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Il ruolo della gamification nella didattica della matematica per la scuola superiore

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Academic year: 2021

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«L’educazione è cosa del cuore...»1 don Bosco

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Sommario

Introduzione 3

Gli aspetti metacognitivi ed affettivi nella didattica (della matematica) 4

Motivazioni ed obiettivi 6

La didattica digitale 7

I corsi in modalità blended 8

Learning Object e piattaforme online 9

Giocare per apprendere, il gioco applicato alla didattica online 11

Gamification 11

Digital Storytelling 13

Moodle, una piattaforma costruttivista 16

La filosofia vygotskijana di Moodle 18

Attività e Risorse di Moodle 20

Matematica a Portata di Mouse 32

La gamification e il DST nei corsi del progetto MPM 32

Il primo corso 33

La scelta degli argomenti 39

La composizione della piattaforma 39

La sezione Introduzione 41

Le Attività e Risorse principali del corso 42

Il Glossario per la produzione in gruppo di testi con registro linguistico

alto. 43

Le Lezioni come percorso personalizzato 45

I Quiz come strumento di autovalutazione 51

Il problem solving con i fogli di calcolo 54

Le altre Risorse del corso 61

La sperimentazione in classe 64

Interazione con i docenti 64

L’esperienza degli studenti in piattaforma 67

Il questionario di valutazione 74

Considerazioni a posteriori sul corso 84

Il secondo corso 85

Fase preliminare 85

Il ruolo del contesto narrativo 88

Le sezioni di contenuto 94

La Lezione per la risoluzione guidata di problemi 96

Applet di GeoGebra per una didattica interattiva 98

Il problem solving con GeoGebra. 103

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Conclusioni 116

Sviluppi futuri 119

Bibliografia 121

Sitografia 124

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Introduzione

Le emozioni e l’atteggiamento che assumiamo nei confronti di un'esperienza, un'attività o un compito influiscono profondamente sulla nostra percezione e quindi sul nostro rendimento e il risultato finale. La matematica, il suo studio e i suoi problemi non fanno eccezione. Infatti, numerose ricerche in questo ambito educativo (Garofalo, Kroll e Lester, 1987; Zan, 1996) evidenziano la forte correlazione tra pensiero metacognitivo, affettività e probabilità di successo. Per questo motivo abbiamo maturato il proposito di realizzare un’attività didattica che faccia leva su tali aspetti metacognitivi ed affettivi con l'intento di rendere l'apprendimento della matematica più piacevole, divertente e quindi più efficace. A tal fine, abbiamo realizzato un corso in modalità blended sfruttando le grandi potenzialità della piattaforma di e-learning Moodle; abbiamo così progettato un ambiente di apprendimento amichevole e rilassato, in grado di suscitare simpatia ed interesse verso il contenuto matematico. L’alto grado di personalizzazione ed interattività tipiche della piattaforma hanno consentito una piena implementazione delle tecniche di gamification e digital storytelling (DST), la cui efficacia è ben nota e documentata in letteratura. Abbiamo avuto così occasione di analizzarne l’apporto fondamentale, in particolar modo, nell’attivare meccanismi di fidelizzazione degli studenti nei confronti della piattaforma e allo scopo di incentivare l’uso dei materiali didattici quando questi sono inseriti in un contesto narrativo e ludico, diverso da quello più serioso della didattica tradizionale. La prima parte della tesi presenta gli strumenti e le metodologie che abbiamo adottato nonché le motivazioni e gli obiettivi che ci hanno spinto a realizzare questo progetto. Si riportano brevemente le tecniche per la didattica digitale evidenziandone le caratteristiche principali ed i maggiori vantaggi in termini di senso, motivazione e controllo (Maestri, Polsinelli e Sasoon, 2015), portando come esempio alcuni lavori dai quali abbiamo preso spunto per portare avanti il nostro progetto (Ravanelli 2012, Albano, Dello Iacono e Mariotti, 2016). Nella seconda parte, invece, presentiamo il processo di pianificazione e di costruzione di due corsi online con i quali abbiamo voluto mettere in pratica le idee sopra esposte. Le fasi di progettazione dei due corsi sono state molto diverse in quanto il primo è frutto di un lavoro prevalentemente di programmazione, senza riscontri in classe, mentre il secondo è stato progettato sulla base delle sperimentazioni fatte negli anni precedenti. Questo, inoltre, ha visto la collaborazione delle insegnanti anche nella creazione dei contenuti didattici per far sì che questi rispondessero meglio alle esigenze delle classi coinvolte. Abbiamo anche prestato maggior cura nella realizzazione di uno storytelling che potesse coinvolgere in prima persona gli studenti più di quanto non facesse la

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narrativa del primo corso. Il risultato è stato quello di un’avventura della quale i ragazzi sono stati i protagonisti e che hanno scoperto poco per volta, grazie ai progressi fatti nello studio. Abbiamo avuto l’opportunità di sperimentare i corsi in classi di scuola media e di prima superiore e questo ci ha dato modo di notare come determinate scelte si siano rivelate più efficaci per gli studenti più piccoli mentre altre abbiano avuto maggior presa su quelli più grandi. Abbiamo analizzato i feedback raccolti sia oralmente che tramite questionario e realizzato dei grafici esplicativi per presentare le opinioni degli studenti. La sperimentazione ha mostrato la validità e l’efficacia di questi strumenti, testimoniate dall’entusiasmo e dall’interesse riscontrato in quasi tutti i ragazzi intervenuti, ma anche l’importanza di una pianificazione accurata. Per cavalcare l’onda di curiosità generata negli studenti dalla novità dell’approccio, infatti, è necessario prevedere attività continuative, che diano un senso all’operato dello studente, che siano stimolanti sotto più punti di vista e che non coinvolgano soltanto i ragazzi più competitivi.

Gli aspetti metacognitivi ed affettivi nella

didattica (della matematica)

«È sufficiente un professore - uno solo! - per salvarci da noi stessi e farci dimenticare tutti gli altri. Perlomeno è questo il ricordo che serbo del professore Bal. Era il nostro professore di matematica all’ultimo anno delle superiori. Il giorno in cui ci conoscemmo [...] aveva scritto la cifra 6 alla lavagna chiedendoci che cosa fosse. I più sfacciati avevano tentato una sortita: “Le 6 dita della mano!”. “Le sei stagioni!” Ma l’innocenza, nel suo sorriso, era davvero scoraggiante: “È il voto minimo con cui sarete ammessi alla maturità”. Aggiunse: “Se smetterete di avere paura”.»

Daniel Pennac, Diario di scuola, pp.210-211 I primi studi dedicati all’affettività in matematica hanno concentrato la loro attenzione sulla paura (Hembree,1990) e sono stati basati sulla convinzione che le emozioni rappresentano un ostacolo al pensiero cognitivo. La paura è, in generale, l’emozione che più spesso viene associata alla matematica con diverse sfumature: paura di

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sbagliare, di non ricordare, di deludere (in generale le aspettative di qualcuno), di non essere capace. Il ventaglio delle emozioni legate all’esperienza matematica però è più ampio ed è composto sia da sentimenti percepiti come negativi, quali rabbia, ansietà, frustrazione, infelicità, noia, che positivi, quali felicità, eccitazione, divertimento, fiducia, sollievo. In genere le emozioni negative si riscontrano molto più di frequente rispetto quelle positive (Pellerey e Orio, 1996).

L’integrazione delle teorie cognitiviste nella ricerca sulla didattica matematica hanno segnato una svolta nello studio dell’affettività, perché hanno evidenziato che l’emozione non è intrinsecamente legata ad una determinata esperienza, ma dipende da come essa viene percepita ed interpretata. Questo significa che i sentimenti espressi dagli studenti dipendono sia dalla loro visione della matematica che dal loro rapporto con essa.

