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Nuove opzioni terapeutiche per il trattamento della leucemia mieloide acuta: il ruolo della Decitabina.

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INDICE

1. La Leucemia Mieloide Acuta

1.1 Introduzione p.3

1.2 Epidemiologia e clinica p.3

1.3 Patogenesi p.4

1.4 Classificazione p.5

1.5 Diagnosi di laboratorio p.9

1.6 Diagnosi (secondo FAB) p.10

1.7 Prognosi p.12

1.8 LAM secondaria p.18

1.9 Terapia p.19

1.10 Eventi avversi correlati alla chemioterapia p.31

2. La Decitabina

2.1 Introduzione p.34

2.2 Meccanismo d’azione p.35

2.3 Proprietà farmacologiche. p.36

2.4 Proprietà farmacocinetiche p.42

2.4.1 Distribuzione p.43 2.4.2 Biotrasformazione p.44 2.4.3 Eliminazione p.45

2.5 Indicazioni terapeutiche p.45

(2)

2

2.5.1 Posologia e modalità di somministrazione p.48

2.6 Eventi avversi p.49

2.6.1 Mielodepressione e sua gestione p.53

3. Scopo della Tesi p.54

4. Conclusioni p.62

Bibliografia p.66

(3)

3

1.LA LEUCEMIA MIELOIDE ACUTA

1.1 Introduzione

La Leucemia Mieloide Acuta (LAM) è una malattia neoplastica costituita da un gruppo di patologie con sottostanti anormalità genetiche ed epigenetiche variabili e con differenti risposte alle terapie.1

Essa rappresenta una delle due forme principali della famiglia delle leucemie acute ed è descritta come una neoplasia clonale dei progenitori mieloidi che abitano il midollo osseo. Questo significa che gli eventi oncogeni responsabili della trasformazione neoplastica hanno luogo in fasi molto precoci dello sviluppo della cellula mieloide, inducendo così la formazione di una cellula leucemica staminale. Tale trasformazione neoplastica,

conseguente all’accumulo sequenziale di danni genomici, comporta l’alterazione della fisiologica omeostasi ematopoietica, con anomalie dei processi proliferativi,

differenziativi, di morte cellulare programmata (apoptosi) e delle interazioni cellula-microambiente.2

Tale patologia è quindi caratterizzata da un accumulo di mieloblasti immaturi nel midollo osseo e nel sangue che determinano alterazione o soppressione della differenziazione e proliferazione delle normali cellule emopoietiche, da cui deriva una compromessa produzione di eritrociti esitante in anemia, di granulociti con conseguente neutropenia e piastrine manifesta sotto forma di trombocitopenia, associati o meno a leucocitosi.1

1.2 Epidemiologia e Clinica

La LAM è la più frequente tra le neoplasie mieloidi maligne dell'adulto, con una prevalenza di 3-4 casi per 100.000 persone, che vede un incremento con l'avanzare dell'età arrivando a 17-18 casi per 100.000 persone negli adulti dopo i 65 anni.3

(4)

4

I primi sintomi della patologia, dovuti all'infiltrazione di sangue e midollo osseo da parte dei blasti leucemici, a scapito delle popolazioni cellulari sane, sono:

• pallore, astenia, affaticabilità riconducibili all’anemia;

• manifestazioni purpuriche, gengivorragie, epistassi, menorragie e altre manifestazioni emorragiche conseguenti alla trombocitopenia;

• aumentata suscettibilità alle infezioni e alla febbre come conseguenza della neutropenia.

Altri sintomi, aspecifici, sono la perdita di peso, la profusa sudorazione e la stanchezza. Inoltre, le infiltrazioni leucemiche di vari tessuti e organi, inclusi milza con splenomegalia e conseguente dolore al fianco sinistro, fegato con epatomegalia, linfonodi con aumento di volume soprattutto in sede latero-cervicale, ascellare e inguinale, cute con formazioni nodulari solitarie o multiple, reni con compromissione della loro funzionalità, ossa con dolore dovuto alla compressione che esercita il midollo osseo in espansione e sistema nervoso centrale per invasione di encefalo, midollo spinale e meningi, possono produrre un corredo di sintomi estremamente ampio e variabile che può rendere difficile la diagnosi precoce.

Può essere presente iperleucocitosi (>100.000 cell/mm3) esitante in leucostasi che, alterando la circolazione, si ripercuote sul normale funzionamento di alcuni organi come polmoni, fegato, reni nonché può causare sanguinamento oculare e/o compromissione cerebellare.

Si possono sviluppare inoltre disturbi metabolici quali iperuricemia, conseguente all’insufficienza renale, e ipocalcemia, dovuta all’invasione del tessuto osseo, anche se raramente si presentano come reperti precoci.

1.3 Patogenesi

La causa della LAM non è nota ed è probabile che allo sviluppo della malattia concorrano più fattori: essa è, infatti, una malattia geneticamente eterogenea, caratterizzata da

(5)

5

acquisizioni somatiche di alterazioni geniche ed epigenetiche dei progenitori emopoietici. Tali alterazioni modificano patologicamente i meccanismi di autorinnovamento, di

proliferazione e differenziazione delle cellule staminali emopoietiche.

Quindi si ha un’alterazione genetica di una singola cellula midollare che, attraverso varie divisioni mitotiche, dà vita a una proliferazione clonale, dimostrata ampiamente con studi di citogenetica, tant’è che anomalie cromosomiche caratteristiche di una particolare popolazione blastica sono usate come marker clonale nonché come bersaglio della terapia, che hanno anche evidenziato come le alterazioni ricorrenti nelle LAM sembrano essere implicate prevalentemente nel blocco della differenziazione cellulare.4

1.4

Classificazione

Classicamente la Leucemia Mieloide Acuta viene classificata secondo il sistema messo a punto dal gruppo Franco-Americano-Britannico basato sulla citomorfologia e sulle caratteristiche citochimiche e immunofenotipiche delle cellule leucemiche.5

Nel 2001 la World Health Organization (WHO) ha proposto un’ulteriore classificazione, poi implementata nel 2008, con l’incorporazione anche caratteri molecolari e

(6)

6

FAB subtype

Common name

(% of case)

Results of Staining Associated Traslocations and Rearrangements (% of cases) Genes involved Myelo peroxi dase Sudan black Non Specific esterase MO Acute myeloblastic leukemia with minimal differenziation (3%) - - -* Inv (3q26) and t(3;3) (1%) EVI1 M1 Acute myeloblastic leukemia without maturation (15-20%) + + - M2 Acute myeloblastic leukemia with maturation (25-30%) + + - t(8;21) (40%) t(6;9) (1%) AML1-ETO, DEK-CAN M3 Acute promyelocytic leukemia (5-10%) + + - t(15;17) (98%) t(11;17) (1%) t(5;17) (1%) PML-RARa, PLZF-RARa, NPM RARa M4 Acute myelomonocytc leukemia (20%) + + + 11q23 (20%) inv(3q26) and t(3;3) (3%), t(6;9) (1%) MLL, DEK-CAN, EVI M4Eo Acute myrlomonocytc leukemia with abnormal + + + Inv (16), t(16;16) (80%) CBFb-MYH11

(7)

7 eosinophils (5-10%) M5 Acute monocytic leukemia (2-9%) - - + 11q23 (20%) t(8;16) (2%) MLL, MOZ-CBP M6 Erythroleukemi a (3-5%) + + - M7 Acute megacaryocytic leukemia (3-12%) - - +” t(1;22) (5%) Unknown

Tabella 1.1: The French-American-British classification of AML and associated genetic

abnormalities.

*Cells are positive for myeloid antigen (cd13,cd33

).

“Cells are positive for a-naphthylacetate and platelet glycoprotein Iib/IIIa factor VIII-related antigen and negative fot naphthyl butyrate. “

Tale classificazione è stata revisionata nel 2016 dalla stessa WHO in collaborazione con la Società per l’Ematologia e con l’Associazione Europea per l’Ematologia, con l’intento di includere nuovi dati clinici, prognostici, morfologici, immunofenotipici e genetici scoperti negli ultimi otto anni, al fine di migliorare i criteri diagnostici e le scelte terapeutiche. La scoperta di nuove mutazioni genetiche implicate nella patogenesi neoplastica e la miglior comprensione delle caratteristiche morfologiche delle diverse cellule leucemiche infatti rivestono sicuramente un ruolo cruciale nell’elaborazione dei criteri diagnostici. (Tabella

(8)

8

Leucemia Mieloide Acuta con anomalie molecolari ricorrenti: • LMA con t(8;21)(q22;q22.1); RUNX1-RUNX1T1;

• LMA con inv(16)(p13.1;q22) o t(16;16)(p13.1;q22)CBFB-MYH11; • LPA con PML-RAR-α;

• LMA con t(9;21)(p21.3; q23.3); MLLT3-KMT2A; • LMA con (6;9)(p23;q34.1); DEK-NUP214;

• LMA con inv(3)(q21.3; q26.2) o t(3;3)(q21.3; q26.2); GATA2, MECOM; • LMA (megacarioblastica) con t(1;22)(p13.3;q13.3) RBM15-MKL1; • Entità provvisoria: LMA con BCR-ABL1;

• LMA con NPM1 mutato;

• LMA con mutazione biallelica di CEPBA;

• Entità provvisoria: LMA con mutazione RUNX1.

