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Il riposizionamento strategico. Il caso della PW Group.

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Economia e Management

Corso di laurea specialistica in Strategia Management e Controllo

Tesi di laurea dal tema

«IL RIPOSIZIONAMENTO STRATEGICO. IL CASO DELLA PW GROUP»

Candidato Relatore

Pykhtin Nazar Nannini Luca

(2)

1 |

P a g .

INDICE

INTRODUZIONE

La sfida del riposizionamento strategico . . .

. . .

2

Cronologia del lavoro . . . 9

1.

Il RIPOSIZIONAMENTO STRATEGICO

1.1 Il riposizionamento ed il processo di analisi . . .

. . . .

11

1.2 Il carattere multiforme del riposizionamento strategico . . .

. .

. . .

. .

.20

1.3 L’approccio del risanamento nelle strategie competitive . . . 25

2.

LE RISORSE AZIENDALI

. .

.

. . .

.

. .

38

3.

LA STRATEGIA AZIENDALE

3.1 La strategia e la politica aziendale come antecedenti del risanamento . . . 56

3.2 La dimensione politica ed operativa del nuovo modello organizzativo. . . 61

3.3 Le opportunità strategiche. . . 67

3.4 Il governo delle sinergie . . . 75

3.5 La valutazione economico-finanziaria delle sinergie . . . .79

3.6 La valutazione delle strategie di riposizionamento . . . 81

4.

L’IMPATTO DEL RIPOSIZIONAMENTO SULL’ORGANIZZAZIONE. . . 89

5.

LE RISORSE FINANZIARIE PER IL RIPOSIZIONAMENTO. . . .105

6.

IL CASO DELLA PW GROUP . . . .110

7.

CONCLUSIONI

. . . .166

(3)

2 |

P a g .

INTRODUZIONE

La sfida del riposizionamento strategico

Negli studi di strategia, il posizionamento dell’azienda è connesso all’ambiente competitivo,

dove ciascuna impresa ha come obiettivo il successo.

1

Quest’ultimo, appunto, rappresenta

l’obiettivo di ogni azienda che ha come visione la sopravvivenza e la dominanza nell’arena

competitiva.

2

Infatti, il successo, paragonabile ad una lunga progressione delle condizioni

d’eccellenza, investe l’azienda nella sua globalità ogniqualvolta essa abbia delle capacità per

diffondere tali condizioni - in maniera trasversale - a tutti i livelli della propria organizzazione.

3

Considerare la strategia come un insieme di obiettivi imposti dalla politica aziendale, tra cui

si evidenzia l’imprescindibile bisogno di conquistare le posizioni di vantaggio,

(1)

sottolinea

ancor di più la necessità per l’azienda di possedere risorse superiori rispetto ai competitor, in

modo da permettere la realizzazione delle proprie massime all’interno del percorso d’eccellenza

prescelto,

4

cercando sempre delle nuove posizioni competitive di vantaggio.

5

Dopo gli studi di Porter la ricerca del vantaggio competitivo ha assunto un’importanza

notevole per le aziende:

6

la sua visione si fondava sulla relazione posizione-strategia-vantaggio

1 Tale formulazione deriva dalla lettura degli scritti di Bianchi Martini, a proposito di alcuni principi strategico-aziendali: “..

l’analisi strategica dell’azienda, delle sue risorse e competenze, diretta ad approfondire la dimensione competitiva del successo […] prende le mosse, necessariamente, dalla identificazione e dallo studio delle aree di business per orientarsi ad approfondire il ‘posizionamento’ nel sistema competitivo (o sistemi competitivi nelle aziende pluribusiness) rispetto all’esigenza imprescindibile di perseguire il vantaggio competitivo”. Continua l’Autore: “I temi dell’attrattività strutturale dei settori e del posizionamento competitivo delle aziende hanno assunto una rilevanza centrale nella dottrina manageriale. Le fonti del vantaggio competitivo, in tal ambito, vengono osservate prioritariamente guardando alla relazione tra l’azienda e il contesto competitivo”. E ancora: “La ricerca del vantaggio competitivo sembra pertanto richiamare, almeno in parte, la volontà di acquistare e preservare spazi di dominanza in termini di unicità del posizionamento competitivo”. Bianchi Martini S., Introduzione all’analisi strategica dell’azienda, Giappichelli, Torino, 2009, pagg. 46, 50-52. Prendendo in considerazione il modello proposto da Coda, l’esame del successo e del posizionamento competitivo si delinea nelle tre questioni principali: - il “dove” e con quali “mercati e interlocutori” fare impresa (si definiscono gli ambiti competitivi, clienti, collaboratori,

finanziatori, fornitori, distributori etc.);

- il “che cosa” offrire sul versante dei mercati di sbocco (il sistema di prodotto) ed il consenso e la collaborazione dei quali interlocutori servono all’impresa per svolgere efficacemente la propria missione produttiva;

- il “come” fare l’impresa, ovvero con quale struttura di governo e operativa (sono da definirsi qui l’assetto istituzionale, tecnico, organizzativo; inoltre le dotazioni di risorse tangibili e intangibili, le competenze; sono altresì da definirsi l’articolazione delle attività generatrici di valore - la catena del valore - ed i collegamenti all’interno dei sistemi di creazione di valore, o filiere produttivo-distributive, aventi come punto terminale i clienti finali).

Oltre ai tre punti, centrali risultano anche le scelte sul “perché” fare l’impresa. Secondo l’Autore, esse hanno un profondo e pervasivo influsso sul sistema delle decisioni e sul sistema organizzativo. V. Coda, Le determinanti del successo aziendale negli studi di strategia, Università Bocconi, Milano, 18 Febbraio, 2002.

2 Secondo Ferrero, l’ambiente di riferimento all’attività aziendale è definibile come “... sistema di condizioni e circostanze,

di diritto o di fatto, qualunque sia la loro specie ed origine, nel cui ambito l’impresa stessa trova condizioni di vita, di sopravvivenza e di sviluppo”. G. Ferrero, Impresa e Management, Giuffrè, Milano, 1987, pagg. 125-126. In questo senso, Bertini rapporta l’ipotesi del ‘dominio’ competitivo al carattere vincente dell’attività strategica: “Il successo…presuppone il consolidamento di un sistema articolato di idee vincenti e la loro razionalizzazione in strategie impostate e realizzate in maniera vincente. È inevitabile, allora, che l’intero sistema aziendale venga coinvolto da questo processo, sia sotto il profilo strutturale che da un punto di vista funzionale.” U. Bertini, In merito alle condizioni che determinano il successo dell’azienda, in Scritti di politica aziendale, Giappichelli, Torino, 1995, pag. 103.

3 Cfr. S. Garzella, Il sistema d’azienda e la valorizzazione delle ‘potenzialità inespresse’. Una ‘visione’ strategica per il

risanamento, Giappichelli, Torino, 2005, pag. 63.

4 Afferma Pumpin: “...perché una capacità superiore in un dato campo di attività consegue una posizione di eccellenza

strategica (Strategic Excellence Position, SEP). La SEP può definirsi come la capacità che consente ad una data organizzazione di fornire risultati superiori alla media a lungo termine rispetto alla concorrenza”. C. Pumpin, Strategie per le imprese dinamiche, Isedi, Torino, 1993, pag. 17.

5 Scrive il Prof. Garzella: “Dalla visione delle possibili condizioni di eccellenza si passa, mediante la presa di coscienza della

situazione attuale e del divario in termini di risorse e competenze, all’attuazione dei cambiamenti necessari per pervenire alla nuova situazione di equilibrio in posizione di vantaggio”. Cfr. S. Garzella, Il sistema d’azienda, op. cit., pag. 52.

6 Ecco come l’autorevole studioso descrive la propria visione in oggetto: “… l’idea di fondo è che l’azienda debba

validamente posizionarsi nell’ambiente sfruttando le sue competenze specifiche, con l’obiettivo di ottenere performance economiche e competitive superiori alla media, ed incidere sulle variabili ambientali a proprio favore”. M.E. Porter, La

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3 |

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competitivo. Una combinazione non scontata, poiché il posizionamento sul mercato è una chiara

espressione della scelta strategica.