Quanto detto può spiegare i risultati di alcuni studi (Carpenter et al. 1981) secondo i quali la matematica è, in generale, la materia preferita dai bambini delle scuole elementari, ma diventa la più detestata dagli studenti adolescenti. Le emozioni suscitate dalla materia cambiano nel corso degli anni e ciò è dovuto al fatto che, proseguendo i loro studi, gli studenti cambiano il loro modo di interpretarla. Le emozioni dei primi anni di studio derivano dall’interazione diretta con i cosiddetti fattori

mediatori quali l’insegnante, l’argomento trattato, le relazioni con i compagni e possono

corrispondere, in generale, a noia, felicità, piacere, infelicità. Crescendo, il bambino comincia a dare una sua personale interpretazione alle esperienze che vive in relazione con la matematica e basandosi su di esse costruisce delle convinzioni, che riguardano gli obiettivi da raggiungere o cosa significa riuscire e cosa rappresenta invece un fallimento. Poiché queste convinzioni nascono da processi cognitivi più complessi, tali saranno anche le emozioni provate: ansia, paura, rabbia, frustrazione, appagamento (Zan, 2007).

Da queste considerazioni nasce uno dei substrati principali sui quali poggia questo progetto di tesi: visto il ruolo determinante che le emozioni ricoprono nello studio della matematica e se alcune di esse (la maggior parte) provocano effetti negativi, possiamo anche intervenire per far sì che gli studenti associno alla matematica emozioni positive, così da trarne beneficio anche dal punto di vista dell’apprendimento.

Gli studi di Borkowski e Muthukrishna (1992) hanno posto l’attenzione sul legame tra lo sviluppo delle funzioni metacognitive e la componente motivazionale che porta lo studente a desiderare di apprendere. Vygotskij (1934) esprime tale correlazione con queste parole:

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«Se prima abbiamo paragonato il pensiero a una nuvola che rovescia giù un

acquazzone di parole, dovremmo allora paragonare, se volessimo persistere in questa immagine, la sfera delle motivazioni del pensiero al vento che mette in movimento la nuvola.»

Motivazioni ed obiettivi

Occuparsi di qualcosa alla quale si è interessati e della quale si riesce a trovare un aspetto divertente può facilitare i processi di apprendimento e rendere più piacevole lo studio. Se si riesce a trasformare quello che si “deve” fare (come studiare un certo argomento), in qualcosa che si “vuole” fare con piacere, i risultati ottenuti saranno sicuramente migliori. Questa convinzione non è solo frutto del comune sentire quotidiano, ma uno dei pilastri della didattica vygotskijana secondo la quale un ambiente di apprendimento più rilassato è molto più proficuo rispetto ad uno rigido e formale. Gli obiettivi preposti dunque, sono stati due:

● predisporre un ambiente, meno rigido rispetto a quello che comunemente si crea in classe, familiare agli studenti e che lasci spazio ad un po’ di umorismo pur affrontando argomenti scolastici,

● riuscire a coinvolgere gli studenti in modo che siano loro stessi a voler continuare a frequentare la piattaforma senza aver bisogno che questo gli venga assegnato come compito dai professori.

La versatilità e l’alto grado di personalizzazione offerto dalla piattaforma Moodle hanno permesso di mettere alla prova queste idee avendo a disposizione soltanto poche competenze da autodidatta nell’uso dei programmi di manipolazione delle immagini e fotoritocco, per realizzare il materiale grafico necessario.

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La didattica digitale

Il termine e-learning si riferisce a situazioni di apprendimento nelle quali i materiali ed i contenuti didattici sono veicolati dalle tecnologie internet online.

Poiché questa nomenclatura è la contrazione di electronic learning, una possibile prima interpretazione prevede che qualunque pratica di apprendimento che coinvolga file e contenuti multimediali, erogati tramite supporti e veicoli digitali (primo fra tutti internet) venga classificata come e-learning. Vindice Delplano (2014) scende più in profondità proponendo un’interpretazione che sostituisce “electronic” con “enhanced”, ossia “ampliato”, perché

«[...] attraverso l’elearning, [...] puntiamo ad ampliare le possibilità di

apprendimento, stimolandolo con la proposta di esperienze nuove e coinvolgenti».

Ciò che differenzia l’e-learning dall’e-teaching, cioè l’erogazione di materiali didattici alla quale lo studente partecipa in maniera passiva come semplice visualizzatore, è la capacità dei contenuti e dell’ambiente formativo di coinvolgere gli studenti. Per evitare facili fraintendimenti, Delplano provvede ad elencare le caratteristiche che definiscono un corso e-learning:

● accesso alla rete, non soltanto per reperire i materiali, ma anche per poter usufruire di attività volte alla valutazione da parte di un docente o che avviene in modo automatico, nel qual caso si parla di autovalutazione;

● impiego del personal computer, o di altri supporti digitali quali smartphone e tablet, per accedere all’ambiente online predisposto ad ospitare il corso ed i suoi materiali;

● indipendenza dai vincoli che, nella didattica tradizionale, impongono a docenti e studenti di trovarsi tutti contemporaneamente in uno stesso luogo fisico;

● la natura multimediale dei materiali, che ha l’obiettivo di sfruttare le possibilità offerte dall’ambiente digitale e permette agli studenti di interagire con essi, così da consentirgli di seguire percorsi didattici personalizzati.

L’e-learning, inoltre, non va confuso con la Formazione A Distanza (abbreviato in FAD) della quale può essere considerato un’evoluzione.

Le prime esperienze di FAD risalgono al 1853 con i corsi per corrispondenza che intessono relazioni “uno-a-uno” tra formatore e discente. Successivamente, con la diffusione di radio, telefono e televisione, avviene il passaggio alla cosiddetta FAD di

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seconda generazione. Essa non soltanto è più vicina a realizzare la multimedialità dei contenuti offerti (non più unicamente in formato cartaceo, ma anche di tipo audio e video), ma modifica anche la relazione tra formatori e fruitori, che diventa di tipo “uno-a-molti”. Infine l’avvento di audio e video registratori rende possibile, oltre all’annullamento delle distanze, anche la personalizzazione dei tempi di apprendimento, consentendo ai fruitori di visionare i materiali didattici in qualunque momento della giornata.

L’evoluzione allo stadio successivo di FAD avviene quando l’attenzione di chi realizza i corsi non si concentra più solo sui materiali, ma si sposta sui processi cognitivi degli allievi. Tali meccanismi non sono sempre uguali, ma possono essere stimolati e sollecitati in maniera più o meno efficace a seconda delle situazioni. In particolare, secondo il modello costruttivista, il discente è protagonista attivo dei processi di apprendimento in quanto costruisce, per l’appunto, le nuove conoscenze in base alle esperienze vissute; i suoi processi cognitivi risultano più efficaci quando innescati dall’interazione con il gruppo dei pari e con i materiali stessi, che dunque devono essere manipolabili e non più statici. In particolare, poiché la conoscenza, da questo punto di vista, è anche frutto di un interscambio tra gli studenti, il rapporto di relazione si modifica ancora, passando da “uno-a-molti” a “molti-a-molti”.

I corsi in modalità blended

Dall’integrazione delle teorie dell’apprendimento con la FAD di seconda generazione, dunque, nasce l’e-learning che abbiamo descritto con le parole di Delplano.

Nonostante discenda dalla FAD, però, l’e-learning non è utile esclusivamente a coloro i quali non hanno la possibilità di partecipare di persona alle lezioni; al contrario rivela tutte le sue potenzialità quando viene integrato alla lezione frontale propria della didattica tradizionale. Questo connubio, tra tradizione e modernità, prende il nome di

blended-learning, letteralmente “apprendimento misto”.