Leucemia Mieloide Acuta con alterazioni mielodisplastiche.

Neoplasie Mieloidi secondarie a terapia.

Leucemia Mieloide Acuta non altrimenti specificata: • LMA con differenziazione minima; • LMA senza maturazione;

• LMA con maturazione;

• Leucemia Mielomonocitica Acuta;

• Leucemia mieloblastica/monocitica acuta; • Leucemia Eritroide Pura;

• Leucemia Megacarioblastica Acuta; • Leucemia Basofila;

(9)

9

Sarcoma Mieloide.

Proliferazioni Mieloidi legate alla Sindrome di Down:

• Mielopoiesi transitoriamente anormale (TAM); • Leucemia mieloide associata a sindrome di Down.

Neoplasie a cellule dendritiche blastiche plasmacitoidi.

Leucemia Acuta con ambiguità di linea:

• Leucemia Indifferenziata Acuta;

• Leucemia Acuta a fenotipo misto (MPAL) con t(9;22)(q34.1;q11.2); BCR-ABL1;

• MPAL con t(v;11q23.3); KMT2A riarrangiato; • MPAL, B/mieloide, non altrimenti specificata; • MPAL, T/mieloide, non altrimenti specificata.

Tabella 1.2: 2016 WHO classification of Acute Myeloid Leukemia (AML)

1.5 Diagnosi di laboratorio

Fondamentali ai fini della diagnosi sono l’esame emocromo con formula, il cui esito dimostrerà variabili combinazioni di anemia, neutropenia e trombocitopenia; lo studio morfologico previa osservazione al microscopio sia delle cellule ematiche presenti in uno striscio di sangue venoso periferico in cui si potrà fare una valutazione qualitativa delle cellule stesse, che di quelle ottenute con un prelievo midollare tramite ago-aspirato che assume ancora più rilevanza in quel 10% di casi in cui, nonostante la pancitopenia, non è dato osservare blasti circolanti. A queste indagini se ne affiancano poi alcune più

sofisticate e specifiche come l’analisi immunofenotipica, quella citogenetica (o

(10)

10

1.6 Diagnosi (secondo FAB)

Identifica 7 differenti sottotipi sulla base delle caratteristiche morfologiche delle cellule all’esame microscopico, corrispondente ad un particolare stadio differenziativo e maturativo, e sulla base dell’immunofenotipo.

Avremo:

• Leucemia Acuta M0: morfologia indefinita con blasti di varie dimensioni, privi di corpi citoplasmatici e di corpi di Auer; data la negatività delle reazioni

citochimiche convenzionali, per la diagnosi è necessario rilevare la positività per uno o più marker mieloidi mediante l’impiego di anticorpi monoclonali anti-CD13 e CD33 in almeno il 20% di blasti leucemici.

• Leucemia Acuta M1: blasti mieloidi senza segni di maturazione, per la diagnosi è necessario rilevare la positività per la mieloperossidasi e il Sudan nero in almeno il 3% dei blasti, con le reazioni citochimiche convenzionali. Le alterazioni

citogenetiche riscontrabili in tale cariotipo sono varie.

• Leucemia Acuta M2: blasti mieloidi con segni di maturazione nel cui citoplasma sono spesso evidenti granuli azzurrofili e/o corpi di Auer; le alterazioni

citogenetiche, quando presenti, sono estremamente variabili e non specificatamente associate al citotipo M2. In genere tali leucemie si accompagnano a una t(8;21) con il coinvolgimento di geni AML1/ETO. • Leucemia Acuta M2 Baso: variante della leucemia acuta M2 con precursori

basofili ben evidenziabili sia alla microscopia ottica che elettronica, e una tendenza alla differenziazione basofila di una parte delle cellule leucocitarie; in questa forma è frequentemente riscontrata l’alterazione cromosomica t(6,9). • Leucemia Acuta M3: Leucemia Acuta a promielociti atipici ipergranulari in cui le

reazioni citochimiche per la mieloperossidasi e la cloroacetato-esterasi sono intensamente positive. Tale citotipo è associato alla t(15;17) (q22;q21) con la formazione del gene PML/RARa.

• Leucemia Acuta M4: Leucemia Acuta Mielomonocitica per la cui diagnosi, oltre alla presenza di blasti, deve essere presente una componente granulocitaria in vari stadi di differenziazione superiore al 20%, positiva alla mieloperossidasi e

(11)

11

cloroacetato-esterasi, e il contemporaneo riscontro di una componente

monocitaria non inferiore al 20% delle cellule leucemiche, positiva alla esterasi non specifiche. Le alterazioni citogenetiche, quando presenti, sono varie; più frequentemente si ha t(11;19) e una trisomia del 22.

• Leucemia Acuta M4 Eo: Leucemia Acuta Mielomonocitica con componente

eosinofila che determina una reazione alla perossidasi estremamente positiva; una delezione del braccio lungo del cromosoma 16 (16q-) è frequentemente associata a questa forma.

• Leucemia Acuta M5: Leucemia Acuta Monocitica con spiccata positività dei blasti alle esterasi non specifiche in cui, con una certa frequenza, può essere riscontrata una t(9:11) o una del(11).

• Leucemia Acuta M6: forma caratterizzata dalla coesistenza di blasti mieloidi, positivi alla perossidasi, ed eritroblasti abnormi (eritroleucemia) in cui le alterazioni citogenetiche sono estremamente variabili, ma spesso a carico del cromosoma 3 con inv(3) o con t(3;3) o t(3;5).

• Leucemia Acuta M7: anche detta megacariocitica, in cui la forma dei blasti è polimorfa potendo trattarsi sia di mielo che di linfoblasti. Per la diagnosi è

necessario procedere alla caratterizzazione dell’immunofenotipo con l’impiego di anticorpi contro gli antigeni piastrinici GpIb, GpIIb/IIIa, GpIIIa. Le alterazioni citogenetiche, ove presenti, possono essere varie, ma più frequentemente viene riportata la t(1;22).

A margine di queste forme, secondo la WHO, si troverebbero quelle Leucemie Acute definite Indifferenziate poiché non mostranti una chiara evidenza di differenziazione di un singolo lineage in quanto negative per le comuni reazioni alla perossidasi, al Sudan nero e all’esterasi, e le leucemie acute miste caratterizzate dalla simultanea presenza di

differenti marcatori positivi sulla stessa cellula, o di due o più popolazioni blastiche

(12)

12

1.7 Prognosi

La Leucemia Mieloide Acuta è quindi un disordine clonale, frequentemente caratterizzato da anormalità cromosomiche ricorrenti che si associano alle diverse sotto classificazioni morfologiche (FAB). Le anomalie cromosomiche rappresentano inoltre uno dei più importati criteri prognostici.

Negli ultimi 20 anni, le scoperte in ambito citogenetico hanno consentito di identificare 3

gruppi citogenetici di diverso rischio prognostico.12,13 (Tabella 1.3)

GENETIC GRUOP

SUBSET

CR

% RELAPSE RISK

Favorable

t(8;21)(q22;q22); RUNX1-RUNX1T1

88

30

inv(16)(p13.1q22) or t(16;16)(p13.1;q22); CBFB-MYH11 Mutated NPM1 without FLT3-ITD (normal karyotype) Mutated CEBPA (normal karyotype)

Intermediate

Mutated NPM1 and

FLT3-ITD (normal karyotype)

65

(13)

13 Wild-type NPM1 and FLT3-ITD (normal karyotype) Wild-type NPM without FLT3-ITD (normal karyotype) t(9;11)(p22;q23); MLLT3-MLL Cytogenetic abnormalities not classified as favorable or adverse

Adverse

inv(3)(q21q26.2) or t(3;3)(q21;q26.2); RPN1-EVI1

36

75

t(6;9)(p23;q34); DEK-NUP214 t(v;11)(v;q23); MLL rearranged –5 or del (5q) -7 Abnl (17p)

(14)

14 Complex Karyotype (three or more chromosome abnormalities in the absence of one of the WHO designated recurring translocations or inversions: t(8;21), inv(16) or t(16;16), t(15;17), t(9;11), t(v;11)(v;q23), t(6;9), inv(3) or t(3;3))

Tabella 1.2: European LeukemiaNet Standardized Reporting System for Correlation of

Cytogenetic and Molecular Genetic Data in AML With Clinical Data.

