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Il ruolo delle recensioni nell'ambito dei servizi di consumo collaborativo. Evidenze empiriche da Couchsurfing ad Airbnb

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in

MARKETING E RICERCHE DI MERCATO

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

Il ruolo delle recensioni nell’ambito dei servizi di consumo collaborativo. Evidenze empiriche da Couchsurfing ad Airbnb

Relatore Candidato

Chiar.mo Prof. Daniele Dalli Alessio Laudadio

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Indice

Ringraziamenti………...5

Introduzione………...9

Capitolo 1 ………....11

LA SHARING ECONOMY E IL CONSUMO COLLABORATIVO………...11

1.1 Una visione d’insieme: La Sharing Economy e il consumo collaborativo.12 1.2 Cambiamento di paradigma: condivisione, relazione, fiducia……….17

1.3 Il ruolo di internet e dei social media………19

1.4 Piattaforme sharing economy: i servizi collaborativi digitali………..22

1.5 Canali di vendita tradizionali vs canali di vendita collaborativi nell’ambito dell’housing/accommodation………23

1.6 a Impatto di Airbnb nella Home Sharing……….25

1.6 b Impatto di Airbnb in Italia………...27

1.7 Scenario Internazionale strutture tradizionali vs piattaforme SE ……….33

1.7 a Scenario Nazionale……….36

CAPITOLO 2………..40

FIDUCIA E RECENSIONI………...40

2.1 La fiducia implica collaborazione………...41

2.2 Introduzione alla ricerca………..47

CAPITOLO 3………..50

EVIDENZE EMPIRICHE DA AIRBNB A COUCHSURFING………50

3.1 Metodologia………51 3.2 Couchsurfing……….53 3.3 Airbnb……….60 3.4 Alberghi………..67 CAPITOLO 4………...72 RISULTATI E CONCLUSIONI……….72

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4.1 Risultati e conclusioni………...73 APPENDICE………...77 TRASCRIZIONI AIRBNB 1,2,3,4………77 TRASCRIZIONI COUCHSURFING 1,2,3,4……….93 TRASCRIZIONI ALBERGHI 1,2,3,4………..112 BIBLIOGRAFIA………...127 SITOGRAFIA………128

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Ringraziamenti

Come ogni cosa che ha un inizio ne consegue una fine, così posso dire lo stesso del mio percorso universitario, grazie a questo lavoro di tesi. I ringraziamenti possono essere infiniti e rischierei di scrivere un’altra tesi per nominare tutte le persone e gli eventi che hanno coronato questo mio traguardo. Ringrazio i miei genitori in assoluto, per avermi dato la possibilità e la fortuna di poter studiare ed arrivare a questo importante traguardo passando dal loro costante appoggio sia come genitori e sia come “finti studenti” capaci di dire sempre la parola giusta al momento giusto e di essere sempre dei motivatori eccezionali. Ringrazio mio fratello Rodolphe, il quale mi ha supportato da tutti i punti di vista cercando di farmi sorridere sempre nonostante i periodi non sempre piacevoli e di farmi da mental coach per esami e traguardi da non mollare mai. A nonna Laura che ha sempre cercato in qualsiasi modo di potermi dare una mano in tutto. Ringrazio la mia splendida famiglia di Roma, sempre viva nei miei ricordi e nella mia mente, con la quale non è facile incontrarsi spesso ma a cui devo tantissimo. Ai miei “fratelli adottivi” Antonio, Elvio, Ezio, Leo, Marino, Mattia, Peppino, compagni di mille avventure/disavventure e che mi hanno ospitato come “clandestino” nel loro studio per scrivere questa tesi per più di un mese. Ringrazio “altri” miei fratelli adottivi come Michele e Lorenzo e quell’altro bell’imbusto di Adriano che mi hanno sopportato (più che supportato) per tutta l’esperienza Pisana e non solo. E come non ringraziare chi nonostante le distanze e il poco tempo per vedersi, ha sempre avuto una bella parola da dire e un gesto dolce da dare, Remo e Paola. Ringrazio le risate e le imprecazioni legate al mondo dei lavori di gruppo e di tutto il percorso universitario pisano di persone bellissime quali: Isidoro, Michele, Sara, Serena, Silvia. Mi sento di dire grazie a Lorenzo “il presidente”, conosciuto nella mia intensa parentesi pisana, una persona meravigliosa che mi ha accompagnato in tante esperienze di vita e di studio, un grande amico; le amiche di via Liguria, Lucia e Michela, il duo made in sud più dolce e frenetico conosciuto qui a Pisa, che tra Calabria e Sardegna si sono fatte voler bene subito come sorelle, capaci di darti tutto e di non mancare mai, conosciute nell’ultimo

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periodo ma che nonostante il breve tempo trascorso si sono prese un grande spazio nella mia mente e nel mio cuore.

Ringrazio quel trio maledetto di amici storici “Gianmarco, Ramtin, Mate” che vivono in parti diverse del mondo e della nazione che non hanno bisogno di troppe descrizioni perché “unici”. Ringrazio quel grande amico di “FRA” che ha sempre dato spazio alla mia persona in tante occasioni tra un “to ste bun” e un “combo?” passavano ore di risate e discorsoni. Ringrazio chi mi ha dato moltissimo a livello sentimentale che mi ha reso felice per tanti anni e continua in altri modi a darmi un affetto diverso, un riferimento costante che ha saputo rialzarmi nei momenti difficili e darmi il coraggio necessario per andare sempre avanti in ogni occasione, Marycla. Ringrazio i valori che la vita ha saputo presentarmi in questi anni: il sacrificio, la dedizione e la soddisfazione del tempo speso. Non smetterò mai di ringraziare tatà Claire, colei che è stata una seconda madre, una donna unica, fortissima, capace di insegnarmi tanto nel bene e nel male, di dare il giusto peso alle cose e di vivere sempre con quella giusta dose di follia e positività; colei che avrebbe voluto darmi il suo sostegno durante la discussione per poter gioire di questo risultato e dirmi “ je suis fier de toi”.

Ringrazio i momenti di festa e quelli di dolore, ringrazio le risate a crepapelle e i momenti di serietà, le pazzie e le responsabilità. Ringrazio tutto quello che questi due anni e mezzo sono riusciti a darmi, tutte le persone che hanno reso questo tempo indimenticabile. Non avrò nominato davvero tante persone, ma ripeto, non basterebbe un’altra tesi per ringraziarvi tutti. Ringrazio tutti coloro che tra staffette tra Conversano e Pisa mi hanno voluto bene, me ne vogliono e forse me ne vorranno ancora. Grazie

Ringrazio il professor Dalli per avermi dato la possibilità di approfondire un argomento a me sconosciuto e lo ringrazio per tutte le sue preziose lezioni che mi hanno fatto apprezzare sempre più questo percorso di studi.

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Introduzione

La seguente tesi si prefigge l’obiettivo di indagare il ruolo delle recensioni nel consumo collaborativo e di presentare quelle che sono alcune realtà appartenenti al mondo della Sharing Economy che dimostrano di essere “rivoluzionarie” in un mercato in crisi sotto molti aspetti.

La Sharing Economy, ovvero, “economia della condivisione”, come sistema di un mercato che lega le persone in nuove forme di scambio e di sostenibilità per via dell’impiego di risorse sotto-utilizzate, la quale richiede una forte componente di “fiducia” che si rivela fondamentale per tutti i tipi di transazioni, specialmente quelle virtuali grazie a strumenti quali le recensioni.

Nel primo capitolo emerge una panoramica di quello che rappresenta il settore della Sharing Economy in generale sia a livello internazionale sia nazionale e quindi delle tematiche che affronta e dei servizi che offre, in particolare per quanto concerne i servizi di ospitalità. Le principali piattaforme di Sharing Economy e di consumo collaborativo oggetto di studio sono “Airbnb” e “Couchsurfing”, messe a paragone rispetto al settore tradizionale per eccellenza quale quello alberghiero.

Nel secondo capitolo attraverso la letteratura verranno presentate le dinamiche e i risvolti circa l’aspetto psicologico e attitudinale degli utenti e dei consumatori di fronte alla lettura o alla scrittura di commenti o recensioni rappresentanti lo strumento più diretto, comprensibile ma anche controverso del mondo virtuale. Lo studio si estende nei successivi capitoli a una ricerca basata su un numero d’interviste effettuate che permettono una comprensione interpretativa delle reazioni degli utenti a determinati tipi di eventi critici che hanno in maniera positiva o negativa influito sull’esperienza di soggiorno vissuta. Queste reazioni saranno poi spiegate attraverso l’utilizzo di alcune teorie che verranno applicate

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ai risultati desunti dalle interviste per presentare il ruolo delle recensioni nel consumo collaborativo.