Tra i vantaggi della lezione frontale possiamo senza dubbio annoverare il maggior controllo sulla partecipazione degli studenti, la vicinanza fisica tra gli allievi, che agevola la formazione di gruppi di lavoro e l’interazione tra pari ed infine, l’immediata raccolta dei feedback degli studenti da parte del docente che può utilizzarli per modificare in corso d’opera la sua lezione così da ravvivare l’attenzione, stimolare la partecipazione, rispondere alle domande: adattare, insomma, la lezione all’uditorio che ha di fronte. Quando il numero di studenti cresce, si riduce di pari passo la possibilità da parte del docente di attenzionare il singolo con feedback personalizzati e adattare la

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lezione alle esigenze individuali. A questo è possibile far fronte ricorrendo ad un approccio blended che, se ben progettato, consente di raccogliere e gestire feedback e, in base a questi, mettere lo studente in condizioni di scegliere quale percorso seguire per adattare il flusso e la modalità di navigazione dei contenuti del corso alle sue esigenze. In questo modo il docente può progettare una didattica personalizzata che meglio si adatti alle esigenze della maggior parte degli studenti in un modo che gli è precluso nella didattica tradizionale. Il ruolo del docente, quindi, non passa in secondo piano, ma cambia perché lascia il ruolo di “guidatore” allo studente per ricoprire quello di “copilota” pronto ad aiutarlo ad orientarsi tra le possibili scelte e rispondere ai suoi dubbi.

Learning Object e piattaforme online

Il Learning Management System (LMS) è la piattaforma che permette di costruire e gestire i corsi online in modalità e-learning. Recentemente è stata introdotta anche una seconda tipologia di questa tecnologia, quella del Learning Content Management System (abbreviato LCMS) che, in aggiunta, gestisce i processi di creazione dei contenuti oltre che relativi alla loro fruizione. Tuttavia, ormai, tutti gli LMS svolgono le funzioni di LCMS, per cui la distinzione perde di significato.

Le piattaforme LMS supportano una grande quantità di formati per garantire la multimedialità dei contenuti didattici. Questi possono essere pagine HTML, file prodotti con le suite di ufficio o con software di terze parti, audio, video, animazioni ecc. Le caratteristiche principali che devono contraddistinguere questo tipo di materiali sono:

● la modularità, che consiste nella suddivisione dei contenuti in blocchi che richiedono poco tempo per essere visualizzati cosicché lo studente possa dedicarvisi anche quando ha a disposizione brevi intervalli di tempo nell’arco della giornata (ad esempio durante un tragitto in treno o nelle pause dal lavoro); ● l’interattività, perché lo studente non dev’essere un fruitore passivo ma un protagonista attivo dell’apprendimento, pertanto deve essere in grado di interagire con il materiale didattico, che deve offrire la possibilità di compiere delle scelte in base alle quali si creano diversi percorsi possibili e, al contempo devono restituire e raccogliere feedback;

● l’esaustività, che consiste nel fatto che ciascun contenuto deve avere uno scopo ben preciso ed inerente a uno degli obiettivi formativi prefissati nella fase di realizzazione della piattaforma;

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● l’interoperabilità, che si esprime come la possibilità di scambiare e riutilizzare i contenuti su altre piattaforme compatibili ma diverse da quella che li ospita in origine.

Per arrivare a possedere tutte le caratteristiche sopra elencate, i moduli che ospitano i contenuti didattici sono stati ripensati come Learning Objects (LO). É grazie al concetto di LO che si realizza la modularità dei materiali di un corso blended, mentre per garantire la compatibilità dei vari LO nello scambio tra piattaforme diverse, è stato creato uno standard al quale essi devono conformarsi: lo Sharable Content Object

Reference Model (SCORM). Un LO conforme alle specifiche tecniche definite dallo

SCORM può essere utilizzato con successo da qualsiasi piattaforma compatibile, può essere “interpretato” e gestito dai LMS e può essere catalogato attraverso dei metadata nei loro database. Quest’ultima funzionalità in particolare ha l’importante funzione di non richiedere agli utenti di una piattaforma l’installazione di alcun software sul loro dispositivo per poter accedere ad essa.

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Giocare per apprendere, il gioco

applicato alla didattica online

L’idea che ci ha guidato lungo tutto questo percorso è quella di introdurre il divertimento ed il gioco nell’ambiente scolastico ed in particolare nello studio della matematica, per “rispondere al fuoco col fuoco” intervenendo sugli aspetti emozionali negativi legati a questa materia e provare ad eliminarli o perlomeno ad affievolirli, facendo subentrare sentimenti positivi. Un esempio di quanto l’abbinamento tra gioco e studio sia tutt’altro che frivolo è rappresentato dalla scuola fondata dalla The Bill e

Melinda Gates Foundation, che si chiama Institute of Play ed ha sede a New York.

Essa vede nel gioco, non soltanto quello digitale ma di qualsiasi tipo, il veicolo attraverso il quale sviluppare le competenze richieste dalla società odierna, ad esempio

« [...] systems thinking, risk taking, critical reflection, collaboration, creative problem solving, tenacity, empathy and innovation »2.

« [...] pensiero sistemico, la capacità di valutare quando è il caso di correre dei rischi, la riflessione critica, la collaborazione, il problem solving creativo, la tenacia, l’empatia e l’innovazione».

Le tecniche e le strategie per concretizzare questo tipo di impegno nell’ambito dell’e-learning sono parte, in realtà, di una pratica più ampia, che agisce in contesti anche molto diversi tra loro e prende il nome di gamification.

Gamification

Il neologismo gamification nasce nel 2002 dall’inglese Nick Pelling, programmatore di giochi, ma viene usato con più assiduità dal 2010.

Non esiste ad oggi una definizione precisa atta a definirla, ma ce ne sono alcune che mettono d’accordo vari autori. La indicano come l’insieme di pratiche e di meccaniche di gioco utilizzate in contesti non ludici, insieme alle tecniche di game design.

La connotazione tecnologia di queste strategie non è esplicita nel termine, ma si sottintende che questa prassi sia veicolata principalmente da tecnologie digitali. L’intento che si vuole raggiungere è l’incremento del livello di coinvolgimento e di

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motivazione degli utenti ai quali ci si rivolge. Questo è uno degli elementi principali che differenzia la gamification dal gioco, che spesse volte è fine a sé stesso e non ha altri obiettivi al di fuori del divertimento.

La gamification trova largo impiego in svariati campi, come quelli economico e militare finanche quello dell’apprendimento. Scegliendo come riferimento la classificazione di Werbach e Hunter (2012) gli elementi di gioco che concorrono alla gamificazione di un’attività si classificano in

● dinamiche, che servono ad impostare l’ambiente gamificato e comprendono vincoli e limitazioni, emozioni, sviluppi narrativi, la progressione di chi gioca e le relazioni tra la community di utenti;

● meccaniche, che rendono l’attività più coinvolgente per cui comprendono i concetti di sfida, cooperazione, competizione, feedback, ricompense;

● componenti, che sono gli aspetti concreti attraverso i quali si realizzano le prime due, ad esempio, avatar, badge, collezioni di oggetti, combattimenti, sblocco di contenuti, classifiche, livelli, punti, squadre.

La combinazione di questi elementi (non necessariamente tutti) rientra nella fase di

game design. Secondo Deterding (2011) i cardini attorno ai quali dovrebbe ruotare un

progetto di gamification efficiente sono

● il senso (meaning) responsabile del coinvolgimento del giocatore per il quale le attività proposte devono avere un significato ben definito che può dipendere dall’esperienza soggettiva dell’utente o da un contesto narrativo dell’applicazione;

● il controllo (mastering) cioè la consapevolezza di possedere determinate competenze ed abilità. Essa non si realizza semplicisticamente con l’erogazione di badge o con la scalata di una classifica, ma scende più in profondità perché richiede che l’utente sia soddisfatto di quanto è in grado di fare e di ciò che ha appreso;

● la libertà (autonomy) intesa come possibilità di scegliere quando, dove e se dedicarsi all’attività in questione.

