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"Descrizione e valutazione endocrino-metabolica della casistica di pazienti lipodistrofici afferenti al Centro Obesita' dell'U.O. Endocrinologia 1 dell'AOUP"

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(1)

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

Direttore Prof. Giulio Guido

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

“DESCRIZIONE E VALUTAZIONE

ENDOCRINO-METABOLICA DELLA CASISTICA DI PAZIENTI

LIPODISTROFICI AFFERENTI AL CENTRO OBESITA'

DELL'U.O ENDOCRINOLOGIA 1 DELL'AOUP”

Relatore

Chiar.mo Prof. Ferruccio Santini

Candidata

Francesca Fava

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SOMMARIO

RIASSUNTO...4

1. INTRODUZIONE...6

1.1 Ruolo del tessuto adiposo nell’omeostasi metabolica...7

1.2 Diagnosi e classificazione delle lipodistrofie...9

1.2.1 Lipodistrofie congenite...10

1.2.2 Lipodistrofie acquisite...13

2. SCOPO DELLA TESI...15

3. MATERIALI E METODI...15

4. DESCRIZIONE DEI CASI ...17

4.1 Lipodistrofia Congenita Generalizzata (CGL)...17

4.2 Lipodistrofia Familiare Parziale di tipo 2 (FPLD2)...20

4.3 Lipodistrofia Familiare Parziale di tipo 1 (FPLD1)...23

4.4 Lipodistrofia Generalizzata Acquisita (AGL)...28

4.5 Lipodistrofia Acquisita Parziale (APL)...32

4.6 Lipodistrofia associata a sindromi progeroidi...44

4.7 Casi di lipodistrofia congenita parziale ancora da definire...48

5. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI...49

TABELLE E FIGURE...65

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI...84

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RIASSUNTO

Le sindromi lipodistrofiche costituiscono un gruppo eterogeneo di malattie rare, caratterizzate dalla perdita più o meno estesa del tessuto adiposo sottocutaneo, che predispone allo sviluppo di insulino-resistenza e di complicanze ad essa correlate: diabete mellito, dislipidemia, epatosteatosi e, più raramente, sindrome dell'ovaio policistico.

Si classificano in sottogruppi: generalizzate o parziali, a seconda dell'estensione della perdita del tessuto adiposo, ereditarie od acquisite, in base alla presenza di una causa genetica documentata.

In questa tesi viene presentata la casistica dei pazienti affetti da lipodistrofia, seguiti presso il Centro Obesità dell’U.O. dell’Endocrinologia 1 dal 2010 al 2017. Di questi, 3 sono affetti da lipodistrofia congenita generalizzata di tipo 1 (o sindrome di Berardinelli-Seip, CGL-1), 11 sono affetti da lipodistrofia familiare parziale (FPLD) (6 di tipo Dunnigan e 5 di tipo Kobberling), 2 presentano una lipodistrofia acquisita generalizzata (AGL), 9 una lipodistrofia acquisita parziale (APL), 2 presentano forme di lipodistrofia associata ad aspetto progeroide e 2 presentano una forma di lipodistrofia congenita parziale, associata a bassa statura, di natura ancora non definita.

Nella nostra casistica, 20/29 pazienti (69%) presentano alterazioni del metabolismo lipidico (9 presentano una dislipidemia mista, 9 un’ipertrigliceridemia e 2 un’ipercolesterolemia). 23/29 pazienti (79%) presentano alterazioni del metabolismo glucidico ed in particolare 16 hanno una diagnosi di diabete mellito di tipo 2, di cui 6 in terapia insulinica e 7 hanno una diagnosi di insulino-resistenza.

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L’ecografia dell’addome ha confermato la presenza di epatomegalia steatosica di vario grado per 22/29 pazienti (76%).

I valori di leptina sono notevolmente ridotti nelle forme generalizzate (media±DS: 1,3±1,1 ng/ml) più variabili, come atteso, nelle forme parziali (5,87±3,22 ng/ml). La terapia delle lipodistrofie ha lo scopo di migliorare le complicanze metaboliche associate alla patologia. L’unico farmaco specifico per il trattamento di questa patologia è la leptina umana ricombinante, attualmente approvata negli Stati Uniti ed in Giappone per il trattamento delle lipodistrofie generalizzate, mentre in Italia è disponibile nell’ambito di programmi di terapia compassionevole o per disposizione dell'AIFA, in base alla legge 326 del 2003.

In conclusione, la lipodistrofia è una malattia rara, poco conosciuta e spesso sotto diagnosticata, che richiede una competenza specifica sia in termini di diagnosi che per l’aspetto terapeutico.

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1. INTRODUZIONE

Le sindromi lipodistrofiche costituiscono un gruppo eterogeneo di malattie caratterizzate dalla perdita più o meno estesa di tessuto adiposo sottocutaneo, in assenza di uno stato di deprivazione nutrizionale o di aumentato catabolismo.

In base all’eziologia, vengono distinte in genetiche od acquisite e, in base al grado di perdita del tessuto adiposo, in generalizzate o parziali. Le forme congenite includono sottotipi a trasmissione autosomico recessiva e dominante mentre le forme acquisite possono riconoscere una causa autoimmune o dipendere dall’azione di alcuni farmaci (come nel caso della lipodistrofia indotta dalla terapia antiretrovirale, HAART, in pazienti HIV positivi).

Le lipodistrofie localizzate, causate da insulina o da altri farmaci iniettati per via sottocutanea, e le lipodistrofie dovute ai farmaci antiretrovirali rappresentano le forme più frequenti. Le altre forme, congenite od acquisite, sono classificate come malattie rare anche se è importante sottolineare che spesso, soprattutto le forme parziali, sono sotto-diagnosticate.

Le sindromi lipodistrofiche sono frequentemente associate a molteplici alterazioni ormonali e metaboliche, quali insulino-resistenza con precoce comparsa di diabete mellito, ipertrigliceridemia e steatosi epatica non alcolica (NAFLD). In alcuni pazienti, tali complicanze possono essere di difficile gestione e possono condurre alla comparsa di nefropatia e di retinopatia diabetica, di pancreatite acuta dovuta alla grave ipertrigliceridemia e alla chilomicronemia, di cirrosi epatica e di patologie cardiovascolari ad insorgenza precoce. Un’altra alterazione endocrina frequentemente riportata è la sindrome dell'ovaio policistico (PCOS) (1,2).

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1.1 Ruolo del tessuto adiposo nell’omeostasi metabolica

La comprensione dei meccanismi patogenetici delle lipodistrofie ha contribuito a chiarire il ruolo che il tessuto adiposo svolge nel mantenimento dell’omeostasi metabolica.

Obesità e lipodistrofia rappresentano gli estremi opposti rispetto alla condizione nella quale una normale quantità ed una corretta distribuzione corporea del tessuto adiposo garantiscono l'omeostasi metabolica. Oltre a rappresentare un deposito di lipidi in eccesso rispetto al fabbisogno energetico, il tessuto adiposo garantisce la disponibilità di energia e funge da organo endocrino.

Nell’individuo sano la presenza di una riserva adipocitaria garantisce l’espandibilità del tessuto adiposo, nei casi di sovraccarico calorico.

Nei soggetti lipodistrofici l’espandibilità del tessuto adiposo e la sua capacità di accumulare un surplus energetico viene superata anche per apporti calorici minimi. L’obesità è invece la condizione in cui viene superata la capacità di iperplasia e di ipertrofia adipocitaria. Questo, in entrambi i casi, può comportare un accumulo di lipidi in siti ectopici quali fegato, muscolo, rene e pancreas. L'accumulo intra-epatico porta a steatosi epatica non alcolica (NAFLD) ed a resistenza insulinica epatica. E’ stato ipotizzato che l’accumulo di diacilglicerolo nell’epatocita abbia un ruolo importante nella genesi dell’insulino-resistenza, interferendo con i meccanismi di fosforilazione dei substrati recettoriali dell’insulina dai quali dipendono l’inibizione della gluconeogenesi e la stimolazione della glicogenosintesi. Anche l’accumulo intramuscolare porta allo sviluppo di resistenza insulinica e l'accumulo intrapancreatico può contribuire alla patogenesi del diabete (3,4).

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Il tessuto adiposo è un organo endocrino, capace di secernere adipocitochine, come la leptina e l’adiponectina; questo aspetto ha un ruolo centrale nella patogenesi delle alterazioni metaboliche descritte nelle lipodistrofie. L'adiponectina (anche detta acrp 30 o adipoQ nei topi) è una proteina di 244 aminoacidi, sintetizzata e secreta dal tessuto adiposo sottocutaneo (quindi “metabolicamente sano”) e risulta essere più elevata nei soggetti normopeso che negli obesi. Studi condotti sia in modelli cellulari che in modelli animali, hanno dimostrato che l'adiponectina riduce la gluconeogenesi epatica primariamente tramite la stimolazione del recettore 2 dell'adiponectina (AdipoR2) e tramite l'attivazione del recettore 1 della proteina chinasi attivata dall'adenosina monofosfato (AMPK) (AdipoR1). Inoltre, l'effetto dell'AdipoR1 a livello ipotalamico promuove l'incremento della sensibilità insulinica e la riduzione dell'introito calorico.

