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Identità mediali e culture in transito : immagini migranti, dall'atelier di "Teledomenica" a "Ricordati di noi".

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(1)

2019

a cura di

STEFANIA PARIGI CHRISTIAN UVA VITO ZAGARRIO

4

Spettacolo e comunicazione

Collana

a cura di

S. PARIGI C. UVA V. ZAGARRIO

·

CINEMA E IDENTITÀ ITALIANA

4

CINEMA

E IDENTITÀ ITALIANA

Gli atti del Convegno Internazionale di Studi “Cinema e identità italiana” (Roma, 28-29 dicembre 2017) mettono in luce la molteplicità delle prospettive con cui può essere affrontato il problema dell’identità nazionale, in un arco temporale che va dai primordi del cinema fi no alla contemporaneità. Un gran numero di studiosi di varia età e provenienza si misura con metodologie e punti di vista differenti, intrecciando le dinamiche cinematografi che con la storia culturale del Paese e con il più vasto panorama intermediale.

Stefania Parigi insegna all’Università degli Studi Roma Tre. Ha pubblicato, tra gli altri, i volumi Fisiologia

dell’immagine. Il pensiero di Cesare Zavattini

(Lindau 2006), Pier Paolo Pasolini. Accattone (Lindau 2008), Cinema-Italy (Manchester University Press 2009), Neorealismo. Il nuovo cinema del dopoguerra (Marsilio 2014).

Christian Uvainsegna all’Università degli Studi Roma Tre. Ha pubblicato, tra gli altri, i volumi Cinema

digitale. Teorie e pratiche (Le Lettere, 2012), Sergio Leone. Il cinema come favola politica (Ente dello

Spettacolo, 2013), L’immagine politica. Forme del

contropotere tra cinema, video e fotografi a nell’Italia degli anni Settanta (Mimesis, 2015) e Il sistema Pixar (Il Mulino, 2017).

Vito Zagarrio insegna all’Università degli Studi Roma Tre. Dirige il Centro Produzione Audiovisivi e il Roma Tre Film Festival. Ha pubblicato, tra gli altri, i volumi John Waters (Il castoro 2005),

L’immagine del fascismo. La re-visione del cinema e dei media nel regime (Bulzoni 2009), The “Un-Happy Ending”: Re-Viewing the Cinema of Frank Capra

(Bordighera 2011), Regie. Il grande cinema italiano

(2)

Collana

Spettacolo e Comunicazione

4

2019

Università degli Studi Roma Tre

Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo FILCOSPE

CINEMA E IDENTITÀ ITALIANA

Cultura visuale e immaginario nazionale fra tradizione e contemporaneità

a cura di

(3)

Comitato scientifico:

Luca Aversano, Marina Galletti, Raimondo Guarino, Giovanni Guanti, Edoardo Novelli, Stefania Parigi, Veronica Pravadelli, Mirella Schino, Anna Lisa Tota, Vito Zagarrio.

Redazione: Mattia Cinquegrani

Impaginazione e cura editoriale: Libreria Efesto

Elaborazione grafica della copertina: Mosquito mosquitoroma.it

Edizioni: ©

Roma, dicembre 2019 ISBN: 978-88-32136-82-1 http://romatrepress.uniroma3.it

Quest’opera è assoggettata alla disciplina Creative Commons attribution 4.0 International Licence (CC BY-NC-ND 4.0) che impone l’attribuzione della paternità dell’opera, proibisce di alterarla, trasformarla o usarla per produrre un’altra opera, e ne esclude l’uso per ricavarne un profitto commerciale.

L’attività della è svolta nell’ambito della

(4)

SOMMARIO

STEFANIA PARIGI, CHRISTIAN UVA, VITO ZAGARRIO, Introduzione 9

ROBERTO DE GAETANO, Il romanzesco cinematografico italiano 1 3

SUZANNE STEWART-STEINBERG, Grounds for Reclamation:

‘From the Swamps to the Days of Littoria’ 25 ICONE NAZIONALI E ITALIANITÀ

SILVIO ALOVISIO, Il corpo e l’anima di una nazione.

Immagini d’infanzia nella Serie Cuore della Film Artistica Gloria 45

ALESSIO SCARLATO, La povertà del potere: appunti sull’identità religiosa

del cinema italiano 57

FABIO ANDREAZZA, Il culto della patria, del littorio e della decima musa.

