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Fenomeni critici e multicritici descritti da teorie di campo statistiche

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Academic year: 2021

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Indice

1 Introduzione 2

2 Fenomeni critici 3

2.1 Cenni storici e transizioni di fase . . . 3 2.2 Funzioni di correlazione. Esponenti critici . . . 8 2.3 Gruppo di rinormalizzazione per i fenomeni critici. Punti ssi . . 13

3 Teoria φ4 21

3.1 Rinormalizzabilità della teoria φ4 con un singolo accoppiamento . 21

3.2 Diagrammatica . . . 22 3.3 Calcolo della β-function e dei punti ssi della teoria con un singolo

accoppiamento . . . 23 3.4 Calcolo degli esponenti critici della teoria con singolo

accoppia-mento . . . 25

4 Teoria multicomponente con tre accoppiamenti 29

4.1 Rinormalizzabilità della teoria con tre accoppiamenti . . . 29 4.2 Diagrammatica della teoria con tre accoppiamenti . . . 30 4.3 Calcolo della β-function e dei punti ssi . . . 33

5 Stabilità e rilevanza degli autovalori 38

5.1 Considerazioni . . . 38 5.2 Calcolo degli esponenti critici e punti multicritici . . . 39

6 Conclusioni 42

7 Appendice 43

(2)

1 Introduzione

Lo scopo di questa tesi è analizzare una teoria di campo scalare quartica, in cui sono presenti due campi interagenti a N componenti, mediante tre accoppia-menti.

Ci occuperemo di trovare le beta functions e i loro punti ssi e ci soerme-remo a osservare il comportamento della teoria in prossimità di questi ultimi, cioè in sostanza analizzare questa teoria dal punto di vista dei fenomeni critici. Inizialmente faremo un excursus della teoria dei fenomeni critici, collegan-doci alle teorie di campo, con cui egregiamente sono correlate e sottolineeremo l'importanza del gruppo di rinormalizzazione, che ha un ruolo principe nelle teorie di campo.

In questa digressione storica ci occuperemo anche di fare delle brevi descri-zioni di alcuni fenomeni critici e i legami con le teorie di campo, soprattutto rimarcando l'importanza del concetto di universalità, delle classi individuate e degli esponenti critici.

Altresì prima di arontare l'argomento principale, faremo un'analogia con la teoria φ4a N componenti ma con un unico accoppiamento.

Rinormalizzeremo entrambe le teorie fermandoci a primo ordine, cioè a un loop. Nel primo capitolo parleremo della teoria con un accoppiamento, quindi con un solo campo,calcolandone le beta functions, gli zeri ad esse relative e successivamente faremo lo stesso per l'altra.

(3)

2 Fenomeni critici

2.1 Cenni storici e transizioni di fase

Lo studio dei fenomeni critici si fonda in maniera manifesta alla ne del dician-novesimo secolo: infatti Pierre Curie nella sua tesi di laurea nel 1895 si occupava di descrivere lo studio delle transizioni magnetiche ponendosi la domanda circa cui i fenomeni come il diamagnetismo, il paramagnetismo e il ferromagnetismo, assimilabili a diversi materiali, fossero eettivamente o meno la manifestazione di unico fenomeno in maniera diversa.

Dalle misure si evinse che la suscettività delle sostanze diamagnetiche era indipendente dalla temperatura, diversamente per le sostanze paramagnetiche diminuiva al crescere di T . Per le sostanze ferromagnetiche al di sopra di una certa temperatura (temperatura di Curie) mutavano in debolmente magnetiche. Nel 1933 Ehrenfest classicò le transizioni in due categorie facendo riferi-mento all'energia libera di Gibbs (G = U − T S + P V ):

1) Transizioni del primo ordine: sono quelle che hanno una discontinuità rispet-to alle derivate prime di G, per esempio l'entropia.

2) Transizione del secondo ordine: sono quelle che hanno una discontinuità alle derivate seconde di G.

Le idee più utili però vennero introdotte da Landau nel 1937. Egli osservò che le transizioni senza calore latente erano seguite da un cambiamento della simmetria del problema. A questo cambiamento Landau associò una quantità, detta parametro d'ordine, che chiameremo per generalità η: una quantità esten-siva denita in tal modo da risultare nulla nella fase più simmetrica e non nulla in quella meno simmetrica.

Nell'esempio precedente la magnetizzazione è il parametro d'ordine del siste-ma studiato. Nel caso della siste-magnetizzazione la fase più simmetrica corrisponde a quella disordinata,in cui si ha invarianza per rotazioni rispetto alle 3 dimen-sioni, mentre nella fase ordinata, meno simmetrica, sopravvive solo l'invarianza

(4)

per rotazioni lungo la direzione di magnetizzazione. Un altro esempio è il caso di una lega CuZn, nella fase ordinata, più simmetrica, si hanno due sottoreticoli distinti, uno occupato dal rame e l'altro dallo zinco, diversamente nella fase disordinata, più simmetrica, abbiamo che un sottoreticolo è equivalente all'altro e il sistema acquisisce una simmetria di permutazione tra i due sottoreticoli [1]. In questo caso è l'energia interna del sistema che riveste il ruolo di parametro d'ordine.

La classicazione di Landau sulle transizioni di fase procede come segue: 1) Transizioni senza parametro d'ordine: le simmetrie delle varie fasi non sono

incluse le une con le altre, queste transizioni risultano sempre del primo ordine secondo Ehrenfest.

2) Transizioni con parametro d'ordine: il gruppo di simmetria della fase meno simmetrica è incluso in quello di quella più simmetrica. Se il parametro è discontinuo alla transizione allora essa è del secondo ordine, altrimenti è del primo.

L'idea di Landau fu importante perché suppose che l'energia libera di Gibbs, per la precisione il funzionale associato ad essa che viene detto anche energia libera di Landau (che identicheremo con l'hamiltoniana del sistema), fosse una funzione analitica, espandibile rispetto al suo parametro d'ordine, in un intorno punto critico (per esempio nei casi precedenti tale punto è proprio la temperatura critica) [2]: con questa ipotesi si possono calcolare alcune quantità in prossimità del punto critico ed in particolare possiamo studiarne l'andamento nei pressi di quest'ultimo, per esempio come si annulla il parametro in vicinanza del punto critico

η ≈ (Tc− T )ν

oppure come diverge la suscettività

χ ≈ 1

(T − Tc)ν

,

(5)

Gli esponenti critici hanno la peculiarità di essere gli stessi per le transizioni di fase, associate a diversi fenomeni. Questa proprietà degli esponenti critici prende il nome di universalità.

La teoria di Landau è dunque il nodo dal quale si dipana il profondo legame tra le teorie di campo e i fenomeni critici.

Adesso ricaveremo gli andamenti del parametro d'ordine e della suscettività, dalla teoria di Landau: per le ipotesi introdotte precedentemente, confermate da un punto di vista fenomenologico, possiamo scrivere l'energia libera di Landau rispetto al volume di un sistema spazialmente uniforme in questione vicino a un punto critico L = L V = ∞ X n=0 an(Ki)ηn,

dove Ki è un nome collettivo per indicare l'insieme delle costanti

d'accop-piamento tipiche del problema che desideriamo trattare.

Per T < Tc la condizione di minimo è risolta per η 6= 0, mentre per T > Tc

la soluzione è η = 0, quindi per T sucientemente vicino a Tcpotremo prendere

un numero nito di termini dell'espansione sopra menzionata, in particolare no al quarto ordine abbiamo:

L =

4

X

n=0

an(Ki)ηn.

La scelta del parametro d'ordine è squisitamente e manifestamente correlata alle proprietà di simmetria del sistema, per esempio nel caso dei fenomeni magnetici e della lega CuZn, i parametri d'ordine godevano della seguente simmetria

M → −M ed s → −s. Il gruppo di simmetria di queste teorie è il gruppo discreto Z2. Ordunque considerando che L goda di questa simmetria possiamo

scrivere:

L = a0(Ki) + a2(Ki)η2+ a4(Ki)η4.

Il parametro a0(Ki)rappresenta il valore della funzione di Landau nella fase

(6)

a4supponiamo di poterli sviluppare intorno alla temperatura critica [3], ovvero: a2= a02+ T − Tc Tc a12 a4= a04+ T − Tc Tc a14.

Minimizziamo la funzione 2ηa2+ 4η3a4= 0e calcoliamo la derivata seconda ∂2L

∂η2 = 2a2+ 12a4η2; per T > Tc si deve avere un minimo in η = 0 e dal segno

della derivata seconda calcolata poco prima, deve valere a2> 0.

