilità che due profili genetici di due individui diversi coincidano è dello 0,0000000000001% praticamente inesistente. Ci sono, comunque, alcuni fattori che possono indebolire l’efficacia dei risultati. In primo

12 V.O.VALLI,Roberto(2003),le indagini scientifiche nel procedimento penale ,

giuffrè editore, Milano , pp.12-13

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luogo, qualche eccezione genetica. Esistono persone con lo stesso DNA: i gemelli monozigoti, che, in Europa, sono lo 0,2% della popolazione. Ci sono poi rari casi di persone nate dalla fusione di più embrioni, le cosiddette chimere, che hanno più di un codice genetico nel corpo, e questo potrebbe complicarne l’analisi. Infine, in alcune zone dove i matrimoni tra consanguinei sono frequenti, l’efficacia del test diminuisce perché diventa più probabile la somiglianza fra DNA di individui diversi,ma sono casi rari. Il punto debole del test sta nella raccolta e nell’analisi dei dati. Escludendo i casi in cui il laboratorio di profiling possa avere personale poco competente o scelga di falsificare addirittura i risultati, bisogna prestare attenzione al metodo di raccolta del DNA sulla scena del crimine. Il tampone utilizzato deve essere assolutamente incontaminato. Cioè, non portare già, prima ancora di essere sul luogo del delitto, altre tracce di DNA. Si rischia di incorrere, altrimenti in casi bizzarri, come quello del Fantasma di Heilbronn, dove la stessa misteriosa assassina sembrava coinvolta in quaranta casi in mezza Europa, salvo

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poi scoprire che erano i tamponi usati a portare il suo codice genetico ovunque.

Il test del DNA viene riconosciuto come prova, e non soltanto come indizio, dalla legge. Tuttavia, non può essere utilizzato come unica prova. Nel caso di Yara Gambirasio l’intero processo si gioca sulla prova del DNA corredata da prove aggiuntive quali il cellulare di Bossetti o la calce trovata nei polmoni della ragazzina. Invero la consolidata giurisprudenza di legittimità riconosce, di regola, agli esiti dell'indagine genetica condotta sul DNA natura di prova, atteso l'elevatissimo numero delle ricorrenze statistiche confermative, tale da rendere infinitesimale la possibilità di un errore o, comunque pieno valore di elemento indiziario grave, che, unitamente ad altri, consente di risalire e provare il fatto ignoto. Il principio della necessaria correttezza metodologica nelle fasi di raccolta, conservazione ed analisi dei dati biologici, tali da preservarne integrità e genuinità, come necessario presupposto della successiva valenza processuale dei relativi esiti - sia che ad essi si assegni portata probatoria (in termini di certezza dell’identificazione della

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persona) che portata indiziaria (in termini di compatibilità) - è stato ribadito - come già ricordato - di recente dalla Suprema Corte nella sentenza n. 36080/15, Knox/Sollecito, e trova giustificazione nella stessa nozione di indizio offerta dall’art. 192 comma 2, c.p.p.14 . In effetti, ad avviso del Giudice di

vertice, i connotati della gravità, precisione e concordanza, richiesti al fine di far assurgere un elemento processuale alla dignità di indizio, si compendiano nella c.d. "certezza" dell'indizio, quale garanzia che la procedura con la quale si perviene alla dimostrazione del tema di prova - fatto ignoto - partendo da un fatto noto e, dunque, accertato come vero, non sia viziata in nuce da fallacia ed inaffidabilità metodologica avendo preso le mosse da premesse fattuali non precise e gravi e dunque certe. Ed ha perciò concluso nel senso che il dato di analisi genetica - che si sia svolta in violazione delle prescrizioni dei protocolli in materia di repertazione e conservazione – non può dirsi dotato dei caratteri della gravità e della precisione, sia in ipotesi di identità, che di mera compatibilità con un determinato profilo genetico, a tale dato

14 Secondo tale norma “L’esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a

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non potendosi riconnettere rilevanza alcuna, neppure di mero indizio

2.2 dati genetici e problema di riservatezza

Lo straordinario sviluppo tecnologico e scientifico in campo biomedico induce oggi ad una diversa considerazione del corpo e del potere che hanno i privati di disporne e di fruirne. Il prelievo di materiale biologico costituisce una categoria di intervento che inevitabilmente si confronta con delle

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limitazioni non solo sul piano giuridico ma anche su quello etico-politio15. Il riconoscimento dei diritti inviolabili della

persona rappresenta un’innegabile conquista di civiltà e risulta espressamente fissato nel testo della nostra carta costituzionale (art. 2 Cost)16

È dunque necessario conciliare il bisogno di progresso con l’esigenza di tutelare i fondamentali diritti dell’individuo e definire i limiti entro i quali gli atti di disposizione del proprio corpo sono consentiti. Si pone, dunque, il problema del loro regime. La tutela dei dati genetici quali risultato del prelievo di materiale biologico presenta, quindi, aspetti molto delicati, che vanno oltre la compressione della libertà individuale del soggetto passivo.

La ricostruzione del fatto storico è sempre più frequentemente affidata ai risultati della prova scientifica; si tratta di attività che possono interessare l’uomo, come entità fisica, che, quindi, può divenire oggetto di ricerca probatoria.