Nazionalismo e cosmopolitismo negli allievi del CSC (1935-1938) 67

GIULIA RACITI, Il brusio del dialetto come godimento plurale della lingua 75

FRANCESCO CERAOLO, Un paese fondato sul melodramma 83

FRANCESCO VERONA, “Verdi come il padre?”

Identità italiana e messa in crisi della tradizione verdiana nel cinema degli anni Sessanta 91

LUCA MAZZEI, L’italiano di legno nello specchio di Hollywood.

La ricezione del Pinocchio Disney in Italia tra fascismo e dopoguerra 1 01 PANORAMI CONTEMPORANEI

NAUSICA TUCCI, La realtà della finzione.

Tracce identitarie nel cinema italiano contemporaneo 1 1 5

FRANCESCO FEDERICI, L’identità italiana attraverso il racconto delle migrazioni.

Musei, mostre e percorsi espositivi 1 25

GABRIELE LANDRINI, Dall’intervallo alla Recess

(5)

ANDREA RABBITO, L’immagine del dissenso.

La rivoluzione artistica di Pippo Delbono nell’Italia della crisi contemporanea 1 45

STEFANO GUERINI ROCCO, Il Paese delle meraviglie. Percorsi di costruzione identitaria

e possibilità di (tras)formazione nel cinema di Alice Rohrwacher 1 55

VITO ZAGARRIO, Labirinti. Il piano sequenza nel cinema italiano contemporaneo 1 65

VITTORIANO GALLICO, Il Divo di Paolo Sorrentino.

Scrittura cinematografica di una storia controversa 1 79

DARIO CECCHI, Mediare il medium. Narrazioni dell’identità e strategie

dell’emancipazione in Liberami di Federica Di Giacomo 1 89 DINAMICHE DI GENDER

GABRIELE RIGOLA, Ménage all’italiana.

Ugo Tognazzi e le dinamiche di rapporto tra i sessi, tra cinema, identità e discorsi sociali 201

ILARIA A. DE PASCALIS, Cartografie immaginarie e politiche sessuali

in Mimì metallurgico ferito nell’onore 21 1

ENRICO BIASIN, «Per un po’ di tempo camminai come Yul Brynner».

I giovani uomini italiani del dopoguerra al cinema 221

MARIA ELENA D’AMELIO, ‘The ideal man’.

Amedeo Nazzari and national melodramatic masculinity 233

RAFFAELLO ALBERTI, Fellini e la ‘formazione incompiuta’.

Il maschio italiano tra sessualità e cattolicesimo 243

ELISA MANDELLI, VALENTINA RE, «Le bellezze italiane sono tutte curve».

Identità in conflitto sulle pagine di Cinema nuovo (1952-1958) 253 LO SGUARDO DOCUMENTARIO

MIRCO MELANCO, Anni Sessanta.

L’identità italiana dell’arretratezza vista con gli occhi del cinema del reale 269

DANIELE DOTTORINI, La memoria del fuoco.

Mito e racconto nel cinema del reale italiano contemporaneo 279

MATTIA CINQUEGRANI, Tra arcaismo e modernità.

(6)

GIACOMO RAVESI, Padri d’Italia.

Autobiografia e dinamiche generazionali nel documentario italiano contemporaneo 301

MARIANGELA PALMIERI, Le due Italie.

Il Sud come periferia nel documentario 31 1

PATRIZIA FANTOZZI, Visitazione di un’idea di popolo come utopia estetica del mondo.

I cortometraggi di Vittorio De Seta 321 FRONTIERE, MIGRAZIONI, PERIFERIE

GIUSEPPE PREVITALI, Vite al confine.

Spazi e immagini delle migrazioni nella cultura visuale italiana 333

MASSIMILIANO COVIELLO, Lo sguardo dell’altro sulla penisola.

Le migrazioni attraverso il cinema italiano 341

LEONARDO DE FRANCESCHI, Cittadinanza e narrazioni audiovisive in Italia.

Istruzioni per un’inclusione differenziale 351

TOMMASO DI GIULIO, Who Framed Rome?

Periferie urbane ed esistenziali nella Roma nel cinema italiano contemporaneo 361 ITALIANI ALL’ESTERO

ANTONIO CATOLFI, Lo stile cinematografico italiano all’estero.

Artisti e artigiani del set, professionisti e luoghi produttivi 373

MARCO BERTOZZI, Identità mediali e culture in transito.

Immagini migranti, dall’atelier di Teledomenica a Ricordati di noi 385

GIUS GARGIULO, Fritaliens. Slittamenti dell’italianità nel cinema francese 393

DOM HOLDAWAY, MASSIMO SCAGLIONI, Studiare la circolazione.