Analogamente per T < Tc otterremo η2= −2aa24, dunque la derivata seconda

avrà la seguente forma, cioè∂2L

∂η2 = 2a2+12a4(−2aa24) = −4a2, pertanto possiamo

dedurre che a2< 0. Poiché abbiamo desunto il segno di a2per T < Tc, anché

η sia reale, dobbiamo imporre che a4> 0. Possiamo concludere che a2 cambia

segno alla transizione, quindi si dovrà avere a0

2= 0 da cui a2= a12  T − Tc Tc  , con a1 2> 0.

Anche se non conosciamo il segno di a4 possiamo certamente dedurre che,

qualora si verichi che T < Tc, se questi fosse negativo, dovrebbe essere pari

a zero alla transizione, con conseguente e contemporanea nullità di a2, quindi

dovremmo spingerci al sesto ordine dello sviluppo in serie di potenze (punto tri-critico nel diagramma di fase). Per riprodurre la teoria quartica allora equivale a supporre che a46= 0per T < Tc, quindi avremo a4> 0 anche al disotto della

temperatura critica. Quindi possiamo riscrivere l'energia libera di Landau nel seguente modo, avendo tenuto conto dei fattori moltiplicativi nello sviluppo in serie di Mc Laurin

L = atη2+1

2bη

4+ a 0,

dove abbiamo posto t =T −Tc

Tc , a e b due parametri positivi fenomenologici.

In analogia al ferromagnetismo descritto precedentemente possiamo aggiun-gere al funzionale sopraddetto un campo esterno H, quindi avremo

L = atη2+1

2bη

4+ a 0− Hη.

(7)

Adesso possiamo trovare gli esponenti critici, di cui parlavamo prima, quindi prima di arrivare a ciò calcoleremo l'entropia, che sappiamo essere denita nel seguente modo: S = −∂L(T, η) ∂T = − ∂L ∂η |T ∂η ∂T − ∂L ∂T |η= − ∂L ∂T |η,

trascurando i termini η4che contengono termini quadratici in t, che trascuriamo:

allora avremo S = −∂a0 ∂T − a Tc η2,

dove S0 è il termine ∂a∂T0 che rappresenta l'entropia nella fase simmetrica.

Possiamo ricavare il valore di η2 nella fase rotta, attraverso la condizione di

minimo su L, ovvero ∂L

∂η = 0 = 2atη + 2bη

3− He imponendo che H = 0, avremo

che η2= −a bt.

Sostituendo il valore del parametro d'ordine in funzione di t ed esplicitando quest'ultimo, possiamo riscrivere l'entropia:

S = S0+

a2

bT2 c

(T − Tc),

da qui possiamo calcolare il calore specico a pressione costante, così denito cp= T∂S∂T |P e mettendo insieme quello che abbiamo trovato otteniamo

cp= c0p+

a2 bT2

c

T

che è il calore specico nella fase rotta e c0quello nella fase simmetrica. Facendo

il limite per T → T±

c notiamo cp tende a una costante e pertanto possiamo

dedurre che l'esponente critico associato ad esso è zero, in tutte e due le fasi (α = α0

= 0).

Per ricavare quello associato al parametro d'ordine, che chiameremo β, ri-chiamiamo l'espressione per η2 ed esplicitiamo t:

η = r a bTc (Tc− T ) 1 2,

da ciò deriviamo facilmente che β =1 2.

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Ora vediamo quello relativo alla suscettività, la cui espressione è: ∂η(T ,H) ∂H |H=0.

Considerando la condizione di minimo a campo esterno non nullo e potendo scrivere η come η0+ χH per H sucientemente piccolo, otteniamo

2at(η0+ χH) + 2b(η03+ 3η02χH) − H = 0,

da cui

(2at + 2bη02) = 0 2atχ + 6btη02χ − 1 = 0.

Per T > Tc si ha η0 = 0 ed esplicitando la t l'espressione per la suscettività

nella fase simmetrica è:

χ = Tc

2a(T − Tc)

,

chiamando γ l'esponente critico per χ nella fase simmetrica, possiamo facilmente vedere che γ = 1.

Per la fase rotta, ovvero T < Tc che è equivalente a dire che η0 6= 0,

l'espressione per la suscettività è

χ = − Tc 4a(T − Tc)

, analogamente identicando con γ0

l'esponente critico per la fase non simmetrica, γ0 = 1.

Inne possiamo associare un esponente critico relativo alla relazione tra campo esterno e parametro d'ordine, infatti imponendo che t sia nullo nella condizione di minimo di L per H non nullo, si ottiene H = 2bη3, ovvero

H ≈ ηδ, T −→ Tc.

Nella teoria di Landau δ = 3.

2.2 Funzioni di correlazione. Esponenti critici

Adesso, per semplicità, supponiamo di assimilare il nostro sistema a un reticolo di spin, sempre in riferimento ai fenomeni magnetici. Ogni nodo reticolare s

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rappresenta un singolo atomo, i cui valori di spin possono assumere i valori ±1 lunga una certa direzione e ognuno occupa una posizione ~r [4].

Il preambolo testé sopraddetto serviva per evidenziare l'occorrenza che il parametro d'ordine η possa variare da sito a sito e che quindi possa avere delle uttuazioni, questo ci induce a denire il parametro d'ordine come funzione del punto, ovvero η(~r).

Questo può accadere in presenza di un campo esterno H(~r). Per fare in mo-do che il parametro d'ordine non abbia grosse variazioni da punto a punto e che quindi sia una funzione sucientemente regolare, possiamo dividere il sistema in blocchi o celle che abbiano dimensioni spaziali pari a Λ−1, che corrisponde a

di-mensioni superiori dell'ordine della distanza tra un sito e un altro del medesimo reticolo, che chiameremo a: ciò perché nelle condizioni descritte le correlazioni tra un elemento e un altro sono molto più forti e le uttuazioni trascurabili del parametro d'ordine sono trascurabili, mentre vanno diminuendo man mano che ci si allontana dai siti, con conseguente aumento delle stesse uttuazioni.

Per esempio, in d dimensioni spaziali possiamo ordunque scrivere: ηΛ(~r) = Λ−d ad X i∈~r hη(~ri)i ,

ovvero un parametro d'ordine locale ottenuto come media all'interno del blocco. Il coeciente davanti alla sommatoria rappresenta il numero di celle su cui stiamo mediando ed ~r indica il punto centrale del blocco. Dato che poc'anzi abbiamo detto che Λ−1∼ ξ(T ), possiamo scrivere per le precedenti assunzioni

a  Λ−1 ∼ ξ(T )

Alle correlazioni di cui parlavamo, che sono denite comeDη(~r)η(~r0)E e che indicano la correlazione che intercorre tra una coppia di parametri d'ordine, associati ad un sito e ad un altro del reticolo, possiamo associare una lunghezza di correlazione ξ. Le correlazioni aumentano al tendere della temperatura alla temperatura critica (punto critico): conseguentemente possiamo desumere che la lunghezza di correlazione sia una funzione della temperatura, ovvero ξ(T ).

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Il numero di siti crescerà sempre di più qualora la temperatura tenda a quella critica (T → Tc ξ(T ) → ∞). Nella sommatoria quindi abbiamo soppresso tutte

le uttuazioni su scale più piccole di Λ−1, o equivalentemente abbiamo sommato

su tutti i modi di Fourier con impulsi maggiori di Λ.

Dopo tali considerazioni possiamo allora apportare una correzione all'energia libera di Landau, aggiungendo il seguente termine:

X ~ r X ~ δ γ0 2 ηΛ(~r) − ηΛ(~r + ~δ) Λ−1 !2 ,

dove δ e γ sono rispettivamente un vettore di ordine Λ−1e una costante positiva.

Questa correzione serve a tener conto del fatto che da blocco a blocco, la minimizzazione di L produce parametri d'ordine diversi, allora possiamo scrivere denitivamente: L = Z dd~rhγ 2(~OηΛ(~r)) 2+ L(η Λ(~r)) i . L'espressione viene chiamata hamiltoniana eettiva.

Per ricondurci al legame tra i fenomeni critici e le teorie di campo, cioè meccanica statistica e meccanica quantistica, scriviamo in primis la funzione di partizione:

Z[H] = Z

D(η)e−βL,

con L l'hamiltoniana ecace, precedentemente introdotta e β = 1 kBT.

Nel limite di volume innito la funzione di partizione coincide con il funzio-nale generatore euclideo, quindi l'energia libera coincide formalmente con con il generatore delle funzioni di Green connesse, pertanto si ha

e−βF = Z D(η)e−βL, e vale pure e−WE= Z D(η)e−βL.

