• Non ci sono risultati.

L'approccio psicopedagogico per l'educazione motoria nella scuola primaria

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'approccio psicopedagogico per l'educazione motoria nella scuola primaria"

Copied!
58
0
0

Testo completo

(1)

DIPARTIMENTO DI

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN

ATTIVITA’ MOTORIE PREVENTIVE ED

“L’APPROCCIO PSICOPEDAGOGICO PER

L’EDUCAZIONE MOTORIA

CANDIDATO Salvatore Bevilacqua ANNO 1 UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN SCIENZE E TECNICHE DELLE

ATTIVITA’ MOTORIE PREVENTIVE ED ADATTATE

L’APPROCCIO PSICOPEDAGOGICO PER

L’EDUCAZIONE MOTORIA NELLA SCUOLA PRIMARIA

RELATORE Prof. Franco Nocchi

ANNO ACCADEMICO 2015/2016

CLINICA E SPERIMENTALE SCIENZE E TECNICHE DELLE

ADATTATE

L’APPROCCIO PSICOPEDAGOGICO PER

NELLA SCUOLA PRIMARIA ”

RELATORE Franco Nocchi

(2)

2

INDICE

Introduzione 4

1. Concetto di psicomotricità 6

2. Schema corporeo 10

2.1 Le tappe dell’elaborazione dello schema corporeo 14

2.1.1 Stadio del corpo subito 15

2.1.2 Stadio del corpo vissuto 16

2.1.3 Stadio del corpo percepito 17

2.1.4 Stadio del corpo rappresentato 18

3. L’approccio psicopedagogico 19

3.1 L’educazione psicomotoria 20

3.2 L’educazione motoria 21

3.3 Schemi motori di base 24

3.3.1 Camminare 26 3.3.2 Correre 28 3.3.3 Saltare 29 3.3.4 Strisciare e rotolare 32 3.3.5 Lanciare ed afferrare 33 3.3.6 Spingere e tirare 36 3.3.7 Arrampicarsi 38

3.3.8 Sollevare trasportare e trasportarsi 40

3.4 Le capacità motorie 44

3.4.1 Capacità senso – percettive 45

3.4.2 Capacità coordinative 45

3.4.3 Capacità condizionali 46

4. Il gioco – sport 47

4.1 Progetto sport e scuola compagni di banco 47

5. Conclusioni 54

Bibliografia 56

(3)

3

“Lo sport è gioco e fonte di divertimento: dà corpo al diritto alla felicità, intesa come benessere psicofisico e piacere di stare insieme agli altri.”

(4)

4

INTRODUZIONE

Con questo lavoro frutto di studi approfonditi ed esperienza diretta, si cerca di voler dare una risposta adeguata alle crescenti esigenze dei bambini in questa delicata ed importante fase del loro sviluppo. Ci si focalizza sull’educazione del movimento vista come corretta impostazione motoria primaria fondamentale per l’acquisizione degli “schemi motori di base.” Sono delle riflessioni pedagogiche e didattiche, suggerimenti, proposte, che vanno considerate come punto di partenza nei percorsi dell’educazione motoria per i bambini dai 6 ai 10/11 anni e che possono (e debbono) essere ampliate ed arricchite dalle competenze e dalle continue sollecitazioni degli insegnanti, che li potranno adattare alle caratteristiche, alle esigenze ed ai vissuti motori particolari dei loro alunni nei loro specifici ambienti di vita. Nelle riflessioni che seguono vengono solo accennate schematicamente le strategie di intervento (metodi di insegnamento) senza entrare nello specifico delle singole proposte operative: il tutto perché, accanto ad un opportuno richiamo alla correttezza pedagogica, si ritiene importante dare concretezza al desiderio del pieno rispetto della libertà didattica dell’insegnante. La didattica viene concentrata sull’unità di apprendimento, ponendo al centro dell’attività motoria il bambino, attore protagonista della sua crescita, con l’aiuto durante le

(5)

5

ore di scuola, dell’insegnante di scienze motorie in veste di competente ed abile regista, per aiutarlo in quel delicato processo di crescita che, definito come “educazione psicomotoria”, concorre alla formazione integrale della sua personalità.

(6)

6

1. Concetto di psicomotricità

La psicomotricità è un approccio interdisciplinare che prende in considerazione l’uomo nella sua globalità; il suo obiettivo principale è quello di favorire lo sviluppo umano nei vari aspetti motori, affettivi, funzionali, cognitivi e relazionali. L’educazione psicomotoria tende a far raggiungere all’individuo la massima autonomia, favorendo il graduale passaggio dalla dipendenza all’indipendenza tenendo gran conto della globalità e della inscindibile unità della psiche e del corpo. L’educazione del bambino deve essere globale e non deve inflazionare alcun aspetto sugli altri; la psicomotricità non è una disciplina staccata dalle altre attività scolastiche in quanto sono le stesse attività proposte in un modo nuovo e più corretto al bambino. Tutto va programmato e finalizzato alla luce d’una preventiva intesa e di un preliminare accordo sugli obiettivi e metodi, in un clima ricco di sollecitazioni globali e valenze relazionali cosicché gli operatori abbiano un terreno già fertile per gli apprendimenti. L’educazione psicomotoria è riflessione, impegno, studio, a volte sofferenza, a volte emozione oltre ad essere uno sfogo, un’affermazione o una liberazione di sé; ha comuni radici con tutti i metodi che valorizzano la dimensione corporea nella prassi educativa. La sua originalità consiste nell’approccio globale acquisendo i dati forniti dalle varie discipline

(7)

7

quali la psicologia, la pedagogia, la neurologia, la medicina, la riabilitazione etc. valorizzando il vissuto corporeo dell’alunno in un quadro di un educazione globale. Una delle motivazioni fondamentali è quella di ridurre l’insuccesso scolastico e di facilitare l’apprendimento. Il bambino impara a conoscere il mondo con tutto il suo essere e la sua personalità si elabora attraverso il suo corpo e quello degli altri. La situazione educativa deve ricostruire il mondo del bambino e deve corrispondere ai suoi interessi ludici, deve essere legato a quel dato fondamentale della personalità che è l’elaborazione dello schema corporeo, deve interessarsi di una completa strutturazione spazio – temporale e deve sviluppare adeguate capacità d’adattamento relazionale (P. Vayer).

Esistono diverse strategie psicomotorie. All’inizio del secolo scorso, nei servizi di neuropsichiatria infantile, la psicomotricità nasce col nome di rieducazione psicomotoria. Molti autori infatti pensavano che l’educazione motoria aiutasse non poco al trattamento delle malattie “mentali”. Il neurologo francese Emile Duprè et al. definirono con il termine “debilitè motrice” quegli stati di squilibrio motorio imputabili a sincinesie, paratonie e risposte maldestre, in soggetti giovani. Però più tardi ci si accorse che questo termine era inadeguato poiché si osservò la forte componente psichica che questi stati avevano, quindi

(8)

8

venne così adottato il termine di “debilitè psycomotrice”. In Italia il termine psicomotricità fu introdotto dal neuropsichiatra Sante De

Santis nel 1929] e ribadito successivamente dal psicologo e filosofo

francese Henri Wallon il quale metteva in luce le correlazioni funzionali tra manifestazioni tonico – emotive e motricità e tra motricità e sviluppo del pensiero. Un altro contributo importante a fondamento della concezione moderna di psicomotricità fu dato da Jean Piaget et al. dagli studi sulla psicologia genetica secondo i quali durante l’infanzia l’origine o la genesi delle strutture cognitive scaturisce da precedenti strutturazioni senso – motorie e operative concrete. Secondo Piaget nel soggetto si forma e si sviluppa un circuito di “assimilazione e accomodamento” che continuamente lo stimola a modificare l’ambiente ed ad adattarsi a differenti contesti. L’individuo non vive come essere isolato ma in continuo equilibrio con l’ambiente circostante. Questo equilibrio è dato dall’adattamento che è costituito da due processi fondamentali che sono appunto l’assimilazione che permette di ricevere tutte le informazioni dal mondo esterno e l’accomodamento che è la risposta della persona verso l’ambiente. La psicomotricità, dunque affida un ruolo di notevole importanza al corpo in relazione costante e significativa con l’ambiente valorizzandolo, in particolar modo durante il movimento. L’individuo in questo modo è in grado di esprimere la propria identità,

(9)

9

i suoi bisogni e le sue difficoltà. E’ necessario attivare e sollecitare in maniera sempre maggiore il soggetto partendo eventualmente da funzioni già esistente stimolando attività sempre più intense ai fini di una completa motricità. Di fronte ad una situazione nuova vengono stabilite nuove connessioni e circuiti nervosi sempre più strutturati che passano attraverso un’elaborazione delle informazioni permettendo di giungere a risultati positivi sotto più profili. Infine, la psicomotricità è importante perché ci fa comprendere più velocemente la strutturazione dello schema corporeo, l’elemento cardine di tutta l’educazione psicomotoria, che avviene solo quando si ha la conoscenza totale del proprio corpo.

