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Sindrome da deficit del trasportatore della creatina: validazione di potenziali biomarcatori mitocondriali in un modello murino

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso Di Laurea Magistrale In Farmacia

TESI DI LAUREA

“SINDROME DA DEFICIT DEL TRASPORTATORE

DELLA CREATINA: VALIDAZIONE DI

POTENZIALI BIOMARCATORI MITOCONDRIALI

IN UN MODELLO MURINO”

Relatore

:

Prof.ssa Mazzoni Maria Rosa

Correlatore: Candidata:

Prof. Lucacchini Antonio Ilaria Pisani

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Indice

Capitolo 1: INTRODUZIONE

1.1 LA CREATINA 1.1.1 Cenni storici……….…….……4 1.1.2 Funzioni………..……...5 1.1.3 Sintesi e metabolismo………..………...6 1.1.4 Il trasportatore di creatina (CRTR)………...10

1.1.5 Il caso particolare del cervello……...12

1.2 SINDROMI DA DEFICIT DI CREATINA (CDS) 1.2.1 Diagnosi ………...15

1.2.2 AGAT deficiency………...16

1.2.3 GAMT deficiency………...17

1.2.4 CRTR deficiency………...20

1.3 DEFICIT PRIMARIO DEL CRTR 1.3.1 Segni clinici………...21

1.3.2 Incidenza…………...22

1.3.3 Diagnosi ………....22

1.3.4 Ereditarietà X-linked recessiva………..23

1.3.5 Terapia………...25 1.4 MODELLI MURINI 1.4.1 Topi CRTR-KO…………...27 1.5 LA PROTEOMICA………...30 1.5.1 L’elettroforesi bidimensionale………...31 1.5.2 La spettrometria di massa………..33

Capitolo 2 – Scopo della tesi...35

Capitolo 3 – Materiali e metodi

3.1 MATERIALI E STRUMENTAZIONI………...36

3.2 CAMPIONI BIOLOGICI 3.2.1 Separazione dei mitocondri……….37

3.3 METODI 3.3.1 Dosaggio proteico DC Biorad……….38

3.3.2 SDS-PAGE e Western Blot………...40

3.3.3 Imagequant LAS 4010 ………46

Capitolo 4 – Risultati e discussione……….…...47

Bibliografia……….………...52

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CAPITOLO 1

INTRODUZIONE

1.1 La Creatina

1.1.1 Cenni storici

La creatina (dal greco κρέας, krèas, "carne") fu descritta per la prima volta dal chimico francese Michel Eugène Chevreul nel 1832, quando ne riuscì ad ottenere una piccola quantità dal brodo di carne [1].

Tuttavia, a causa della complessità dei metodi di estrazione della creatina, fu solo nel 1847 che il chimico tedesco Justus von Liebig ne confermò la presenza come normale costituente della carne.

In aggiunta, dopo aver effettuato dei primi esperimenti sulla muscolatura umana, Liebig condusse uno studio sulla muscolatura animale. Mettendo in correlazione i dati raccolti su volpi selvatiche e volpi cresciute in cattività scoprì che la concentrazione muscolare della creatina delle prime era dieci volte superiore ed, alla luce di questo risultato, ipotizzò che questo incremento fosse attribuibile alla maggiore attività motoria.

Negli stessi anni Heintz e Pettenkofer evidenziarono nelle urine una sostanza che poi Liebig confermò essere la creatinina. Sulla base dell'osservazione per cui l'escrezione urinaria della creatinina era correlata all'entità della massa muscolare, fu ipotizzato che la creatinina fosse un diretto prodotto di metabolizzazione dalla creatina localizzata nei muscoli. Inoltre, Liebig notò che non tutta la creatina somministrata all'animale o all'uomo veniva espulsa tramite le urine, per cui ipotizzò che parte di essa potesse essere trattenuta nell'organismo a scopi energetici.

Da quel momento molti studi sono stati condotti e molte opere sono state pubblicate riguardo al ruolo della creatina nel metabolismo energetico e sui suoi meccanismi di trasporto.

Solamente dal 1994, con la scoperta del primo caso di difetto ereditario di sintesi di creatina, le concentrazioni fisiologiche di creatina e dei suoi metaboliti sono diventati un marker importantissimo per la diagnosi patologica.

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1.1.2 Funzioni

La creatina è nota per il suo ruolo essenziale nel metabolismo energetico cellulare. Essa è localizzata soprattutto nel tessuto muscolare scheletrico ed in quello nervoso, dove la richiesta del fabbisogno energetico è molto elevata.

L’enzima creatina chinasi (CK) catalizza la conversione reversibile della creatina e ATP a fosfocreatina e ADP. In questo modo si crea il sistema creatina-fosfocreatina, che serve come tampone citosolico per la rigenerazione di ATP [2].

Tuttavia l’immagine della creatina come un composto esclusivamente energico muscolare e, di conseguenza assunto come integratore alimentare nella medicina dello sport, è ormai obsoleta.

Ad oggi, le conoscenze riguardanti la biologia della creatina ci portano ad attribuirle un insieme di ruoli importanti, svolti all’interno dell’organismo, quali:

Attività energetica

Attività antiossidante e anti-apoptotica: la creatina interagisce direttamente contro i radicali liberi come lo ione superossido [O2]- e il perossinitrito [ONOO]- [3] [4].

Azione osmolitica: determinando una ritenzione di acqua a livello muscolare [5].

Azione neuromodulatoria: la creatina è in grado di modulare l’attività GABAergica, agendo come antagonista competitivo sul recettore GABA A, e glutaminergica, agendo sul recettore NMDA [6].

Inoltre, la creatina viene intensamente utilizzata come agente terapeutico nei disturbi psichiatrici e in vari condizioni neurologiche, quali: encefalopatia mitocondriale, ictus, lesioni neurologiche traumatiche, disordini neurodegenerativi e muscolari.

Prove convincenti, che vedremo più avanti, provenienti da svariati studi sui disturbi primari della biosintesi e del trasporto della creatina hanno conferito a questo composto un nuovo ruolo molto importante nei processi fisiologici del cervello.

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1.1.3 Sintesi e Metabolismo

La creatina o acido metilguanidinoacetico, è un composto azotato non proteico strutturalmente simile ad un amminoacido (Figura n.1). Si tratta di una molecola molto polare e idrofila e ha bisogno di un trasportatore di membrana per poter attraversare le membrane cellulari.

Figura n.1: Struttura chimica della creatina.

Il contenuto di creatina in un uomo dal peso medio di 70 kg è all’incirca 120 g, di cui una percentuale superiore al 90% è localizzata nel muscolo scheletrico. Alti livelli di questo amminoacido si trovano anche nel cuore, nel cervello, negli spermatozoi, e nella retina, mentre reni e fegato ne contengono relativamente poco [2].

La creatina e la fosfocreatina vengono convertite in creatinina tramite una reazione di tipo non enzimatica. La creatinina, a sua volta, diffonde attraverso la membrana cellulare passando nel liquido interstiziale e quindi nel sangue, viene filtrata ed in piccola parte secreta a livello renale ed eliminata nelle urine.

Il nostro organismo consuma, trasforma ed elimina quotidianamente 30 mg di creatina, ogni kg di peso corporeo, per un fabbisogno giornaliero di circa 2 grammi, che viene sostanzialmente soddisfatto in due modi:

- Per via esogena (tramite la dieta);

- Per via endogena (con la sintesi de novo).

Tramite la dieta è possibile integrare i contenuti corporei di creatina principalmente assumendo carne e pesce e, in misura minore, latte e prodotti caseari. Una tipica dieta occidentale, quindi, è in grado di garantire circa la metà del fabbisogno quotidiano di creatina [7]. Tuttavia, a causa della povertà di creatina nei prodotti vegetali, le diete principalmente vegetariane non riescono a reintegrarne grandi quantità.

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L’altra metà del fabbisogno giornaliero di creatina è garantita dalla sintesi de novo, che necessita la presenza di due amminoacidi, glicina e arginina, e di due enzimi che catalizzano la reazione.

La sintesi si svolge attraverso due fasi (Figura n.2). Una prima fase, che si verifica principalmente a livello renale, per lo più nello spazio intermembrana dei mitocondri e, in misura minore, nel citoplasma [8].