La leptina (termine che deriva dalla parola “leptos” che significa “magro”) è una proteina di 167 aminoacidi, prodotta prevalentemente dal tessuto adiposo bianco e la sua concentrazione nel sangue è direttamente correlata alla quantità di grasso corporeo, riflettendo l'entità dei depositi energetici. La leptina agisce a livello ipotalamico dove induce il senso di sazietà, riduce l'introito calorico ed aumenta la spesa energetica, regolando la produzione di ormoni come la pro-opiomelanocortina (POMC) ed il neuropeptide Y (NPY). A livello periferico, favorisce l'utilizzo del glucosio da parte del muscolo scheletrico, stimolando la proteina chinasi attivata dall'adenosina monofosfato (AMPK) che promuove l'ossidazione degli acidi grassi, in modo da proteggere i tessuti periferici dalla lipotossicità. Può inoltre esercitare il proprio effetto direttamente a livello del muscolo scheletrico, in particolare

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reclutando i recettori α-adrenergici nel muscolo e tramite l'attivazione del sistema nervoso simpatico (4,5,6).

1.2 Diagnosi e classificazione delle lipodistrofie

La presenza di lipodistrofia può essere sospettata in soggetti con assenza parziale o generalizzata di tessuto adiposo, osservata all'esame obiettivo e convalidata da misure antropometriche come la plicometria e/o esami strumentali come l'assorbimetria a raggi X a doppia energia (DEXA) e la risonanza magnetica total-body (MRI). La presenza di specifiche caratteristiche fisiche, anamnestiche e di comorbidità possono incrementare il sospetto di lipodistrofia. I livelli di leptina non sono determinanti per la diagnosi ma possono comunque supportarla e/o indirizzare la scelta terapeutica. Quando si ha un sospetto clinico ben definito, possono essere richiesti i relativi test genetici: la genotipizzazione può includere un sequenziamento limitato al gene candidato, ad un gruppo di geni, o può comprendere l'intero esoma o genoma. Lo screening genetico dei membri della famiglia può essere utile per identificare gli individui con fenotipi attenuati. La diagnosi differenziale include condizioni che si presentano con grave calo ponderale (malnutrizione, anoressia nervosa, diabete mellito non controllato, tireotossicosi, insufficienza corticosurrenalica, cachessia neoplastica, atrofia associata ad HIV, infezioni croniche). Le lipodistrofie generalizzate possono essere confuse anche con acromegalia, mentre le lipodistrofie parziali con sindrome di Cushing o con forme di obesità centrale. I pazienti devono essere seguiti nel tempo per identificare lo sviluppo di diabete, dislipidemia, steatosi epatica non alcolica, disfunzioni

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riproduttive, patologie cardiovascolari, renali ed epatiche (2).

1.2.1 Lipodistrofie congenite

Le due principali forme congenite di lipodistrofia sono la lipodistrofia congenita generalizzata (CGL) che ha una modalità di trasmissione autosomica recessiva, e la lipodistrofia parziale familiare (FPLD) che ha una modalità di trasmissione nella maggior parte dei casi autosomica dominante. Esiste poi un altro gruppo di patologie rare, su base genetica, in cui la lipodistrofia si associa a sindromi progeroidi.

Gli studi condotti fino ad oggi hanno portato all'identificazione di dodici geni coinvolti nella patogenesi delle lipodistrofie: quattro geni risultano mutati nella lipodistrofia congenita generalizzata (AGPAT2, BSCL2, CAV1, PTRF), otto nelle lipodistrofie parziali familiari (LMNA, PPARγ, ZMPSTE24, AKT2, CIDEC, LIPE, ADRA2, PLIN1) (1,4).

I geni finora identificati codificano per proteine spesso coinvolte in funzioni correlate al metabolismo lipidico. In particolare, è possibile classificare funzionalmente i geni implicati nella patogenesi delle lipodistrofie sulla base del fatto che siano principalmente coinvolti I) nella regolazione trascrizionale del differenziamento degli adipociti (LMNA, PPARγ, ZMPSTE24, AKT2, BSCL2) II) nella disponibilità di substrati degli adipociti, in particolare di acidi grassi (CAV1, PTRF, LIPE, ADRA2) III) nella sintesi di trigliceridi e di fosfolipidi (AGPAT2) o IV) nella formazione della goccia lipidica (PLIN1, BSCL2, CIDEC) (1,3,6)

La lipodistrofia congenita generalizzata (CGL), conosciuta come sindrome di Berardinelli-Seip (BSCL), è una malattia rara a trasmissione autosomica recessiva

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caratterizzata dalla mancanza totale di tessuto adiposo sottocutaneo.

Sono stati attualmente descritti in letteratura circa 250 casi di CGL, prevalentemente tra soggetti consanguinei e con frequenza maggiore in alcune aree geografiche. Viene generalmente diagnosticata alla nascita o entro il primo anno di vita ed è accompagnata dalla presenza di muscolatura e rete venosa sottocutanea particolarmente evidenti, ernia ombelicale, epatomegalia e splenomegalia. Nel corso dell'infanzia, i pazienti con CGL possono presentare iperfagia, crescita lineare accelerata, età ossea avanzata o aspetti pseudoacromegalici con ingrossamento della mandibola e delle estremità. Dal punto di vista metabolico, la sindrome è caratterizzata dalla precoce comparsa di iperinsulinemia che può portare allo sviluppo di acantosi generalizzata, seguita dalla comparsa di diabete mellito durante l'adolescenza. Alcuni pazienti presentano grave ipertrigliceridemia e sono soggetti a ricorrenti episodi di pancreatite acuta. Può essere presente cardiomiopatia e ritardo mentale. E' frequente la presenza di epatomegalia con steatosi epatica severa che può evolvere in steatoepatite, cirrosi e scompenso epatico. Dopo la pubertà, nelle femmine compaiono irsutismo, clitoridomegalia, irregolarità mestruali, sindrome dell'ovaio policistico (PCOS) ed ipofertilità (1,4,7,8).

Sono stati identificati quattro sottotipi di CGL, sulla base della mutazione genetica responsabile delle caratteristiche cliniche (tabella 1).

Le sindromi lipodistrofiche parziali familiari sono un gruppo di patologie estremamente rare, descritte per la prima volta negli anni Settanta, in modo indipendente da Kobberling e Dunnigan e mostrano generalmente un'ereditarietà di tipo autosomico dominante. Durante l'infanzia, i soggetti presentano una normale

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distribuzione del grasso corporeo; risulta pertanto difficile distinguerli dai soggetti non affetti. Dopo la pubertà, sviluppano una progressiva perdita di tessuto adiposo sottocutaneo a partire dalle estremità, con una riduzione variabile a livello del torace e dell'addome, dando l'impressione di un incremento della massa muscolare. Molti pazienti, soprattutto le donne, presentano depositi di tessuto adiposo a livello del volto, del collo ed in sede intraddominale; in particolare l’accumulo adiposo in sede dorsocervicale (gibbo di bufalo), sopraclavicolare e sottomentoniera conferisce a questi pazienti un aspetto tipicamente cushingoide, tanto da rendere complessa la diagnosi differenziale (1,7,8,9).

Dal punto di vista metabolico, i pazienti con FPLD presentano ridotti livelli di colesterolo HDL, alterata tolleranza al glucosio o diabete, acanthosis nigricans; le donne possono essere altresì affette da irsutismo, sindrome dell'ovaio policistico (PCOS) ed irregolarità mestruali. La prevalenza della PCOS è molto più elevata di quella nella popolazione generale (6-8%); nonostante ciò, l'infertilità è rara. Il rischio di sviluppare PCOS e complicanze metaboliche è più alto nelle donne che presentano un’eccessiva deposizione di tessuto adiposo in sedi ectopiche.

L'ipertrigliceridemia può essere particolarmente grave e complicarsi con una pancreatite acuta, mentre la steatosi epatica e l'acanthosis nigricans sono di entità minore rispetto ai soggetti con forme generalizzate di lipodistrofia.

Alcuni pazienti possono presentare miopatia, cardiomiopatia oppure anomalie della conduzione cardiaca, ipertrofia muscolare, sindromi da compressione nervosa e gravi mialgie.

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di adiponectina lievemente ridotti, probabilmente per il fatto che la perdita di tessuto adiposo non è assoluta (1,3,8).

La FPLD comprende diversi sottotipi di lipodistrofie di cui i principali sono rappresentati dalla sindrome di Kobberling (FPLD1), dalla sindrome di Dunnigan (FPLD2) e dalla FPLD3 (tabella 2).

Le lipodistrofie congenite comprendono anche un gruppo di patologie rare, descritte in circa 30 pazienti che si caratterizzano per la frequente presenza di un aspetto progeroide (tabella 3).

1.2.2 Lipodistrofie acquisite

Le forme acquisite di lipodistrofia, delle quali in molti casi non è possibile determinare il fattore causale, si distinguono da quelle genetiche poiché alla nascita gli individui affetti presentano una normale distribuzione del tessuto adiposo ed in risposta a specifiche noxae patogene (malattie autoimmuni, infezioni virali) sviluppano la malattia (tabella 4).