Come si evince dalla tabella, quindi, la prognosi potrà essere:

1) Favorevole: nei pazienti con Core Binding Factor (CBF)-Leukemia(33), caratterizzata da traslocazioni reciproche coinvolgenti i cromosomi 8 e 21 [t(8;21) (q22;q22)] che portano ad una fusione del gene RUNX1 con RUNX1T1, o da un'inversione del cromosoma 16 [(inv16) (p13.1q22)], o da [t(16;16) (p13.1;q22)], entrambe con fusione del gene CBF con MYH11. Tali pazienti hanno un rischio di recidiva post chemioterapia del 30%.

2) Sfavorevole: nei pazienti con perdita dei cromosomi 5 o 7 o che presentano aberrazioni citogenetiche complesse (alterazioni indipendenti di tre o più cromosomi), e che sono per questo considerati in un gruppo ad alto rischio. Attualmente la presenza di alterazioni di TP53, che si ritrovano per la maggior parte associate a cariotipo complesso, e più

frequentemente nei pazienti anziani, sono considerate indice di prognosi estremamente

infausta.14 Questo tipo di alterazioni rende la patologia scarsamente responsiva alle

chemioterapie standard, con un outcome generale inferiore, e un rischio di recidiva pari al 75%.

(15)

15

3) Intermedia: tra i due estremi si interpone un voluminoso ed eterogeneo gruppo con rischio prognostico intermedio, di cui una cospicua quota presenta un normale cariotipo. In tale gruppo sono stati identificati markers molecolari quali mutazioni in FMS-Like Tyrosine Kinase 3 (FLT3) con due tipi predominanti FLT3-ITD e FLT3-TKD, (35) in c-KIT, NPM1(34), e CEBPA, che possono influenzare il rischio prognostico, spostando i pazienti

(16)

16

Figura 1.1: Distribuzione e sopravvivenza dei pazienti con Leucemia Mieloide Acuta (AML)

nel gruppo di prova (Netherlands Set 2+, n = 480) in accordo con le categorie di rischio previste ed integrate. (A) Schema di riclassificazione dei 4 gruppi di rischio previsti dal European LeukemiaNet (ELN) in tre gruppi di rischio integrando i 24 geni ( ie, basso o elevato) con la classificazione del rischio dell’ ELN. (B) Distribuzione di tutto l’insieme dei pazienti, sia quelli con età < 60 anni, che quelli con età >60 anni, secondo i criteri integrati delle classi di rischio. (C, D, E) Tassi di sopravvivenza globale (pannello di sinistra) e

sopravvivenza libera da eventi (pannello di destra) (C)L’intero insieme dei pazienti, (D) sia

(17)

17

Il Gruppo di Rotterdam, in seguito ad un lungo studio, ha presentato per la prima volta il cosiddetto “Monosomal Karyotype (MK)”, definito da due o più distinte monosomie in autosomi o una singola monosomia in presenza di almeno una anormalità strutturale, più frequente tra i pazienti anziani, che rappresenta un fattore prognostico associato a risultati terapeutici estremamente scarsi (CR 18% e OS 4%). Le più frequenti monosomie si ritrovano a carico dei cromosomi -7 e -17, con il cromosoma 7 più frequentemente

coinvolto (38%).17 (Figura 1.2)

Figura 1.2: Four-year overall survival Kaplan-Meier plots according to revised cytogenetic

risk category definition. Monosomal karyotype (MK) refers to ≥ 2 autosomal monosomies

(18)

18

Va infine detto che la revisione della classificazione OMS delle Leucemie Mieloidi Acute, pubblicata nell’agosto 2016, riconosce in maniera definitiva due sottogruppi identificati sulla base di alterazioni molecolari isolate specifiche e altre due varietà delineate come entità provvisorie. Sia alcune alterazioni geniche, come quelle riguardanti FLT3, NPM1e KIT, sia i profili di espressione genica, possono avere un valore prognostico nei pazienti affetti da LMA. Questi reperti sono di particolare importanza in quei pazienti che mostrano un cariotipo normale.

In tale classificazione varie traslocazioni bilanciate ed inversioni, con o senza concomitanti alterazioni cromosomiche, sono state inserite nella categoria "LMA con anomalie

genetiche ricorrenti”. In generale la presenza di anomalie genetiche identifica un gruppo eterogeneo di LMA, che comprende sia alterazioni di significato prognostico favorevole (come la mutazione biallelica del fattore di trascrizione mieloide CEBPA e la mutazione di NPM1 in assenza di mutazioni a carico di FLT3/ITD), sia alterazioni di significato

prognostico sfavorevole (come la duplicazione interna “tandem” del recettore per tirosin-chinasi FLT3 o la mutazione di KIT in pazienti con fattori prognostici per il resto

favorevoli), sia alterazioni di significato prognostico incerto (mutazioni di IDH1 e IDH2). Le recenti indicazioni dell’European Leukemia Net raccomandano lo screening per le

mutazioni di RUNX1, FLT3, TP53, ASXL1 e per i riarrangiamenti RUNX1-RUNX1T1 e

BCR-ABL1 che attualmente, purtroppo, pochi centri sono in grado di fare.8

1.8 LAM secondaria

Esistono alcune forme di Leucemia Mieloide Acuta che possono svilupparsi in pazienti con pregresse malattie ematologiche, trattati con chemio e/o radioterapia, in cui il rischio risulta proporzionale all’età e alla dose cumulativa di chemioterapici somministrati; ma possono presentarsi anche in pazienti con precedenti tumori solidi o con disordini non necessariamente neoplastici, come ad esempio artrite reumatoide o sclerosi multipla.

(19)

19

La fase conclamata di malattia, del tutto sovrapponibile alle forme primarie, è preceduta da un periodo variabile di anemia, neutropenia e/o piastrinopenia associati ad aspetti

displastici del midollo.19

1.9 Terapia

Il trattamento della Leucemia Mieloide Acuta si basa essenzialmente sulla chemioterapia citotossica e sul possibile trapianto di midollo osseo.

Lo scopo della terapia citotossica è quello di eliminare le cellule leucemiche inibendone le capacità replicative, mediante l’uso razionalmente combinato dei farmaci. Questa

terapia, inizialmente, può essere accompagnata da iperkalemia e iperuricemia, con conseguente nefropatia da urati, che può condurre a quadri clinici imponenti, talvolta fatali; e, proprio per limitare tali danni e gli effetti clinici dovuti alla lisi cellulare leucemica, è consigliata l’assunzione di allopurinolo prima dell’inizio della terapia, associata ad un’adeguata idratazione.

Entrando nel dettaglio, la terapia si svolge in una prima fase, detta di Induzione, che ha lo scopo di ottenere (indurre, appunto) la remissione completa dopo che il paziente ha superato un periodo di aplasia midollare e ricostruito un midollo (apparentemente) normale, seguita da una seconda fase, detta di Consolidamento, che ha l’obbiettivo di eliminare quelle cellule leucemiche sopravvissute alla prima fase di trattamento (malattia minima residua) che potrebbero altrimenti causare una ricaduta di malattia.

È stato dimostrato, infatti, che i pazienti che non ricevono una terapia post-remissione

vanno incontro a recidiva solitamente dopo 6-9 mesi.20

La strategia terapeutica di induzione è influenzata da caratteristiche individuali del paziente quali età, presenza di comorbidità che ne riducono il performance status, e da una preesistente mielodisplasia. Questo soprattutto per quanto riguarda i pazienti oltre i 60 anni di età.

(20)

20

Va sottolineato come, oltre ai principali fattori prognostici presenti alla diagnosi

(citogenetici e molecolari), il mancato ottenimento di una remissione completa dopo la prima induzione rappresenti un fattore prognostico dinamico sfavorevole.

Durante il corso del trattamento la risposta alla terapia viene valutata sulla base della

morfologia del midollo osseo, della citometria, della risposta citogenetica e molecolare.21

Secondo le raccomandazioni del National Comprehensive Cancer Network (NCCN), la terapia di induzione convenzionale deve essere effettuata con la somministrazione per tre

giorni di una Antraciclina [Daunorubicina 45-60 mg/m2 (dosi più elevate sono in fase di

valutazione22) o Idarubicina 10-12 mg/m2], o Mitoxantrone Antracenedione (10-12

mg/m2), in associazione alla somministrazione per sette giorni di Citarabina (100-200

mg/m 2) in infusione continua intravenosa. Tale schema è chiamato 3+7.