15 Marafiotti,Luca(2010), banca dati del DNA e accertamento penale ,GIUFFè

EDITORE, Milano , pp.68-69

16 In base all’art 2 Cost: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili

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Il prelievo coattivo di materiale biologico è finalizzato al reperimento di elementi probatori. Questo importante scopo rende necessaria una normativa in grado di contemperare i contrapposti interessi: da un lato, è presente l’esigenza di non disperdere il materiale probatorio relativo alla commissione del fatto; dall’altro il bisogno di non pregiudicare le libertà fondamentali dell’uomo e il suo diritto di difesa. Considerando dunque concreta la possibilità che tale prelievo venga effettuato sul corpo di una persona, è ovvio considerare come tale operazione incida, anzitutto, sulla libertà personale ex art. 13 Cost.17 E’ in tale prospettiva che acquista rilievo la

tutela della libertà personale, la tutela della riservatezza dell’individuo, nonché la tutela di altri beni costituzionalmente protetti tra cui la salvaguardia dell’integrità fisica e quindi del bene salute.

Al fine dell’esame del DNA, infatti, può essere necessario, in alcuni casi, prelevare particelle organiche dal corpo della

17 La libertà personale è inviolabile.

Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge

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persona; in particolare, laddove si ritenesse quest’ultima identificabile attraverso il raffronto di tali elementi con il campione già esaminato attraverso l’indagine tecnico-scientifica. É in tale contesto che si inserisce la problematica del prelievo biologico e della sua qualificazione

Per effetto della sentenza della Corte costituzionale 27 luglio 1996, n. 2386 18, le operazioni di prelievo biologico,

preliminari all’esperimento di perizie e di consulenze tecniche, non possono essere disposte in assenza del consenso della persona che vi deve essere sottoposta, sia essa indagata, imputata, persona offesa, parte civile o persona estranea al procedimento penale. Intervenuta su di una questione specifica, l’esecuzione coattiva di un prelievo ematico, la Consulta aveva, infatti, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 224 comma 219 c.p.p. per contrasto con

18 Corte costituzionale, 27 giugno 1996 n. 238, in Giur. cost., 1996, p 2142 19 La Corte Costituzionale, con la sentenza 9 luglio 1996, n. 238, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di tale comma nella parte in cui consente che il giudice, nell'ambito delle operazioni peritali, disponga misure che comunque incidano sulla libertà personale dell'indagato o dell'imputato o di terzi, al di fuori di quelle

specificamente previste nei casi e nei modi dalla legge. Peraltro, ciò non esclude che il giudice possa disporre l'accompagnamento coattivo dell'imputato affinché venga sottoposto a perizia, alla luce di quanto sancito dall'art. 132 c.p.p. il quale

attribuisce al giudice il potere di disporre l'accompagnamento coattivo dell'imputato per l'espletamento di misure espressamente previste dalla legge, nonché

dall'art. 490, il quale consente l'accompagnamento coattivo quando occorra

assicurare la presenza dell'imputato per una prova diversa dall'esame, come la perizia. Di qui l'inserimento nel codice dell'art. 224 bis.

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l’art. 13 Cost., in quanto consentiva al giudice di adottare, anche in via coattiva, in caso di operazioni peritali che avessero avuto ad oggetto il corpo della persona, un provvedimento incidente sulla libertà personale, senza che ne fossero specificati i casi e i modi di adozione

Date dunque le nostre considerazioni è ovvio che la disciplina relativa all’analisi dei campioni e dei reperti biologici e alle impronte genetiche da essi ricavate ha numerose implicazioni sulla libertà di autodeterminazione concernente i dati personali. Essa, in particolare, assume rilievo in relazione alla costituzione e al funzionamento della banca dati nazionale del DNA1, la quale è destinata a raccogliere e conservare i profili

genetici estratti da campioni e reperti.

Ma a questo punto è doveroso fare una precisazione sul quello che è il termine “dati genetici “.Secondo le raccomandazioni adottate in materia di dati sanitari dal Consiglio d’Europa e dalla Raccomandazione n. R(97) sono considerati dati genetici tutti i dati, di qualunque tipo, che riguardano i caratteri ereditari di un individuo o che sono in rapporto con i caratteri ereditari di un individuo o che sono in rapporto con i

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caratteri che formano il patrimonio di un gruppo di individui affini, dati che, nel quadro della più ampia categoria dei dati sanitari, possano essere trattati solo a determinate condizioni.20 Inoltre la Raccomandazione del Consiglio

d’Europa n. R(92) in relazione ai testi e gli screening genetici a fini di cura afferma che la raccolta e la conservazione di sostanze e di campioni biologici, così come il trattamento dei dati che ne derivano, devono essere effettuati in conformità ai principi fondamentali di protezione e di sicurezza dei dati stabiliti dalla Convenzione per la protezione degli individui con riguardo al trattamento automatizzato dei dati personali. Fatta questa premessa possiamo osservare come ad oggi, nel nostro ordinamento, manca una definizione puntuale del diritto alla riservatezza attinente alla questione dei dati genetici, la giurisprudenza costituzionale infatti non è riuscita a delineare parametri precisi per definire il contenuto di tale diritto o per riferirlo ad una specifica norma costituzionale