Sono stati complessivamente riportati 100 pazienti con lipodistrofia generalizzata acquisita (AGL), con maggiore prevalenza nel sesso femminile (F:M=3:1). La perdita di tessuto adiposo si presenta in genere entro i 30 anni di età, in un arco temporale da qualche settimana fino ad alcuni mesi e coinvolge ampie regioni corporee, soprattutto il volto e le estremità, compresi la superficie palmare e plantare. Il grasso retrorbitario ed i depositi nel midollo osseo sono spesso conservati. I soggetti con AGL presentano numerose analogie con la CGL; infatti gli individui affetti presentano appetito vorace, acanthosis nigricans, steatosi epatica e spesso

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bassi livelli di leptina. Sono predisposti all'insorgenza di insulino-resistenza, associata a diabete mellito di tipo 2, di ipertrigliceridemia e presentano bassi livelli di HDL (1,8,9).

Tra le varie forme di lipodistrofia acquisita parziale (APL), un cenno particolare merita la sindrome di Barraquer-Simons, descritta in circa 250 pazienti, con una prevalenza nel sesso femminile di 4 volte superiore rispetto al sesso maschile. Compare tipicamente nell'infanzia o nell'adolescenza con la perdita di tessuto adiposo a livello del volto, del collo, degli arti superiori, del torace e dell'addome superiore, in ordine craniocaudale. I depositi adiposi a livello della regione glutea, delle estremità inferiori e dell'addome inferiore sono risparmiati o talvolta incrementati soprattutto nel sesso femminile. Benchè una chiara patogenesi della APL non sia ancora stata definita, queste forme risultano frequentemente associate ad infezioni ed a patologie autoimmuni. Il 20% circa dei pazienti con APL sviluppa glomerulonefrite membrano-proliferativa (MPGN) che può condurre in alcuni casi all'insufficienza renale terminale con necessità di trapianto renale. Il 50% di questi pazienti tendono ad avere bassi livelli del fattore del complemento C3 e presentano immunoglobuline policlonali (fattore nefritico C3) che bloccano la degradazione dell'enzima C3 convertasi. E' stato ipotizzato che il fattore nefritico C3 induca la lisi degli adipociti che esprimono il fattore D (una serina proteasi detta anche adipsina) e che il differente grado di espressione del fattore D nei vari tessuti determini il pattern cranio-caudale di perdita del tessuto adiposo sottocutaneo in questi pazienti. Mutazioni del gene della lamina B2 sono state riscontrate in alcuni pazienti affetti da APL, ma non sono state confermate in altre casistiche (1,4,9).

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2. SCOPO DELLA TESI

Lo scopo di questa tesi è la descrizione della casistica dei pazienti affetti da lipodistrofia, seguiti presso il Centro Obesità dell’U.O. dell’Endocrinologia 1 dal 2010 al 2017. In particolare viene valutata la prevalenza delle complicanze endocrino-metaboliche e delle patologie associate nella nostra casistica e confrontata con i dati riportati in letteratura. Viene inoltre valutato l'approccio terapeutico alle lipodistrofie e l'efficacia della terapia con leptina umana ricombinante nei quattro pazienti trattati nella nostra casistica.

3. MATERIALI E METODI

Tutti i soggetti sono stati sottoposti ad una valutazione endocrinologica ed internistica. In particolare ogni paziente è stato sottoposto ad anamnesi ed esame obiettivo con determinazione delle principali misure antropometriche, quali peso (espresso in chilogrammi), altezza (espressa in centimetri), indice di massa corporea (IMC) (dato dal rapporto tra il peso, espresso in chilogrammi, e l'altezza espressa in metri al quadrato), circonferenza vita (CV) (espressa in centimetri e misurata con metro flessibile posizionato in orizzontale, tra l’ultima costa e la cresta iliaca), circonferenza fianchi (CF) (espressa in centimetri e misurata all’altezza dei glutei, mantenendo il metro in orizzontale). Tutti i pazienti sono stati inoltre sottoposti a valutazione plicometrica con misurazioni a livello bicipitale, tricipitale, sottoscapolare, addominale, sovrailiaco, della coscia e del polpaccio con plicometro Lange (Lange Skinfold Caliper, Beta Technology, Santa Cruz, California), che produce sul punto applicato una forza costante di 10 gr/mm².

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Glicemia, emoglobina glicata (HbA1c), colesterolo totale, HDL e LDL, trigliceridi,

AST, ALT, GGT, creatinina, insulina e leptina sono stati misurati per tutti i pazienti dopo digiuno notturno. Inoltre i pazienti hanno eseguito anche una raccolta delle urine per proteinuria delle 24 ore e lo screening per la presenza di autoanticorpi organo e non organo specifici.

Tutti i pazienti sono stati sottoposti a valutazione cardiologica con elettrocardiogramma ed ecocardiogramma, per escludere eventuali cardiopatie subcliniche.

Per valutare inoltre l’impegno epatico, tutti i pazienti hanno eseguito un’ecografia addominale con misurazione del volume del lobo epatico sinistro (VLES), effettuato ponendo il paziente in decubito supino ed utilizzando un apparecchio di ultima generazione (Technos, Esaote Biomedica) con sonda convex provvista di bande di frequenza variabile tra 2,5 e 5 MHz e calcolato mediante la formula dell’ellisoide di rotazione (diametro antero-posteriore x diametro laterale x diametro longitudinale x 0,52).

In un sottogruppo di 22 pazienti è disponibile la valutazione della composizione corporea ottenuta mediante assorbimetria a raggi X a doppia energia (DEXA; Hologic QDR 4500; Hologic Inc., Waltham, Massachusetts; oppure Lunar DPX). Questo esame non è stato effettuato nei pazienti più giovani in considerazione dell’esposizione ai raggi X.

Sono stati definiti affetti da ipertrigliceridemia i pazienti con valori di trigliceridi superiori a 150 mg/dl od i pazienti in terapia con farmaci ipolipemizzanti. Per la diagnosi di diabete sono stati seguiti i criteri ADA (American Diabetes Association).

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I pazienti hanno inoltre fornito il consenso per eventuali indagini genetiche o per la partecipazione a studi a scopo di ricerca e per l’utilizzo del proprio materiale fotografico. Tutti i pazienti, previo consenso, sono stati inseriti nel Registro Toscano delle Malattie Rare.

4. DESCRIZIONE DEI CASI

Ad oggi afferiscono al nostro centro 29 pazienti affetti da lipodistrofia (4 uomini e 25 donne). Di questi 3 sono affetti da lipodistrofia congenita generalizzata di tipo 1 (o sindrome di Berardinelli-Seip, CGL-1), 11 sono affetti da lipodistrofia familiare parziale (FPLD) (6 di tipo Dunnigan e 5 di tipo Kobberling), 2 presentano una lipodistrofia acquisita generalizzata (AGL), 9 una lipodistrofia acquisita parziale (APL) di cui 3 con sindrome di Barraquer-Simons, 2 presentano forme di lipodistrofia associata a sindromi progeroidi e 2 presentano una forma di lipodistrofia congenita parziale di natura ancora non definita (tabella 5).

4.1 Lipodistrofia Congenita Generalizzata (CGL)

I tre pazienti affetti da lipodistrofia generalizzata congenita (CGL-1) presentano una mutazione del gene AGPAT2, localizzato sul cromosoma 9q34 ed espresso a livello di tessuto adiposo, fegato e muscolo. Esso codifica per l'1-acilglicerolo-3-fosfato-O-aciltransferasi-2, enzima di 278 aminoacidi che svolge un ruolo cruciale nella sintesi dei trigliceridi, catalizzando la reazione di conversione dell'acido lisofosfatidico in fosfatidato (11). Questa forma rappresenta il sottotipo più frequente e meno grave

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perché, a differenza del tipo 2, non è associato a ritardo mentale, cardiopatia e perdita del tessuto adiposo con funzione meccanica (palmo delle mani e pianta dei piedi) (12,13). Tutti i pazienti hanno presentato la malattia nell’arco dei primi mesi di vita con habitus lipodistrofico caratterizzato da assenza generalizzata di tessuto adiposo ed aspetto pseudoipertrofico della muscolatura, elevati valori di trigliceridi ed epatomegalia steatosica all’ecografia dell’addome con incremento degli indici di citolisi epatica.

Dall’anamnesi familiare, esclusivamente la paziente 3 di 14 anni è nota essere figlia di genitori consanguinei. La madre della paziente (portatrice della mutazione in eterozigosi) ha avuto altre due figlie da un secondo matrimonio, entrambe non affette. La diagnosi è stata fatta perché la paziente presentava fin dalla nascita una notevole riduzione del tessuto adiposo sottocutaneo ed un aspetto pseudoacromegalico; gli esami ematochimici confermavano elevati livelli di transaminasi e di trigliceridi. Il paziente 1, di 12 anni, è figlio unico. La diagnosi è stata posta perché la pediatra riscontrava già al 5° mese di vita un’evidente epatomegalia alla palpazione del fegato per cui effettuava esami ematochimici che evidenziavano un incremento dei valori di transaminasi (AST 38 U/L; ALT 58 U/L) e di trigliceridi (1000 mg/dl). Da allora veniva sospeso l'allattamento materno ed introdotto latte vegetale con normalizzazione dei livelli di trigliceridi.

