Con riferimento alla nuova scienza è significativo che la giurisprudenza statunitense, nel fornire le guidelines volte a chiarire il confine tra scienza e pseudo scienza, sia passata dalla soluzione monocorde della pronuncia Frye (basata sul
cosiddetto Test of General Acceptance for Admissibility of Scientific
Evidence, alla ben più articolata impostazione caratterizzante la pronuncia Daubert, volta a fare del giudice il vero Gatekeeper in
tema di ammissibilità della deposizione di un expert witness.90
La pronuncia Frye appariva caratterizzata da un richiamo continuo, alla necessità di un ampio consenso da parte del mondo scientifico. Venne sostenuto che il giudice, nelle situazioni scientificamente controverse, caratterizzate dall'elaborazione di tesi innovative, laddove non risulti ancora chiaro se si sia in presenza di mere sperimentazioni o di tesi già "verificate", deve in primo luogo valutare la rilevanza della prova con riferimento alla concreta vicenda in esame, essendo evidentemente
inammissibile, per un principio di economia processuale, una prova la cui acquisizione sarebbe comunque inutile. 91. Secondo la
pronuncia Frye, una volta riconosciuto sussistente detto requisito, il magistrato sarebbe poi tenuto a verificare quali siano le posizioni della "scienza ufficiale", alla luce delle conoscenze "generalmente accettate" (c.d. Test of General Acceptance for
90 P.C. Gianelli, The Admissibility of Novel Scientific Evidence: Frye v. United
States a Half-Century later, in Columbia Law Review, 1980, n. 6, p. 1197 ss.; nonché A. Dondi, Paradigmi processuali ed "expert witness testimony" nel diritto statunitense, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1996, p. 264 ss.; A. Dondi, Problemi di utilizzazione delle "conoscenze esperte" come "expert witness testimony" nell'ordinamento statunitense, in Riv. trim. dir.e proc. civ, 1996, p. 1141; M. Taruffo, Le prove scientifiche nella recente esperienza statunitense, in Riv. trim. dir.e proc.civ., 1996, p.233 ss;
Admissibility of Scientific Evidente) da parte della comunità scientifica, onde verificare se una determinata tesi abbia o meno ottenuto un elevato livello di consenso nello specifico campo scientifico ad essa afferente.92
In tal modo la giurisprudenza americana si distaccava dal criterio precedentemente seguito, incentrato sul cosiddetto
commercial marketplace test, ispirato ad una logica di stampo
"economico", che si basava sulla "risposta" e sul credito che il "mercato" aveva dato o avrebbe potuto dare alla metodologia che l'expert witness intendeva adottare. La pronuncia Frye, indubbiamente aderente ad una visione neo-positivistica, rimanda ad un contesto di idee assai vicino all'impostazione volta ad esprimere un atteggiamento di assoluta fiducia nella possibilità di formazione di un consenso generalizzato, di un'unanime accettazione da parte di un'ideale comunità scientifica nei confronti della scoperta della verità; secondo detta tesi, infatti, le diverse ricerche, pur partendo magari da differenti presupposti teorici, devono necessariamente pervenire, qualora siano "corrette", ad uno stesso risultato.93
