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L'IMPATTO DELLE TERAPIE IMMUNOSOPPRESSIVE CON EVEROLIMUS SULL'INSORGENZA DI NEOPLASIE DE NOVO DOPO TRAPIANTO DI FEGATO.

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INDICE

INTRODUZIONE

pag 3

CAPITOLO 1

1.1 Epidemiologia : casi di tumore de novo nei pazienti trapiantati pag 5

1.2 Incidenza di neoplasie post-trapianto (Stratificazione per

pag 7

categoria d'organo)

1.2.1 Rene

pag 7

1.2.2 Fegato

pag 7

1.2.3 Cuore

pag 8

1.2.4 Polmone pag 9

CAPITOLO 2

pag 10

RELAZIONE TRA NEOPLASIE DE NOVO E FARMACI

IMMUNOSOPPRESSORI NEI PAZIENTI TRAPIANTATI

2.1 Trapianto renale

pag 13

2.1.1 Prevenzione di neoplasie de novo

pag 13

2.1.2 Gestione di neoplasie post-trapianto

pag 14

2.2 Trapianto epatico pag 16

2.2.1 Prevenzione di neoplasie de novo pag 16

2.2.2 Gestione di neoplasie post-trapianto pag 16

2.2.3 Carcinoma epatocellulare recidivante pag 17

2.3 Trapianto cardiaco

pag 19

2.3.1 Prevenzione di neoplasie de novo

pag 19

2.3.2 Gestione di neoplasie post-trapianto

pag 19

2.4 Conclusioni pag 21

(2)

CAPITOLO 3

LA TERAPIA IMMUNOSOPPRESSIVA CON EVEROLIMUS

E' ASSOCIATA AD UN RISCHIO RIDOTTO DI NEOPLASIE

DE NOVO DOPO TRAPIANTO EPATICO

3.1 Introduzione

pag 22

3.2 Materiali e metodi

pag 22

3.3 Risultati pag 23

3.4 Discussione pag 32

3.5 Conclusioni

pag 32

(3)

INTRODUZIONE

Il trapianto d’organo rappresenta una delle più importanti conquiste cliniche del secondo millennio per i positivi risvolti clinici nella cura di numerose malattie ad evoluzione sfavorevole e non efficacemente trattabili.E' una procedura medica consolidata nella terapia della malattia terminale d’organo. Nel corso del 2010 sono stati eseguiti oltre 105mila trapianti in tutto il mondo, nella maggior parte dei casi si tratta di trapianti di rene (58% dei casi), seguiti dai trapianti di fegato (22%), di cuore (10%) e di polmone (4%). In Italia nel periodo 2000-2011 sono stati eseguiti 34.720 trapianti, di cui 54% di rene, 33% di fegato, 11% di cuore e 2% di polmone.

La disponibilità di farmaci antirigetto sempre più efficaci ha ridotto in modo significativo il tasso del rigetto acuto e cronico, con un netto miglioramento della sopravvivenza dell’organo trapiantato ad un anno, che attualmente è stimata fra l’80-90% contro il 40-50% dei primi anni settanta. I dati italiani sono sovrapponibili a quelli internazionali, con una sopravvivenza dell’organo ad un anno compresa fra il 92% e l’82%, una sopravvivenza del paziente ad 1 e 5 anni rispettivamente del 97-65% e 92-46%, con la prognosi migliore nei pazienti sottoposti a trapianto di rene e la più infausta nei trapiantati di polmone. Globalmente l’eccesso di rischio è stimato 2-5 volte superiore a quello della popolazione generale dello stesso sesso ed età.

Negli ultimi trenta anni sono stati sviluppati e perfezionati numerosi protocolli terapeutici che in maniera più specifica cercano di inibire il rigetto, cercando di salvaguardare almeno in parte una residua capacità del Sistema Immunitario di difendere l’organismo con la diminuzione degli effetti collaterali connessi all’impiego cronico di farmaci.

Tuttavia, l’uso di farmaci immunosoppressivi antirigetto necessari per il successo del trapianto e per la sopravvivenza stessa del paziente è direttamente associato a una aumentata frequenza di infezioni e di tumori associati a infezioni virali, quali il sarcoma di Kaposi (SK) e alcuni tipi di linfomi non-Hodgkin (LNH), le principali cause di morbilità e mortalità nelle persone sottoposte a trapianto d’organo; in termini di incidenza tale rischio è quantificabile in aumento di circa 2-3 volte di sviluppare un qualsiasi tumore de novo post-trapianto. L’esposizione prolungata a farmaci immunosoppressivi, infatti, sembra influenzare negativamente la capacità di immunosorveglianza antivirale e antitumorale e potenziare l’effetto carcinogenico di alcuni fattori di rischio, quali i raggi ultravioletti ed inoltre alcuni farmaci, sembrano in grado di promuovere la carcinogenesi attraverso meccanismi indipendenti da quello immunosoppressivo.

In aggiunta alla produzione di nuove conoscenze sulla cancerogenesi, la quantificazione del rischio di cancro nelle persone sottoposte a trapianto d’organo ha importanti ricadute per lo screening e il monitoraggio di questi pazienti.

Nel corso dell’ultimo decennio sono stati condotti studi tesi a quantificare il rischio di sviluppare un tumore de novo dopo trapianto d’organo solido.

Per quanto riguarda i trapiantati di rene il rischio è particolarmente elevato per il Sarcoma di Kaposi e per i tumori del labbro , il carcinoma renale , il linfoma non Hodgkin e il mesotelioma .

Nei trapiantati di fegato aumenti significativi sono stati osservati per il Sarcoma di Kaposi, Linfoma non-Hodgkin e per i tumori della laringe, esofago, lingua e per i tumori testa-collo in

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Linfoma non-Hodgkin e tumori del polmone in particolare.

Dunque i pazienti sottoposti a trapianto d’organo solido sono ad elevato rischio neoplastico. Tale aumento però non è generalizzato ma ristretto soprattutto ai tumori associati ad infezioni virali (ad esempio, sarcoma di Kaposi o Linfoma non-Hodgkin) o a fattori di rischio presenti in questi pazienti, ovvero i tumori del rene nei trapianti renali legati allo stato uremico o ai tumori legati alcool/fumo, quali i tumori testa-collo, esofago e laringe in quelli di fegato e polmone nei trapiantati di cuore/polmone.

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CAPITOLO 1

1.1 Epidemiologia: casi di tumore de novo nei pazienti

trapiantati

Pazienti con immunodepressione iatrogena, quali i pazienti sottoposti a trapianto di organo solido, sono ad alto rischio cancerogeno. Lo spettro neoplastico comprende soprattutto tumori indotti da virus cancerogeni: sarcoma di Kaposi (HHV8), linfomi (EBV), carcinomi anogenitali (HPV) ed epatocarcinoma (HBV/HCV).

Lo spettro comprende anche neoplasie con eziologia virale controversa, quali i carcinomi cutanei il cui eccesso di rischio è stimato 60-70 volte superiore a quello della popolazione generale dello stesso sesso e fascia di età e tumori non associati ad agenti infettivi con un eccesso di rischio significativamente inferiore.

La spettanza di vita dei trapiantati d’organo solido è migliorata nel corso del tempo, per la disponibilità di farmaci immunosoppressori sempre più potenti e per migliore gestione del paziente e dell’organo da trapiantare.

In questo nuovo scenario lo sviluppo delle neoplasie rimane un problema sostanziale, per la persistenza di una immunodepressione cronica, l’invecchiamento fisiologico dei pazienti, la presenza di coinfezioni con virus cancerogeni, gli stili di vita dei pazienti (fumo di sigaretta, uso di alcool) e non da ultimo l’azione cancerogena diretta di alcune classi di farmaci immunosoppressori, quali gli inibitori della calcineurina, ciclosporina e tacrolimus, e fra gli antiproliferativi, l’azatioprina.Le neoplasie che insorgono nei pazienti immunodepressi sono caratterizzate da una elevata aggressivita' neoplastica e da una prognosi infausta.

Da una casistica italiana di 7217 trapiantati di rene emerge che il tasso di incidenza di tutti i tumori con l’esclusione del carcinoma cutaneo (il tumore più frequente, di cui peraltro mancano spesso dati) è del 4.8% e 9.9% rispettivamente a 5 e 10 anni dal trapianto e sale al 40% a 25 anni dal trapianto. Nei trapiantati di cuore l’incidenza è del 5.3% e 11.3% a 5 e 10 anni e del 17% a 15 anni dal trapianto, mentre nei trapiantati di fegato a 5 anni è compresa nel range del 5.9-14.6% e del 26% a 10 anni.

I tumori più frequenti sono i tumori causati da virus cancerogeni e da agenti cancerogeni legati allo stile di vita del paziente, in particolare fumo di sigaretta, abuso di alcoolici ed esposizione solare. L’indispensabile assunzione di farmaci immunosoppressivi dopo il trapianto espone i pazienti a un sostanziale aumento del rischio di incorrere in patologie neoplastiche, tra le principali cause di morbilità e mortalità anche con trapianto funzionante.