Il paziente 2, di 8 anni, ha un fratello ed una sorella più grandi. Entrambi hanno eseguito lo screening per la ricerca di mutazioni di AGPAT2 e sono risultati negativi. Già dopo 10 giorni dalla nascita, il paziente 2 presentava malessere generale, vomito e diarrea per cui si ricoverava presso l'Ospedale di Bergamo. Gli esami ematochimici

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mostravano elevati valori di trigliceridi (1565 mg/dl), incremento delle transaminasi (AST 543 U/L; ALT 667 U/L) e fegato ingrandito all'ecografia dell'addome.

Dal punto di vista fenotipico, all’esame obiettivo presentavano tessuto adiposo scarsamente rappresentato a livello del tronco, degli arti superiori ed inferiori e pseudoipertrofia muscolare (fotografia 1,2,3). L’acantosi ascellare e retronucale e l’estroflessione della cicatrice ombelicale erano una caratteristica comune, anche se maggiormente evidenti nella paziente 3. Questa paziente presentava inoltre un aspetto acromegaloide con prognatismo mandibolare ed estremità ingrossate ed un marcato irsutismo diffuso agli arti inferiori, linea alba, solco intermammario e torace. Tutti i pazienti avevano, alla plicometria, uno spessore del tessuto adiposo sottocutaneo nettamente ridotto sia a livello degli arti che a livello dell’addome ed in sede sottoscapolare (tabella 6).

Gli esami ematochimici sono riportati nella tabella 7. I pazienti 1 e 3 presentavano già insulino-resistenza con iperinsulinemia compensatoria, ipetrigliceridemia ed epatomegalia steatosica, maggiormente evidente nel paziente 1 che presentava elevati valori di VLES (tabella 10). Il paziente 2 non presentava al momento complicanze metaboliche.

I valori di leptina erano notevolmente ridotti (0,76±0,8 ng/ml). La restante valutazione ormonale basale non evidenziava alterazioni (tabella 8).

La paziente 3 ha eseguito anche l'assorbimetria a raggi X a doppia energia (DEXA) con evidenza di ridotti valori di massa grassa totale, agli arti superiori ed inferiori ed al tronco (tabella 9).

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4.2 Lipodistrofia Familiare Parziale di tipo 2 (FPLD2)

Le 6 pazienti affette da lipodistrofia familiare parziale di tipo 2 o sindrome di Dunnigan presentano mutazioni del gene LMNA, mappato sul cromosoma 1q11-23. Questo gene codifica, attraverso lo splicing alternativo, per due differenti proteine, la lamina A di 72 kDa e la lamina C di 67 kDa, entrambe proteine della superficie interna della membrana nucleare espresse ubiquitariamente (14). Mutazioni di questo gene sono coinvolte in una serie di malattie definite “laminopatie”, che possono presentarsi con quadri clinici molto diversi quali distrofie muscolari, cardiomiopatie, sindromi progeroidi e lipodistrofie.

Le pazienti che afferiscono a questa U.O. presentano diverse mutazioni: 5 pazienti presentano le mutazioni più comuni dell’esone 8 (R482W o R482Q); una paziente presenta una mutazione dell’esone 10 (R454H), che è stata recentemente descritta in letteratura ma non caratterizzata nel dettaglio (15). Per tutte le pazienti è stata indagata la storia familiare, soprattutto in considerazione della trasmissione autosomica dominante della malattia. La paziente 4, di 53 anni, pur avendo parenti di primo grado (due fratelli e due figli), non ha acconsentito allo screening genetico dei familiari. Le pazienti 6 e 5, rispettivamente di 52 e 23 anni, sono madre e figlia. Lo screening dell’altro figlio della paziente 6 è risultato negativo, mentre le due sorelle della paziente 6 hanno rifiutato di sottoporsi alle indagini genetiche. Le pazienti 7 e 8, di 57 e 54 anni, sono invece sorelle e non hanno parenti di primo grado in vita. Tutte riferivano più o meno esordio della malattia dopo la pubertà. All’esame obiettivo tutte le pazienti presentavano l’aspetto tipico della sindrome di Dunnigan, con accumulo del tessuto adiposo a livello del volto e del collo ed assottigliamento

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degli arti inferiori, pseudoipertrofia muscolare e vene prominenti; la cute presentava acantosi a livello ascellare (fotografia 4,5,6,7,8). Il fenotipo delle pazienti era così caratteristico che le pazienti sembravano quasi “sorelle”. Le pazienti 5, 7 e 8 presentavano inoltre un marcato irsutismo e la paziente 5 anche acne al volto. Tutte le pazienti presentavano alla plicometria uno spessore del tessuto adiposo sottocutaneo ridotto a livello degli arti superiori e soprattutto degli arti inferiori (tabella 6).

Gli esami ematochimici evidenziavano alterazioni del metabolismo glucidico e lipidico (tabella 7). In particolare le pazienti 5 e 6 presentavano un’insulino-resistenza con iperinsulinemia compensatoria, per la quale è stata intrapresa terapia con metformina. La paziente 6 presentava inoltre una dislipidemia mista ed eseguiva già terapia con fibrati.

Delle due sorelle, la paziente 7 presentava alla curva da carico glucidico un diabete mellito di tipo 2, per il quale è stata intrapresa terapia con metformina ed una dislipidemia mista, per la quale iniziava terapia con omega 3. La paziente 8 presentava alla curva da carico glucidico un’insulino-resistenza con iperinsulinemia compensatoria, per la quale veniva intrapresa terapia con metformina. Entrambe erano affette da ipertensione arteriosa.

La paziente 4 presentava già al momento della valutazione un diabete mellito di tipo 2 complicato da un' iniziale neuropatia sensitivo-motoria, in terapia con metformina ed una dislipidemia mista, in terapia con ipolipemizzanti orali (omega 3 e statine). La paziente era inoltre affetta da cardiopatia ischemica cronica trattata con angioplastica e posizionamento di stent coronarico e da ipertensione arteriosa.

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Da segnalare che tutte le pazienti presentavano bassi valori di colesterolo HDL. In un lavoro di Garg et al. del 2003, in cui viene valutata una casistica di pazienti affetti da FPLD2, sembra che, tra le due principali mutazioni (R482Q e R482W), R482Q sia maggiormente correlata allo sviluppo di diabete mellito di tipo 2, anche se non in maniera statisticamente significativa. Sembra inoltre che in questa categoria di pazienti, la gravidanza sia coinvolta nello sviluppo del diabete mellito di tipo 2 conclamato, probabilmente perché durante la gravidanza non avendo la possibilità di accumulare tessuto adiposo nel sottocute, come accade normalmente, incrementa quello viscerale (16).

La paziente 9 non presentava al momento della valutazione complicanze metaboliche legate alla sindrome lipodistrofica. Anche dal punto di vista fenotipico, il tessuto adiposo sottocutaneo a livello degli arti inferiori e superiori era maggiormente rappresentato rispetto alle altre pazienti e questo probabilmente era la causa del miglior controllo glico-metabolico. Questa paziente ha deciso di sottoporsi ad un intervento di chirurgia plastica di lipoaspirazione dell’accumulo adiposo in sede sottomentoniera.

Dal punto di vista ormonale, tutte le pazienti presentavano valori di leptina ai limiti inferiori della norma (4,9±1,6 ng/ml). La paziente 5 presentava inoltre una sindrome dell’ovaio policistico con iperandrogenismo clinico e biochimico, oligoamenorrea ed aspetto micropolicistico dell’ovaio all’ecografia transvaginale. Anche la paziente 7 presentava iperandrogenismo. La restante valutazione ormonale di tutte le pazienti non evidenziava alterazioni.

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medio-grave in tutte le pazienti eccetto che per la 9, unitamente ad un incremento del VLES (364±106 ml) particolarmente evidente per le pazienti 5 (che presentava già una steatoepatite alla biopsia epatica) e 4 (tabella 10).

Anche la DEXA ha confermato la presenza di una ridotta massa grassa generale, particolarmente evidente a livello degli arti inferiori con un fat mass ratio (FMR) (dato dal rapporto fra la percentuale di massa grassa del tronco e la percentuale di massa grassa degli arti inferiori) medio maggiore di 1,282, valore in linea con quello ottenuto in altri casi di lipodistrofia parziale (17,18).

Da segnalare che la RM cardiaca effettuata dalle pazienti 9 e 5 ha evidenziato un’irregolarità del profilo epicardico compatibile con multiple piccole aree di infiltrazione adiposa subepicardica, come descritto in letteratura (19).

4.3 Lipodistrofia Familiare Parziale di tipo 1 (FPLD1)

Ad oggi afferiscono a questa U.O. cinque pazienti affette da sindrome di Kobberling o FPLD-1. Questa patologia ha una trasmissione autosomica dominante, anche se non è stato identificato ancora un gene specifico coinvolto ma sembra piuttosto un’ereditarietà poligenica (10). Si manifesta con perdita del tessuto adiposo principalmente agli arti inferiori ed accumulo a livello addominale e viscerale seguito dalla comparsa di complicanze metaboliche, quali insulino-resistenza fino al diabete, ipertrigliceridemia, bassi livelli di HDL ed epatomegalia steatosica (20).

La paziente 10 di 48 anni collocava l’insorgenza della malattia in età infantile con accentuazione però subito dopo la gravidanza. Portava in visione le foto della madre e della nonna materna che presentavano un’analoga distribuzione del tessuto adiposo

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con assottigliamento degli arti inferiori ed accumulo di adipe a livello centrale. All’esame obiettivo, anche la paziente presentava l’aspetto tipico della sindrome di Kobberling con pannicolo adiposo iporappresentato agli arti inferiori ed incrementato a livello dell’addome, acantosi ascellare e retronucale marcate (fotografia 9).