7

Col tempo, poi, nella dottrina manageriale si è affermata la

distinzione tra il vantaggio competitivo basato sul posizionamento (Porter) e il vantaggio

competitivo basato sulle risorse e competenze.

8

Anche se, in realtà, è una distinzione ‘fittizia’.

9

Il tema del riposizionamento strategico, pertanto, si sviluppa sullo sfondo delle continue varia-

zioni nelle strategie, negli ambiti competitivi e nelle composizioni delle risorse, dal momento

strategia competitiva, Tipografia Compositori, Bologna, 1982, pag. 11.

7 Per comprendere il triplo nesso teorico di Porter, è necessario approfondirne tutti gli elementi costitutivi singolarmente.

Per fare questo, con l’ausilio di Invernizzi, possiamo seguirne la catena logica iniziando da definizione della strategia: “La

strategia consiste nella creazione di una posizione unica e vantaggiosa per l’impresa attraverso la predisposizione di una

serie specifica di attività. […] Una buona strategia si basa sull’individuazione di attività uniche e la creazione della coerenza fra le diverse attività dell’azienda”. G. Invernizzi, Strategia aziendale e vantaggio competitivo, McGraw-Hill, Milano, 2008, pag. 12. Stesso Autore, tra l’altro, sostiene che le scelte caratterizzano la strategia stessa:“La strategia – intesa come sistema

di scelte e azioni che determina il posizionamento strutturale dell’impresa nell’ambiente di riferimento – è un concetto che

si può porre correttamente solo con riferimento all’azienda nella sua interezza, o a un sottosistema sufficientemente autonomo”. G. Invernizzi, Il sistema delle strategie a livello aziendale, McGraw-Hill, Milano, 1999, pag. 26. Infine, Invernizzi fornisce la ‘chiave di lettura’ del rapporto fra le scelte strategiche ed il conseguente posizionamento, che si esplica nel concetto del posizionamento strategico: “L’essenza del posizionamento strategico è nella scelta di attività diverse da quelle delle aziende rivali, nel loro sistema complessivo (activity-system map), tali attività danno vita al vantaggio competitivo.”- mentre, collegandosi alle attività relative alla strategia, continua - “..il posizonamento strategico significa eseguire attività diverse rispetto a quelle dei concorrenti, o simili, ma in modi differenti [..] Le scelte del posizionamento non determinano solo quali attività l’impresa debba svolgere, ma anche il modo in cui ogni singola attività viene organizzata e le connessioni tra le diverse attività. E mentre l’efficacia operativa riguarda la ricerca del massimo risultato per ogni singola attività, la strategia riguarda la combinazione di queste attività. Il vantaggio competitivo quindi si fonda sul modo in cui le attività si collegano e si rafforzano le une con le altre”. G. Invernizzi, Strategia aziendale, op. cit., pagg. 14-17.

8 Generalmente, per alcuni autori i due tipi di vantaggi tendono di avere delle origini distinte. Ad esempio, Saloner, Shepard

(e altri), delineano i connotati del primo vantaggio - di posizionamento - nelle seguenti caratteristiche: un marchio riconosciuto ed apprezzato (ad es. Apple®), una solida relazione con i clienti (ad es. Mediolanum), una normativa favorevole

(come è successo nel caso del boom economico cinese e in tutti gli altri paesi con minore pressione fiscale), i rapporti prioritari con i canali distributivi (ad es. McDonalds®; i produttori di gas; il settore delle telecomunicazioni), il dominio di alcuni

mercati locali (ad es. Nokia®), una base installata rilevante, oppure il livello di capitalizzazione (ad es. Google®, companie

assicurative, le multinazionali come la Nestle®), il controllo delle relazioni ‘chiave’ con altre imprese (rientrano qui le attività

di ricerca, distribuzione, produzione; spesso svolte all’interno dei rapporti di network). Inoltre, gli autori ritengono che il primo tipo di vantaggio – quello basato sul posizionamento – tende normalmente ad assumere le tre forme possibili: - vantaggio derivante dalla struttura del settore (esempi forniti sono quelli dei mercati duopolistici - Airbus e Boeing - e oligopolistici regolamentati – come i distributori locali luce/gas);

- vantaggio dall’eterogeneità del settore (ad es. impresa dominante in un settore frammentato: come la ristorazione, il settore dell’abbigliamento etc.);

- vantaggio derivante da un network di relazioni (ad. es azienda dominante in una ‘rete del valore vincente’: Procter & Gamble®, Telecom®, settore dei videogiochi etc.). Materiale tratto da G. Saloner, A. Schepard, J. Podolny, Strategia

d’impre-sa (ed. italiana), Etas, Milano, 2002, pagg. 62-63.

Risulta più difficile, invece, classificare il vantaggio competitivo in base alle risorse e competenze. Possiamo, però, tentare di estrapolarne alcuni elementi determinanti, con il contributo del Prof. Bianchi Martini: “L’azienda è in grado di perseguire performance superiori se riesce ad attivare virtuosi ‘meccanismi di isolamento’ riconducibili alla dotazione e allo sfruttamento delle risorse e alla presenza di competenze firm specific in grado di valorizzare le risorse. In tal modo si pongono al centro d’analisi le risorse distintive, cioè quelle risorse intorno alle quali ruotano le peculiarità strategiche dell’azienda”. Bianchi M.S., Introduzione all’analisi strategica dell’azienda, op. cit., pag. 77. Anche il Prof. Garzella è concorde sull’importanza strategica delle risorse: “Sembra realistico affermare che il vantaggio competitivo scaturisce dal possesso di risorse particolari ed uniche in grado di distinguere positivamente l’azienda nel mercato, ma la sua sostenibilità deriva dalla capacità aziendale di presidiare tali risorse attraverso appositi meccanismi di isolamento così da rendere difficile la produzione”. S. Garzella, Il sistema d’azienda, op. cit., pag. 56.

9 Ciò perché stesso Porter, prendendo in oggetto l’apparente scissione tra il posizionamento e le risorse, indica come il perse-

guimento del vantaggio competitivo sia quell’elemento, comune ad entrambi, che ne determinerebbe l’infondatezza: “Le imprese seguono diverse linee strategiche per conseguire tale obiettivo; la strategia più appropriata per una singola impresa è, in prima aprossimazione, quella che aderisce meglio alle caratteristiche e alle competenze dell’impresa stessa. Possiamo registrare in grande sintesi tre strategie concorrenziali di base (usate singolarmente o in via combinata) per creare una posizione competitiva efficace, anche nel lungo termine, e realizzare risultati superiori a quelli, della concorrenza”. M.E. Porter, La strategia competitiva, op. cit., pag. 41. Di consegenza, in un altro suo lavoro, l’Autore afferma: “Chi contrappone la strategia competitiva al modello basato sulle competenze fondamentali/risorse critiche manca il bersaglio e individua una falsa dicotomia”. M.E. Porter, Il vantaggio competitivo, Edizioni Comunità, Milano, 1993, pag. XV.

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4 |

P a g .

che la stessa vita economica delle aziende difficilmente presenta un carattere lineare e

continuo.

10

In sostanza, le ‘turbolenze ambientali’

11

accrescono nelle aziende la

consapevo-lezza

12

sulla discontinuità,

13

pericolo che implica alle aziende una valutazione strategica sulle

nuove necessità ed i cambiamenti da attuare, a fin di redere sostenibile il proprio vantaggio.

14

In

tal senso, il riposizionamento strategico è connesso alle situazioni legate al rischio, nelle quali i

provvedimenti tempestivi avrebbero come obiettivo quello di evitare che la situazione di crisi

possa diffondersi.