20 CONSIGLIO D'EUROPA - COMITATO DEI MINISTRI

RACCOMANDAZIONE N.R (97) 5 DEL COMITATO DEI MINISTRI AGLI STATI MEMBRIRELATIVA ALLA PROTEZIONE DEI DATI SANITARI (adottata dal comitato dei ministri il 13 febbraio 1997)

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È stato solamente negli anni settanta che la giurisprudenza costituzionale in materia di riservatezza ha compiuto un notevole passo in avanti grazie alla sentenza n. 34 del 19731

In tale pronuncia la Corte costituzionale, esprimendosi in materia di intercettazione telefonica, ha ancorato il diritto alla riservatezza a norme costituzionali ben precise.

Ma i dati genetici costituiscono una speciale categoria di dati personali ed è proprio per questo motivo che invero, la loro

tutela è inquadrabile nel Codice per la protezione dei dati personali (anche detto Codice della privacy), ossia il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196dove per l’appunto L'art. 4 del d.lgs 196/2003 definisce dato personale «qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale». Il diritto alla riservatezza è diverso rispetto al diritto sui propri dati perché non riguarda solamente informazioni circa la propria vita privata, ma più in generale ingloba ogni informazione relativa ad una persona,

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pure se non coperta da riserbo (sono dati personali ad esempio il nome o l'indirizzo della propria abitazione).

Lo scopo della normativa è quello di evitare che il trattamento dei dati avvenga senza il consenso dell'avente diritto, ovvero in modo da recargli pregiudizio. Nel Testo Unico, Titolo II articoli da 8 a 10, sono a tal scopo definiti i “diritti degli

interessati, la modalità di raccolta e i requisiti dei dati, gli obblighi di chi raccoglie, detiene o tratta dati personali e le responsabilità e sanzioni in caso di danni”.21

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2.3 Banca dati DNA

La scelta del legislatore di conservare contemporaneamente i campioni/reperti biologici e i relativi profili è difficilmente comprensibile alla luce dello stato dell'arte in materia di DNA

fingerprinting (che consente di realizzare profili genetici di attendibilità non significativamente contestabile) e dei pericoli per i diritti individuali derivanti dalla possibilità di eseguire analisi ulteriori sui reperti/campioni depositati nella Banca dati nazionale del DNA.22 Oggi le analisi delle tracce

biologiche provenienti dalla scena del crimine ,grazie a sistemi di analisi sempre più sofisticati consentono, con affidabilità, precisione e sicurezza l'identificazione della persona. Con il progredire delle tecniche di analisi si è sentita l'esigenza di unificare i sistemi polimorfici nell'ambito della biologia molecolare forense soprattutto per lo scambio dei dati e l'uniformità di parametri. I laboratori forensi, grazie

22 MARAFIOTI, Luca (2010) banca dati del DNA e accertamento penale ,

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all'utilizzo di un sistema informatizzato, sono in grado, qualora siano stati individuati tutti i quattordici sistemi necessari a formare il codice del profilo genetico, di attribuire le tracce biologiche a un individuo con una probabilità di corrispondenza quasi completamente sicura.

Con l’espressione Banca Dati del DNA non è però corretto riferirsi solo all'uso criminalistico del profilo genetico. Basti pensare agli incidenti aerei, ai cadaveri bruciati o irriconoscibili, ai resti scheletrici. In alcuni di questi casi l'unica alternativa è rappresentata dall'analisi del DNA. Lo scopo di una Banca Dati DNA è di permettere l'identificazione dell'autore del crimine, alla stessa stregua dell'impronta digitale, nonché di collegare i dati dei profili di DNA ottenuti da diverse scene del crimine, nei casi di reati compiuti dalla medesima persona, cioè con caratteristiche "seriali", quali le violenze sessuali, gli omicidi, i sequestri di persona, le rapine. Lo sviluppo eccezionale raggiunto dalle tecnologie e dalle metodiche era stato, però, nel nostro Paese rallentato da due vacatio legis riguardavano l'impossibilità a

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parte dell'A.G. di imporre il prelievo biologico 23sia pure non

invasivo, a indagati e/o imputati 24 e dalla mancanza, prima

dell'intervento operato con la legge n. 85/2009, di un testo normativo che rendesse possibile la costituzione della Banca Dati Nazionale DNA25. Dunque l’utilizzo della banca dati

DNA rende possibile analizzare enormi quantità di dati eterogenei ed eseguire confronti genetici in tempi rapidissimi. Resta, d'altra parte, un problema di fondo: fino ad oggi i database sono serviti unicamente ad archiviare informazioni identificative di tipo genetico per investigazioni criminali, limitando l'acquisizione dei profili genetici esclusivamente ai soggetti coinvolti a vario titolo nelle indagini penali. Allo stato attuale, in tutti i Paesi occidentali restano minoritarie e non hanno ancora trovato attuazione le posizioni di coloro che vorrebbero acquisire il profilo del DNA già alla nascita per tutti cittadini. Prescindendo dalle ragioni per le quali l'identificazione di massa dell'intera popolazione non è stata ancora attuata, va detto come tale approccio possa

23 Si veda (sentenza Corte Costituzionale n. 238/1996),

24 ad eccezione di quanto previsto dall'art. 10 della legge 31 luglio 2005 n. 155,

recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo

25 SCRSCELLA, Alessio (2009), prelievo del DNA e banca dati nazionale,CEDAM,

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rappresentare un'arma "a doppio taglio" poiché chiunque ,ad esempio, potrebbe collocare materiale biologico altrui sulla scena del delitto, attraverso un residuo di sigaretta o depositando sulla vittima tracce biologiche cambiando completamente il corso del processo e considerando l'altissima "capacità probante" del DNA, si arriverebbe ad errori irreparabili.