La valutazione della plicometria confermava la presenza di uno spessore del tessuto adiposo sottocutaneo inferiore alla norma a livello degli arti inferiori, con un rapporto tra la plica sottoscapolare e la plica del polpaccio di 3,5 (tabella 6), in linea con i valori riportati in letteratura (20). Gli autori di questo lavoro hanno infatti studiato le caratteristiche di un gruppo di pazienti affetti da FPLD-1, individuando dei parametri utili per la diagnosi, in particolare il rapporto tra la plica sottoscapolare e la plica del polpaccio (indice di Kobberling o KOB index) > 3,477 sembra essere altamente suggestivo della sindrome (sensibilità 89%, specificità 84%). Gli altri parametri, misurati tramite DEXA, sono rappresentati dal rapporto tra la massa grassa del tronco e la massa grassa delle gambe espresso in chilogrammi (MGT/MGG (Kg)) > 2,153 (sensibilità 89%, specificità 78%) e lo stesso rapporto in valore percentuale (MGT/MGG (%) o FMR) > 1,282 (sensibilità 81%, specificità 87%). La DEXA della paziente 10 confermava la presenza di una ridotta massa grassa particolarmente evidente a livello degli arti inferiori con un FMR di 1,42 ed un rapporto MGT/MGG in chilogrammi di 4,91 (tabella 9). Dal punto di vista metabolico presentava un diabete mellito tipo 2 (glicemia basale 142 mg/dl; HbA1c

67 mmol/mol), per il quale è stata intrapresa terapia con metformina, ed una dislipidemia mista (trigliceridi 252 mg/dl), per la quale eseguiva terapia con omega 3. L’ecografia dell’addome aveva confermato la presenza di una grave epatomegalia

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steatosica (VLES 507 ml).

Dal punto di vista ormonale, i valori di leptina (25,2 ng/ml) erano più alti rispetto alle altre forme di lipodistrofia parziale ed in linea con quelli riportati in letteratura per questa forma; la restante valutazione ormonale non evidenziava alterazioni. Lo screening per l'autoimmunità organo e non organo specifica risultava negativo (tabella 8).

La paziente 11, di 38 anni, riferiva di essere stata normopeso fino all'età di 30 anni; notava successivamente un progressivo incremento ponderale con distribuzione prevalentemente centrale del tessuto adiposo, nonostante i tentativi dietetici di calo ponderale. La paziente presentava diabete mellito di tipo 2, in terapia insulinica con microinfusore (65 UI/die) e terapia antidiabetica orale (metformina 1000 mg x 2/die); presentava inoltre dislipidemia mista, con pregresso episodio di pancreatite acuta, in trattamento con omega 3 (1000 mg x 2/die) e statine (atorvastatina 20 mg/die). Riferiva familiarità positiva per analoga distribuzione del tessuto adiposo (madre e nonna paterna). All'esame obiettivo presentava un addome marcatamente globoso per adipe, acantosi retronucale ed ascellare e lipoatrofia degli arti inferiori (fotografia 10). Il rapporto tra la plica sottoscapolare e la plica del polpaccio o indice di Kobberling era di 3,84 (v.n. < 3,477). Gli esami ematochimici confermavano la presenza di diabete mellito di tipo 2 scarsamente controllato (glicemia basale 153 mg/dl; insulinemia 33,50 μU/ml; HbA1c 54 mmol/mol), ipertrigliceridemia (189

mg/dl) e bassi livelli di colesterolo HDL (44 mg/dl). Lo screening per l'autoimmunità organo e non organo specifica mostrava una debole positività degli anticorpi anti nucleo (ANA 1:80) ed anti cardiolipina (IgM ACLA). L'esame delle urine rilevava la

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presenza di albuminuria estemporanea (20 mg/dl). I livelli sierici di leptina erano di 20 ng/ml. L'ecografia dell'addome mostrava fegato ai limiti della norma con struttura conservata ed il volume del lobo epatico sinistro era di 240 ml. La DEXA confermava la presenza di una ridotta massa grassa agli arti inferiori con un rapporto percentuale tra la massa grassa del tronco (MGT) e la massa grassa delle gambe (MGG) di 1,52 (v.n. < 1,282) ed un rapporto MGT/MGG espresso in chilogrammi di 3,14 (v.n. < 2,153).

La paziente 12, di 67 anni, presentava un esordio tardivo della malattia. Riferiva infatti un progressivo accumulo di tessuto adiposo a livello dell'addome ed un assottigliamento degli arti inferiori, a partire dalla menopausa. Riferiva inoltre familiarità per analoga distribuzione del tessuto adiposo (madre e sorella). La paziente era affetta da diabete mellito di tipo 2, per il quale intraprendeva inizialmente terapia con metformina; introduceva successivamente sitagliptin per mancato controllo e, da Novembre 2016, anche terapia insulinica. Presentava inoltre ipertrigliceridemia in terapia con fibrati (145 mg/die). All'esame obiettivo presentava habitus caratteristico con assottigliamento del tessuto adiposo sottocutaneo agli arti inferiori (fotografia 11), confermato dalla valutazione plicometrica (KOB index 7,5). Gli esami ematochimici confermavano la presenza di diabete mellito (insulinemia 28,69 μU/ml; HbA1c 52 mmol/mol) ed ipertrigliceridemia (185 mg/dl). L'ecografia

addominale mostrava la presenza di fegato megalico e steatosico con VLES di 296 ml. I livelli sierici di leptina erano di 10,3 ng/ml mentre gli altri esami ormonali erano nella norma. Lo screening per l'autoimmunità organo e non organo specifica risultava negativo (tabella 8). La DEXA confermava i ridotti valori di massa grassa a

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livello degli arti inferiori con un FMR di 1,37 ed un rapporto MGT/MGG (Kg) di 4,83 (tabella 9). Da segnalare che la paziente 12 si è sottoposta ad un intervento di liposuzione addominale all'età di 45 anni.

La paziente 13, di 58 anni, riferiva di aver presentato una redistribuzione del tessuto adiposo con riduzione a livello degli arti inferiori ed accumulo a livello del volto e dell'addome, dopo la pubertà. All'esame obiettivo mostrava un habitus lipodistrofico con lipoatrofia degli arti inferiori (fotografia 12), confermata dalla valutazione plicometrica (KOB index 11,6). Presentava inoltre acantosi ascellare ed irsutismo della linea alba e del torace. Gli esami ematochimici mostravano una lieve ipercolesterolemia (LDL 141 mg/dl). I valori sierici di leptina erano di 27,5 ng/ml; la restante valutazione ormonale non mostrava alterazioni (tabella 8). La raccolta delle urine nelle 24 ore mostrava una lieve proteinuria (175 mg/24h; v.n. fino a 150 mg/24h). La curva da carico glucidico evidenziava un'insulino-resistenza con alterata tolleranza glucidica, per la quale veniva introdotta terapia con metformina. Lo screening dell'autoimmunità organo e non organo specifica risultava negativo. L'ecografia addominale mostrava la presenza di fegato nei limiti della norma, con volume del lobo epatico sinistro di 65 ml. La DEXA evidenziava una ridotta massa grassa a livello degli arti inferiori con un FMR di 2,02 ed un rapporto MGT/MGG (Kg) di 3,54, in accordo con le caratteristiche fenotipiche (tabella 9).

La paziente 14, di 74 anni, riferiva di essere stata normopeso fino al momento della prima gravidanza all'età di 23 anni; da allora notava un progressivo ed un eccessivo incremento ponderale con accumulo del tessuto adiposo principalmente a livello dell'addome e del volto. Dal 2011 riferiva diagnosi di diabete mellito di tipo 2, in

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terapia con metformina (500 mg x 2/die) e recentemente rilievo di ipertrigliceridemia. La paziente presentava inoltre familiarità per analoga distribuzione del tessuto adiposo (fratello e sorella). All'esame obiettivo il tessuto adiposo sottocutaneo era scarsamente rappresentato a livello degli arti superiori ed inferiori, maggiormente rappresentato a livello del tronco e del volto. Presentava inoltre acantosi retronucale ed ascellare (fotografia 13). La valutazione plicometrica evidenziava un rapporto tra la plica sottoscapolare e la plica del polpaccio (KOB index) di 13,3. Gli esami ematochimici confermavano la presenza di diabete mellito di tipo 2 scarsamente controllato (glicemia basale 113 mg/dl; insulinemia 24,78 μU/ml; HbA1c 48 mmol/mol), trigliceridemia ai limiti della norma (150 mg/dl) e

bassi livelli di colesterolo HDL (41 mg/dl). I valori sierici di leptina erano di 18,7 ng/ml. Lo studio dell'autoimmunità organo e non organo specifica risultava nella norma, ad eccezione degli anticorpi anti nucleo (ANA 1:80). L'ecografia addominale mostrava la presenza di fegato di dimensioni aumentate (VLES 267 ml) con evidenza di steatosi. La paziente 14 presentava inoltre ipertensione arteriosa in trattamento, complicata da ipertrofia cardiaca concentrica e disfunzione diastolica di I grado. La DEXA evidenziava un FMR di 1,98 ed un rapporto MGT/MGG (Kg) di 4,34, confermando la ridotta presenza di massa grassa a livello degli arti inferiori. Lo screening dei geni PPARγ e LMNA risultava negativo per mutazioni patogenetiche di lipodistrofia.