La libertà percepita è legata alle motivazioni che inducono l’utente a partecipare all’attività gamificata. Esse possono essere intrinseche, quando dipendono solo dalla volontà del giocatore che prova piacere, interesse o curiosità nello svolgere l’attività, oppure estrinseche, nel caso in cui siano legate a fini secondari, come ad esempio ottenere un riconoscimento oppure evitare situazioni negative. Possiamo riassumere la

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differenza tra motivazioni intrinseche ed estrinseche come quella che passa tra il

volere ed il dovere fare qualcosa. Per Deterding il proponimento migliore è quello di

riuscire a convertire le motivazioni estrinseche in intrinseche mentre secondo Zichermann e Cunningham (2011) non ha senso ritenere più efficace una delle due tipologie e quindi cercare di influenzare gli utenti affinché modifichino i loro atteggiamenti. Al contrario, per i due autori, la gamification si rivela più performante quando riesce ad amalgamare le leve intrinseche ed estrinseche attenzionando le inclinazioni soggettive degli studenti.

Per quanto riguarda il concetto del controllo, come abbiamo anticipato, questo non viene completamente soddisfatto quando si ricevono badge o altri riconoscimenti ma è più legato alla percezione dell’efficacia delle proprie competenze. Essa si verifica quando l’utente riesce ad immergersi totalmente in ciò che sta facendo e dunque, in termini tecnici, raggiunge il flow: l’equilibrio tra gli stati d’animo di ansia e noia. L’ansia subentra quando le richieste alle quali l’utente deve attendere sono troppo elevate rispetto le sue capacità attuali. La noia, al contrario, sopraggiunge quando le sfide da affrontare sono troppo banali. Occorre quindi proporre delle attività che tengano ben conto delle competenze degli utenti in modo da non causare né frustrazione (in caso di ripetuti fallimenti) né noia (per l’eccessiva facilità). La gamification può svolgere un ruolo chiave nell’amplificare i benefici in termini di appagamento e di determinazione nel muoversi verso l’obiettivo finale derivanti dal raggiungimento (e dal mantenimento) del flow.

Infine la gamification deve contribuire a dare un senso alle richieste che vengono fatte agli utenti. Dare un significato ed uno scopo all’attività, evitare proposte che hanno valenza per il game designer ma non per l’utente, non favoriscono il suo coinvolgimento e di conseguenza pregiudicano il riutilizzo dell’applicazione.

Digital Storytelling

Nel caso di attività che non hanno particolare rilevanza per i soggetti alle quali sono rivolte, il modo migliore per coinvolgerli e prolungare il loro interesse è quello di raccontare una storia (storytelling) che colleghi e riempia di significato le sfide e le richieste che il destinatario dell’applicazione gamificata deve fronteggiare.

La pratica di raccontare storie per catturare l’attenzione e veicolare messaggi o insegnamenti non è certo un’invenzione moderna, ma ha assunto una connotazione diversa quando si è cominciato ad esplorare con metodo scientifico il suo valore nell’ambito educativo. In tempi moderni, con l’uso delle tecnologie anche nell’ambito

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dell’apprendimento, si parla di digital storytelling quando la creazione e la narrazione delle storie avviene tramite supporti e risorse digitali.

Abbiamo già citato l’uso del contesto narrativo tra le dinamiche di gioco che dovrebbero essere incluse in un progetto di gamification valido secondo Werbach e Hunter. Il dare significato al progetto è solo una delle buone conseguenze derivanti da una narrazione efficace. Oltre questo possiamo annoverare

● l’interesse verso ciò che viene proposto. Esso non può essere mantenuto vivo soltanto dalla promessa di badge e di competere con gli altri giocatori, anche perché la competizione può rivelarsi un’arma a doppio taglio. Non tutti gli utenti, infatti, sono competitivi, ed in generale le donne lo sono meno degli uomini. Inoltre i soggetti molto competitivi tendono a portare a termine i compiti a loro assegnati più rapidamente degli altri e dunque possono perdere in modo altrettanto veloce il desiderio di continuare a fruire dell’attività.

● l’immedesimazione e quindi un maggior coinvolgimento dei partecipanti dovuto al fatto che essi possono essere non soltanto degli osservatori passivi, ma protagonisti attivi della storia (come spesso accade nei videogiochi nei quali l’io narrante coincide con il giocatore). Essa, poi, diventa tanto più coinvolgente quanto più è interattiva e quindi suscettibile alle scelte degli utenti.

● la progressione che si realizza predisponendo livelli e sotto-obiettivi che, ancora una volta, possono ancora avvalersi dei meccanismi di ricompensa o di collezione che abbiamo già citato, ma ottengono un valore aggiunto quando comportano l’avanzamento della storia narrata.

Nell’ambito dell’e-learning, il DST, permette l’interazione tra il pensiero logico e quello narrativo. Entrambi concorrono nella comprensione dei problemi e nella formulazione di una strategia risolutiva vincente, ma devono essere ben amalgamati da una narrazione consistente e ben formulata che renda coerenti tanto le informazioni logicamente rilevanti quanto quelle importanti dal punto di vista del contesto (Zan 2015). Può incoraggiare non soltanto la competizione, ma anche la cooperazione fra pari, sia per costruire nuove conoscenze, quindi risolvere insieme i problemi, oppure creare nuovi materiali.

Possiamo citare l’attività proposta da Ravanelli (2012) rivolta a studenti di scuola primaria, nella quale la storia vede come protagonisti dei bambini coetanei e si svolge in spazi a loro familiari (l’aula, la casa, il campo da calcio, ecc). Il narratore, in questo caso, è anche lui un bambino che racconta le sensazioni sue e dei suoi compagni. Qui ritroviamo la componente dell’immedesimazione, ma anche forti leve intrinseche,

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perché la spinta motivazionale consiste nella volontà di realizzare dei materiali per lo studio ed il ripasso delle tabelline rivolti principalmente ad un compagno di classe con bisogni educativi speciali. Un altro modello di attività didattica vygotskijana mediata dal digital storytelling è quello proposto da Albano, Dello Iacono e Mariotti (2016). L’obiettivo è quello di supportare lo studente nel produrre argomentazioni e per realizzarlo gli autori fanno interpretare agli studenti degli scienziati incaricati di analizzare i dati inviati da alcune sonde spaziali circa la composizione delle rocce di un pianeta alieno. Il contesto narrativo si presta all’assegnazione di ruoli diversi con compiti specifici per ciascuno studente, all’interazione con materiali interattivi, alla produzione di argomentazioni a livello individuale e poi cooperativo utilizzando un registro linguistico colto.

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Moodle, una piattaforma costruttivista

Uno degli LMS più diffusi è Moodle (Modular Oriented Object Learning Environment). Questa piattaforma non nasce per ragioni commerciali, ma dall’esperienza quotidiana del suo ideatore, l’australiano Martin Dougiamas (Perth, Agosto 1969)3 il quale ha

trascorso gli anni della sua giovinezza nel deserto dell’Australia Occidentale, in un insediamento di nativi australiani. A causa della lontananza dalla scuola più vicina e per esigenze familiari, ha frequentato la Kalgoorlie School of the Air a distanza, mantenendo i contatti tramite una radio ad onde corte. Appare naturale, dunque, il suo interesse verso i progressi delle tecnologie wireless e di Internet, che lo porteranno, una volta terminati gli studi all’età di 17 anni, ad essere assunto come consulente informatico alla Curtin University. Grazie al suo ruolo ha la possibilità di rendersi conto delle difficoltà incontrate dai non esperti del settore nel rapportarsi alle nuove tecnologie. Successivamente l’università decide di installare WebCT (il primo tra gli LMS, sviluppato dalla British Columbia University) ed assegna l’incarico di lavorare sulla piattaforma per migliorarla ed adattarla alle esigenze dell’istituto a Dougiamas. Questi si scontra così con le restrizioni dovute ai diritti di proprietà intellettuale del software e con la rigidità degli sviluppatori che non gli permettono di lavorare con efficienza. Prende così la decisione di sviluppare un nuovo LMS open-source e comincia a lavorare su quella che, nel 2001, verrà rilasciata come la prima versione pubblica di Moodle4.