L’obiettivo finale dello studio sarà quello di interpretare il perché i consumatori rilasciano o meno recensioni a seguito di eventi critici e discutere le implicazioni alla luce dell’evidente “paradosso” rinvenibile in letteratura ovvero che le recensioni negative sarebbero le più importanti per le decisioni dei consumatori, ma al tempo stesso sono quelle che gli utenti rilasciano meno volentieri.

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CAPITOLO 1 LA SHARING ECONOMY E IL CONSUMO COLLABORATIVO

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1.1Una visione d’insieme: la Sharing Economy e il consumo collaborativo

Come sostenne Ezio Manzini, uno dei più grandi studiosi di social innovation al mondo: “ il carattere cinese che esprime la parola crisi è composto da due parti: “Wéi” (pericolo) e Jǐ (opportunità).”

“l’opportunità che abbiamo davanti è quella di usare la crisi per promuovere una nuova economia”.

Oggi giorno inteso come un aut aut, poiché il pianeta non riesce più a sostenere 7 miliardi di persone che presto diventeranno 10. “Possiamo vedere queste persone come il più grande dei problemi, perché siamo un piccolo pianeta” oppure come una risorsa, come intelligenze che operano e adottano comportamenti e strategie per convivere con essa e forse anche superarla (Ezio Manzini, “Design for Social Innovation and Sustainability”). L’effetto della crisi e della paura si manifesta nella riduzione dei consumi, non più intesi come il patrimonio economico che possediamo ad personam, quanto un’inversione di rotta nella logica del consumo, un’alienazione dal consumo compulsivo e sfrenato. Oggi si parla ancora del significato economico del consumo, quando in realtà a contare è sempre più la sua dimensione antropologica (M. Mainieri, 2013, p.13). È stato nel 2011 che il consumo condiviso riceve il nome di sharing economy e non a caso la rivista americana "The Times", in un articolo del Marzo 2011 (Barberis, Chiatti,2016, p.8) l'ha definita come una delle dieci idee che cambieranno il mondo sancendo in tale modo l'entrata in scena ufficiale del fenomeno e il suo peso nell'ambito socio-economico.

La Sharing Economy può avere una molteplice serie di definizioni che però non renderebbero precisamente un fenomeno di una così grande portata che ha effetti che si ripercuotono in molteplici ambiti, April Rinne in “Rethinking cities as sharing platforms” ha dato una semplice e chiara definizione del fenomeno: “The sharing economy is based on “access over ownership” and asset utili-zation. At a basic level, sharing (rather than owning) is more economically efficient, more environmentally sustainable, and more social. We’re discovering

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new ways to earn income, save money, use fewer natural resources, and build relationships (Barberis, Chiatti, 2016, p.7)”. Basata quindi sull’“accesso” (access) piuttosto che sul “possesso” (ownership) e sull’utilizzo di beni, fornendo una serie di vantaggi: economicamente efficiente, sostenibile ambientalmente e sociale. L’obiettivo di questo fenomeno della condivisione mira alla scoperta di nuovi modi di fare mercato, risparmiando denaro, utilizzando meno risorse naturali e creando relazioni. La crisi economica, sociale e ambientale, insieme alle tecnologie digitali, hanno dato slancio a queste iniziative rendendole una necessità ormai inevitabile e creando una serie di servizi che hanno amplificato a dismisura le possibilità di condividere e scambiare (M. Mainieri, 2013, p.41) . C’è chi fa rientrare questi servizi all’interno di un movimento chiamato consumo collaborativo, e chi dentro a un concetto più ampio che è quello dell’economia della condivisione (M. Mainieri, 2016, p.3-4); comunque si vogliano chiamare sono servizi che, mettendo direttamente in contatto le Persone (peer-to-peer) eliminano l’intermediazione delle strutture commerciali, finanziare, istituzionali tradizionali e propongono nuovi modelli di consumo commerciali e un nuovo modo di gestire il proprio tempo e il proprio lavoro. Come sostiene Rachel Botsman in una sua testimonianza al TED Global : “Stiamo entrando in una nuova era dove ciò che è mio è tuo” dove ciò che si possiede si mette in condivisione o si scambia con gli altri in cambio di denaro o altri beni e dove la fiducia ha un ruolo fondamentale, abituarsi alla fiducia nello sconosciuto ci permette di vivere i servizi in maniera completamente diversa (rachelbotsman.com). “Il ruolo della proprietà sta cambiando radicalmente con effetti straordinari sulla società” (Jeremy Rifkin “L’era dell’accesso”, 2000). La lungimiranza di Rifkin ha avuto gli effetti previsti, poiché in questa nuova economia il fornitore mantiene la proprietà a fronte del pagamento di una tariffa, di un abbonamento, di una tassa d’iscrizione (M. Mainieri, 2013, p.4). Lo scambio di proprietà tra compratori e venditori cede quindi il passo a un accesso temporaneo che viene negoziato fra il client e il server operanti in una relazione di rete. Possiamo quindi sostenere che questa realtà di condivisione, questa “sharing economy”, non è un fenomeno di nicchia ma una realtà di grandi,

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grandissime dimensioni che tende a espandersi nel tempo. Previsioni di mercato ci dimostrano come, nel tempo, dal 2013 fino al 2025, questa “way of living” tenderà a crescere in maniera consistente e come ci sarà una forte riduzione del gap tra il settore tradizionale e il settore emergente.

Figura 1. Fonte: http://pwc.blogs.com/files/sharing-economy-final_0814

Vediamo come alcuni settori in’un ipotetica “curva-S” (curva della sharing economy) rappresentino il ciclo di vita della sharing economy e dei settori tradizionali:

- Nicchia: Peer-to-peer prestiti e crowdfunding

- Crescita: Peer-to-peer accomodation (Airbnb, Couchsurfing), Car Sharing (blablacar, enjoy, autolib)

- Maturità (Normalised compreso): noleggio auto, strumenti da lavoro, libri - Declino o rilancio: noleggio dvd

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Figura1.1: Prospettive di crescita 2013-2025 della Sharing Economy.

Fonte:http://www.pwc.co.uk/issues/megatrends/collisions/sharingeconomy/the-sharing-economy-sizingthe-revenue-opportunity.html

Secondo una stima effettuata dalla Pwc, la Sharing Economy che utilizza modelli di “peer to peer”, cresce e influenza il mercato. Anche se questa nuova minaccia per il mercato dei settori tradizionali possa far credere di essere così pericolosa da farli scomparire- previsione che difficilmente sarà fondata- possiamo appurare che la loro crescita sia lentissima se non quasi spenta. Per rendere l’idea con un esempio, mentre il mercato di noleggio auto tradizionale si stima possa crescere con un CAGR del 2% entro il 2025, il mercato del car sharing crescerà nello stesso tempo 11 volte più velocemente (The Rise of the Sharing Economy, Pwc, 2014, p.109).

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Figura 1.2, Fonte: The rise of the Sharing Economy, Pwc, 2014

Inoltre, la peer to peer accommodation (settore alloggi), car sharing e servizi taxi sono stati i settori con la crescita più rapida. Nel 2016, è previsto che Airbnb oltrepassi il numero di camere prenotate (a notte) rispetto alla più grande catena alberghiera e conta già un 10% in più a Londra. Lo stesso si può dire dei

conducenti di Uber che nel Marzo 2015, fornivano il doppio del numero di passaggi al giorno rispetto a tutti i taxi presenti a New York (The Rise of the Sharing Economy, Pwc, 2014, p.110).

Figura 1.3, Fonte: “Airbnb will soon be booking more rooms than the largest hotel chains”, Quartz, 2015; Airbnb/ the rising of the Sharing Economy, Pwc, 2014

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Figura 1.4, Fonte:“Strategic Insights of the Global Carsharing Market”, Frost & Sullivan, 2014; 2014 New York City Taxicab Fact Book; Uber, The rise of sharing economy, Pwc, 2014

La sharing economy è innanzitutto un profondo cambio di paradigma nelle modalità di godimento dei beni e servizi : si passa dall’idea di avere la proprietà di un bene a quella di poter usare quel bene. Questo cambiamento di paradigma si basa su tre tipi di fattori: Condivisione, relazione, fiducia (Barberis, Chiatti, 2016, p.12).