4.4 Lipodistrofia Generalizzata Acquisita (AGL)

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autoimmune (o sindrome di Lawrence), secondo la classificazione riportata in letteratura da Misra e Garg (21). Riferiva di aver presentato una progressiva perdita del tessuto adiposo sottocutaneo dall’età di 20 anni, successivamente ad un episodio di porpora trombocitopenica su verosimile base autoimmune, risoltasi spontaneamente. Riferiva inoltre in quel periodo il rilievo di insulino-resistenza, per la quale iniziava terapia con metformina ed ipertrigliceridemia. Nel 2009 veniva posta diagnosi di diabete mellito, per cui iniziava terapia insulinica progressivamente aumentata fino alla posologia attuale. Da segnalare che la paziente è stata sottoposta allo screening per la ricerca di mutazioni dei geni LMNA e PPARγ risultato negativo. All’esame obiettivo mostrava un habitus marcatamente lipodistrofico con tessuto adiposo scarsamente rappresentato a livello degli arti superiori ed inferiori, del tronco, della pianta dei piedi e del palmo delle mani, una pseudoipertrofia muscolare soprattutto a livello degli arti, irsutismo diffuso ed acantosi ascellare e retronucale (fotografia 14). La valutazione della plicometria confermava la presenza di uno spessore del tessuto adiposo sottocutaneo inferiore alla norma in tutte le sedi di repere (tabella 6). Abbiamo effettuato lo screening per la ricerca di mutazioni del gene AGPAT2 risultato negativo.

Gli esami metabolici confermavano la presenza di diabete mellito scarsamente controllato in terapia con insulina (70 UI/die di insulina rapida e 50 UI/die di insulina lenta) ed antidiabetici orali (metformina/pioglitazone 850 mg x 2/die), un’ipertrigliceridemia in terapia con omega 3 (1000 mg/die) e fibrati (200 mg/die). L'ecografia addominale mostrava la presenza di epatomegalia steatosica e steatoepatite. Lo studio dell’autoimmunità evidenziava la presenza di autoanticorpi

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anti acido glutammico decarbossilasi (GAD), anti parete gastrica (APCA), anti nucleolo (PM/Scl100) ed autoanticorpi anti nucleo (ANA). I valori di leptina erano marcatamente ridotti (2 ng/ml) mentre la restante valutazione ormonale risultava nella norma (tabella 8).

La DEXA confermava la presenza di una ridotta massa grassa generale, particolarmente evidente a livello degli arti inferiori e superiori (tabella 9). Questa paziente rappresenta un fenotipo metabolico molto raro caratterizzato da una forma di diabete mellito a patogenesi mista, con una componente autoimmune (LADA) e con una grave insulino-resistenza, tipica delle forme di lipodistrofia generalizzata. Abbiamo ritenuto che, come già dimostrato in letteratura (22), la paziente potesse beneficiare della terapia con leptina umana ricombinante, che pertanto è stata intrapresa da Febbraio 2017.

La paziente 16 aveva presentato all’età di 6 mesi un episodio di panniculite delle grandi labbra. In tale occasione veniva riscontrata anche una grave neutropenia autoimmune e da allora la paziente presentava frequenti episodi febbrili. All’età di 23 mesi mostrava un' iniziale perdita tessuto adiposo sottocutaneo e compariva una modesta epatomegalia steatosica e linfoadenopatie multiple. All’età di 26 mesi presentava un nuovo episodio di panniculite delle guance seguito da lipoatrofia del volto, delle estremità e dei glutei. Compariva anche splenomegalia e, all’Ospedale Gaslini di Genova, veniva posta diagnosi di sindrome linfoproliferativa autoimmune (ALPS), malattia associata ad apoptosi anomala dei linfociti, linfoproliferazione ed autoimmunità. La ALPS è una malattia che si trasmette con modalità autosomica dominante a penetranza variabile. Nella maggior parte dei pazienti, le mutazioni

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riguardano il gene che codifica per la proteina Fas dei linfociti (FAS) ma alcune forme di ALPS non comportano mutazioni nel gene FAS, come nel caso della nostra paziente. Si osservano comunemente linfadenopatie diffuse e splenomegalia. Dal punto di vista clinico, gli autoanticorpi sono spesso diretti contro gli eritrociti, i neutrofili e le piastrine e pertanto i pazienti affetti presentato frequentemente anemia emolitica, neutropenia autoimmune e porpora trombocitopenica autoimmune (23). Veniva pertanto intrapresa terapia con immunosoppressori (micofenolato, anakinra, steroidi). All’età di 30 mesi comparivano diabete mellito di tipo 2 e dislipidemia mista. L’autoimmunità organo specifica risultava negativa, ad eccezione della presenza di anticorpi anti gliadina (AGA). All’età di 4 anni veniva sottoposta a splenectomia per infarto splenico e, per la presenza di una grave epatomegalia, eseguiva una biopsia epatica che mostrava un’epatite cronica e segni di fibrosi. Presso il National Institute of Health (NIH) di Bethesda, sono state escluse mutazioni dei geni FAS, BSCL2 e PSMB8.

La paziente 16 è giunta alla nostra attenzione all’età di 5 anni, segnalata al nostro centro in previsione di intraprendere terapia con leptina umana ricombinante. All’esame obiettivo si evidenziava una lipoatrofia diffusa con perdita della bolla di Bichat, un aspetto prominente della muscolatura e delle vene degli arti superiori ed inferiori, irsutismo, acantosi ascellare e retronucale ed un’importante epatomegalia steatosica (fotografia 15). Gli esami metabolici confermavano la presenza di diabete mellito tipo 2, ipertrigliceridemia in terapia con omega 3, valori elevati di transaminasi e di GGT (tabella 7). I valori di leptina erano pressochè indosabili (tabella 8). Si evidenziavano valori di cortisolo inferiore alla norma con ACTH

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soppresso per la terapia steroidea in atto. Data la grave compromissione del quadro metabolico, abbiamo richiesto a scopo compassionevole la terapia con leptina umana ricombinante.

4.5 Lipodistrofia Acquisita Parziale (APL)

Tre pazienti di cui due femmine (17,18) ed un maschio (19) sono affetti dalla sindrome di Barraquer-Simons, una forma di lipodistrofia parziale acquisita caratterizzata da una progressiva perdita del tessuto adiposo sottocutaneo in senso cranio-caudale; compare infatti prima al volto e si estende poi al collo, alle spalle, agli arti superiori ed al torace mentre gli arti inferiori e l’addome sono generalmente risparmiati. Si manifesta generalmente nell’infanzia o nell’adolescenza (entro i 15 anni) ed è più frequente nel sesso femminile (F:M=4:1). La maggiorparte dei pazienti con sindrome di Barraquer-Simons presenta bassi livelli del fattore del complemento C3, associato alla presenza di un anticorpo chiamato fattore nefritico C3. Esso stabilizza l'enzima C3 convertasi con conseguente attivazione costitutiva della via alternativa del complemento che porta ad un eccessivo consumo di C3. La sintesi della C3 convertasi coinvolge anche il fattore D detto adipsina che viene prodotto principalmente dagli adipociti. E' stato ipotizzato che il fattore nefritico C3 induca anche la lisi degli adipociti che esprimono il fattore D e che l' espressione eterogenea del fattore D nei differenti siti anatomici possa spiegare la perdita selettiva di tessuto adiposo sottocutaneo con pattern cranio-caudale, tipica di questi pazienti (24). La paziente 17 riferiva perdita di tessuto adiposo sottocutaneo intorno ai 10 anni, inizialmente al volto poi agli arti superiori ed al torace. All’età di 19 anni veniva

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posta diagnosi di diabete mellito di tipo 2 e di dislipidemia. E’ stata sottoposta allo screening delle mutazioni dei geni LMNB2 e PPARγ che sono risultati negativi. In letteratura sono state descritte quattro pazienti affette da sindrome di Barraquer– Simons con mutazioni del gene LMNB2 in eterozigosi, ma non ne è stato chiarito il ruolo patogenetico (25). Da segnalare che nel Gennaio 2013, per il rilievo di una cardiomiopatia ipocinetica dilatativa con severa disfunzione ventricolare sinistra, la paziente è stata sottoposta ad impianto di pacemaker con dispositivo biventricolare. All’esame obiettivo, la paziente 17 presentava una lipodistrofia parziale con riduzione del pannicolo adiposo a livello del volto e degli arti superiori, pseudoipertrofia muscolare a livello delle braccia, dei polpacci e dei glutei (fotografia 16). Nel Dicembre 2012, gli esami metabolici evidenziavano la presenza di diabete mellito di tipo 2 scarsamente controllato (glicemia basale 106 mg/dl; insulinemia 25 μU/ml; HbA1c 50 mmol/mol), in terapia con metformina e di

ipertrigliceridemia (291 mg/dl). La valutazione ormonale risultava nella norma, con valori di leptina di 7,8 ng/ml. L’ecografia dell’addome mostrava la presenza di epatomegalia steatosica e la DEXA confermava i ridotti valori di massa grassa soprattutto agli arti superiori. Da segnalare che la paziente ha sempre lamentato una sintomatologia algica di origine muscolo-tendinea soprattutto a livello delle mani. Nel Dicembre 2012 veniva intrapresa terapia con leptina umana ricombinante.