Le due isoforme mitocondriali e citosoliche di arginina glicina aminotrasferasi (AGAT) sono codificate dal gene GATM e derivano da splicing alternativo. L’enzima AGAT catalizza reversibilmente il trasferimento di un residuo guanidinico dall’arginina alla glicina con conseguente formazione di L-ornitina e guanidinoacetato (GAA). Questo primo passaggio ha un controllo a feedback negativo, in quanto l’AGAT è inibito dalla creatina e dall’ornitina, mentre è attivato dalla tiroxina e dall’ormone della crescita [9]. L’inibizione della sintesi de novo a livello di AGAT è anche sensibile alle concentrazioni di creatina esogena, per cui un alto apporto nutrizionale di creatina comporta l'inibizione dell’espressione e dell’attività di AGAT, mentre un basso livello esogeno va a stimolare l’espressione enzimatica.

Durante la seconda fase, che si verifica principalmente nel fegato, l’enzima

guanidinoacetatometiltransferasi (GAMT) catalizza il trasferimento di un gruppo metile

proveniente da S-adenosil metionina (SAM), a GAA, portando alla formazione S-adenosil-omocisteina (SAH) e creatina [10] [11]. Questa fase della biosintesi è fisiologicamente conosciuta per il consumo del 40% dei gruppi metilici, che vengono utilizzati per vari substrati biologici come acidi nucleici, proteine e lipidi.

La creatina, derivante dalla dieta o formata attraverso la sintesi endogena, viene rilasciata nel flusso sanguigno, dove andrà a distribuirsi nei tessuti interessati grazie alla presenza del suo specifico trasportatore transmembrana Na+ dipendente (CRTR) che lega la sostanza e la trasporta nelle cellule.

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Figura n.2: Biosintesi della creatina.

Una volta arrivata nei tessuti ad alta richiesta di energia, la creatina viene temporaneamente fosforilata a fosfocreatina dall’enzima creatina chinasi (CK) o fosfochinasi (CPK).

Il donatore del gruppo fosfato è l’ATP che si converte in ADP secondo la seguente reazione: ATP + creatina = ADP + fosfocreatina + H+ (Figura n.3).

Figura n.3: Conversione creatina in fosfocreatina.

La reazione è di tipo reversibile e quindi permette di liberare energia sotto forma di ATP sfruttando la defosforilazione della fosfocreatina.

Questa è la ragione per cui la fosfocreatina rappresenta un pool di riserva energetica direttamente utilizzabile attraverso la conversione enzimatica da CK.

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Infine, sia la creatina che la fosfocreatina verranno escrete sotto forma di creatinina (Crn). I reni rappresentano il principale organo emuntorio e di fatto l’eliminazione della creatinina avviene prevalentemente a livello renale (Figura n.4).

Figura n.4: Metabolismo della creatina: biosintesi, trasporto ed eliminazione.

L’inattivazione funzionale delle due sostanze procede con una reazione chimica spontanea che porta a reagire il gruppo carbossile del gruppo acetico ed il gruppo amminico della stessa molecola con formazione di un legame intramolecolare ed eliminazione di acqua nella creatina e di fosfato ed acqua nella fosfocreatina (Figura n.5).

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1.1.4 Il trasportatore di creatina (CRTR)

Come già precedentemente accennato, la creatina per poter essere distribuita nei vari tessuti dell’organismo ha bisogno del suo trasportatore. Questo perché, essendo una molecola abbastanza idrofila e polare, non attraversa facilmente le membrane plasmatiche, data la natura lipofila di quest’ultime.

La creatina entra all’interno della cellula mediante trasporto attivo, contro gradiente di concentrazione. In questi tipi di trasporto viene sempre richiesta la presenza di ATP, con conseguente consumo di energia. Il trasportatore della creatina è di tipo elettrogenico in quanto, per ogni 2 ioni di Na+ che entrano nella cellula, permette la fuoriuscita di 1 solo ione Cl- [12] [13].

Il trasportatore di membrana della creatina è formato da 635 amminoacidi e ha un peso molecolare di 70 kDa. Viene codificato dal gene SLC6A8 (CT1) che contiene 13 esoni e si trova sul cromosoma Xq28 [14]. Questo trasportatore fa parte della famiglia SLC6, quindi della stessa famiglia dei trasportatori di neurotrasmettitori Na+/Cl- dipendenti, quali i trasportatori del GABA, della noradrenalina, della dopamina, della serotonina, della glicina, della taurina, della prolina e della betaina. Come gli altri membri della famiglia SLC6, possiede 12 domini transmembrana (TM), in particolare i numeri 1, 3, 6, 8 (ombreggiati in grigio in Figura n.6) contribuiscono alla permeazione della molecola di creatina. Tra il TM3 ed il TM4 è presente un loop extracellulare contenente i siti di N-glicosilazione e infine troviamo N- e C- terminali rivolti verso il lato citoplasmatico della membrana (Figura n.6) [15].

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Negli esseri umani, il CRTR è espresso prevalentemente nei muscoli, nel cuore in cui, di conseguenza, sono presenti alti livelli di creatina, nel rene, e ciò spiega il recupero della stessa dall’urina, ma anche in molti altri tessuti compreso il cervello, la retina e l’intestino. L’assorbimento di creatina può essere inibito dall’azione di alcune molecole sue analoghe, quali β-guanidinoproprionato (β-GPA), γ-guanidinobutirrato e, in misura minore, dal guanidinoacetato [16] [17].

1.1.5 Il caso particolare del cervello

Il cervello, sebbene costituisca solo il 2% del peso totale corporeo, utilizza quasi il 20% delle risorse energetiche di un essere umano. Tenendo conto che i depositi energetici nelle cellule cerebrali sono bassi, i substrati energetici sono forniti continuamente dalla circolazione. Si spiega così perché l’integrità dell’attività cerebrale è fortemente dipendente dalla vascolarizzazione [18].

Importante è sottolineare come le cellule del sistema nervoso centrale siano in possesso di proteine tali da consentire la sintesi della creatina, ma anche come il trasportatore della creatina sia fortemente espresso nel midollo spinale [19].

Tuttavia, come mostrato in Figura n.7, le vie del sistema nervoso centrale che assicurano il contenuto fisiologico della creatina nel cervello maturo richiedono cooperazione intercellulare, poiché solo il 12% delle cellule del sistema nervoso centrale possiede l'intera via biosintetica (AGAT più GAMT) [20] [21]. Infatti, circa il 43% delle cellule contengono solo uno dei due enzimi biosintetici, mentre la restante parte, pari al 45%, è privo sia di AGAT che di GAMT. Il fatto che AGAT e GAMT possano essere presenti in cellule diverse comporta che il GAA, prodotto in una cellula contenente AGAT, debba essere trasportato ad un’altra cellula contenente GAMT per completare la sintesi di creatina [22][23].

Il passaggio intercellulare è assicurato dal trasportatore CRTR (o SLC6A8 dal nome del gene) che va ad assumere un’importanza cruciale nel processo biosintetico agendo sia da trasportatore della creatina che dell’intermedio GAA.

Occorre ricordare, inoltre, che le sostanze prima di arrivare a livello del Sistema Nervoso Centrale (SNC) devono oltrepassare la Barriera Emato-Encefalica (BEE), la cui azione principale è quella di proteggere il cervello da sostanze esogene e/o nocive. Questa barriera

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è composta da cellule endoteliali unite tramite giunzioni cellulari occludenti che conferiscono una maggiore compattezza alla sua struttura. Un ulteriore fattore che contribuisce alla formazione ed al rafforzamento di questa unità anatomo-funzionale è costituito dalle proiezioni delle cellule astrocitarie [24].

Figura n.7: Processi fisiologici che portano alla formazione di creatina in un cervello maturo.

Ne deriva che, la creatina, in quanto molecola polare e idrofila, non riesce da sola ad attraversare la BEE a causa delle caratteristiche lipofile di quest’ultima. In aggiunta, esiste anche una diversa espressione del gene SLC6A8 a livello delle cellule che costituiscono la BEE.

In conclusione, occorre osservare che:

Nel cervello di un individuo maturo troviamo una bassa espressione di SLC6A8 a livello degli astrociti, e questo comporta una ridotta permeabilità della creatina attraverso la BEE. La modesta permeabilità viene associata alla presenza del trasportatore che invece sembra essere presente a livello delle cellule endoteliali;

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Il cervello immaturo/in via di sviluppo (durante i primi anni di vita), presenta un’elevata espressione di SLC6A8. Questo spiega come, il cervello, in questa fase di maturazione riesca sostanzialmente a soddisfare le proprie esigenze di creatina attraverso un assorbimento dalla circolazione sanguigna piuttosto che dalla sintesi endogena.

In questo modo appare chiaro come deficit enzimatici di GAMT e AGAT oppure alterazioni dell’espressione di CRTR possano portare a gravi conseguenze nel normale sviluppo cerebrale.