Questa breve sintesi delle vicissitudini che hanno portato Martin Dougiamas a dare vita ad un progetto in continua espansione e di portata globale, sembra doverosa per comprendere non soltanto le motivazioni, ma anche la filosofia che permea la comunità di Moodle. Lo stesso Dougiamas descrive la sua “creatura” con queste parole:

«The term “LMS” can mean a lot of things and I rarely use it for Moodle. Moodle was always designed as a learning platform, more like an operating system or a “lego set” which allows you to create exactly the tool you need for a particular learning situation, ranging from the smallest home school up to the largest University. Every class is different»5.

«Il termine “LMS” può significare parecchie cose ed io raramente lo uso per riferirmi a Moodle. Moodle è sempre stato progettato come una piattaforma di

3http://brainprick.com/martin-dougiamas-reshaping-the-world-of-education-through-moodle/. 4 Ibidem.

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apprendimento, più simile ad un sistema operativo o ad un “set di mattoncini lego” che ti permette di creare esattamente lo strumento di cui hai bisogno per una particolare situazione di apprendimento, dalla più piccola scuola di paese fino alla più grande università. Ogni classe è diversa».

Da queste poche righe è già possibile intuire le potenzialità di Moodle: qualunque utilizzatore ne abbia le capacità può fornire il suo contributo realizzando e condividendo con la comunità degli utenti (o moodlers) nuovi strumenti, accessori, tecniche, temi, come plug-in di facile installazione. Un’offerta così vasta e variegata presenta anche un rovescio della medaglia, che consiste nel fatto che coloro i quali installano Moodle, per usi personali o per conto di un’istituzione scolastica o universitaria, devono comprendere le caratteristiche delle molte opzioni e distinguere tra quelle effettivamente utili e quelle non rilevanti ai propri fini, le quali possono essere perciò disabilitate. Di fondamentale importanza è anche la formazione degli educatori che utilizzeranno la piattaforma Moodle per i propri corsi e che spesso viene trascurata da parte degli istituti o sottovalutata dagli stessi docenti, nell’illusione che basti dotarsi delle “nuove tecnologie” per ottenere mirabolanti risultati.6 Lo stesso Dougiamas è

molto critico su questo aspetto:

«Finally, like any major IT system, the inclusion, training and enculturing of the educators who will be using Moodle is absolutely critical to success. I see a lot of schools just install a vanilla Moodle with its default configuration and expect great online learning to start happening – it rarely does. Teachers on the frontline are generally far too overworked already to work all this out on their own»7.

«Infine, come per qualsiasi sistema informatico importante, il coinvolgimento, la formazione e l’entrata nella cultura del sistema da parte degli educatori che utilizzeranno Moodle è assolutamente necessaria per il successo. Vedo molte scuole installare una versione base di Moodle con le sue impostazioni di base ed aspettarsi grandi risultati dell'apprendimento online - cosa che accade raramente. Gli insegnanti più attivi sono generalmente troppo sovraccarichi di lavoro per potervisi dedicare per conto proprio».

6 Ibidem. 7 Ibidem.

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La filosofia vygotskijana di Moodle

Sul sito della community di Moodle, nella sezione relativa alla documentazione, vi è un’intera pagina8 dedicata alla “filosofia di Moodle” che racconta quali sono le teorie

che hanno ispirato il software e il suo sviluppo. Tali principi motori sono propri del

costruttivismo, del costruzionismo e del costruzionismo sociale; questi, in sintesi,

prevedono che il discente non debba subire passivamente la trasmissione delle nuove conoscenze da parte dell’educatore, ma partecipare attivamente al processo che porta alla loro costruzione. Tale meccanismo si attiva quando il discente utilizza le conoscenze pregresse per interagire con l’ambiente circostante (costruttivismo) e collaborare con il gruppo dei pari (costruttivismo sociale). Se a questa fase ne segue una che prevede la realizzazione di elaborati, che possono essere semplici domande, testi scritti, grafici, ecc allora la conoscenza viene rafforzata (costruzionismo) e diventa molto più efficace e profonda rispetto a quella che potrebbe essere acquisita semplicemente ascoltando o leggendo una lezione.

L’importanza della collaborazione tra pari, ed in particolari con quelli che hanno competenze anche solo lievemente maggiori delle proprie, viene affermata da Vygotskij (1934) nella sua teoria dell’apprendimento sociale. Lo studente è protagonista attivo dell’apprendimento ed in quanto tale costruisce le nuove conoscenze elaborando gli input che riceve dall’esterno. La distanza tra le competenze già maturate e quelle competenze che è potenzialmente in grado di raggiungere sotto la guida di un adulto o collaborando con i pari che in quel momento hanno un livello di competenza maggiore, viene definita da Vygotskij come area di sviluppo prossimale. L’attenzione dell’educatore, dunque, non deve essere più monopolizzata da “quello che il discente sa fare” ma deve essere rivolta anche a “quello che il discente è in grado di fare se opportunamente guidato”. I compiti proposti per rivelarsi efficaci, non dovrebbero far intervenire le competenze già acquisite (a meno che non siano attività di verifica) perché possono apparire banali e suscitare noia e sentimenti demotivanti. Anche l’alternativa opposta, cioè quella di proporre attività che si collocano nell’area di incompetenza (l’area C mostrata in Figura 1), si rivela controproducente perché può generare frustrazione e sentimenti di scarsa autostima poiché lo studente è capace di attendere alle richieste che gli vengono avanzate né da solo né in gruppo.

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Fig. 1 Schema delle tre aree dello sviluppo cognitivo: individuale (A), prossimale (B), della non competenza (C). Una proposta didattica performante, quindi, coinvolge l’area di sviluppo prossimale degli studenti e punta non soltanto ad innescare i processi di apprendimento, ma anche, successivamente, a riflettere su di essi per sollecitare le competenze metacognitive. La nuova conoscenza acquisita tenderà quindi a far espandere l’area delle competenze già maturate. Come suggeriscono le frecce di diversa lunghezza in

Figura 1 tale accrescimento non è omogeneo, ma predilige alcuni settori piuttosto che

altri e questo, secondo Gardner (1987), è in accordo con la diversificazione delle intelligenze e degli stili cognitivi.

Per riuscire a costruire attività didattiche adatte a stimolare l’area di sviluppo prossimale è bene misurare preventivamente il potenziale di apprendimento degli studenti. Dias (1995) suggerisce in merito due strategie da lui nominate intensiva ed

estensiva. La prima si articola in due fasi: la valutazione delle competenze individuali

dello studente e l’intervento sulle risposte errate o non date, che consiste in aiuti standard gradatamente sempre più consistenti fino a quando lo studente non diventa in grado di risolvere i problemi che prima non è riuscito a concludere. La seconda strategia prevede invece tre momenti:

● la fase del pre-test con domande e problemi standard per misurare le competenze individuali;

● la fase di apprendimento durante la quale si interviene per aiutare lo studente a svolgere risolvere i problemi che da solo non è riuscito ad affrontare. Il supporto può consistere in suggerimenti standard (come nella strategia intensiva) oppure

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personalizzati in base alle sue esigenze che traspaiono anche dal tipo di risposte errate che ha dato (questo è il metodo di valutazione dinamica proposto in Feuerstein et al., 1980);

● la fase di post apprendimento, in occasione della quale viene riproposto lo stesso test per accertare l’efficacia di quanto fatto nella fase di apprendimento. Entrambe le modalità permettono di “misurare” l’ampiezza dell’area di sviluppo prossimale in base al numero di suggerimenti necessari allo studente per risolvere un problema per il quale inizialmente ha incontrato difficoltà: ad un maggior numero di aiuti corrisponde un’area di sviluppo prossimale più sottile e viceversa.