La remissione completadopo ciclo di induzione 3+7, intesa come una normalizzazione

della conta leucocitaria >1,5 x 109/L, del numero di piastrine > 100 x 109/L, una biopsia

osteomidollare che dimostri il 20% di cellularità nel midollo osseo e meno del 5% di blasti (senza corpi di Auer) all’aspirato midollare, viene ottenuta nel 60-70% dei pazienti con età inferiore a 50 anni.20

Da una meta-analisi si evidenzia una quota maggiore di remissioni complete con l'utilizzo di Idarubicina rispetto alla Daunorubicina, anche se si tratta solo di un lieve aumento, che

sembra poi scomparire nel lungo periodo di follow-up.23

Nei pazienti con funzione cardiaca compromessa vengono considerati altri regimi

terapeutici contenenti associazione di Citarabina con un agente diverso dalla Antraciclina, quale Fludarabina o Topotecano, o utilizzando un’Antraciclina liposomiale che ha

dimostrato avere minore cardiotossicità.24

Nei pazienti con età maggiore di 60 anni, in assenza di comorbidità e con un buon

performance status il trattamento di induzione standard rimane lo schema 3+7 (Swedish

Acute Leukemia Registry nel 2009).25

I pazienti non eleggibili all’uso di regimi intensivi possono essere inseriti in trials clinici che prevedono l’utilizzo di nuovi farmaci, quali ad esempio Clofarabina in monoterapia o

(21)

21

agenti ipometilanti (Azacitidina, Decitabina (vedi dopo)), o ricevere terapia di supporto.26

Tale terapia è necessaria per la gestione delle complicanze che derivano tanto dalla LAM quanto dalla somministrazione della chemioterapia intensiva in quei pazienti atti a sopportarla, e consta di un’adeguata idratazione per prevenire le complicanze

metaboliche, trasfusioni di emazie per correggere l’anemia, di piastrine per la profilassi delle emorragie gravi, somministrazione di terapia antibiotica come profilassi per le infezioni.27

Per valutare l'efficacia del ciclo di induzione viene effettuato un aspirato di midollo osseo da 7 a 10 giorni dopo la fine del trattamento.

I criteri per la definizione della risposta al trattamento sono: (tabella1.4)28

Remissione completa

morfologica

secondo i criteri del International Working group (IWG) 2012 • Midollo osseo • Patologia extra-midollare • Numero di piastrine • Conta neutrofili • Emoglobina < 5% di blasti, compresi blasti senza corpi di Auer.

No evidenza di patologia extra-midollare residua. 100’000 1’000/mcl Trasfusion free RC con incompleto recupero midollare (CRi o Crp) • Midollo osseo • Numero di piastrine • Conta neutrofili < 5% di blasti residui < 100’000 <1’000/mlc

(22)

22 (pazienti anziani o con precedente mielodisplasia) • Emoglobina Trasfusion free Remissione Parziale

• Midollo osseo Riduzione dei blasti >

50% con blasti residui tra 5-25%

< 5% blasti residui con corpi di Auer

Fallimento della Terapia

• Malattia resistente • Morte del paziente nei

primi 30 giorni dal completamento del ciclo terapeutico • Mancato ottenimento

CR/CRi o PR dopo il primo ciclo di induzione • Mancato ottenimento

CR/CRi dopo due cicli di induzione Malattia minima residua • RQ-PCR • Citofluorimetria a flusso multiparametrica Gene WT1 LAIP > 3,5 x 10-4

(23)

23

La valutazione della Malattia Minima Residua (MRD) è importante per stabilire la probabilità di insorgenza di recidiva precoce e può incrementare la precisione

prognostica.29,30 A questo scopo, vengono utilizzati metodi ad elevata sensibilità come

PCR quantitativa (RQ-PCR) per target specifici e la citometria a flusso multiparametrica per il rilevamento di immunofenotipi aberranti. Grazie a queste indagini, è stato visto che il gene del tumore di Wilms (WT1) è overespresso nell’ 80% dei pazienti con Leucemia Mieloide Acuta alla diagnosi e la sua utilità nella valutazione della MRD è universalmente accettata.31,32

La citofluorimetria a flusso multiparametrica è un metodo importante per la

quantificazione della MRD: essa si basa sull’identificazione, in più saggi di colore, della presenza dei cosiddetti “Immunofenotipi Aberranti legati a Leucemia” (LAIP) nei blasti

leucemici residui con una sensibilità tra 104 e 105. Utilizzando un cut-off di cellule

leucemiche residue di 3.5x104 viene quindi discriminata la presenza o meno di malattia

minima residua che, integrata con la valutazione prognostica pretrattamento, permette di migliorare la valutazione del rischio di recidiva e ottimizzare la programmazione della

terapia post-remissione.33

Vengono così identificati due gruppi di rischio con differente prognosi e per questo

indirizzati ad un differente iter terapeutico.34,35,36 (Tabella 1.5)

BASSO RISCHIO

• Rischio citogenetico basso/intermedio; • MRD negativo.

Relapse Free survivor 4y (70-63%);

Overall Survivor 4y (58-73%)

(24)

24

ALTO RISCHIO

• Rischio citogenetico elevato;

• FLT3-ITD mutato; • Cariotipo con rischio

basso-intermedio ma MRD positiva.

Relapse free survivor 4y 15%;

Overall Survivor 4y 17%

Tabella 1.5: Gruppi di rischio prognostico dopo valutazione di MRD

Nei pazienti in cui è stata ottenuta remissione completa in seguito al ciclo di induzione, viene effettuata una terapia di consolidamento con lo scopo di eliminare eventuali cellule leucemiche residue e consentire un controllo immunologico autologo.

Dal 1994 gli schemi di consolidamento si basavano sull'utilizzo di Citarabina ad alte dosi

(3g/m2) o a dosi standard (100-200mg/m2), associata alla somministrazione di altri agenti

terapeutici.37,25,40,41,42 (Tabella 1.6)

Recentemente, un importante studio del Medical Research Council ha dimostrato che la

somministrazione di Citarabina a dose di 1,5 g/m2 ha efficacia equivalente alla

somministrazione di 3 g/m2, in accordo con i dati in vitro del MD Anderson Cancer Centre,

che mostrano come la trifosforilazione del farmaco necessaria affinché questo venga incorporato nel DNA della cellula e possa svolgere il suo effetto, sia saturata per dosi equivalenti a 1,5 g/m2.38,,39,43

(25)

25 CONSOLIDAMENTO STANDARD • Pazienti <60 anni con rischio citogenetico basso-intermedio • Pazienti >60 anni con NPM1 mutato 3-4 cicli di Citarabina ad alte dosi (3g/m2 ogni 12 h giorni 1,3,5) Sopravvivenza libera da malattia (44%); morte trattamento correlata (5%); tossicità neurologica severa (12%). • Pazienti >60 anni • Pazienti con comorbidità 2 cicli:

Citarabina a basse dosi (100-200mg/m2 ogni 12h per 5 giorni) oppure Citarabina a dosi intermedie (250-500mg/m2 ogni 12h per 5 giorni) ALTRI SCHEMI DI CONSOLIDAMENTO

(26)

26

Schema 3+3+5 • Citarabina a dosi

standard (200mg/m2 ogni 12h per 5 giorni) • Idarubicina (8mg/m2 ogni 12h per 3 giorni) • Etoposide (150mg/m2 ogni 12h per 3 giorni)

Altre associazioni • Citarabina

(500mg/m2 ogni 12h giorni 1 e 6)

• Daunorubicina (50mg/m2 ogni 12h per 3 giorni)

Tabella 1.6: Schemi terapia consolidamento.44,48

Nei pazienti giovani con rischio intermedio/alto è stato dimostrato un rapporto rischio/beneficio favorevole per il trapianto allogenico da donatore, sia esso donatore compatibile consanguineo o volontario (Matched Unrelated Donor, da Registro Internazionale) o un donatore alternativo (familiare aploidentico) o da cordone,

(27)

27

I vantaggi dell’opzione trapiantologica allogenica sono legati non solo all’effetto della chemioterapia o chemio/radioterapia utilizzata per la preparazione al trapianto (condizionamento), ma anche e soprattutto all’effetto immunologico graft-versus-leukemia con conseguente riduzione del rischio di ricaduta, nonostante il significativo rischio di morbidità e mortalità legato alle complicanze stesse del trapianto (es.: graft-versus-host disease ed infezioni).