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1.2 Sindromi da deficit di creatina (CDS)

Le sindromi da deficit della creatina (Cr) cerebrale corrispondono ad un gruppo di errori congeniti del metabolismo denominati complessivamente Creatine Deficiency Syndromes (CDS), in cui rientrano tre tipi di difetti metabolici.

I primi due sono relativi agli enzimi AGAT e GAMT, a cui è affidata la sintesi endogena della creatina. Questi difetti metabolici provocano l’incapacità dell’organismo di sintetizzare il composto.

Il terzo disturbo riguarda il trasportatore della creatina (CRTR). L’incapacità delle cellule di incorporare la creatina causa una diminuzione dell’assorbimento e della distribuzione nei vari tessuti interessati.

Queste sindromi sono causate da mutazioni dei geni codificanti per proteine coinvolte nella sintesi e nel trasporto della creatina:

 Le forme causate da difetti di sintesi (deficit di AGAT e GAMT) sono condizioni

autosomiche recessive (occorre ereditare due copie alterate del gene da entrambi i

genitori per manifestarle);

 La forma causata da carenza di trasportatore (SLC6A8), invece, è una condizione legata al cromosoma X, ragione per cui solo i maschi ne presentano i sintomi, mentre le femmine sono portatrici sane.

Tutti e tre i deficit presentano lo stesso meccanismo patogenetico, ovvero la deplezione di Cr a livello cerebrale.

I soggetti affetti da tali sindromi presentano un fenotipo tipico di patologie neuropsichiatriche, riscontrabile in persone di età avanzata, caratterizzato da ritardo mentale, disturbi del linguaggio, epilessia, disturbi del movimento e della sfera comunicativo-relazionale [21].

L’esatta frequenza di questi disturbi resta da chiarire. A questo proposito, la sindrome da carenza di creatina è stata individuata nel 2,7% dei bambini aventi un ritardo psicomotorio di origine sconosciuta e questa percentuale aumenta al 4,4% quando gli studi sono stati concentrati su bambini di sesso maschile [25]. Si evince dunque come il ruolo della creatina sia cruciale a livello cerebrale.

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1.2.1 Diagnosi

Di fronte a una disabilità intellettiva di origine sconosciuta, risulta molto importante l’identificazione della natura e/o della causa scatenante del fenomeno patologico.

La ricerca di una sindrome di deficienza di creatina può essere indicata quando nell’analisi della storia familiare del paziente sono presenti eventuali criteri di inclusione, come deficit intellettivi o altri tipi di anomalie negli antenati prossimi, che possono indirizzare nella scelta dell’esecuzione delle indagini biochimiche.

La diagnosi delle Creatine Deficiency Syndromes a questo punto procede in varie fasi (Figura n.8):

1. Determinazione biologica della creatina e dei suoi metaboliti nelle urine e nel sangue. Eventuali concentrazioni anomale creano un sospetto diagnostico che dovrebbe indurre ad una misurazione più specifica per la zona cerebrale.

2. L’indagine prosegue con la misurazione dei metaboliti utilizzando la spettroscopia all’idrogeno in risonanza magnetica (1

H-MRS). Questa metodica ci permette di ottenere spettri ad alta risoluzione e di individuare in modo ottimale la presenza o l’assenza di creatina cerebrale. Essa si basa sul principio chimico-fisico secondo cui i protoni degli atomi di idrogeno possiedono proprietà risonanti differenti in funzione dell'ambiente chimico in cui si trovano, ovvero differiscono in base alla molecola a cui sono legati, che può essere ad esempio acqua, proteine, lipidi ecc. Il segnale viene rappresentato da un insieme di “picchi” che identificano le diverse molecole, disposti lungo un asse cartesiano in base alle varie frequenze di risonanza di ciascuna molecola. In questo modo, l’assenza o la presenza di picchi relativi alla creatina riesce a dare un’ulteriore conferma all’ipotesi iniziale. L’1

H-MRS dovrebbe avere quindi un posto privilegiato in campo diagnostico, tuttavia, dato che l’interpretazione dei dati richiede una competenza specialistica ed un corposo investimento, questa pratica viene condotta solo occasionalmente. In questo contesto, le misurazioni biologiche rimangono ancora la prima linea di esplorazione per la diagnosi dei deficit di creatina.

3. Infine studi molecolari del gene “sospetto” e valutazioni di tipo funzionale dell’attività enzimatica e del trasportatore della creatina possono confermare la diagnosi andando ad individuare in maniera specifica il tipo di CDS presente nel

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paziente. L’attività della proteina può essere eseguita prima o dopo lo studio sui geni. In quest’ultimo caso, il test funzionale convalida o invalida la natura eziologica della mutazione genetica.

Figura n.8:La diagnosi della Creatine Deficiency Syndromes.

1.2.2 AGAT deficiency

Il primo caso di AGAT deficienza (AGAT-D) è stato riportato nel 2001, in due sorelline di 4 e 6 anni. Entrambe presentavano disabilità intellettiva, difficoltà nel parlare e camminare. Inoltre, una di loro ha sofferto di convulsioni febbrili a 18 mesi dalla nascita [26]. L’indagine familiare ha rilevato, poi, un altro caso di AGAT-D in un cugino di 2 anni che presentava un ritardo psicomotorio e difficoltà nell’acquisizione del linguaggio [27]. Il deficit di AGAT è ereditato come carattere autosomico recessivo. Il gene GATM che trascrive l’enzima è localizzato sul cromosoma 15q21.1 ed è essenzialmente espresso nei reni e, in misura minore, nel pancreas, nel fegato e nel SNC. Come accennato in precedenza, l’enzima catalizza il primo passo nella biosintesi della creatina, producendo GAA e ornitina, di conseguenza l'attività enzimatica ridotta si traduce in una marcata diminuzione di GAA plasmatico e quindi una diminuzione dei livelli di creatina [28].

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La diagnosi viene sospettata quando i livelli di GAA e di creatina nel plasma e nelle urine risultano molto bassi. Tuttavia, occorre procedere con un’ulteriore misurazione attraverso l’1

H-MRS in quanto la sola diminuzione della creatina plasmatica non è un marcatore affidabile della deficienza dell’enzima. Procedendo l’analisi diagnostica, può essere fatta una misurazione dell’attività di AGAT su culture di linfoblasti o linfociti [29] e l'identificazione genetica finale delle mutazioni GATM toglie ogni dubbio in merito alla diagnosi.

Trattamento: Nella AGAT-D si applica una terapia farmacologia. Una prima

somministrazione di 300-400 mg/kg/die di creatina per poter ripristinare i livelli cerebrali. Le due sorelle a cui fu diagnosticata la malattia per la prima volta, dopo una cura integrativa di creatina, presentarono lievi miglioramenti nelle performance motorie, mentre le prestazioni visive subirono un miglioramento rilevante. Tuttavia, un handicap intellettivo moderato persisteva anche dopo diversi anni di trattamento. Nel cugino delle due sorelle la somministrazione di creatina è stata avviata all'età di 2 anni e dopo una terapia durata 3 anni il paziente mostrava ancora un moderato ritardo psicomotorio, mentre le difficoltà linguistiche, la sua interazione sociale e la capacità di attenzione erano migliorate [27].

Un quarto paziente con AGAT-D, diagnosticata dalla nascita, ha avuto la possibilità di avviare l’integrazione con creatina all'età di 4 mesi ed è interessante notare che il suo sviluppo psicomotorio è risultato essere normale dopo circa un anno [30]. Questo importante miglioramento potrebbe risiedere nell’alta concentrazione di SLC6A8 che si trovano nel cervello in fase di maturazione nel corso dei primi anni di vita.

Gli incoraggianti risultati osservati nella terapia sostitutiva nei neonati suggeriscono che la diagnosi precoce seguita da un trattamento immediato possano avere un impatto positivo sul ritardo dello sviluppo, mentre una terapia iniziata in ritardo porterebbe solamente ad una lieve attenuazione della sintomatologia già aggravata.

1.2.3 GAMT deficiency

La GAMT deficienza (GAMT-D) è stato il primo errore congenito riconosciuto del metabolismo della creatina, descritto per la prima volta da Stöckler nel 1994 in un bambino di 22 mesi con un grave ritardo dello sviluppo associato ad una sindrome

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extrapiramidale progressiva [31]. Ad oggi sono stati individuati ben 110 pazienti, che presentavano la GAMT-D, con almeno 25 diverse mutazioni a livello del gene interessato. [32] [33].