Metodologie e problematiche di un progetto di ricerca 403

MARCO CUCCO, Le istituzioni e le politiche a sostegno della distribuzione internazionale

del cinema italiano 41 5

PAOLO NOTO, Il cinema italiano negli Istituti Italiani di Cultura all’estero.

Alcuni casi di studio 425

LUCA BARRA, MARTA PERROTTA, Il cinema italiano nelle reti televisive

(7)

VIAGGI IN ITALIA TRA CINEMA, FOTOGRAFIA E TELEVISIONE

PALMIRA DI MARCO, Chi legge? In viaggio con Mario Soldati e Cesare Zavattini 445

ANNA BISOGNO, I viaggi in Italia di Mario Soldati tra cinema e televisione 455

BRUNO ROBERTI, Un viaggio in Italia. L’ Odore del sangue 463

CATERINA MARTINO, Viaggio in Italia con Bob Dylan.

Identità del paesaggio (inter)nazionale nel percorso fotografico di Luigi Ghirri 473 AUTORI, TEORIE E FILM

ENRICO MENDUNI, L’Italia sul mare nel cinema di Francesco De Robertis.

Un problema ancora aperto 485

DAVID BRUNI, «Siate sempre tutti uniti sotto una sola impresa».

Tradizione nazionale e identità italiana nel cinema di Alessandro Blasetti (1932-1938) 495

TERESA BIONDI, Antropologia dell’immaginario nazionale e ‘processi di (dis)identità’

nel cinema di Luchino Visconti 505

MARCO MARIA GAZZANO, Lo sguardo al futuro di Carlo Lizzani teorico 51 5

CHIARA CAPOBIANCO, L’Italia che si riconosce nel cinema dei drammi popolari:

il caso di Assunta Spina (1915). Un nuovo modello del rapporto identitario nazionale film-spettatore 525

LORENZO MARMO, Spazio, paesaggio, mappa.

Roma e la modernità nel cinema noir di Pietro Germi 535 IDENTITÀ LOCALI E IDENTITÀ NAZIONALI

PAOLO VILLA, Film in the Piazza.

Le piazze d’Italia come luogo d’identità nazionale nei cortometraggi del dopoguerra 549

ANGELA BIANCA SAPONARI, L’iconizzazione del Sud tra antropologia visuale

e industria culturale 559

ANTIOCO FLORIS, Identità locale vs identità nazionale. Il caso Sardegna 571

LUCA BANDIRALI, Il Salento si alza.Come una regione di confine nel bacino

del Mediterraneo è diventata un’area di interesse nell’ambito del cinema europeo

(8)

DENIS BROTTO, Disfunzioni, disgregazioni, digressioni. Se l’identità italiana si fa aporia 591

GIACOMO MARTINI, L’importanza dei territori nella storia del cinema italiano.

Dagli stimoli culturali e antropologici alle film commission 601

QUESTIONI POSTCOLONIALI

GINA ANNUNZIATA, La costruzione dell’identità italiana e dell’alterità coloniale

nel cinema muto italiano 61 1

SAMUEL ANTICHI, Cronache dell’Impero. La ridefinizione dell’identità nazionale italiana

attraverso la rappresentazione dell’alterità africana nei cinegiornali dell’Istituto Luce 621

MARIA FRANCESCA PIREDDA, Rovine e macerie.

Permanenze e rimozioni dell’identità coloniale nel cinema italiano

dal secondo dopoguerra alle migrazioni contemporanee 629

GAIA GIULIANI, Gli eroi son tutti giovani e belli.

Il cinema degli eroi tra memoria coloniale, condanna del fascismo e nuovi e vecchi modelli di genere (1949-1954) 639

ATTORI E DIVI

DENIS LOTTI, 1924: Maciste pro o contro Mussolini?

Corrispondenze tra divismo cinematografico e potere politico 653

ANNA MASECCHIA, «Ho servito il Re, il Duce e i Presidente della Repubblica».

Vittorio De Sica anni Cinquanta 661

SIMONA BUSNI, Divismo e melò secondo Michelangelo Antonioni 671

CRISTINA COLET, Monica Vitti. Un’icona della modernità 681

MARINA PELLANDA, Un esempio di identità italiana.

Il magistero d’attore di Gian Maria Volonté 691

ALBERTO SCANDOLA, Il buono, il mammo(ne), il bello, il cattivo.