I pazienti appartenenti al gruppo di rischio basso con CBF-Leukemia non sono invece considerati candidabili per il trapianto allogenico di midollo in prima remissione completa,

vista la buona risposta alla sola chemioterapia e il rischio di recidiva pari al 30%.49

Si definisce recidiva di malattia il riscontro, dopo ogni CR o CRi, di uno tra i seguenti reperti:

• 5% di blasti leucemici nel midollo o presenza di blasti nel sangue periferico non attribuibili ad altre cause (es. rigenerazione midollare). Se non sono evidenti blasti circolanti, ma nel midollo sono presenti dal 5-20% di blasti deve essere effettuato un ulteriore aspirato a distanza di una settimana a conferma della recidiva;

• sviluppo di Leucemia extra-midollare istologicamente documentata.26

Nei pazienti refrattari al trattamento di induzione o che sono andati incontro a ricaduta la strategia più comune prevede schemi di salvataggio (di cui i più utilizzati sono elencati in

tabella 1.6);50,51,52 e candidare, quando possibile, il paziente a trapianto allogenico di

(28)

28

SCHEMI TERAUPETICI DI SALVATAGGIO

FLA-IDA • Fludarabina (30 mg/m2 die infusione giorni 1-5)

• Idarubicina (8mg/m2 giorni 1-3)

FLAD

(utilizzato anche come bridge therapy in attesa di TMO)

• Daunorubicina Liposomiale (80 mg/m2 in infusione continua per 3 giorni)

• Fludarabina (30 mg/m2 in infusione continua per 2 giorni)

• Citarabina (2g/m2 in infusione continua per 3 giorni)

FLANG • F-AMP 30 mg/m2 IV in 30 minuti giorni 1-5

• Ara-C 2 g/m2/die IV in 4 ore giorni 1-5

• Novantrone 10 mg/m2/die IV giorni 1-3

• G-CSF 5 μg/kg dal giorno 0 fino a neutrofili ≥500/mL

Tabella 1.7: Schemi terapeutici di salvataggio

L'utilizzo di trapianto autologo di midollo come terapia post-remissione non è

attualmente considerato una procedura standard; rimane comunque in fase di studio in quanto potrebbe essere vantaggioso in alcuni sottogruppi di pazienti con rischio

(29)

29

In figura 1.3 è mostrato l’algoritmo decisionale terapeutico secondo le indicazioni della Società Italiana Ematologia.

(30)

30

Nuove opzioni terapeutiche sono in fase di sperimentazione: si prospetta l’utilizzo di numerosi nuovi agenti, come il G-CSF durante la terapia di induzione e di consolidamento, oppure l’utilizzo di un anticorpo umanizzato anti-CD33 legato ad un agente citotossico

(Gemtuzumab Ozogamicin)57, o del più nuovo SGN-CD33A54. Altre possibili nuove terapie

prevedono l’utilizzo di Analoghi delle Purine quali Fludarabina, Cladribrina e Clofarabina55,

usata anche in associazione a basse dosi di Citarabina (100 mg/m2 per 5 giorni) in pazienti

con Leucemia refrattaria o recidivata, o analoghi delle pirimidine quali Decitabina56. (vedi

dopo)

Sono in fase di studio numerosi Targeted-agents quali inibitori di IDH2 mutato, come AG-221, o Volasertib, un inibitore di PLK1; sembrano inoltre promettenti gli inibitori di FLT-3 quali Quizartinib, Crenolanib, AS-2215, o Midostaurina, inibitore di FLT3, c-KIT, PDGFRB,

VEGFR-2 e PCR.54,58,59

Esiste uno studio del gruppo GIMEMA (PROTOCOLLO AML1310) in cui i pazienti arruolati sono indirizzati ad una diversa terapia post-consolidamento sulla base dell’appartenenza ai diversi gruppi di rischio prognostico.

I pazienti appartenenti alla categoria a basso rischio (Core Binding Factor +, AML senza mutazione c-Kit, AML con NPM1+/ FLT3-) sono candidati al trapianto autologo, quelli con rischio elevato (cariotipo ad elevato rischio, mutazione FLT3-ITD), vengono sottoposti a trapianto allogenico di midollo. I pazienti con FLT3-TKD o c-Kit mutati, AML Core Binding Factor +, e quelli appartenenti alla categoria di rischio intermedio vengono stratificati sulla base della valutazione citofluorimetrica della malattia minima residua in modo da ricevere un trattamento idoneo al rischio prognostico (trapianto autologo oppure allogenico).

La procedura trapiantologica, sia essa autologa o allogenica viene effettuata entro tre mesi dalla fine della terapia di consolidamento. L’obiettivo primario di questo studio è quello di valutare la sopravvivenza globale dei pazienti a 24 mesi, individuando l’iter terapeutico più idoneo in base alle categorie di rischio prognostico che consenta una migliore qualità di vita dei pazienti.

(31)

31

1.11 Eventi avversi correlati alla terapia

La chemioterapia convenzionale si associa ad un 15% di mortalità durante il primo ciclo e ad un 5% nei cicli successivi, conseguenza nella maggior parte dei casi di infezioni che intervengono nel periodo di neutropenia indotto dalla stessa terapia.

Il National Cancer Institute ha definito 5 gradi di tossicità valutati mediante la conta

assoluta dei neutrofili (tabella 1.8).60

Grade Absolute neutrophil count (× 10^9 /L)

0 Within normal limits

1 ≥ 1.5 to < 2.0 2 ≥ 1.0 to < 1.5 3 ≥ 0.5 to < 1.0 4 <0.5

Tabella 1.8: According to the National Cancer Institute Common Toxicity Criteria

(version 2.0)

I pazienti sottoposti a chemioterapia intensiva che vanno incontro a neutropenia hanno un rischio infettivo elevato: secondo le linee guida del Infectious Diseases Society of America quando la neutropenia dura più di 7 giorni e la conta assoluta dei neutrofili scende al di sotto di 100/mm3, in presenza di comorbidità importanti e di instabilità clinica il rischio infettivo è alto; invece tale rischio è definito invece basso quando la

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La chemioterapia aumenta il rischio di contrarre infezioni agendo sia sulla produzione dei neutrofili, notevolmente compromessa, sia per gli effetti citotossici diretti sulle cellule, soprattutto dell’apparato gastrointestinale che, per definizione, sono in continua

proliferazione e quindi più sensibili ai chemioterapici; gli altri siti più spesso coinvolti nelle infezioni sono le prime vie aeree, i polmoni, il tratto urinario e la cute.

Altre reazione avverse, dovute sempre all’effetto citotossico dei farmaci chemioterapici, sono la perdita di capelli, nonché peli, ciglia e sopracciglia e, a volte molto invalidante, la mucosite del cavo orale che può accompagnarsi a dolore e impossibilità da parte del paziente di nutrirsi e dissetarsi, in relazione al grado di presentazione, impossibilità che va ad aggravare ulteriormente lo stato di benessere di questi pazienti, già compromesso. (Tabella 1.9)

Grading Descrizione

0 Nessun sintomo

1 Irritazione (lieve fastidio) +/- eritema,

senza ulcerazione

2 Eritema, ulcere, ma alimentazione

solida ancora possibile

3 Eritema e ulcere di grado maggiore,

possibile solo alimentazione liquida

4 Mucosite estesa, tanto da rendere

impossibile l’alimentazione

(33)

33

I pazienti poi potranno necessitare di trasfusioni di emazie e/o piastrine per sopperire alla riduzione di tali cellule e scongiurare il rischio anemico con tutto il corredo

sintomatologico associato, nonché quello emorragico.

Altri sintomi spesso lamentati dai pazienti in trattamento chemioterapico sono

spossatezza, nausea, epigastralgia ed alterazioni dell’alvo, che cerchiamo di alleviare con trattamenti mirati che non compromettano ulteriormente il benessere del paziente.

(34)

34

2. LA DECITABINA

2.1 Introduzione

Nel contesto delle nuove opzioni terapeutiche per il trattamento della Leucemia Mieloide Acuta, un ruolo importante è svolto dalla Decitabina (5-aza-2’-deossicitidina), il cui uso in Europa è stato approvato nel 2012.

La Decitabina ha effetti citotossici diretti interferendo con la differenziazione e la morte cellulare programmata (apoptosi) già a bassi dosaggi di trattamento: essa è infatti un analogo deossinucleosidico della citidina, che agisce inibendo selettivamente le DNA-metiltransferasi, determinando l’ipometilazione del promotore del gene che può dar luogo ad una riattivazione dei geni soppressori del tumore, a una induzione della

differenziazione cellulare e ad una senescenza cellulare seguita da apoptosi nelle cellule leucemiche. È responsabile anche dell’up-regolazione dei geni riparatori del DNA e degli

(35)

35

2.2 Meccanismo d’azione

Un ruolo cruciale nella genesi delle LAM lo svolge il silenziamento, attraverso la metilazione del DNA, di geni epigentici, il quale però si è dimostrato fin da subito un evento reversibile, tanto da diventare ben presto un bersaglio terapeutico.