A tal fine, si rivela indispensabile inserire sempre la prova del DNA in un più ampio quadro critico di supporto e riscontro, onde evitare inammissibili errori. Fissate le dovute premesse, occorre in chiave di sistema puntualizzare che il problema di maggior spessore, emerso in quasi tutte le legislazioni europee, ha riguardato la raccolta e l'analisi dei reperti biologici. Tali operazioni, infatti, vengono effettuate dalle forze dell'ordine che di solito sono le uniche ad avere i mezzi e l'esperienza necessari allo svolgimento di questo compito. Pochi sono gli esempi di organismi indipendenti in grado di effettuare con altrettanta efficienza queste operazioni26.

26 Si veda sul punto MARAFIOTI, Luca (2010) banca dati del DNA e accertamento

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2.3 La Legge n. 85/ 2009

In Italia, fino al giugno 2009, è mancata una legge che regolasse la banca del DNA nazionale a scopo investigativo. È solo grazie alla Legge n,85/2009 che si è arrivati ad una risposta definitiva in materia di DNA

L’attuale Legge frutto di un travagliato iter, dovrebbe infatti rappresentare un significativo intervento sul campo

La Legge n. 85/2009 è il frutto della fusione di sei Proposte di Legge, presentate nel corso del 2008 al Senato, e di una Proposta indirizzata alla Camera. Nello specifico, si tratta della Proposta n. S 586 (del 16.05.2008, Li Gotti e altri); n. S 905 (15.07.2008, iniziativa governativa); n. S 955 (29.07.2008, Compagna); n. S 956 (29.07.2008, Valditara); n. S 960 (30.07.2008, Rutelli e Zanda); n. C 1146 (23.05.2008, Di Pietro e altri). A seguito dell’esame condotto in Senato nelle diverse Commissioni, un testo unificato viene approvato in Senato il 22.12.2008 (seduta n.121), poi modificato alla

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Camera il 06.05.2009 (seduta n. 172) e ritrasmesso all’altro ramo del Parlamento per diventare legge il 24.06.2009 .27

Con l'approvazione della legge 85/2009 l’Italia ha aderito al Trattato di Prum, firmato da Belgio, Germania, Spagna, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Austria il 27 maggio 2005, e volto a rafforzare la cooperazione di polizia in materia di lotta al terrorismo, alla criminalità transfrontaliera ed all’immigrazione clandestina. Il Capitolo 2 del Trattato, in particolare, disciplina l’impegno fra le Parti contraenti a creare schedari nazionali di analisi del DNA e a scambiare le informazioni contenute in tali schedari, l’impegno a scambiare le informazioni sui dati dattiloscopici (le impronte digitali), nonché l’accesso ai dati inseriti negli archivi informatizzati dei registri di immatricolazione dei veicoli.

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La legge ha istituito la banca dati del DNA e il laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA, con la finalità di rendere più agevole l'identificazione degli autori di delitti.28

L'iter per l'approvazione della legge 85/2009 ha preso avvio al Senato, con l'esame di una serie di disegni di legge di iniziativa parlamentare e governativa (AS. 905). Il Senato ha approvato un testo unificato dei disegni di legge nel dicembre 2008, trasferendo il provvedimento (AC. 2042) alla Camera dei deputati. Quest'ultima ha ulteriormente modificato il provvedimento nel maggio 2009 imponendo un ulteriore passaggio parlamentare. Il disegno di legge AS. 586-B è stato dunque definitivamente approvato dal Senato il 24 giugno 2009 (per una descrizione analitica del provvedimento si rinvia dunque al dossier del Servizio studi del Senato). Il Capo I della legge 85/2009 autorizza l'adesione del nostro Paese al Trattato e vi dà esecuzione (articoli 1 e 2), senza

28 Si noti come L'art. 3 del regolamento prevede che il software della banca dati per

la gestione dei profili del DNA è organizzato su due livelli.

Il primo livello è impiegato ai fini investigativi in ambito nazionale. Il secondo livello è impiegato, anche, per le finalità di collaborazione internazionale di polizia in conformità alle decisioni del Consiglio dell'Unione europea n. 2008/615/GAI e n. 2008/616/GAI e successive modificazioni, come previsto dall'art. 12 comma 2 della Legge 85/2009.

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peraltro individuare le autorità di riferimento per le attività previste: spetterà a decreti dei Ministri dell'interno e della giustizia individuare tali soggetti (articolo 3). L'articolo 4 pone a carico dello Stato italiano l'obbligo di risarcimento per i danni eventualmente causati da agenti di altro Stato aderente al Trattato nel nostro territorio.