Dai dati del registro nazionale degli Stati Uniti, riferiti a più di 175.000 pazienti trapiantati di organi solidi tra il 1987 e il 2008, emerge un duplice fattore di rischio: alla maggiore incidenza di neoplasie riscontrata in questi pazienti rispetto alla popolazione generale si aggiunge anche una minore risposta ai trattamenti rispetto ai soggetti non immunodepressi. Per diversi tumori ad alta diffusione, tra cui quelli della prostata, della vescica, della mammella e del colon, si è registrato un tasso di sopravvivenza inferiore nei pazienti trapiantati rispetto alla popolazione generale.

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Uno studio prospettico sul trapianto renale, condotto nel Regno Unito e presentato su

Transplantation, ha individuato diversi fattori predittivi di rischio per tumori della pelle, tra i quali:

età, fototipo cutaneo, tipologia di professione, sesso maschile, colore degli occhi, durata del trattamento e storia di fumo. L’età al momento del trapianto e il colore degli occhi hanno permesso di identificare, con una sensibilità dell’80% e una specificità del 75%, i soggetti che avrebbero sviluppato tumori cutanei non melanoma (TCNM).

Un altro studio retrospettivo australiano sulla base degli stessi parametri ha elaborato un indice di predittività in grado di identificare i pazienti a rischio che hanno poi sviluppato tumori cutanei non melanoma (TCNM) post-trapianto con una sensibilità del 78% e una specificità dell’89,3%. Anche se queste strategie utilizzate nella pratica clinica hanno contribuito a ridurre il numero di neoplasie post-trapianto, si é vista la necessità di sviluppare ulteriori e nuovi sistemi per identificare con precisione questi pazienti.

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1.2 Incidenza di neoplasie post-trapianto

(Stratificazione per categoria d'organo)

1.2.1 Rene

Sono stati studiati 7217 soggetti (64,2% M) sottoposti a trapianto renale in 15 centri trapiantologici italiani tra il 1997 e il 2007. Il periodo a rischio (anni-persona, AP) è stato calcolato dal 30° giorno post-trapianto alla data di tumore, decesso, rientro in dialisi, ultimo follow-up o chiusura dello studio (21/12/2009). Il rischio di tumore è stato calcolato dividendo il numero di tumori osservati con quello atteso nella popolazione generale italiana di pari età e sesso (dati Registri Italiani Tumore), ottenendo il rapporto standardizzato di incidenza (SIR) ed il relativo intervallo di confidenza al 95% (IC). Per identificare i fattori di rischio associati con lo sviluppo di tumori de novo è stato calcolato il rapporto tra tassi d’incidenza (IRR) attraverso la regressione multipla di Poisson.

L'obiettivo di tali studi era di stimare l'incidenza ed i fattori di rischio associati allo sviluppo di tumori de novo dopo trapianto di rene.

Sono stati diagnosticati 395 tumori de novo in un totale di 39,598 AP, tra i quali i più frequenti sono stati il Sarcoma di Kaposi (SK, 74 casi), tumori linfoproliferativi (PTLD, 52) in generale e in particolare LNH (40), tumori del polmone (36), rene (36) e della prostata (35). Il tasso di incidenza complessivo è stato di 9,98 casi/1.000 AP, con un aumento del SIR di 1,7 volte (IC 95%: 1,6-1,9). SIR particolarmente elevati sono stati osservati per il SK (135), tumori del labbro (9,4), LNH (4.5), carcinoma del rene (4.9), e il mesotelioma (4.2). I trapiantati di rene trattati con inibitori di mTOR hanno mostrato un rischio ridotto significativamente del 30% di sviluppo di un qualsiasi tumore (IC 95% CI: 0,4-0,7; IRR = 0.5 per il SK e IRR = 0,6 per i tumori solidi). I trapiantati nati al Sud presentano un rischio ridotto di cancro del rene e dei tumori solidi, ma un rischio più alto di SK. I dati ottenuti mostrano come i pazienti sottoposti a trapianto di rene abbiano un rischio significativamente maggiore di sviluppare neoplasie post-trapianto, soprattutto quelle associate a virus. La minore incidenza di tutte le neoplasie, del SK e dei tumori solidi osservata nei pazienti trattati con mTORi, indica che sia possibile la riduzione del rischio di neoplasie utiliIzzando protocolli immunosoppressivi che impieghino questi farmaci.

1.2.2 Fegato

Negli ultimi anni, i tumori de novo dopo trapianto di fegato sono stati riportati in aumento in letteratura,e sono considerati come una causa di mortalità tardiva in questa popolazione. L’incidenza riportata dei tumori de novo varia dal 3% al 26% , che è significativamente aumentata paragonata con l' incidenza nella popolazione generale (6,8).

In uno studio italiano eseguito su un totale di 1300 pazienti sottoposti a trapianto di fegato durante un periodo di 23 anni tra il 1986 ed il 2009, 65 pazienti (5%) hanno sviluppato un tumore de novo durante il periodo di follow-up.

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Nella distribuzione dei 65 tumori de novo che si sono presentati nella popolazione oggetto dello studio il tumore della pelle è quello più comune ( 26.1 %), seguito da quelli del tratto gastroenterico ( 24.6%) ed ematologici ( 16.9 %), Rinomaxillo-facciale ( 12.3 %) Polmone ( 7.6%) Mammella (6.1%) Sistema urinario ( 4.6% ) Ginecologico (1,5%).

In questo studio di una singola istituzione comprendente 1300 riceventi di trapianto di fegato in un periodo di 23 anni, i tumori de novo sono stati identificati essere pari al 5% dei pazienti con un intervallo medio di 4.17 anni dal momento del trapianto. Questo tasso d’incidenza è tra i più bassi riportati in letteratura. Solamente Saigal et al. e Kelly et al. hanno riportato una più bassa incidenza intorno al 2.6% e 4.3%, rispettivamente, ma nessuno di questi studi includeva i tumori linfoidi. Herrero et al. del gruppo spagnolo di Pamplona hanno riportato la più alta incidenza di tumori post-trapianto intorno al 26% in una coorte di 187 riceventi di post-trapianto di fegato.

Una possibile spiegazione per tale discrepanza tra le serie riportate del tasso di incidenza dei tumori de novo può essere ricercata nella differenza in termine di numerosità del campione dei pazienti preso in esame e nella lunghezza del follow-up, dal momento che l’incidenza dei tumori de novo aumenta con il passare del tempo, il tipo di immunosoppressione usata, ed altri potenziali fattori di rischio per lo sviluppo di tali tumori. Sebbene fattori di rischio di sviluppo di tumori dopo trapianto non siano stati ancora ben elucidati, la malattia alcolica epatica appare essere il fattore di rischio più spesso citato. È stato riportato come l’alcool aumenti le aberrazioni cariotipiche cromosomiali, l’espressione del TGF-β in una varietà di cellule, e la soppressione dell’immunità nei confronti del cancro e delle infezioni nei modelli sperimentali.

In base all’esperienza dell’Università di Pittsburgh, le malattie linfoproliferative post-trapianto di fegato (PTLD) erano il tipo più comune di neoplasia (6,9). Bisogna tenere in considerazione pero', che il lavoro dell’Università di Pittsburgh è tra i pochi report della letteratura sullo sviluppo delle neoplasie post trapianto di fegato, che prende in considerazione una popolazione di riceventi pediatrici, nei quali la frequenza di PTLD è stata riportata essere significativamente più alta che nella popolazione adulta (9,18).

Studi piu' recenti, come mostreremo piu' avanti, hanno dimostrato, anche per i pazienti dopo trapianto di fegato, cosi' come gia' citato sopra per i pazienti riceventi trapianto di rene, una ridotta incidenza dello sviluppo di tumori de novo a seguito dell'utilizzo di terapie immunosoppressive con farmaci mTORi.

1.2.3. Cuore

La patologia neoplastica e' la principale causa di morbidita' e mortalita' dopo trapianto cardiaco. Da uno studio eseguito dal Dipartimento di Cardiologia dell' Ospedale Universitario di Leuven in Belgio in un periodo di 25 anni su 541 pazienti risulta che 181 di essi hanno sviluppato una neoplasia dopo circa 7,7 anni dal trapianto.

L'incidenza cumulativa di cancro a 5, 10 e 20 anni era 14%, 29% e 60% rispettivamente.

Le neoplasie osservate, in ordine di frequenza, sono: carcinoma cutaneo spinocellulare (22%), carcinoma cutaneo basocellulare (19%), tumore del polmone (16%), linfoma (11%) e carcinoma prostatico (10%).

Fattori di rischio significativi per lo sviluppo di neoplasie post-trapianto sono risultati sia l'eta' al trapianto superiore ai 50 anni che il sesso maschile, con un tasso di sopravvivenza media dopo la diagnosi di neoplasia di 2,9 anni nei pazienti con tumori non cutanei e 13,1 anni nei pazienti con carcinoma cutaneo.

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1.2.4. Polmone

Fattori di rischio per tumori de novo non cutanei dopo trapianto di polmone non sono stati ancora ben identificati.

