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Il Gruppo Viscolube e il mercato dei rifiuti industriali in Italia: autorizzazioni e clienti target

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Academic year: 2021

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Anno Accademico

2017/2018

Master Universitario di II livello Gestione e Controllo dell’Ambiente: Economia Circolare e Management efficiente delle Risorse

Il Gruppo Viscolube e il mercato dei rifiuti industriali in

Italia: autorizzazioni e clienti target

Autore

Dott.ssa Barbara Bedin

Tutor Scientifico

Dott.ssa Eleonora Annunziata

Tutor Aziendale – Viscolube

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1

Sommario

INDICE TABELLE ... 2

INDICE FIGURE ... 3

INTRODUZIONE ... 4

1.INQUADRAMENTO ECONOMICO E NORMATIVO SUI RIFIUTI SPECIALI ... 6

1.1 IL MERCATO DEI RIFIUTI SPECIALI ... 6

2.INQUADRAMENTO NORMATIVO SUI RIFIUTI ... 11

2.1. NORMATIVA DI RIFERIMENTO ... 11

2.2. CENNI SULLA NORMATIVA RIGUARDANTE GLI OLI MINERALI USATI ... 13

2.3. LE AUTORIZZAZIONI AMBIENTALI E ASPETTI PROCEDURALI ... 15

3.IL GRUPPO VISCOLUBE ... 26

3.1. IL GRUPPO VISCOLUBE ... 26

3.2. LE AZIENDE DELLA DIVISIONE AMBIENTE ... 28

3.2.1. DE LUCA SERVIZI AMBIENTE ... 29

3.2.2. RECOIL ... 31 3.2.3. NEDA AMBIENTE ... 31 3.2.4. SEPI AMBIENTE ... 33 3.2.5. RIMONDI PAOLO ... 34 3.2.6. AREA S.r.l.... 36 3.2.7. CENTRO RISORSE ... 36

4.STUDIO DELLO SCHEMA AUTORIZZATIVO E ANALISI DEI CLIENTI ... 38

4.1. SCHEMA AUTORIZZATIVO ... 38 4.2. ANALISI CLIENTI ... 48 5.CONCLUSIONI ... 55 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ... 57 SITOGRAFIA ... 58 ALLEGATO I ... 59

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INDICE TABELLE

Tabella 1-Numero di discariche e conferimenti di RSP e RSNP per regione. (Rielaborazione Rapporto Rifiuti Speciali ISPRA 2018). ... 9 Tabella 2-Rifiuti speciali conferiti per regione e numero di inceneritori. (Rielaborazione Rapporto Rifiuti Speciali ISPRA 2018) ... 10 Tabella 3-Capacità massime stoccabili di rifiuti e quantità massime gestibili riferite alla tipologia di attività.(Decreto n. 132 del 30 dicembre 2009) ... 30 Tabella 4-Capacità di stoccaggio dei rifiuti autorizzati presso l'impianto. (Determinazione n. 1665 del 11 agosto 2015). ... 31 Tabella 5-Estratto tabella delle miscelazioni autorizzate da Decreto n.2459 dell’08 novembre 2012. 32 Tabella 6-Tipologie e capacità di stoccaggio dei rifiuti autorizzati presso NEDA FVG. (Da Decreto n.2459 dell’08 novembre 2012. ... 32 Tabella 7-Capacità di stoccaggio totale e aree di stoccaggio. (Provvedimento n.205-29168 del 29 settembre 2015) ... 33 Tabella 8-Estratto tabella delle miscelazioni autorizzate con Provvedimento n.205-29168 del 29 settembre 2015, con i codici EER suddivisi per gruppi e sottogruppi. ... 34 Tabella 9-Macro-aree in cui è stata suddivisa l'area dedicata allo stoccaggio e deposito, capacità di stoccaggio dei rifiuti e tipologie dei rifiuti (P/NP). (P.G. n.368628 del 07/11/2007). ... 36 Tabella 10-Tipologie e capacità di stoccaggio dei rifiuti autorizzati presso Centro Risorse. (Decreto n.21 del 30 aprile 2009 e s.m.i.) ... 37 Tabella 11-Operazioni di smaltimento autorizzate dal D.Lgs. 152/06, Allegato B alla Parte Quarta. .. 39 Tabella 12-Operazioni di recupero autorizzate dal D.Lgs. 152/06, Allegato C alla Parte Quarta. ... 40 Tabella 13-Estratto tabella codici EER autorizzati all'ingresso presso l'impianto di Centro Risorse, con le relative operazioni autorizzate ad essere svolte sui singoli codici. (Decreto n.21 del 30 aprile 2009 e s.m.i.) ... 41 Tabella 14-Esempio di miscelazioni autorizzate per SEPI Ambiente. (Provvedimento n.205-29168 del 29 settembre 2015) ... 42 Tabella 15-Esempio di parametri da analizzare per caratterizzare il rifiuto con relative metodiche, procedure di campionamento, frequenza di autocontrollo (Azienda: RECOIL, Determinazione n. 1665 del 11 agosto 2015). ... 44 Tabella 16-Modalità e frequenza di controllo da eseguire su alcune attività (Azienda: SEPI AMBIENTE, Provvedimento n.205-29168 del 29 settembre 2015). ... 45 Tabella 17-Categorie e classi dell'Albo Nazionale dei Gestori Ambientali. ... 46 Tabella 18-Esempio di una parte di una tabella estrapolata dall'"aggregatore", considerando come impianto di destinazione Sepi Ambiente. ... 50 Tabella 19-Confronto tra clienti analizzati e totale clienti per singola azienda, relativamente all'anno 2017. ... 54