Possiamo trovare il valore medio del parametro d'ordine e le correlazioni attraverso l'energia libera F , in particolare tramite le sue derivate

F = −1 β log Z D(η)e−βL0+β R dd~r Hη ,

(11)

quindi

hη(~r)i = − δF δH(~r). Deniamo la suscettività isoterma generalizzata:

χT(~r, ~r

0

) =δ hη(~r)i δH , che è equivalente alla seguente espressione

− δ

2F

δH(~r)δH(~r0

) = β[hη(~r)i hη(~r

0)i − hη(~r0)i hη(~r)i] = βG(~r, ~r0).

Per un sistema invariante per traslazioni, ovvero hη(~r)i = costante , ∀~r possiamo scrivere che

G(~r, ~r0) = G(~r − ~r0).

Trascurando le uttuazioni la funzione di correlazione si può ricavare a partire dalla dierenziazione funzionale dell'equazione del moto:

∂L

∂η(~r) = 0 → −γ ~O

2η + 2atη + 2bη3= H,

deriviamo entrambi i membri dell'equazione rispetto al parametro d'ordine e otteniamo

(−γ ~O2+ 2at + 6bη2)βG(~r − ~r0) = δd(~r − ~r0).

Poiché in questo caso il valore del parametro d'ordine è dettato dal calore che minimizza il funzionale L, distinguiamo i due casi in cui il minimo sia uguale o diverso da zero, come precedentemente discusso:

1) t > 0, η = 0 (−~O2+2a γ t)G(~r − ~r 0) = 1 βγδ d(~r − ~r0).

Deniamo la lunghezza di correlazione ξ+=

 γ 2at

12

(12)

Isolando la funzione di correlazione e passando allo spazio degli impulsi attraverso la trasformata di Fourier otteniamo:

G(~r − ~r0) = 1 βγ Z ddk (2π)d 1 k2+ ξ−2 + e−i~k·(~r−~r0). 2) t < 0, η = −a bt (−~O2+4a γ t)G(~r − ~r 0) = 1 βγδ d(~r − ~r0).

La lunghezza di correlazione assume in questo caso la seguente forma:

ξ−=  − γ 4at 12 .

Alla transizione, cioè per t → 0, abbiamo che ξ± → ∞, dunque l'integrale

diventa G(~r) = 1 βγ Z ddk (2π)d 1 k2e −i~k·~r.

Dall'integrale possiamo desumere l'andamento della funzione di correlazione, ponendo y = kr, dove r =| ~r | e k =| ~k | ed esplicitando il prodotto scalare ~k·~r = kr cos θ, dunque possiamo scrivere l'integrale precedentemente menzionato nel seguente modo: G(~r) = 1 βγrd−2 Z ddy (2π)d 1 y2e −iy cos θ, quindi G(~r, Tc) ≈ 1 rd−2.

Adesso possiamo introdurre degli esponenti critici collegati alle correlazioni: ξ+= c+(T − Tc)−ν, T > Tc

ξ−= c−(Tc− T )−ν

0

, T < Tc

G(~r, Tc) = gr−(d−2+η),

nel nostro caso possiamo dedurre che gli esponenti assumono i seguenti valori: ν = ν0= 1

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2.3 Gruppo di rinormalizzazione per i fenomeni critici.

Punti ssi

L'idea di gruppo di rinormalizzazione nei fenomeni critici emerge da alcune considerazioni: dall'idea di Kadano, ovvero di suddividere il reticolo di spin, che costituisce sempre il nostro sistema in esame, in blocchi costituenti più piccoli in cui ogni elemento che occupa ogni sito interagisce con i suo primi vicini, esattamente come nel sistema preso nella sua interezza [5].

La suddivisione operata consiste in un riscalamento (detto anche scaling), che consiste nel modicare il passo reticolare, ovvero adottare la seguente tra-sformazione: a → la.

Questo comporta anche un riscalamento nella lunghezza di correlazione, cioè ξ = ξl(la) = ξ1a → ξl=

ξ1

l ,

dato che l è intero e positivo, per ipotesi, la nuova lunghezza di correlazione risulta meno grande e di conseguenza ci allontaniamo sempre di più dalla criticità del sistema originario. Lo scaling si ripercuote inoltre sul campo magnetico h → hl e sulla temperatura critica Tc e su t → tl.

Dalle considerazioni precedentemente fatte possiamo dedurre che l'hamilto-niana del sistema subisce un cambiamento, legato alla riduzione dei gradi di libertà, causato dallo scaling: infatti data l'hamiltoniana

H = βH =X

n

KnΘn[S],

dove Kn, Θn ed S sono rispettivamente gli accoppiamenti, gli operatori locali

dipendenti dai gradi di libertà del sistema e i gradi di libertà del sistema. La trasformazione che subisce l'hamiltoniana, insieme a quella che subiscono le quantità poc'anzi menzionate prendono il nome di trasformazioni del gruppo di rinormalizzazione e in particolare indichiamo con Rlquella che coinvolge

l'ha-miltoniana, che agisce sullo spazio delle costanti di accoppiamento, compatibili con le simmetrie del problema; possiamo ordunque scrivere

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Queste trasformazioni fondamentalmente riducono il numero di gradi di libertà da N a N0 = N/ld, quindi la nuova hamiltoniana H0 è praticamente

equiva-lente a quella associata al sistema originario, a meno di uno scaling: infatti l'hamiltoniana eettiva del nuovo sistema conterrà generalmente operatori di-versi da quelli iniziali e sappiamo che è possibile passare da uno spazio dei nuovi accoppiamenti all'altro a meno di un numero di gradi di libertà, che è possi-bile eliminare. Dunque possiamo scartare alcuni accoppiamenti che risultano irrilevanti e mostreremo donde e come possiamo dedurre questa informazione.

Deniamo i nostri campi (che sono i nostri parametri d'ordine e dunque delle funzioni locali), tramite un cut-o sui modi di Fourier

φΛ(~r) =

Z Λ

0

dd~ke−i~k·~rφ(~ˆk).

Lo spazio reticolare in questo caso è legato al cut-o, che abbiamo ssato e conoscendo la relazione tra lo spazio delle posizioni nel reticolo diretto e tralo spazio degli impulsi nel reticolo reciproco aΛ= 1/Λ.

Dopo aver eettuato una trasformazione del gruppo di rinormalizzazione, separiamo il campo φΛ in due parti, una per le corte distanze e uno per quelle

rimanenti, quindi: φΛ(~r) = φl(~r) + φH(~r) con φΛ= Z Λ Λ/l dd~ke−i~k·~rφ(~ˆ k) φl= Z Λ/l 0 dd~ke−i~k·~rφ(~ˆ k).

Il campo φl è un campo che ha subito un riscalamento in seno alla

trasfor-mazione sopramenzionata ed è pertanto associato a un reticolo trasformato il cui nuovo spacing è a0

Λ= l/Λ.

L'hamiltoniana eettiva si ottiene da eHl[φl]=

Z

(15)

dove sappiamo che le hamiltoniane sono sviluppabili rispetto a degli operatori relativi alle simmetrie del sistema, come già detto precedentemente.

Per esempio Hl[φl] = X n Knl Z dd~r On[φl],

avremo un'analoga espressione per H.

In genere gli operatori hanno una forma On ∼ ∂pφq e da questo possiamo

desumere la dimensione degli operatori, infatti [On] = −dn da cui possiamo

dedurre, data l'espressione generale di On:

dn= p + q

 d 2 − 1



e poichè l'hamiltoniana deve essere adimensionale, deve per forza valere [Hln] = dn− d.

Deniamo degli accoppiamenti adimensionali Kl

n = ¯Knl(laΛ)dn−d e

inseria-moli nell'espressione precedentemente scritta, dove compare lo sviluppo dell'ha-miltoniana rispetto agli operatori e otteniamo:

Hl[φl] = X n ¯ Knl(laΛ)dn−d Z dd~r On[φl].

Giacché l'integrale è proporzionale alla lunghezza di correlazione per motivi dimensionali avremo

Z

dd~r On[φl] ∼ ξd−dl n,

quindi l'hamiltoniana sarà proporzionale a X n ¯ Knl  laΛ ξl dn−d

e poiché mi interessa il comportamento in regime critico, esaminiamo il seguente limite lim ξl→∞  laΛ ξl dn−d , che converge a 0 se e soltanto se dn> d.

Da questo si evince che i soli termini che contribuiscono nell'hamiltoniana del sistema sono quelli per cui vale dn ≤ d: per tal motivo abbiamo vericato

(16)

quello di cui avevamo già parlato prima, ovvero che è suciente studiare un numero più ristretto di accoppiamenti dopo la trasformazione del gruppo di rinormalizzazione, dato che l'insieme degli operatori associati ad ognuno di essi è limitato a quelli per cui vale la relazione già sopracitata.