Uno studio della University School of Medicine di Baltimora eseguito tra il 1989 e il 2012 ha rilevato su 18093 pazienti riceventi trapianto polmonare, dopo aver escluso i carcinomi cutanei spino/basocellulari. che 1306 pazienti presentavano tumori de novo con un'incidenza dell'1,4%, 4,6% e 7,9% a 1, 3 e 5 anni rispettivamente.

L'incidenza complessiva di cancro era elevata se paragonata a quella della popolazione generale USA.

Le tipologie di tumore più comune erano: tumore del polmone (26,2%) e malattie linfoproliferative (20%).

Fattori di rischio per tumori de novo post-trapianto polmonare erano: l'età, il genere maschile, la causa di malattia (fibrosi non cistica, fibrosi idiopatica polmonare o interstiziopatia) e il trapianto di polmone singolo.

Inoltre sono state osservate significative interazioni tra donatore o ricevente fumatore e trapianto di polmone singolo.

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CAPITOLO 2

RELAZIONE TRA NEOPLASIE DE NOVO E FARMACI

IMMUNOSOPPRESSORI NEI PAZIENTI TRAPIANTATI

I pazienti portatori di un trapianto d'organo solido (rene, fegato, cuore, polmone, pancreas, intestino) devono assumere quotidianamente farmaci immunosoppressori per la prevenzione del rigetto acuto e cronico.

L'uso di questi farmaci ha rappresentato, e rappresenta tutt'ora, uno degli aspetti piu' complessi della gestione clinica del post-trapianto.

Infatti, un loro impiego non corretto puo' aumentare da un lato l'incidenza di rigetti acuti e cronici, dall'altro, il rischio di morbilita' e mortalita' per infezioni, neoplasie, malattie cardiovascolari e tossicita' renale.

Lo stretto intervallo terapeutico che contraddistingue l'uso di questi farmaci (inteso come facilita' di passare da una condizione di tossicita' ad una di sottodosaggio), ha stimolato numerosi studi di farmacocinetica, di farmacodinamica e clinici, con lo scopo di individuare le modalita' di impiego piu' efficaci e piu' sicure.

Questi studi, iniziati nel 1980 con la Ciclosporina (CsA), sono continuati poi con il Tacrolimus, il Micofenolato Mofetile, il Micofenolato Sodico, la Rapamicina, l'Everolimus.

I risultati, oltre che confermare in tutti lo stretto intervallo terapeutico segnalato, hanno anche evidenziato una farmacocinetica molto variabile, perche' influenzabile da piu' fattori, come eta', sesso, razza, obesita', malattie metaboliche, malattia renale, fattori genetici etc.

Un altro aspetto di grande rilevanza per le sue implicazioni cliniche riguarda l'interazione farmacologica documentata sia tra alcuni dei farmaci immunosoppressori, che tra questi ed altri farmaci di largo impiego, come gli antimicotici, alcuni antibiotici, alcuni anticomiziali.

In questi casi, per evitare il rischio di sovra o sottodosaggio, diventa indispensabile modificare la posologia giornaliera, anche drasticamente.

Le ragioni della complessita' della terapia immunosoppressiva dipendono quindi da: -stretto intervallo terapeutico

-farmacocinetica variabile da individuo a individuo -presenza di interazioni farmacologiche significative.

Nonostante queste difficolta', un impiego corretto dei farmaci immunosoppressori ha permesso di migliorare significativamente i risultati del trapianto d'organo, non solo in termini di funzionalita' dell'organo trapiantato, ma anche di sopravvivenza del paziente.

Inoltre, ha permesso di estendere i benefici del trapianto anche a pazienti un tempo esclusi per eta' o problemi clinici.

Quindi l'efficacia e la sicurezza della terapia immunosoppressiva rappresentano la "pietra angolare" dei risultati clinici del post-trapianto.

Ad oggi tuttavia, l'insorgenza di neoplasie dopo trapianto risulta molto piu frequente che nella popolazione generale e rimane una delle principali cause di mortalita' post-trapianto.

Un ampio studio ha recentemente segnalato un rischio raddoppiato nel post-trapianto e per alcune neoplasie virus correlate, come il sarcoma di Kaposi e il linfoma non-Hodgkin, il rischio e' ancora piu' elevato.

L'oncogenesi e' favorita nei pazienti trapiantati che ricevono terapia di mantenimento con immunosoppressori, ed e' legata ad alterata sorveglianza immunitaria e a condizioni maggiormente permissive per la replicazione virale.

E' inoltre sempre piu' evidente che gli effetti di una classe specifica sono importanti tanto quanto l'intensita' dell'immunosoppressione complessivamente.

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per la classe di farmaci inibitori della calcineurina (CNI).

La terapia con tali farmaci ha mostrato un aumento del rischio di neoplasie di tipo dose-dipendente dopo trapianto di rene, fegato e cuore.

Non e' chiaro quanto di questo effetto sia dovuto alla elevata intensita' dell'immunosoppressione nella terapia con CNI oppure a effetti specifici correlati al farmaco che promuove l'oncogenesi come la stimolazione del transforming growth factor beta(TGF-ß) e l'aumentata produzione del proangiogenico vascular endothelial growth factor (VEGF).

D'altro canto, la classe degli inibitori degli mTOR (mammalian target of rapamycin, bersaglio della rapamicina nei mammiferi) esercita vari effetti anti-oncogeni.

I geni regolatori della via degli mTOR sono persi o mutati in molte neoplasie, portando cosi ad un aumento sia dell'attivazione degli mTOR che della resistenza celulare all'apoptosi.

Il blocco dell'attivazione di mTOR interrompe questo effetto anti-apoptotico e l'angiogenesi mTOR-dipendente, i quali sono entrambi essenziali per lo sviluppo e la proliferazione di cellule neoplastiche.

Inoltre gli inibitori mTOR sopprimono la traduzione di mRNA, che promuove la cancerogenesi cosi' come VEGF e la ciclina C1 (necessaria per cicli cellulari efficienti).

Studi preclinici hanno mostrato come gli inibitori mTOR abbiano un potente effetto inibitorio in varie neoplasie tra cui tumori legati a crescita dei linfociti B, carcinoma prostatico, neoplasie renali e come essi esercitino attivita' anti-mieloma nel mieloma multiplo.

Inoltre,i pazienti trapiantati che ricevono inibitori mTOR, richiedono dosaggi inferiori di CNI o possono essere mantenuti con un regime che prevede il non utilizzo degli stessi.

L'inibitore mTOR everolimus e' autorizzato per la profilassi nel rigetto di allotrapianto in combinazione con ridotta esposizione a CNI in pazienti adulti con trapianto renale a basso o moderato rischio immunologico, e in pazienti con trapianto epatico.

In particolare, pero', everolimus e' anche autorizzato per il trattamento di numerose neoplasie tra cui il carcinoma a cellule renali avanzato metastatico, tumore neuroendocrino gastroenteropancreatico e l'astrocitoma subependimale a cellule giganti.

Risultati promettenti per everolimus sono stati anche pubblicati per il trattamento di mieloma multiplo recidivante o refrattario, carcinoma del tratto biliare e linfoma non-Hodgkin, alcuni carcinomi mammari, sarcoma di Kaposi e altre neoplasie.

La combinazione tra efficacia dell'immunosoppressione e effetti terapeutici anti-oncogenici aveva sollevato la questione di se i regimi immunosoppressivi con everolimus potessero aiutare a prevenire e a gestire le neoplasie post-trapianto.

Le conclusioni sono stimolanti pero', in primo luogo, la relativa rarita' e il lungo tempo di sviluppo di neoplasie post-trapianto significa che un vasto numero di pazienti dovrebbe essere seguito per un periodo esteso per ottenere un adeguato potere analitico.

In secondo luogo, l'eziologia delle neoplasie e' talmente multifattoriale che identificare il contributo di ogni variabile e' difficile.

Recenti pubblicazioni hanno valutato la base di conoscenze in materia di inibitori mTOR in toto ma i due farmaci disponibili, sirolimus ed everolimus, non sono tra di loro intercambiabili.

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mTOR has a central role in cancer

progression

Angiogenesis

Growth /

proliferation

Oncogenes /

tumour

suppressors

mTOR, mammalian target of rapamycin; VEGF, vascular endothelial growth factor; PI3-K, phosphoinositide 3-kinase; PTEN, phosphatase and tensin homologue

1. Guba M et al. Nat Med. 2002;8:128–35; 2. Lang SA et al. Int J Cancer. 2007;120:1803–10; 3. Lang SA et al. Hepatology. 2009;49:523–32; 4. Cohen A, Hall MN. Cell. 2009;136:399–400; 5. Nicklin P et al. Cell. 2009;136:521–34; 6. Rao RR et al.

Immunity. 2010;32:67–78

Protein Production Nutrients

Amino Acids

Growth Factors IGF-1, EGF, TGFα, etc

elF-4E 4E-BP1 PTEN TSC1/TSC2 mTOR PI3-K Akt/ PKB S6K1 Energy LKB1 AMPK S6 P

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2.1 Trapianto renale

2.1.1 Prevenzione di neoplasie de novo

Analisi prospettive o retrospettive per il rischio di neoplasie specificatamente correlate a everolimus dopo trapianto renale sono scarse.