Raccogliendo la proposta presentata da Di Martino, Fiorentino e Zan (2011) nell’ambito del progetto ELTP (E-Learning Transition Project) abbiamo voluto adottare le stesse strategie pensate per supportare gli studenti nel passaggio dalla scuola superiore all’università per progettare un ambiente di apprendimento adatto a ragazzi più giovani, ma con le stesse finalità. In particolare le attività vogliono favorire la discussione tra gli studenti nonché il confronto con i docenti, concedere e valorizzare il tempo necessario per riflettere sui problemi, prestare attenzione ai processi più che ai risultati e considerare l’errore come indicatore e punto di partenza per interventi di recupero mirati.

Attività e Risorse di Moodle

Le diverse funzionalità offerta da una piattaforma Moodle sono distinte in due categorie: le Attività, che prevedono che gli studenti interagiscano tra pari e/o con i docenti, e le Risorse, le quali, invece, sono un veicolo per l’erogazione di contenuti da parte del docente e non prevedono nessun coinvolgimento attivo degli studenti. La versione standard attuale9 di Moodle dispone di 14 Attività e 7 Risorse diverse. In

alcuni casi, come in questa sede, ci riferiremo ad entrambe le categorie con la parola “attività”, scrivendo l’iniziale minuscola per distinguerla dalle Attività specifiche di Moodle o con il termine modulo, come viene fatto sul sito ufficiale. Per gestire i moduli di Moodle è necessario attivare le modifiche, cliccando sull’apposito pulsante oppure utilizzando il blocco Amministrazione e seguendo il percorso Amministrazione >

Amministrazione del corso > Attiva modifica. Fatto questo, nella parte inferiore di

ciascuna sezione del corso, appare il link “Aggiungi un’attività o una risorsa” che, quando viene cliccato, mostra una finestra pop-up con le attività disponibili ed una loro breve descrizione.

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Fig. 2 La finestra per la selezione della nuova attività da aggiungere al corso.

Tutte le Attività e le Risorse prevedono di stabilire alcune condizioni che permettono l’accesso soltanto agli studenti che le soddisfano. I requisiti da soddisfare possono essere basati su diversi elementi, come la valutazione ottenuta in altre attività o l’appartenenza a determinati Gruppi o Raggruppamenti. Cliccando su un pulsante a forma di occhio (evidenziato in rosso in Figura 3) il docente può scegliere se nascondere completamente l’attività quando questa non è accessibile oppure se lasciarla visibile ma disabilitata, mostrando però i requisiti necessari per sbloccarla.

Fig. 3 Criterio di accesso basato sulla valutazione. In evidenza il pulsante che regola la visibilità dell’attività.

Durante la sperimentazione abbiamo fatto largo uso di queste impostazioni per raggiungere varie finalità:

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● limitare l’accesso a determinate attività solo ad alcune classi (utilizzando le condizioni sui gruppi e sui raggruppamenti) evitando di mostrare alle altre contenuti per i quali non hanno interesse;

● indirizzare gli studenti lungo un percorso preciso consentendo loro di sbloccare determinati contenuti in ordine sequenziale: un Quiz accessibile solo dopo aver navigato la Lezione corrispondente o una Pagina di approfondimento mostrata solo dopo aver studiato le nozioni di base;

● sbloccare materiali bonus per premiare il conseguimento di un determinato obiettivo, come l’aver superato un Quiz con un punteggio elevato. Nel secondo corso, in particolare, abbiamo adottato questo espediente per consentire agli studenti di scoprire gradualmente la storia della quale sono protagonisti facendola avanzare parallelamente ai loro progressi nello studio. Il racconto, infatti, è veicolato attraverso brevi testi ed animazioni che compongono alcune Etichette che restano completamente nascoste fino a quando non vengono soddisfatte le condizioni sulle attività precedenti.

Non vogliamo dare una descrizione esaustiva di tutti i moduli disponibili, ma ci limiteremo a presentare quelli che abbiamo utilizzato di più ponendo l’attenzione sulle finalità didattiche che abbiamo voluto raggiungere per mezzo di essi.

Icona per la risorsa Etichetta.

Le Etichette consentono di arricchire la home page del corso con testi, immagini, link e file multimediali. Sono perfettamente indicate per organizzare visivamente le attività presenti in piattaforma, o anche semplicemente per rendere l’ambiente più colorato e dinamico. Come abbiamo già avuto modo di accennare, le abbiamo impiegate frequentemente con entrambe le finalità trovando in esse il mezzo più diretto per integrare il contesto narrativo con i contenuti didattici.

Icona per la risorsa Pagina.

Il modulo Pagina mette a disposizione del docente l’editor di testo per inserire testi, per l’appunto, ma anche immagini, file multimediali e codice incorporato.

Icona per la risorsa Libro.

Quando i contenuti di questo tipo che si vogliono veicolare sono più articolati e connessi tra loro è bene utilizzare la Risorsa Libro. Questa permette di organizzare le pagine in capitoli e paragrafi che possono essere numerati oppure no. Anziché riempire “a mano” le pagine del Libro è possibile importare i capitoli da file HTML. Dal menù laterale

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Amministrazione > Gestione libro gli utenti possono stampare l’intero

Libro o soltanto il capitolo che si sta visionando. Abbiamo impiegato i Libri per fornire materiali di approfondimento e ripasso ed anche per costruire le soluzioni guidate ad alcuni problemi proposti utilizzando le impostazioni sull’accessibilità condizionata per renderle visibili solo agli studenti che hanno già ottenuto una valutazione definitiva per l’attività associata.

Icona per l’attività Glossario

Il Glossario è una raccolta di termini e definizioni che possono essere create e gestite dai partecipanti del corso oppure esclusivamente dal docente, che può abilitare gli studenti alla sola visione. La sua caratteristica peculiare consiste nei collegamenti alle voci: inserita una nuova definizione, tutte le occorrenze sono automaticamente10

collegate ad essa, per cui cliccando sul termine appare una finestra

pop-up con la sua descrizione. Si viene così a creare una rete di

informazioni interconnesse sempre disponibili.

Anche solo per questo motivo il Glossario può ricoprire un ruolo molto importante: un piccolo manuale sempre pronto per essere consultato, anche mentre si sta navigando una Lezione o rispondendo alle domande di un Quiz e che mostra le relazioni tra tutte le voci al suo interno. Ogni voce di Glossario deve obbligatoriamente comprendere i campi “concetto” e “definizione”. Un’altra serie di opzioni facoltative concorrono ad arricchire la descrizione del termine: è possibile scegliere uno o più alias, cioè parole alternative che puntano alla stessa voce, assegnare una categoria per organizzare meglio i termini o allegare uno o più file. Anche le caratteristiche dei link automatici lasciano una certa libertà di personalizzazione: per ciascuna voce l’utente può decidere se attivare o meno il collegamento, renderlo sensibile all’uso di maiuscole e minuscole (case sensitive) e considerare soltanto le parole intere.

10 Perché ciò avvenga è necessario abilitare il filtro “Link automatici al glossario” dal menù Amministrazione del sito > Filtri.

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Fig. 4 L’editor di testo TinyMCE HTML editor: è possibile installarne altri e scegliere quello predefinito.

Il Glossario può essere visualizzato in sette diversi formati che differiscono in base al modo in cui vengono visualizzate alcune informazioni ed al comportamento degli allegati. La tabella seguente mostra le principali differenze tra i formati disponibili.

Formato Autore Data Allegati

Semplice, stile dizionario - - link

Continuo, senza autore - - link

Completo, con autore ✓ ✓ link

Completo, senza autore - ✓ link

Enciclopedia ✓ ✓ incorporati

Elenco di voci - - link

F.A.Q. - ✓ link

Tab. 1 Tabella dei formati disponibili per il Glossario.