(10)

10

2. SCHEMA CORPOREO

Il corpo è alla base di ogni conoscenza, è il mezzo di relazione e di comunicazione con il mondo esterno. Il bambino che ha conoscenza del suo corpo, è indipendente dal mondo esterno è in grado di sentire le relazioni che esistono tra le persone, possedendo così il senso del suo ruolo nella famiglia e nella società. Il bambino arriva alla coscienza di sé attraverso l’esperienza corporea che si pone dunque al centro dello sviluppo dell’Io, esperienza corporea che assumerà man mano che procede l’evoluzione, aspetti particolari, a seconda dei differenti tipi di relazione che questo Io instaura col mondo esterno. Una delle prime esperienze che il bambino fa è quella del suo corpo come oggetto, che occupa una posizione spaziale ben definita. Ciò porta il soggetto a costruirsi degli schemi che hanno la funzione di strutture interiori; sono proprio questi schemi che gli permettono di compiere tutte le azioni possibili e di continuare le esperienze fino ad arrivare all’elaborazione dell’Io, cioè alla completa strutturazione dello schema corporeo. Per schema corporeo quindi si intende la conoscenza totale del nostro corpo nella sua tridimensionalità della sua posizione, del suo stato, sia in posizioni statiche che dinamiche: tutto ciò che consente all’individuo di entrare in relazione col mondo circostante. E’ probabile che il bambino raggiunga la totale

(11)

11

comprensione di sé intorno ai 12 anni. La percezione del proprio corpo è data dai propriocettori presenti in ogni regione corporea; i diversi segnali che vengono inviati al sistema nervoso consentono al cervello di elaborare delle immagini tridimensionali e di conoscere istante dopo istante la posizione esatta di ogni parte del corpo e la sua relazione con l’ambiente circostante.

L’educazione psicomotoria può intervenire nel migliorare la struttura dello schema corporeo, attraverso il controllo della respirazione, lo sviluppo dell’equilibrio e della lateralità, la comprensione dei rapporti spazio – tempo e percezione sensoriale attività motoria, il controllo del tono muscolare, del rilassamento e della coordinazione durante il movimento. L’attività motoria così intesa avrà finalità educative: si scopriranno le potenzialità del proprio corpo in contrapposizione alle metodiche dell’addestramento motorio, in cui attraverso le ripetizioni di movimenti si vuole potenziare il sistema muscolo scheletrico e automatizzare esercizi necessari ad una specifica specialità sportiva. Il primo ad utilizzare il termine di schema motorio fu P. Bonnier nel 1905 che attribuì al corpo un valore spaziale “sens d’espace”, grazie al quale è possibile orientarsi oggettivamente nel mondo e soggettivamente riguardo alle diverse parti del corpo. H. Head nel 1920, definisce lo schema corporeo come “una sintesi dinamica delle

(12)

12

varie informazioni tattili, visive e principalmente posturali”. Si arriva ad una svolta significativa nel 1935 quando P. F. Schilder cerca una sinergia di legame tra varie discipline scientifiche come la neurologia, la psicologia, la psicoanalisi, l’antropologia e la sociologia. Secondo Schilder, “lo schema corporeo è l’immagine tridimensionale che ogni individuo ha del proprio corpo non solo per quanto riguarda i segmenti che lo costituiscono, ma anche per la loro reciproca rappresentazione nello spazio”. Il corpo assume un certo aspetto anche rispetto a se stesso; implica che l’immagine non è semplicemente percezione nonostante ci giunga attraverso i sensi, ma comporta schemi e rappresentazioni mentali, pur non essendo semplicemente una rappresentazione. Per H. Pieron “lo schema corporeo è l’organizzazione delle sensazioni relative al proprio corpo in relazione ai dati del mondo esterno”. Quest’ultima definizione comporta l’implicazione dei due orientamenti delle attività motorie sottolineate da H. Wallon: l’uno, rivolto verso se stessi, ossia l’attività tonica che costituisce gli atteggiamenti e le posizioni del corpo; l’altro, rivolto verso il mondo esterno, è composto di movimenti propriamente detti ossia l’attività cinetica. L’attività tonica si presenta sotto due aspetti: tono di riposo, o stato di tensione permanente del muscolo, che si mantiene ugualmente durante il sonno; tono d’atteggiamento, dipendente dai riflessi d’atteggiamento, risultato essi stessi di tutto ciò

(13)

13

che proviene dal mondo esterno. L’attività tonica perciò è alle strette dipendenze delle influenze superiori e può essere modificata dalla via centrale (psichica); essa è così legata all’essere intero (relazione tra funzione tonica ed affettività). L’attività cinetica è il risultato, la sintesi di tutti gli stimoli, di tutti i messaggi, di tutte le azioni che consentono al bambino di distinguersi dal mondo esterno, divenendo così il soggetto della propria esistenza. Se l’attività tonica è legata all’affettività, la possibilità d’azione e di ricerca del soggetto (l’attività cinetica) è legata alla conoscenza del mondo esterno e all’intelligenza. Naturalmente l’attività cinetica è strettamente legata a quella tonica, che funge da sfondo all’azione. Nel 1973 J. De Ajuriaguerra lo indica come “la rappresentazione costante (nel senso che è sempre presente), in modo più o meno chiara (nel senso che c’è un diverso grado di autocoscienza) del proprio corpo fermo nello spazio o in movimento”. Tale definizione è il frutto di un processo psicofisiologico, in quanto è una rielaborazione dei dati raccolti attraverso l’esperienza sensoriale passata e presente (esperienza visiva, tattile, cinestetica, posturale, vestibolare), altamente influenzata da stimoli emotivi. Per P. Vayer lo schema corporeo rappresenta il perno di tutta l’azione educativa durante l’infanzia. Il corpo è visto come il primo ed essenziale mezzo che permette di relazionare con tutto ciò da cui il soggetto dipende per soddisfare le sue esigenze vitali ed affettive. Lo schema corporeo è

(14)

14

quindi l’organizzazione delle sensazioni relative al proprio corpo in relazione ai dati del mondo esterno. Infine, J. Le Boulch si concretizza il concetto che “ lo schema corporeo può essere considerato come un’intuizione d’insieme o una conoscenza immediata che noi abbiamo del nostro corpo in posizione statica o di movimento, nel rapporto delle diverse parti tra loro, e nei rapporti con lo spazio circostante, gli oggetti e le persone”. Lo schema corporeo è una struttura dinamica, in continuo divenire, che dipende sicuramente da una maturazione del sistema nervoso, così come dai vissuti psico – emotivi, dal livello di percezione senso motorio e dai processi resi possibili dall’esperienza e dall’apprendimento motorio e posturale.

2.1 Le tappe dell’elaborazione dello schema corporeo

I vari stadi della strutturazione dello schema corporeo secondo J. De Ajuriaguerra, H. Wallon e J. Le Boulch possono essere così sintetizzate:

- Da 0 a 3 mesi (corpo subito); - Da 3 mesi a 3 anni (corpo vissuto); - Da 3 anni a 6 anni (corpo percepito); - Da 6 a 12 anni (corpo rappresentato).

(15)

15

2.1.1 Stadio del corpo subito

Questa fase è stata introdotta successivamente da J. Le Boulch, secondo il quale alla nascita tutti i distretti neurologici sono innervati così come la sensibilità tattile (in modo particolare quella intorno alla bocca), la sensibilità uditiva e il senso dell’equilibrio tranne la sensibilità della vista. Non vi è ancora maturazione della corteccia celebrale e di conseguenza il bambino non è in grado ancora di poter decifrare tutti i messaggi che dal mondo esterno gli arrivano in modo disordinato. L’organismo stabilisce in modo meccanico l’equilibrio. Il bambino in questo periodo sviluppa alcune parti del corpo di più rispetto ad altre (orale e viscerale). E’ la figura materna che integra sia fisicamente che emotivamente con questo corpo attraverso quello che viene definito “movimento fusionale”, cioè quel movimento unitario con il quale la madre contiene e circonda fisicamente ed emotivamente il bambino in piena sicurezza e soddisfazione tra le braccia. Alla nascita i bambini presentano alcuni riflessi ed automatismi innati quali l’estensione, la prensione, lo scavalcamento, etc., (costituiti da una serie di scariche toniche attraverso il sistema extrapiramidale), l’automatismo respiratorio e della suzione, automatismi di tipo affettivo, cioè dati da tutte le situazioni di contatto.