Dalle considerazioni fatte possiamo quindi classicare gli operatori in tre categorie:

1) Operatore irrilevante (dn> d)

2) Operatore marginale (dn= d)

3) Operatore rilevante (dn< d).

Studiando il gruppo di rinormalizzazione nello spazio degli accoppiamenti, osserviamo che la loro rilevanza o irrilevanza è inscindibilmente legata a quella degli operatori (Kl

n ∼ ldn−d→ 0, per l → ∞, con dn> d).

Inoltre bisogna aggiungere che il comportamento singolare dei fenomeni cri-tici, ovvero a t → ∞ che è equivalente a far tendere a innito il numero di gradi di libertà del sistema (N → ∞), è legato al fatto che occorrerebbero innite tra-sformazioni del gruppo di rinormalizzazione per eliminare tutti i gradi di libertà del sistema.

Un altro concetto importante per i fenomeni critici e in particolare per il gruppo di rinormalizzazione è quello di punto sso.

Il punto o punti ssi (se ve ne è più di uno) di una trasformazione del gruppo di rinormalizzazione, sono quel/i punto/i [K∗], per cui vale la seguente relazione

[K∗] = Rl[K∗].

Sappiamo che la funzione di correlazione calcolata rispetto a un qualun-que punto nello spazio degli accoppiamenti subisce la seguente trasformazione attraverso Rl, cioè

ξ[K0] = ξ[K] l , quindi intorno ad un punto sso avremo

ξ[K∗] = ξ[K

]

(17)

Quindi dall'ultima equazione deduciamo che possono presentarsi solo due oc-correnze:

ξ[K∗] = 0, punto f isso banale ξ[K∗] = ∞, punto f isso critico.

Per ricondurci al comportamento singolare di cui abbiamo parlato sopra, enun-ciamo il seguente teorema:

Tutti i punti nel bacino di attrazione di un punto sso critico hanno lunghezza di correlazione divergente.

Innanzitutto deniamo il bacino di attrazione per un punto sso come l'insie-me dei punti, sempre appartenenti allo spazio degli accoppial'insie-menti, che uiscono verso un punto sso, rispetto al quale si riferiscono.

Supponiamo di fare n iterazioni di Rlpartendo dal punto [K] e raggiungendo

ordunque [K(n)], quindi ξ[K] = lξ[K1] = l2ξ[K2] = · · · = lnξ[K(n)], siccome lim n→∞[K (n)] = [K]

dove [K∗]è un punto sso critico, allora ξ[K] = ∞.

Il bacino di attrazione viene chiamato anche manifold critico e questo nome evocativo lo si può dedurre facilmente dal teorema appena enunciato e dimo-strato. Il fatto che i punti del manifold critico uiscano verso il punto sso è nel cuore dell'universalità e nello specico essa si manifesta allorquando i sistemi si trovano in vicinanza del punto critico, quindi è naturale essere indotti a studia-re il comportamento intorno ai punti ssi, tra l'altro i punti ssi, oltstudia-re a poter essere semplicemente dei punti isolati, possono costituire un luogo geometrico ed essere delle linee o delle superci [6].

Adesso sviluppiamo gli accoppiamenti e l'hamiltoniana in vicinanza del pun-to sso:

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e

H = H∗+ δH dove H∗≡ H[K].

Eettuando una trasformazione sul nostro sistema, ovvero [K0] = R l[K] e

sapendo che vale la seguente espressione

Kn0 = Kn0[K] = Kn∗+ δKn0, possiamo scrivere equivalentemente

Rl[K∗+ δK] = Rl[K∗] +

∂Rl[K]

∂K |K∗δK = [K

] + M δK,

dove abbiamo posto la matrice M = ∂Rl[K]

∂K |K∗.

Possiamo ricavare dalla regola di Leibniz: d d[K]Rl1[Rl2[K]] |K∗= X n dRl1 dKn |K∗ dRn l2 d[K] |K∗= d d[K]Rl1l2[K] |K∗, cioè Ml1Ml2 = Ml1l2.

Adesso supponendo l1= 1, dalla relazione precedente deduciamo che M1= 1

e dierenziando rispetto a l2 e ponendo l2= l ed l1= l, otteniamo

MldM l dl |l=1= l Ml dl . Deniamo Y = dM l dl |l=1

e sostituendo questa posizione nell'equazione testé scritta, dopo averla integrata ne ricaviamo la seguente espressione

Ml= eY log l.

Se la matrice Ml è diagonalizzabile (che nei nostri sistemi di interesse lo è

sempre, oltre a essere reale e simmetrica), allora possiamo diagonalizzare Y con la stessa base di autovettori di Ml.

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Dunque sappiamo che vale la seguente equazione agli autovalori: Ynmvmσ = yσvnσ,

con yσ autovalori della matrice Y e poiché sappiamo che deve altresì valere:

Mnml vnσ= Λlσvnσ, dove Λl

σsono gli autovalori di Ml, dunque possiamo inequivocabilmente dedurre

che

Λlσ= lyσ.

Vediamo come trasforma δK0

e quindi possiamo scrivere δK0 =X m Mnml δKm= X m Mnml X σ aσvmσ = X σ Λσlaσvσn = X σ lyσaσvσ n.

Dall'ultima parte della catena di uguaglianze possiamo dedurre che alcune componenti di [δK] crescano sotto l'azione della trasformazione, decrescano o rimangano invariate.

Questo comportamento è dettato dal segno degli autovalori yσ e in analogia

a quanto detto precedentemente:

1) yσ> 0, gli aσ crescono con l (caso rilevante)

2) yσ< 0, gli aσ decrescono con l (caso irrilevante)

3) yσ= 0, gli aσ non cambiano con l (caso marginale)

Possiamo ordunque fare le seguenti considerazioni: dopo aver compiuto varie iterazioni attraverso le trasformazioni del gruppo di rinormalizzazione, solamen-te le componenti di [δK] che avranno una direzione vσ individuata

dall'auto-valore rilevante saranno importanti, mentre le altre proiezioni di [δK] lungo le altre direzioni o diminuiranno o rimarranno invariate.

Se partiamo dall'accoppiamento K vicino al corrispettivo punto sso e non sul manifold critico, le direzioni che uiscono al di fuori del medesimo sono quelle che corrispondono agli autovalori rilevanti già sopracitati.

(20)

Gli autovalori irrilevanti sono quelli il cui usso del gruppo di rinormaliz-zazione converge sul punto sso, pur allontanandosi dal manifold critico: dal punto di visto geometrico, gli autovettori associati a questi , costituiscono una base per lo spazio tangente al manifold critico sul punto sso.

(21)

3 Teoria φ

4

3.1 Rinormalizzabilità della teoria φ

4

con un singolo

ac-coppiamento

Sia H la seguente hamiltoniana Z ddx  1 2[(∂µφ) 2+ rφ2] + 1 4!uφ 4  . (3.1)

Adesso scriviamo l'hamiltoniana rinormalizzata con le quantità bare, che indicherò con il pedice B:

Z ddx  1 2[(∂µφB) 2+ r Bφ2B] + 1 4!uBφ 4 B  , (3.2)

che sono denite attraverso le quantità nella (2.1) secondo le seguenti relazioni: φB= Z

1/2

φ φ rB= Zrr uB= Zuµεu.

Il fattore µε è il fattore di scala e nel nostro caso ε = 4 − d. L'hamiltoninana

rinormalizzata è uguale all'hamiltoniana della nostra teoria a cui aggiungeremo i rispettivi controtermini, che calcoleremo e che cancelleranno le divergenze. Possiamo ordunque scrivere l'espressione per HR:

Z ddx  1 2[(1 − cφ)(∂µφ) 2+ (1 − c φ)(1 − cr)rφ2] + (1 − cφ)2(1 − cu) 4! uφ 4  . (3.3) Avvalendoci delle relazioni scritte poc'anzi, riscrivendo la (2.2), otteniamo

Z ddx  1 2[Zφ(∂µφ) 2+ Z φZrrφ2] + 1 4!Z 2 φZuµεuφ4  . (3.4)

Dal confronto della (2.4) con la (2.3) possiamo dedurre che

Zφ= (1 − cφ) (3.5)

ZφZr= (1 − cφ)(1 − cr) (3.6)

(22)

Poiché studieremo la teoria a 1-loop,come detto precedentemente, dalla relazio-ne topologica per i gra (formula di Eulero) L − I + V = 1, possiamo desumere quali e quanti siano i diagrammi di Feynman divergenti, sapendo che L è il numero di loop, I il numero di gambe interne e V quello dei vertici: I = V . La relazione ricavata precedentemente associata alla seguente, ovvero E +2I = 4V , intendendo con E il numero di gambe esterne, ci consente di individuare inequi-vocabilmente i diagrammi, da cui trarre la parte divergente. Inoltre sappiamo anche che nella teoria sono presenti solo diagrammi con un numero pari di cam-pi, per la simmetria di cui gode la nostra hamiltoniana, il che ci suggerisce in maniera lampante la presenza di diagrammi con due e quattro gambe esterne. Con tutte queste informazioni possiamo concludere che avremo diagrammi con un vertice e due gambe esterne, che normalizzeranno i termini quadratici del-la nostra hamiltoniana e quelli a quattro gambe esterne con due vertici, che rinormalizzeranno il termine di interazione.