Le ipermetilazioni aberranti nelle cellule neoplastiche avvengono prevalentemente nella regione 5’ dei geni oncosoppressori, per opera delle DNA-metiltransferasi (DNMT), agenti in seguito alla divisione cellulare: a sostegno di ciò, numerosi studi hanno dimostrato l’espressione di elevati livelli di una delle 4 DNA-metiltransferasi nei blasti leucemici, confrontati con i livelli di espressione nelle cellule ematiche sane.64

Anche i microRNAs, sequenze di RNA non codificante il cui ruolo è quello di disciplinare l’espressione genica e le attività cellulari, incluse le attività di proliferazione,

differenziazione e apoptosi cellulare, risultano coinvolti nella genesi tumorale e nella progressione della malattia, in quanto bersaglio di silenziamento a seguito della metilazione aberrante del DNA.65

La Decitabina svolge la sua azione antineoplastica proprio formando un complesso

covalente irreversebile con la DNA(citosina-5-)metiltransferasi1 (DNMT1), inducendo così la degradazione e deplezione dell’enzima, cui consegue l’ipometilazione dei promoter aberranti ipermetilati, previa incoporazione alla doppia elica di DNA. Questo fa sì che si abbia la riattivazione dei geni oncosoppressori, precendemente silenziati, e dei

(36)

36

Figura 2.2: Meccanismo d’azione della Decitabina.

Proprio perché è necessaria l’inclusione della molecola nel DNA affinché si esplichi l’azione ipometilante, la Decitabina è somministrata secondo uno schema differente da quello della chemioterapia classica: deve essere data a dose standard seguendo un timing preciso, indipendentemente dalla citopenia, per almeno 3-6 cicli, affinché se ne possano

apprezzare gli effetti terapeutici.67

2.3 Proprietà farmacologiche

L’impiego del farmaco è stato indagato in uno studio clinico di fase 3 in aperto, multicentrico e randomizzato (DACO-016) condotto su pazienti con nuova diagnosi di LAM “de novo” o secondaria in base alla classificazione dell’OMS. La Decitabina (N = 242) è stata messa a confronto con il trattamento scelto (TS, N = 243) dal paziente su consiglio

del medico, consistente o in una sola terapia di supporto (N = 28, 11,5%) o in 20 mg/m2 di

Citarabina somministrata una volta al giorno per via sottocutanea per 10 giorni consecutivi e ripetuta ogni 4 settimane (N = 215, 88,5%).

(37)

37

La Decitabina, invece, è stata somministrata in infusione endovenosa (della durata di 1

ora circa) alla dose 20 mg/m2 una volta al giorno per 5 giorni consecutivi e ripetuta

anch’essa ogni 4 settimane.

L’età media della popolazione intent-to-treat (ITT) era di 73 anni (intervallo compreso tra 64 e 91 anni). Il 36% dei pazienti presentava un rischio citogenetico basso alla diagnosi, mentre il resto dei pazienti presentavano un rischio citogenetico intermedio. (I pazienti con citogenetica favorevole non sono stati inclusi in questo studio).

Il 25% dei pazienti arruolati aveva un performance status score ≥2 secondo la scala ECOG. L’81% dei pazienti presentava delle comorbidità significative (es. infezioni, disturbi

cardiaci, disturbi polmonari).

Il numero di pazienti trattati con Decitabina in base al gruppo di appartenenza razziale era di 209 bianchi (86,4%) e 33 asiatici (13,6%).

L’endpoint primario dello studio era la sopravvivenza complessiva.

L’endpoint secondario era la remissione completa della malattia, valutata da un gruppo di esperti indipendenti.

Gli endpoints terziari erano la sopravvivenza libera da progressione e la sopravvivenza libera da eventi avversi.

La sopravvivenza media complessiva della popolazione intent-to-treat fu di 7,7 mesi nei pazienti trattati con Decitabina rispetto ai 5,0 mesi dei pazienti nel braccio TS (hazard ratio (HR) 0,85; IC al 95%: 0,69, 1,04, p = 0,1079). Questa differenza non ha raggiunto una significatività statistica, ma è stata evidenziata una tendenza al miglioramento della sopravvivenza con una riduzione del 15% del rischio di morte nei pazienti nel braccio di

trattamento con Decitabina (Figura 2.3).68

L’analisi della sopravvivenza complessiva, valutata considerando i pazienti censorizzati per le terapie successive che possono potenzialmente aver modificato il decorso della

malattia (chemioterapia di induzione o agente ipometilante), ha mostrato una riduzione del 20% del rischio morte nei pazienti nel braccio di trattamento con Decitabina [HR = 0,80, (IC al 95%: 0,64; 0,99), valore p = 0,0437)].

(38)

38

Figura 2.3: Confronto della sopravvivenza complessiva nella popolazione intend-to-treat

(39)

39

Eseguendo un’analisi sulla sopravvivenza a distanza di un ulteriore anno, gli effetti della Decitabina sulla sopravvivenza complessiva hanno mostrato un miglioramento clinico rispetto al braccio TS (rispettivamente 7,7 mesi contro 5,0 mesi, hazard ratio = 0,82, IC al

95%: 0,68, 0,99, valore p nominale = 0,0373, Figura 2.4).69

Figura 2.4: Confronto della sopravvivenza complessiva dopo un anno nella popolazione

(40)

40

L’analisi iniziale sulla popolazione intent-to-treat ha mostrato una differenza

statisticamente significativa della quota di remissione completa (RC + RCp) a favore dei pazienti nel braccio di trattamento con Decitabina, (17,8%, 43/242), rispetto al braccio TS, 7.8% (19/243); differenza di trattamento 9,9% (IC al 95%: 4,07; 15,83), p = 0,0011.

Il tempo medio e la durata media della miglior risposta nei pazienti che hanno mostrato una RC o una RCp erano rispettivamente di 4,3 mesi e 8,3 mesi.

La sopravvivenza libera da progressione era molto maggiore nei pazienti nel braccio di trattamento con Decitabina, (3,7 mesi, IC al 95%: 2,7; 4,6), rispetto ai pazienti nel braccio TS, (2,1 mesi, IC al 95%: 1,9; 3,1); hazard ratio 0,75 (IC al 95%: 0,62; 0,91), p = 0,0031.

Questi risultati, insieme ad altri endpoint, sono riportati nella Tabella 2.1

Risultati Decitabina (N=242) TS (N=243) Valore p RC+RCp 43 (17,8%) 19 (7,8%) 0,0011 OR = 2,5 (1,40; 4,78)b RC 38 (15,7%) 18 (7,4%) ----

(41)

41 EFSa 3,5 (2,5; 4,1)b 2,1 (1,9; 2,8)b 0,0025 HR = 0,75 (0,62; 0,90)b PSFa 3,7 (2,7 ; 4,6)b 2,1 (1,9; 3,1)b 0,0031 HR = 0,75 (0,62; 0,91)b

Tabella 2.1: confronto dati relativi alla sopravvivenza e agli altri endpoint in

pazienti trattati con Decitabina e in quelli trattati con chemioterapia standard.

Leggenda:

RC = remissione completa;

RCp = remissione completa con recupero incompleto delle piastrine; ESF = sopravvivenza libera da eventi;

PSF = sopravvivenza libera da progressione; OR = rapporto degli odds;

HR = rapporto di rischio; --- = Non valutabile;

a = Riportato come media dei mesi; b = Intervalli di confidenza al 95%.

(42)

42

La sopravvivenza complessiva e le quote di remissione completa nei sottogruppi affetti dalla malattia specificati in precedenza (ad esempio, rischio citogenetico, score secondo la scala ECOG, età, tipo di LAM e conta basale dei blasti midollari) erano coerenti con i

risultati sulla popolazione analizzata nello studio globale.70

L’impiego della Decitabina come terapia iniziale è stato inoltre valutato in uno studio clinico open label di fase 2 a braccio singolo (DACO-017) condotto su 55 pazienti di età superiore a 60 anni affetti da LAM in base alla classificazione dell’OMS.

L’endpoint primario di efficacia dello studio era la quota di remissione completa (RC), valutata da un gruppo di esperti indipendenti.

L’endpoint secondario dello studio era la sopravvivenza complessiva.

La Decitabina era somministrato per infusione endovenosa (della durata di 1 ora) alla

dose di 20 mg/m2 una volta al giorno per 5 giorni consecutivi e ripetuta ogni 4 settimane.

L’analisi intent-to-treat ha mostrato una percentuale RC del 23,6% (IC al 95%: tra 13,2; 37) in 13 pazienti su 55 trattati col farmaco. Il tempo medio alla RC era di 4,1 mesi e la durata media della RC era di 18,2 mesi. La sopravvivenza media complessiva della popolazione

intent-to-treat era di 7,6 mesi (IC al 95%: 5,7, 11,5).71

2.4 Proprietà farmacocinetiche

I parametri farmacocinetici di popolazione (PK) sono stati ricavati da 3 studi clinici effettuati su 45 pazienti affetti da LAM o da Sindrome Mielodisplastica (SMD) in cui la

Decitabina è stata somministrata con lo schema posologico standard di 20mg/m2 per 5

giorni, ogni 4 settimane.