Quattro studi randomizzati su everolimus nel trapianto renale hanno riportato tassi di neoplasie dopo piu' di un anno di follow-up ma si deve ricordare che la durata limitata e la dimensione degli studi randomizzati preclude l'adeguata capacita' di individuare una differenza nei tassi di neoplasie tra agenti immunosoppressori.

I dati piu' validi provengono da ZEUS, il piu' ampio studio che confronta everolimus senza CNI con un regime CNI standard, nel quale i pazienti sono stati seguiti per 5 anni.

Nei 232 pazienti seguiti per 5 anni, le neoplasie si sono presentate nell'1,6% dei pazienti trattati con everolimus (2/123: un tumore benigno e un carcinoma a cellule basali) e nel 6,4% dei pazienti trattati con CNI (7/109: 3 carcinomi della cute non maligni e 4 tumori solidi).

Studi con follow-up più breve non hanno mostrato differenze tra i gruppi (Figura 1).

Figura 1. Incidenza di neoplasie (benigne o maligne) in studi randomizzati di everolimus in regime

senza CNI (CNI-free) o con bassa esposizione a CNI (low-CNI). CNI,inibitore della calcineurina.

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Analisi del registro non forniscono il rigore analitico degli studi controllati, ma offrono grandi numeri e follow-up più lunghi.

Un'analisi relativamente precoce di 33249 pazienti sottoposti a trapianto renale tra il 1996 e il 2001, censurò il follow-up ad un massimo di 963 giorni, trovò che il rischio relativo di ogni tumore de novo era significativamente più basso in terapia con inibitori mTOR rispetto a quella con CNI ma i dosaggi per entrambe le classi di farmaci si sono evoluti da quel momento e i risultati non sono necessariamente applicabili alla pratica di oggi.

Una più recente coorte di 7217 pazienti, trapiantati in Italia tra il 1997 e il 2009, tuttavia, ha ugualmente osservato un rischio significativamente ridotto (46%) per neoplasie de novo nella terapia con inibitori mTOR rispetto a quella senza tali farmaci.

Nè studi, nè nessuna altra analisi del registro hanno valutato everolimus e sirolimus separatamente.

2.1.2 Gestione di neoplasie post-trapianto

Serie retrospettive e casi clinici hanno descritto i risultati a seguito del passaggio a immunosoppressione basata su everolimus in caso di diagnosi di neoplasie.

Identificare il contributo di everolimus e' inevitabilmente difficile dato che di solito sono istituiti anche altri interventi, riflettendo la pratica della vita reale.

Una coorte di 21 pazienti con neoplasie maligne che furono convertiti a everolimus per un periodo medio di 108 mesi dopo trapianto renale furono documentati nell'Argentinean Registry of Renal Transplant Recipients.

Le neoplasie maligne includevano neoplasie cutanee (7), ginecologiche (3), gastrointestinali (3), renali (2), prostatiche (1), sistema nervoso centrale (1), malattie linfoproliferative post-trapianto (PTLD, 2), seminoma (1), sarcoma di Kaposi (1).

Tutti tranne un paziente interruppero la terapia con CNI dopo aver iniziato everolimus e in 16 casi i pazienti furono sottoposti a intervento chirurgico con chemioterapia o radioterapia.

Nessun paziente sviluppo' rigetto o interruppe everolimus dall'ultimo follow-up (in media 505 giorni) e nessun paziente mori' per cancro durante il follow-up.

Gli autori conclusero che il passaggio ad everolimus nelle neoplasie post-trapianto e' un approccio terapeutico valido.

In un'altra serie, l'analisi retrospettiva di un unico centro, 25 pazienti con trapianto renale passarono dalla terapia con CNI a everolimus dopo diagnosi di neoplasia maligna: 17 avevano un tumore cutaneo non melanoma e i restanti 8 avevano neoplasie solide.

In 19 dei 25 pazienti, la terapia con bassa esposizione a CNI fu proseguita dopo aver iniziato everolimus.

Non ci furono casi di rigetto o di aumento della proteinuria.

Incoraggiante fu che solo 2 pazienti (8%) ebbero una recidiva in un follow-up medio di 18 mesi. Non ci fu nessuna recidiva di tumori cutanei e tre pazienti con carcinoma prostatico o sarcoma di Kaposi erano in remissione all'ultimo follow-up.

La letteratura fornisce anche rapporti di singoli casi in cui pazienti con trapianto renale passarono a everolimus a causa di neoplasie solide incluso carcinoma a cellule renali, neoplasie ginecologiche e PTLD , parallelamente ad altri interventi e ottennero la regressione o la remissione.

L'uso di everolimus nel sarcoma di Kaposi, un tumore della cute di origine multicentrica, e' di particolare interesse.

In alcuni gruppi etnici, questo puo' verificarsi in un 5% di pazienti riceventi trapianto renale e tipicamente si sviluppa nei primi due anni dopo il trapianto.

(15)

del sarcoma di Kaposi, rispetto alla cute normale.

Gli inibitori mTOR inibiscono la produzione di VEGF e la risposta delle cellule endoteliali al VEGF.

La riduzione dell'intensita' immunosoppressiva e' il primo passo verso la gestione, ma le raccomandazioni della Kidney Disease Improving Global Outcomes (KDIGO) indicano che deve essere iniziato anche il trattamento con un inibitore mTOR.

Questa raccomandazione era in gran parte basata sull'evidenza ottenuta usando sirolimus, ma parecchi case report hanno fornito ottimi risultati in caso di sarcoma di Kaposi nei pazienti con trapianto renale in seguito alla conversione a everolimus.

Questi casi, sebbene limitati, risultano in accordo con l'evidenza fornita in merito alla gestione del sarcoma di Kaposi in individui non trapiantati con il solo everolimus.

Anche il tumore della cute non-melanoma e' un'importante sfida nella gestione del post-trapianto, stimato che interessa tra il 6% e il 7.5% dei pazienti con trapianto renale entro 10 anni.

Piu' del 90% dei tumori della cute non-melanoma sono carcinomi a cellule basali o carcinomi a cellule squamose, in pazienti con trapianto renale che sperimentano un aumento del rischio di 10 volte e 100 volte per il carcinoma a cellule basali e il carcinoma a cellule squamose, rispettivamente, rispetto alla popolazione generale.

Sebbene non fatale, il tumore primitivo della cute non-melanoma e' generalmente piu' aggressivo che nella popolazione non trapiantata, ed e' associato ad un aumento del rischio per lesioni successive e per tumori non cutanei.

La prova in relazione al passaggio a sirolimus nelle diagnosi successive di tumori della cute non-melanoma e' piu' estesa che con everolimus, ma i dati si accumulano per quanto riguarda l'intervento con everolimus.

Caroti et al hanno descritto una serie di undici pazienti con trapianto renale che hanno sviluppato carcinoma a cellule squamose in una media di 107 mesi post-trapianto.

Le lesioni furono chirurgicamente escisse e i pazienti passarono a everolimus con basso dosaggio di ciclosporina.

Si continuarono ad usare steroidi ma il micofenolato mofetile fu sospeso o ridotto al minimo dosaggio.

Durante un follow-up medio di 22 mesi, furono osservati. solo due casi di recidiva di carcinoma a cellule squamose

Anche una piccola serie di casi e un singolo case report in letteratura indicano un basso tasso di recidiva di tumore cutaneo non-melanoma dopo l'introduzione di everolimus.

Fernandez e colleghi documentarono i risultati in sei pazienti con trapianto renale con tumore cutaneo recidivante che passarono a everolimus.

Non svilupparono nessuna lesione cutanea dopo che everolimus sostitui' la terapia con CNI, con un follow-up minimo di sei mesi.

Bassi tassi di recidive furono anche riportati in un periodo di follow-up di 24 mesi in cinque pazienti riceventi trapianto (incluso due pazienti con trapianto renale) da Alter e colleghi dopo il passaggio da CNI a everolimus.

Anche dati limitati provenienti da pazienti sottoposti a trapianto cardiaco indicano un effetto protettivo di everolimus in pazienti con tumori cutanei.

(16)

2.2 Trapianto epatico

2.2.1 Prevenzione di neoplasie de novo

Due studi randomizzati che includevano terapia con everolimus senza CNI e trattamento standard con CNI, entrambe le terapie utilizzate in pazienti a seguito di trapianto epatico, per tre anni post-trapianto, hanno mostrato una lieve riduzione numerica nel tasso di neoplasie nella terapia con everolimus rispetto ai controlli(Figura 1), ma la quota della popolazione studiata (282 e 203 pazienti, rispettivamente) impedisce ogni possibile conclusione.

Un'ampia analisi retrospettiva di trapianti epatici proveniente da un singolo centro effettuata tra il 1996 e il 2013, paragono' l'incidenza di neoplasie de novo post trapianto in 243 pazienti a cui fu somministrato everolimus per motivi diversi dalla neoplasia contro 1182 pazienti senza trattamento con inibitori mTOR.