In particolare, il formato “F.A.Q.” (Frequently Asked Questions) sostituisce alle diciture “concetto” e “definizione” quelle di “domanda” e “risposta”. Scegliendo invece “Elenco di voci” il Glossario ha l’aspetto di una lista di link che rimandano alla definizione corrispondente. È inoltre possibile consentire la creazione di concetti duplicati come anche abilitare i commenti alle voci e stabilire se gli autori possono modificarle dopo averle inserite. Abbiamo impiegato questa attività per aiutare gli studenti a costruire le

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proprie competenze linguistiche che consistono nella capacità di passare da un registro linguistico evoluto ad uno colloquiale e viceversa (Ferrari, 2003). Un’interpretazione scorretta del testo di un problema può essere causa di errori che spesso vengono però ricondotti a carenze sul piano logico piuttosto che linguistico. Nel compilare il Glossario, i ragazzi producono testi e sperimentano la differenza tra i due registri, nonché l’utilità di quello più evoluto per illustrare nuovi concetti senza ambiguità e con precisione. I commenti ed i suggerimenti del docente, inoltre, lo inducono ad una riflessione metacognitiva su quando ha scritto e sul modo di esprimersi che ha utilizzato, indirizzando verso un’analisi consapevole delle differenze tra i registri linguistici.

Icona per l’attività Compito.

I Compiti rappresentano l’opportunità per il docente di far svolgere un determinato lavoro agli studenti avendo poi la possibilità di commentare e valutare il loro operato. Gli utenti possono consegnare file digitali in qualunque formato, eventualmente accompagnati da annotazioni testuali scritte attraverso una form appositamente dedicata. Tra le impostazioni principali citiamo quelle che consentono di stabilire un termine entro il quale effettuare la consegna o di impostare un numero massimo di tentativi che ogni studente ha a disposizione per modificare il suo lavoro dopo che questo è stato valutato.

Icona per l’attività Quiz.

I Quiz consentono ai docenti di realizzare test di verifica componendoli con domande che possono essere di varie tipologie, tra le quali a

scelta multipla, corrispondenza, vero/falso, numerica e componimento.

La gestione delle domande, in generale, è affidata al Deposito delle

domande attraverso il quale il docente può creare, modificare, vedere

in anteprima ed organizzare in categorie i quesiti. Durante le fasi di modifica di un Quiz, pertanto, per inserire una domanda se ne può creare una nuova sul momento (che viene automaticamente aggiunta al Deposito) oppure la si può scegliere tra quelle già esistenti.

Il docente può limitare il numero di tentativi disponibili e decidere che, ad ogni nuovo tentativo, le domande proposte siano sempre le stesse (eventualmente presentate in ordine diverso) oppure ogni volta riselezionate casualmente da specifiche categorie del Deposito. Tutte le domande vengono valutate automaticamente dalla piattaforma, ad eccezione di quelle a risposta aperta (il tipo “componimento”) che richiedono l’intervento del docente.

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Fig. 5 Il menù dal quale selezionare la tipologia di domanda che si vuole creare.

Quando si crea una nuova domanda è necessario specificare obbligatoriamente il “titolo”, il “testo” ed il “punteggio di default” oltre ad almeno una possibile risposta. In via opzionale, invece, si possono costruire un Feedback generale e dei Feedback

specifici: entrambi sono mostrati dopo che lo studente ha inviato la sua risposta, ma gli

ultimi, al contrario del primo, dipendono dalla risposta selezionata.

Fig. 6 Le opzioni di revisione nelle quattro fasi fondamentali del Quiz.

Il docente ha anche la possibilità di agire sulle Opzioni di revisione (Fig. 6) per stabilire quali informazioni possono essere mostrate agli studenti in vari momenti: durante il tentativo, entro due minuti dall’invio delle risposte, dopo aver terminato la prova oppure dopo che il Quiz è stato chiuso. L’ultima condizione si può verificare solo se il docente

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ha stabilito una data oltre la quale l’attività non è più accessibile. Un’altra impostazione utile per costruire il Quiz in base alla finalità didattica che vuole essere raggiunta è quella che riguarda il Comportamento della domanda.

Fig. 7 Le opzioni che regolano il comportamento delle domande all’interno di un Quiz.

Sono disponibili 7 configurazioni diverse caratterizzate da come vengono calcolati i punteggi, dall’eventualità di provare a dare subito una nuova risposta nel caso in cui la prima sia errata e da come vengono erogati i feedback. Di seguito riportiamo una breve descrizione delle modalità disponibili.

● Feedback differito, il punteggio e gli eventuali feedback vengono mostrati solo dopo che lo studente ha inviato le risposte a tutte le domande e terminato il tentativo.

● Feedback immediato, per ciascuna domanda, gli studenti vedono il punteggio ed il feedback relativo alla loro risposta, subito dopo averla confermata. In caso di risposta sbagliata non hanno la possibilità di riprovare.

● Interattivo con tentativi multipli, dopo aver selezionato o inserito la risposta ad una domanda, gli studenti devono cliccare sul pulsante “Verifica risposta” per ricevere subito un feedback e, in caso di errore, un suggerimento. Possono dunque provare a rispondere ancora cliccando sul pulsante “Riprova” fino ad un numero di volte pari a quello dei suggerimenti inseriti dal docente aumentato di uno. Ad ogni tentativo si riceve un suggerimento diverso e, eventualmente, una penalità, anch’essa stabilita dal docente.

● Modalità adattiva, anche in questo caso il tasto “Verifica risposta” consente di vedere un feedback specifico, ma nessun suggerimento. Lo studente può ritentare nuovamente fin che vuole prima di passare alla domanda successiva. ● Modalità adattiva (con penalità), rispetto la modalità adattiva semplice, il

punteggio finale per ciascuna domanda dipende dal numero di tentativi effettuati, ad ognuno dei quali corrisponde una penalità stabilita dal docente.

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Gli altri due modelli di comportamento disponibili sono Feedback differito con CBM e

Feedback immediato con CBM. Esse sono analoghi ai corrispettivi Feedback differito e Feedback immediato, ma in più chiedono allo studente di specificare quanto è sicuro

della risposta che ha dato. La sigla CBM, infatti, sta per Certainty-Based Marking: lo studente può scegliere tra tre diversi livelli di certezza (poco, abbastanza, molto) che influenzano il punteggio ottenuto a seconda che la risposta data sia corretta o no. La tabella seguente indica la percentuale di punteggio ottenuta in base alle possibili combinazioni.

Poco sicuro Abbastanza sicuro Molto sicuro Non specificato

Se corretta 34% 67% 100% 0

Se errata 0 -67% -200% 0

Tab.2 Tabella che illustra il risultato della combinazione tra esito della risposta e livello di certezza.

Nel primo corso abbiamo utilizzato la modalità adattiva con penalità associata alla possibilità di ripetere il Quiz fino ad un massimo di tre volte, mantenendo il voto più alto ottenuto. Ad ogni nuovo tentativo il Quiz cambia volto perché pesca casualmente le domande dal deposito dove sono raggruppate in categorie a seconda dell’argomento di riferimento e della difficoltà. Abbiamo costruito dei feedback specifici corrispondenti a ciascuna risposta di tutte le domande utilizzate che spiegano perché è giusta o, eventualmente, perché non lo è e quali contenuti andrebbero rivisti per correggere il proprio errore. Nel secondo corso, invece, i Quiz, sempre in modalità adattiva, possono essere svolti una sola volta.

Icona per l’attività Quiz.