Come AGAT-D, GAMT-D viene ereditata come carattere autosomico recessivo. Il gene GAMT è situato sul braccio corto del cromosoma p13.3, è costituito da 6 esoni [34] e viene espresso essenzialmente nel fegato e in misura minore nei reni, nel pancreas e nel SNC. Come descritto in precedenza, l’enzima catalizza la metilazione di GAA, usando SAM come donatore di metile, e generando SAH e creatina. Un difetto dell’enzima comporta un’inefficace biosintesi di creatina con conseguente accumulo di GAA. Questo metabolita risulta essere altamente tossico per il SNC provocando convulsioni [35].

Il fenotipo dei pazienti con GAMT-D è relativamente eterogeneo e presenta manifestazioni cliniche più gravi rispetto a AGAT-D. L'insorgenza dei primi segni clinici si verifica di solito tra la prima infanzia (3-6 mesi) e 3 anni. Si parla di ritardo nello sviluppo globale, anomalie extrapiramidali del movimento, difficoltà nel parlare, disabilità intellettiva marcata, epilessia farmacoresistente e talvolta comportamento aggressivo e autolesionistico. Inoltre, è interessante notare che i pazienti con GAMT-D non sono affetti da neuropatie, disturbi uditivi e visivi. In alcuni casi però il danno neurologico è lieve e la sintomatologia si manifesta in maniera più blanda.

La diagnosi di GAMT-D viene evocata quando si osserva un notevole aumento di GAA nei fluidi corporei: urina, plasma e nel fluido cerebrospinale (CSF), e una concomitante riduzione dei livelli di creatina, più drastica nel plasma che nell'urina.

L’analisi biochimica della GAMT, che viene effettuata su culture di linfoblasti o di fibroblasti, indica un calo dell'attività enzimatica.

L’esplorazione cerebrale attraverso 1H-MRS rimane sempre uno strumento diagnostico di prima scelta e permette di visualizzare con precisione la deficienza di creatina nel cervello ed inoltre, è molto utile per monitorare le variazioni dei depositi cerebrali di creatina nei pazienti in cura con un’ integrazione orale.

La ricerca di mutazioni nel gene completa l'esplorazione diagnostica di pazienti GAMT-D, e fino ad ora sono stati segnalati circa 50 mutazioni differenti del gene codificante quest’enzima. Le mutazioni predominanti che vengono riscontrate nella maggior parte dei pazienti sono essenzialmente due: una mutazione missenso c.59G> C, in cui un triptofano è sostituito da una serina nella posizione 20 della proteina matura, e un mutazione c.327G>A che induce uno splicing anomalo [36].

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La terapia della GAMT-D ha un duplice obiettivo metabolico: il normale ripristino dei depositi cerebrali di creatina ed il prevenire l’accumulo del metabolita tossico GAA. La creatina viene somministrata per via orale alla dose di 0.35 e 2 g/kg/die; questo ha portato a un ripristino dei normali valori cerebrali di creatina e ha ridotto i livelli tossici di GAA, in quanto l’attività metabolica dell’enzima AGAT è soggetta ad un meccanismo di controllo a feedback negativo, esercitato da alte concentrazioni di creatina.

Sono in fase di sperimentazione clinica [35] la somministrazione concomitante di amminoacidi a diversi dosaggi, quali:

 arginina 15 mg/kg/die

 ornitina 100 mg/kg/die

 creatina 1.1 g/kg che corrisponde alla dose massima giornaliera

Gli effetti terapeutici riportati in tutti e due i casi includono il miglioramento dell’ipotonia, dell’attenzione e del comportamento e una risoluzione della discinesia e dell’epilessia (figura n.9).

Figura n.9: Immagine del cervello maturo ottenuta mediante 1H-MRS in un paziente GAMT-D prima (A) e dopo (B) una cura a base di creatina.

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1.2.4 CRTR deficiency

Anche se questa patologia è stata a lungo trascurata, il deficit del trasportatore potrebbe rappresentare circa l’1% dei pazienti maschi affetti da disabilità intellettiva di origine ignota. Le femmine sono portatrici sane e possono mostrare una lieve compromissione neuropsicologica [37]. La CRTR-D manca ancora di un protocollo terapeutico consolidato e quindi al momento sono ancora in corso diversi studi volti ad identificare la terapia adatta.

A tal proposito, il deficit del trasportatore, essendo oggetto della parte sperimentale del nostro studio, verrà analizzato in maniera più approfondita nel paragrafo successivo.

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Deficit primario del CRTR

Il deficit del trasportatore della creatina (CRTR-D), diagnosticato per la prima volta nel 2001, è una malattia metabolica ereditaria legata al cromosoma X. Questa perdita di funzionalità di CRTR è causata per lo più da mutazioni missenso del gene SLC6A8 e da piccole delezioni concentrate nei domini transmembrana 7 e 8 (TM7 e TM8) della proteina [17]. Alcune mutazioni sono ricorrenti, ma la maggior parte sono rappresentazioni uniche che possono presentare differenti gravità fenotipiche.

1.3.1 Segni clinici

I segni clinici in CRTR-D sono caratterizzati da: disabilità intellettiva, gravi invalidità motorie, difficoltà nell’apprendimento del linguaggio, convulsioni e comportamento autistico; i pazienti hanno una natura felice, ma con problemi comportamentali, che consistono principalmente in iperattività e deficit dell’attenzione.

La disabilità intellettiva diventa più pronunciata con l’età e la maggior parte degli individui adulti presenta una regressione cognitiva. Anche se il ritardo nell’apprendimento del linguaggio può essere particolarmente marcato, alcuni pazienti sviluppano una certa, seppur non completa, forma di comunicazione. Il deficit motorio, invece, può essere lieve e con l’età si può acquisire una camminata regolare già attorno ai 2 anni, anche per individui che, inizialmente, presentavano un’andatura rigida.

Per quanto riguarda i problemi gastrointestinali, come nausea e vomito, sono molto frequenti soprattutto nei primi anni di vita; in questi casi i pazienti sviluppano problemi legati all'alimentazione con gravi difetti nella crescita. Quest’ultima è compromessa dall’apporto nutrizionale deficitario. In fase adulta, invece, alcuni pazienti sviluppano forme di costipazione e difficoltà nello svuotamento della vescica [38].

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1.3.2 Incidenza

Il primo studio sull’impatto di incidenza della malattia fu condotto da Rosenberg nel 2004 e consistette nell’analisi di 288 pazienti di sesso maschile che presentavano un ritardo mentale non sindromico legato al cromosoma X. I test scientifici condotti identificarono ben 6 mutazioni del gene SLC6A8, 5 delle quali del tutto nuove (una mutazione nonsenso e 4 missenso), con una prevalenza stimata del 2,1% (6 su 288) [39].

In seguito, questa stima è stata ridimensionata dal lavoro di Clark nel 2006, dopo uno studio condotto su 478 maschi con ritardo mentale di origine sconosciuta, provenienti per lo più da famiglie in cui era stata riconosciuta un’ereditarietà legata al cromosoma X. Clark identificò sei nuove mutazioni potenzialmente patogene non riscontrabili nella popolazione di controllo. Quattro di queste vennero certificate come causa della sindrome. Tutto ciò portò a concludere che la prevalenza del deficit del trasportatore affligge circa l’1% dei maschi colpiti da ritardo mentale di origine ignota.

1.3.3 Diagnosi

Il dosaggio urinario della creatina espresso in rapporto alla creatinina (rapporto Cr/Crn) viene utilizzato come primo marker diagnostico del disturbo. Nei pazienti studiati, tale rapporto è generalmente aumentato da 2 a 10 volte rispetto ai valori normali. Tuttavia queste analisi possono rilevare dei falsi positivi. Per scongiurare questo pericolo è consigliabile eseguire la raccolta delle urine il giorno dopo che il paziente ha eseguito una dieta a base di alimenti che contengono la creatina [40].

La creatina plasmatica è di solito entro i limiti normali, come non risulta alterata neanche la concentrazione urinaria e plasmatica di GAA. Quest’ultimo elemento è un fattore molto importante perché consente di escludere alterazioni del processo biosintetico, quindi AGAT-D e GAMT-D, in cui abbiamo rispettivamente una diminuzione ed un aumento dei livelli plasmatici e urinari di GAA [41] [42].

La diagnosi prosegue con 1H-MRS che avvalora ulteriormente l’ipotesi patologica, mostrando un calo del picco di assorbimento relativo alla creatina cerebrale. Tuttavia, la dotazione di questa apparecchiatura non è alla portata di tutti.

La conferma finale viene garantita da un’analisi molecolare del gene SLC6A8, oppure da un test funzionale della capacità di assorbire creatina su colture di fibroblasti dei pazienti.