92 Court of Appeals of District of Columbia, 3 dicembre 1923 n. 293, Frye v.
United States, in Federal Reporter, 1923, p. 1013 ss La vicenda sorge a seguito della richiesta, da parte della difesa, di ammettere la testimonianza di un esperto che ha sottoposto l'accusato alla cd. "macchina della verità" (lie detector), ritenuta in grado di desumere dalle variazioni della pressione sanguigna indici di autenticità delle risposte date. La Corte rileva che non è facile stabilire quando un principio ad una scoperta scientifica ha superato la "linea d'ombra" tra fase speri- mentale e dimostrazione dell'efficacia della teoria, per cui occorre effettuare un test che accerti il consolidarsi di quest'ultima e l'affidabilità della relativa prova tecnico- scientifica, verificando la validità del principio scientifico invocato e della tecnica e del procedimento adoperati. Ulteriori fattori di cui tener conto - al di fuori della predetta regola - sono l'efficienza delle apparecchiature utilizzate e il corretto impiego delle procedure, la qualificazione di coloro che conducono l'esperimento e ne Ieggono" i risultati. Sulla base di tali premesse, la prova richiesta non verrà ammessa, perché ritenuta non validata dal general acceptance test secondo le cono- scenze scientifiche dell'epoca.; Dondi, op. cit., 1996, 264 ss.;
In realtà il principio della General Acceptance, incentrato sul richiamo all'opinione della maggioranza della comunità scientifica, rischiava di tradursi in un impaccio alla possibilità per il settore giudiziario di avvalersi anche della scienza più innovativa. Esso inoltre finiva col rendere il giudice totalmente vincolato, se non asservito, alla valutazione espressa dalla comunità scientifica; in tal modo infatti veniva "delegato" a quest'ultima quello che è un compito proprio della magistratura, e cioè il controllo in ordine all'affidabilità della prova dedotta.94 Il criterio della Generai Acceptance, sviluppato nella
pronuncia Frye, volto a valutare quale sia il credit dell'esperto, secondo gli orientamenti accolti dalla prevalenza degli studiosi della comunità di appartenenza, appare esposto al pericolo di impedire l'ingresso nel processo della novel science, e cioè di elaborazioni scientifiche davvero "nuove" ed innovativo, necessariamente difformi dalle opinioni "tradizionali" di un determinato ambito scientifico, e tali da suscitare invece interesse e considerazione da parte delle frange più avanzate della ricerca. Basarsi sulle opinioni "consolidate" avrebbe senso solo se la scienza fosse qualcosa di immodificabile, laddove, al contrario, il destino di ogni lavoro scientifico è quello di essere successivamente superato, in una spirale di sempre nuovi progressi sostanzialmente tendente “ all'infinito” , in quanto “la scienza non conosce che risultati transitori”.95
Dopo circa settant'anni, l'impostazione accolta dalla pronuncia Frye, basata sulla necessità di un generale riconoscimento da parte della comunità scientifica quale presupposto per
94 O. Dominioni, op. cit., 2005, p. 298; 95 P. P.Rivello, op. cit., 2014, p. 78;
l'ammissibilità di una "nuova" prova scientifica, é stata rivista e superata ad opera della decisione Daubert v. Merrel Dow
Pharmaceuticals, Inc. talora considerata come una sorta di pietra miliare in questa tematica.96 La vicenda sulla quale intervenne
la pronuncia della Corte Suprema verteva sulla tematica dei
toxical torts, e più precisamente riguardava gli eventuali effetti teratogeni di un farmaco antinausea, e cioè del Bendectin, che erano stati peraltro negati nel corso dei precedenti processi civili di merito. Jason Daubert e Eric Schuller, entrambi nati con gravi malformazioni, avevano instaurato una causa innanzi alla Corte dello Stato della California nei confronti della società Merrel Dow Pharmaceuticals Inc., sostenendo che dette malformazioni erano state provocate dall'assunzione, da parte delle loro madri durante la gravidanza, del farmaco Bendectin. I giudici di merito non accolsero le loro tesi, volte ad eviden- ziare la dannosità del farmaco in caso di sua assunzione da parte di gestanti; essi ricorsero allora innanzi alla Corte suprema federale, che nella sua decisione localizzò l'attenzione sui criteri di ammissibilità delle prove scientifiche, abbandonando la rigidità monocorde della precedente decisione Frye, e delineando una serie più estesa di possibili parametri di affidabilità atti a tradursi in altrettanti indici di ammissibilità. Si negò infatti, a differenza di quanto sostenuto dalla pronuncia Frye, che il riferimento al consenso generalizzato della comunità scientifica rappresentasse l'unico elemento di valutazione dell'effettiva scientificità di una determinata metodica, affermandosi invece che gli indicatori da prendere in
considerazione al riguardo erano assai diversificati fra loro.97
La sentenza Daubert fornisce un elenco indicativo delle caratteristiche che a suo giudizio contraddistinguono una metodologia scientifica.
1) Viene in considerazione, innanzitutto, il criterio di matrice neopositivista della verificabilità (testability) di un'ipotesi teorica: citando Popper "la metodologia scientifica si fonda oggigiorno sull'elaborazione di ipotesi e sulla verifica se esse possano essere falsificate: questa metodologia è l'elemento che distingue la scienza dagli altri settori della ricerca umana".98
2) Il secondo parametro di scientificità concerne la sottoposizione a peer review o la pubblicazione su riviste specializzate: tale verifica da parte della comunità scientifica non deve considerarsi conditio sine qua non per l'ammissibilità di una teoria, in quanto ben può accadere che teorie particolarmente innovative o di troppo recente elaborazione non siano ancora state pubblicate benché seriamente fondate, ma rappresenta comunque un elemento di valutazione importante per determinare l'appartenenza di uno studio alla good
science.