1.2 Cambiamento di paradigma: condivisione, relazione, fiducia

Condivisione, relazione e fiducia, sono tutti elementi ugualmente essenziali per il funzionamento del sistema. È necessario relazionarsi con altri membri della comunità per condividere un bene o servizio, e al centro dello scambio sta la fiducia nell’altro (Barberis, Chiatti, 2016, p.11). L’individualismo permane, anzi, la ricerca della propria personalità forse si è ancora più accentuata, anche grazie alle tecnologie, veri e propri strumenti portatili della manifestazione del sé (cellulare, ipad, ipod) ma contemporaneamente, le persone oggi sembrano orientate verso una progressiva ricostruzione di un tessuto connettivo di relazioni (M.Mainieri, 2013, p.20). Nuove forme di aggregazione nascono un po’

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ovunque, sotto forma di piccoli gruppi di persone unite dal desiderio di condividere interessi ed emozioni. Questo rinnovato bisogno di socialità è la base del successo dei social media, e quindi come origine di una ricostruzione di un tessuto connettivo basato su un diverso approccio ai consumi. Marta Mainieri, nel suo libro “Collaboriamo!”, cita una frase scritta di “Boaretto A., Noci G., Pini F.M., Marketing Reloaded, Il Sole 24 Ore Edizioni, Milano, 2007” nella quale viene espresso il seguente ragionamento: “L’omologazione dei prodotti così indifferenziati porta i consumatori a ricercare nuove esperienze e situazioni di consumo che permettono e facilitano l’interazione sociale, la co-presenza effettiva, l’incontro” (M. Mainieri, 2013, p. 20-21). La sharing economy è resa possibile dallo sviluppo del digitale, dai social media e da tutti quegli strumenti digitali capaci di poter connettere le persone. Un altro elemento, tipico delle prime forme di sharing economy, è il rapporto peer-to-peer, e cioè il rapporto tra pari, tra membri della comunità che sono spesso ed al contempo produttori e consumatori di beni e servizi. Nella sharing economy il cittadino, normalmente consumatore, offre, infatti, agli altri membri della comunità i propri beni non pienamente utilizzati, diventando a sua volta un produttore (o prosumer, come si indicano questi nuovi soggetti economici).

Figura 1 Figura 2

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Nell’economia tradizionale, il valore è creato dal prodotto o servizio anzichè da un network. Il modello di business non varia in caso i lavoratori e i consumatori siano isolati, e il valore è ottenuto indipendentemente dall’interazione tra i due (Figura 1).

Nella sharing economy, il valore è creato dalle “persone” che possono essere utenti - consumatori e lavoratori – i quali si prodigano nella condivisione di beni inutilizzati. Il modello di business prospera sulla connessione tra consumatori e lavoratori e il valore è ottenuto dalla loro interazione (Figura 2). (Barberis, Chiatti, 2016, p.12)

Per questi motivi taluni escludono dai confini della sharing economy tutta l’economia business to consumer, cioè quella in cui c’è un rapporto tra un fornitore professionale e un consumatore, e dove evidentemente il carattere della relazione e della fiducia trova nuove, e più ridotte, espressioni. L’economia collaborativa è tipicamente organizzata in un sistema consumer to consumer, ovvero tra pari. E’ però innegabile che gli ultimi anni di concreta vita del fenomeno abbiano conosciuto delle eccezioni, in cui il fornitore del bene o servizio non è più un consumatore, ma un soggetto professionale, basti pensare alle numerose iniziative di car sharing che vediamo nelle nostre città. Queste esperienze, pur meno ricche in termini di valori di relazione e condivisione, sono ormai un elemento importante dell’economia collaborativa e spesso hanno un rilevante interesse per la collettività. (Barberis, Chiatti, 2016, p.12)

1.3 Il ruolo di internet e dei social media

Il concetto di web 2.0 risale al 2004 (Tim O’Reilly, “What is Web 2.0”, 30 settembre 2005) dove Tim O’Reilly, uno dei pionieri del Web, fa notare che la rete è tutt’altro che crollata sotto il peso della new economy, anzi, è più viva che mai (M. Mainieri, 2013, p.23) con nuove interessanti applicazioni e siti che

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nascono con una sorprendente regolarità, come ad esempio Wikipedia, dove prima l’enciclopedia online era una versione digitale dell’enciclopedia Britannica (una delle più note al mondo) ora invece questa “web enciclopedia” viene direttamente aggiornata e integrata dagli utenti. In questo caso di assiste ad un cambiamento di fronte, dove la conoscenza del linguaggio elettronico Html necessaria per creare un sito ex novo e dare quindi modo di poter interagire con il mondo virtuale, è stato poi successivamente sostituito da una realtà che non necessitasse di una conoscenza approfondita del linguaggio elettronico perché erano disponibili spazi virtuali nei quali poter scrivere, pareri, pensieri, diari, veri e propri scritti personali disponibili ai lettori presenti in rete, i “blog”. Quello che cambia sostanzialmente è che gli utenti non sono semplici utilizzatori, ma diventano loro stessi creatori, ricettori e trasmettitori di contenuti (M. Mainieri, 2013, p.24). Dall’ormai lontano 2003 in soli 2 anni il coinvolgimento di moltissime persone in questo nuovo modo di rapportarsi con il mondo virtuale ha dato un nuovo volto al 2.0, in sostanza, da quando You diventa personaggio dell’anno: Youtube che ad un anno dalla sua nascita vanta oltre 100 milioni di utenti, acquistato successivamente da Google per 1,6 miliardi di dollari; Skype che conta 150 milioni di utenti e che viene acquistato da Ebay per 2,6 miliardi di dollari; Myspace con oltre 61 milioni di utenti più 21 milioni di visitatori unici, acquisito da Murdoch nel 2005 per miliardi di dollari. I numeri cominciano a crescere rapidamente e nel frangente temporale che intercorre tra il 2004 al 2006 si assiste ad una partecipazione massiccia di utenti che “iniziano a collaborare tra loro volontariamente alla costruzione di prodotti di valore” (M.Maineri, 2013, pag.27). Questa collaborazione tende ad accrescere il valore di piattaforme che diventano quindi disponibili a chiunque e che ne permettono non solo l’utilizzo, ma anche l’aggiornamento e l’integrazione, vedi Wikipedia. Presto il mondo digitale 2.0 subirà una di quelle svolte epocali, il social media e il valore che l’utente ricopre all’interno di esso. Dal 2006 al 2008, con l’avvento di Facebook e di Twitter si assiste a un nuovo mutamento che ha conferito un successo immenso a questa nuova dimensione: “L’estrema versatilità e usabilità” delle piattaforme. L’utilizzo di queste piattaforme non richiede alcuna capacità tecnica

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o di scrittura, come poteva avvenire per i siti personali. Ogni social funziona quasi nella stessa maniera: registrazione, accesso alla propria pagina e aggiornamento dei propri dati. La propria rete sociale è formata da persone cui si è chiesta o concessa l’amicizia e con cui si dialoga. Questa espressa facilità di accesso a questo tipo di piattaforme, permette all’utente di poter interagire con tutte le persone che desidera e specialmente distruggendo quelle che possono essere sia le barriere legate alla distanza (dall’America all’Europa, dall’Africa all’Oceania), sia le barriere dovute a figure d’intermediazione. Si assiste alla disintermediazione, in altre parole compiere azioni senza doversi recare in alcuni punti per svolgere delle attività prima necessarie (aprire un conto corrente, chiedere informazioni per un mutuo). Internet è molto più semplice da questo punto di vista e notevolmente più immediato. Inoltre il consumatore è ora come ora un individuo molto più informato rispetto al passato, comportando una conoscenza di qualsiasi ambito molto più importante. Questo iter di conoscenza costituisce l’utente come una persona “cosciente”, “acculturata” (nei limiti) e “informata”. La consuetudine di vivere nell’ignoto di un nuovo mondo, il mondo virtuale, ostentando la propria identità a chiunque (vedi facebook) senza aver timore delle potenziali ripercussioni, quali furti d’identità o continue persecuzioni da soggetti sconosciuti che possono accedere ai nostri profili come vogliono e in qualsiasi momento, oppure la sicurezza nel fornire codici personalissimi, quali pin di carte di credito, conti correnti ecc., hanno contribuito a rendere l’utente medio non a caso cosciente dei rischi vivendoli con “fiducia”. Possiamo dire che il mondo virtuale “ci ha abituati ad avere fiducia degli sconosciuti” (M. Mainieri, 2013, p.58), agendo sempre e comunque in buona fede nei confronti del prossimo e vedremo questo nel successivo capitolo come la dimensione di “fiducia” giochi un ruolo fondamentale in diverse piattaforme (Airbnb, Couchsurfing).