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23

Con il rapido sviluppo del sequenziamento genico di nuova generazione, lo screening molecolare genetico diventerà sempre più comune e sarà possibile catalogare nuove varianti non classificate tramite la caratterizzazione funzionale ottenuta attraverso lo studio dei fibroblasti del paziente.

TABELLA N.1

Segni clinici

Concentrazioni

plasmatiche

Test

diagnostici

AGAT-D

-Ritardo Mentale -Ritardo nel Linguaggio -Diminuzione dei livelli di Cr nel cervello,plasma e urina -Diminuzione dei livelli di Crn nel plasma e urine -H-MRS cerebrale -Dosaggio GAA -Dosaggio Cr -Dosaggio Crn

GAMT-D

-Ritardo Mentale -Ritardo nel linguaggio -Epilessia Farmacoresistente -Segni extrapiramidali -Diminuione dei livelli di Cr/Crn nel plasma e urine -Aumento dei livelli di GAA -Diminuzione di Cr nel cervello -H-MRS cerebrale -Dosaggio GAA -Dosaggio Cr -Dosaggio Crn

CRTR-D

-Ritardo Mentale -Ritardo nel linguaggio -Epilessia trattabile -Diminuzione dei livelli di Cr nel cervello

-Aumento dei livelli di Cr/Crn nelle urine

-H-MRS cerebrale -Dosaggio Cr/Crn nel plasma e nelle urine

Tabella 1: Schema riassuntivo delle caratteristiche cliniche e biochimiche e dei test diagnostici nelle CDS.

1.3.4 Ereditarietà X-linked recessiva

La CRTR-D è una patologia X-linked recessiva. Le malattie X-linked seguono una trasmissione legata al sesso, chiamata anche ereditarietà eterosomica (Figura n.10). Gli eterosomi, X e Y, sono cromosomi sessuali, in quanto determinano il sesso in un individuo. Come le altre malattie X-linked recessive, la CRTR-D si manifesta in modo diverso a seconda del sesso: i maschi risultano sempre malati se sul loro cromosoma X è presente l’allele mutato, mentre le femmine risulteranno malate solo ed esclusivamente in presenza di una condizione di omozigosi. Tuttavia, difficoltà di apprendimento e lieve ritardo mentale sono state osservate anche su donne eterozigoti.

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In uno studio su una coorte di 9 donne eterozigoti, di età compresa tra i 35 e i 77 anni, sono stati riscontrati disabilità intellettiva lieve o moderata, problemi comportamentali, convulsioni e difficoltà nell’apprendimento della parola, confermando come anche pazienti di questo tipo possano essere affetti da tali caratteristiche sintomatologiche [43].

La manifestazione della sintomatologia della malattia è causata da un fenomeno che prende il nome di inattivazione del cromosoma X. Questo normale processo biologico, detto anche effetto Lyon o Lyonizzazione, consiste nella disattivazione o perdita di funzione di uno dei due cromosomi sessuali X presenti nelle loro cellule. Tale cromosoma viene "silenziato", ovvero reso inerte dal punto di vista trascrizionale, causando una diminuzione di espressione in tutte le cellule dei geni portati dai cromosomi X, e dei fenotipi da essi manifestati. La disattivazione di uno dei due cromosomi X in ciascuna cellula causa di fatto monozigosi degli alleli presenti sul cromosoma non silenziato, che vengono dunque espressi in quella cellula, anche se recessivi. Si viene così a creare una popolazione di cellule doppie, che possono presentare o meno una normale espressione di SLC6A8, a seconda di quale cromosoma X è stato silenziato.

Solitamente il processo che porta alla scelta di quale cromosoma X debba essere inattivato avviene in modo casuale, ma in alcuni casi il silenziamento può essere preferenziale. Questo fa sì che una linea cellulare che esprime il cromosoma X sano sia predominante rispetto ad una linea cellulare che esprime il cromosoma X alterato, permettendo all’organismo di avere livelli quasi normali di creatina, ma rendendo la diagnosi di difficile interpretazione.

Infatti, in una coorte di 9 donne eterozigoti il rapporto Cr/Crn era aumentato in solo 3 pazienti, mentre le altre presentavano valori entro la norma, i livelli urinari e plasmatici di GAA erano normali in tutte le pazienti e la 1H-MRS mostrava solamente lievi abbassamenti dei livelli cerebrali di Cr.

Perfino l’analisi della capacità di assorbimento della creatina su fibroblasti in cultura ha dato risultati discordanti, definendo quindi l’analisi del DNA del gene SLC6A8 come unica opzione affidabile per lo screening per la CRTR-D nelle donne che presentano lieve disabilità intellettiva [37].

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Figura n.10: Meccanismi genetici di trasmissione nella X-linked recessiva.

1.3.5 Terapia

La cura dei pazienti che presentano la CRTR-D rimane ancora una vera e propria sfida in quanto semplici cure integrative con creatina monoidrato non portano a risultati positivi. Questo è dovuto al fatto che la creatina, non riuscendo a raggiungere i tessuti “bersaglio”, non riesce a rilasciare i suoi effetti benefici nell'organismo.

Dal momento che in questa patologia gli enzimi della via biosintetica (AGAT e GAMT) non sono alterati, la supplementazione con i precursori della creatina (L-arginina e glicina) poteva sembrare una terapia promettente. Tuttavia i risultati sono stati scoraggianti, in quanto nonostante un aumento della sintesi periferica constatata da un aumento di GAA urinaria, i livelli cerebrali non sono stati ripristinati [44] [45].

Questo potrebbe essere spiegato dal modello di dissociazione il quale afferma che nonostante AGAT e GAMT siano espresse in tutti i tipi di cellule del cervello, raramente sono co-espresse nella stessa cellula in modo che l’intermedio GAA, per garantire la completezza biosintetica, deve essere trasportato, via CRTR, dalle cellule contenenti AGAT a quelle contenenti GAMT.

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Ci dovremmo aspettare però, come avviene in GAMT-D, degli alti livelli di GAA cerebrale, ma l’analisi con 1

H-MRS non rivela nessun picco relativo, avvalorando il paradosso, non ancora risolto, secondo cui il cervello in CRTR-D pur essendo capace di sintetizzare la creatina non la sintetizza.

Al fine di trovare una giusta terapia sono stati progettati e sperimentati alcuni analoghi della creatina. La ciclocreatina è un analogo ciclico che ha la capacità di penetrare nelle cellule in maniera CRTR indipendente. Non è un profarmaco della creatina perché una volta entrata all’interno delle cellule non viene trasformata in creatina, ma viene trasformata in fosfo-ciclocreatina da parte della Ck, per cui sembra essere un ottimo substrato. Al contrario la fosfo-ciclocreatina è un substrato molto povero per la Ck, donando fosfato ad un tasso dell’1% rispetto alla fosfocreatina, e per questo motivo gli studi sulla ciclocreatina sono stati interrotti [2].

Una recente svolta si è avuta dopo i primi utilizzi di profarmaci. Si tratta di esteri grassi della creatina che hanno la capacità di attraversare la barriera ematoencefalica e le membrane delle cellule, indipendentemente dalla presenza del trasportatore. Una volta entrati nell’organismo vengono, finalmente, metabolizzate e trasformate in creatina. Esempi sono creatina-benzil-estere e estere-dodecil-creatina. Questi profarmaci hanno portato ad aumenti variabili di creatina in porzioni di cervello di topo CRTR-D e in fibroblasti umani CRTR-D. Tuttavia, questi composti sono soggetti a rapida degradazione in creatinina e quindi sono incapaci di garantire effetti positivi duraturi [46] [47].

Recentemente è stato scoperto un secondo trasportatore della creatina, il monocarboxylate transporter 12 (MCT12), che viene codificato dal gene SLC16A12. Contrariamente al CRTR, il MCT12 effettua un trasporto facilitato della creatina e senza spesa di ATP [48]. Questo trasportatore è altamente espresso nei reni, nella retina, nei polmoni e nei testicoli. E’ presente anche, in quantità di gran lunga inferiori, nel cuore, nel fegato e nel cervello. E’ giusto considerare che, allo stato attuale, sono ancora necessari ulteriori indagini per approfondire il ruolo del MCT12 nel trasporto e nel metabolismo della creatina.

Nonostante la ricerca di composti farmacologicamente attivi sia ancora in corso, la CRTR-D manca ancora di un trattamento efficace in grado di ristabilire le normali concentrazioni cerebrali di Cr.