Il Capo II della legge prevede l’istituzione della banca dati nazionale del DNA (presso il Ministero dell'interno – Dipartimento della pubblica sicurezza) e del Laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA (presso il Ministero della giustizia - Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria).

Il Capo III disciplina lo scambio di informazioni e altre forme di cooperazione previste dal Trattato mentre il Capo IV apporta modifiche al codice di procedura penale per consentire lo svolgimento nel corso di un procedimento penale di accertamenti tecnici coattivi (ovvero prelievi ed altri accertamenti medici) idonei a incidere sulla libertà personale.

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Infine, il Capo V reca disposizioni finali, tra le quali rileva in particolare per il Governo un obbligo di relazione periodica al Parlamento

Si noti come Tra le norme speciali sul prelievo biologico rilevano quelle in materia di codice della strada per i reati di guida in stato di ebbrezza o sotto l’influsso di sostanze stupefacenti (accertamenti qualitativi non invasivi, di cui agli artt.186 e 187 del Decreto Legislativo n. 285/1992) e le norme sull’accertamento invasivo compiuto mediante prelievo ematico in ambito di violenza sessuale (di cui alla legge n. 66/1996).

Ma il contributo maggiore apportato dalla Legge in questione è il bilanciamento operato dalla Corte europea tra privacy e sicurezza e dunque tutte le considerazioni relative alla durata e ai presupposti della conservazione dei dati (art.13) e ai caratteri della fonte (regolamentare) che disciplina la concreta operabilità del sistema di catalogazione (art. 16)

L'art. 5 del regolamento disciplina l'acquisizione del campione biologico dei soggetti indicati nell'art.9 della Legge 85/2009, ovvero:

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a) i soggetti ai quali sia applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari; b) i soggetti arrestati in flagranza di reato o sottoposti a fermo di indiziato di delitto;

c) i soggetti detenuti o internati a seguito di sentenza irrevocabile, per un delitto non colposo d) i soggetti nei confronti dei quali sia applicata una misura alternativa alla detenzione a seguito di sentenza irrevocabile, per un delitto non colposo;

e) i soggetti ai quali sia applicata, in via provvisoria o definitiva, una misura di sicurezza detentiva, -con i limiti e le eccezioni di cui al comma 2 dell'art. 9 (il prelievo può essere effettuato esclusivamente se si procede nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 per delitti, non colposi, per i quali è consentito l'arresto facoltativo in flagranza. Il prelievo non può essere effettuato se si procede per i reati: a) di cui al libro II, titolo III, capo I, tranne quelli di cui agli articoli 368, 371-bis, 371-ter, 372, 374 aggravato ai sensi dell'articolo 375, 378 e 379, e capo II, tranne quello

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di cui all'articolo 390, del codice penale; b) di cui al libro II, titolo VII, capo I, tranne quelli di cui all'articolo 453, e capo II, del codice penale; c) di cui al libro II, titolo VIII, capo I, tranne quelli di cui all'articolo 499, e capo II, tranne quello di cui all'articolo 513-bis, del codice penale; d) di cui al libro II, titolo XI, capo I, del codice penale; e) di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267; f) previsti dal codice civile; g) in materia tributaria; h) previsti dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998,n58 ).E' lo stesso art.9 della Legge, che al comma 4, prevede, altresì, l'oggetto del prelievo (I soggetti indicati al comma 1 sono sottoposti a prelievo di campioni di mucosa del cavo orale a cura del personale specificamente addestrato delle Forze di polizia o di personale sanitario ausiliario di polizia giudiziaria). Per cui, il regolamento specifica, che detti soggetti: sono sottoposti al prelievo di due campioni di mucosa orale, allo scopo di consentire l'eventuale ripetizione della tipizzazione del DNA, previa identificazione degli stessi tramite accesso telematico all'AFIS (Automated Fingerprint Identification System:

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sistema automatizzato per l'identificazione delle impronte digitali del casellario centrale d'identità del Ministero dell'interno, Dipartimento della pubblica sicurezza, collocato presso la Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato, Servizio polizia scientifica – art. 2 lett. d-) e registrazione delle operazioni di identificazione e prelievo, a cura dell'organo procedente, nel sistema AFIS (sul punto, vedasi Giovanni Negri "Parte la Banca dati del Dna: sarà articolata su due livelli", Quotidiano del Diritto 08/07/2015 scheda del Ministero Giustizia, avente per oggetto Schema di regolamento recante Disposizioni di attuazione della legge 30 giugno 2009, n. 85, concernente l'istituzione della banca dati nazionale del DNA e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA, ai sensi dell'articolo 16 della legge n. 85 del 2009) Il prelievo è eseguito soltanto se il soggetto non sia stato già sottoposto in precedenza ad analoga operazione, salvi i casi in cui sia stata già disposta la distruzione del campione ai sensi dell'articolo 24 e ricorrano, nuovamente, i presupposti di cui all'articolo 9 della legge, sopra indicato. Alla suddetta operazione provvede il personale della Polizia