3.2 Diagrammatica

Come asserivamo prima abbiamo diagrammi con uno e due vertici, partiamo con quello ad un vertice:

Il cui integrale è

Figura 1: Diagramma a un loop della funzione a due punti −1 2S1uµ εZ ddp (2π)d 1 p2+ r. (3.8)

Il secondo diagramma è il seguente: Il cui integrale è 1 2S2u 2µ2ε Z ddp (2π)d 1 p2+ r 1 (p + k)2+ r, (3.9)

(23)

Figura 2: Diagramma a un loop della funzione a quattro punti

dove i fattori S1 e S2 sono dei fattori di simmetria che derivano dalle seguenti

espressioni: S1= u 3(δαβδσσ+ δασδβσ+ δασδβσ) = u 3(N + 2)δαβ, [7] (3.10) S2= u 3(δαβδσ1σ2+ δασ1δβσ2+ δασ1δβσ2) u 3(δγδδσ1σ2+ δγσ1δδσ2+ δδσ2δγσ1) = u2 9 (N + 8)δαβδγδ[8]. (3.11)

3.3 Calcolo della β-function e dei punti ssi della teoria

con un singolo accoppiamento

Gli integrali che abbiamo scritto precedentemente hanno come risultato la se-guente forma: S1 rd2−1 (4π)d2 Γ  1 − d 2  S2 Γ 2 −d2 (4π)d2 Z 1 0 dx[r + k2x(1 − x)]d2−2,

per d = 4 − ε, dopo aver espanso la gamma di Eulero rispetto ai suoi poli otteniamo rispettivamente S1r2

(4π)2εµεe

S2

(4π)2εµ2ε.

Adesso dopo aver trovato i valori degli integrali (il calcolo dettagliato è ri-portato nell'appendice) possiamo ricavare i controtermini che eliminano le parti divergenti della teoria.

(24)

Sappiamo che dal primo integrale ricaviamo il controtermine che mi rinor-malizza la parte quadratica dell'hamiltoniana; poichè il medesimo non dipende dall'impulso ma esclusivamente da r, possiamo dedurre che la parte in cui com-pare la derivata parziale, rimanga immutata e conseguentemente che Zφ = 1o

equivalentemente che cφ= 0.

Dalla (2.6) ricaviamo Zr = 1 − cr e sapendo che cr = − (N +2)u

3(4π)2ε, allora

Zr = 1 + (N +2)u

3(4π)2ε. Analogamente dalla (2.7) avremo cu = − (N +8)u

3(4π)2ε, ovvero

Zu= 1 +(N +8)u3(4π)2ε.

Per calcolare la β-function ci serviamo dell'espressione della Zu, testé

rica-vata, data la denizione della β-function: β = −εgi

1 + gi ∂ log Zgi

∂gi

, (3.12)

possiamo scrivere, dopo aver espanso il denominatore in serie di Taylor al primo ordine, βu= −εu  1 + u  1 − (N + 8)u 6ε  (N + 8) 6ε + o(ε −2)  = −εu +(N + 8)u 2 6 .

Abbiamo normalizzato il fattore, u

8π2 → u e adottiamo questa modica della

costante anche in seguito, per le altre costanti, per rendere la scrittura più compatta ed elegante.

Adesso possiamo calcolare i punti ssi della teoria, ovvero gli zeri della β-function, dunque βu= 0 ⇔ u  −ε + uN + 8 6  =⇒ u1= 0 , u2= 6ε N + 8.

Dopo aver trovato i punti ssi, desideriamo sapere come si comportano gli operatori associati all'hamiltoniana che descrive la nostra teoria di campo e questo possiamo dedurlo dal segno degli autovalori, così come l'instabilità o la stabilità dei punti ssi. Gli autovalori sono soluzioni della seguente equazione,

M − λ1 = 0 (3.13)

dove M = ∂βi(gj)

∂gj , λ e 1 sono rispettivamente gli autovalori e la matrice

(25)

Naturalmente in questa teoria con un solo accoppiamento, la matrice M si riduce a un'unica derivata rispetto ad u calcolata rispetto ai punti ssi u1e u2

e la matrice identità si riduce all'unità: ordunque otteniamo −ε + ukN +83

λk = ∓ε, dove k = 1, 2. Giacché il primo autovalore ha parte reale negativa (un

numero reale positivo), il punto sso ad esso associato si dice stabile, mentre al secondo autovalore che è un numero con parte reale negativa (numero reale negativo) è associato un punto sso, invece detto instabile.

Ritornando alla rilevanza o meno degli operatori, possiamo ordunque desu-mere che il primo autovalore è associato a un operatore irrilevante, mentre il secondo a uno rilevante.

3.4 Calcolo degli esponenti critici della teoria con singolo

accoppiamento

Adesso calcoliamo gli esponenti critici della teoria, che diversamente dalla teoria di Landau che è three level, avranno una dipendenza da ε che deriva dal fatto che abbiamo considerato il contributo al primo ordine nell'espansione perturbativa dell'accoppiamento, o come nella teoria successiva che vedremo, degli accoppia-menti: innanzitutto scriviamo l'equazione del gruppo di rinormalizzazione, che descrive l'andamento della beta function al variare dell'accoppiamento e di ε.

β(u, ε) = µdu

dµ, (3.14)

dove conviene scrivere il termine µ in termini della lunghezza di correlazione, ovvero µ = ξ−1.

Infatti a forti accoppiamenti corrispondono piccole lunghezze di correlazione e viceversa, quindi possiamo riscrivere l'equazione del gruppo di rinormalizza-zione

β(u, ε) = −ξdu

dξ. (3.15)

Per valori sucientemente piccoli di ε, possiamo espandere la β al primo ordine intorno al punto sso, quindi

(26)

dove

ω =dβ du |u∗.

Possiamo integrare ordunque la seguente equazione: dξ ξ = − dλ ω(u − u∗), (3.16) da cui otteniamo ξ2 ξ1 = e− Ru2 u1 1 ω du u−u∗. (3.17)

Inne otteniamo la seguente espressione ξ2 ξ1 = u2− u ∗ u1− u∗ −1/ω . (3.18)

Possiamo interpretare il rapporto ξ1

ξ2 come parametro della trasformazione

del gruppo di rinormalizzazione (ξ2 = lξ1, l > 1): in questo modo possiamo

dedurre che

l−ω=u2− u

u1− u∗

,

e quindi sappiamo che gli autovalori della trasformazione del gruppo di rinor-malizzazione indicati con yσ, precedentemente introdotti, sono identicabili con

−ω:

−ω = ±ε,

quindi dalla (3.18) possiamo dedurre l'andamento della ξ rispetto all'accoppia-mento rispetto a un punto sso o all'altro, infatti avremo:

ξ ∼ (u − u∗)1/ε

(ξ → 0, u → u∗) e

ξ ∼ (u − u∗)−1/ε (ξ → ∞, u → u∗).

(27)

Per calcolare l'esponente critico ν ci occorre la Zr che abbiamo già ricavato e denendo γ = 1 Zr ξdZr dξ = − 1 Zr dZr du β(u, ε) otteniamo al primo ordine

γ = (N + 2) 6 u + o(u

2).

Intorno al punto sso 1 Zr dZr du ∼ − 1 ω γ(u∗) u − u∗, da cui ricaviamo Zr(u1) = Zr(u2)  u1− u∗ u2− u∗ γ(u∗ )ω . Grazie alla (3.19) possiamo scrivere

Zr(u2) Zr(u1) = ξ2 ξ1 γ(u∗) . Sapendo che r ∝ ξ−2∝ te che vale la relazione r

B = Zrr, possiamo dedurre

che

t ∼ ξ−2+γ(u∗)

e avendo introdotto precedentemente la relazione tra la temperatura ridotta t e l'esponente critico ν, ovvero ξ = t−ν; ordunque possiamo desumere che

ν = 1

2 − γ(u∗)

e valutare l'esponente critico nel suo punto sso critico: γ  u∗= 6ε N + 8  = N + 2 N + 8  ε, quindi ν = 1 2 + 1 4  N + 2 N + 8 

(28)

Dalla relazione di Fisher, per φ = 0 γ = 2(ν − φ) = 1 + 1 2  N + 2 N + 8  ε. Dalla relazione di Josephson

νd = 2 − α → 1 2+ 1 4  N + 2 N + 8  ε  (4 − ε) = 2 − α, ovvero α = 1 2  4 − N N + 8  . Dalla relazione di Rushbrooke

2β = 2 − α − γ → β = 1 2− 3 2  ε N + 8  . Inne dalla relazione di Widom

δ = γ

β + 1 → 3 + ε.