Dopo un follow-up medio di 1740 giorni, l'incidenza di neoplasie de novo era dello 0,2% nel gruppo trattato con everolimus e 3,4% nei pazienti senza un inibitore mTOR.

L'immunosoppressione senza everolimus e' risultato essere un fattore predittivo indipendente per il rischio di neoplasie.

Tuttavia non sono disponibili studi sufficienti a conferma di cio'.

2.2.2 Gestione di neoplasie post-trapianto

Studi retrospettivi hanno fornito una stima dei tassi di sopravvivenza a seguito dell'introduzione di everolimus dopo l'insorgenza di neoplasie de novo in pazienti con trapianto epatico.

In una piccola serie di 10 pazienti con neplasie post-trapianto ( 3 sarcomi di Kaposi, 2 carcinomi polmonari, 1 recidiva di epatocarcinoma, 1 metastasi polmonare correlata ad epatocarcinoma, 1 linfoma diffuso a grandi cellule B e 2 tumori cutanei), trattati con everolimus e seguiti per una media di 12,7 mesi, i tassi di sopravvivenza furono significativamente piu' elevati rispetto ad un gruppo di controlli storici con neoplasie comparabili (100%, 92% e 72% a 6, 12 e 24 mesi paragonati a 50%, 29% e 14%; p=0,008).

In una coorte piu' ampia di 83 pazienti con tumori solidi de novo dopo trapianto a seguito di patologia epatica alcoolica, 38 pazienti furono convertiti a terapia con everolimus (con sospensione della terapia con CNI in 25 casi).

Paragonati ai pazienti che proseguivano la terapia standard con CNI (per lo piu' tacrolimus), a 5 anni la sopravvivenza era significativamente piu' elevata con everolimus(Figura 2).

E' interessante notare che, l'effetto di everolimus era limitato ai pazienti con patologia metastatica, nessun effetto fu osservato in pazienti con patologia neoplastica in fase precoce o intermedia. Bilbao et al hanno descritto buoni tassi di sopravvivenza anche in una serie di 143 pazienti con trapianto epatico nei quali la terapia con everolimus fu iniziata a seguito della comparsa di neoplasie de novo (71,1% a tre anni).

Non fu incluso nessun gruppo di controllo senza everolimus, ma per confronto, 157 pazienti al centro che iniziarono everolimus a causa del peggioramento della funzione renale avevano a tre anni un tasso di sopravvivenza dell'83%.

(17)

Figura 2. Sopravvivenza dopo diagnosi di neoplasie non cutanee in 39 pazienti sottoposti a

trapianto epatico in base al trattamento con everolimus o senza everolimus.

.

2.2.3 Carcinoma epatocellulare recidivante

-Prevenzione

La prevenzione di HCC recidivante post-trapianto e' una specifica priorita' poiche' la neoplasia e' piu' aggressiva rispetto ai pazienti non trapiantati e la prognosi e' estremamente sfavorevole.

Numerosi dati preclinici hanno indicato un effetto antitumorale per inibitori mTOR nel carcinoma epatocellulare, e una revisione sistematica di 42 studi clinici coinvolgente 3666 pazienti riceventi un trapianto di fegato per HCC rivelò che la terapia con inibitori mTOR è associata ad un tasso significativamente più basso di carcinoma epatocellulare recidivante rispetto alla terapia con inibitori della calcineurina (CNI), (8% versus 13,8%, p<0,001).

Questa differenza vantaggiosa fu osservata nonostante una proporzione inferiore di HCC entro i criteri di Milano, e un tasso più alto di invasioni microvascolari, nel gruppo trattato con everolimus. Quando fu confrontato il trattamento con everolimus o sirolimus, i tassi di recidiva erano inferiori nella terapia con everolimus (4,1% versus 10,5%) ma questo può essere un risultato non attendibile poichè il tempo di follow-up era più breve nel gruppo con everolimus (una media di 13 mesi contro i 30 mesi della terapia con sirolimus) e più pazienti rientravano nei criteri di Milano.

(18)

standard basata su CNI ma in due studi era scarso il numero dei pazienti (<50). Nello studio con H2304, 203 pazienti furono trapiantati per HCC.

In una post-hoc analisi di questo gruppo dopo tre anni di follow-up, si sono verificate recidive in 5/136 pazienti trattati con everolimus (3,7%) rispetto a 8/67 pazienti trattati con CNI (9,7%).

Questi dati sono stati pubblicati solo in forma astratta, con nessuna analisi statistica, ma tuttavia rappresentano una popolazione relativamente ampia all'interno di uno studio randomizzato e meritano ulteriori indagini.

Inoltre, è degno di nota che uno studio retrospettivo di 21 pazienti trapiantati per HCC al di fuori dei criteri di Milano e trattati con everolimus da 2 settimane dopo il trapianto trovò che il tasso di recidiva era del 41,3% paragonato al 61,3% di un gruppo di controllo di 31 pazienti trattati. con CNI.

Complessivamente, everolimus sembra offrire una potenziale opzione per la riduzione del rischio di carcinoma epatocellulare recidivante dopo trapianto epatico, e studi randomizati sono attesi con interesse.

-

Gestione

Nei pazienti non trapiantati con carcinoma epatocellulare avanzato, precoci studi randomizzati hanno mostrato risultati incoraggianti con l'introduzione di everolimus.

Una metanalisi concluse che pazienti con HCC non trapiantati mostravano un basso ma significante beneficio di sopravvivenza in monoterapia con everolimus, sebbene ciò non si applichi dopo il fallimento della terapia con sorafenib che appare inadeguato nei casi avanzati.

La gestione di carcinoma epatocellulare recidivante è uno dei motivi più frequenti per iniziare la terapia con everolimus nella cura dei pazienti con trapianto epatico.

Case reports pubblicati hanno descritto buoni risultati in pazienti non resecabili trattati con everolimus e sorafenib, nonostante gli effetti collaterali di sorafenib siano problematici, ma studi prospettivi sono carenti.

A questo punto, nessuna conclusione può essere tratta ma nei pazienti non resecabili con carcinoma epatocellulare recidivante post-trapianto l'introduzione di everolimus può essere utile, sebbene il farmaco non sia autorizzato per tale inidicazione.

(19)

2.3

Trapianto cardiaco

2.3.1 Prevenzione di neoplasie de novo

Pazienti con trapianto cardiaco sperimentano alti tassi di neoplasie, forse dovuti a una maggiore intensità dell'immunosoppressione.

Un'analisi di 381 pazienti trapiantati all' Università di Heidelberg in Germania tra il 1989 e il 2014 indagò su un'associazione tra lo sviluppo di neoplasie e l'inserimento nel regime immunosoppressivo iniziale di everolimus o sirolimus.

Durante un follow-up medio di 9,7 anni, il 34,1% dei pazienti sviluppò una neoplasia, più frequentemente cancro della pelle (15,2% dei pazienti).

La somministraziione di un inibitore mTOR fu associata ad un rischio inferiore di insorgenza di neoplasie rispetto alla somministrazione di farmaci non inibitori mTOR (p<0,001) ma perse d'importanza in un'analisi multivariata.

In particolare, però, pazienti trattati con inibitori mTOR avevano un tasso inferiore di carcinoma cutaneo recidivante (p=0,020) e mortalità inferiore correlata a neoplasie non cutanee (p<0,001). Studi di valutazione sull'effetto di everolimus, specificatamente sul tasso di neoplasie de novo, sono carenti, non ultimo a causa di un pool relativamente piccolo di pazienti sottoposti a trapianto cardiaco trattati con everolimus ad oggi.

2.3.2 Gestione di neoplasie post-trapianto

Il rischio di insorgenza di neoplasie è una delle più frequenti indicazioni all'introduzione di everolimus nella cura di pazienti con trapianto cardiaco.

Dati su neoplasie non cutanee in questo scenario, tuttavia, sono potenzialmente assenti.

Kusuki et al descrissero il caso di un paziente ricevente trapianto cardiaco di 4 anni con un linfoma diffuso a grandi cellule B a cui fu sostituita la terapia standard basata su ciclosporina con everolimus e bassa esposizione a ciclosporina, e a cui fu dato rituximab e una terapia combinata. Il paziente ottenne una risposta eccellente ma il ruolo di everolimus non può essere determinato. La prova in relazione alla gestione di carcinoma cutaneo dopo trapianto cardiaco è alquanto più consistente.

Come in altri tipi di organi, i tumori cutanei rappresentano la neoplasia più frequente dopo trapianto cardiaco e l'uso di inibitori mTOR sembra ritardare la loro comparsa.

Euvrard et al intrapresero uno studio osservazionale di 10 pazienti con tumori cutanei multipli recidivanti e/o carcinoma a cellule squamose a rapida crescita.

Tutti i pazienti erano trattati con ciclosporina, o come monoterapia o con micofenolato mofetile/azatioprina e/o steroidi.

Fu introdotto everolimus,e fu interrotta la ciclosporina in quattro pazienti e ridotta nei restanti sei pazienti.