In ogni studio, i parametri PK sono stati valutati il quinto giorno del primo ciclo di

(43)

43 2.4.1 Distribuzione

La farmacocinetica della Decitabina, conseguente alla somministrazione endovenosa per infusione della durata di 1 ora, è stata descritta in un modello lineare a due comparti, caratterizzato da una rapida eliminazione del medicinale dal comparto centrale e da una distribuzione relativamente lenta dal comparto periferico. I parametri farmacocinetici

della decitabina in un paziente tipo (peso di 70 kg, superficie corporea pari a 1,73 m2)

sono elencati nella Tabella 2.2.

Parametro* Valore previsto IC al 95%

Cmax (ng/ml) AUCcum (ng.h/ml) t1/2 (min) Vdss (L) CL (L/h) 107 580 68,2 116 298 88,5-129 480-695 54,2-79,6 84,1-153 249-359

Tabella 2.2: parametri farmacocinetici Decitabina.

*La dose totale per ciclo è di 100 mg/m2.

La Decitabina mostra parametri PK lineari e dopo l’infusione endovenosa si raggiungono le concentrazioni dello stato stazionario entro mezz’ora.

Secondo un modello di simulazione, i parametri PK sono indipendenti dal tempo (cioè non cambiavano da un ciclo all’altro) e con questo schema posologico non si è osservato alcun accumulo.

(44)

44

Il volume di distribuzione VdSS del farmaco allo stato stazionario nei pazienti affetti da tumore è ampio, indicando così una distribuzione del medicinale nei tessuti periferici.

Non vi è prova di dipendenza del comportamento farmacocinetico della Decitabina dall’età, dalla clearance della creatinina, dalla bilirubina totale o dallo stato di malattia del paziente.

2.4.2 Biotrasformazione

All’interno delle cellule, la Decitabina è trasformata nella forma attiva di trifosfato

corrispondente attraverso una fosforilazione sequenziale tramite attività di fosfochinasi e successivamente incorporata dalla DNA polimerasi. I dati relativi al metabolismo in vitro e i risultati degli studi sui bilanci di massa nell’uomo indicano che il sistema del citocromo P450 non è implicato nel metabolismo del farmaco.

Il percorso primario del metabolismo avviene presumibilmente tramite la deaminazione da citidina deaminasi nel fegato, nei reni, nell’epitelio intestinale e nel sangue.

I risultati dello studio sui bilanci di massa nell’uomo hanno mostrato che la Decitabina invariata nel plasma rappresenta circa il 2,4% della radioattività totale del plasma.

I maggiori metaboliti circolanti non sono ritenuti farmacologicamente attivi. La presenza di tali metaboliti nelle urine insieme all’elevata clearance corporea totale e alla bassa escrezione urinaria del medicinale invariato nelle urine (circa il 4% della dose) indicano che la Decitabina viene metabolizzata in modo apprezzabile in vivo.

Gli studi in vitro hanno invece dimostrato che la Decitabina non inibisce né induce gli enzimi CYP450 fino ad un valore di 20 volte superiore alla concentrazione terapeutica massima plasmatica osservata (Cmax). Quindi possiamo affermare che non sono previste interazioni metaboliche mediate dal CYP e che il farmaco probabilmente non interagisce con gli agenti metabolizzati attraverso questi percorsi. Oltre a ciò, i dati in vitro mostrano

(45)

45 2.4.3 Eliminazione

La clearance plasmatica media dopo somministrazione endovenosa in pazienti con tumore era superiore a 200 L/h, con una variabilità moderata tra i pazienti (il Coefficiente di Variazione [CV] è del 50% circa).

Nell’eliminazione della Decitabina, l’escrezione del medicinale immodificato sembra avere solo un ruolo minore.

I risultati di uno studio di bilancio di massa con Decitabina marcata con isotopo

radioattivo 14C in pazienti con tumore ha mostrato che il 90% della dose somministrata del farmaco (4% di medicinale non modificato) è escreta nelle urine.

2.5 Indicazioni terapeutiche

Per i relativamente lievi eventi avversi e i bassi dosaggi terapeutici, la Decitabina si presta particolarmente bene per il trattamento dei pazienti anziani, con età uguale o superiore a 65 anni, con diagnosi di Leucemia Mieloide Acuta “de novo” o secondaria in base alla classificazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), e che non siano candidabili alla chemioterapia di induzione standard.

In base a numerosi studi è stato rilevato come non costituiscano una controindicazione al trattamento la presenza di insufficienza epatica, mancando una metabolizzazione da parte dei citocromi P 450, e di insufficienza renale, essendo la quota immodificata di farmaco eliminata con le urine minima, entrambe condizioni spesso presenti nei pazienti anziani.74

E proprio negli anziani, negli ultimi anni, si sta verificando un aumento di incidenza di Leucemia Mieloide Acuta per cui si è cercato di capire, tramite alcuni studi, quale siano le migliori scelte terapeutiche da intraprendere in tale popolazione. Innanzitutto bisogna considerare come nel paziente anziano la Leucemia Mieloide Acuta si associ a due problematiche importanti: da un lato la malattia spesso si presenta con le caratteristiche

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46

di resistenza terapeutica nonché con anomalie genetiche o epigenetiche associate a prognosi peggiore, dall’altro tali pazienti sono più spesso intolleranti alla chemioterapia intensiva tanto da mostrare una più alta percentuale di morte correlata al trattamento rispetto ai pazienti più giovani. Tant’è che l’idea che i potenziali rischi siano maggiori dei potenziali benefici spesso conduce i medici o gli stessi pazienti a non voler ricevere la

chemioterapia standard.75

In tutti questi studi l’età avanzata si è costantemente dimostrata un fattore prognostico negativo indipendente, con la prognosi che peggiora proprio a partire dai 60 anni di età; molti sono i fattori determinanti un outcome peggiore nei pazienti anziani: ad esempio la maggiore probabilità di sviluppare una malattia biologicamente resistente o con anomalie citogenetiche o genetiche maligne. Inoltre, gli anziani hanno una maggiore probabilità di presentare una LMA secondaria ad un antecedente disturbo ematologico. A queste condizioni vanno aggiunti un performance status peggiore e la presenza di comorbidità, spesso determinanti una maggiore mortalità e una minore risposta alla terapia. Tutto ciò giustifica la tendenza a trattare questi pazienti con regimi chemioterapici meno intensi e ciò si rende responsabile dei risultati peggiori in termini di risposta alla terapia e di sopravvivenza. Esiste uno studio che si è prefissato l’obbiettivo di definire dei criteri di ineleggibilità alla chemioterapia standard in modo da stratificare i pazienti e migliorare le scelte terapeutiche valutando il performance status, le comorbidità e lo stato cognitivo

dei pazienti, ma purtroppo non ha ricevuto un largo consenso.76

Ciò che però è emerso è l’importanza di riuscire a stratificare i pazienti in modo da poter trattare gli “unfit” con una terapia basata sull’uso di agenti ipometilanti quali la

Decitabina, sicuramente meno aggressivi sia in termini di reazioni avverse che di mortalità terapia-associata, e i pazienti “fit” con chemioterapia standard che ha dato sicuramente

(47)

47

Figura 2.5: algoritmo terapeutico decisionale nel paziente anziano.77

Infine, sempre considerando che sì, la chemioterapia intensiva può portare ad un alto tasso di remissioni complete, ma la probabile tossicità e gli effetti collaterali a volte fatali, ne limitano l’impiego nei pazienti anziani e poiché uno studio multicentrico di fase III aveva mostrato una minore efficacia della Decitabina rispetto alla terapia standard, è stata condotta recentemente una meta-analisi che si è prefissata lo scopo di valutare non solo l’efficacia, ma anche la sicurezza della Decitabina nei pazienti anziani. Le

pubblicazioni incluse in tale meta-analisi dovevano soddisfare alcuni criteri quali:

1. La ricerca originale doveva aver studiato la Decitabina nel trattamento di pazienti anziani affetti da Leucemia Mieloide Acuta;

2. Tali pazienti dovevano avere un’età maggiore o uguale a 60 anni e possedere i criteri diagnostici universalmente accettati di Leucemia Mieloide Acuta;

(48)

48

3. I pazienti dovevano essere trattati con Decitabina in monoterapia senza essere stati sottoposti ad un pregresso trattamento chemioterapico;

4. Gli studi dovevano fornire informazioni sufficienti su almeno uno dei seguenti risultati: sopravvivenza alla terapia; tasso di risposta globale; sopravvivenza globale;

5. Gli studi dovevano includere almeno 10 o più pazienti.

Tale meta-analisi ha dimostrato come la Decitabina induca una notevole risposta al trattamento nei pazienti anziani con Leucemia Mieloide Acuta, i quali non sarebbero stati in grado di sopportare la chemioterapia di induzione e di consolidamento standard. Dalla meta-analisi sembra anche che la Decitabina riesca a superare i fattori prognostici

negativi come età avanzata, il pattern citogenetico sfavorevole e la presenza di blasti nel midollo superiore al 30%.