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1.4 Piattaforme sharing economy: i servizi collaborativi digitali

Sicuramente le pratiche di diffusione, di vendita, di scambio e di condivisione, sono sempre esistite: dal baratto ai mercati, dalle fiere ai mercatini delle pulci. Queste realtà sono sempre state presenti e hanno contribuito alla creazione di un’interazione sociale per merito di un servizio condiviso. Oggi noi utilizziamo spesso servizi “condivisi” senza farci troppo caso, utilizzando metropolitane, autobus, treni, taxi, stanze di albergo o di b&b, fino a libri in biblioteca. Perciò a fronte di un utilizzo costante di servizi condivisi, secondo M. Mainieri, la domanda sorge spontanea: cos’è cambiato? Che cosa possono offrire in più, o di diverso, dagli esperimenti d’innovazione sociale o dalle vecchie pratiche di condivisione, di riutilizzo di prodotti usati, invece della vendita diretta?

Le tecnologie digitali hanno ampliato a dismisura le possibilità di condividere, scambiare e vendere direttamente (M. Mainieri, 2013, p.41). La connessione agevole e facilita l’ingresso in una rete globale che permette infinite connessioni in qualsiasi campo e con qualsiasi persona o contatto. Questi contatti potenzialmente infiniti distruggono la realtà della collaborazione locale o territoriale e innescano una nuova realtà globale. L’autrice si sofferma su quelli che sono i nuovi modi di collaborare, evidenziando come vecchie e tradizionali forme di collaborazione quali il “baratto” sia riproposto in nuove forme di scambio, ad es. Swap.com, che mantiene la stessa essenza dell’autentico baratto ma con una facilità di contatto molto più consistente, che permette a chiunque risieda negli Stati Uniti di poter barattare oggetti con qualsiasi persona sparsa nella nazione. E se si dovesse richiedere un prestito, ma non ci si può rivolgere a una banca? Oltre ai parenti o gli amici che possono aiutarci in alcuni casi, esistono servizi di Crowdfunding quali Kickstarter o l’italiana Prestiamoci che permettono di prestare soldi tra persone. E se avessi bisogno di spostarmi per mezzo di un taxi? Ora esiste Relayrides o Getaround che ci permette di chiedere in prestito un’auto a un vicino di casa a un costo molto più vantaggioso rispetto

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agli autonoleggi tradizionali, oppure mettere in contatto un autista che si renda disponibile attraverso il servizio offerto da Uber tramite smartphone. Se è vero che forme di consumo condiviso sono sempre esistite, è altrettanto vero che attraverso i servizi collaborativi digitali condividiamo beni che non abbiamo mai condiviso in precedenza. Per quanto riguarda le abitazioni, ora è possibile dare in affitto stanze o interi appartamenti o case a sconosciuti attraverso Airbnb, oppure offrire un posto letto, semplicemente un divano, gratuitamente a sconosciuti con Couchsurfing. Le tecnologie digitali hanno reso la collaborazione a portata di mano. Se un tempo bisognava conoscere i luoghi in cui trovare i servizi e avere il tempo per raggiungerli, oggi basta aprire il computer o accedere a un’applicazione smartphone e collegarsi a un servizio. (M. Mainieri, 2013, p.41-42).

1.5 Canali di vendita tradizionali vs canali di vendita collaborativi nell’ambito dell’housing/accommodation

Dopo aver delineato in generale l’ambito di applicazione del consumo collaborativo, concentriamoci sul mercato dell’housing/accommodation sia internazionale che nazionale e sulle principali piattaforme oggetto di ricerca: Airbnb e Couchsurfing.

AIRBNB

Portale nato come startup nel 2008 da 3 giovani studenti californiani: Joe Gabbia e i suoi coinquilini Nathan Blecharczyk e Brian Chesky, i quali decisero di

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offrire in affitto alcuni “air bed’n breakfast” ( da qui il nome del servizio), materassini gonfiabili utilizzati come posti letto, insieme alla colazione (Forbes, The Share economy,Tomio Geron 2013, p.61) Questa semplice idea nata nella città di New York, nel giro di poco tempo è diventata un successo internazionale, una community online che permette a chi viaggia (ospiti) di trovare una sistemazione più economica del tradizionale albergo e a chi possiede una casa con determinate caratteristiche (host) di offrire una stanza o un alloggio in affitto per brevi periodi. Le sistemazioni presenti in 191 Paesi sono le più diverse, dall’appartamento in centro storico di una capitale, alla casa sull’albero, da un castello in campagna ad una una vecchia abbazia e tra queste le categorie di affitto si suddividono in : intera casa o appartamento , stanza singola e stanza condivisa. Airbnb è fondato sulle relazioni, è necessario che si scriva nel proprio profilo una storia che racconti in generale se stessi (ciò che si ama, cosa si preferisce fare, viaggi, film, hobby, motto), ma anche sull’affidabilità e sulla reputazione attraverso le referenze, rilasciate da chi conosce un utente così da poter consigliare ad altri membri l’affidabilità circa quest’ultimo. Infine abbiamo le recensioni, visibili sui profili personali dei membri della community (host/ospiti), scritte in modo spesso esauriente ma soprattutto conciso, dato il limite massimo di 500 parole, da ospite ad host e viceversa descrivendo l’esperienza vissuta, l’alloggio e il parere circa il proprietario di casa o viceversa dell’ospite ospitato in casa propria. La media del punteggio (5 stelle massimo) dell’alloggio viene calcolata sulla base di 6 parametri: precisione, comunicazione, pulizia, posizione, check-in, valore. (Airbnb.com)

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1.6 a IMPATTO DI AIRBNB NELLA HOME SHARING

Airbnb ha compiuto uno studio sulla base dei milioni di host e di guest che hanno pernottato in tutto il mondo, cercando di evincere da questi l’effetto positivo che la community di Airbnb ha riscosso nei viaggiatori. Il punto che merita più attenzione è sicuramente quello che concerne il profilo del viaggiatore, il quale intende viaggiare per vivere la città non come “turista” bensì come “locale”. Alcuni dati riportati dalla piattaforma ci illustrano come il “74% degli alloggi di Airbnb è al di fuori delle principali zone alberghiere”, il 91% dei viaggiatori vuole “vivere come un locale” e il 79% vuole esplorare un quartiere specifico (Airbnb.com). Questi semplici ma fondamentali dati, ci permettono di comprendere come la dimensione del viaggiatore sia completamente avulsa da quella del classico turista, l’esperienza del viaggiatore non si concretizza nel “comune” ma nel “particolare”, “ nel vissuto” e “nell’alternativo”. Non a caso anche quelli che sono i consumi sia temporali sia economici sono maggiori rispetto al classico turista e lo possiamo confermare da questi altri dati:

- Soggiornano 2,1 volte più a lungo rispetto agli altri turisti - Spendono 2,1 volte in più rispetto agli altri turisti

- Il 42% delle spese degli ospiti viene effettuato nel quartiere in cui soggiornano

L’effetto benefico si estende, oltre che nei guest, anche negli host, i quali hanno ospitato migliaia di ospiti nelle loro case dichiarando di poter “arrivare più tranquillamente alla fine del mese”, per cui:

- L’81% degli host condivide la casa in cui vive - Il 52% genera un introito da basso a moderato

- Il 53% afferma che la possibilità di affittare è stata d’aiuto per poter sostenere le spese della propria casa

- Il 48% dell’introito per gli host è utilizzato per pagare le spese regolari di gestione domestica come l’affitto e i generi alimentari. (Airbnb.com)

La community di Airbnb favorisce le economie locali in tutto il mondo poiché sostiene i residenti e le attività locali incoraggiando lo scambio culturale.