Il numero dei tumori cutanei che si svilupparono dopo più di 28 mesi in media dopo l'avvio di everolimus fu significativamente inferiore rispetto ai 28 mesi precedenti (Figura 3).

(20)

Figura 3. Carcinomi cutanei prima e dopo l'introduzione di everolimus in pazienti riceventi

trapianto cardiaco. Follow-up medio dopo l'inizio di everolimus era di 28 mesi (intervallo 16-37 mesi). Il numero di lesioni prima di everolimus è mostrato per i precedenti 28 mesi. SCC, carcinoma a cellule squamose. BCC, carcinoma a cellule basali. BD, malattia di Bowen. AK, cheratosi attinica.

È stato anche pubblicato un caso in cui in un paziente ricevente trapianto cardiaco che aveva sviluppato più di 20 lesioni all'anno di carcinoma a cellule squamose fu scambiata la ciclosporina con everolimus, e dopo ciò il tasso scese a sei lesioni all'anno.

In questo paziente, le complicanze legate alla guarigione delle ferite resero necessario il ritorno alla ciclosporina, dopodichè la carcinogenesi cutanea ritornò ai livelli originali.

In un altro caso, un paziente trattato con tacrolimus, micofenolato mofetile e steroidi sviluppò lesioni multiple di carcinoma a cellule squamose.

Nonostante l'escissione e la ripetuta terapia topica e fotodinamica, molte lesioni andarono incontro ad evoluzione e furono sempre più difficili da trattare.

Al paziente fu scambiato il tacrolimus con everolimus, e ne derivò una profonda e immediata diminuzione, sia delle lesioni di carcinoma a cellule squamose che di quelle recenti di cheratosi attinica, con le poche lesioni rispondenti al trattamento.

Attualmente, uno studio randomizzato (CERTICOEUR) sta paragonando il tasso di carcinoma cutaneo recidivante nei pazienti con trapianto cardiaco trattati con everolimus e terapia con inibitori della calcineurina a basso dosaggio o sospesa rispetto ai pazienti con terapia standard con inibitori della calcineurina.

(21)

2.4

Conclusioni

Catturare dati sulle neoplasie con precisione e completezza in coorti sufficientemente ampie di pazienti trapiantati nel corso di un periodo adeguato è potenzialmente impossibile.

Dati del registro possono essere informativi, ma necessariamente incompleti.

Test clinici, potenzialmente, possono stimare il rischio di recidive o di neoplasie de novo in coorti a rischio molto elevato, ma non possono essere capaci di rilevare la differenza nei tassi di neoplasie de novo all'interno di tipiche popolazioni post-trapianto.

Contro questo sfondo, è comprensibile che la base di conoscenze riguardo il rischio di neoplasie in pazienti in trattamento con everolimus nei vari tipi di trapianto di organo solido sia relativamente scarsa.

Complessivamente, si può concludere che in alcuni scenari-in particolare dopo l'insorgenza di carcinomi cutanei o sarcoma di Kaposi, o nella prevenzione e gestione di HCC dopo trapianto epatico-everolimus appare come un'opzione promettente per diminuire il tasso di neoplasie post trapianto.

Nonostante la scarsità di studi randomizzati controllati, la reazione di molti centri di trapianto renale ad una diagnosi di neoplasia post-trapianto nei pazienti in trattamento con terapia standard con inibitori della calcineurina include l'introduzione di un inibitore mTOR secondo le raccomandazoni KDIGO con una bassa esposizione a CNI o sospensione di CNI.

Per raccomandazioni più ampie sarà necessario attendere ulteriori dati, ma potrebbe essere necessario affidarsi a una prova indiretta da pazienti trapiantati ad alto rischio o da un'analisi su larga scala ad esempio una meta-analisi.

Nonostante i limiti dei test clinici nel dimostrare il rischio di neoplasia, una raccolta scrupolosa e una comunicazione dei dati in studi controllati è essenziale e può contribuire a future analisi combinate.

(22)

CAPITOLO 3

LA TERAPIA IMMUNOSOPPRESSIVA CON

EVEROLIMUS E' ASSOCIATA AD UN RISCHIO RIDOTTO

DI NEOPLASIE DE NOVO DOPO TRAPIANTO EPATICO

3.1

Introduzione

Gli inibitori mTOR possiedono proprieta' antiproliferative osservate sia in ambito sperimentale che clinico.

Studi precedenti hanno mostrato una ridotta incidenza di neoplasie post-trapianto in pazienti riceventi trapianto di organi solidi trattati con regimi terapeutici immunosoppressivi a base di inibitori mTOR, con riferimento a sirolimus.

Se comfrontato con sirolimus, sono pochi i dati attualmente disponibili sull'incidenza di neoplasie de novo dopo trapianto epatico per i pazienti trattati con terapia immunosoppressiva a base di everolimus.

Noi riportiamo la nostra esperienza in questo studio clinico il cui obiettivo e' stato:

• indagare se, pazienti adulti trapiantati di fegato trattati con terapia immunosoppressiva a base di everolimus, abbiano una minore incidenza di neoplasie de novo rispetto ai pazienti trattati con inibitori della calcineurina

• indagare i fattori determinanti/predittivi di neoplasie de novo dopo trapianto epatico in un paziente adulto

• dallo studio e' stato escluso il carcinoma epatocellulare recidivante.

3.2

Materiali e metodi

Presso la UO Chirurgia Epatica e del Trapianto di Fegato dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Pisa e'' stato condotto uno studio clinico di tipo retrospettivo, l'analisi di un singolo centro di una base di dati raccolti prospetticamente dal gennaio 1996 al 31 dicembre 2013.

L'endpoint e' stato l'incidenza cumulativa di neoplasie de novo post-trapianto in pazienti adulti trattati con everolimus rispetto a pazienti in terapia immunosoppressiva con inibitori della calcineurina.

E' stata condotta un'analisi Intent To Treat (ITT) .

Tra i pazienti in terapia con everolimus sono stati inclusi nello studio coloro che avevano ricevuto almeno una dose del farmaco e aventi indicazione al trattamento diversa da neoplasie de novo/recidive.

Dallo studio sono stati esclusi i casi di carcinoma epatocellulare recidivante e il follow-up di pazienti trapiantati per HCC interrotto in caso di diagnosi di recidiva.

Un totale di 1510 trapianti di fegato eseguiti su 1437 pazienti adulti (>_ 18 anni) tra gennaio 1996 e dicembre 2013.

All/interno di questo gruppo di pazienti:

(23)

dall'analisi, 2 di essi in terapia con azatioprina e steroidi, 10 con belatacept.

-1425 pazienti sono stati inclusi nell'analisi retrospettiva di cui : 243 pazienti trattati con everolimus per motivi diversi da neoplasie de novo o recidive contro 1182 pazienti in terapia con CNI fino all'ultima visita del follow-up o lo sviluppo di neoplasie.

-43 pazienti svilupparono neoplasie de novo post-trapianto di cui, 2 pazienti erano trattati con everolimus e 41 pazienti con inibitori della calcineurina.

3.3 Risultati

Dei 1425 pazienti introdotti nello studio, 1091 erano di sesso maschile (76,6%), l'eta' media al trapianto era di 50,2 anni. L'indicazione al trapianto era: l'infezione da HCV in 610 pazienti (42,8%), HBV in 306 pazienti (21,4%), patologie correlate ad alcool in 161 pazienti (11,3%), altre patologie in 348 pazienti (24,4%), HCC in 567 pazienti (39,8%).

I donatori deceduti erano 1425, i pazienti sottoposti ad intero trapianto 1422, 73 i pazienti con retrapianto.

Stato EBV negativo al trapianto presente in 35 pazienti (4,2%), stato immunologico donatore CMV+ e ricevente CMV- in 121 pazienti (8,9%).

Tabella 1. Caratteristiche demografiche e cliniche della popolazione in studio al momento del

trapianto

Demographic and clinical

characteristics

of the study population at

transplantation

Variable Total patients 1425

Gender (male), n (%) 1091 (76.6)

Mean (SD) age at transplant 50.2 (8.6)

Indication to transplantation, n (%) HCV HBV Alcohol Other HCC, n (%) 610 (42.8) 306 (21.4) 161 (11.3) 348 (24.4) 567 (39.8) Deceased donor, n (%) 1425 (100) Whole-size graft, n (%) 1422 (99.7) Retransplantation, n (%) 73 (4.8)

(24)

Il regime immunosoppressivo al momento del trapianto includeva una terapia a base di ciclosporina nella maggioranza dei pazienti (904; 63,4%)

Duplice terapia con inibitori della calcineurina in combinazione con steroidi in 112 pazienti (7,8%). Triplice terapia a base di inibitori della calcineurina, steroidi, antimetaboliti in 684 pazienti ( 48%). Duplice terapia piu' induzione (introdotta nel 2006 per i riceventi HCV+) a base di anti-CD25, inibitori della calcineurina, antimetaboliti (azatioprina, micofenolato mofetile, micofenolato sodico) in 305 pazienti (21,4%).

Un regime quadruplo formato dalla combinazione di anti-CD25, inibitori della calcineurina, steroidi, antimetaboliti in 280 pazienti (19,6%).