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penitenziaria (nel caso di arresto in flagranza di reato o di fermo di indiziato di delitto, dopo la convalida da parte del giudice) ad eccezione di alcune ipotesi in cui il soggetto non è destinato ad essere associato ad un istituto penitenziario (art.5 comma 3). In questi ultimi casi, procede la PG delegata all'esecuzione del provvedimento restrittivo (applicazione di ordinanza che dispone gli arresti domiciliari, la permanenza in casa o il collocamento in comunità; arresto in flagranza o fermo a seguito di convalida senza applicazione di una misura cautelare coercitiva; applicazione di una misura alternativa alla detenzione, se il soggetto non è in stato di custodia; applicazione di una misura di sicurezza detentiva, anche nella forma del collocamento in comunità). Il prelievo è effettuato per il tramite di un tampone orale a secco che viene strofinato sulla parte interna della guancia, ovvero sulle gengive per un tempo adeguato (art. 5, comma 4 lett. b), nel rispetto della dignità, del decoro e della riservatezza di chi vi è sottoposto. Delle operazioni è redatto verbale (art. 9 comma 5 L. 89/2009). Ogni campione biologico, conservato a temperatura ambiente, è posto, successivamente, in un contenitore

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separato (art. 5comma 4 lett. c-d), ed inviato al Laboratorio centrale, nel più breve tempo possibile, in un unico plico chiuso con sigillo antieffrazione, utilizzando modalità organizzative, che razionalizzino la trasmissione, a cura del personale procedente, al Laboratorio centrale, di cui all'art. 5, comma 2 della legge istitutiva, per la tipizzazione del relativo profilo e la successiva trasmissione alla banca dati del DNA, anche avvalendosi di corrieri specializzati che assicurino l’integrità del plico stesso e la sua tracciabilità. Su ciascuno dei campioni é apposta identica etichetta che deve contenere, in formato leggibile: a) il codice dell'ufficio segnalatore; b) il codice identificativo dell'operatore che ha effettuato il prelievo dei campioni biologici; c) numero di riferimento; d) la data del prelievo. Il laboratorio centrale provvede ai seguenti adempimenti: a) registrazione informatizzata del plico contenente i due campioni biologici, con modalità che consentano la tracciabilità delle operazioni effettuate dal personale addetto e la registrazione di tutte le variazioni apportate ai dati; b) apertura del plico sigillato contenente i due campioni biologici, ponendo un campione in una nuova

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busta di sicurezza, che viene conservata per eventuali successive indagini o controlli, e sottoponendo l'altro a tipizzazione del DNA; c) apposizione in una busta della parte di campione biologico inutilizzata, con applicazione a chiusura di una nuova etichetta; chiusura del predetto involucro in una busta di sicurezza idonea alla conservazione; d) inserimento per via telematica del profilo del DNA nella banca dati, del relativo numero di riferimento, del codice ente e del codice laboratorio; e) qualora si verifichi che la tipizzazione del DNA del primo dei due campioni biologici ha fornito esito negativo o parziale, il personale del laboratorio centrale provvede ad informare l'AFIS. Una volta individuato il soggetto cui si riferisce il campione biologico, l'AFIS informa l'ufficio segnalatore di procedere, previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria, alla ripetizione del prelievo. Nel caso di ripetizione del prelievo, l'ufficio segnalatore lo comunica all'AFIS che informa il laboratorio centrale perché provveda alla distruzione di entrambi i campioni biologici e del profilo del DNA parziale. Nel caso di impossibilità di ripetizione del prelievo, l'ufficio

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segnalatore provvede ad acquisire dall’autorità giudiziaria anche l'autorizzazione a processare il secondo campione, informando tempestivamente l'AFIS29 per la successiva

comunicazione al laboratorio centrale (art.5 comma 6). Per l'eventuale fase di estrazione del DNA dai campioni biologici sono utilizzati kit commerciali nell'ambito dei parametri riconosciuti a livello internazionale in termini di resa quantitativa e qualitativa del DNA (art.19) 30

29 AFIS è l'acronimo di Automated Fingerprint Identification System, in italiano

"Sistema Automatizzato di Identificazione delle Impronte".

30 MUSUMECI, Giuseppe,Il regolamento della banca dati DNA, «diritt24 ore», il

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Capitolo 3. l’assunzione della prova scientifica nel procedimento

3.1 prova indizio e procedimento probatorio

Le problematiche relative alla prova penale possono essere comprese alla luce della finalità stessa alla quale essa è destinata, ovvero permettere la decisione sulla reità dell’imputato 31. Basandoci su questa premessa è di agevole

comprensione l’importanza che assume la prova in senso lato. Nel procedimento penale il termine prova assume quattro significati diversi: ci si riferisce alla fonte di prova, al mezzo

di prova, all’elemento di prova o al risultato di prova. Fonte

di prova viene definito tutto ciò che è utile a fornire risultati apprezzabili per la decisione del giudice dunque potremo definire fonte di prova un testimone ad esempio. Mezzo di prova è lo strumento per cui nel procedimento penale viene assunto un elemento utile alla decisione ad esempio una