15

Perché la crisi, appunto, pur riconducibile principalmente agli andamenti

economico-finanziari dell’oggi,

16

a lungo andare - visto il suo carattere progressivo

17

- rischia di

compromettere il funzionamento dell’intero sistema aziendale.

18

Ecco perché, diviene

importante per le aziende saper ‘anticipare lo sviluppo della crisi’, analizzando, prima di tutto,

10 Ciò si conferma dagli studi di molti autori sui problemi ricorrenti d’impresa – capaci di rovinare la continuità economica

dell’azienda – che scaturiscono dalle “reazioni di impedimento da parte dei concorrenti” (S. Garzella, Il sistema d’azienda, op. cit., pag. 8) e “le pressioni competitive” (Bianchi M. S., Introduzione all’analisi strategica, op. cit., pag. 14), entrambi, fenomeni legati alla cosidetta “economicità vagante” (U. Bertini, Il sistema d’azienda, Opera Universitaria, Pisa, 1977, pag. 103 e segg.). Il fenomeno della concorrenza, tra l’altro, insieme ai poteri contratturali dei fornitori e dei clienti, non comporta soltanto il problema temporale di ‘reazione’ alla mossa del competitor, ma rappresenta lo snodo centrale del famoso “modello delle cinque forze” di Porter (M.E. Porter, Il vantaggio competitivo, op. cit., pagg. 10 e segg). Ad erodere il virtuosismo economico delle aziende poi, secondo il Prof. Bianchi Martini, vi è anche: “l’inesistenza di una formula imprenditoriale che possa superare la prova del tempo”, il “cattivo management”, le “disarmonie di gestione o elementi di rigidità e, dunque, fonti di possibili disequilibri operativi o fattori di impedimento al cambiamento”, il “posizionamento dell’azienda nel contesto sociale” etc. Bianchi M.S., Introduzione all’analisi strategica dell’azienda, op. cit., pagg. 4, 11, 17, 64 e segg. Impossibile trascurare, infine, anche il caso di “perdita della risorsa o competenza distintiva dal forte valore strategico”. M. Galeotti, Governo dell’azienda e indicatori di performance, Il Borghetto, Pisa, 2001, pag. 47.

11 Facile risulta la descrizione della ‘turbolenza ambientale’ quando leggiamo alcune considerazioni di Cibin e Gozzi: “In

un quadro di turbolenze ambientali crescenti, di accorciamento dei cicli di vita dei prodotti e delle tecnologie, di rimescolamento nella divisione internazionale del lavoro, per la grande maggioranza dei soggetti aziendali si pone il problema di modificare ed adeguare continuamente sia i propri indirizzi strategici che i propri profili strutturali ed organizzativi, al fine di poter disporre di assetti appropriati alle battaglie competitive e alle trasformazioni tecnologiche e di mercato”. R. Cibin, A. Gozzi, La valutazione delle strategie di riposizionamento, FancoAngeli, Milano, 1991, pag. 15.

12 “La consapevolezza che non esistono situazioni di vantaggio competitivo «eterne» e che la dinamica competitiva tende ad

erodere le posizioni di vantaggio competitivo conseguite – si è soliti per questo affermare che il vantaggio competitivo genera comunque una rendita definita nel tempo.” S. Garzella, Il governo delle sinergie. Sistematicità e valore nella gestione strategica dell’azienda, Giappichelli, Torino, 2006, pag. 65.

13 In tal senso scrive Coda: “Gli accentuati fenomeni di dinamismo e di discontinuità aziendali, espressione di un ambiente

sempre più intensamente competitivo e soggetto ai contraccolpi degli squilibri internazionali, esigono che l’attività di guida strategica dell’impresa venga a configurarsi con un’attività di tipo continuativo al pari di quella di direzione operativa”. V. Coda, L’orientamento strategico dell’impresa, Utet, Torino, 1988, pag. 63.

14 “Il vantaggio competitivo si può erodere nel corso del tempo, «è infatti nella natura della competizione il tentativo di

imitare o eliminare il vantaggio di un’impresa da parte dei propri concorrenti». [..] Quando le fonti del vantaggio resistono alla concorrenza, il vantaggio è detto sostenibile. La possibilità che un concorrente possa imitare o rendere il vantaggio dell’impresa obsoleto rappresenta il maggior rischio per quello basato sulle competenze; il vantaggio basato sul posizionamento, invece, viene perso allorché un’impresa concorrente raggiunge lo stesso posizionamento oppure il suo valore viene anullato.” G. Saloner, A. Shepard e J. Podolny, Strategia d’impresa, Etas, Milano, 2002, pag. 59.

15 Perché, spiega Bertoli: “In mancanza di provvedimenti immediati si verificano danni operativi e d’immagine, il cui costo

si aggrava rapidamente…” - continua l’Autore – “poiché da un lato, l’analisi approfondita della situazione e la ridefinizione dei posizionamenti strategici sono attività che necessitano di tempo; dall’altro, gli interventi devono essere tempestivi.” G. Bertoli, Crisi d’impresa, ristrutturazione e ritorno al valore, Egea, Milano, 2000, pag. 174. Analogamente acnhe il Prof. Garzella sui tempi: “La tempestività nel cogliere i segnali della crisi diviene quindi un requisito indispensabile per la sua soluzione. Il grado di sistematicità, che si pone come uno dei principali fattori si successo, può trasformarsi rapidamente in un’aggravante ed un acceleratore delle situazioni di crisi.” S. Garzella, Il sistema d’azienda, op. cit., 2005, pag. 66.

16 Cfr. L. Guatri, Turnaround. Declino, crisi e ritorno al valore, Egea, Milano, 1995, pag. 108.

17 “Anche la crisi presenta quindi uno sviluppo di tipo progressivo in grado di propagarsi orizzontalmente da una funzione

aziendale all’intero sistema e, verticalmente, nel tempo, aggravandosi progressivamente ed in modo incrementale.” S. Garzella, Il sistema d’azienda, op. cit., pag. 66. Infatti, stesso Autore propone una definizione della crisi esattamente opposta a quella del successo, ovvero come un fenomeno (negativo) interfunzionale ad azione progressiva e con capacità di crescita direttamente (inversamente) proporzionata al grado di sistematicità della combinazione produttiva. Garzella, ibidem, pag. 62.

18 “La crisi [..] costituisce una situazione pervasiva che interessa l’intero sistema aziendale e che tende a comprometterne

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il suo stadio d’evoluzione.

19

Così, attraverso l’attivazione dei cosidetti ‘sensori di crisi’ – mirati

all’identificazione degli errori – si intaura un’approccio proattivo al risanamento, che aiuta sia

di percepire le problematiche ‘a monte’ della crisi, che a tracciare un percorso di ricerca del

successo.

20

Ha senso, dunque, approfondire la cura della strategia

21

e la relativa gestione.

22

Si percepisce dunque come la situazione critica possa essere scongiurata grazie alla

professio-nalità di un manager’,

23

capace di curare la strategia - in un sistema dinamico che continuamente

muta e si evolve

24

- ed intuire l’approccio giusto al cambiamento esterno (qualunque siano le

sue cause, i tipi e ‘leve’ a disposizione d’azienda)

25

. In questo senso, già la sola consapevolezza

delle possibili cause del cambiamento (interne/esterne),

26

costituisce un’elemento positivo per

‘chi guida’ l’impresa, a cui si aggiungono anche delle conoscenze sull’articolazione delle

tipologie di trasformazione in base al tempo

27

e le tecniche per adoperare attraverso alcune ‘leve’

strategiche, altrettanto utili sia per anticipare, che per affrontare il periodo critico.

28

19 Il Prof. Garzella sostiene che l’unico modo per riuscire ad anticipare la crisi sia quello di “armonizzare il breve ed il medio

lungo termine”, cioè, precisa, “pensare fin da subito non solo al presente, ma anche al futuro”. Tutto ciò, l’Autore adotta in un’unica nozione del ‘nuovo paradigma strategico’ che sradica la prevalenza del lungo periodo su quello breve o viceversa. Infatti scrive: “.. proprio la proiezione verso il futuro e la capacità di percepire i segnali deboli consentono all’azienda di anticipare lo sviluppo della crisi e realizzare il processo di risanamento con minor affanno”. S. Garzella, Il sistema d’azienda e la valorizzazione delle ‘potenzialità inespresse’, op. cit., pagg. 69-70.