Notiamo che tali relazioni per ε → 0 restituiscono i valori degli esponenti critici nella teoria di Landau, ovvero quando l'espansione perturbativa si arresta all'ordine 0, trascurando l'espansione in loop.

Abbiamo omesso le dimostrazioni delle relazioni tra esponenti critici appena menzionate, poiché già celebri.

Le approssimazioni nei calcoli precedenti sono state approssimate al pri-mo ordine rispetto alla costante d'accoppiamento; abbiapri-mo altresì trascurato i termini di ε di ordine superiore al primo.

(29)

4 Teoria multicomponente con tre accoppiamenti

4.1 Rinormalizzabilità della teoria con tre accoppiamenti

Adesso paleremo della teoria fra due campi interagenti con interazione quartica, sia H l'hamiltoniana associata ad essa:

Z ddx 1 2(∂µφ1) 2+ (∂ µφ2)2+ r1φ21+ r2φ22+ 1 4!u1(φ 2 1) 2+ u 2(φ22) 2+ 2wφ2 1φ 2 2  (4.1)

Analogamente alla teoria precedentemente vista, le "specie" di diagrammi di Feynman associati ai controtermini che elimineranno le divergenze sono due (1 loop) ovvero quello con un vertice e due gambe esterne e quello con due vertici e quattro gambe esterne, però considerando il fatto di avere due campi con tre accoppiamenti avremo ulteriori combinazioni, aumentando il numero di diagrammi eettivi, che vedremo nei dettagli nel paragrafo successivo.

Adesso in maniera equivalente, scriveremo l'hamiltoniana con le quantità bare, ovvero: Z ddx 1 2(∂µφ1B) 2+ (∂ µφ2B)2+ r1Bφ21B+ r2Bφ22B+ 1 4!u1B(φ 2 1B) 2+ u 2B(φ22B) 2+ 2w Bφ21Bφ 2 2B , (4.2)

deniamo pertanto le seguenti quantità: φiB = Z

1/2

φi φi riB = Zriri uiB = Zuµ

εu

i wB= Zwµεw (i = 1, 2).

Dopo aver denito le quantità sopra menzionate, possiamo allora scrivere l'hamiltoniana rinormalizzata HR: Z ddx1 2Zφ1(∂µφ1) 2+ Z φ2(∂µφ2) 2+ Z φ1Zr1r1φ 2 1+ Zφ2Zr2r2φ 2 2+

(30)

1 4!Z 2 φ1Zu1u1(φ 2 1)2+ Zφ21Zu2u2(φ 2 2)2+ 2Zφ21Z 2 φ2Zwwφ 2 1φ22 . (4.3)

In maniera del tutto simile al caso precedente possiamo scrivere:

Zφi = (1 − cφi) (4.4)

ZφZri = (1 − cφi)(1 − cri) (4.5)

Zφ2Zui= (1 − cφi)

2(1 − c

ui), (4.6)

con l'indice i che assume i valori 1 e 2; oltre a questo set di equazioni abbiamo anche questa, diversamente da quanto detto prima, ovvero

Zw= (1 − cw)(1 − cφ1)(1 − cφ2). (4.7)

Nel prossimo paragrafo ci dedicheremo con attenzione particolare ai diagram-mi della teoria che ci consentiranno di calcolare i controterdiagram-mini, sopraelencati.

4.2 Diagrammatica della teoria con tre accoppiamenti

Come abbiamo anticipato, i diagrammi divergenti a 1 loop di questa teoria sono di due tipi a uno e due vertici; avremo quattro diagrammi a due gambe: due in cui avremo tutte le gambe (quattro campi φ1 o φ2) dello stesso tipo che

conuiscono nel vertice e i restanti due che avranno i vertici con gambe miste (due campi φ1e due φ2).

I diagrammi a un vertice hanno la seguente forma:

(31)

gli integrali associati ai diagrammi con gambe relative a un campo o a al-l'altro hanno, in sostanza, le medesime espressioni degli integrali (3.8) e (3.9) rispettivamente. La dierenza sta nella presenza di u1 od u2. Diversamente

dai primi due, gli altri due con il vertice misto hanno un dierente fattore di simmetria, oltre ad avere a fattore, l'accoppiamento w.

Quindi il fattore scritto nell'equazione (3.10) ha un'espressione diversa, per il fatto che dovremmo contrarre le gambe in un solo modo rispetto al vertice, pertanto avremo

S10 = u

3(δαβδσσ+ δαβδσσ+ δαβδσσ) = N wδαβ. (4.8) Il risultato degli integrali associati a questi ultimi due diagrammi, sarà uguale a quello calcolato per i primi, già menzionati. Adesso occupiamoci di quelli a due vertici, che complessivamente sono cinque, di cui due con gambe dello stesso tipo e i restanti tre sono misti, entrambi correggeranno gli accoppiamenti. Quelli per cui rispetto ai vertici conuiscono quattro gambe di un campo o dell'altro, correggeranno le costanti u1e u2, rispettivamente se stiamo parlando del campo

φ1 o φ2 e hanno la seguente forma: Il fattore di simmetria associato a tali

diagrammi ha la medesima forma del (3.11).

Figura 4: Diagrammi a un loop della funzione a quattro punti

Tra i diagrammi misti, due di questi, cioè quelli con le gambe esterne di un tipo e quelle interne dell'altro e viceversa, contribuiranno al calcolo del controtermine associato alle costanti u1 e u2.

(32)

summenzio-nati, dobbiamo occuparci del fattore di simmetria relativo: S20 =w 3(δαβδσ1σ2+ δαβδσ1σ2+ δαβδσ1σ2) w 3(δγδδσ1σ2+ δγδδσ1σ2+ δγδδσ1σ1) = N w2δαβδγδ, (4.9)

anche in questo caso il valore degli integrali è uguale a quelli precedentemente calcolati (vedi Appendice).

Inne per correggere l'ultimo accoppiamento ci serviremo dei diagrammi misti precedentemente analizzati, ma avranno un fattore di simmetria diverso, perché il controtermine che ne ricaveremo dovrà avere due gambe associate ad un campo e due associate ad un altro, dunque il fattore di simmetria associato avrà la seguente forma:

S200= w 3(δαβδσ1σ2+ δασ1δβσ2+ δασ1δβσ2) w 3(δσ2σ1δγδ) = w2 9 (N + 2)δαβδγδ. (4.10)

Figura 5: Diagrammi a un loop della funzione a quattro punti

Adesso calcoleremo l'altro fattore di simmetria associato all'integrale per calcolare l'ultimo diagramma, sempre in riferimento al termine che corregge l'accoppiamento w, cioè Zw: S2000 = w 3(δασ1δβσ2) w 3(δγσ1δδσ2) = w2 9 δαβδγδ. (4.11)

(33)

Avendo tutti questi elementi a disposizione, possiamo dedurre le espressioni delle costanti (4.4), (4.5), (4.6) e (4.7), dal confronto tra le hamiltoniane, in maniera esattamente analoga alla teoria precedentemente esposta.

4.3 Calcolo della β-function e dei punti ssi

Riassumiamo le espressioni delle costanti, dedotte precedentemente, scrivendole per intero: Zφi= 1 (4.12) Zri= 1 + (N + 2) 48π2ε u + N 48π2εw (4.13) Zui = 1 + (N + 8) 48π2ε ui+ 3N 16π2εw (4.14) Zw= 1 + (N + 2) 48π2 u1+ (N + 2) 48π2 u2+ w 8π2. (4.15)

per ogni costante calcoleremo la beta function associata servendoci della denizione della (2.12) possiamo scrivere le espressioni per le beta, con calcoli analoghi alla: βui = −εui+ (N + 8) 6 u 2 i + 3N 2 w 2 (4.16) βw= −εw + (N + 2) 6 u1w + (N + 2) 6 u2w + 2w 2. (4.17)

L'indice i assume i valori 1 e 2 e abbiamo posto ui→ ui2 e w →

w 8π2.