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testimonianza. Elemento di prova è il dato che viene ricavato tramite la fonte di prova. Possiamo dunque definire la prova come quel procedimento logico che da un fatto noto ricava l’esistenza del fatto da provare 32. Movendole mosse da questa

decisione sembra opportuno in questa sede sottolineare la differenza che intercorre tra la prova e l’indizio. avendo già definito cosa sia la prova in senso legale possiamo definire l’indizio come quel procedimento mediante il quale, partendo da un fatto provato ricava tramite massime di esperienza33 un

fatti storico da provare 34.Tuttavia è opportuno fare

riferimento all’articolo 192 comma 2 c.p.p. , secondo la quale “L'esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti” ed è proprio in relazione a tale articolo che sorge spontaneo chiedersi se l’indizio in senso lato costituisca o meno una prova . Ma se davvero cosi fosse gli indizi sarebbero oggetto di una regola di esclusione che non permetterebbe nessuna

32 Op .cit. pp.11-12

33 La massima di esperienza è una regola di comportamento umano. più precisamente

essa è una regola che determina il comportamento umano ed esprime quello che avviene nella maggior parte dei casi, essa è ricavabile da casi simili al fatto noto, cioè la circostanza indiziante e può permettere di formulare un giudizio di relazione tra fatti.

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loro valutazione da parte del giudice e anche se dovessero essere gravi precisi e concordanti sarebbero a priori ininfluenti fronte a tale evenienza l’articolo 192 fissa un criterio di valutazione relativo al valore che gli indizi possono assumere in ordine al fatto da provare35 . In conclusione ogni

indizio costituisce ex art.192 c.p.p costituisce prova ma non può al contrario produrre l’effetto di provare 36.Le prove

intese nell’accezione di premesse probatorie possono essere classificate in vario modo37. le classificazioni che reputo più

considerevoli di attenzione in questa sede saranno dunque quelle di: prove dirette /indirette prove costituite/

precostituite

È consueto parlare di “prova diretta “ in occasione di quei fatti che accadono sotto la percezione di chi li osserva , ma se si dovesse accettare solo questa definizione di prova diretta dovremmo concludere che nel processo penale siano tutte delle prove indirette poiché tale condizione non si verifica

35 FERRUA, Paolo, la prova nel processo penale, Volume I struttura e procedimento

,Torino, Giappichelli editore ,2015 ,p.57

36 Op.cit.p.58 37 Op.cit. p.59

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consuetamente 38 di conseguenza se nel processo si vuole

parlare di prove dirette e di prove indirette si dovrebbe considerare diretta quella prova dove la proposizione probatoria e la proposizione da provare non si interpongono mentre per prova indiretta si dovrebbe intendere quella in cui tra la proposizione probatoria e quella da provare si innestano proposizioni intermedie ovvero proposizioni da provare rispetto alle proposizioni precedenti e premesse probatorie rispetto a quelle seguenti. In realtà la prova indiretta più che una singola prova costituisce una combinazione di due o più prove disposte in sequenza 39 . Passando invece ad esaminare

le prove precostituite e le prove costituite diremo che le prove costituite sono quelle specificamente formatesi nella sede processuale intesa nel senso ampio termine e dunque ciò includerebbe anche le attività degli inquirenti come ricognizioni, confronti, perizie. Per prove precostituite si intende invece tutte quelle prove che non rientrano nella classificazione sopra esposta ossia le prove appartenenti ad una realtà estranea al processo e dunque rientreranno in questa

38 Ibidem.p59

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locuzione dichiarazioni extraprocessuali, documenti, fotografie videoregistrazioni o impronte digitali.40

Dopo aver esposto le premesse probatorie e le loro classificazioni bisogna adesso accennare del procedimento probatorio e di come prova e indizio si articolino al suo interno.

Il procedimento probatorio è regolato dal codice e viene suddiviso nei fondamentali momenti della ricerca ,dell’ammissione , dell’assunzione e della valutazione della prova .41 Bisogna precisare come in un modello accusatorio

siano le parti a dover indicare e dunque fornire l’onere della prova mentre l’unico onere che incombe sul giudice sarà quello di verificare l’ammissibilità della prova 42 dunque il

primo momento del procedimento probatorio , la ricerca , incombe sulle parti del processo .Per ciò che riguarda invece la seconda fase logica ,l’ammissione del singolo mezzo di prova ,viene richiesta dalle parti al giudice quindi anche qui

40 Op.cit.p.61

41 TONINI, Paolo (1997), la prova penale, CEDAM, Padova, p.17

42 FERRUA, Paolo, la prova nel processo penale, Volume I struttura e procedimento,

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ravvisiamo un ‘onere sulla parte formalmente detto “onere formale della prova “. L’assunzione della prova ha luogo mediante l’interrogatorio incrociato tramite il quale la parte ha il compito di rivolgere le domande al dichiarante secondo quando esposto dall’articolo 49843. Ed in fine il procedimento

probatorio prevede come sua fase conclusiva quella della

valutazione della prova. Infatti la sede naturale del vaglio di

affidabilità della prova scientifica sarebbe proprio la fase di valutazione della prova 44 È il giudice che deve valutare la

prova e può dunque ritenere non credibile il dichiarante o non attendibile. La valutazione deve essere sempre motivata, infatti neppure il principio del libero convincimento esime il giudice dal fornire una motivazione della sua valutazione 45