20 Cfr. S. Garzella, Il sistema d’azienda, op. cit., pagg. 58-59.

21 Questo filone di pensiero si individua leggendo alcune considerazioni sulle ‘patologie strategiche’ degli Collins,

Montgomery, Invernizzi e Molteni: “Le imprese di vaste dimensioni, al pari dei transatlantici, hanno una grande inerzia quando le conseguenze patologiche di una strategia sbagliata iniziano a essere visibili, la situazione è ormai critica e l’impresa è decisamente ‘fuori rotta’.” D.J. Collins., C.A. Montgomery, G. Invernizzi, M. Molteni, Corporate level strategy. Generare valore condiviso nelle imprese multibusiness (3ed), McGraw-Hill, Milano, 2012, pag. 3. (d’ora in avanti: C.M.I.M.).

22 È alquanto facile caprendere come il Prof. Garzella individua nel lavoro degli amministratori e dei manager non solo la

possibile causa della crisi aziendale, ma ne attribuisce anche gran parte di responsabilità, per quanto riguarda la salute economica dell’azienda e la gestione strategica: “In questo senso, proprio perché artefici operativi della struttura d’azienda e proprio perché questa è funzionale alla gestione strategica, anche il management può talvolta entrare a far parte del soggetto economico, quell’area dai confini mutevoli e cangianti che presidia l’azione di governo ed ha la massima responsabilità delle sorti dell’azienda, positive o negative che siano”. S. Garzella, Il sistema d’azienda, op. cit., pag. 45.

23 Parlando delle nuove variabili di competizione, scrive Miolo Vitali: “Tutto questo implica l’esistenza di un ‘manager

professionale’, dotato di mentalità flessibile, cioè capace di ‘pensare in termini nuovi’, di interpretare gli elementi di giudizio e di realizzare le politiche e strategie formulate per mantenere un consistente divario concorrenziale, indispensabile per operare funzionalmente anche in tempi di turbolenza ambientale. Per far questo occorre che si impegni nella programmazione e pianificazione con un’ottica ‘propulsiva’, sappia interpretare e risolvere i problemi posti dall’innovazione, continui a migliorare la funzionalità dei legami tra le diverse ‘aree funzionali’, sia in grado di cogliere con tempestività i ‘fattori nuovi’, gli andamenti anomali e tutto ciò che in qualche modo può incidere sulle condizioni di equilibrio economico durevole dell’azienda”. P. Miolo Vitali, Il sistema delle decisioni aziendali. Analisi introduttiva, Giappichelli, Torino, 1993, pag. 174.

24 La strategia dovrebbe essere intesa qui come dall’espresione del Prof. Garzella “un’azione di governo dai cambiamenti

rilevanti”. Cfr. S. Garzella, Il sistema d’azienda, op. cit., pag. 47.

25 Nella trasformazione strategica, gli autori C.M.I.M. hanno cercato di evidenziare sia le cause conclamate, che i potenziali

pericoli dell’insuccesso strategico. I loro studi si sono altrettanto concentrati sulla distinzione della trasformazione per tipo e nella ricerca dei possibili approcci al cambiamento stesso. Cfr. D.J. Collins., C.A. Montgomery, G. Invernizzi, M. Molteni, Corporate level strategy, op. cit., pagg. 323-356.

26 In maniera simile alle cause esterne (ad es. l’aumento della concorrenza, il deterioramento della struttura del settore, le

modifiche alla composizione delle risorse, il progresso tecnologico, le imitazioni dei prodotti etc.) ed interne (errori nella concezione strategica, i fallimenti nella fase d’attuazione strategica, gli investimenti eccessivi, frodi e debolezze manageriali) della trasformazione strategica (nota precedente), Cibin e Gozzi parlano degli elementi esogeni ed indogeni, relativi alla continuità economica dell’impresa: “Riaggiustamento strutturale/organizzativo e riorientamento strategico quasi sempre sono frutto di un processo decisionale certamente condizionato sia da elementi esogeni (la profondità e la velocità del cambiamento ambientale) che da elementi endogeni (la qualità e la quantità delle risorse tangibili ed intangibili a disposizione dell’impresa)..”. Cibin e Gozzi, La valutazione delle strategie, op. cit., pag. 15.

27 Rispeto alle tre tipologie di trasformazione - ‘la creazione ex-nuovo’, ‘il rinnovamento’ e ‘il cambiamento radicale’ -

evidenziate dai C.M.I.M. (nota 25), Gilardoni e Danoni distinguono i tempi di trasformazione: “.. tra il lungo periodo di cambiamento incrementale in condizioni normali e un breve periodo di veloce riconfigurazione radicale della strategia, struttura e cultura quando la realtà esterna cambia”. A. Gilardoni, A. Danoni, Cambiamento, ristrutturazione e sviluppo dell’impresa, Egea, Milano, 2000, pag. 80.

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Com’è possibile immaginare, la gestione del cambiamento strategico – condizionato dalla

‘turbolenza ambientale’ – si trasforma, metaforicamente, in una ‘sfida’ per l’azienda.

29

Da qui,

le tecniche del riposizionamento e/o del risanamento strategico acquisiscono il significato di uno

sforzo mirato a salvaguardare il proprio futuro,

30

prima ancora di essere dei percorsi per uscire

dalle situazioni di crisi

31

. Questa, sebbene considerata distruttiva per l’azienda, può assumere un

carattere positivo, se rilevata preventivamente e porti una nuova occasione di sviluppo.

32

Storicamente, a partire dalla crisi degli anni ’70, di fronte ai profondi mutamenti nell’ambiente

sociale, economico, tecnologico e politico, l’argomento del riposizionamento strategico si è

particolarmente diffuso.

33

Infatti, per gli studiosi Cibin e Gozzi, il periodo in questione diede

seguito ad una nuova e crescente necessità per le aziende di sviluppare le capacità di

adatta-mento.

34

Di conseguenza, durante gli anni Ottanta - sulla scia delle nuove evoluzioni nel mercato

- l’oggetto di studio degli autorevoli autori ricomprese sia le nuove esperienze di

riposiziona-mento strategico (in particolare, le azioni di ristrutturazione e di riconversione),

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sia le

le risorse, l’organizzazione e la cultura (nota 25), Cibin e Gozzi si soffermano sull’esame di alcune tipologie strategiche – sia nell’ottica dell’espansione o crisi, che del ruolo strategico del riposizionamento - individuando i seguenti fattori determinanti: - il rapporto tra impresa e ambiente (fonte delle continue sollecitazioni poste al management in oggetto al posizionamento

ambientale e competitivo dell’impresa);

- la quantita e la qualità delle risorse (come dei supporti aziendali necessari per sostenere ed implementare la strategia nei gradi di libertà/vincoli esistenti al riguardo);

- l’azione manageriale (a partire dalla ricognizione del significato della strategia e dei due aspetti precedenti, genera modelli e criteri della sua formulazione, valutazione e scelta). Cibin e Gozzi, La valutazione delle strategie, op. cit., pagg. 20-21.

29 Infatti, del tutto coerenti con la locuzione ‘turboleza ambientale’ degli Cibin e Gozzi e ‘dell’ottica duale’ del Prof. Garzella,

gli autori C.M.I.M. paragonano i cambiamenti organizzativi e/o strategici ad una sfida: “Resta la sfida di molti leader aziendali… cambiare la strategia perché … insoddisfatti della corporate strategy operante, preoccupati dagli scarsi risultati o consapevoli del fatto che senza rinnovare la strategia in essere non si possa creare un’adeguato valore di lungo periodo..”. D.J. Collins., C.A. Montgomery, G. Invernizzi, M. Molteni (C.M.I.M.), Corporate level strategy, op. cit., pag. 323.