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Prendendo solo qualche esempio specifico di grandi città più visitate al mondo, notiamo come l’impatto economico di Airbnb sia molto forte e come crei un vero e proprio effetto moltiplicatore in queste città. In base ad uno studio effettuato da Airbnb sull’impatto economico di host e guest in un anno a Parigi (2013), la stessa piattaforma ha generato oltre 185 mln di € in attività economiche presenti nella città, supportando oltre 1,100 attività commerciali. I guest rimangono in media 2,9 giorni in più e spendono circa 426 € in più nel corso del viaggio rispetto ai turisti che pernottano in albergo. Il 27% dei guest sostiene che “non sarebbero venuti a Parigi o non sarebbero rimasti così a lungo senza Airbnb”. (Airbnb.com)

New York: oltre 400,000 guest hanno visitato la città contribuendo in un anno (2013) a generare oltre 632 mln $ nei confronti delle attività commerciali, di cui 105 mln a favore dei quartieri limitrofi, i quali di solito non traggono beneficio dai turisti.

- I guest di Airbnb permangono circa 6,4 notti rispetto alle 3.9 e spendono 880$ rispetto ai normali visitatori che pernottano in albergo.

- I guest tendono a prenotare nelle aree esterne alla nevralgica Manhattan spendendo circa 740$ nei dintorni di dove alloggiano.

- L’87% degli host affitta le case dove risiedono percependo in media circa 7,530$ annui.

- Il 62% degli host di Airbnb sostiene che Airbnb li aiuti a mantenere le loro case

- Più del 50% degli host non hanno un lavoro fisso (stagisti, part-time, pensionati, studenti) (Airbnb.com)

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1.6b IMPATTO DI AIRBNB IN ITALIA

Gli host italiani di Airbnb hanno iniziato ad accogliere ospiti nelle loro case nel 2008 e, nel corso degli ultimi sette anni, hanno creato una community vivace e attiva condividendo esperienze uniche con viaggiatori provenienti da tutto il mondo. L’impatto economico complessivo è pari a 3,4 miliardi di € con 3,6 mln di viaggiatori nell’ultimo anno (2015/2016) con una permanenza media di 3,6 notti rispetto alle 3,0 di un tradizionale albergo. Oltre ad un importante impatto economico, è doveroso manifestare anche l’impatto ambientale in termini di risparmio energetico che equivale al consumo di 51,5 milioni di case. Per quanto riguarda gli host, contiamo circa 83.300 che hanno accolto ospiti nell’anno guadagnando circa 2.300€ annui avendo 26 notti prenotate medie per annuncio (“fattore sharing l’impatto economico di Airbnb in Italia”, 2016, p.1-2)

Figura 1.6, Fonte:http://www.collaboriamo.org/risorse/case-study-fattore-sharing-limpatto-di-airbnb-in-italia/

Gli host Airbnb italiani nella maggior parte dei casi affittano occasionalmente il loro alloggio nel corso dell’anno, ottenendo così dei redditi supplementari, modesti, ma pur sempre importanti per far quadrare i conti. L’età media degli host è di 43 anni e il 31% degli host supera i 50 anni, di questi il 47% è uomo e il 53% donna, il 73% degli host vivono in un nucleo familiare. Il profilo economico degli host si presenta in questo modo:

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Figura 1.7, Fonte:http://www.collaboriamo.org/risorse/case-study-fattore-sharing-limpatto-di-airbnb-in-italia/

Il 49% del reddito familiare degli host è equivalente o inferiore al reddito familiare medio italiano (€22.200/anno). (“fattore sharing l’impatto economico di Airbnb in Italia”, 2016, p.3)

I guest si recano in Italia principalmente per trascorrere il proprio tempo libero e le vacanze. Scelgono di soggiornare in alloggi Airbnb perché cercano autentiche esperienze locali. 2,6 è il numero di persone che compongono il gruppo medio, il 92% dei viaggi viene effettuato da gruppi di 4 persone o meno, mentre l’87% sceglie Airbnb perché desiderano “vivere come persone del posto”. Le motivazioni alla base delle scelte dei guest per effettuare un viaggio sono: entrambe le figure 1.9a, 1.9b

Fonte: http://www.collaboriamo.org/risorse/case-study-fattore-sharing-limpatto-di-airbnb-in-ita

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Figura 1.6a

Provenienza degli ospiti:

figura 1.6b

Gli ospiti di Airbnb che si recano in Italia sono spesso alla ricerca di qualcosa in più rispetto alle tradizionali offerte di soggiorno. Stare in una casa permette loro di avere accesso ai servizi che desiderano vivendo esperienze uniche rendendo più probabile il loro ritorno. Le valutazioni medie dei guest nei confronti degli host sono di 4,6 su 5 su una scala da 1 a 5. Gli ospiti che hanno scelto Airbnb per i servizi presenti negli alloggi sono l’87%. Una rappresentazione grafica della distribuzione degli ospiti per regione ci permette di avere chiaramente

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un’immagine delle destinazioni preferite dai guest. (“fattore sharing l’impatto economico di Airbnb in Italia”, 2016, p.4-6)

Lombardia, Toscana e Lazio sono le regioni maggiormente visitate con un’affluenza di oltre 500.000 visitatori annui, al secondo gradino del podio si presenta il Veneto con un numero di ospiti che varia dai 300.000 ai 500.000 e infine al terzo posto seguono Liguria, Campania e Sicilia con un numero di ospiti compresi tra i 150.000 e i 300.000.

Figura 1.6c. Fonte:

http://www.collaboriamo.org/risorse/case-study-fattore-sharing-limpatto-di-airbnb-in-italia/

Il viaggiatore medio con Airbnb spende il 38% del proprio budget presso le imprese locali del quartiere nel quale soggiorna. Gli ospiti di Airbnb, durante la loro visita, spendono in media 738M € in ristoranti e bar consumando quasi 13 milioni di cene.

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Figura:1.6d, Fonte: http://www.collaboriamo.org/risorse/case-study-fattore-sharing-limpatto-di-airbnb-in-italia/

Airbnb pone attenzione anche all’ambiente, considerando l’impiego di risorse sottoutilizzate, quali le case, un risparmio energetico considerevole. Gli host si rendono partecipi di questi risparmi facendo la raccolta differenziata e invitando i guest a fare altrettanto (85%) o a mettere a disposizione dei guest le loro biciclette per gli spostamenti (15%).

- Risparmio Energetico: 51,5 mln di Case

- Risparmio Idrico: pari a 800 piscine olimpioniche

- Riduzione delle emissioni di gas a effetto serra pari a 147,7mln di veicoli - Riduzione dei rifiuti pari a 7.300 tonnellate

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COUCHSURFING

È un servizio gratuito di scambio di ospitalità e servizio di rete sociale fondato da Casey Fenton nel 2004 che connette i membri di una comunità globale di viaggiatori. Il profilo personale degli utenti di couchsurfing (da cui il nome “viaggiatori di divani”) è la base fondamentale su cui vertere per descriversi a dovere: esprimere il proprio stile di vita, la propria missione e quali sono i principi che veramente contano nella vita. La completezza di un profilo, storia di se, foto, video, esperienze vissute e condivise, è il miglior modo per connettersi con le persone. Un profilo che parla di se stessi, una storytelling personale che dà la possibilità di comunicare alla gente le proprie intenzioni, se essere un viaggiatore (traveler) o se essere un ospitante (host). Come in Airbnb le referenze e le recensioni giocano un ruolo fondamentale nella scelta di un profilo tra le tante alternative presenti. Gli host hanno necessità di partecipare agli eventi creati da couchsurfing per accrescere le proprie conoscenze e conoscere tutti i requisiti grazie ai consigli di altri host presenti a questi meeting tanto da essere poi capaci di poter allestire un “couch” (divano, materasso gonfiabile). Per un surfer che ha individuato l’host più adatto alle sue esigenze basta che invii una o più richieste all’host al fine di essere ospitato per le date prestabilite e assicurarsi di inviare un messaggio che contenga le intenzioni e i motivi che hanno spinto il surfer a volerlo incontrare. Le recensioni e le referenze, come prima accennato, ricoprono un ruolo fondamentale nell’affidabilità e nella reputazione dell’utente: la natura delle recensioni è la medesima presente negli altri servizi descritti (Airbnb, BlaBlacar), i surfers che hanno condiviso insieme agli host la loro esperienza di viaggio, viene riassunta in una recensione di dimensioni variabili a seconda dei recensori e pubblicata sul profilo dell’host. L’host dopo essere stato recensito può facoltativamente rispondere alla recensione, positiva o negativa che sia, come semplice ringraziamento per il tempo trascorso oppure per programmare una visita nell’alloggio del traveler a conferma dell’ideologia alla base di questo servizio quale “scambio di ospitalità”. Più referenze e recensioni

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positive possiedono un host, più visibile e affidabile sarà nella community a seconda della destinazione scelta.