3) Terzo criterio di giudizio, valido solo in particolari
97 G. Ponzanelli, Scienza, verità e diritto: il caso Bendectin, in Foro it., 1994, IV, c. 184 ss.;
M. Taruffo, op. cit., 1996, p. 219 ss.; F. Tagliaro -E. D'Aloja- F.P. Smith, L'ammissibilità della prova scientifica in giudizio e il superamento del Frye standard: note sugli orientamenti negli USA successivi al caso Daubert v. Merrel Dow, Inc., in Riv. it. med. leg., 2000, p. 719 ss.; F. Stella, op. cit., 2005, p. 94, ha definito la sentenza sul caso Daubert « uno dei più grandi eventi giuridici dei nostri tempi »; F. Stella, op. cit., in Riv. it. dir. proc. pen., 2002, p. 1225.
categorie di ipotesi, è la possibilità di individuare il
tasso di errore (rate of error) conosciuto o potenziale della tecnica utilizzata.
4) Infine, la Corte recupera il canone dell'accettazione
generale, che però, da criterio esclusivo per la valutazione dell'ammissibilità di una prova scientifica, viene ridotto al rango di elemento sussidiario di valuta-zione, rilevante perlopiù in senso negativo, dal momento che "una tecnica che ha ottenuto solo un consenso minimo all'interno della comunità scientifica può correttamente essere considerata con scetticismo" .99
Secondo detta pronuncia deve conseguentemente essere am messa come good science la soluzione scientifica che, oltre ad adottare delle metodologie generalmente accettate e riconosciute come valide e coerenti, sia già stata verificata o possa comunque essere verificata e rispetto alla quale vengano indicati gli
standard di controllo sperimentale e i possibili margini di errore;
occorre altresì che le relative tesi di supporto siano state rese note e poste al centro del dibattito su accreditate pubblicazioni scientifiche,onde essere sottoposte alla cosiddetta peer review, e cioè alla procedura di revisione critica con la quale gli appartenenti ad una determinata disciplina vagliano la scientificità ed attendibilità dei nuovi lavori e delle nuove tesi, e risultino accolte dalla maggioranza della comunità degli esperti del settore di riferimento. per quanto concerne la peer review va rilevato che gli aderenti all' indirizzo scientifico "dominante" tendono inevitabilmente a negare la validità delle tesi
99 L. Masera, Accertamento alternativo ed evidenza epidemiologica nel diritto penale,
Giuffrè, 2007, p.6 ss.; A. Dondi, op. cit., 1996, p.261 ss.; O. Dominioni, op.cit, 2005, p.139 ss;
contrapposte, innovativo, rispondenti a presupposti del tutto diversi da quelli "tradizionali".la peer review conduce a conclusioni gene- ralmente ossequiose nei confronti delle soluzioni prospettate da chi possegga una particolare autorevolezza scientifica; in tal caso manca un effettivo controllo e vaglio critico
È soprattutto positivo che in tal modo sia stata almeno in parte fatta venir meno la posizione di assoluta "passività" dell'autorità giudiziaria, e più specificamente del trial judge . La pronuncia Daubert ha voluto riattribuire al giudice un ruolo più incisivo, imponendogli di verificare con la dovuta attenzione ed in maniera penetrante la validità delle metodologie tecniche e scientifiche di cui gli esperti si intendono avvalere100.Il magistrato assume in tal modo la veste di
vero e proprio gatekeeper al riguardo, secondo una terminologia ampiamente utilizzata proprio nella decisione in esame al fine di sottolineare la posizione così riconosciuta al giudice, che ritorna davvero al centro della scena processuale, anche con riferimento alla prova scientifica, abbandonando la precedente posizione marginale nella quale era stato collocato per effetto della pronuncia Frye, in base alla quale egli finiva in sostanza col recepire e prendere atto, in maniera passiva, dei risultati ai quali pervenivano gli esperti, a condizione che essi adottassero delle metodologie ritenute valide dalla comunità scientifica di riferimento.101 pur essendosi assistito
ad un decremento del rilievo attribuibile al principio della
General Acceptance, elaborato dalla pronuncia Frye, anche
dall'analisi della decisione Daubert emerge come il giudice spesso rischi di essere ingabbiato all'interno di una sorta di camicia di Nesso, rappresentata dai convincimenti della
100 M. Taruffo, op. cit., 1996, p. 239;
101 C. Brusco, La valutazione della provo scientifica, in La prova scientifica nel processo
"scienza ufficiale", che impedisce di tener conto delle "testi- monianze esperte" portatrici delle impostazioni più innovativo, necessariamente in contrasto con quelle "tradizionali", accreditate presso la comunità scientifica di riferimento.