Stesso regime quadruplo ma con uso precoce di everolimus (giorno 30-90) in 44 pazienti (3,1%). Terapia a base di tacrolimus era impiegata in 521 pazienti (36,6%).

Per i pazienti ritrapiantati, e' stata considerata solo la terapia immunosoppressiva al ritrapianto.

Tabella 2. Regime immunosoppressivo nella popolazione in studio al momento del trapianto.

Immunosuppression at

transplantation

in the study population*

Total patients 1425 Double regimen

(CNI, S), n (%) 112 (7.8)

Triple regimen

(CNI, S, Antimetabolites), n (%) 684 (48)

Double regimen + inductiona

(anti-CD25, CNI, antimetabolites [AZA/MMF/MPA]), n (%) 305 (21.4) Quadruple regimen

(anti-CD25, CNI, S, antimetabolites), n (%) 280 (19.6) Quadruple regimen EVR early use (Day 30-90)

(anti-CD25, CNI, S, antimetabolites), n (%) 44 (3.1)

CyA 904 (63.4)

TAC 521 (36.6)

AZA, azathioprine; CNI, calcineurin inhibitors; CyA, cyclosporine; EVR, everolimus; MMF, mycophenolate mofetil; MPA, mycophenolate sodium; S, steroids; TAC, tacrolimus

aIntroduced in 2006 for HCV+ recipients

(25)

Le indicazioni al trattamento con everolimus su un totale di 243 pazienti distinguono i casi di complicanze correlate all'uso di inibitori della calcineurina in 199 pazienti (81,9%) comprendenti:

– disfunzione renale (qualsiasi) in 176 pazienti (72,4%) – neurotossicita' in 18 pazienti (7,4%)

– diabete mellito in 4 casi (6,2%)

– complicanze vascolari in 1 caso (0,4%)

Altra indicazione e' stata l'introduzione precoce di everolimus (30-90 giorni) in pazienti trapiantati de novo e con regime terapeutico basato su ridotta esposizione a inibitori della calcineurina (44 pazienti; 18,1%).

Tabella 3. Indicazioni al trattamento con everolimus nella popolazione in studio.

Nella popolazione oggetto dello studio si sono presentati 43 tumori de novo (3,0%).

La media di intervallo tra il trapianto di fegato e la diagnosi del tumore de novo era 42,5 mesi (range 8-88), il follow-up medio per paziente era di 58 mesi (range 0-217).

I tipi di tumore de novo sviluppati dopo trapianto epatico risultarono cosi distribuiti: – neoplasie cutanee 12

– malattie linfoproliferative 8 (5 linfomi, 3 leucemie)

Indications to EVR in the study

population

Total patients 243

CNI-related complications, n (%)

Renal dysfunction (any)

Neurotoxicity

Diabetes mellitus

Vascular complications

199 (81.9)

176 (72.4)

18 (7.4)

4 (6.2)

1 (0.4)

Reduced CNI exposure in de novo recipients

(early [30-90 days] EVR introduction)

44 (18.1)

(26)

– cancro al seno 2 (duttale)

– carcinoma gastrico 2 (adenocarcinoma) – esofago 2 (1 squamoso, 1 adenocarcinoma) – carcinoma a cellule renali 2

– pancreas 2 (adenocarcinoma) – cancro al seno maschile 1 (duttale) – colangiocarcinoma 1

– testicolo 1 (seminoma) – utero 1 (adenocarcinoma)

Tabella 4. Incidenza di neoplasie de novo post-trapianto nella popolazione in studio.

Ponendo a confronto everolimus con inibitori della calcineurina nella valutazione dell'incidenza di neoplasie de novo post-trapianto e' stato osservato che:

Incidence of new onset

post-transplant malignancies in the study

population

Variable Total patients 1425

Total NOPTM, n (%) 43 (3.0)

Median time since transplant [range], monthsa 42.5 [8-88]

Type of NOPTM, n (%) Skin malignancies

PTLD (5 lymphoma, 3 leukemia) Colon cancer

Lung cancer (3 adenocarcinomas) Kaposi sarcoma

Breast cancer (ductal)

Gastric cancer (2 adenocarcinomas) Esophagus (1 squamous, 1 adenocarcinoma)

Renal cell cancer Pancreas (adenocarcinoma)

Male breast cancer (ductal) Cholangiocarcinoma Testis (seminoma) Uterus (adenocarcinoma) 12 (0.8) 8 (0.5) 4 (0.3) 3 (0.2) 2 (0.14) 2 (0.14) 2 (0.14) 2 (0.14) 2 (0.14) 2 (0.14) 1 (0.07) 1 (0.07) 1 (0.07) 1 (0.07)

(27)

-2 pazienti in terapia con everolimus (0,8%) hanno presentato neoplasie di cui, 1 neoplasia cutanea non melanoma e 1 malattia linfoproliferativa, rispettivamente a 67 e 18 mesi dopo il trapianto. Il follow-up medio per paziente era 35 mesi (range 0-98).

-41 pazienti in terapia con inibitori della calcineurina (3,4%) hanno presentato neoplasie di cui, 11 neoplasie cutanee non melanoma, 7 malattie linfoproliferative e 23 neoplasie di organi solidi/viscerali con una media di 42,5 mesi dopo il trapianto (range 8-88). Il follow-up medio per paziente era 104 mesi (range 0-217).

Il valore della probabilita' (p) era di 0,031 ed il rischio relativo (RR) nella terapia con CNI rispetto a quella con everolimus era di 4,25.

Tabella 5. Incidenza di neoplasie de novo post-trapianto: everolimus versus CNI.

Incidence of new onset

post-transplant malignancies: EVR vs.

CNI

IS

# (%) NOPTM

p

EVR

a

2 (0.8)

1 (0.4) non melanoma skin cancer

1 (0.4) PTLD

At 67 and 18 months after transplantation,

respectively

0.031

RR (CNI vs. EVR) =

4.25

CNI

b

41 (3.4)

11 (0.9) non melanoma skin cancer

7 (0.6) PTLD

23 (1.9) solid organ/visceral malignancies

At a median [range] of 42.5 [8-88] months after

transplantation

CNI, calcineurin inhibitors; EVR, everolimus; PTLD, post-transplant lymphoproliferative disease

(28)

L'analisi univariata dei fattori di rischio per neoplasie de novo post-trapianto ha analizzato le seguenti variabili:

-genere maschile: 33 pazienti dei 43 con neoplasie de novo dopo trapianto erano di sesso maschile (76,7%), dei restanti 1382 in cui non si osservo ' nessuna neoplasia 1058 erano maschi (76,5%) con p=0,97.

-eta' media al trapianto: 49,3 anni, associata a neoplasie de novo; 41,2 anni non associata a neoplasie con p=0,001

-indicazioni al trapianto :a. HCV, associato a comparsa di neoplasie in 20 casi (46,5%) e non associato a neoplasie in 590 casi (42,7%) con p=0,32. b. Alcool, associato a neoplasie in 8 casi (18,6%), nessuna neoplasia in 153 casi (11,1%) con p=0,12. c. HBV, associato a neoplasie in 9 casi (20,9%), nessuna neoplasia in 297 casi (21,5%) con p=0,92.

-stato EBV negativo al trapianto: associato a neoplasie in 4 casi (9,3%), nessuna neoplasia in 31 casi (2,5%) con p=0,003.

-stato CMV donatore +/ricevemte – al trapianto: associato a neoplasie in 3 casi (6,9%), nessuna neoplasia in 118 casi (8,5%) con p=0,71.

-tBPAR: associato a neoplasie in 6 casi (13,9%), nessuna neoplasia in 277 casi (20,0%) con p=0,32. -anti-CD25: associato a neoplasie in 23 casi (53,4%), nessuna neoplasia in 606 casi (43,8%) con p=0,21.

-uso di everolimus: comparsa di neoplasie in 2 casi (0,8%), nessuna neoplasia in 241 casi (17,4%) con p=0,028.

-esposizione media a CNI, ng/ml/mese: a. Ciclosporina (valutata fino al momento di conversione, eliminazione o sostituzione con tacrolimus), 225,0 ng/ml/mese ( 44,2%) associata a neoplasie, 142,0 ng/ml/mese (47,4%) senza riscontro di neoplasie, con p=0,03. b. Tacrolimus (valutato fino al momento di conversione, eliminazione o sostituzione con ciclosporina), 10,2 ng/ml/mese(2,05%) associato a neoplasie, 7,1 ng/ml/mese (1,24%) senza riscontro di neoplasie, con p=0,01.

Tabella 6. Analisi univariata dei fattori di rischio per neoplasie de novo post-trapianto.