Un po’ di numeri:

L’età media dei “surfers” è di 28 anni, la maggior parte degli utenti ha un età compresa dai 18 ai 34 anni e una parte minore dai 35 ai 49 con qualche raro caso di over 60. Il 53% degli utenti è maschio e il 47% femmina. I paesi più popolati di couchsurfer sono: Stati Uniti, Germania, Canada, Inghilterra, Francia, Spagna, Italia, Brasile, Australia e Cina. L’utilizzo di couchsurfing favorisce scambi culturali ed esperienziali tra i surfer tra i quali le conoscenze di amici in comune e gli eventi settimanali presenti all’interno delle città come la giornta del thai food a S.Francisco, l’evento dello scambio di lingue tra poliglotti a Parigi o barbecue sulla spiaggia la domenica a Sydney o lezioni di danza Salsa a Tokyo. La connessione tra interessi diversi produce incontri e attività sconfinate. (Couchsurfing.com)

1.7 SCENARIO INTERNAZIONALE STRUTTURE TRADIZIONALI

vs PIATTAFORME SE

La sharing economy si sviluppa in conformità a una rapida crescita in merito agli “arrivi” del turismo internazionale nel mondo. Rispetto ai 331 milioni di arrivi nel 2000, nelle 28 nazioni Europee vi è una crescita degli arrivi con circa 457 milioni di turisti internazionali nel 2014. Nel frattempo, a livello mondiale, vi è una crescita dei turisti nello stesso periodo da 674 milioni a oltre 1,1 miliardi. Nel lungo periodo questi numeri tenderanno a crescere sia in Europa sia nel resto del mondo. Il turismo sia nell’Unione Europea sia nel resto del mondo si evolve in risposta al cambiamento del comportamento del consumatore del turista. Secondo un report dell’OECD del 2014, i turisti sono tendenzialmente più propensi a effettuare vacanze “self-guided”, ovvero programmate per conto loro, prendendo sempre più informazioni da amici, familiari o da recensioni di turisti

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anonimi su internet. (“the sharing econnomy and tourism accomodation”, European Parliament, 2015, p.2)

Molti turisti utilizzano internet, smartphone e tablet per pianificare o comprare un viaggio. Vanno alla ricerca sia di pacchetti turistici sostenibili sia di esperienze autentiche. In più, la crisi economica e la disoccupazione e l’inflazione hanno favorito un atteggiamento mirato all’attenzione ai prezzi. Tutti questi fattori hanno sancito lo sviluppo della sharing economy.

La maggior parte degli studi sull’impatto della sharing economy sono stati pubblicati negli Stati Uniti, dove la stragrande maggioranza delle piattaforme di Sharing economy hanno cominciato la loro attività. Secondo Samuel Nadler nella sua opera The sharing economy: what is it and where is it going?, la Sharing Economy ha allargato il ventaglio di opzioni di viaggio (“the sharing economy and tourism accomodation”, European Parliament, 2015, p. 4). Grazie alla sharing economy, chiunque può dare vita ad un business turistico. Le piattaforme online forniscono un facile accesso ad una larga serie di servizi, molti di loro di una qualità più elevata e più accessibile rispetto alla controparte tradizionale. Molti turisti apprezzano la sharing economy per via della sua flessibilità, della personalizzazione delle scelte e dell’autenticità dei rapporti con i cittadini locali. Nonostante alcune piattaforme quali Airbnb non facciano altro che sostenere i pareri positivi degli utenti per via della loro propensione al risparmio, non solo economico, ma anche ambientale, per via del minor utilizzo di acqua, di utilizzo di materiali ecologici, riduzione di gas e di sprechi, le critiche piovono sulla piattaforma (come in generale sulla sharing economy) per via del fatto che ci sia meno sicurezza per il cliente, ma anche per via dell’evasione fiscale e della concorrenza sleale.

Non a caso i proprietari alberghieri sostengono che per essere “alberghi” devono essere in regola con la protezione ambientale, leggi sul lavoro, tasse di soggiorno, sicurezza dei clienti, regole che le piattaforme online non rispettano. In un report di New York, quasi il 72% degli host di Airbnb non rispetta le leggi (lo”zoning”, ovvero le leggi che proibiscono alle persone di aprire un attività in aree

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residenziali). Inoltre, gli albergatori denunciano la perdita di entrate per merito della nascita delle piattaforme ricettive. Uno studio dell’Università di Boston stima che per merito di Airbnb le entrate degli alberghi si sono ridotte, nel mercato considerato (Austin, USA), dell’ 8-10% tra il 2008 e il 2014, questo ha comportato un ribasso dei prezzi degli alberghi (“the sharing economy and tourism accomodation”, European Parliament, 2015, p. 4).

Figura 1.7a

Capitalizzazione dei gruppi alberghieri globali vs Airbnb ( in miliardi di dollari)

Il 2015 è stato un altro anno favorevole per il turismo internazionale: secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT) gli arrivi internazionali sono stati 1,186 miliardi con un incremento pari al 4,6%, ovvero 52 milioni in più rispetto al 2014. Quasi tutte le macro-aree mondiali hanno presentato variazioni positive negli arrivi: la crescita risulta più elevata per le Americhe (5,9%) e per l'Asia e il Pacifico (5,6%), seguono le l'Europa (4,7%) e il Medio Oriente (1,7%); solo l'Africa è risultata in flessione (-3,3%).

L'Europa - che si conferma l’area più visitata del mondo - ha raggiunto quota 607,7 milioni di arrivi, con 27,5 milioni di turisti in più rispetto al 2014; l’aumento è apprezzabile anche nell’Europa Meridionale/Mediterranea con 10,4 milioni di arrivi in più (+4,8%).

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Figura 1.7b

Le previsioni dell’OMT per il 2016 sono positive: la crescita di arrivi internazionali dovrebbe attestarsi a livello mondiale a +3,5/4,5%. (http://www.enit.it/it/studi.html)

1.7 a SCENARIO NAZIONALE

Sulla base annuale di alcuni trimestri del 2015 possiamo notare alcuni dati e trend dell’ISTAT relativi agli esercizi ricettivi nazionali, in particolare le “presenze”, gli “arrivi”, sia delle persone residenti sia delle persone non residenti in confronto al periodo 2014. Nel quarto trimestre 2015, sulla base dei dati finora disponibili, gli arrivi negli esercizi ricettivi sono stati pari a circa 18,7 milioni di unità e le presenze a circa 48,8 milioni, con aumenti, rispetto al quarto trimestre del 2014, rispettivamente del 2,9% e dell’1,8%. Si sono registrate 24,4 milioni di presenze relative ai clienti residenti, che rappresentano il 50,1% delle presenze totali. Le presenze dei “non residenti” sono state 24,3 milioni. Le presenze negli esercizi alberghieri sono state pari a 38,6 milioni di unità, corrispondenti al 79,2% delle presenze totali, mentre le presenze negli esercizi extralberghieri

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ammontano a poco più di 10,1 milioni. La crescita delle presenze nel quarto trimestre 2015, rispetto allo stesso periodo del 2014, è stata rilevata per entrambe le componenti della clientela: i residenti sono aumentati del 2,0%, i non residenti dell’1,7%. Le presenze hanno mostrato incrementi per entrambe le tipologie di alloggio, in misura maggiore per le strutture extralberghiere, che aumentano del 5%, mentre quelle alberghiere crescono dell’1,0%. La permanenza media è in lieve calo, passando da 2,64 giornate nel quarto trimestre del 2014 a 2,61 nel quarto trimestre del 2015. (Statistica-flash-turismo_IV_2015 (Istat))

Figura 1.7c

Fonte: Statistica-flash-turismo_IV_2015 (Istat)

Infine affrontiamo una testimonianza di Federalberghi sul comparto alberghiero e su quelli che sono gli aspetti positivi e negativi, ma soprattutto quelle che possono essere le minacce per questo settore espresse da strumenti “a doppio taglio”, fondamentali per lo sviluppo e per la presentazione di tali strutture quali Booking.com e Expedia. “L’hôtellerie italiana di questi ultimi anni più che un comparto in crescita appare come un mercato che vede ridefinire le varie posizioni al proprio interno ed anche in rapporto alle altre tipologie ricettive.” Internet ha svolto un ruolo fondamentale nella ridefinizione dell’offerta e della