Stefano Accorsi e le maschere dell’italianità 699 GENERI E SIMBOLI DELL’ITALIANITÀ

CECILIA BRIONI, Rita e «La Zanzara».

(9)

CLAUDIO BISONI, Il cinema musicale italiano degli anni Sessanta e l’identità

delle nuove generazioni tra nazionale e globale 721

ROSSELLA CATANESE, Vespa, Lambretta e Geghegé. Beat e Mods all’italiana 731

ELIO FRESCANI, Identità italiana e storia in Totò al Giro d’Italia 741

CHRISTIAN UVA, Italiani alla deriva.

Note su cinema e maschi da spiaggia nell’epoca del boom 751

STEFANIA PARIGI, La ‘ricostruzione’ delle vacanze.

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Marco Bertozzi

Identità mediali e culture in transito.

Immagini migranti, dall’atelier di Teledomenica a Ricordati di noi

1. Mediazioni identitarie

Questo intervento si concentra sui materiali filmici fortunosamente salvati di Teledomenica, la prima trasmissione televisiva in lingua italiana del Quebec. Il ritrovamento e la salvaguardia del girato di Teledomenica ha consentito di recuperare la memoria della relazione fra famiglie italiane migrate a Montreal negli anni Cinquanta e Sessanta e parenti rimasti nei paesi del Sud Italia. Teledomenica, con il programma Saluti dall’Italia, metteva in contatto gli uni con gli altri: un momento in cui saluti, auspici, raccomandazioni, girati in 16mm in Italia, venivano visti le domeniche successiva a Montreal, per i connazionali all’estero. Una epopea mediale, fondata da Alfredo Gagliardi, che contribuì alla ridefinizione identitaria del migrante italiano. Gagliardi era nato a Montréal nel 1920. Figlio di emigranti originari della Calabria (il padre Angelo giunse in Canada nel 1893), crebbe e studiò nella città del Quebec e, nel 1949, divenne titolare del primo programma radiofonico in lingua che trasmetteva sulle onde della stazione radio CHLP. Nello stesso anno fu il primo italiano ad essere eletto al Consiglio comunale di Montréal e, nel 1952, fondò il Corriere

Italiano, un settimanale che diventò popolare tra gli italiani che vivevano

nel Quebec. Inoltre, Gagliardi era importatore di pomodori, paste alimen-tari, moviole cinematografiche, nonché titolare di una agenzia viaggi fra Italia e Canada. Sin quando, nel 1964, creò Teledomenica, che trasmetteva sulle onde della CFCF-TV.

Saluti dall’Italia andò in onda sino al 1996 e, visto oggi, segna un

momento di patemica ri-mediazione affettiva realizzata grazie alla televisio-ne. Bruno Ramirez, docente di Storia dell’immigrazione americana all’Uni-versità di Montreal, ricorda che «i bassi costi e la relativa semplicità operativa erano del tutto sproporzionati in rapporto all’immensa emozione prodotta

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M. BERTOZZI

tra i telespettatori montrealesi nel vedere i loro familiari d’oltre oceano sullo schermo – e in più, la domenica a ora di pranzo»1.

In quel viaggio settimanale fra ‘modernità’ e ‘arretratezza’, Teledomenica mostrava saluti da città e paesini del Sud: Cosenza, Casoli, Dipignano, Roggiano, Montalto Uffugo si offrivano quali location naturali, in bili-co fra antiche persistenze e nuove appartenenze dei familiari migrati. Frammenti antropologicamente debordanti, con protagonisti protetti dal cerchio caldo della comunità e, al tempo stesso, imbarazzati innanzi al dispositivo: con la difficoltà di essere in situazione, di posizionarsi rispetto al microfono, di orientare lo sguardo verso la cinepresa; tutti elementi che, con le analoghe incertezze della camera, sembrano collocare oggi quegli atti verso esperienze e orizzonti della media archeology.