(16)

16

2.1.2 Stadio del corpo vissuto

E’ caratterizzata dalla scomparsa dei riflessi arcaici (se ciò non avviene abbiamo un sintomo della presenza di un ritardo mentale). Entra in funzione il sistema piramidale (motricità volontaria). Si acquisisce il controllo della muscolatura cefalica e poi degli arti (muscoli oculo – motori, poi muscoli della nuca, poi posizione seduta, in piedi e di seguito primi passi fino al cammino coordinando arti inferiori e superiori). A livello degli arti, le zone prossime alla radice vengono controllate prima delle estremità. Si ha un primo approccio laterale all’oggetto. La prensione è palmare poiché l’oggetto viene afferrato tra le dita e il palmo. Solo successivamente dopo l’ottavo mese viene messa in gioco l’articolazione del polso e poi la presa con l’opposizione del pollice. A livello relazionale fino agli otto mesi l’organizzazione sensoriale e percettiva si attua assumendo informazioni isolate. Si hanno solo percezioni di natura umana causa stimolo materno. Dopo gli otto mesi, il bambino riconosce la figura materna e reagisce alla vista di un estraneo. Quando la madre assente, la rappresenta mentalmente e la sostituisce con un oggetto (giocattolo). Quindi comincia la scoperta verso il mondo esterno; si manifesta la deambulazione autonoma. Tutto ciò in un ambiente familiare con spinte motivazionali importanti poiché il bambino deve

(17)

17

essere più volte stimolato a confrontarsi col mondo esterno permettendosi di poter acquisire delle esperienza in tutta sicurezza. E’ indispensabile il ruolo dell’adulto che deve usare un’espressività corporea e un tono di voce rassicurante in rapporto ad un successo o ad un insuccesso del bambino altrimenti causerà inibizione ed insicurezza.

2.1.3 Stadio del corpo percepito

Il bambino prende coscienza della propria personalità. Da un punto di vista psicomotorio il bambino percepisce forme, dimensioni, distanze, durata del tempo, organizzazione spaziale e dello schema motorio mediante una conoscenza verbalizzata delle sue parti corporee. La presa si fa sempre più precisa ed è associata ad una locomozione e a dei gesti sempre più precisi; motricità e cinestesia permettono al bambino la conoscenza e l’utilizzazione, sempre più differenziata, sempre più precisa dell’intero corpo. Dai 4 ai 6 anni passa dallo spazio globale e sincretico a quello della differenziazione e dell’analisi, l’associazione di tutte le sensazioni, permette di passare progressivamente pian piano dal corpo, vissuto prima e percepito poi, alla rappresentazione. Si inizia ad acquisire il controllo posturale e respiratorio e si ha l’affermazione definitiva della lateralità. La

(18)

18

relazione con l’adulto è sempre un fattore capitale ed essenziale per le relazioni con sé stesso e con il mondo esterno.

2.1.4. Stadio del corpo rappresentato

Il bambino giunge ad un’immagine completa del proprio corpo. Si sviluppano l’indipendenza degli arti superiori ed inferiori dal tronco, l’indipendenza della destra dalla sinistra, l’indipendenza funzionale dei vari segmenti corporei, la trasposizione della conoscenza di sé alla conoscenza degli altri; il bambino sta conquistando la sua autonomia. I fattori che consentono lo sviluppo corretto psicofisico del bambino sono sicuramente di tipo ambientali, cioè l’insieme di quelle informazioni sia sensoriali che affettive che il bambino riceve dall’esterno e una maturazione neurofisiologica, che può avere delle varianti da un individuo all’altro. Occorre infine precisare che i limiti di ciascuna tappa sono relativamente elastici, poiché ciascun bambino costituisce un essere unico, diverso dagli altri.

(19)

19

3. L’approccio psicopedagogico

L’approccio psicopedagogico ha come obiettivo iniziale di portare il bambino ad acquisire un movimento armonico nel rapporto con gli altri e l’ambiente che lo circonda. Successivamente, consente un’ottimale utilizzazione di tutto il corpo in armonia con le funzioni psicofisiche. Inoltre, se si vuole promuovere un corretto e completo sviluppo motorio del bambino gli debbono essere garantite: la massima libertà di movimento possibile, unitamente alle condizioni che possono favorirla: nelle scuole i bambini dovrebbero avere lo spazio sufficiente per muoversi ed il maggior numero possibile di opportunità per svolgere un’ attività motoria ampia e molto variata anche all’esterno; la possibilità di giocare in gruppo non soltanto per venire incontro al loro forte bisogno di socialità, ma anche perché possano ricevere molti più stimoli, esempi, impulsi di quanti potrebbero ottenerne giocando da soli; il rispetto del suo grande bisogno di muoversi, della sua voglia di cambiare continuamente attività, del bisogno di imitazione e della sua graduale tendenza ad ottenere un risultato.

La miscela perfetta e’ l’unione delle finalità raggiungibili con l’educazione psicomotoria e con l’educazione motoria.

(20)

20

3.1 L’educazione psicomotoria

L’educazione psicomotoria permette lo sviluppo della somatognosia, dell’autonomia personale, dell’attività manipolatoria e delle capacità senso – percettive. La somatognosia consiste nella conoscenza del proprio corpo, delle sue parti e delle sue funzioni e nell’identificazione delle principali funzioni dei propri sensi. Per il raggiungimento dell’autonomia personale, vengono proposti esercizi rivolti a sviluppare nel tempo il controllo delle proprie funzioni psicologiche e la capacità di usare oggetti e cose in maniera appropriata. Lo sviluppo delle capacità manipolatorie avviene mediante attività che permettono la conoscenza degli oggetti e l’acquisizione di movimenti finalizzati. Le capacità senso – percettive comprendono lo sviluppo del senso cromatico e la strutturazione dei rapporti spazio – temporali. Quest’ultima consiste in una giusta valutazione dello spazio che intercorre tra il proprio corpo e gli oggetti circostanti. Può essere affinata attraverso vari tipi di gioco, consistente nel seguire dei percorsi obbligati con attrezzi ed ostacoli di vario tipo, insistendo in esercizi rivolti a chiarire i concetti fondamentali di orientamento spaziale: lungo – corto, basso – alto, uguale – differente, avanti – dietro, destro – sinistro, sopra – sotto, vicino – lontano. Il senso temporale va affinato attraverso vari esercizi rivolti a potenziare

(21)

21

le abilità dell’alunno, arricchendo l’ambiente circostante, in modo da fargli cogliere il significato di prima e dopo, oggi – ieri – domani, mattina – sera, mese – giorno – ora – minuto – secondo.

La lateralità, che sta ad esprimere ciò che risulta dal lato destro e sinistro in rapporto al corpo considerato come asse, dovrebbe indicare una scelta innata e spontanea del bambino sin dai primi mesi di vita. La preferenza laterale proviene in gran parte dal fenomeno di asimmetrismo funzionale degli emisferi cerebrali: il più delle volte il dominio funzionale si posa nell’emisfero sinistro che dà origine al destrismo. Il mancinismo scaturisce invece da superiorità funzionale dell’emisfero destro. Nel bambino va rispettata la sua preferenza laterale. In caso contrario si possono determinare balbuzie, strabismo, disgrafia, disprassia e condizionamenti a carico della sfera affettiva. Infine, è da tenere sempre presente che il vissuto psicomotorio deve essere essenzialmente un’esperienza diretta, a cui il bambino partecipa emotivamente e poi fattivamente.