30 Si vuole anticipare così un forte richiamo alla continuità economica, attraverso alcuni cenni intuibili dalla stessa

definizione del riposizionamento: “Il riposizionamento si esplica negli investimenti che l’impresa concepisce ed attua nelle sue aree funzionali, per le quali è necessario adeguare il mix qualitativo e quantitativo delle risorse che consentiranno in futuro di raggiungere un nuovo posizionamento competitivo”. Cibin e Gozzi, La valutazione delle strategie, op. cit., pag. 10. Per sottolineare ancor di più l’importanza del riposizionamento strategico e la relativa ‘gravità’ di trasformazione per la corporate strategy, gli autori C.M.I.M. scrivono: “In alcuni casi il risultato può essere così radicale che l’impresa cambia addirittura la sua collocazione formale da un settore industriale a un altro”. Autori C.M.I.M. (D.J. Collins., C.A. Montgomery, G. Invernizzi, M. Molteni), Corporate level strategy, op. cit, pag. 335.

31 Del tutto logico risulta la percezione del risanamento da parte del Prof. Garzella: “Il termine risanamento richiama

immediatamente un organismo malato, ma guaribile. La crisi che caratterizza il sistema d’azienda infatti deve essere in qualche modo risolvibile, altrimenti le uniche strade percorribili dall’azienda sono quelle della diretta liquidazione o della soluzione giudiziale attraverso le procedure concorsuali preventive. Il risanamento quindi si lega in modo inscindibile alla continuità dell’azienda che prosegue la vita e ritrova le condizioni di equilibrio economico-finanziario. Esso tuttavia assume diversa gradualità della crisi, passando dalla semplice rimozione delle cause della crisi – ritorno all’equilibrio - fino ad arrivare all’avvio di un vero e proprio riposizionamento strategico”. S. Garzella, Il sistema d’azienda, op. cit., pagg. 67-68.

32 Si evidenzia così la convinzione del Prof. Garzella di vedere ‘in positivo’ la crisi: “È molto più importante, sebbene spesso

più difficile, sapere che cosa si vuole e dove si mira, piuttosto che limitarsi a fuggire dalle possibili situazioni negative. Di fatto nella gestione della crisi, la riuscita del processo di risanamento è assai più probabile se invece di limitare gli sforzi per il raggiungimento di un obiettivo fissato «in negativo» - cioè evitare la crisi – si focalizzino le risorse e gli intenti nel perseguimento di un chiaro ed ambizioso, sebbene realistico, obiettivo definito «in positivo».” S. Garzella, Il sistema d’azienda, op. cit., pag. 60. Si ritiene opportuno, inoltre, citare alcuni esempi dei potenziali pericoli, nonché opportunità strategiche – tratti dal Prof. Bianchi Martini – entrambi collegati alla suddetta ‘visione in positivo’: “Si può dire che l’azienda è in grado di conquistare livelli di performance superiori quando riesce a creare e/o sfruttare a proprio vantaggio alcuni impedimenti al libero dispiegarsi delle forze competitive (barriere all’entrata nel settore, barriere alla mobilità tra raggruppamenti strategici, superiore forza contrattuale rispetto ai fornitori e ai clienti)”. Bianchi M.S., Introduzione all’analisi strategica dell’azienda, op. cit., pag. 52.

33 Cfr. R. Cibin, A. Gozzi, Valutazione delle strategie di riposizionamento, op. cit., pag. 9.

34 Esprimendosi sulla capacità di adattamento delle aziende, Cibin e Gozzi scrivono: “In tutti i settori, il mutato quadro delle

opportunità e delle minacce si è riflesso sulla competizione tra le imprese, per le quali è diventato imperativo individuare strumenti per nuovi recuperi di efficienza nei processi produttivi e nell’organizzazione, nonché per l’innovazione la differenziazione dei prodotti e processi produttivi”. R. Cibin, A. Gozzi, Valutazione delle strategie, op. cit., 1991, pag. 9.

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revisioni gestionali nelle grandi imprese (che attuarono per prime le innovazioni strategiche,

organizzativo-strutturali, nonché i nuovi metodi direzionali).

35

Si è creata così, una forte spinta

allo sviluppo del quadro generale strategico ed alla relativa distinzione per livelli.

36

Il che, a sua

volta, permise le successive combinazioni tra i livelli nei veri e propri sistemi strategici.

37

A

complicare ulteriormente gli interventi di riposizionamento strategico - oltre alla ‘turbolenza

35 Tra i risultati più noti, ottenuti dai Cibin e Gozzi, vi è la definizione di matrice del riposizionamento strategico. Tale

schema mostra le scelte strategico-aziendali attraverso le due dimensioni principali - il grado di discontinuità e rottura e il grado di continuità e stabilità del rapporto tra impresa e ambiente – messi a confronto con la disponibilità di risorse impiegate per l’attuazione delle strategie. Nel riquadro seguente, si propone il prospetto delle strategie di riposizionamento, elaborato dagli studiosi. Cfr. R. Cibin, A. Gozzi, Valutazione delle strategie di riposizionamento, op. cit., pagg. 9, 24-26. Mentre, la caratteristica importante del lavoro dei Cibin e Gozzi è stata l’impostazione verso la ‘valutazione strategica’ (delle strategie di riposizionamento) - un’attività alquanto difficile – ma che funge da ‘ponte’ tra la formulazione e l’attuazione delle decisioni strategiche (secondo il processo decisionale strategico del modello logico-sequenziale). Come spiegano gli autori: “il carattere multidisciplinare della materia ha reso difficile la creazione degli strumenti utili per la valutazione delle strategie (ad es. nelle strategie a livello corporate, gli unici modelli di

ragionamento sono stati le cosidette ‘matrici di portafoglio’ (nate e sviluppatesi negli USA, a partire dalla seconda metà degli anni ’70, in seguito alla collaborazione di grandi società di consulenza con le corporation come Boston Consulting Group, Mckinsey, D. Little). Pertanto aggiungono, sono necessari: “[…] più appropriati e più aggiornati criteri e metodi con i quali giudicare sia il valore delle imprese in sede di trasferimento di proprietà delle stesse, sia l’entità delle loro performance in sede di funzionamento ed in particolare quale conseguenza dell’assunzione e dell’attuazione di particolari strategie”.R. Cibin, A. Gozzi, ibidem, pagg. 36-42. A questo punto, per dare alcunu esempi di veri e propri strumenti e metodi di valuta- zione, nonché d’analisi delle strategie aziendali - a titolo illustrativo - si vuole citare la turbina strategica di Ansoff (H.I. Ansoff, Implanting Strategic Management, Prentice-Hall, Englewood Cliffs,

N.J., 1984; tr. it. Organizzazione innovativa, Ipsoa, Milano, 1987) e l’imbuto della valutazione (R. Cibin, A. Gozzi, Valutazione delle strategie, op. cit., pag. 50).

36 Tale affermazione trae numerose conferme nelle seguenti letture: Cfr. C.M.I.M., Corporate level strategy, op. cit, pagg.