Ma cosa rappresentano i tanti elementi che rimandano all’atto stesso del filmare, le occhiate in camera, le deambulazioni incerte della macchi-na, la composizione del quadro non sempre calibrata? Consapevolezze autoriflessive date dalla rivoluzione documentaria di quegli anni o sempli-ce emersione di precarietà contingenti, nell’eterna difficoltà di ‘controllare’ un reale più che mai sfuggente? In questi Saluti dall’Italia la televisione sembra utilizzata come telefono pubblico per brevi saluti e auguri ripresi in spazi pubblici, bar, piazze, sagrati di chiese, bordi di stradine. Qualche notabile, il prete, uno studente liceale riescono a sfoderare un linguaggio ‘adeguato’ ma per gli altri la stessa presenza del microfono costituisce un impaccio scrutato con diffidenza, a volte troppo vicino, quasi mangiato, altre troppo lontano. Si urla, per farsi sentire bene da chi è lontano, si sus-surra, emozionati, a volte commossi. Anche l’occhio della camera sembra non individuato, con sguardi degli intervistati che vagano alla ricerca di un interlocutore assente: occhi chiusi, che restano dentro al corpo, sguardi che invocano l’assenso dell’intervistatore o che si perdono in una ripresa in campo lungo. Echeggiano le parole di Pier Paolo Pasolini quando nell’in-cipit di una perla documentaria degli anni Settanta - Pasolini e… La forma

della città (Paolo Brunatto, 1973, puntata del celebre programma Io e… a

cura di Anna Zanoli) – si rivolge a Ninetto Davoli confidandogli la neces-sità di un interlocutore amico, per potere parlare al pubblico indistinto della televisione.

1 B. RAMIREZ, Ricordati di noi e ricordiamoci di loro, in extra del DVD del film Ricordati

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IDENTITÀMEDIALIECULTUREINTRANSITO

2. Un momento internazionale?

Gli intervistati di Teledomenica sembrano appartenere a civiltà pre-televisive, in cui fogge dei vestiti, modalità di assembramento, enfasi o timidezza nell’affrontare i saluti ai parenti sfuggono ancora (ancora per poco) al processo di normalizzazione in arrivo, attuato proprio dalla televisione. Qualche prodromo lo osserviamo giusto nella presenza degli sponsor sul pulmino delle riprese: la scritta «Teledomenica/Montreal/ Canada» sulla portiera, l’insegna dell’immobiliare «Victoria Montreal» o l’apparizione, nelle puntate successive, del logo della benzina FINA. Ma, appunto, si tratta del mondo dell’enunciatore e l’apparizione degli emble-mi pubblicitari sembra ancora appartenere all’epifania di una modernità lontana, pur se dai più fortemente agognata.

All’interno del programma, importante evidenziare il molteplice registro vocale su cui si basano i Saluti. In primis, per l’introduzione di Giovanni Gargiulo, il presentatore in studio, a Montreal. Poi, per la rassi-curante voice-over spalmata sui servizi, con un italiano letterario, pieno di stereotipi linguistici tardo romantici sulla bellezza di ‘ridenti’ paesini del Sud in via di abbandono. Infine l’irruzione della lingua vera, parlata dagli italiani reali, che in quegli anni, grazie alla rivoluzione del sonoro nel cine-ma diretto, veniva finalmente resa possibile. Proprio il Canada, con l’Offi-ce National du Film, era all’avanguardia delle ril’Offi-cerche sulla parola in diret-ta, grazie a sperimentatori come Michel Brault, Pierre Perrault e Marcel Carrière. E dalla relazione con questa avanguardia giovani documentaristi italiani come Gian Vittorio Baldi e Gianfranco Mingozzi – in una copro-duzione con il National Film Board del Canada – avevano realizzato Note

su una minoranza (diretto da Gianfranco Mingozzi, 1964, assistito alla

regia da Marcel Carrière), in cui finalmente erano le immagini e i suoni stessi a parlare della comunità degli italiani emigrati nel Quebec: alcune sequenze, come quella della processione, godevano di un’intensa carica di espressività e comunicavano subito «l’essenza di una situazione sociale e umana. Forse Note su una minoranza è una delle opere più corrette e più indicative di ciò che si possa fare nel campo di un cinema sociologico che sia a un tempo indagine e rappresentazione»2.

Sono anni in cui prendono forma alcuni film faro per le pratiche del cinema diretto e del cinéma verité: Primary di Robert Drew, Chronique

d’un été di Jean Rouch e Edgar Morin (entrambi del 1960), Regard sur

2 S. FROSALI, «La nazione», 5 febbraio 1965; ora cit. in C. LANDRICINA (a cura di), Gianfranco

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la folie di Mario Ruspoli (1961) utilizzano macchine da presa (come la