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1.4

Modelli murini

Per modello murino (dal latino mus, topo) si intende un topo di laboratorio. Il topo è un ottimo modello delle malattie umane in quanto l’organizzazione del suo DNA e l’espressione dei suoi geni sono molto simili a quelle dell’uomo (il 98% dei geni dell’uomo trova geni paragonabili nel topo). Le similitudini dei loro sistemi nervoso e riproduttivo con quelli umani, il loro basso costo di acquisto, la facilità di allevamento e il rapido tasso riproduttivo li ha resi i “candidati ideali” per gli esperimenti di laboratorio. Modelli animali preclinici sono, dunque, “strumenti” cruciali per analizzare i meccanismi patogenetici delle malattie e per sviluppare nuove strategie terapeutiche. Attualmente la maggior parte dei modelli murini viene prodotta artificialmente in laboratorio mediante manipolazione genetica.

1.4.1 Topi CRTR-KO

I modelli animali per lo studio di patologie associate a mutazioni genetiche prevedono, in molti casi, l’eliminazione del gene in esame e la produzione di animali cosiddetti knock– out. Con la generazione di animali knock-out si è dimostrato che è possibile mirare all’inserimento di un gene in una posizione precisa del genoma dell’animale, in modo tale da eliminare o inattivare un gene specifico. Questi animali vengono creati con una tecnica conosciuta con il nome di “gene targeting” che è stata ideata dal genetista italiano Mario Capecchi nel 1989.

La fase iniziale consiste nello studio approfondito del gene e nella ricerca dei suoi esoni critici; non è infatti possibile distruggere un intero gene negli eucarioti superiori e si deve quindi agire facendo delezione di zone critiche. Si prosegue poi con la scelta del tipo di vettore di inserzione. Generalmente si utilizza un plasmide, cioè una molecola di DNA circolare a doppio filamento che è capace di replicarsi indipendentemente dal cromosoma; nel plasmide viene inserita la porzione di DNA modificata. Il vettore è così introdotto in cellule staminali embrionali (ES), precedentemente prelevate e fatte crescere in vitro, in cui il gene, per omologia di sequenza, una volta entrato nel nucleo, potrà essere sostituito a quello originario attivo tramite ricombinazione omologa.

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A questo punto vengono individuate le cellule staminali che hanno integrato nel loro genoma il DNA ricombinate e vengono iniettate in un embrione isolato in stadio precoce di sviluppo che a sua volta viene inserito nell’utero di una femmina di topo pseudogravida. Il topo “chimera” cosi creato verrà incrociato con un topo Wild Type (WT) e solo alcuni discendenti, essenzialmente 2 su 10, presenteranno una condizione eterozigotica del gene. Infine incrociando tra loro questi topi, portatori del gene modificato, si ottiene qualche discendente omozigote con silenziamento del gene in tutti i tessuti che prende il nome di Knock-Out (Figura n.11). In questo caso parleremo di CRTR-KO.

Figura n.11: Meccanismo genetico di creazione del topo Knock-out.

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L’analisi comportamentale dei topi CRTR-KO ha evidenziato, in parallelo al fenotipo umano, disabilità intellettiva, alterazione della memoria e un deficit cognitivo generale. Tuttavia, in contrasto con il fenotipo umano di CRTR-D, il modello murino CRTR-KO ha mostrato una marcata riduzione di Cr anche nei tessuti periferici [49].

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1.5

La proteomica

Il confronto tra i profili dell’espressione proteica mitocondriale di topi CRTR-KO e topi WT è stato effettuato mediante analisi proteomica con lo scopo di andare ad evidenziare differenze significative nell’espressione proteica specifica e globale nel modello murino di CRTR-D.

La proteomica, infatti, viene descritta come l’insieme di tutte quelle tecnologie che portano alla determinazione di interi pattern proteici espressi in un certo tipo di tessuto e in un determinato momento.

In tempi diversi della vita cellulare il corredo di geni (genoma) di una cellula risulterà invariato, statico, mentre il corredo di proteine (proteoma) risulterà estremamente diverso e presenterà una vasta dinamicità. Un organismo ha espressioni proteiche radicalmente diverse a seconda delle varie parti del suo corpo, nelle varie fasi del suo ciclo di vita, nelle varie condizioni ambientali o in presenza di una determinata patologia, dando origine a pattern proteici ben differenti [50].

Lo scopo della proteomica è quello di catalogare l’identità e la quantità di tutte le proteine prodotte in un organismo in condizioni fisiologiche e di valutarne l’alterazione in stati differenti, di comprendere quali meccanismi siano alla base della comparsa degli stati patologici e quali biomarcatori possano essere segnali di malattia. Essa prende in considerazione la diversità delle isoforme proteiche, le modificazioni post-traduzionali che le proteine possono subire, le quali spesso risultano particolarmente importanti negli eventi di trasduzione del segnale, l’alterazione nella loro espressione in termini quantitativi e qualitativi, la loro funzione e attività e le eventuali interazioni molecolari [51] [52].

Attualmente la proteomica si sviluppa su tre diversi livelli:

Proteomica di profilo o di espressione: mira all’identificazione e alla caratterizzazione di pattern di espressione.

Proteomica strutturale: ha lo scopo di capire e dare una definizione delle variazioni dell’espressione proteica all’interno di una cellula o di un tessuto in condizioni diverse da quelle fisiologiche;

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Proteomica funzionale: ha come scopo quello di definire la funzione biologica di proteine il cui ruolo è ancora sconosciuto, di identificare le interazioni proteina-proteina e proteina-proteina-substrato che si instaurano in vivo e di descrivere a livello molecolare i meccanismi molecolari in cui sono coinvolte.

In studi precedenti, il proteoma mitocondriale di topi CRTR-KO e WT è stato analizzato attraverso due metodiche analitiche consecutive, che sono alla base dello studio proteomico, ovvero l’elettroforesi bidimensionale, che ha separato le proteine del proteoma, e la spettrometria di massa che le ha identificate.

Gli studi a cui si fa riferimento in questo lavoro di tesi e l’attività da noi svolta in laboratorio si riferiscono ad uno studio di tipo strutturale, che vedremo in dettaglio nei prossimi capitoli.

1.5.1 L’elettroforesi bidimensionale

L’elettroforesi bidimensionale ha lo scopo di separare le proteine di un certo campione sulla base del loro punto isoelettrico e del loro peso molecolare. Storicamente, essa deriva dall’accoppiamento di due tecniche elettroforetiche elaborate da U.K Laemmli, da M. Gronow e da G. Griffith, pertanto prevede due corse distinte, dette rispettivamente prima e seconda dimensione.

La prima dimensione corrisponde alla isoelettrofocalizzazione (IEF), secondo cui le proteine si separano in base al loro punto isoelettrico (Figura n.12). Il punto isoelettrico (PI) di una proteina è definito come il valore di pH al quale la molecola non presenta alcuna carica netta. Per eseguire questa tecnica è necessario un supporto in gel di poli-acrilamide, su cui viene creato un gradiente di pH grazie a miscele anfolitiche. Gli anfoliti sono miscele di polimeri di amminoacidi dotati di cariche superficiali corrispondenti ai diversi range di pH e sono disponibili sotto forma di strip prefabbricate, contenenti gradienti immobilizzati di pH reperibili in commercio in varie lunghezze e con vari intervalli di pH, di tipo lineari (L) e non lineari (NL).

Dopo aver caricato il campione proteico sulla strip e averla posizionata in un opportuno strumento di corsa, viene applicato il campo elettrico. Quando si sottopone la strip ad un campo elettrico si provoca il movimento delle proteine, quelle dotate di carica netta

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positiva migrano verso il catodo, mentre quelle dotate di carica netta negativa si spostano verso l’anodo. Le proteine continuano la corsa finché non raggiungono la zona del gradiente di pH in cui la loro carica netta equivale a zero, che rappresenta il loro punto isoelettrico. Esse si focalizzano in una zona molto ristretta e ciò rende la IEF una tecnica ad alta risoluzione.

Figura n.12: Meccanismo della prima dimensione elettroforetica, migrazione sotto campo elettrico fino al raggiungimento del punto

isoelettrico.

La seconda dimensione è una classica SDS-PAGE (Figura n.13); con questa tecnica le bande proteiche, focalizzate nella prima dimensione, vengono risolte in base al loro peso molecolare (PM). Il campione viene dapprima trattato con sodio dodecil solfato (SDS), un detergente anionico che lega e denatura la struttura proteica, conferendo a tutte le proteine una carica netta negativa, mascherando così la loro carica intrinseca. Segue la corsa elettroforetica su gel di poli-acrilamide; dopo l’applicazione della corrente, tutte le proteine cominciano a migrare in funzione della loro massa verso il polo positivo. A fare la differenza nella mobilità elettroforetica delle proteine sono le forze di attrito con il gel che funge da “setaccio molecolare” separando le molecole solo sulla base del peso molecolare: proteine più grosse subiranno maggiore attrito e migreranno più lentamente verso il lato positivo rispetto alle proteine più piccole, che riusciranno a passare più facilmente attraverso le maglie del gel e quindi, migreranno più velocemente [53] [54] [55]. Alla fine della corsa ciò che osserviamo nel gel (con l’ausilio di coloranti) è un insieme di “macchie”, o spot; ad ogni spot corrisponde presumibilmente un solo tipo di proteina.