17 e segg.; Cfr. R. Cibin, A. Gozzi, Valutazione delle strategie, op. cit., pagg. 53 e segg. Anche il Coda, nell’affermare che le strategie sviluppano e danno concretezza all’orientamento strategico di fondo, afferma che: “Per definizione esse si collocano ad un livello gerarchicamente inferiore rispetto all’orientamento medesimo, ancorhé no siano prive di influsso sullo stesso. A loro volta, poi, si dispongono secondo una certa gerarchia, che evidenzia tre livelli: quello aziendale (o corporate), quello di area di affari e quello funzionale interno ad un’area strategia d’affari”. V. Coda, L’orientamento strategico d’impresa, op. cit., pag. 50. In particolare, per quanto riguarda i livelli - grazie al contributo di Porter - possiamo approfondire il primo livello (corporate) assieme ai relativi archetipi (logiche) della gestione di corporate strategy (CS): la gestione del portafoglio o la composizione del portafoglio di attività; l’approccio di

ristrutturazione nell’ambito delle strategie orizzontali; la logica del trasferimento delle competenze nell’ambito della gestione

dell’assetto strutturale; la condivisione delle attività nell’ambito delle architetture organizzative. È interessante notare che le prime due tipologie appartengono ad un ap- proccio generale della gestione della CS, ovvero la logica finanziaria, mentre i restanti due sono da attribuire alla logica sinergica. M.E. Porter, From Competitive Advantage to Corporate Strategy, Harvard Business Review, maggio-giugno 1987, pagg. 43-59. Analogamente anche Invernizzi. Cfr. G. Invernizzi, Il sistema delle strategie, op. cit., pagg. 26 e 36. Sul gradino più basso, poi, al secondo livello, vi sono le tipologie strategiche dedicate ai singoli business, individuabili nelle tre ipotesi stra- tegiche, conosciute anche come le strategie di base di Porter: la leadership di costo, la differenziazione, la focalizzazione su

particolari segmenti del mercato. M.E. Porter, Il vantaggio competitivo, op. cit., pagg. 17-18.

37 “È così proponibile l’articolazione del sistema delle strategie aziendali nei principali livelli citati e si è soliti parlare di

strategie della corporate, strategie competitive e strategie funzionali, di cui i primi due definiscono nel loro combinarsi a sistema l’assetto fondante dell’azienda, la sua forma strategica.” S. Garzella, Il sistema d’azienda, op. cit., pag. 43.

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ambientale’, la complessità derivante dalla visione duale

38

e l’articolazione del cambiamento

39

-

vi sono anche gli approcci gestionali praticati dai manager.

40

In sostanza, trattandosi di scelte

adottate dai dirigenti aziendali che, però, solo in parte sono riferibili alle decisioni aziendali,

41

e

nonostante la medesima vocazione al successo,

(1),(2)

proprio a causa della loro caratteristica

soggettiva rischiano di ‘minare’ l’intero processo del riposizionamento strategico.

42

Ecco perché

la probabilità d’errore umano impone ‘l’adeguamento tra il campo d’azione e la strategia’.

43

38 L’ottica duale, secondo il Prof. Garzella, impone alle aziende “di risolvere i problemi impellenti e, nel contempo, costruire

le basi di una nuova e florida situazione per il domani” - tuttavia, continua lo studioso - “La gestione dell’immediato rappresenta una necessità urgente, ogni disattenzione rischia di compromettere la vita dell’azienda e di pregiudicare ogni possibile speranza di riequilibrio. D’altro canto l’ottica strategica (in riferimento al lungo periodo) richiama la volontà di perseguire posizioni di eccellenza, e non solo di equilibrio, richiedendo per questo il tempo necessario per rivedere e modificare in modo radicale la struttura organizzativa ed operativa”. S. Garzella, Il sistema d’azienda, op. cit., pag. 68.

39 Sotto l’espressione ‘l’articolazione del cambiamento’ si intendo le cause, i tipi, i tempi e le leve d’approccio alla

trasformazione strategica, per cui si rimanda alle note 25-28.

40 Inanzitutto, è doveroso sottolineare come la gran parte di comples-

sità gestionale - per ogni singola decisione concernente il cambiamen- to aziendale - sia intentrata sulla presa di coscienza del sistema azien- dale (Cfr. S. Garzella, Il governo delle sinergie, op. cit., pag. 13) e sulla soggettività dell’atteggiamento strategico nell’interpretare la trasformazione aziendale stessa (S. Garzella, Il sistema d’azienda, op. cit., pag. 50). Pertanto, uno degli esempi d’approccio al cambiamento potrebbe esssere il percorso logico degli autori C.M.I.M., che accomu- nano alle strategie di base (nota 36) tre fasi fondamentali: l’analisi e diagnosi (balanced scorecard), la definizione della nuova visione e del modello strategico a cui tendere, il cambiamento del Triangolo strate- gico (inteso come il modello d’impostazione strategica, rappresentato a

destra). C.M.I.M., Corporate level strategy, op. cit., pag. 332. Sull’approccio gestionale si esprimono anche Cibin e Gozzi: “.. l’approccio vincente si basa sulla scelta delle aree e delle modalità concorrenziali che determineranno un riposizionamento più favorevole, in quanto basato su un vantaggio competitivo più difendibile e durevole”. R. Cibin, A. Gozzi, La valutazione delle strategie, op. cit., pag. 10. In questo senso la ‘scelta strategica’ trae la sua descrizione alternativa negli autori C.M.I.M.: “… le scelte del nuovo modello di corporate srategy da intraprendere è esattamente quello – una scelta. Non c’è motivo per dire che un posizionamento nel Continuum delle corporate strategy sia in generale migliore degli altri”. Autori C.M.I.M., Corporal Strategy, op. cit., p. 334.

41 Interessante, in questo senso, risulta il punto di vista del Prof. Garzella, egli paragona le ‘scelte’ aziendali ad uno stato di

libertà nel decidere in quale settore competere, quali prodotti/servizi offrire: “L’azienda, quindi, attraverso una serie continua di scelte qualifica se stessa, il suo ambiente ed i suoi interlocutori; tuttavia in questo processo i caratteri del confronto con l’ambiente esterno vengono via via a determinarsi anche secondo percorsi che solo in parte trovano il loro riferimento nelle decisioni aziendali.” Ciò significa, secondo l’Autore, che una volta effettuata la scelta, la sua libertà dell’opera diviene condizionata dalle «considerazioni sulla struttura competitiva di riferimento». Per spiegare tale fenomeno, lo studioso, integra le scelte che qualificano l’azienda, il suo ambiente ed i suoi competitori all’interno di un processo che: “.. si sviluppa in modo progressivo, attraverso una serie di scelte a fronte delle quali si delineano situazioni ambientali soltanto in parte riferibili alle volontà dell’azienda. Le azioni di un’azienda e le sue scelte si fondono, infatti, si combinano con quelle delle altre n-1 aziende presenti per definire i tratti strutturali delle dinamiche competitive”. S. Garzella, Il sistema d’azienda, op. cit., pag. 6.

42 Gli elementi fondanti per poter affermare ciò, sono stati tratti dalla descrizione dell’intento strategico del Prof. Bianchi

Martini. Infatti, l’Autore pone l’intento strategico al centro del disegno imprenditoriale - realizzatosi dal management – ed alla responsabilità a conseguire l’equilibrio economico nel futuro: “L’intento strategico, in tal senso, non si edentifica in un piano né in un programma, ma in un progetto tratteggiato in modo consapevole, anche se non minuzioso né rigidamente e dettagliamente definito, circa lo stato futuro desiderato della formula imprenditoriale; è fondato su un idea guida di sviluppo e costiutuisce la ‘bussola’ dell’agire strategico e il ‘tensionatore’ delle energie manageriali ed esecutive”. Ecco perché, risulta facile dedurre che ogni qualvolta, le scelte dei manager dovessero risultare errate, oltre alle strategie originarie, pure il processo di riposizionamento ne potrebbe trarre conseguenze negative. Bianchi Martini S., Introduzione all’analisi strategica dell’azienda, Giappichelli, Torino, 2009, pagg. 6-8.

43 Leggendo gli autori C.M.I.M., diventa chiaro che la principale figura responabile dell’errore è il manager. Infatti, scrivono

gli autori: “I manager … pur dovendo possedere un’ampia visione della nuova corporate strategy, non conoscono mai ogni suo dettaglio in anticipo. Di conseguenza, la trasformazione deve essere raggiunta attraverso il processo di sperimentazione guidata”. Secondo gli autori, i margini di errore sono percettibili, perché devono rispettare le condizioni ed i parametri fissati dal vertice aziendale al momento di formulazione della strategia. Tutto al più, aggingono, tali margini ‘guidano’ i manager lungo continue attività d’adeguamento tra il campo d’azione e la strategia, incoraggiando le iniziative migliori e troncando prontamente i possibili fallimenti. Tratto da: C.M.I.M., Corporal Strategy, op. cit., pagg. 348-351.