Arriflex blimpata o la Eclair-Coutant) e registratori audio più leggeri (Perfectone, Nagra III), collegati direttamente alla Mdp per consentire il sincronismo audio-immagine. Il 16 mm diviene il formato di un cinema calato nel vivo degli accadimenti: come quello praticato da Pierre Perrault e Michel Brault nel Quebec, i quali, proseguendo le esperienze avviate da Grierson nel 1939 con l’istituzione del Canada Film Board, contri-buiscono all’affermazione di una grande scuola documentaria: Pour la

suite du monde, il loro film-riflessione del 1963 sulla cultura tradizionale

del Quebec, in competizione al Festival di Cannes, diviene un manifesto vivente del cinema diretto. È proprio per confrontarsi con queste espe-rienze che Baldi sente l’esigenza di lavorare in piena autonomia e fonda, nel 1962, una società indipendente, la IDI cinematografica, con la quale produce alcuni fra i più interessanti lavori italiani degli anni Sessanta, come Cronik der Anna Magdalena Bach di Jean-Marie Straub e Danièle Huillet (1967), Diario di una schizofrenica di Nelo Risi (1968) o Appunti

per un’orestiade Africana di Pier Paolo Pasolini (1969).

Probabilmente un carattere del cinema italiano sta proprio nel rico-noscersi una vocazione universale, legando un’impronta realista – il suo carattere geo-filosofico – a una forte vocazione umanista. Anche la risco-perta di queste pellicole in 16 mm rimanda a una circolazione iconica sovranazionale. Quella, spesso trascurata dalle storie del cinema, del cine-ma migrante, sia negli aspetti più acine-matoriali che in quelli di produzione alta. La stessa, pur su un registro che potremmo definire minore, dei nostri pittori e dei nostri architetti che frequentavano corti e committenze euro-pee o dei pittori stranieri che venivano in Italia per affinare la propria arte. Consolidando cioè una circolazione di forme e di esiti estetici i cui modelli possono essere considerato il vero carattere ‘nazionale’ della nostra produ-zione visiva. Quella di un’arte, e di un cinema italiano, senza naprodu-zione, per cui già internazionale.

3. Ricordati di noi, o l’esperienza di un cinema umanista

Il rischio che tutto si dissolvesse è stato forte. Fortunosamente, nel 2007 le pellicole vengono ritrovate poco prima di andare perdute negli alluvionati scantinati della vecchia sede del Corriere Italiano. E grazie alla collaborazione di Gargiulo, l’anziano conduttore, le prime memorie torna-no alla luce. Il salvataggio e la ripresa dei Saluti dall’Italia per Teledomenica costituisce il footage per Ricordati di noi, un documentario di Paul Tana del

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IDENTITÀMEDIALIECULTUREINTRANSITO

2007, importante atto di rivisitazione mediale di quelle pellicole. Il film di Tana ricostruisce l’epopea dei Saluti arricchendoli della propria esperienza autobiografica. Emigrante lui stesso, con la sua famiglia, alla fine degli anni Cinquanta, Tana fu il primo regista italiano a ottenere finanziamenti governativi per il cinema3. Da allora alterna film narrativi e documentari:

o sorprendenti ibridi come Caffè Italia (1985), un film di grande successo che portò a riconsiderare l’immagine stessa degli italiani nel Quebec e divenne punto di riferimento per registi di altre minoranze etniche. Nel film le scene della comunità italiana in festa per la vittoria del Mondiale del 1982 vengono alternate a ricostruzioni storiche (le condizioni di vita e di lavoro degli italiani emigrati in Canada a inizio Novecento; o l’interna-mento, durante l’ultima guerra, di centinaia di italiani in campi di concen-tramento, con l’accusa di essere fascisti) come a interviste a rappresentanti della comunità italiana di Montreal4. Un pastiche libero e autoriflessivo,

con gli attori stessi delle parti storiche – Toni Nardi e Pierre Curzi - che riflettono sull’essenza della loro ibrida collocazione culturale. Nonchè su come, grazie al film, abbiano potuto assumere ulteriori punti di vista e riflessioni sulla loro frammentaria identità. Un film capace, in ultima analisi, di cambiare il senso degli altri5, investendo i modi di immaginarsi

il migrante italiano. Paul Tana parte dall’esperienza personale, dagli ardui assestamenti culturali e identitari attraversati nella sua adolescenza e nel percorso attuato per divenire cittadino canadese. Un processo che durante gli anni Ottanta si arricchisce dall’incontro con Bruno Ramirez, storico, come abbiamo visto, dell’emigrazione italiana in Nord America, nonché animatore della rivista Quaderni Culturali6. Un sodalizio fondamentale

per rafforzare la consapevolezza dell’importanza dell’elemento testimo-niale e autobiografico: di più, del fatto che il contributo di Caffè Italia sarebbe diventato esemplare per il riconoscimento di qualsiasi diversità culturale, ben aldilà dell’appartenenza alla ‘tribù degli italiani’.