28

Univariate analysis of risk factors for

new onset post-transplant

malignancies

Variable NOPTM (#43) No NOPTM (#1382) P-value

Gender (male), n (%) 33 (76.7) 1058 (76.5) 0.97

Mean (SD) age at transplant, years 49.3 (11) 41.2 (12.0) 0.001

Indication to transplantation, n (%) HCV Alcohol HBV 20 (46.5) 8 (18.6) 9 (20.9) 590 (42.7) 153 (11.1) 297 (21.5) 0.32 0.12 0.92

EBV negative status at transplant, n (%) 4 (9.3) 31 (2.5) 0.003

D+/R- CMV status at transplant, n (%) 3 (6.9) 118 (8.5) 0.71

tBPAR, n (%) 6 (13.9) 277 (20.0) 0.32

Anti-CD25, n (%) 23 (53.4) 606 (43.8) 0.21

EVR use, n (%) 2 (0.8) 241 (17.4) 0.028

Mean (SD) CNI exposure, ng/mL/month CyA C0a

(29)

L'analisi multivariata dei fattori di rischio per neoplasie de novo post-trapianto ha analizzato le seguenti variabili:

-eta' >_ 52,5 anni al trapianto (derivata dall'eta' media dei pazienti nell'analisi univariata) da cui p=0,001.

-stato EBV negativo al trapianto, con p<0,0001

-trattamento con CNI in contrapposizione a everolimus con p=0,007

-elevata esposizione a CNI (derivata dai livelli di esposizione media nell'analisi univariata) con ciclosporina >_ 221,9 ng/ml/mese o tacrolimus>_ 7,1 ng/ml/mese con p<0,0001.

Tabella 7. Analisi multivariata dei fattori di rischio per neoplasie de novo post-trapianto.

Variable

P-value

Age ≥52.5 years at transplant, years*

0.001

EBV negative status at transplant

<0.0001

CNI vs. EVR

0.007

High CNI exposure**

CyA ≥221.9 ng/mL/month or

TAC ≥7.1 ng/mL/month

<0.0001

Multivariate analysis of risk factors

for

new onset post-transplant

malignancies

*derived from median patients’ age in univariate analysis **derived from median exposure levels in univariate analyses

(30)

Durante il follow-up dei pazienti sono stati apportati dei cambiamenti alla terapia immunosoppressiva.

I 283 pazienti con tBPAR (rigetto acuto trattato campionato da biopsia) sono stati trattati con steroidi in bolo (201 pazienti), dosaggio aumentato di CNI e/o introduzione di micofenolato mofetile/acido micofenolico (183 pazienti), scambio tra CNI (ciclosporina ->tacrolimus) (78 pazienti), anti-CD3 (13 pazienti).

Sono stati introdotti steroidi per motivi diversi dal rigetto in 25 pazienti: per la comparsa di epatite autoimmune de novo in 14 di essi, per recidiva di malattia autoimmune in 4 pazienti e per recidiva di malattia infiammatoria cronica intestinale nei restanti 7.

Sono stati introdotti antimetaboliti per motivi diversi dal rigetto in 238 pazienti: in seguito a comparsa di disfunzione renale in 221 di essi, di neoplasie in 11 casi, per recidiva di malattia infiammatoria cronica intestinale in 6 pazienti.

Sono stati eliminati antimetaboliti in 243 pazienti: in seguito a comparsa di infezione in 221 di essi e per intolleranza nei restanti 22 pazienti.

E' stato sostituito tacrolimus con ciclosporina in 11 pazienti per diabete mellito.

E' stata sostituita ciclosporina con tacrolimus per motivi diversi dal rigetto in 14 pazienti, in seguito a comparsa di epatite autoimmune de novo.

E' stato introdotto everolimus in 262 pazienti (19 in piu' rispetto ai 243 iniziali): in seguito a comparsa di complicanze correlate all'uso di CNI in 218 di essi (rispetto ai precedenti 199), con utilizzo precoce nei restanti 44 pazienti.

Tabella 8. Modifiche nella terapia immunosoppressiva durante il follow-up dei pazienti.

Changes in immunosuppression

during follow-up patients

Total patients 1425

tBPAR, n (%)

Steroid boluses*

Increased CNI dosage and/or introduction of MMF/MPA* CNI switch (CyATAC)*

Anti-CD3*,** 283 (19.8) 201 (14.1) 183 (12.8) 78 (5.5) 13 (0.9)

Introduction of steroids for reasons other than rejection, n (%)

De novo autoimmune hepatitis Recurrence of autoimmune disease

Recurrence of IBD

25 (1.7) 14 (0.9) 4 (0.3) 7 (0.5)

Introduction of antimetabolites for reasons other than rejection, n (%)

Renal dysfunction Malignancies Recurrence of IBD 238 (16.7) 221 (15.5) 11 (0.8) 6 (0.4) Elimination of antimetabolites Infection Intolerance 243 (17.1) 221 (15.5) 22 (1.6) TACCyA Diabetes mellitus 11 (0.8)

CyA TAC for reasons other than rejection

De novo autoimmune hepatitis

(31)

Nei 41 pazienti trattati con CNI che hanno sviluppato neoplasie de novo dopo trapianto la terapia e' stata modificata come segue: in 19 pazienti e' stata eseguita una sostituzione con everolimus, in 11 pazienti e' stato ridotto il dosaggio di CNI e associato micofenolato mofetile/acido micofenolico, nei restanti 11 pazienti e' stata solo ridotta la dose di CNI.

Tabella 9. Disposizione algoritmo

Ulteriori considerazioni sullo studio possono essere fatte riguardo a: -variabilita' della terapia immunosoppressiva nel tempo

• ciclosporina-->tacrolimus, azatioprina--> micofenolato mofetile, doppio-->triplo--> quadruplo, elevata esposizione CNI--> bassa esposizione CNI (HCV+)

-introduzione di un agente che consisteva del solo anti-CD25 (basiliximab)

January 1996-December 2013

1,510 LT on

1,437

adult pts (≥18 years)

1,425

patients included in the retrospective analysis

243

pts received EVR for reasons

other than de novo or recurrent malignancies

vs.

1,182

pts on CNI until latest follow-up visit

or development of malignancies

12

patients on CNI-free immunosuppression and

excluded from analysis

2

AZA + steroids

10

belatacept

Disposition algorithm

43

pts developed NOPTM

2

pts on EVR

41

pts on CNI

41

pts on CNI developed NOPTM

19

pts switched to EVR

11

pts reduced CNI with MMF/MPA

(32)

con CNI fino al momento della conversione all'altro CNI

-la terapia immunosoppressiva e' stata trattata solo dal punto di vista qualitativo (doppio regime[CNI+ steroidi] versus triplo regime[CNI+ antimetaboliti[azatioprina/micofenolato mofetile/acido micofenolico]] + quadruplo regime).

3.4

Discussione

In questo studio comprendente 1425 pazienti riceventi trapianto di fegato, in un periodo di 17 anni, i tumori de novo sono stati identificati essere pari al 3% dei pazienti con un intervallo medio di 42,5 mesi dal momento del trapianto.

Dei 43 pazienti che hanno sviluppato neoplasie, 41 seguivano una terapia a base di inibitori della calcineurina, 2 erano invece pazienti trattati con everolimus.

Nello studio i fattori di rischio per lo sviluppo di tumori dopo trapianto sono risultati principalmente:

a. l'eta' al momento del trapianto, con rischio maggiore per i pazienti con eta'>_ 52,5 anni. b. lo stato EBV negativo al momento del trapianto.

c.il tipo di immunosoppressione usata, con rischio maggiore per i pazienti trattati con inibitori della calcineurina rispetto a quelli trattati con everolimus.

d. la dose di immunosoppressore, con rischio maggiore per i pazienti con elevata esposizione a CNI, in particolare ciclosporina con dose >_221,9 ng/ml/mese o tacrolimus con dose >_ 7,1 ng/ml/mese. Nella nostra casistica il tumore della pelle rappresenta il piu' comune tumore de novo (12 casi), ed e' in linea con i recenti report della letteratura, seguito dalla malattia linfoproliferativa post-trapianto (8 casi).

Degna di nota anche l'alta proporzione di tumori dell'apparato digerente (4 colon, 2 stomaco, 2 esofago, 2 pancreas, 1 vie biliari).

Lo studio presenta dei limiti riguardanti: -l'analisi retrospettiva

-i protocolli istituzionali cambiati col tempo: • agenti usati (ciclosporina versus tacrolimus)

• trattamento del rigetto del trapianto (anti-CD3 versus steroidi versus aumento della dose di CNI)

• maggiore uso di terapia di induzione (anti-CD25) nel recente passato

• maggiore focalizzazione sulle complicanze extraepatiche e sulla qualita' della vita -follow-up dei pazienti trattati con everolimus piu' breve rispetto ai pazienti trattati con CNI

-le politiche di screening per il cancro, di sorveglianza e prevenzione (per esempio la protezione solare, cessazione del fumo etc) implementate nel corso del tempo.

3.5

Conclusioni

Nella nostra esperienza, l'uso di everolimus, la maggiore esposizione a CNI, l'eta' avanzata al trapianto, e lo stato EBV negativo erano fattori di rischio indipendenti per neoplasie de novo dopo trapianto.

Le strategie di protezione per il cancro impongono una combinazione di iniziative quantitative (riduzione dell'esposizione a CNI) e qualitative (inibitori mTOR), soprattutto per i pazienti a rischio piu' elevato (anziani, EBV negativi).

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