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promozione alberghiera, non a caso le figure di intermediazione quali i tour operator si prodigano nella creazione di “pacchetti vacanza” ad hoc per soddisfare il più possibile le diverse esigenze della clientela.. Anche quasi tutti i gruppi alberghieri, hanno attivato propri siti on line che di fatto si comportano come veri e propri tour operator, e sono ben presenti sul mercato. Diversi alberghi, secondo la logica web 2.0, hanno attivato blog e forum per tenere banco nei confronti dei motori di ricerca specializzati come TripAdvisor e Trivago e per fidelizzare e richiamare la clientela, svolgendo, di fatto, anche una efficace azione di promozione. La fama diffusa di questi motori di ricerca, ha limitato il consumatore nella ricerca online perché si affida “forzatamente” a questo tipo di motori. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (cosiddetta Antitrust), su segnalazione di Federalberghi, ha acceso i riflettori su Booking.com ed Expedia, per verificare se i grandi portali limitino la concorrenza nei servizi di prenotazione ostacolando la possibilità per i consumatori di trovare offerte migliori. L’Antitrust, su segnalazione di Federalberghi, ha aperto un’istruttoria sul portale Tripadvisor, per verificare se la società adotti misure idonee a prevenire e limitare il rischio di pubblicazione di false recensioni. Con l’ufficializzazione di due procedure, che riguardano fondamentalmente la parity rate e le false recensioni, si riconosce l’esistenza di seri problemi nel mondo della distribuzione on line (federalberghi.it). La preoccupazione, secondo Federalberghi è che per via di commenti e recensioni fasulle si rischi di condizionare pesantemente soggetti “interessati” in base alle scelte di acquisto. La possibilità infatti di pubblicare commenti in forma anonima consente ai professionisti della recensione di inquinare il mercato, procurando un danno ai consumatori che hanno diritto a ricevere informazioni veritiere e affidabili. Per questa ragione, Federalberghi ha chiesto che i sistemi di recensione pubblichino unicamente commenti inviati da persone ben identificate e che abbiano effettivamente usufruito del servizio su cui esprimono pubblicamente un giudizio. A fronte di questo contraddittorio fenomeno delle recensioni è necessario mettere un asterisco a questo paragrafo per affrontarlo in maniera specifica nei capitoli successivi.

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CAPITOLO 2 FIDUCIA E RECENSIONI

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2.1 LA FIDUCIA IMPLICA COLLABORAZIONE

La progettazione di un sistema di fiducia non è semplice, poiché gli strumenti a disposizione non garantiscono a pieno l’affidabilità di una persona. I sistemi fino a ora utilizzati dalle piattaforme collaborative aiutano ad alimentare il grado di fiducia fra sconosciuti ma non eliminano mai completamente i rischi. Per ovviare a ciò, i servizi che possono permetterselo offrono un’assicurazione contro danni subiti da sconosciuti (Airbnb.com), ma anche chi non può permette ai suoi utenti di farsi un’idea della persona che incontrerà attraverso una serie di strumenti quali il rating e le recensioni. Uno dei principali meccanismi per alimentare il sistema di fiducia è proprio quello del rating e delle recensioni o feedback: il primo offre la possibilità di dare un voto alla prestazione ricevuta, una valutazione (di solito su una scala che va da 1 a 5 stelle), il secondo è uno spazio dove si può lasciare un commento che aiuta ad aggiungere particolari e dettagli circa l’incontro o comunque l’esperienza avuta. Airbnb come Couchsurfing permette l’avvicinarsi delle parti per via di una disintermediazione, il confronto o contatto diretto tra host e guest agevola le parti ad avere un quadro ben chiaro delle regole.

Ai membri appartenenti alle comunità online è spesso richiesto di creare e condividere la propria identità nonostante abbiano già ampiamente creato una descrizione del profilo. All’interno di queste informazioni, la “storytelling”, ovvero narrazione di storie di se stessi necessaria ai fini comunicativi . La storytelling rappresenta l’espressione o condivisione d’informazioni personali di un individuo che include i sentimenti, i comportamenti, così come le informazioni che manifestano le credenze, le attitudini, le ideologie, le preferenze, tutto ciò che può essere inerente all’attività per cui scrivono. Ecco un esempio che riporto da un profilo di Couchsurfing nella prima immagine e di Airbnb nella successiva.

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Fonte: www.couchsurfing.com

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In uno studio effettuato da Rebecca Pera, Giampaolo Viglia e Roberto Furlan, “Who Am I? How Compelling Self-storytelling Builds Digital Personal Reputation” vengono menzionati e descritti numerosi modi per costruire fiducia tra gli utenti nel mondo della sharing economy, ma in special modo la “reputazione”. La reputazione vista come una delle più grandi dimostrazioni di fiducia nelle transazioni e negli scambi, che siano economici o sociali. Proprio la “storytelling” viene proposta in questo studio come una forma di reputazione, che costruisce un’identità ben precisa dell’utente potendo cogliere le numerose sfumature della personalità di questo individuo che avrà modo di spiegare nella descrizione del suo profilo personale. Non è un caso che nel marketing spesso si faccia uso di storytelling “to enhance consumers connections with brands”, quindi per accrescere il legame dei consumatori al brand (Brown, Kozinets, and Sherry 2003; Escalas 2004; Megehee and Woodside 2010; Singh and Sonnenburg 2012; Woodside, Sood, and Miller 2008). Questo modus operandi prevede che “powerful self-storytelling allows a more attractive positioning in respect to potential others” influenti storytelling personali permettano un posizionamento più attraente rispetto ad altri. È stato dimostrato che sia i blog (Megehee and Woodside 2010; Woodside, Sood, and Miller 2008) sia le recensioni online siano delle vere e proprie attività di storytelling e anche dei comportamenti co-creativi influenti nelle comunità online (Pera 2014; Singh and Sonnenburg 2012). (“Who Am I? How Compelling Self-storytelling Builds Digital Personal Reputation”; Rebecca Pera, Giampaolo Viglia, Roberto Furlan, Journal of Interactive Marketing, p. 2)

Dalla teoria degli archetipi di Jung del 1959, la letteratura di marketing sostiene che nel momento in cui si vuole costruire una brand strategy è necessario identificare un archetipo rilevante così da poter infondere nei primi utilizzatori l’inconscio desiderio di provarlo (“Who Am I? How Compelling Self-storytelling Builds Digital Personal Reputation”; Rebecca Pera, Giampaolo Viglia, Roberto Furlan, Journal of Interactive Marketing, 2015, p. 2).

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Nelle comunità online, i sitemi di reputazione sono simili ai sistemi di raccomandazione utilizzati da Yelp o Tripadvisor. Ad ogni modo, invece di classificare prodotti o servizi, i membri o partecipanti si classificano tra di loro, spesso utilizzando un sistema di classificazione comune. Belk (2014) conferma che i sistemi di reputazione online sono una corretta via per costruire fiducia nel contesto del consumo collaborativo Belk, R. (2014) (You are what you can access: Sharing and collaborative consumption online. Journal of Business Research, 67(8), 1595-1600). Le parti all’interno di una transazione sono valutate come “fidate” nel momento in cui:

- possiedono le capacità richieste e possiedono quelle caratteristiche che permettono di esercitare un’influenza all’interno di uno specifico dominio - sono riconosciuti come portatori di benefici

sono percepiti come aderenti ad una serie di principi che i portatori di fiducia ritengono importanti (“Who Am I? How Compelling Self-storytelling Builds Digital Personal Reputation”; Rebecca Pera, Giampaolo Viglia, Roberto Furlan, Journal of Interactive Marketing, 2015, p. 4).

“Nelle comunità in rete la fiducia implica sia la dimensione “online” che quella “offline”, la prima sarebbe un prima importante base dalla quale possono scaturire successive azioni offline. Nel primo step online, i membri della comunità hanno la necessità di presentare loro stessi come persone fidate” (“Who Am I? How Compelling Self-storytelling Builds Digital Personal Reputation”; Rebecca Pera, Giampaolo Viglia, Roberto Furlan, Journal of Interactive Marketing, 2015, p. 4). Per un utente è fondamentale potersi approcciare sul web ad una persona che dimostri di essere fidata attraverso questi strumenti per poter dare vita, successivamente, a delle interazioni offline: transazioni, viaggi, ospitalità, incontro e così via.