Figura n.13: Meccanismo della seconda dimensione, migrazione in base al PM.

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1.5.2 La spettrometria di massa

La spettrometria di massa è la tecnica analitica più sensibile e versatile usata per identificare prodotti incogniti, per determinazioni quantitative di composti noti e per chiarire le proprietà strutturali e chimiche delle molecole.

L’identificazione di una proteina mediante spettrometria di massa avviene attraverso l’analisi di peptidi generati utilizzando proteasi specifiche. Proteine con diversa sequenza amminoacidica, in seguito all’azione di una proteasi specifica, generano un insieme di peptidi, definiti dalla loro massa, che sono unici per quella proteina. Lo spot proteico di un gel bidimensionale, colorato secondo una tecnica che non interferisce con l’analisi spettroscopica, viene direttamente trattato con proteasi e la miscela peptidica ottenuta viene analizzata con lo spettrometro di massa. Il rapporto m/z rilevato dallo strumento viene confrontato con standard di molecole già riconosciute in laboratorio, per poter essere identificato.

Il principio su cui si basa la MS è la possibilità di separare una miscela di ioni secondo il loro rapporto massa/carica (m/z), generalmente tramite campi magnetici statici o oscillanti. Per poter essere separati secondo questa tecnica, atomi e molecole devono essere volatilizzate e ionizzate, in modo da formare ioni con carica positiva o negativa che si possano muovere liberamente nel vuoto. La ionizzazione del campione avviene facendo loro attraversare un fascio di elettroni ad energia nota generati dalla sorgente, che può essere di diverso tipo.

Spesso per l’analisi in proteomica viene utilizzato come sistema di ionizzazione il MALDI (Matrix Assisted Laser Desorption/Ionization), in cui si sfrutta un brevissimo ma intenso impulso di luce laser ultravioletta per indurre la produzione di ioni molecolari protonati degli analiti. La tecnica MALDI è indicata per l'analisi di composti termolabili e ad alto peso molecolare, ad esempio alcune classi di molecole di origine biologica (quali proteine, peptidi e zuccheri) particolarmente fragili e soggette a distruzione troppo rapida con le tecniche di ionizzazione convenzionali.

Di solito le sorgenti MALDI sono accoppiate ad analizzatori a tempo di volo (TOF – Time Of Flight), che misurano il rapporto m/z degli ioni generati nella sorgente, sulla base del tempo che questi impiegano per percorrere uno spazio definito. Gli ioni provenienti dalla sorgente vengono accelerati da un forte campo elettrico, di 20 kV, all’uscita del quale hanno tutti la stessa energia cinetica, ma una differente velocità, a seconda della loro

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massa. L’analizzatore TOF si basa su un principio molto semplice: poiché tutti gli ioni sono sottoposti ad uno stesso campo elettrico, gli ioni con rapporto m/z maggiore (più pesanti) raggiungono una velocità minore rispetto agli ioni con rapporto m/z minore. Gli ioni, una volta separati dall’analizzatore sulla base del loro rapporto m/z, vengono raccolti da un rivelatore. Questo è costituito da una serie di elettrodi che hanno lo scopo di amplificare il segnale, il quale è proporzionale al numero degli ioni presenti. Il sistema di elaborazione dati registra questi segnali elettrici in funzione del rapporto m/z e li converte in uno spettro di massa. I picchi mostrati nello spettro di massa dovranno poi essere interpretati o confrontati con standard di laboratorio [56].

Possiamo riassumere le varie fasi della MS come segue (Figura n.14): ● Introduzione del campione da analizzare

● Vaporizzazione del campione a bassa pressione ● Ionizzazione del campione

● Separazione degli ioni in base al loro rapporto massa/carica (m/z) tramite l’azione di un campo elettrico combinato o con un campo magnetico

● Rilevazione degli ioni e misura della loro massa relativa, con registrazione del conseguente spettro di massa

● Analisi dello spettro: dai dati ottenuti si risale alla struttura iniziale della molecola

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CAPITOLO 2

SCOPO DELLA TESI

La sindrome da deficit della creatina cerebrale corrisponde ad un gruppo di errori congeniti del metabolismo, denominati complessivamente Creatine Deficiency Syndromes, di cui fanno parte tre tipi di difetti metabolici. I primi due sono relativi alla sintesi endogena della creatina, affidata agli enzimi AGAT e GAMT. Questi deficit provocano l’incapacità dell’organismo di sintetizzare il composto. Il terzo disturbo riguarda il trasportatore della creatina, il CRTR. Tutte e tre le condizioni presentano lo stesso meccanismo patogenetico, ovvero la deplezione di creatina cerebrale, che si caratterizza per ritardo mentale, disturbi del movimento e del linguaggio, comportamento simil-autistico, epilessia.

I deficit di AGAT e GAMT se trattati con una supplementazione di creatina sono suscettibili ad una parziale remissione della sintomatologia, o ad una sua totale prevenzione nel caso di diagnosi nei primi mesi di vita. Contrariamente, la sindrome da CRTR-D manca ancora di un protocollo terapeutico consolidato. Sarebbe utile identificare proteine diversamente espresse nel deficit in grado di darci indicazioni sulle vie coinvolte nella patologia, per comprendere meglio le cause delle alterazioni e offrire spunti nell’individuare potenziali bersagli terapeutici.

Per lo studio delle sindromi da deficit di creatina sono stati creati dei modelli murini ed in particolare per il CTRT-D, il modello murino a disposizione manca del trasportatore della creatina sia a livello centrale che periferico ed ha mostrato un fenotipo cognitivo, valutato mediante test comportamentali, simile a quello riscontrato nell’uomo.

Questo lavoro di tesi nasce da un precedente studio comparativo, condotto nel nostro laboratorio, che ha visto l’utilizzo dell’elettroforesi bidimensionale, accoppiata a spettrometria di massa, per caratterizzare e confrontare il contenuto proteico dei mitocondri ottenuti da cervello di topi Wild Type e Knock-out per il trasportatore della creatina. I risultati di questo studio hanno dato lo spunto per un’ulteriore indagine su alcune proteine, che risultano differenzialmente espresse, che sono argomento di questa tesi.

In particolare questa tesi si prefigge lo scopo di validare, tramite Western blot, la diversità di espressione di 7 proteine: SOD-1, Cofilin, GAPDH, PRDX-5, PRDX-6, PPIA, UQCRB, al fine di valutare se esse possano essere possibili biomarcatori della malattia.

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CAPITOLO 3

MATERIALI E METODI

3.1

Materiali e strumentazioni

Prima di illustrare dettagli e risultati dell’esperimento, saranno illustrate brevemente caratteristiche e peculiarità dei materiali e delle strumentazioni.

L’acqua, di grado analitico, è stata ulteriormente purificata mediante l’apparecchio MilliQ (PS Whatman®, Millipore Corporation, Maid Stone, England). Per la corsa elettroforetica e la procedura di trasferimento su nitrocellulosa sono stati utilizzati gli apparecchi della Bio-Rad Laboratories, Inc. (Hercules, CA, U.S.): Mini-PROTEAN® Tetra Cell con alimentatore Power Prac Universal e Trans-Blot® Turbo™ Transfer System. Per il Western Blot sono state utilizzate membrane di nitrocellulosa Trans-Blot® Turbo™ Mini Nitrocellulose Transfer Packs, acquistate dalla Bio-Rad. Le immagini (a fluorescenza e a chemioluminescenza) sono state acquisite tramite lo strumento ImageQuant LAS 4010 della ditta GE Healthcare Bio- Sciences AB (Uppsala, Sweden).

Reagenti quali: glicerolo, SDS (sodio dodecilsolfato), TRIS (tris-(2-idrossimetil)- amminometano cloridrato), TEMED (tetrametilendiammina), ammonio persolfato, glicina, DTT (ditiotreitolo), acrilammide 30% sono stati acquistati dalla ditta AppliChem GmbH (Darmstadt, Germania). Il Luminolo (ECL) è un prodotto della Perkin Elmer (Waltham, MA, U.S.).