Avendo le espressioni delle beta, possiamo ordunque occuparci del calcolo dei punti ssi, eguagliando la (3.16) e la (3.17) a 0, come già visto precedentemente:

βui= 0 ⇐⇒ −εui+ (N + 8) 6 u 2 i + 9N w 2= 0 βw= 0 ⇐⇒ −εw + 1 3(u1+ u2)w + N 6 (u1+ u2)w + 2w 2= 0,

(34)

da questo sistema di equazioni derivano le soluzioni, rappresentate dalle varie terne del tipo (u1, u2, w)che lo soddisfano

           w = 0 ⇒ u1= u2= 0 ∧ u1=(N +8)6ε = u2 u1= u2= 0 ⇒ w = 0 ∧ w = ε2 u1= u2= u±i ⇒ w = κ ∧ u1= u±1 6= u ∓ 2 = u2⇒ w = κ 0 , tutte le possibili terne sono le seguenti:

P1= (0, 0, 0) P2=  0, 0,ε 2  P3=  6ε N + 8, 6ε N + 8, 0  P4= (u+1, u + 2, κ) P5= (u+1, u − 2, κ 0 ) P6= (u−1, u + 2, κ 0 ) P7= (u−1, u − 2, κ). Dove κ0= 3ε N +8, κ = 6ε−(N +2) 12 u ± i e u ± i = 3ε±3√ε2−6N (N +8)κ2 (N +8) ∨ 3ε±3√ε2−6N (N +8)κ0 2 (N +8) .

Possiamo scrivere l'espressione generale matrice di stabilità, per poi calcolare gli autovalori associati ad ogni punto sso poc'anzi ricavati.

Questa volta la matrice di stabilità è esattamente una matrice, in questo caso quadrata di ordine 3; invochiamo la sua denizione, esprimendola in termini generali

Mij =

∂βi(g1, g2, g3)

∂gj

,

dove g1, g2e g3sono rispettivamente u1, u2e w, pertanto avremo la seguente

(35)

M =      −ε +(N +8)3 u1 0 3w 0 −ε +(N +8)3 u2 3w (N +2) 6 w (N +2) 6 w −ε + (N +2) 6 (u1+ u2) + 4w      .

Adesso per ricavare il polinomio caratteristico donde ricaveremo gli autovalori associati a ogni punto sso recentemente ricavato, dobbiamo calcolare il deter-minante di ogni matrice, derivante dalla sottrazione della matrice di stabilità e di una matrice diagonale sulla cui diagonale principale vi sono i rispettivi autovalori, in simboli:

A = M − λI, allora possiamo scrivere:

1) −ε − λ 0 0 0 −ε − λ 0 0 0 −ε − λ = 0 ⇔ (ε + λ)3= 0 ⇒ λ1= λ2= λ3= −ε . 2) −ε − λ 0 bε 0 −ε − λ bε aε aε ε − λ = 0 ⇔ (ε + λ)[λ2− ε2(1 + 2ab)] = 0 ⇒ λ1= −ε , λ2±= ±ε √ 1 + 2ab . 3)

(36)

ε − λ 0 0 0 ε − λ 0 0 0 ε(2c − 1) − λ = 0 ⇔ (ε − λ)2[ε(2c − 1) − λ] = 0 ⇒ λ1= λ2= ε, λ3= ε(2c − 1) .

4)Considerando che u±1 = u±2, possiamo scrivere: −ε + βu+1 − λ 0 2bκ 0 −ε + βu+1 − λ 2bκ

2aκ 2aκ 4au+1 + 4κ − λ

= 0 ⇔ (−ε + βu+1 − λ)2(4au+ 1 + 4κ − λ) − 8abκ 2(−ε + βu+ 1 − λ) = 0 (r − λ)2(s − λ) − h(r − λ) = 0 ⇒ λ = r 5) −ε + βu+1 − λ 0 2bκ0 0 −ε + βu−2 − λ 2bκ 0

2aκ0 2aκ0 −ε + 2a(u+

1 + u − 2) + 4κ 0 − λ = 0 ⇔ (z1− λ)(z2− λ)(h0− λ) − 4abκ2[(z1+ z2) − 2λ] = 0 ⇒ λ = z1+ z2 2 .

(37)

6) −ε + βu−1 − λ 0 2bκ0 0 −ε + βu+2 − λ 2bκ0

2aκ0 2aκ0 −ε + 2a(u+1 + u−2) + 4κ0− λ = 0 ⇔ (z10 − λ)(z20 − λ)(h00− λ) − 4abκ2[(z0 1+ z 0 2) − 2λ] = 0 ⇒ λ = z01+ z02 2 . 7) −ε + βu−1 − λ 0 2bκ 0 −ε + βu−1 − λ 2bκ

2aκ 2aκ 4au−1 + 4κ − λ

= 0 ⇔

(−ε + βu−1 − λ)2(4au−1 + 4κ − λ) − 8abκ2(−ε + βu−1 − λ) = 0

(r0− λ)2(s0− λ) − h(r0− λ) = 0 ⇒ λ = r0 .

.

Dove abbiamo posto a = N +2 12 , b = 3 2, c = N +2 N +8 e β = N +8 3 .

(38)

5 Stabilità e rilevanza degli autovalori

5.1 Considerazioni

Come dicevamo precedente lo studio degli autovalori e in particolare dei lo-ro segni è importante perché ci permette di capire come si comportano alcu-ne grandezze, come la suscettività, ovvero il loro andamento al variare di una temperatura critica.

Ovviamente le grandezze varieranno da un fenomeno all'altro che desideria-mo e intendiadesideria-mo descrivere. Quindi gli autovalori della matrice di stabilità sono riconducibili agli esponenti critici di queste grandezze.

Come dicevamo nel paragrafo precedente in base al segno degli autovalori possiamo analizzare la stabilità o meno dei punti ssi: precisamente i punti ssi 5) e 6) sono stabili perché sono tutti positivi, il punto 3) lo è per N > 4, diversamente dai punti 1), 2), 4) e 7) che sono instabili, poiché vi è almeno uno tra gli autovalori aventi valore negativo.

Il punto 3) è instabile per N < 4.

Un'altra informazione che possiamo dedurre dal segno degli autovalori è l'irrilevanza o la rilevanza degli operatori associati ai punti ssi della nostra teoria di campo, che non sono altro che gli accoppiamenti che compaiono nella nostra teoria: In particolare in riferimento ai punti 1), 4) e 7) possiamo desumere che sono tutti irrilevanti, mentre sono tutti rilevanti rispetto ai punti 5) e 6), rispetto al punto 2) sono due irrilevanti e uno rilevante.

Per il punto 3) abbiamo due situazioni diverse: irrilevanti per N < 4 e rilevanti per N > 4.

Per rievocare nuovamente il confronto rispetto alla teoria con unico accop-piamento abbiamo trovato gli autovalori −ε e ε dai quali possiamo evincere che, rispetto ai punti associati della teoria, abbiamo un operatore irrilevante e l'altro rilevante.

In termini di stabilità e instabilità, osservando i segni come poc'anzi, il primo punto sso è instabile e il secondo è stabile.

(39)

5.2 Calcolo degli esponenti critici e punti multicritici

In analogia con quello visto precedentemente calcoliamo gli esponenti critici per la nostra teoria in esame, in particolare lo faremo rispetto ai punti stabili, che nel nostro caso sono P5e P6.

Calcoleremo solamente γ e ν, giacché tutti gli altri esponenti critici sono dipendenti rispetto ai primi due, tramite le relazioni che abbiamo già introdotto. Abbiamo già denito la γ, adesso in analogia con quanto detto possiamo denire γui= − 1 Zr dZr dui β(ui, ε) e γw= − 1 Zr dZr dwβ(w, ε).

Adesso possiamo ricavare l'espressione completa della γ per questa teoria: γ = γui+ γw.

Facendo i calcoli e sviluppando no al primo ordine rispetto alle costanti di accoppiamento, ricaviamo γ = (N + 2)(u1+ u2) 6 + N w 6 . Calcoliamo γ[(u+ 1, u − 2, κ 0

)]e γ[(u−1, u+2, κ0)], che sono rispettivamente uguali a

2 N + 1 N + 8

 ε

da cui possiamo ricavare l'espressione per ν, dalla denizione data nella teoria precedentemente descritta:

ν5,6 = 1 2 +  N + 1 N + 8  ε Dalla relazione di Fisher, per φi= 0, γ5,6 è:

1 + 2 N + 1 N + 8

 ε.

(40)

Anche il punto P3per N > 4 è stabile, calcoliamo anche per esso gli esponenti critici, sopramenzionati. Iniziamo calcolando γ  N + 8, 6ε N + 8, 0  , otteniamo 2 N + 2 N + 8  ε,

da cui possiamo ricavare l'espressione per il primo esponente, dunque: ν3= 1 2 +  N + 2 N + 8  ε.