In Ricordati di noi, l’atto di recupero della memoria dei migranti a Montreal diventa ancora più forte e si fonda con l’atto di salvaguardia, restauro e conservazione di quelle pellicole, ora custodite alla Cinèmathèque

3 Tana compie il suo percorso di studi superiori nel sistema scolastico francofono. Oggi è

Professore di Cinema all’Ecole des Medias dell’Università del Quebec, a Montreal.

4 Cfr., F. SALVATORE, A. GURAL-MIGDAL, Le cinéma de Paul Tana. Parcours critique, Balzac,

Montreal 1997.

5 L’espressione richiama il testo di Augè, cfr. M. AUGÈ, Il senso degli altri. Attualita’ della

antropologia, Boringhieri, Milano 2000.

6 Da una prospettiva marxista, i «Quaderni Culturali» pubblicava articoli sui fenomeni

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del Quebec. In un primo momento vengono ritrovate solo le pizze, senza il sonoro, per cui viene coinvolta una donna sordo-muta, capace di leg-gere il labiale, per cercare di interpretare le parole mute degli intervistati. Solo successivamente riemergono, in altri ambienti del Corriere italiano, i nastrini sonori che, con un difficile lavoro di sincronizzazione, vengono ricongiunti alle immagini filmiche7. Il film di Tana ci mostra dunque un

doppio processo, di salvaguardia della memoria storica da un lato, e di moderna pratica conservativa – con le pellicole ora al sicuro – dall’altro. 4. L’arcaico che persiste

L’orbita paradigmatica rivisitata da Tana accoglie dunque un momento fondamentale del nostro paese. Come se questi ‘Saluti dall’Italia’ tenes-sero aperta la porta sull’incompiutezza di una modernità verso la quale, i decenni successivi lo avrebbero confermato, sarebbe inesorabilmente andato incontro. Lo osserviamo finanche nella dialettica colore/bianco e nero. Mentre Teledomenica programma Saluti dall’Italia in bianco e nero, mette in onda Panorama locale a colori: ecco le attività commerciali, artistiche, religiose, culturali della comunità italo-montrealese, con matri-moni, battesimi, comunioni, inaugurazioni di negozi, spettacoli di vedette italiane. Un’aggiunta cromatica in un evidente stacco simbolico fra vec-chio e nuovo mondo, fra grigio passato che persiste e luccicanti atmosfere ambientali del migrante ‘modernizzato’.

Oggi, ciò che appariva ritardo e inadeguatezza, segna l’aspro confine con il risveglio dal più grande mito del Novecento. Daltronde, la forza del miglior cinema italiano nel Novecento è stata proprio nell’inserire l’arcaico – fisico e antropico – nell’attualità più bruciante della contemporaneità. In un potente sdoppiamento di sguardi, il paese millenario ha spesso irro-rato le forme del cinema più attuale, generando un unicum di impressio-nante forza epistemica8. Ora sto parlando del grande cinema di Rossellini,

Fellini, Pasolini, Olmi, De Seta: i quali, in maniera diversa, hanno accolto protagonisti e ambienti dal paese profondo per immetterli in una circo-lazione di segni internazionale. Ma questa particolare capacità di situarsi

7 Il Corriere Italiano è un punto di riferimento della comunità italiana del Quebec. Da

cinquant’anni svolge un ruolo di orientamento e di guida degli italiani nel composito mosaico canadese.

8 Per approfondire questa prospettiva, cfr. F. CASSANO, Il pensiero meridiano, Laterza,

Roma-Bari 1999; R. ESPOSITO, Pensiero vivente. Origine e attualità della filosofia italiana,