3.2 L’educazione motoria

L’educazione motoria è un complesso di azioni e di occasioni intenzionalmente programmante e realizzate, per consentire a tutti di conseguire il proprio massimo sviluppo. Ha come soggetto attivo la

(22)

22

persona nella sua totalità. Ha come oggetto lo sviluppo di capacità e l’apprendimento di abilità motorie. Essa si realizza attraverso interventi educativi e didattici che tengano conto delle caratteristiche individuali e siano diretti alla personalità unitaria del soggetto; siano strutturati secondo obiettivi, mezzi, contenuti, metodi, fasi di verifica e valutazione. L’intervento didattico e educativo inizia con l’insegnamento, al quale deve seguire la fase di apprendimento. L’obiettivo dell’educazione motoria è il perseguimento del più elevato sviluppo del comportamento motorio. Tale livello di motricità risulta condizionato da un insieme di fattori, che possono essere schematicamente ricondotti a tre gruppi: fattori psicologici, strutturali e specifici. I fattori psicologici (motivazioni, aspettative) condizionano il clima positivo o negativo nel quale avviene l’azione educativa, la recettività agli stimoli didattici, la qualità della risposta, ecc. I fattori strutturali sono caratterizzati dal complesso di caratteristiche intrinseche, morfologiche e costituzionali di ogni singolo soggetto. Nell’età evolutiva, i fattori strutturali, ed in particolare le dimensioni del corpo e lo sviluppo e il grado di maturazione fisica, non rappresentano un insieme statico, ma dinamico, legato al fenomeno dell’accrescimento e quindi non influenzabili dall’esterno. Debbono pertanto essere attentamente valutati dall’operatore nel momento di programmare l’attività, di

(23)

23

fissare gli obiettivi e di decidere le metodologie. I fattori specifici, infine, sono direttamente collegati alla strutturazione del movimento in genere e della finalizzazione del movimento. A tali fattori influenzabili dall’esterno, è indirizzata la proposta motoria, con contenuti, mezzi e metodi rapportati agli obiettivi da raggiungere. Il complesso delle attività motorie (giochi, percorsi, circuiti, ecc.) programmate, organizzate e realizzate, costituiscono il carico motorio che deve risultare significativo ai fini dell’apprendimento di abilità e dello sviluppo di capacità. Deve per durata, intensità, variabilità, qualità, intenzionalità di stimoli necessariamente superare i livelli di sollecitazione motoria inseriti nella normale motricità quotidiana. Ciò deve avvenire secondo un progetto educativo ed un’organica programmazione didattica che preveda, in termini obiettivi da conseguire, lo sviluppo di schemi motori, capacità senso – percettive, capacità coordinative, e capacità condizionali conformemente ai principi della polivalenza e multilateralità. Deve presentare una specifica valenza in campo motorio ed una validità più generale nei confronti delle altre aree della personalità (affettiva, cognitiva, sociale). Il principio della polivalenza è riferito agli aspetti metodologici dell’insegnamento delle attività motorie (metodi, conduzioni, stili d’insegnamento) e può essere di tipo globale nei

(24)

24

confronti degli obiettivi formativi da perseguire in rapporto a tutte le dimensioni della personalità (funzioni cognitive, emotive, sociali, organiche); di tipo specifico nei confronti delle funzioni motorie. Per multilateralità, invece, bisogna prevedere lo sviluppo di tutte le capacità motorie e senso – percettive ottenute mediante il perfezionamento degli schemi motori di base e la costruzione di un gran numero di abilità motorie variando contenuti, mezzi, ambiente. Il principio della multilateralità è riferito quindi agli aspetti didattici dell’insegnamento delle attività motorie. In tal senso il carico motorio potrà così essere di tipo generale (nel senso dello sviluppo della più ampia base motoria possibile) e di tipo specifico (nel senso dell’apprendimento e della disponibilità di abilità motorie quanto più assimilabili e riconducibili ad abilità sportive).

3.3 Schemi motori di base

Gli schemi motori di base sono costituiti da tutte le forme fondamentali e naturali del movimento e dalle loro combinazioni più spontanee e sono chiamati “di base” perché appaiono per primi nello sviluppo dell’individuo e diventano patrimonio dell’adulto. Queste forme di movimento costituiscono il patrimonio motorio che si inizia a capitalizzare in famiglia, in forma progressiva e strettamente

(25)

25

dipendente dal tipo di esperienze motorie vissute in tale fascia di età. Gli schemi motori di base possono essere attivati e sviluppati attraverso cambiamenti e combinazioni nell’esecuzione del movimento da definire in rapporto a varianti di tipo spaziale, temporale - quantitativo, qualitativo. Essi rappresentano la capacità generale di programmare, realizzare e controllare un movimento e quella di memorizzare le soluzioni operative attuate, per poterle riutilizzare in situazioni analoghe. Coinvolgono l’apparato locomotore, e il sistema nervoso centrale e periferico. L’apprendimento di uno schema motorio si basa sulla tracciatura, in alcune aree del cervello, di “mappe di apprendimento motorio”. Esse consistono in speciali “circuiti preferenziali” di connessioni tra i vari neuroni, che il soggetto può successivamente riutilizzare ogni qualvolta si trovi a dover risolvere un compito motorio analogo o simile. Sulla loro conoscenza si basa, dunque, qualunque forma di movimento. Gli schemi motori di base possono essere, pertanto, assimilati all’alfabeto della motricità. L’arricchimento degli schemi motori è continuo e dura per tutta la vita: si passa infatti da gesti motori semplici ad altri più articolati e complessi. Il loro apprendimento, che avviene in modo semplice e naturale nei primi anni di vita, si presenta più arduo con il trascorrere del tempo, fino a diventare molto difficile, e talvolta impossibile, una volta superata la

(26)

26

soglia della pubertà. Fondamentale risulta, dunque, la

somministrazione di stimoli adeguati nella delicata fascia di età della scuola dell’infanzia e primaria, tanto più nella moderna struttura sociale che spinge sempre di più la popolazione giovanile verso un pericoloso sedentarismo.

Gli schemi motori di base si dividono in posturali e dinamici. Gli schemi motori di base “posturali” sono schemi statici o statico – dinamici in cui il corpo resta fisso sul posto e vi è uno spostamento nello spazio di una qualsiasi parte di esso. Ne fanno parte i seguenti movimenti: flettere, piegare, circondurre, ruotare, oscillare, inclinare, addurre o abdurre, sollevare. Gli schemi motori di base “dinamici” sono quelli che permettono al corpo di spostarsi nello spazio. Ne fanno parte i seguenti movimenti: camminare, correre, saltare, rotolare, strisciare, lanciare, afferrare, tirare, spingere, arrampicarsi, sollevare, trasportare e trasportarsi. Andremo ora ad approcciarci ai singoli movimenti degli schemi motori di base dinamici.

3.3.1 Camminare

Il “camminare” è l’esercizio più naturale che più di ogni altro influenza la nostra vita motoria ed è uno dei primi movimenti che l’uomo esegue come conseguenza di un certo tipo di maturazione

(27)

27

psicofisica. È il primo degli schemi motori che il bambino esegue dopo aver conseguito il controllo della stazione eretta ed è l’esercizio naturale e spontaneo che più influenza la sua vita motoria. Lo sviluppo della deambulazione si completa in gran parte nel primo anno di età. Quando il movimento della deambulazione sarà ben controllato circa dopo il terzo anno di età, si osserveranno ancora alcune particolarità che verranno superate gradualmente solo nella fase di sviluppo successivo (età prescolare), come l’ampiezza del movimento, la sincronia e coordinazione dei vari movimenti degli arti superiori e inferiori, l’equilibrio, la leggerezza della camminata fatta di passi stretti, rapidi, trotterellanti tipica dei bambini di questa età. Il camminare avrà la finalità di contribuire a dare al bambino il senso degli spostamenti, dell’orientamento e dello spazio che lo circonda soprattutto come presa di coscienza degli altri e degli oggetti al fine di raggiungere la libera utilizzazione dello spazio da parte di tutti.

Vari esempi dello schema motorio “Camminare”:

- Camminare avanti e indietro a slalom tra i coni posti a terra; - Camminare in quadrupedia da un segnale all’altro;

- Camminare come i “giganti” (sulle punte, braccia in alto) o come i nani, seguendo una circonferenza segnata a terra;

(28)

28

3.3.2 Correre

Per “correre” s’intende normalmente lo spostarsi velocemente da un punto all’altro con gli arti inferiori in modo tale che in nessun momento i piedi tocchino a terra contemporaneamente. Dal “camminare” al “correre” si passa a seguito di altre maturazioni nervose e muscolari che consentono di utilizzare una potenzialità che cresce in maniera altrettanto autonoma. Nell’arco della scuola primaria si possono ottenere notevoli progressi: l’incremento della forza e del grado di rapidità dell’intero movimento; la progressiva maggior inclinazione in avanti del busto; una sempre più corretta spinta delle gambe; un maggior lavoro delle braccia che si muovono con un’ampiezza sempre maggiore di movimento ed in modo notevolmente più adeguato al tipo di movimento.