In altri termini, i criteri prospettati, se da un lato permettono di evitare che facciano ingresso sulla scena processuale dei soggetti sprovvisti di ogni credenziale, degli "pseudo- scienziati" volti a sostenere tesi prive di serietà, al contempo finiscono inevitabilmente col ridurre la possibilità di avvalersi di impostazioni che hanno la sola "colpa" di opporsi ad erronee credenze, avallare dai conformismi prevalenti.
Anche se formalmente, dunque, a seguito dell'evoluzione che ha condotto alla pronuncia Daubert il trial judge si è visto assegnare (o meglio "riassegnare") in tutta la sua pienezza la funzione di
gatekeeper nel controllo dell'affidabilità della prova scientifica, in realtà egli si trova ad operare in una posizione comunque vincolata alle indicazioni provenienti dalla peer review e dalla
public acceptance.
L'autorità giudiziaria dovrebbe invece essere posta in grado di discostarsi dalle tesi prevalenti in ambito scientifico, onde poter tenere conto delle impostazioni minoritarie, qualora esse appaiano corrette.102
102 P.P. Rivello, op. cit., 2014, p. 66 ss.;
1.5.1. … (segue) e la c.d. scienza spazzatura
Non v'è dubbio che il sapere scientifico possa costituire un prezioso alleato del giudice penale nella ricerca della verità Si tratta, però, di un alleato insidioso, di un compagno di viaggio che può anche condurre il processo in una direzione sbagliata. La scienza può diventare una "cattiva maestra" del giudice penale per tre diverse ragioni e in tre diverse circostanze: 1) quando è cattiva scienza, cioè quando si vogliano impiegare nel processo strumenti tecnico- scientifici che non garantiscono in sé e per sé, a prescindere dall'applicazione buona o cattiva che se ne faccia nel caso concreto, un margine sufficiente di affidabilità e attendibilità; 2) quando è una buona scienza applicata male, cioè applicata, nel caso concreto, da cattivi scienziati, come spiegherò nelle pagine successive; 3) quando è una buona scienza correttamente applicata in sede processuale che viene, tuttavia, utilizzata in modo improprio o fuorviante dal giudice in sede di decisione 103
Il giudice rischia infatti di trovare sulla sua strada una moltitudine di ricerche presentate come scientifiche, ma realmente prive dei necessari canoni della scienza. Si sta opportunamente diffondendo, la distinzione tra "scienza buona" , che corrisponde a parametri generalmente accettati di "scientificità", e "scienza cattiva", o "scienza spazzatura", cd junk science , che include una serie di pseudo-scienze o di nozioni o tecniche destituite di qualunque scientificità.104 Poiché questa scienza cattiva può essere introdotta
nel processo attraverso il contributo dei consulenti tecnici e falsare gli esiti dell'accertamento giudiziale , il giudice deve disporre di
103 F. Caprioli, La scienza "cattiva maestra": le insidie della prova scientifica nel
processso penale, in Cass. pen., 2008, p.3525 ss.
criteri che consentano un giudizio oggettivo intorno alla validità scientifica delle conoscenze che si vogliono impiegare, e non deve cadere nell’inganno di affidarsi a quella scienza mascherata dall’apparenza di “buona scienza”.105
Scrive Huber « La scienza spazzatura è l'immagine speculare della vera scienza con molto della stessa forma ma niente della stessa sostanza».106 Il giudice deve, quindi, evitare di cadere nell'inganno
della junk science, « di quella cattiva scienza che può presentarsi nel processo in modo pomposo ed apparentemente credibile agli occhi del non-specialista.».107
Pertanto il giudice non può limitarsi a ricevere acriticamente i risultati delle ricerche scientifiche, ma deve piuttosto vagliare con scrupolo il procedimento e il metodo che ha portato a quei risultati; il giudice, cioè deve guardare la qualità della scienza che si usa nel processo, ossia la validità e l'attendibilità delle conoscenze che l'esperto offre al giudice , o che il giudice stesso impiega quando ritiene di non avere bisogno dell'ausilio dell'esperto.108
Il giudice farà riferimento al testo della sentenza Daubert nella quale la Corte Suprema degli Stati Uniti, fornì i criteri di cui il giudice deve tenere conto nello svolgere la sua funzione di "gatekeeper”, ossia di guardiano che apre o chiude la porta di accesso della scienza al processo, a seconda che si tratti di scienza valida o spazzatura; Il giudice dovrà accertare: 1) se le teorie delineate o le tecniche che intende utilizzare possano essere testate, ovvero sono
105 Jasanoff S., La scienza davanti ai giudici. La regolazione giuridica della scienza in
America, Giuffrè, 2001;
106 F. Puleio, Quando la scienza è alleata del giudice. I nuovi saperi e la ricerca della
verità, in Dir. giust., II, 2006, p. 61-62; M,Taruffo, ult. op. cit., 2005, p.7 ss.; F. Centonze , ult. op. cit., 2001, p.1244.; Huber, Galileo's revenge.Junk science in the courtroom, New York, 1993 ,p.40-41.