La paziente 18, di 9 anni, giungeva alla nostra osservazione nel Maggio 2017; in tale occasione i genitori riferivano di aver notato, dal Luglio 2016, una progressiva riduzione del tessuto adiposo sottocutaneo soprattutto a livello del volto, associata ad un lieve incremento a livello delle cosce e dell'addome. All'esame obiettivo era

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particolarmente evidente la scomparsa della bolla di Bichat (fotografia 17). La valutazione plicometrica non evidenziava alterazioni significative dello spessore delle pliche cutanee (tabella 6). Gli esami ematochimici presentavano bassi livelli di colesterolo HDL, anemia normocromica normocitica (GR 4,12 x 10⁶/μL; Ht 33,9%; MCV 82,3 fL; MCHC 34,8 g/dl) e bassi valori del fattore del complemento C3 (8,4 mg/dl; v.n. 90-180 mg/dl). Lo screening dell'autoimmunità organo e non organo specifica evidenziava positività degli anticorpi anti antigeni nucleari estraibili, in particolare anti Ro52 e test di Coombs positivo. Gli esami ormonali basali risultavano nella norma ed i livelli sierici di leptina erano di 5,8 ng/ml. L'ecografia dell' addome mostrava fegato di normali dimensioni (VLES 136 ml). I bassi valori del fattore del complemento C3 e la positività degli anticorpi anti Ro52, unitamente alla storia clinica ed alla presentazione, permettevano di porre diagnosi di sindrome di Barraquer-Simons.

Il paziente 19, di 9 anni, presentava una riduzione del tessuto adiposo a livello del volto dall'età di 7 anni. Nell'ottobre 2014, nel corso di accertamenti per mononucleosi presso l'U.O. di Pediatria dell'Ospedale Santa Chiara di Pisa, si evidenziava all'ecografia dell'addome la presenza di epatomegalia steatosica. Il paziente presentava inoltre ittiosi diffusa dalla nascita. All'esame obiettivo si rilevava la scomparsa della bolla di Bichat, ittiosi diffusa, fegato particolmente prominente e debordante dall'arcata costale (fotografia 18). La plicometria non mostrava alterazioni di rilievo (tabella 6). L'ecografia addominale mostrava fegato nettamente aumentato di volume (VLES 598 ml) con parte inferiore del lobo destro che raggiungeva la linea ombelicale ed impegno steatosico di grado medio-avanzato. Gli

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esami ematochimici mostravano anemia normocromica normocitica (GR 4,42 x 10⁶/μL; Hb 12,4 g/dl; Ht 35,4%; MCV 80,1 fL; MCHC 35 g/dl) e bassi livelli di colesterolo HDL (38 mg/dl). Da sottolineare il rilievo di bassi valori del fattore del complemento C3 (48,9 mg/dl; v.n. 90-180 mg/dl). Gli esami ormonali risultavano nella norma con livelli di leptina di 15,5 ng/ml. Lo screening per l'autoimmunità organo e non organo specifica mostrava positività degli anticorpi anti nucleo (ANA 1:80).

La paziente 20 riferiva l'insorgenza della patologia all’età di 7 anni, con la comparsa di macchie scure cutanee e, all’età di 12 anni, la scomparsa del tessuto adiposo a livello degli arti inferiori ed un'eccessiva deposizione a livello delle spalle e della parte prossimale degli arti superiori, contestualmente al rilievo di ipertrigliceridemia. All’età di 20 anni riferiva diagnosi di diabete mellito di tipo 2, inizialmente in terapia con antidiabetici orali poi, dal 2001, in terapia insulinica. La paziente presentava già nel 2006 retinopatia e polineuropatia sensitivo-motoria diabetica. Nel 2008 presso il National Institute of Health (NIH) di Bethesda veniva inserita nel protocollo di studio sperimentale per l’utilizzo della leptina umana ricombinante nei pazienti lipodistrofici. Per motivi personali, legati alle difficoltà di eseguire in modo regolare i controlli semestrali previsti dal trial, la paziente ha dovuto interrompere la terapia nel 2010. Nel Novembre 2013 la paziente giungeva alla nostra osservazione. Al momento della visita, la paziente presentava una lipoatrofia diffusa a livello degli arti, con uno sviluppo delle masse muscolari apparentemente atletico. Erano riscontrabili caratteristiche acromegaloidi (prognatismo ed ingrossamento delle estremità). L’assenza del tessuto adiposo non coinvolgeva le zone ad azione

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prettamente meccanica, come il palmo delle mani e la pianta dei piedi. Era presente un accumulo di tessuto adiposo a livello delle spalle bilateralmente. Inoltre la paziente presentava un’importante acantosi a livello ascellare e retronucale (fotografia 19).

Gli esami ematochimici mostravano uno scarso controllo del diabete mellito (glicemia basale 213 mg/dl; HbA1c 95 mmol/mol), ipercolesterolemia (colesterolo

totale 258 mg/dl) ed ipertrigliceridemia (420 mg/dl), nonostante assumesse la terapia farmacologica in modo regolare. Gli esami ormonali risultavano nella norma (tabella 8). La DEXA confermava valori di massa grassa ridotti, soprattutto agli arti inferiori ed al tronco (tabella 9). In considerazione del quadro clinico della paziente e dei notevoli miglioramenti che aveva presentato in corso della terapia con leptina, veniva deciso di riprendere il trattamento.

La paziente 21 riferiva una normale distribuzione del tessuto adiposo fino al 2003 (all’età di 32 anni) quando aveva presentato una gravidanza complicata da preeclampsia e da diabete mellito gestazionale. In tale occasione si riscontrava anche ipercolesterolemia ed ipertrigliceridemia. A partire dalla gravidanza, riferiva di aver notato una progressiva modificazione della morfologia corporea caratterizzata da una riduzione della circonferenza degli arti inferiori e da un incremento della circonferenza della vita. Per il diabete mellito persistente dopo la gravidanza, iniziava terapia con antidiabetici orali e, nel 2012, terapia insulinica con scarso controllo dei profili glicemici. Per l’ipertrigliceridemia, dal 2003 eseguiva terapia con fibrati e con omega 3. Da segnalare che la proteinuria dopo la gravidanza era persistente ed era presente anche un’insufficienza renale cronica di III stadio. La

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paziente giungeva alla nostra osservazione nel Maggio 2015.

Per la lipodistrofia veniva effettuato lo screening dei geni più frequentemente associati a forme di lipodistrofia congenita parziale (PPARγ e lamina A/C) che è risultato negativo. All’esame obiettivo, la paziente presentava tessuto adiposo normo/iper-rappresentato a livello addominale e del volto e scarsamente rappresentato a livello degli arti superiori ed inferiori bilateralmente, con glutei escavati (fotografia 20). La plicometria confermava valori di spessore del tessuto adiposo inferiori alla norma agli arti superiori ed inferiori, normali a livello addominale, iliaco e sottoscapolare (tabella 6). Gli esami ematochimici confermavano la presenza di diabete mellito e di ipertrigliceridemia, scarsamente controllati con terapia insulinica e con omega 3 (tabella 7). Gli esami ormonali non mostravano alterazioni ed i valori di leptina sierica erano di 7,5 ng/ml. Lo screening dell’autoimmunità organo e non organo specifica evidenziava esclusivamente una debole positività degli anticorpi anti parete gastrica (APCA) (tabella 8). La DEXA confermava valori ridotti di massa grassa agli arti inferiori e superiori (tabella 9). L’ecografia dell’addome evidenziava la presenza di epatomegalia steatosica di grado lieve (tabella 10).

La paziente 22 riferiva l'insorgenza della patologia intorno ai 10 anni di età con la riduzione del tessuto adiposo agli arti inferiori ed un accumulo a livello del volto e dell’addome. All’età di 12 anni riferiva inoltre la comparsa di marcato irsutismo e la diagnosi di diabete mellito di tipo 2, per i quali eseguiva accertamenti. Veniva escluso un ipercortisolismo ed intrapresa terapia con antidiabetici orali, modificata nel corso degli anni con scarso controllo glucidico (HbA1c 91 mmol/mol). Nel 2007

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riferiva il rilievo di ipertrigliceridemia per cui iniziava terapia con fibrati. Nel 2013, presso l' Ospedale Maggiore di Bologna, veniva posta diagnosi di lipodistrofia parziale acquisita. Le indagini genetiche effettuate a Chicago (University of Chicago, Genetic Services Laboratory) escludevano alterazioni a carico dei geni LMNA, LMNB2, AKT2, CAV1, CIDEC, LIPE, PIK3R1, PLIN1, POLD1, PPARγ, ZMPSTE24, PSMB8, TBC1D4. Nel Novembre 2016 giungeva alla nostra attenzione. All’esame obiettivo, si evidenziava un habitus lipodistrofico con pannicolo adiposo iporappresentato soprattutto agli arti inferiori ed ai glutei, maggiormente rappresentato a livello dell'addome, del collo e del volto, normorappresentato a livello del palmo delle mani e della pianta dei piedi. La paziente presentava inoltre una facies a luna piena e rubizza. Erano presenti segni di irsutismo all'addome, alle gambe, al volto ed al torace ed acantosi retronucale (fotografia 21). La plicometria confermava ridotti valori di tessuto adiposo sottocutaneo a livello degli arti inferiori, aumentati invece a livello dell’addome ed in sede sottoscapolare (tabella 6).