È importante sottolineare che, pur adeguandosi ai canoni biomeccanici e fisiologici della marcia e della corsa, ogni individuo cammina e corre in modo del tutto personale. Noi possiamo indirizzare il bambino a muoversi in maniera del tutto fantasiosa usando gli stessi fondamentali gesti mescolati in sequenze ritmiche diverse che determineranno gradualmente l’instaurarsi di abilità esecutive particolari e la maturazione di esperienze corporee assolutamente originali. Per ottenere un’azione di corsa corretta, si potrà restare entro

(29)

29

questi limiti: appoggio sulla pianta del piede (a volte i bambini tendono a correre sulle punte); busto eretto e leggermente inclinato in avanti; braccia flesse ai gomiti con movimento oscillante e coordinato al movimento degli arti inferiori; passi corti con un progressivo lavoro di spinta degli arti inferiori verso l’alto. La corsa, come il camminare, può e deve trovare spazio con varie attività caratterizzate dal “piacere stesso della corsa” ed orientate al raggiungimento di tutte le finalità già indicate per lo schema motorio “camminare”.

Vari esempi dello schema motorio “correre”:

- Usufruire di una circonferenza segnata a terra per eseguire una corsa veloce circolare (oppure eseguire una corsa veloce rettilinea seguendone il diametro).

- Correre a slalom tra una serie di coni, prima in avanti e poi all’indietro;

- Disposti 2 cerchi a distanza di 4/5 metri, dentro ad ogni cerchio porre un piccolo attrezzo: i bambini, di corsa, dovranno trasportare gli attrezzi da un cerchio all’altro.

3.3.3 Saltare

Con l’espressione “saltare” intendiamo una serie di movimenti mediante i quali il corpo abbandona il contatto con il suolo per

(30)

30

ritornarvi dopo un’azione di volo. L’acquisizione di questo schema motorio necessita di un’ attenzione particolare in quanto presuppone, da parte del bambino, una precisa conoscenza della struttura del proprio corpo e delle possibilità di dominarlo, obiettivi che si raggiungono in tempi lunghi e con interventi didattici mirati ed adeguati.

Il “saltare” richiede: una forza ed una coordinazione motoria che consenta di attivare i muscoli interessati (antigravitazionali ed estensori) per sollevare il corpo da terra, sostenerlo al momento dell’impatto con il terreno e mantenerlo in equilibrio durante le varie fasi del movimento; la capacità di dosaggio delle tensioni muscolari e dell’uso della forza; la capacità di valutare altezze, distanze, traiettorie del volo; un grado elevato di maturazione dell’immagine di sè in relazione anche alle fasi relativamente lunghe di perdita di contatto con il suolo; uno sviluppato senso dell’equilibrio statico e dinamico; una certa dose di coraggio e di confidenza con l’ambiente.

Lo sviluppo di questo movimento sarà rapido e multiforme se ai bambini verrà proposta un’attività adeguata in modo frequente e costante. Successivamente il bambino potrà imparare a sollevare il proprio corpo nell’aria attraverso una progressione metodologica che aiuterà l’apprendimento della fase di stacco ponendo, ad esempio,

(31)

31

obiettivi sospesi in alto come palloni, nastri, rete da canestro, ecc . ) che il bambino dovrà tentare di raggiungere saltando su un piede, su due piedi, con o senza rincorsa, ecc. Anche i saltelli di vario tipo sono un’attività di base indispensabile per la preparazione ai salti e procurano ai bambini molta gratificazione, alimentando in tal modo la motivazione al salto. Si farà ricorso quindi a tutta una varietà di saltelli e salti con piccoli ostacoli ed attrezzi vari posti a terra e questa attività sarà funzionale e preparatoria a forme più specifiche come il saltare sempre più in alto e/o più lontano.

Vari esempi dello schema motorio “saltare”:

- bambini posti sulla linea di fondo campo, attraversare la palestra con tutti i tipi di salto, avanti, indietro, a piedi uniti, aperti ecc. ;

- imitare le andature degli animali: canguro, saltelli in avanzamento a piedi pari, rana, da posizione di massima raccolta, eseguire un salto in avanzamento e verso l’alto e ritornare in massima raccolta, coniglio, dalla posizione di massima raccolta, appoggiare solo le mani avanti e, senza staccare la presa, con un saltello richiamare i piedi vicino le mani;

(32)

32

3.3.4 Strisciare e rotolare

Con il termine “strisciare” si intende il passar sopra o rasente a qualcosa: strisciare il ventre a terra, strisciare con i piedi . . . Con il termine “rotolare” si intende il far ruotare il proprio corpo intorno ai suoi assi (longitudinale, trasversale) eseguendo, al tempo stesso, uno spostamento sul terreno. Questi schemi motori si sviluppano nel bambino precocemente costituendo, di fatto, le prime forme di movimento, ben prima dell’acquisizione della stazione eretta. Tuttavia, nel periodo prescolare e scolare, in assenza di precedenti esperienze motorie, essi costituiscono schemi non usuali e nel caso del “rotolare” si può manifestare qualche blocco dovuto a paura o ad inibizione. Per il superamento di tali ostacoli, fondamentali diventano la presenza attenta dell’insegnante e la sua assistenza diretta nell’esecuzione delle attività proposte in modo graduale al fine di aiutare i bambini a superare le eventuali difficoltà iniziali. Tra le varie esperienze motorie, il “rotolare” offre la possibilità di sperimentare

situazioni diverse sviluppando una precisa funzione di

interiorizzazione delle strutture corporee, l’attenzione sulla propria presenza corporea nonché la valutazione e la percezione dei vari segmenti corporei. Le attività motorie saranno proposte in maniera tale da motivare il bambino a sperimentare vari modi di strisciare e di

(33)

33

rotolare, fino ad arrivare ad effettuare semplici “capovolte” avanti e indietro anche spezzando in sequenza il movimento. In tal modo si induce il bambino a poter “provare” e “sentire” le sensazioni relative a tipi di movimenti ancora per lui spesso sconosciute. Bisogna tener presente che tutti gli schemi motori debbono essere sperimentati e correttamente appresi anche alla giusta età per accrescere il “patrimonio motorio”. Per esempio, se un bambino non impara a fare la capovolta entro i 12 anni, ben difficilmente sarà in grado di apprendere questo schema successivamente.

Vari esempi di “rotolare” e “strisciare”:

- rotolare su di un materassone e lasciarsi cadere sulla materassina sottostante;

- strisciare sotto a qualcosa: ostacoli, sedie, gambe di un compagno, panchine, tunnel, ecc.;

- dalla posizione prona o supina, partendo con una palla sotto il mento o sotto la nuca, far scorrere il corpo in tutta la sua lunghezza sopra la palla.

3.3.5 Lanciare ed afferrare

Il “lanciare” è un’azione che ha come scopo l’allontanare, il mandare via un oggetto con entrambi o con un solo arto superiore; con

(34)

34

“afferrare”, invece, intendiamo l’azione contraria, ossia prendere un oggetto con entrambi o con un solo arto superiore. Il lanciare e l’afferrare sono di grande importanza nella vita motoria del bambino perché affinano la coordinazione oculo – manuale, sensibilizzano qualità neuropsichiche (apprezzamento delle distanze, valutazione delle traiettorie, rapporto peso – distanza). Negli esercizi di lancio e presa la incompleta strutturazione dello schema corporeo e della dominanza della lateralità e la ben nota mancanza di forza muscolare, tipica dell’età, sono causa per i bambini di grande difficoltà nell’apprendimento. Per poterlo eseguire, come per imparare a passare la palla lanciandola, ci vogliono compagni di gioco capaci, che il bambino più capace non sempre ha. Perciò generalmente per fare i primi tentativi di prendere al volo un oggetto che viene loro lanciato, i bambini hanno bisogno di essere stimolati dall’adulto. Così sollecitati, riescono a prendere una palla solo se viene lanciata in modo “prendibile”, cioè con precisione, all’altezza del petto e senza forza. Infatti i bambini non sono ancora in grado di anticipare la traiettoria della palla e la prendono con le braccia piegate e le mani unite e aperte. Dopo un’adeguata attività e con il crescere dell’età si può riscontrare un miglioramento del movimento: le braccia vengono distese verso la palla, i palmi delle mani sono ad una distanza che corrisponde al suo diametro, la ricezione della palla risulta più fluida.