Gli anticorpi primari sono stati acquistati: SOD-1 e PRDX-6 da Santa Cruz Biotechnology, Inc. (Dallas, TX, U.S.); GAPDH, PPIA e Cofilin da Cell Signaling Technology (Danvers, MA, U.S.); PRDX-5 da R&D Systems (Minneapolis, MI, U.S.); UQCRB da GeneTex (Irvine, CA, U.S.). L’Anti-Actin, per la normalizzazione, è stato acquistato da Millipore (Burlington, MA, U.S.). Lo standard Biotinilated Protein Ladder e il suo anticorpo Antibiotin HRP-linked sono stati acquistati da Cell Signaling Technology (Danvers, MA, U.S.). Gli anticorpi secondari “anti rabbit”, “anti goat” e “anti mouse” sono rispettivamente delle ditte Stressgen Biotechnologies Corporation (San Diego, CA, U.S.) , Santa Cruz Biotech. e Perkin Elmer (Waltham, MA, U.S.).

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3.2

Campioni biologici

I topi WT e KO per il trasportatore della creatina sono stati sacrificati all’età di 30 giorni ed i cervelli, una volta prelevati, sono stati conservati in soluzione fisiologica a 0°C e quindi processati per ottenere le preparazioni mitocondriali.

3.2.1 Separazione dei mitocondri

I cervelli di topo oggetto dell’analisi, sono stati opportunamente pesati, sminuzzati, inseriti nell’omogeneizzatore potter e diluiti 1:10 (peso/volume) con un isolation Buffer (IB) formato da:

 Hepes 10 mM, pH 7.5

 EDTA 1 mM

 Saccarosio 250 mM

A cui si aggiungono inibitori delle proteasi (IP). L’omogenato è stato ottenuto mediante l’uso di un pestello in teflon.

Successivamente:

 L’omogenato è stato trasferito in una corex e centrifugato a 1000 g per 10 minuti a 4°C. Una volta conclusa la centrifugazione, il sovranantante (S1) viene trasferito in una nuova corex; il pellet viene risospeso con 3 ml di IB. Si ottiene una nuova sospensione che viene nuovamente omogenizzata (10 strokes), per migliorare la resa dei mitocondri.

 L’omogenato ottenuto viene trasferito nella corex e centrifugato a 1000 g a 4°C per 10 minuti.

 Terminata la centrifugazione, si ricava il sovranatante (S2) e lo si unisce al precedente S1 all’interno della corex. Si centrifuga tutto (S1+S2) a 1000 g a 4°C per 8 minuti, così da rimuovere gli eventuali nuclei e/o cellule non rotte. A questo punto si ottiene un nuovo sovranatante (S3) che viene sottoposto a centrifugazione a 10000 g per 10 minuti a 4°C.

 Al termine di quest’ultima centrifugazione, si recupera il sovranatante (S4), che rappresenta la frazione citosolica e il pellet, che costituisce la frazione

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mitocondriale arricchita. I mitocondri così ricavati, subiscono un lavaggio con 2 ml di IB, seguito da centrifugazione a 10000 g a 4°C per 10 minuti.

 Questo lavaggio viene nuovamente ripetuto per due volte.

 I pellet mitocondriali, ottenuti dopo il termine dell’ultima centrifugazione, vengono sospesi in IB ed aliquotati per il successivo dosaggio proteico.

 Le preparazioni mitocondriali così ottenute vengono conservate a -80°C fino al loro utilizzo.

3.3 Metodi

3.3.1 Dosaggio proteico DC Biorad

Il DC Protein Assay è un saggio colorimetrico, per la determinazione della concentrazione proteica, ispirato al protocollo di Lowry. Il dosaggio è basato sulla reazione delle proteine con diversi reagenti, di seguito elencati, che vanno a comporre il kit Bio-Rad:

● Reagente A: soluzione alcalina di tartrato di rame ● Reagente B: che rappresenta il reagente Folin ● Reagente S: soluzione surfactante

Avviene una reazione tra le proteine ed il rame a pH alcalino con conseguente riduzione attuata da queste sul reagente Folin. Lo sviluppo della colorazione è dovuto inizialmente agli amminoacidi tirosina e triptofano ed in seguito alla successiva estensione ai residui amminoacidici cistina, cisteina ed istidina presenti a livello proteico. Questi amminoacidi riducono il reagente Folin producendo diverse specie riducenti che hanno una caratteristica colorazione blu (con un massimo di assorbimento a 750 nm ed un minimo a 405 nm). L’assorbanza può essere misurata con sicurezza nell’intervallo tra 650 e 750 nm. La curva di riferimento dovrà essere preparata nello stesso tampone del campione proteico di interesse. Nel nostro caso la proteina standard albumina bovina (BSA), è risospesa in acqua milliQ.

Vengono preparate cinque concentrazioni (con un volume di 20 µl) di proteina standard (0,3-0,6-1,2-1,8-2 mg/ml) che abbracciano l’intervallo di sensibilità del metodo (Tabella n.2).

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Per il dosaggio proteico del campione incognito si procede con una diluizione 1:5 dello stesso con acqua per avere 20 µl di volume finale. Il dosaggio viene effettuato in doppio, a temperatura ambiente. Agli standards ed al campione sono aggiunti 100 µl di soluzione A*, si agita su vortex, quindi si aggiungono 800 µl della soluzione B, si agita su vortex nuovamente e si attendono 30 minuti prima di leggere a 750 nm l’assorbanza.

TABELLA N.2

Acqua BSA [BSA] µg/ml µg BSA

BIANCO 20 µl / / / 1 17µl 3µl 0,3 6 2 14µl 6µl 0,6 12 3 8µl 12 µl 1,2 24 4 2 µl 18µl 1,8 36 5 / 20 µl 2 40

I valori di assorbanza ottenuti per le concentrazioni note di proteina standard saranno utilizzati per costruire la retta di taratura. Quest’ultima si basa sulla legge di Lambert-Beer, che stabilisce una proporzionalità diretta tra assorbanza e concentrazione proteica di un campione.

L’equazione della retta è: y = mx, dove ‘’y’’ corrisponde al valore di assorbanza ed ‘’m’’ alla pendenza della retta.

Tramite questa equazione si procede al calcolo della concentrazione proteica del campione incognito tramite la seguente formula:

(𝐴𝑠𝑠𝑜𝑟𝑏𝑎𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑒𝑙 𝑐𝑎𝑚𝑝𝑖𝑜𝑛𝑒 − 𝐴𝑠𝑠𝑜𝑟𝑏𝑎𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑒𝑙 𝑏𝑖𝑎𝑛𝑐𝑜)

𝑚 𝑋 𝐹𝑎𝑡𝑡𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑖 𝑑𝑖𝑙𝑢𝑖𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 =

𝑚𝑔 𝑚𝑙

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3.3.2 SDS-PAGE e Western Blot

L’elettroforesi su gel di poliacrilammide in presenza di sodio dodecilsolfato (SDS-PAGE) seguita dal Western Blot (WB) è una tecnica biochimica che permette l’analisi di un estratto proteico ed in particolare l’identificazione di una determinata proteina mediante il riconoscimento da parte di anticorpi specifici contro di essa. Questo è possibile tramite l’utilizzo di due anticorpi consecutivi: un anticorpo primario, specifico per la proteina d’interesse, e uno secondario che riconosce e si lega all’anticorpo primario, e che una volta trattato con kit chemiluminescente permette di determinare qualitativamente e semi-quantitativamente il contenuto della specifica proteina nel campione. La tecnica è stata definita e descritta per la prima volta nel 1979 da H. Towbin [57] e successivamente affinata, fino a divenire una delle più utilizzate nei laboratori di ricerca nella individuazione di proteine specifiche. La specificità del legame antigene-anticorpo permette di riconoscere la proteina di interesse in una miscela complessa. E’ un metodo analitico che consiste in diverse fasi: la separazione delle proteine tramite elettroforesi (SDS-PAGE), il trasferimento del materiale proteico su una membrana di nitrocellulosa o PVDF ed infine il riconoscimento della proteina da parte dell’anticorpo (WB).

Prima fase: Elettroforesi

Il primo passaggio prevede la preparazione dei gel di poliacrilammide che si ottengono tramite la polimerizzazione di una soluzione costituita da un monomero monofunzionale, l’acrilamide, e da un dimero bifunzionale, la N-N-metilen-bis-acrilammide (Figura n.15). La percentuale di queste sostanze all'interno della soluzione determina la dimensione dei pori del gel, quindi la sua capacità di trattenere proteine ad alto PM: maggiore è la percentuale di acrilammide e bis-acrilammide, minore sarà la dimensione dei pori.

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