Gli esami ematochimici confermavano la presenza di complicanze metaboliche associate alla sindrome lipodistrofica (tabella 7). In particolare la paziente presentava un diabete mellito di tipo 2 complicato da retinopatia diabetica, scarsamente controllato con antidiabetici orali (metformina 850 mg x 3/die; pioglitazone 30 mg/die; dapagliflozin 10 mg/die) ed un’ipertrigliceridemia persistente nonostante la terapia ipolipemizzante (fenofibrato 145 mg/die). Gli esami ormonali non evidenziavano alterazioni ed i livelli di leptina erano di 7,7 ng/ml (tabella 8). L’ecografia dell’addome confermava la presenza di un’epatomegalia steatosica (tabella 10). La DEXA confermava valori di massa grassa ridotti agli arti inferiori

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mentre superiori alla norma a livello del tronco, con un FMR > 1 (tabella 9). In considerazione del desiderio della paziente di una gravidanza, al fine di raggiungere valori glicemici ottimali e di sospendere farmaci potenzialmente teratogeni, è stata introdotta terapia insulinica ed è stata modificata progressivamente la terapia antidiabetica orale. Per l’ipertrigliceridemia, è stata introdotta terapia con omega 3. La gravidanza rappresenta comunque una condizione rischiosa sia per la madre che per il feto nei pazienti affetti da lipodistrofia (26).

I pazienti 23 e 24 sono affetti entrambi da una forma di lipodistrofia parziale acquisita su verosimile base autoimmune.

Il paziente 23, un bimbo nato a termine da genitori non consanguinei, è affetto da cromosomopatia (duplicazione di circa 23,8 Mb sul cromosoma 10 nella regione 10p15.3p15.2 e delezione di circa 17.5 Mb sul cromosoma 18 nella regione 18q21.33q.23) con ritardo psicomotorio, ipoacusia bilaterale, cardiopatia congenita non cianogena, ipoplasia del corpo calloso, ipospadia, piede torto e dismorfismi cranio-facciali. Nel Marzo 2012 ha presentato un episodio di panniculite (confermata dall' esame bioptico) seguita da lipoatrofia agli arti inferiori, alle mani ed ai polsi. Anche la paziente 24 ha presentato all’età di 4 anni una panniculite delle mani, risoltasi spontaneamente, ma seguita da perdita del tessuto adiposo agli arti inferiori, ai glutei ed a livello della regione sacrale.

Entrambi i pazienti presentano altre patologie autoimmuni. Il paziente 23 è affetto da tiroidite cronica autoimmune e presenta anche una debole positività degli anticorpi anti parete gastrica (10,3 U/ml), anti surrene (1,1 U/ml) ed anti nucleo (ANA 1:80). La paziente 24 è affetta da tiroidite cronica autoimmune, celiachia e vitiligine

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(sindrome poliendocrina autoimmune di tipo 3). Inoltre presenta positività degli anticorpi anti nucleo (ANA 1:80).

All’esame obiettivo, il paziente 23 presentava un dismorfismo facciale (bozze frontali evidenti, lineamenti grossolani, accentuazione della sellatura nasale, filtro nasale breve, impianto basso dei padiglioni auricolari, diastasi dentarie) ed una lipoatrofia soprattutto agli arti inferiori ed al dorso in sede sottoscapolare, al palmo delle mani ed alla pianta dei piedi, di grado lieve agli arti superiori (fotografia 22). Non è stato possibile eseguire la plicometria per mancata collaborazione del paziente. La paziente 24 presentava un habitus lipodistrofico con tessuto adiposo poco rappresentato a livello degli arti inferiori; la cute presentava aree di vitiligine a livello delle gambe, dei gomiti, della zona sacrale e del gluteo sinistro (fotografia 23). La plicometria evidenziava valori ridotti generali, soprattutto agli arti inferiori (tabella 6).

Dal punto di vista metabolico, entrambi i pazienti non risultavano complicati, anche se la paziente 24 aveva presentato nell’Agosto 2016 un episodio di pancreatite acuta per l’ipetrigliceridemia (1027 mg/dl), al momento ben controllata con la sola terapia dietetica.

I valori di leptina dei pazienti 23 e 24 risultavano rispettivamente di 3,1 e 1,7 ng/ml. Nella paziente 24 i restanti esami ormonali risultavano nella norma. Il paziente 23 invece presentava valori di TSH ai limiti superiori della norma; si consigliava pertanto di incrementare la posologia della levotiroxina (tabella 8).

In entrambi i pazienti l’ecografia dell’addome, ed in particolare lo studio morfologico del fegato, non ha mostrato alterazioni. La DEXA della paziente 24 ha

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mostrato ridotti valori di massa grassa totale soprattutto agli arti inferiori con un FMR di 3,1 ed un rapporto MGT/MGG (Kg) di 6,01, in linea quindi con le forme parziali di lipodistrofia (tabella 9).

Anche la paziente 25 è affetta da lipodistrofia parziale acquisita. La sua storia inizia all'età di 2 anni quando, per l’insorgenza di leucemia mieloide acuta M1, veniva trattata con chemioterapia e trapianto di midollo autologo. Dopo questo trattamento, la leucemia è andata in remissione clinica. All’età di 6 anni, veniva documentato un deficit di GH associato ad ipotiroidismo centrale; veniva iniziata pertanto terapia con levotiroxina e con GH-analogo, quest’ultimo sospeso all'età di 9 anni, quando veniva riscontrata una recidiva di malattia. Per la recidiva, la paziente veniva quindi sottoposta a trapianto di midollo allogenico, previa polichemioterapia ed irradiazione corporea totale (10 Gy). Dopo il trapianto, il quadro clinico si complicava per il manifestarsi di malattia cronica contro l’ospite a sede gastrointestinale (GVHD). Per la GVHD, veniva trattata con immunosoppressori e con successivo ciclo di fotoferesi. La paziente da allora è in remissione di malattia.

All’età 12 anni, per un quadro di amenorrea da ipogonadismo ipergonadotropo, veniva iniziata terapia ormonale sostitutiva, successivamente interrotta per il rilievo di ipertrigliceridemia. A 18 anni, la densitometria ossea mostrava un quadro di osteoporosi in sede femorale (collo del femore: Z-score -2,2, BMD 0,668 g/cm2;

vertebre: Z-score -3,2, BMD 0,734 g/cm2;totale: Z-score -3,8, BMD 0,589 g/cm2).

Per l'osteoporosi, la paziente effettuava terapia con etinilestradiolo, poi sospeso per l'incremento dei trigliceridi, e con bisfosfonati.

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dagli 11 anni circa, una progressiva perdita di tessuto adiposo agli arti superiori ed inferiori ed ai glutei ed un accumulo a livello dell'addome e del volto, soprattutto nelle guance. Inoltre, all'età di 13 anni, in occasione di un episodio di pancreatite acuta, riferiva il riscontro di ipertrigliceridemia grave (1200 mg/dl), in trattamento con dieta ipolipidica ed acidi grassi omega 3.

All’età di 17 anni veniva posta diagnosi di diabete mellito di tipo 2, trattato con metformina. All’esame obiettivo appariva sottopeso, con aspetto vagamente cushingoide per la presenza di facies lunare ed estremità sottili, con lipoatrofia a livello dei glutei e masse muscolari poco sviluppate (fotografia 24). La plicometria confermava la presenza di spessori ridotti agli arti inferiori e superiori, normali a livello addominale, iliaco e sottoscapolare (tabella 6). Dopo 10 giorni di sospensione della levotiroxina, veniva confermato un quadro di ipotiroidismo centrale (TSH 3,810 mcU/ml; FT4 0,49 ng/dl; FT3 2,99 pg/ml; AbTG e AbTPO negativi). Si confermava inoltre il quadro di ipogonadismo ipergonadotropo (FSH 67,9 mUI/ml; LH 32,6 mUI/ml; estradiolo inferiore al limite di sensibilità). L’asse ipotalamo-ipofisi-surrene mostrava normali valori di ACTH (30 pg/ml) e di cortisolo alle ore 8.00 del mattino (12,6 mcg/dl) con normale risposta al test di stimolo con Synachten (cortisolo tempo 0: 18,7 mcg/dl; tempo 30 minuti: 28,6 mcg/dl; tempo 60 minuti: 29,8 mcg/dl), effettuato per escludere un eventuale iposurrenalismo. Il dosaggio dell’IGF-1 appariva ai limiti bassi della norma per l'età (194,2 ng/dl); veniva inoltre evidenziata l’assenza di risposta al test di stimolo con GHRH-arginina (GH tempo 0: 0,28 ng/ml; tempo 15 minuti: 1,42 ng/ml; tempo 30 minuti: 1,74 ng/ml; tempo 45 minuti: 2,59 ng/ml; tempo 60 minuti: 2,89 ng/ml; tempo 90 minuti: 1,8 ng/ml).

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