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IDENTITÀMEDIALIECULTUREINTRANSITO

nel punto di tensione più elevato del dibattito identitario sull’italianità, il cinema italiano è riuscito ad affrontarla soprattutto grazie al documenta-rio, ad esempio con i film dei cosiddetti demartiniani, capaci d’irrorare di vita sudata, incistata in paesaggi arcaici e valori tradizionali, gli spensierati, e spericolati, anni della trasformazione in atto. Pur con alcune contrad-dizioni, il cinema diventa cioè il commutatore semantico della grande dis-illusione. Proprio il Sud, definito come realtà ‘altra’, spesso ‘mancante’, rispetto al Nord della penisola, illumina oggi un possible attrito, una resi-stenza ai modelli di perdita e di sconfitta con cui venivano rappresentate in quegli anni le ‘culture subalterne’. Il suo arcaismo, la sua arretratezza, il suo magismo, le sue povertà attraggono forme documentarie che, con tutti i limiti dell’esotismo e diverse rigidità epistemiche, cercano di valicare la cartolina ‘non allineata’ del ritardo meridionale9. Un orizzonte prospettico

che parte da appartenenze antiche, in cui il soggetto contemporaneo è inserito in faglie culturali stratificate, per uscire dalle quali non sono suf-ficienti i dispositivi immunitari della modernità e la semplice nettezza di un nuovo inizio. Certo, la modernità prende il sopravvento: ma non è in grado di comprendere, e di penetrare, ciò che si era formato storicamente, in maniera così diversificata, nel nostro paese. L’origine composita dei mondi italiani resta opaca agli occhi dello stato nazione, investita di una indifferenziata progettualità politico-economica. Come, ancora prima, accadde per il violento processo di unificazione nazionale; o, ancora, come sta accadendo oggi, nell’idea di ‘integrazione’ forzata delle culture migranti, in una razionalità impositiva che guida il processo di burocraticizzazione del soggetto. In termini biopolitici, l’oscura minaccia al sistema costituita da un vitalismo primigenio e irrazionale viene combattuta dal sistema dei media legati al potere centralista dello Stato.

Solo per dire che questi toccanti saluti, nell’Italia degli anni Sessanta, sarebbero restati invisibili, occultati – analogamente alla rappresentazione dei sassi di Matera in L’Italia non è un paese povero di Joris Ivens (1960) – se fossero stati intercettati dalla nostra televisione pubblica. Ramirez ricorda che

sono gli anni che precedono la scoperta degli ‘Italiani nel mondo’ – scoperta che faranno qualche anno dopo politici e politicanti nazio-nali e regionazio-nali. Inimmaginabile quindi che in in quegli anni la rete di stato – la RAI – avesse potuto pensare a qualcosa del genere10.

9 A tal proposito, cfr. G. SCIANNAMEO, Nelle Indie di quaggiù. Ernesto De Martino e il cinema

etnografico, Palomar, Bari 2006; F. MARANO, Il film etnografico in Italia, di Pagina, Bari 2007. 10 R

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M. BERTOZZI

Per chi brucia i rapporti con il proprio paese, inteso come stato-nazione, e non come comunità urbana e familiare degli affetti, ci sono ben pochi ‘riconoscimenti’ pubblici.

Un’ultima considerazione. In Ricordati di noi scopriamo che le bobine restaurate di ‘Saluti dall’Italia’ sono posizionate alla Cineteca di Montreal a fianco di Pour la suite du monde, il citato capolavoro del cinema diretto canadese. Una prossimità fisica che, simbolicamente, sembrerebbe auspi-care vicinanze e attenzioni culturali e che invece, nella difficoltà di com-prendere l’universalità dell’esperienza di Teledomenica, viene limitata a un ambito d’interesse prettamente italiano. Per Tana, il film avrebbe potuto essere un momento di riflessione sulle molteplici componenti culturali alla base dello stesso stato canadese: purtroppo, alcune risposte di istituzioni cinematografiche locali relegano il film a un’etnicità ritenuta ristretta, esclusivamente italiana. Nello scavo identitario del Quebec contempora-neo il film arriva probabilmente troppo presto: i mille rivoli culturali da cui prende vita la moderna sfera sociale montrealese sono ancora ritenuti rigidamente francofoni e l’opera, per Tana stesso, diventa sintomatica delle «eaux troubles de l’aquarium ethnique québécois ou, en d’autres termes, ce lieu incertain que sont les limbes de l’ethnicité»11. Un anacronismo

incurante di ciò che questi film esprimono, con una rara potenza espressi-va: l’epocale esodo migratorio da un lato, l’avvento dei mass media dall’al-tro. I Saluti dall’Italia di Teledomenica come Ricordati di noi di Paul Tana, restano lì, oggi più che mai in between, densi di senso, umidi di memoria viva per tutti i migranti del mondo.

11 P. TANA, Les eaux troubles de l’aquarium ethnique, in Multiculturalisme et diversité

culturelle dans les médias au Canada et au Quebec, a cura di H.J. Lüsebrink, C. Vetter,

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