(35)

35

Il lanciare e l’afferrare si possono eseguire da fermi ed in movimento. Si possono lanciare ed afferrare oggetti ed attrezzi vari, ma quando si tratta di lanciare, il pensiero corre subito alla “palla” che, piccola o grande, è capace di offrire al bambino la possibilità di scoprire l’ambiente mediante il lancio stesso, sia esso effettuato con le mani, con i piedi, o con altre parti del corpo; il suo utilizzo offre, inoltre, il piacere della dinamicità, la possibilità di dare movimento, di cambiare direzione, di trarne rumori, suoni e ritmi attivando le capacità sensoriali. Per l’apprendimento di questi schemi motori si partirà da attività di manipolazione e proseguiranno con lanci in tutte le direzioni ed in tutti i modi (con una mano, con due mani, con i piedi, ecc.) in forma libera sino a giungere a facili lanci di precisione. Le proposte del lanciare e dell’afferrare andranno graduate e mirate al fine di condurre il bambino a padroneggiare sempre meglio gli oggetti ed a valutarne il peso, le traiettorie, le caratteristiche e le funzioni in tutte le direzioni ed in tutti i modi. Verrà così appreso un movimento efficace e sempre più sicuro di lancio e presa che permetterà loro di avvicinarsi a tutti quei giochi con la palla propedeutici all’introduzione dei grandi giochi sportivi verso gli 8/9 anni, con l’uso di palle di diverso peso e dimensione e di altri attrezzi semplici quali cerchi, bastoni, clavette utilizzati in situazioni dinamiche di gioco. Queste attività comportano infatti continue successioni di stimoli e risposte (lanci e prese, attacchi

(36)

36

e difese), situazioni molto variabili e con difficoltà spesso imprevedibili che offrono al bambino l’occasione di risolvere problemi motori in forma divertente e stimolante.

Vari esempi di “lanciare” ed “afferrare”:

- bambini corrono in forma libera con una sola palla; con passaggio consegnato far passare la palla da un bambino all’altro continuando a correre;

- a coppie: spostandosi nello spazio (camminando, correndo, saltando) lanci della palla con passaggi diretti o con rimbalzo a terra;

- bambini con la palla disposti su più file, fronte al muro, il capofila eseguirà tutti i tipi di lancio contro il muro e tornerà in fila: con una mano (destra, poi sinistra), con 2 mani, con lanci dorsali, aumentando la distanza, ecc..

3.3.6 Spingere e tirare

Con il termine “spingere”, si intende il dare movimento ad un corpo allontanandolo e spostandolo imprimendo una determinata forza. Con il termine “tirare” si intende dare un movimento ad un corpo spostandolo e trascinandolo nelle varie direzioni applicando una determinata forza. L’utilizzo degli schemi motori “tirare a sè” e “spingere”, si osservano già nella primissima infanzia. Infatti sono i

(37)

37

movimenti con i quali il bambino dapprima si solleva, afferrandosi agli oggetti per alzarsi in piedi, poi si arrampica, spinge la sua carrozzina o la scatola dei giocattoli. Mentre ogni adulto è in grado di valutare se possiede la forza necessaria per sollevare, portare o spingere, il bambino lo deve imparare in quanto non riesce ancora a regolare la direzione, la velocità e l’intensità della spinta. Ottima strategia che permetterà al bambino di conoscere la propria forza, dosandola, sarà quella di metterlo di fronte a variazioni di intensità dinamiche attraverso le quali imparerà a reagire in modo differenziato. Inizialmente il bambino verrà invitato a giocare con attrezzi, poi si proporranno attività in cui entrerà in contatto con i suoi coetanei. Queste attività non debbono costituire un problema per gli insegnanti, che potrebbero temere per l’incolumità dei bambini, in quanto essi stessi inventano spesso giochi con i loro compagni nei quali si abbracciano, si allontanano, si appendono: si tratta di importanti mezzi di apprendimento per imparare a reagire in modo adeguato, con tutti i risvolti legati alla socializzazione. Le attività proposte in questo lavoro possono essere praticate dai bambini in tutta tranquillità se ben gestite, programmate e seguite dalla rassicurante e vigile presenza dell’adulto. Va sottolineato che, con il crescere dell’età, il progressivo strutturarsi e consolidarsi degli schemi motori consente una sempre maggiore

(38)

38

complessità e varietà di situazioni motorie ed un impegno fisico sempre più rilevante.

Vari esempi di spingere e tirare:

- con le bacchette disposti a coppie, A impugna il bastone vicino alle due estremità (con presa larga) e B, con presa stretta, al centro: tirarsi, poi invertire i ruoli;

- spingersi o tirarsi legati in vari modi: solo con una mano, con due mani, solo con la schiena, solo con il fianco, ecc..

3.3.7 Arrampicarsi

Con il termine “arrampicarsi” si intende l’azione coordinata degli arti inferiori e superiori per effettuare uno spostamento in salita. I bambini hanno una naturale tendenza per le scalate, bisognerà quindi soddisfare questo loro piacere con delle attività appropriate senza sottoporli ad un lavoro intenso del cingolo scapolo – omerale. Nel corso della crescita questo schema motorio può costituire per il bambino un momento di coraggio e di sfida che facilita il superamento di eventuali situazioni inibenti. L’acquisizione di questo schema motorio rappresenta molto spesso una scoperta ed una conquista tutte personali del bambino e la soddisfazione di questi aspetti psicologici

(39)

39

concorre ad un completo e positivo sviluppo della sua personalità. Nelle fasi iniziali dell’apprendimento dello schema il bambino deve essere assecondato nei suoi movimenti e tranquillizzato dall’assistenza diretta dell’insegnante. Si consiglia inoltre di prevedere, nelle proposte iniziali, un richiamo agli esercizi relativi alla percezione tattile (materiale ruvido, liscio, scivoloso, morbido, duro, presa delle mani, presa dei piedi, ecc.), dovendo dare al bambino la possibilità di percepire il tipo di materiale, la dimensione, la superficie di arrampicata. L’affinamento di tale schema può essere realizzato ricorrendo all’utilizzo di sedie, panche, sgabelli, materassi, scale e ad attrezzi più specifici quali spalliere, quadro svedese, palchi di salita (pertiche, scale, ecc.) utilizzati con le dovute cautele. La fruizione di un’attività di così ricco carattere esplorativo e cinematico da parte del bambino non dovrebbe mai mancare nelle proposte di educazione motoria ed in ogni periodo in cui si verifica il più intenso sviluppo di un bagaglio motorio fondamentale per uno crescita armonica dei nostri bambini.

Vari esempi di arrampicarsi:

(40)

40

- con l’assistenza diretta dell’insegnante, salire e scendere dalla spalliera o dal quadro svedese spostando prima una mano e poi l’altra, prima un piede e poi l’altro sui gradi.

- salire sulla spalliera e, con un salto, cadere sul materasso grande.

3.3.8 Sollevare, trasportare e trasportarsi

Per quanto riguarda il “sollevare”, in questo “particolare” schema motorio che rischia di essere spesse volte trascurato, sono molte le sollecitazioni psico – fisiche in esso coinvolte. Tuttavia, il suo utilizzo nell’attività quotidiana è molto frequente ed un’errata impostazione dello schema impiegato può portare a conseguenze negative, in particolare sulla stabilità della colonna vertebrale. Nella quotidianità di tutti noi capita spesso, infatti, di sollevare la borsa della spesa, un oggetto più o meno pesante o anche semplicemente lo zainetto scolastico pieno di libri. Quindi è importantissimo insegnare lo schema corretto che consiste nel flettere entrambe le gambe, afferrare l’oggetto e risollevarsi, mantenendo la colonna vertebrale più eretta possibile e con l’oggetto più vicino possibile al corpo. Per “ sollevare” è necessario possedere e sviluppare in particolare: saper graduare le tensioni muscolari in rapporto all’impegno richiesto; la capacità di equilibrio; la capacità di accoppiamento dei movimenti. È inoltre

(41)