La Lezione è formata da una serie di pagine HTML (le quali possono dunque ospitare contenuti multimediali come immagini, video, animazioni ecc.) che possono essere collegate fra loro in modo da permettere a ciascuno studente di visualizzarle seguendo un percorso che si modifica di volta in volta in base alle scelte da lui effettuate. Ogni pagina, infatti, chiede di effettuare una scelta tra più opzioni disponibili, a ciascuna delle quali corrisponde un “salto” che rimanda ad una pagina ben precisa della stessa Lezione.

Moodle distingue fra pagine con contenuto e pagine con domanda: le prime contengono sempre almeno un pulsante e sarà poi discrezione di chi costruisce la Lezione decidere se predisporne altri oppure no; le seconde, invece, contengono quesiti che possono essere di diversi tipi (corrispondenza, numerica, risposta breve, scelta multipla, vero/falso, componimento) che, a seconda della risposta dello

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studente, oltre a reindirizzarlo verso una pagina specifica, erogano un feedback personalizzato. Questa modalità di fruizione permette al docente di sviluppare, attraverso i percorsi suggeriti dai feedback, una lezione diversa per ogni alunno, improntata a riconoscere le difficoltà sulle quali intervenire. Ovviamente è possibile che la semplice rilettura della stessa pagina non basti a chiarire ogni dubbio, ma anche in questi casi è possibile intervenire. Tutte le attività del sito vengono registrate automaticamente, quindi, consultando i report relativi ad una certa Lezione, è possibile individuare le domande che presentano il maggior numero di risposte scorrette consecutive e ridiscutere l’argomento in classe. Ciò richiede un impegno notevole in fase di realizzazione della piattaforma, perché chi costruisce i contenuti deve essere in grado di individuare i punti critici, costruire domande ad hoc e soprattutto pensare ad ogni risposta errata come conseguenza di un fraintendimento della teoria in modo da poter indirizzare al giusto contenuto da rivedere.

La figura seguente mostra la pagina di modifica, visualizzata in formato compatto, di una Lezione con quattro pagine di contenuto ed una domanda.

Fig. 8 Pagina di modifica in formato compatto di una Lezione.

Ulteriori opzioni possono essere utilizzate per adattare ancor di più una Lezione alle proprie esigenze, come ad esempio mostrare una barra di avanzamento, visualizzare un menù che include solo le pagine scelte dal docente e che eventualmente può essere reso visibile solo dopo aver raggiunto una certa valutazione ottenuta rispondendo alle domande inserite nell’Attività. Infine la possibilità di collegare la Lezione ad un’altra attività del corso (alla quale si accede tramite un link nella pagina finale).

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Fig.9 Grafo relativo alla Lezione vista in Fig. 8. In colore, due possibili modi di navigare la Lezione.

Questa è una delle funzionalità offerte dalla piattaforma Moodle che permette di costruire una didattica individuale per ciascuno studente, superando i limiti di tempo che, in classe, non permettono di adottare strategie del genere. In questo modo, invece, ciascuno studente può autogestire il proprio percorso di apprendimento a seconda delle sue esigenze e preferenze.

Icona per l’attività Feedback.

Con i Feedback il docente può realizzare dei sondaggi utilizzando domande di diverse tipologie ed elementi aggiuntivi come captcha ed etichette. Le impostazioni dell’attività consentono di raccogliere i dati anche in forma anonima e di decidere se mostrare l’analisi delle risposte agli studenti oppure no.

Icona per l’attività Forum.

Il Forum è un ambiente virtuale che promuove le discussioni asincrone tra i partecipanti di un corso. Il formato standard prevede che chiunque può avviare una discussione o intervenire in una già esistente, ma esistono anche altre tipologie, come quella detta “Domande e risposte” che permette ad uno studente di vedere le discussioni esistenti solo dopo averne avviata una propria, oppure il “Forum monotematico” nel quale si discute di un solo argomento, introdotto nel primo post, e tutti gli utenti possono rispondere.

Il docente può decidere se rendere obbligatoria la sottoscrizione al Forum da parte degli studenti, disabilitarla del tutto, oppure lasciare che siano essi stessi a scegliere seguendo il percorso Amministrazione > Gestione Forum > Modalità di sottoscrizione. Nei corsi da noi programmati abbiamo sempre predisposto dei Forum per garantire a tutti uno spazio condiviso attraverso il quale chiedere supporto al docente ma anche aiutare i propri compagni. Selezionando il formato standard abbiamo voluto promuovere la cooperazione tra gli studenti dando a tutti la possibilità non soltanto di

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avviare discussioni per chiedere supporto relativo alle attività da affrontare in piattaforma o per commentare il lavoro svolto in classe, ma anche quella di aiutare i propri compagni condividendo le proprie idee o suggerendo strategie. Il Forum, dunque, diventa “luogo” in cui si sviluppa la competenza sociale che successivamente si trasforma in competenza individuale in linea con i principi della didattica vygotskijana.

Oltre alle Risorse e le Attività è possibile personalizzare il layout della piattaforma utilizzando i blocchi. Il docente ha sia la possibilità di creare un blocco personalizzato utilizzando del codice HTML oppure può disporre di quelli predefiniti che, ad esempio, prevedono la possibilità di visualizzare l’elenco dei partecipanti del corso o degli utenti online, le attività e le ultime news, una voce casuale di glossario come anche un blocco per i commenti che gli utenti possono utilizzare per comunicare in modo asincrono.

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Matematica a Portata di Mouse

Matematica a Portata di Mouse è il nome dato al corso online che abbiamo realizzato

utilizzando la piattaforma Moodle come prova finale del corso Tecnologie per la Didattica del prof Giuseppe Fiorentino. In seguito, con qualche piccola variazione, la sigla MPM è rimasta una sorta di marchio di fabbrica che ha accomunato i corsi online costruiti sulla piattaforma, che, al momento attuale, sono due utilizzati per tre sperimentazioni diverse. Durante la seconda sperimentazione il corso utilizzato differisce di poco rispetto al primo del quale rappresenta una “seconda versione”. Nel seguito, quando parleremo di “secondo corso” faremo riferimento a quello utilizzato nella terza ed ultima sperimentazione, che è completamente diverso rispetto al primo. Fin dal principio il progetto è stato pensato per essere rivolto a studenti del primo biennio della scuola superiore di secondo grado o degli ultimi anni della scuola superiore di primo grado. Inizialmente non è stato possibile ricevere un riscontro da una vera classe; l’esperienza di tirocinio, dunque, (svoltasi durante l’A.S. 2014-2015) è stata la prima occasione per sperimentare la piattaforma sul campo. L’anno successivo i docenti delle classi coinvolte hanno espresso il desiderio di utilizzare la piattaforma con le nuove classi, la qual cosa ha permesso di testare le prime modifiche al corso online dettate dai riscontri dell’anno precedente. Infine, una versione completamente rinnovata è stata proposta ad altre due scuole durante l’A.S. 2016-2017. Queste esperienze sono state delle tappe fondamentali lungo il percorso formativo sulla didattica con le nuove tecnologie avviato con il corso di Tecnologie per la Didattica.

La gamification e il DST nei corsi del progetto MPM

Per rendere piacevole l’esperienza online degli studenti che avrebbero frequentato la piattaforma ed incentivare la loro partecipazione, così da realizzare gli obiettivi preposti dei quali abbiamo parlato precedentemente, abbiamo fatto ricorso ad alcune tecniche di gamification e sono state introdotte attività per favorire la competizione tra squadre. In entrambi i corsi, anche se in maniera più marcata nell’ultimo, è stato fatto ricorso alla tecnica del digital storytelling, per presentare i contenuti didattici raccontando una storia interattiva della quale gli studenti sono i protagonisti e che si evolve in base alle loro azioni ed alla loro partecipazione alle attività proposte.

La storia che fa da sfondo al primo corso ed alla sua seconda versione è ambientata in uno dei mondi fantastici più conosciuti ed apprezzati, quello dei personaggi Disney, precisamente nel Paese delle Meraviglie. La narrazione inventata per il secondo corso,

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