Procedendo analogamente al caso precedente, deduciamo che: γ3= 1 + 2

 N + 2 N + 8

 ε.

Diversamente dalla teoria con un accoppiamento e un campo, caratterizzata dalla presenza di punti critici, di cui abbiamo copiosamente parlato, in questa teoria sarebbe più opportuno parlare di punti multicritici, così chiamati per il fatto che se rappresentiamo nel diagramma di fase l'andamento delle costanti di accoppiamento della teoria al variare della temperatura, otteniamo più curve che si diramano dal punto critico: più specicamente un punto multicritico è un punto che si osserva all'intersezione di due linee critiche, caratterizzate da dierenti parametri d'ordine.

Nel nostro caso abbiamo due tipi di punti, se la transizione rispetto ai me-desimi risulta continua: bicritici e tetracritici. I primi sono caratterizzati dalla presenza di una sola linea nella fase precritica, che rappresenta la transizione al primo ordine e che si dipana in due rami rispetto al punto critico nella fase postcritica. I secondi sono caratterizzati da una fase mista a bassa tempera-tura, precedente al raggiungimento della temperatura critica, dove coesistono entrambi i parametri d'ordine, cioè dove convivono due linee critiche, per poi diramarsi in altre due linee critiche nella fase postcritica.

Per poter indagare sulla natura del punto multicritico possiamo farlo attra-verso lo studio del segno della quantità ∆ = u1u2− w2:

(41)

se ∆ > 0 è tetracritico, se ∆ < 0 allora è bicritico.

Secondo la denizione appena introdotta, possiamo valutare ∆ nei punti stabili: 1) ∆(P5) = u+1u − 2 − κ 0 < 0 (punto bicritico), 2) ∆(P6) = u−1u + 2 − κ 0 < 0 (punto bicritico), 3) ∆(P3) =  6ε N +8 2 > 0 (punto tetracritico).

Come nel caso della teoria φ4con un unico accoppiamento siamo di fronte a

delle transizioni di fase del secondo ordine, ovvero continue, poiché le derivate prime risultano continue al punto critico.

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6 Conclusioni

L'approfondimento della teoria sopra descritta ci ha permesso di indagare meglio sul comportamento critico della stessa e stabilire quali fossero gli operatori e dunque gli accoppiamenti rilevanti della teoria, confrontandola con quella ad un unico accoppiamento.

Inoltre abbiamo scoperto che la teoria ammette tre punti multicritici stabili per N > 4 e diversamente, cioè per N < 4, solo due: in particolare nel primo caso abbiamo due punti bicritici e uno tetracritico, mentre non ammette il punto tetracritico nel secondo.

Questo ci permette di concludere dicendo che, dato un certo fenomeno sico descritto dalla teoria di campo in esame, vi è un valore cruciale di N ovvero 4, sotto il quale alcune fasi sono assenti, che è equivalente ad aermare che non si verichi l'occorrenza di precise transizione di fase del sistema, diversamente queste transizioni sono presenti proprio per la presenza di un punto tetracritico. Il nostro studio si è limitato allo studio ad 1-loop, ma naturalmente questo non esula dall'interesse di poterla analizzare rispetto a degli sviluppi successivi, di cui il seguente lavoro ne costituisce solo un trampolino di lancio e una base sulla quale poter prendere spunto.

(43)

7 Appendice

In questa sezione riporto le formule che sono servite per la risoluzione degli integrali riportati: Parametrizzazione di Feynman: 1 AB = Z 1 0 dx 1 [Ax + B(1 − x)]2 Integrale ricorrente : Z ddx (2π)d (p2)β (p2+ r)α = Γ(β +d 2)Γ(α − β − d 2) (4π)d2Γ(α)Γ(d 2) rd2−α+β

Un altro integrale ricorrente (per esempio dopo aver posto la massa (r) a zero): Z ddx (2π)d 1 (p2)α 1 [(k − p)2]β = Γ(α + β −d2)Γ(d2− α)Γ(d 2− β) (4π)d2Γ(α)Γ(β)Γ(d − α − β) (k2)d2−α−β

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8 Bibliograa

[1]N. Boccara, Sim'etries Bris'ees, Hermann

[2]N. Goldenfeld, Lectures on Phase Transitions and the Renormalization Group, Addison-Wesley.

[3]N. Goldenfeld,Lectures on Phase Transitions and the Renormalization Group, Addison-Wesley.

[4]M. Le Bellac, Quantum and Statistical Field Theory, Oxford Science Publ. [5]L. P. Kadano Physics 2, 263, 1966.

[6]R. Casalbuoni, Appunti per il corso di dottorato: Parte II - Fenomeni critici (A.A. 1994/95).

[7]H. Kleinert, V. Shulte Frohlinde, Critical Properties of φ4 Theories

[8]P.Calabrese, A. Pellissetto, E.Vicari, Multicritical phenomena in

O(n1) ⊕ O(n2)-symmetric theories", Physical Review B 67, 054505 , (2003).

[9]P.Calabrese, A. Pellissetto, E.Vicari, Multicritical phenomena in O(n1) ⊕ O(n2)-symmetric theories, Physical Review B 67, 054505 , (2003).

[10]P.Calabrese, A. Pellissetto, E.Vicari, Multicritical phenomena in O(n1) ⊕ O(n2)-symmetric theories, Physical Review B 67, 054505 , (2003).

[11]P.Calabrese, A. Pellissetto, E.Vicari, Multicritical phenomena in O(n1) ⊕ O(n2)-symmetric theories, Physical Review B 67, 054505 , (2003).

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Ringraziamenti

Desidero ringraziare delle persone che nella mia vita e quindi anche in questo lavoro mi hanno supportato più o meno direttamente.

In primis ringrazio il mio relatore Ettore, nonché mio professore di Fisica Teorica 2 e Relatività Generale durante il corso di laurea magistrale arontato, che con la sua disponibilità, bontà, comprensione e ducia accordatami, mi ha consentito di lavorare con serenità e armonia.

Voglio ringraziare i miei genitori Adriana e Armando, che mi hanno dona-to l'esistenza, per il loro aetdona-to e la loro presenza, perché mi hanno sempre supportato e mi hanno permesso di raggiungere i miei obiettivi e i miei so-gni,lasciandomi sempre scegliere liberamente, nonostante le loro severe dicoltà negli anni e rendendomi sempre ero di essere loro glio.

Grazie a mia sorella Chiara che mi ha sempre stimato ed elogiato per l'impe-gno che ho sempre cercato di profondere e per la dedizione in quello che faccio e le dico grazie altresì, perché con la sua forza e collaborazione mi ha permesso di vivere questi momenti senza troppi oneri.

Ringrazio le mie prozie Anna e Caterina per il loro grandissimo aetto e per il loro supporto morale ed economico: mi hanno consentito con grande generosità di raggiungere questo livello e sono state per me un forte esempio di serietà e correttezza in tutto quello che hanno fatto e continuano a fare.

Ringrazio mia nonna Angela che col suo aetto e il suo interesse ha dedicato anche per me parte della sua vita, ispirandomi sulla tenacia a fare quello che si pensa.

Voglio ringraziare mia zia Rosa Maria per quel rapporto che mi lega: mi ha sempre mostrato la sua sensibilità sempre e soprattutto quando ne ho avuto bisogno, così come mia cugina Laura, altrettanto vicina.

Voglio ringraziare delle persone che sono dei fratelli per me: Marco, mio cugino Ettore, Vito, Daniele, Valerio ed Enrico.

Ognuno di loro in maniera diversa, con un rapporto diverso, mi è sempre stato vicino e il loro confronto mi ha permesso di migliorare: il mio aetto nei

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loro confronti è immenso quanto il loro verso di me, in qualsiasi momento e so che ci saranno sempre per me, quanto io per loro.

Ringrazio tutti i miei colleghi, in particolare Chiara, Stefano e inne ad Andrea il cui aetto e la sua disponibilità mi hanno permesso di conseguire questo traguardo, fornendomi un aiuto e sostegno incommensurabile in questo mio percorso.

Ciascuno di loro, in maniera dierente, mi ha sempre supportato per quanto possibile e mi ha fatto sentire sempre in compagnia, in un ambiente gioioso, condividendo momenti spensierati e non.

Inne dedico questo elaborato a mio nonno Santino, che so che sarebbe stato felice del mio percorso e della persona che sono.

Questa è l'unica cosa che posso fare per lui, sebbene non l'abbia conosciuto, se non indirettamente, per la sua prematura dipartita.

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