41

necessario aver sviluppato un certo grado di forza (che può migliorare molto anche a questa età sotto lo stimolo della ripetizione del gesto corretto) ed aver appreso un uso appropriato della stessa. Questo importante aspetto coordinativo coinvolge tutta la muscolatura posturale, in quanto richiede che venga sensibilizzata la capacità di contrarre in modo statico (isometrico) alcuni muscoli che funzionano da “impalcatura” per la colonna vertebrale (muscolatura addominale e muscoli paravertebrali) e, contemporaneamente, far contrarre in modo fluido tutta la muscolatura che agisce in modo antigravitazionale (in particolare tutti gli estensori degli arti inferiori). La ripetizione sistematica di questo schema motorio di base porta al suo perfezionamento ed ha come effetto il potenziamento del tono di tutta la muscolatura posturale, con il conseguente miglioramento del portamento e della deambulazione. A livello didattico, allo scopo di creare degli stimoli con impronta ludico motoria, appare opportuno accoppiare lo schema del “sollevare” a quello di “trasportare” e del “trasportarsi”. Se è vero che l’attività motoria deve mirare all’arricchimento di un bagaglio motorio il più vasto possibile e che gli “schemi motori” prendono spunto dai normali gesti della vita quotidiana, il “trasportare” e il “trasportarsi”, alla pari del correre, del camminare, del saltare, ecc. possono far parte di una metodologia formativa attuabile a scuola. Per i bambini l’azione del “ trasportare e

(42)

42

trasportarsi” ha un significato ludico, ma non solo. Chi ha avuto la possibilità di poterli osservare nei loro giochi di gruppo, ha senz’altro notato che la “cavallina”, il “seggiolino”, il “cavalluccio” sono giochi frequentemente praticati in un angolo del cortile durante la ricreazione, ma anche il trasportare cartelle, borse, zaini o altro mette il bambino di fronte a questo schema motorio. Per quanto riguarda l’uso della forza si deve tener presente che questa fondamentale capacità condizionale si sviluppa enormemente a tutte le età qualora venga sollecitata in modo sistematico. Per quanto attiene alla quantità di forza che è necessario impiegare per questi schemi motori, i bambini di classe quarta e quinta sono perfettamente in grado di sostenere lo sforzo richiesto da queste proposte motorie a condizione che il carico sia adeguato. Questo semplice ma fondamentale concetto può essere rispettato semplicemente con l’avvertenza di far operare tra loro bambini di altezza/peso simile; solo dopo che il gesto tecnico sarà padroneggiato si potrà passare a far trasportare ai bambini soggetti di altezza/ peso maggiore del loro. Particolare attenzione va posta nei confronti di alcuni aspetti che devono essere tenuti in buona evidenza: a) il rapporto forza – peso. È opportuno e necessario guidare il bambino sino a renderlo autonomo nel saper valutare esattamente l’entità del carico in rapporto alla disponibilità di forza di cui è

(43)

43

capace: il bambino deve conoscere esattamente il rapporto esistente tra lui ed il peso da sollevare e/o trasportare.

b) La tecnica esecutiva. È necessario condurre il bambino alla conquista di una corretta tecnica esecutiva del gesto motorio al fine di porlo nelle condizioni di saper utilizzare al meglio la forza che possiede. Ad esempio, se il bambino deve sollevare un carico disposto frontalmente lo si consiglia di farlo piegandosi sulle gambe in modo che il carico venga supportato dai muscoli delle gambe, generalmente più potenti, e non flettendo il busto in avanti a gambe tese sollecitando negativamente la schiena. Conoscere esattamente quali sono i movimenti più corretti da compiere nella realizzazione di un qualsiasi gesto darà ai bambini la possibilità di gestire in forma corretta la formazione di taluni automatismi esecutivi sia della vita di relazione che nella tecnica sportiva;

c) Socializzazione ed apprendimento. In questo tipo di proposte andrà valorizzato, al di là dell’impegno motorio, lo stimolo alla socializzazione ed alla cooperazione – collaborazione. I bambini che operano a “contatto” con i loro coetanei imparano a valutare meglio le loro possibilità e ad agire in collaborazione con gli altri per risolvere problemi per loro anche complessi. Le attività proposte sono facilmente praticabili in ogni situazione sia al chiuso che all’aperto

(44)

44

senza richiedere alcuna attrezzatura particolare né spiegazioni particolarmente complesse. Inoltre, nel quadro di una attività di carattere prevalentemente ludico, queste esercitazioni si adattano assai bene ad essere inserite in giochi e staffette di vario tipo che rafforzano ulteriormente la motivazione dei partecipanti.

Vari esempi di “sollevare”, “trasportare” e “trasportarsi”:

- Con le palle o con attrezzi di piccole medie dimensioni: dalla posizione di massima raccolta, prendere l’attrezzo con le mani e, estendendo le gambe, sollevarlo da terra;

- La carriola: a coppie, A in posizione di mani a terra, braccia tese perpendicolari al suolo e corpo proteso dietro; B afferrerà A alle cosce vicino al ginocchio e solleverà da terra le sue gambe. A cercherà di avanzare in questa posizione con i piccoli spostamenti successivi delle mani.

3.4 Le capacità motorie

Sono quei prerequisiti presenti alla nascita in ogni individuo e che se vi è un normale sviluppo psicomotorio durante le varie fasi sensibili (sino agli 11 anni circa) ed oltre, porta all’acquisizione di varie abilità motorie sempre più particolari e complesse. Esse sono le

(45)

45

predisposizioni fisiche e psichiche di ogni individuo a conseguire un determinato scopo motorio. Lo sviluppo delle abilità motorie comporta un progressivo incremento delle relative capacità motorie. Le varie abilità motorie poi verranno combinate tra loro man mano che l’individuo le fa proprie sino ad arrivare ad automatizzare i movimenti. Le capacità motorie si distinguono in: capacità senso – percettive, capacità coordinative e capacità condizionali.

3.4.1 Capacità senso – percettive

Permettono all’individuo di discriminare i segnali provenienti dall’interno e dall’esterno attraverso i cinque sensi ed alle sensazioni somatognosiche (sensazioni relative al proprio corpo). Sono degli analizzatori sensoriali, prerequisiti delle capacità coordinative che si sviluppano principalmente tra i 4 e i 7 anni. Gli analizzatori sensoriali sono: visivo, sonoro, tattile, cinestesico e vestibolare. L’analizzatore sensoriale a cui viene attribuito maggior valore è quello visivo.

3.4.2 Capacità Coordinative

Sono determinate dai processi che controllano e regolano il movimento. Il termine “capacità coordinativa” indica la capacità di

(46)

46

risolvere problemi motori in modo adeguato a finalità ed obiettivi prefissati. Si suddividono in generali e speciali. Quelle generali sono: le capacità di adattamento e trasformazione del movimento; le capacità del controllo motorio e le capacità dell’apprendimento motorio. Quelle speciali invece sono essenzialmente: le capacità di combinazione motoria, di equilibrio, di differenziazione spazio – temporale, di orientamento, di anticipazione motoria, di differenziazione dinamica, di fantasia motoria, di ritmizzazione, di elasticità del movimento, di memorizzazione motoria, di destrezza, di fine, di dinamica generale etc.

3.4.3 Capacità condizionali

Determinate da processi energetici, sono l’insieme delle caratteristiche biochimiche, morfologiche e funzionali che pongono l’individuo in grado di affrontare adeguatamente l’attività motoria. Le capacità condizionali sono: forza, velocità, flessibilità e resistenza.

(47)

47

4 Il gioco - sport

Nei programmi didattici per la scuola elementare del 1985 veniva introdotto per la prima volta il Gioco – Sport come elemento di grande novità. Questo neologismo è composto da due termini in apparenza inconciliabili: gioco, cioè spazio di libera espressione e divertimento, per antonomasia prediletto dal bambino; sport, cioè prestazione, competizione, selezione. Era un obiettivo didattico previsto e da proporre nel secondo ciclo della scuola elementare. Nel 2003 e successivamente nel 2012, il concetto veniva inserito nelle Indicazioni nazionali per il curricolo della nuova scuola primaria. Viene data rilevanza ai giochi di squadra e individuali e delle attività sportive. Non è un avviamento precoce allo sport o un mini sport, ma facilita un successivo avviamento sportivo differenziandosi dallo sport poiché le sue “regole” non sono codificate. Si sviluppa su livelli di capacità e sul patrimonio di schemi acquisiti e non può e non deve rappresentare un surrogato, un sostituto dell’attività motoria di base.