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Cronologia del lavoro (obiettivi)

Il primo capitolo è ideato per introdurre al lettore i temi generali del cambiamento a cui sono

costantemente soggette le imprese in tutto il mondo. L’obiettivo principale è di trasmettere il

difficile clima di sfida, che ininterrottamente alimenta le dinamiche competitive e mette a

rischio la fragilità dell’equilibrio economico per la maggior parte delle imprese. Le imprese,

che tra loro, inequivocabilmente, creano dei contrasti di desiderio alle maggiori prestazioni

economico-finanziarie, le vittorie strategiche e nuove opportunità dove realizzare le proprie

potenzialità (anche inespresse). Ed è proprio dal sottile legame tra, quest’ultime, e la ricerca

delle soluzioni alle possibili situazioni di crisi, che si inizia ad introdurre i primi

approfondimenti sui punti salienti del riposizionamento strategico. Un processo multiforme, che

difficilmente si attiva senza toccare contemporaneamente più dimensioni aziendali e le

metodologie d’analisi fondamentali per il risanamento, tra cui: competititiva, organizzativa e

finanziaria. Saranno queste tre tre aree specifiche a determinare la struttura complessiva

d’analisi, dove la dimensione competitiva rappresenterà quella lente d’ingrandimento che

permetterà di focalizzarsi sulle cause del riposizionamento strategico. Appunto, saranno

approfonditi i seguenti argomenti: le cause del cambiamento strategico, i processi d’analisi, le

scelte e le motivazioni riguardanti la reazione dell’azienda, le soluzioni strategiche ed i percorsi

del riposizionamento, le strategie competitive di base.

Il secondo capitolo introdurrà l’analisi interna dell’azienda, a partire dalla sua struttura e fino

a dei approfondimenti sulle risorse. In particolare quelle distintive, note per avere un ruolo

strategico per le aziende. Non solo, in quanto indispensabili per la realizzazione delle strategie

di successo, anche le altre risorse e competenze si dimostreranno fondamentali nelle azioni volte

a preservare le condizioni del vantaggio competitivo, al interno del complessivo quadro di

gestione. Specialmente per quanto riguarda la difesa, si parlerà del pericolo d’imitazione delle

risorse e del loro percorso vitale all’interno dell’attività aziendale. Nel prosieguo, verranno

approfondite le proprietà intrinseche, le risorse potenziali ed i determinanti del loro valore. Il

tutto, accompagnato dai metodi e schemi d’analisi più note ed affermatesi nella dottrina.

Lo sviluppo del terzo capitolo affronterà i principali fattori d’influenza nella formulazione

del pensiero strategico, la formazione della strategia ed i particolari della sua gestione,

l’individuazione dei gap tra l’impostazione strategica attuale e l’intento strategico. L’intero

capitolo verrà dedicato alla ricerca delle origini del successo, alle figure dell’imprenditore e del

manager, ai modelli e tecniche di gestione. Grande attenzione verrà dedicata ai aspetti

deterministici e decisionali di chi alla guida dell’impresa, specialmente nelle note. La seconda

parte del capitolo, introdurrà il concetto delle potenzialità strategichè: un’argomento molto

vicino alle risorse e alle capacità dell’azienda di ‘rinnovarsi’. Il terzo capitolo si completerà con

un sintetico excursus su alcuni metodi di valutazione sia delle potenzialità e sinergie, sia dellle

strategie di riposizionamento.

Il quarto capitolo affronta l’analisi organizzativa e riprenderà il percorso del risanamento del

Prof. Garzella nella sua seconda area d’intervento: l’organizzazione. Una volta discusse

strategie, potenzialità e sinergie, l’argomento organizzativo-strategico sarà di più facile

comprensione, poiché approfondirà le varie tipologie delle cosidette ‘leve’ su cui poter agire

per ripristinare l’equilibrio organizzativo dell’impresa. Sulla base di alcuni modelli semplici

dell’organizzazione azienda, saranno poposti i percorsi di verifica sulle inefficienze ed

approccio volta alla ristrutturazione. A questo punto verrà fatto un forte accento sulla cultura

azienda ed i caratteri del cambiamento. Da ultimo, alcune considerazioni sulla dismissione.

Il quinto e l’ultimo capitolo del quadro teorico, sottolineerà la centralità dell’aspetto

finanziario durante la normale gestione aziendale, ma soprattutto nelle strategie di risanamento.

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P a g .

I temi centrali interesseranno i trade-off tra il ricorso al capitale di rischio e di terzi, l’importanza

della valutazione delle performance e la dimensione del rischio aziendale.

Il sesto capitolo, quello dedicato allo svilupo del caso aziendale, si presenterà con un ampia

storia dell’imprenditore. Adottando la technica del narratore, si cercherà di esporre tutti gli

elementi salienti del percorso professionale di colui che, appunto, ha ideato la stessa PW Group.

Lo sviluppo successivo del caso poi, sarà accompagnato dalle riflessioni personali dei maggiori

esponenti aziendali sia sulla situazione corrente che quella futura, entrambe, in contrapposizione

alle esperienze passate dell’imprenditore. Il tutto per trovare il filo logico delle scelte politiche

fatte e, cioè, per capire se effettivamente le decisioni effettuate hanno portato l’impresa verso un

riposizionamento efficace. Infatti, si potraà osservare come ad un certo punto la PW Group

cambierà totalmente le prospettive di crescita per uno dei suoi business - i ricambi - quando di

fronte alla incredulità dei suoi collaboratori, l’imprenditore riuscirà a riposizionare l’azienda in

una maniera virtuosa, molto rischiosa finanziariamente, ma decisiva dal punto di vista strategico.

Sarà uno dei obiettivi di questo lavoro di avvicinare il lettore il più possibile allo stile unico del

condurre il business da parte dell’imprednitore, in gran parte, grazie ai commenti e note.

Nella parte centrale del caso, lo spirito narrativo – appreso dai Prof. Bianchi Martini S., Prof.

Corvino, Prof. Gonnella ed il Prof. Garzella - cederà a dei approcci di analisi più technici,

anch’essi estratti da un’ampia letteratura, alla base del quadro teorico proposto nella prima parte.

Si tratterà, quindi, di applicare tutti quei modelli teorici che si crederà poter dare le risposte alle

domande più insidiose che un’azienda si dovrebbe porre: ad es. “perché ci siamo trovati in questa

situazione?” e “come possiamo uscirne?”. Nonché di offrire gli strumenti utili per una

comprensione personale del caso in sé e della sua significatività e adattabilità al tema prescelto.

In particolare, cercando di rimanere sempre vicini al tema delle potenzialità inespresse, così

ampiamente descritto dal Prof. Garzella, saranno, inanzitutto, i vari approfondimenti sulle

risorse dell’azienda e la loro combinazione a costituire il target più importante d’analisi teorica.

Ciò detto, sarà la dimensione organizzativa a mostrare il maggior peso durante tutto il lavoro.

Al suo interno si potranno mettere al confronto le differenze tra i sistemi delle attività storiche e

quelle del nuovo corso strategico dell’impresa riposizionata. Ci si soffermarà molto sull’analisi

delle politiche concernenti il sistema prodotto e la gestione del personale.

Per quanto riguarda la dimensione competitiva, invece, essa sarà frammentata lungo l’intera

analisi del caso. Nonostante la ridotta disponibilità delle informazioni sulla nicchia così

specifica, come quella della componentistica per le macchine agricole, ci si proverà a delineare

almeno il quadro generale del settore agromeccanico, per poter avvicinare il lettore a formualre

delle opinioni personali a tale riguardo. In sostanza, tutto il tema competitivo si aggirerà interno

alla domanda sulla coerenza della formula competitiva, mettendo confronto quella precedente

ed i cambiamenti dopo il riposizionamento. Tutte le affermazioni a riguardo saranno anch’essi

basati sull’applicazione dei modelli d’analisi della dimensione competitiva. A partire dalla

classica matrice delle strategie di base di Porter, verrano utilizzate anche delle tabelle sintetiche

di analisi per mostrare i motivi alla base di una o l’altra affermazione.