In conclusione si evidenzia come la Decitabina sia un’alternativa terapeutica efficace e ben tollerata, con effetti collaterali accettabili, nei pazienti anziani con Leucemia Mieloide Acuta. Per migliorare però la risposta globale e mantenere una remissione duratura, anche in questa meta-analisi è emerso come dovrebbero essere supportati ulteriori studi che dovrebbero concentrarsi sulla determinazione del miglior programma chemioterapico di somministrazione basato sulle caratteristiche cliniche del singolo paziente (“fit” vs “unfit”) e sullo sviluppo di una combinazione di farmaci ottimale, includente la stessa

Decitabina.78

2.5.1 Posologia e modalità di somministrazione

In un ciclo di trattamento, la Decitabina viene somministrata ad una dose di 20 mg/m2 di

superficie corporea per infusione endovenosa della durata di un’ora, ripetuta giornalmente per 5 giorni consecutivi (vale a dire un totale di 5 dosi per ciclo di

trattamento). La dose giornaliera totale non deve superare i 20 mg/m2 e la dose totale

(49)

49

Il ciclo va ripetuto ogni 4 settimane in base alla risposta clinica del paziente e al grado di tossicità osservato. Si raccomanda di trattare i pazienti per un minimo di 4 cicli, anche se, per ottenere una remissione, completa o parziale, potrebbero essere necessari più di 4 cicli.

Il trattamento può essere continuato finché si mantiene una risposta, oppure finché il paziente continua a trarre benefici dal trattamento o la malattia si mantiene stabile, cioè

non vi è evidenza di progressione.79

Se dopo 4 cicli di trattamento i valori ematologici del paziente (conta delle piastrine o conta assoluta dei neutrofili) non sono tornati ai livelli pre-trattamento o se si verifica una progressione della malattia (intesa come aumento della conta dei blasti periferici o peggioramento della conta dei blasti nel midollo osseo), il paziente potrebbe essere un non-responder e dovrebbero essere prese in considerazione opzioni terapeutiche alternative.

2.6 Eventi avversi

Le reazioni avverse sono state indagate osservando 293 pazienti con LAM trattati con

Decitabina (tabella 2.3).80

Tali reazioni avverse sono elencate per categorie di frequenza, le quali sono definite come: molto comune (≥ 1/10), comune (tra ≥ 1/100 e < 1/10), non comune (tra≥ 1/1.000 e < 1/100), raro (tra ≥ 1/10.000 e < 1/1.000), molto raro (<1/10.000).

All’interno di ciascun gruppo di frequenza, le reazioni avverse sono riportate in ordine decrescente di gravità.

(50)

50 Classificazione per sistemi e organi Frequenza (tutti i gradi) Reazione avversa da farmaco Frequenza Tutti i gradi (%) a Gradi 3-4 (%) a Infezioni ed infestazioni

Molto comune Polmonite* 24 20

Infezione del tratto urinario

15 7

Comune Shock settico* 6 4

Sepsi* 9 8 Sinusite 3 1 Patologie del sistema emolinfopoietico Molto comune Neutropenia febbrile* 34 32 Neutropenia 32 30 Trombocitopenia* b 41 38 Anemia 38 31 Leucopenia 20 18

Non Comune Pancitopenia* <1 <1

Disturbi del sistema immunitario Comune ipersensibilità, comprese reazioni anafilattiche c 1 <1 Patologie del sistema nervoso

Molto comune Mal di testa

16

1

(51)

51 Patologie

respiratorie, toraciche e mediastiniche

Molto comune Epistassi 14 2

Patologie gastrointestinali Molto comune Diarrea 32 2 Vomito 18 1 Nausea 33 <1 Comune Stomatite 7 1

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo

Non comune dermatosi neutrofila

febbrile acuta (sindrome di Sweet) <1 NA Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione

Molto comune Piressia 48 9

(52)

52

Legenda:

a: Classificazione in base al grado di gravità NCI-CTC (Criteri Comuni di Tossicità dell’Istituto Nazionale del Cancro).

b: La trombocitopenia comprende anche l’emorragia associata a trombocitopenia, compresi i casi con esito fatale.

c: Compresi i termini d’elezione come ipersensibilità, ipersensibilità al medicinale, reazioni anafilattiche, shock anafilattici, reazione anafilattoide, shock anafilattoide.

*Comprende eventi con esito fatale.

NA=Non applicabile.

Per quanto riguarda le reazioni avverse di tipo ematologico più comunemente riportate in associazione al trattamento con Decitabina, sono: neutropenia febbrile, trombocitopenia, neutropenia, anemia e leucopenia.

Sono state riportate in alcuni pazienti reazioni avverse gravi dovute a infezioni esitanti in shock settico, sepsi e polmonite conseguenti alla grave neutropenia indotta dal farmaco.

Inoltre, sono state riferite reazioni gravi correlate al sanguinamento, alcune delle quali con esito fatale, come emorragia a carico del sistema nervoso centrale (SNC) (2%) ed emorragia gastrointestinale (GI) (2%), nel contesto di una trombocitopenia grave.

Le reazioni avverse di tipo ematologico vanno gestite tramite monitoraggio regolare dell’emocromo completo e tempestiva somministrazione di terapie di supporto, se richieste: in base alle linee guida, tali terapie prevedono una profilassi antibiotica e/o somministrazione di fattore di crescita (es. G-CSF) in caso di neutropenia, e trasfusioni in caso di anemia o trombocitopenia. Talvolta può rendersi necessario posticipare la

(53)

53

successiva dose di Decitabina, che deve essere comunque somministrata prima possibile, in accordo con le condizioni cliniche del paziente.

2.6.1 Mielodepressione e sua gestione

Una particolare attenzione va posta alla mielodepressione e agli eventi avversi ad essa correlati (trombocitopenia, anemia, neutropenia e neutropenia febbrile) che sono comuni nei pazienti con LAM trattati con Decitabina.

Tra le complicanze della mielosoppressione vi sono, come già precedentemente riportato, infezioni e sanguinamento. A discrezione del medico, è possibile rinviare il trattamento se il paziente mostra complicanze associate alla mielosoppressione, come:

• Neutropenia febbrile (febbre ≥ 38,5°C e conta assoluta dei neutrofili < 1.000/µL);

• Infezione attiva virale, batterica o fungina (che richieda anti-infettivi per via endovenosa o misure di supporto generali);

• Emorragia (gastrointestinale, genito-urinaria, polmonare con piastrine < 25.000/µL, o del sistema nervoso centrale).

Il trattamento può essere ripreso non appena tali condizioni migliorino o vengano stabilizzate con un trattamento adeguato (terapia anti-infettiva, trasfusioni o fattori di crescita).

Negli studi clinici, per circa un terzo dei pazienti in trattamento con Decitabina è stato richiesto un ritardo nella somministrazione della dose, ma non è raccomandata la riduzione della dose.

(54)

54

3. SCOPO DELLA TESI

Prendendo come punto di partenza i risultati ottenuti con lo studio clinico DACO-016 in cui fu dimostrato che il trattamento di pazienti affetti da Leucemia Mieloide Acuta con Decitabina comportava un miglioramento non solo della sopravvivenza complessiva (riduzione del rischio di morte del 20%) e a distanza di un anno, ma anche un maggior numero di remissioni complete e una maggiore sopravvivenza libera da progressione, e la meta-analisi in cui si dimostrava come la stessa Decitabina fosse una valida alternativa terapeutica alla chemioterapia standard, efficace e ben tollerata, con effetti collaterali accettabili in pazienti anziani, abbiamo voluto analizzare la risposta di 12 pazienti in cura presso l’U.O. Ematologia dell’A.O.U. di Pisa.

Si tratta di pazienti con un’età, alla diagnosi, compresa tra i 68 e gli 89 anni, che nella metà dei casi presentavano una leucemia mieloide acuta secondaria. (Tabella 3.1)

Alcuni di loro presentavano altre comorbidità che comunque non hanno rappresentato un criterio di esclusione per il trattamento né ne hanno compromesso gli effetti, in accordo con gli studi precedentemente esposti.

(55)

55 COGNOME (prime 2 lettere) NOME (prime 2 lettere) ETA’ ALLA DIAGNOSI LAM SECONDARIA BA DI 68 NO BE MA 79 NO BE LI 69 Sì CA CL 73 NO DI OT 71 NO DI MI 72 Sì FA GI 89 Sì MA LE 72 Sì MA MA 80 NO MI EN 77 Sì PE AG 83 NO SA AN 76 Sì

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