“Un partecipante attivo che condivide la propria storia in rete potrebbe aspettarsi riconoscimenti intangibili quali alte valutazioni all’interno della comunità. Le alte valutazioni creano transazioni sicure tra sconosciuti” (Belk

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2014; Masum, Tovey, and Newmark 2011; Sacks 2011; Solove 2007). La reputazione serve alle istituzioni digitali sia per proteggere che per potenziare i membri della comunità.

Da un articolo di Laurie Wu (et al., The impact of power on Service Customers’ Willingness to Post Online Reviews, Journal of Service Research, 2016, vol. 19(2) 224-238) vi è un approfondimento circa la dimensione delle recensioni e di quanto siano importanti per il consumatore, attraverso forme d’influenza che non dipendono solamente dal “passaparola elettronico”, ovvero il WOM (word of mouth), ma anche dal “potere”. Potere inteso come forma di influenza e quindi, il potere di un utente risulta equivalente all’influenza percepita dalla comunità online. In questo articolo viene spiegato il perché certi soggetti sono più indipendenti rispetto ad altri e perché altri soggetti siano più comuni. Questa differenza tra utenti è spiegata attraverso la “distanza psicologica” e cioè la tendenza ad essere più o meno distante rispetto ad un fenomeno.

Le recensioni inserite dai consumatori nei forum online come TripAdvisor.com stanno diventando sempre più influenti nell’odierno panorama globale dei servizi industriali e non. Recenti ricerche di mercato (effettuate da Olery) rivelano come il 49% dei consumatori non prenoterà un albergo senza prima leggere le recensioni dei consumatori e il 35% dei viaggiatori cambiano i propri piani dopo aver letto le recensioni pubblicate sui social media quali appunto Tripadvisor.com (World Travel Market 2014). Poiché il numero di partecipanti a questi siti è cresciuto, diversi siti nei quali è possibile pubblicare recensioni, hanno introdotto il meccanismo di “voto” (rating) al fine di poter aumentare il coinvolgimento tra consumatori (C to C) (Laurie Wu et al., The impact of power on Service Customers’ Willingness to Post Online Reviews, Journal of Service Research, 2016, vol. 19(2), p. 224).

Secondo lo studio di Laurie Wu, il contributo di questi utenti conferisce loro un gran “potere” nei forum, infatti è molto utile ai meno esperti in quanto vanno alla ricerca delle opinioni degli utenti più esperti al fine di farsi persuadere o

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dissuadere nella scelta di un acquisto. Inoltre sempre secondo alcune ricerche precedenti effettuate la figura del “potere” ha la capacità di plasmare il comportamento del consumatore in una serie di modi, per cui:

- per un individuo potente, pubblicare delle recensioni che siano incongruenti con il consenso del forum, fanno emergere questo utente agli occhi degli altri come un elemento di differenziazione rispetto alla massa.

- per un individuo meno potente invece, pubblicare opinioni che convergano con il consenso sociale possono essere tradotte come un meccanismo per raggiungere l’approvazione sociale e quindi la crescita personale per individui inesperti. Comprendere perché i consumatori pubblicano recensioni in rete, sia positive sia negative, sta diventando un fenomeno particolarmente importante per le ricerche dei servizi, perciò, pubblicare recensioni in rete può fornire importanti conoscenze manageriali applicate al coinvolgimento dei consumatori. Siccome la reputazione di un servizio è sempre più arricchita dalle recensioni in rete, è importante sia per i manager del servizio che per i marketer capire le motivazioni che spingono a pubblicare recensioni al fine di poter incoraggiare le recensioni positive, piuttosto che quelle negative.

Capire perché il consumatore pubblica recensioni, può essere estremamente d’aiuto per quanto riguarda sia il livello di soddisfazione del consumatore che quello del coinvolgimento, cosicchè i fornitori di servizi possano adattare meglio le loro offerte in relazione ai bisogni dei consumatori. (Laurie Wu et al., The impact of power on Service Customers’ Willingness to Post Online Reviews, Journal of Service Research, 2016, vol. 19(2), p. 226).

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2.2 INTRODUZIONE ALLA RICERCA

Lo studio effettuato si basa sul ruolo delle recensioni nel consumo collaborativo e quindi sulle piattaforme più volte citate: Airbnb, Couchsurfing e Alberghi. Dalla letteratura citata in precedenza è possibile comprendere come ci siano numerose implicazioni sociali e psicologiche che alterano i comportamenti degli utenti di fronte alla lettura e alla scrittura delle recensioni. “Recensioni” come primo strumento di fiducia e veicolo per la conclusione di una transazione o di un’azione secondo i campi scelti.

Nel dettaglio lo studio si presenta con due teorie necessarie a giustificare gli approcci e le eventuali alterazioni degli utenti legati ad esperienze vissute durante alcuni soggiorni:

1) Construal level theory 2) Critical Incident Technique

La letteratura inerente al comportamento del consumatore ha dato modo di evincere una sostanziale evidenza circa la tendenza di un consumatore nel valutare maggiormente le informazioni negative rispetto a quelle positive (Ahluwalia & Shiv, 1997), come tra l’altro la maggior parte delle recensioni sono positive peccando di una grande somma di “non risposte” (Fradkin et al., 2015; Resnick et al., 2002). Numerosi studi dimostrano quanto la maggioranza di consumatori insoddisfatti falliscano nel lamentarsi circa la loro esperienza negativa (Andreason, 1984, 1985; Andreason e Manning, 1990; Stephens e Gwinner, 1998). Chebat, Davidow e Codjovi (2005) hanno portato avanti questi studi evidenziando quanto le emozioni giochino un ruolo chiave sulla risposta del comportamento del consumatore di fronte ad un “incidente di percorso”.

“Since trading with strangers in P2P marketplaces involves asymmetric information and monetary and non-monetary risks, these businesses have developed reputation mechanisms to encourage trust among traders (Resnick and Zechhause 2002; Belk 2014; Masum and Tovey 2011; Sacks 2011; Solove 2007) by eliciting good behavior among loosely connected and geographically

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dispersed economic agents”. Il mercato P2P tra sconosciuti include informazioni asimmetriche che, di conseguenza, comportano rischi monetari e non. Proprio per questo motivo, attività economiche, aziende, imprese che si occupano di fornire servizi attraverso piattaforme web, s’impegnano ad accrescere la fiducia tra le parti cercando di carpire buoni comportamenti tra gli agenti economici vagamente connessi e geograficamente dispersi.

Quindi, in questo caso, ritorniamo alla verità che la nascita di queste istituzioni digitali appartenenti alla “sharing economy”, dove i rischi di asimmetrie informative sono più forti e presenti rispetto ad altri settori di consumo sul web (Ebay, Craiglist, Amazon), impongono l’utilizzo di sistemi di recensioni come strumenti di fiducia poiché accrescono la reputazione degli utenti e di conseguenza permettono la realizzazione di transazioni tra le parti. Siccome i sistemi di reputazione, nella sharing economy e nel consumo collaborativo, sono più richiesti dagli utenti, questi ultimi avranno un giudizio più severo circa il servizio (Ert et al., 2016). Per questo motivo sono stati compiuti degli studi (Glaeser, Laibson, Scheinkman, and Soutter (2000)) sulla dimensione di lontananza o vicinanza tra le parti, una vera e propria distanza sociale tra gli utenti secondo la quale il grado di identificazione e comunicazione tra le parti sono fattori significativi per la costruzione di fiducia. Non a caso un fattore chiave che differenzia la sharing economy dal tradizionale mercato P2P (es. Ebay) è la “Personal contact experience” quindi un’esperienza che punti ad avere un contatto di persona con l’altro utente (Ert et al., 2016). Il contatto con un’altra persona crea un legame che permette all’utente di essere più comprensivo di fronte ad un evento critico negativo. Questo scoraggia l’utente a reagire scrivendo una recensione negativa.

L’evento critico è riassumbile sotto la teoria di Bitner: “ Critical Incident Technique” (Bitner, 1990). Essa si compone di un’intervista per registrare gli eventi e gli stati d’animo del cliente coinvolti in un “critical incident”. “L’incident” è un qualsiasi episodio legato all’erogazione del servizio e viene considerato critico quando aumenta o diminuisce in modo significativo la

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