Da ultimo, in modo molto breve verranno esposti alcuni cenni d’analisi economico-finanziaria.

Limitatamente ai bilanci del distaccamento aziendale sul territorio europeo – appunto la PW

Group GmbH – verranno proposti i risultati commerciali dell’azienda nei suoi primi anni dopo

l’ingresso nell’eurozona, nel pieno di realizzo dell’intera manovra strategica che, si scoprirà per

niente conclusa, bensì a rappresentare solo il primo passo verso il raggiungimento dell’obiettivo.

L’ultima parte sarà dedicata alle conclusioni personali.

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1. IL RIPOSIZIONAMENTO STRATEGICO

1.1 Il riposizionamento ed il processo di analisi

La forte turbolenza economica degli anni Settanta сostrinse le aziende a fronteggiarla

modificando repentinamente le loro strategie (ad es. intervenendo sugli assetti strutturali,

44

sul

posizionamento competitivo

45

etc.).

46

La ciclicità delle crisi

47

ha vincolato le stesse di adeguarsi

velocemente a tali mutamenti sia in termini organizzativi,

48

ma soprattutto competitivi.

49

Un

fenomeno che, secondo Chris Roebuck, si è espanso ancor di più con l’inizio del XXI secolo: il

44 Il Prof. Bianchi Martini, negli scritti sull’analisi strategica dell’azienda, indica come la continuità delle modifiche sia un

fenomeno del tutto naturale per l’azienda, a condizione che, quest’ultima, rispetti il carattere di un sistema dinamico: “L’azienda, in quanto ‘combinazione di fattori della produzione’, presenta un proprio assetto strutturale; … appare come un insieme coordinato di risorse. Tale assetto, come è del tutto evidente, non è statico: l’azienda è infatti un sistema dinamico che compie un insieme di operazioni tra loro coordinate nel tempo e nello spazio e unitariamente finalizzate al perseguimento dell’equilibrio economico a valere nel tempo”. Continua l’Autore: “Non si tratta ovviamente di un sistema statico. La gestione infatti, proprio in relazione all’esigenza di orientare le attività verso il perseguimento del fine istituzionale dell’azienda (cioè la creazione del valore a valere nel tempo), sviluppa un complesso insieme di operazioni incardinate in processi (d’acquisi-zione, di trasformazione tecnica, d’integra(d’acquisi-zione, del consumo, di cessione ecc.) che modificano incessantemente la struttura aziendale. In altre parole le operazioni di gestione, che danno contenuto alle funzioni, ai processi e alle combinazioni di processi, ‘muovono’ l’azienda con continuità modificando l’assetto delle risorse”. Bianchi Martini S., Introduzione all’analisi strategica dell’azienda, Giappichelli, Torino, 2009, pagg. 19 e 74.

45 Per Amigoni il posizionamento competitivo si avvicina molto alla dominanza sul mercato: “Fare strategia…non vuol dire

soltanto prendere grandi decisioni, ma significa piuttosto curare con continuità e con attenzione i fattori che pongono l’impresa nella condizione di dominare il mercato [..] – e continua - [..] possiamo quindi definire gli studi di strategia come teoria della dominanza, e strategia stessa come quell’insieme di decisioni e di comportamenti aziendali volti ad assicurare stabili posizioni di superiorità nei confronti dei concorrenti”. F. Amigoni, Alcune riflessioni sulla gestione strategica, in “Strategia e Pianificazione Aziendale”, Raccolta di “Sviluppo & Organizzazione”, n.3, 1980.

46 Il contesto mutevole dell’ambiente economico è, altresì, descritto dai Cibin e Gozzi in La valutazione delle strategie di

riposizionamento: “Caratteristica comune delle strategie in questione è il contenuto di innovazione e di originalità rispetto alle condotte strategiche preesistenti. In un modo o nell’altro, le imprese hanno saputo troncare, spesso in modo drammatico, la continuità rispetto ai comportamenti tradizionali. In altri termini, esse hanno saputo comprendere in tempi diversi – anticipando o adattandosi ai mutamenti dell’ambiente – che non sempre, in campo economico o sociale, ciò che si è manifestato in passato si ripeterà in futuro”. Cibin e Gozzi, Valutazione delle strategie, op. cit, 1991, pag. 10.

47 Scrive il Prof Garzella: “Il cambiamento dei gusti del consumatore e il progresso tecnologico finiscono per rendere meno

appetibili i prodotti dell’azienda sul mercato, divenuti fuori moda per il mutare delle esigenze o sostituiti da prodotti nuovi per funzionalità o perché resi disponibili dalla concorrenza a prezzi inferiori. Il fenomeno dell’obsolescenza … non interessa solo i prodotti, ma finisce per colpire l’azienda nella sua struttura operativa ed organizzativa”. S. Garzella, Il sistema d’azienda, op. cit., pagg. 17-18. Analogamente anche per Invernizzi le dinamiche congiuturali influenzano soltanto momenta-neamente lo ‘spazio economico’ d’azienda, poiché, nel medio periodo, il settore riprenderà la sua configurazione originaria. Infatti, Invernizzi attribuisce alle dinamiche congiunturali il significato di ciclicità regolare, scrivendo: “La gestione delle dinamiche congiunturali presuppone una certa flessibilità della strategia competitiva, ottenibile mediante opportune scelte in tema di struttura, di sistema di prodotto e di ambito competitivo. Così, a titolo di esempio, le oscillazioni congiunturali nei volumi di produzione e vendita richiedono l’adozione di una struttura operativa poco rigida e caratterizzata da una limitata integrazione verticale; le oscillazioni nei gusti dei consumatori possono essere più agevolmente affrontate grazie a un sistema prodotto sufficientemente diversificato e alla presenza in mercati caratterizzati da orientamenti non perfettamente omogenei e sincronici; le oscillazioni nei prezzi di acquisto trovano un efficace contrappeso in una certa flessibilità delle politiche di approvvigionamento o nella possibilità di trasferire tempestivamente gli aumenti dei prezzi-costi sui prezzi-ricavo; le fluttuazioni nei rapporti di cambio richiedono una localizzazione geografica delle attività non troppo concentrata, sia con riguardo al mercato di sbocco, sia con riguardo alla struttura dei costi, tale, comunque, da assicurare un certo equilibrio nella composizione valutaria dei ricavi e dei costi”. In particolare, lo studioso si sofferma sull’analisi delle caratteristiche strutturali del settore, determinando nelle origini temporanee e sistematiche della variazione del settore: “[..] una elevata sensibilità della domanda al mutamento della congiuntura economica; una capacità produttiva sovradimensionata rispetto ai volumi medi della domanda di settore, incapace di soddisfare i picchi; la presenza dei fornitori che tendono sistematicamente a scaricare a valle le eventuali oscillazioni nei loro costi di produzione e così via”. Cfr. G. Invernizzi, Strategia aziendale e vantaggio competitivo, op. cit., pag. 237-238.

48 “La struttura aziendale, tanto nella sua componente organizzativa quanto in quella operativa, non si mostra propensa al

mutamento, anzi la tendenza alla stabilità ne sottolinea le difficoltà di gestione in momenti caratterizzati da estrema dinamicità ambientale.” S. Garzella, Il sistema d’azienda, op. cit., pag. 18.

49 In questo senso il Prof. Garzella incita le aziende ad un continuo confronto con le atre realtà economiche presenti nel

mercato di riferiemento, e cercare di construire un vantaggio che: “[..] pur scaturendo da una superiorità di natura ed origine qualitativa deve essere in grado di tradursi anche in una eccellenza quantitativa testimoniata dai risultati economici e

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