4.1 Progetto “Sport e scuola compagni di banco”

Nell’anno 2015 – 2016 ho partecipato in qualità di Esperto delle Scienze Motorie al progetto “Sport e scuola compagni di banco” patrocinato dal Coni per la Scuola Primaria della frazione Capezzano

(48)

48

– Pianore del comune di Camaiore (LU) per lo svolgimento di ore 15 di attività formative, didattiche e ludico – motorie per le classi prime, seconde, terze, quarte e quinte. La progettazione scaturisce dalla condivisione e dagli accordi tra docenti di classe ed Esperti delle Scienze Motorie esterni partendo dalla proposta del progetto, strutturato in maniera flessibile, adattabile alla situazione contingente, con verifiche in itinere e prefissando degli obiettivi da raggiungere. Le attività previste si sono svolte in situazione di contemporaneità co – docenza ed in collaborazione tra docenti di classe ed Esperti, ciò per consentire un miglioramento della qualità dell’offerta formativa rivolta agli alunni e una ricaduta sulla formazione in situazione dei docenti. Questo perché non sempre tutti i docenti svolgono con regolarità durante l’anno scolastico l’educazione motoria. Non sempre le istituzioni scolastiche dedicano il giusto riconoscimento alla materia “cenerentola” sbagliando, poiché quanto proposto con l’educazione ludico – motoria ha un valore altissimo nella percezione degli alunni. Si sbaglia anche chi considera gli Esperti esterni delle Scienze Motorie semplici figure di passaggio che non hanno responsabilità anche se operano nella scuola per un periodo circoscritto o limitato. C’è da dire inoltre che in alcune realtà, questi progetti con Esperti esterni sono purtroppo, l’unica esperienza motoria degli alunni.

(49)

49

Nel corso delle lezioni si sono evidenziate le notevoli differenze tra gli alunni delle varie classi. Oltre alle evidenti differenze di età, di accrescimento e di sviluppo, sono emerse differenti esigenze sul piano ludico – motorio, emotivo e relazionale. Gli alunni della classe prima hanno molte caratteristiche tipiche degli alunni di scuola dell’infanzia. Gli alunni di classe quinta cominciano a manifestare caratteristiche tipiche degli alunni di scuola secondaria di 1° grado. Le scelte operate e le azioni conseguenti hanno determinato l’efficacia dell’azione metodologico/didattica dell’insegnante. L’osservazione ha assunto una particolare rilevanza, soprattutto nel mettere in risalto le problematiche degli alunni con “bes” (bisogni educativi speciali) facendoli partecipare al progetto con maggiore coinvolgimento, ed è risultata preziosa sia in fase di realizzazione che di adeguamento alla proposta educativa nel trovare il punto d’incontro tra i reali bisogni dei bambini e le intenzionalità educative degli insegnanti e dell’Esperto. Il docente di classe, cui compete la valutazione degli alunni, risulta inoltre fondamentale per le informazioni che l’Esperto deve conoscere per migliorare la qualità dell’osservazione e influire sulla valutazione degli apprendimenti. Per le classi prime e seconde si è proposta un’ambientazione fantastica adottando il “giocodramma” una tecnica che consisteva nello stimolare, sollecitare e approfondire la loro curiosità avendo così modo di conoscersi, esprimersi e

(50)

50

divertirsi. Il “giocodramma” infatti ha un ruolo fondamentale nello sviluppo affettivo, intellettuale e sociale del bambino e si rivela come il principale meccanismo con il quale egli organizza sentimenti e pensieri, apprendendo e sviluppandosi.

Particolarmente significative, soprattutto sul piano valutativo, sono state le esperienze di autovalutazione soprattutto per le classi terze, quarte e quinte. Alla fine delle attività, è stato somministrato agli alunni un questionario auto valutativo che dovevano compilare in maniera anonima dove gli venivano chieste informazioni sull’attività svolta, giochi, modalità e gradimento.

(51)

51

Questionario classe _______________

Immagina di scrivere un biglietto al maestro di educazione motoria Scrivi una cosa che ti è piaciuta tanto

________________________________________________________ ________________________________________________________ ________________________________________________________ _______________________________________________________ Scrivi una cosa che non vorresti fare più

________________________________________________________ ________________________________________________________ ________________________________________________________ _______________________________________________________

Scrivi cosa ti viene in mente quando pensi alla palestra

________________________________________________________ ________________________________________________________

(52)

52

________________________________________________________ ________________________________________________________ Quale gioco fai con i tuoi compagni fuori dalla scuola

________________________________________________________ ________________________________________________________ ________________________________________________________ ________________________________________________________

(53)

53

Alla fine del progetto, la maggior parte degli alunni ha acquisito sicuramente un po’ più di consapevolezza di sé attraverso la percezione del proprio corpo e la padronanza degli schemi motori e posturali nel continuo adattamento alle variabili spaziali e temporali contingenti; ha imparato ad utilizzare il linguaggio corporeo e motorio per comunicare ed esprimere i propri stati d’animo anche attraverso la drammatizzazione; ha sperimentato una pluralità di esperienze che gli permetteranno di maturare e di orientarsi ad una futura pratica sportiva, acquisendo in maniera minima diverse gestualità tecniche; ha rispettato i criteri di base di sicurezza per sé e per gli altri sia nel movimento che nell’uso degli attrezzi e ha trasferito tale competenza nell’ambiente scolastico ed extrascolastico; ha riconosciuto alcuni essenziali principi relativi al proprio benessere psicofisico; ha compreso, all’interno delle varie occasioni di gioco e di sport, il valore delle regole e l’importanza di rispettarle.

(54)

54

Conclusioni

Un intervento di attività motoria nella scuola primaria ha l'affascinante prospettiva di prevedere una stimolazione adeguata in un periodo della crescita del bambino nel quale la ricettività biologica delle strutture nervose é ancora ampia e aperta. Occorre comunque precisare che i programmi didattici perderebbero inevitabilmente la loro efficacia se non avessero un tempo minimo d'applicazione, (almeno due ore settimanali per classe) strutture a disposizione (palestre, materiali, attrezzature) e concertazione collegiale. E' necessario quindi, prima ancora di procedere alla stesura di piani didattici, che rischierebbero di rimanere sulla carta (come troppo spesso accade), assumere un impegno politico - istituzionale per poter garantire alla Materia quelle risorse e quegli spazi e tempi minimi necessari e indispensabili per farla operare dignitosamente nel contesto educativo. In Italia il rapporto tra scuola e attività motoria ha una storia difficile diversamente dagli altri Paesi dell’Europa e del mondo, dove l’attività sportiva è parte integrante dell’attività scolastica. Purtroppo in questa fase così delicata della loro vita, i bambini italiani sono costretti a vivere il rapporto tra l’attività ludico – motoria e l’infanzia all’esterno della scuola in maniera migliore o peggiore.

(55)

55

“Chiunque esercita una funzione educativa e di tutela nei confronti di chi pratica sport è tenuto a guidarne l’impegno psicofisico nel rispetto della centralità, affermata dalla Costituzione, della persona umana.”

Riferimenti

Documenti correlati

• Accanto ai valori e alle competenze inerenti alla cittadinanza, la scuola del primo ciclo include nel proprio curricolo la prima conoscenza della Costituzione della

 L’alunno, oltre ad avere acquisito la competenza di base nell’uso delle TIC, ha maturato la consapevolezza della propria identità in rete, delle caratteristiche, delle

IE00BD1F4N50 iShares Edge MSCI USA Momentum Factor UCITS ETF IE00BD1F4L37 iShares Edge MSCI USA Quality Factor UCITS ETF IE00BD1F4K20 iShares Edge MSCI USA Size Factor UCITS ETF

a) L’alunno acquisisce consapevolezza di sé attraverso la percezione del proprio corpo e la padronanza degli schemi motori e posturali nel continuo adattamento alle variabili

RAPPORTO CON LA REALTÀ ● Conosce alcuni principi fondamentali della Costituzione Italiana. ● Conosce alcuni articoli della Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo e della

L'educazione civica sviluppa nelle istituzioni scolastiche la conoscenza della Costituzione italiana e delle istituzioni dell'Unione europea per sostanziare, in particolare,

La valutazione disciplinare degli apprendimenti degli alunni della Scuola Primaria si esprime in decimi, a scadenza quadrimestrale, con l’uso delle schede di valutazione

Soprattutto in questi ultimi tempi, l’EDUCAZIONE ALLA SALUTE, e’ divenuta un tema cosi rilevante da esigere una responsabilizzazione sociale e la necessita’ di un percorso