Sulla base delle categorie probatorie tradizionali, questa prima analisi consente di catalogare la prova scientifica o tecnica, nell'ambito della prova indiziaria e di affermare che tal inquadramento non ne sminuisce l'efficacia. Il ricorso sempre più frequente al metodo scientifico, specie nei casi

43 Il primo comma di tale articolo recita infatti “Le domande sono rivolte

direttamente dal pubblico ministero o dal difensore che ha chiesto l’esame del testimone”

44 CANZIO, Giovanni, prova scientifica, ricerca della verità ,2003 p.64 45 TONINI, Paolo (1997), la prova penale, CEDAM, Padova, pp.18-19

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eclatanti, rafforza la tesi della razionalità strumentale del diritto penale grazie all'utilizzazione di conoscenze empiriche ricavabili dal sapere scientifico. Il codice non impone la tassatività dei mezzi di prova, ma consente di assumere prove atipiche, cioè non regolamentate per legge, ma prescritte dal giudice dopo aver sentito le parti. E questo a tutela del diritto di difesa e per evitare un irrigidimento del sistema.46

46 PICOZZI-INTINI, Massimo-Alberto, scienze forensi, UTET giuridica, Torino

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2.2 la fase dell’assunzione /acquisizione della prova

genetica

Arrivati a questo punto dell’analisi della prova del DNA diviene opportuno concentrarsi sull’aspetto tecnico-scientifico, più precisamente focalizzare l’attenzione sulle procedure di laboratorio utilizzate per l’estrazione del profilo genetico da una qualsiasi traccia biologica. Le nuove tecnologie e lo sviluppo di innovative tecnologie di genotipizzazione hanno aperto la strada verso la selezione e la validazione anche in ambito forense di sistemi di marcatori alternativi che consentano l'analisi di materiali biologici, anche in pessimo stato di conservazione. 47

Solo nella primavera del duemila viene ultimato il sequenziamento del genoma umano, ossia la composizione di una sequenza di riferimento di nucleotidi che compongono i cromosomi di un essere umano.48 In ogni cromosoma vi sono

47 PICOZZI-INTINI, Massimo-Alberto (2009), scienze forensi, UTET giuridica,

Torino p 289

48 MARAFIOTTI, Luca (2010) banca dati del DNA e accertamento penale,

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numerosi spunti detti polimorfismi, l’elenco di alcuni tipi di polimorfismi di un certo individuo viene comunemente definito profilo genetico, le attività svolte in laboratorio per tracciare questo profilo vengono definite “tipizzazione”49

Per far sì che il laboratorio centrale e la banca dati nazionale DNA possano tipizzare e “custodire” profili di DNA, è necessario preliminarmente effettuare una operazione tecnica, tra l'altro disciplinata dallo stesso c.p.p., trattasi del “prelievo di campioni biologici,50” intendendosi con tale dicitura la

quantità di sostanza biologica (es: peli, mucosa del cavo orale, capelli) prelevata da un soggetto identificato (c.d. identità nota) sottoposto a tipizzazione del relativo profilo del DNA Il procedimento per il test del DNA può essere diviso in tre sequenze:

49 Op. cit. 49

50 Si noti la distinzione terminologica tra “campione biologico “ e reperto biologico

restringendo l’uso della parola “campione” al materiale biologico prelevato da una persona sottoposta a tipizzazione e definendo per contro “reperto biologico “ il materiale trovato sulla scena di un delitto

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66 1. PRELIEVO;51

2. ESTRAZIONE DEL PROFILO GENETICO; 3. CONFRONTO DEI RISULTATI.

Suddetto test ci permette di estrarre il DNA dalle tracce organiche raccolte e di caratterizzarne il profilo genetico. Il risultato viene poi confrontato con quello risultante dal DNA dell’individuo sospettato per stabilire se essi siano compatibili, cioè se i due profili possano essere considerati pressoché identici. Se i due profili corrispondono viene calcolata quale sia la probabilità che il materiale organico appartenga al sospettato piuttosto che ad un membro preso a caso dalla popolazione. L’attribuzione univoca è teoricamente impossibile, poiché impossibile è dimostrare in modo assoluto che al mondo non vi sia un’altra persona che avrebbe potuto avere un DNA con caratteristiche equivalenti. Tuttavia

51 I PRELIEVI Costituiscono l’acquisizione di un campione biologico di riferimento

da un soggetto vivente o defunto o dalla scena del crimine. Il prelievo di sostanza ematica rappresenta il materiale d’interesse biologico più comune, può essere conservato per lungo tempo a temperatura controllata. Esso può essere raccolto in provette munite di un anticoagulante (acido etilendiamminotetraacetico, EDTA), conservato in frigorifero a +4 °C per 3-5 giorni, oppure conservato a –20 °C per un tempo maggiore. Il prelievo di saliva va conservato a –20 °C fi no al momento dell’analisi. Dal cadavere possono essere ottenuti diversi tipi di materiali idonei alla determinazione del profi lo genetico, in funzione dell’epoca della morte e/o dello stato di conservazione. Talvolta le procedure di prelievo comportano la preliminare reidratazione della traccia.

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