107 G. Silvestri , ult. op. cit., 2004, p.422.
108 M. Taruffo, Conoscenza scientifica e decisione giudiziaria, in Quaderni Riv. Trim.
già state testate; 2) se esse abbiano costituito oggetto di pubblicazioni scientifiche; 3) se sia noto il loro potenziale tasso di errore; 4) se le loro conclusioni abbiano trovato un generale accoglimento nel mondo scientifico.109
“E' come le conclusioni sono raggiunte, e non quali sono le conclusioni, che rende le stesse «buona scienza» ".110
Va sottolineato che la verificabilità delle conoscenze scientifiche, la conoscenza del loro rischio di errore, la loro accettazione da parte della comunità scientifica di riferimento, e la loro rilevanza diretta e specifica rispetto ai fatti della causa, rappresentano condizioni minime che qualunque conoscenza dovrebbe offrire per poter essere qualificata come "scientifica" nell'ambito del processo. In altri termini è alla validità epistemologia delle conoscenze scientifiche che occorre far capo al fine di stabilire se tali conoscenze possono fornire la base per la decisione giudiziario sui fatti.111
Avviene poi frequentemente che nel processo si confrontino tesi scientifiche contrapposte (si pensi a quanto avviene nel campo delle perizie psichiatriche). Ebbene in questi casi occorre evitare l'errore di ritenere che tutte le diverse tesi siano ugualmente condivise nella comunità scientifica . Ciò non significa che il giudice debba far propria quella maggiormente condivisa ma, in questi casi, è necessario che egli eserciti un ancor più penetrante vaglio critico per ricercare la tesi scientifica che ritiene di accogliere ritenendola maggiormente affidabile.
Ma v'è un altro errore metodologico in cui i giudici tendono a cadere. Anche ammessa la validità della prova scientifica e la
109 F.Caprioli, op. cit., 2008, p.3525 ss.
110 Hutchinson, Ashby, Daubert v. Merrel Dow Phormaceuticols: redefining the bases
for admissibility of export scientific testimony, Cardozo L.R., 1994, p.1875.
correttezza della sua esecuzione spesso non si tiene conto di quello che, nel caso Daubert viene indicato come uno dei parametri di riferimento della validità della prova scientifica: il margine di errore. È ovvio che un metodo scientifico caratterizzato da un elevato margine di errore - derivante dall'imperfezione della tecnica usata, dalle caratteristiche dell'oggetto della ricerca o da elementi estranei - esclude la validità della prova assunta con questo metodo. Ma anche metodi scientifici con bassi margini di errore vanno criticamente valutati soprattutto nelle situazioni per così dire "marginali" per verificare se, nel caso concreto, l'esistenza di questo margine di errore sia idoneo ad inficiare il risultato di prova.112
Tuttavia non è sempre agevole per il giudice tracciare quello che generalmente viene definito come un “lavoro di definizione dei confini” (cd boundary work), diretto a tracciare le linee di demarcazione tra contributi scientifici ed opere pseudo- scientifiche.113 Tale compito è necessario al fine di evitare il
verificarsi di vistosi fraintendimenti in ambito processuale evitabili qualora l’organo giudicante riesca ad escludere dall’ambito valutativo le affermazioni che rappresentano soltanto il frutto di una scientific misconduct.114
Una simile operazione è esposta al pericolo di gravi distorsioni ed addirittura alla cancellazione di dati conoscitivi magari fondamentali, laddove si ricomprenda nel contesto della scienza spazzatura anche il frutto di ipotesi del tutto nuove, prive pertanto di ogni aggancio con i precedenti paradigmi scientifici e come tali solo apparentemente false. Sussiste infatti il rischio che venga considerata, da parte della comunità scientifica dominante, come