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INDICE FIGURE

Figura 1-Produzione nazionale di rifiuti speciali, anni 2014-2016. (Modificato da Rapporto ISPRA

Rifiuti Speciali 2018) ... 7

Figura 2-Produzione dei Rifiuti Speciali a livello regionale nel biennio 2015-2016. (Fonte Rapporto Rifiuti Speciali ISPRA 2018) ... 8

Figura 3-Gestione dei rifiuti speciali nel 2016. (Fonte Rapporto Rifiuti Speciali ISPRA 2018) ... 8

Figura 4-Distribuzione degli impianti del gruppo Viscolube. ... 29

Figura 5-Tabella riassuntiva delle attività autorizzate ad essere svolte dai sette impianti. ... 47

Figura 6-Tabella riassuntiva delle operazioni di recupero e smaltimento autorizzate. ... 48

Figura 7-Quantità di ingressi suddivisi per tipologia di rifiuto: Olio Vegetale Esausto, Oli Minerali, Emulsioni, Batterie, Altro. (a)Totale Ingressi Sepi Ambiente; b)Totale Ingressi Neda; c)Totale Ingressi DLSA; d)Totale Ingressi Rimondi). ... 52

Figura 8-Aziende clienti dei quattro impianti studiati, suddivise in base alla dimensione: Grande Impresa, Piccola Media impresa, Servizi Ambientali. A)Sepi Ambiente; b)Neda Ambiente; c)De Luca Servizi e Ambiente; d)Rimondi Paolo. ... 53

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INTRODUZIONE

La mancanza di impianti in grado di smaltire i rifiuti e la difficoltà di esportare i materiali, riciclati e non, ha esacerbato un’emergenza già presente in un mondo complesso come quello dei rifiuti. Mentre da una parte non si costruiscono discariche né tantomeno impianti alternativi come, ad esempio, gli inceneritori, dall’altra parte aumentano i costi dello smaltimento. In opposizione a quanto evidenziato dall’ISPRA, ovvero un aumento della produzione di materiale rigenerabile, la capacità degli impianti di destinazione in grado di accogliere tali materiali diminuisce e questo problema si rispecchia nella difficoltà che hanno le aziende nell’allocare i propri scarti di produzione. Di conseguenza si riempiono i magazzini e questo, a lungo andare, potrebbe provocare il blocco della raccolta differenziata. Stessa situazione avviene per i rifiuti pericolosi che, spesso, devono essere smaltiti in Europa. Ma non solo, perché anche la qualità del rifiuto sta cambiando soprattutto a causa della maggiore complessità dei prodotti immessi sul mercato i quali, a fine vita, richiedono trattamenti più specifici.

Da un punto di vista normativo, gli aspetti ambientali e la loro tutela rivestono, da sempre, un ruolo di primaria importanza nelle politiche di natura ambientale perseguite dalla Comunità Europea. Questa necessità ha fatto sì che, col tempo, venissero predisposte alcune procedure ambientali con lo scopo di analizzare l’eventuale impatto provocato dalla costruzione di determinati progetti sulle risorse ambientali. Per fare questo, l’attività amministrativa deve comunque rispettare determinati principi ambientali, come quello di precauzione, del “chi inquina paga”, di prevenzione e di precauzione tenendo sempre conto della compatibilità ambientale di progetti e attività.

In una situazione come quella appena descritta, l’attività svolta da Viscolube con, in primis, la ri-raffinazione degli oli esausti, rappresenta un chiaro esempio di circular economy. La volontà di applicare un processo sostenibile come quello citato a tutte le altre tipologie di rifiuti, ha portato il Gruppo alla decisione di ampliare il proprio target aziendale andando ad acquisire impianti finali per il trattamento di rifiuti speciali pericolosi e non, sia liquidi sia solidi. A supporto di questa decisione, è stato redatto un documento facilmente consultabile recante tutte le informazioni più significative sugli impianti che attualmente fanno parte del gruppo. Relativamente a questi stessi impianti è stata fatta anche un’indagine sui loro clienti, ovvero sui produttori di rifiuti che affidano la loro parziale o totale gestione al Gruppo, allo scopo di avere un quadro più chiaro di quali sono i processi produttivi dei rifiuti conferiti presso gli impianti stessi.

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Nel presente elaborato finale verrà, prima di tutto, fatto un breve inquadramento su quello che è il mercato dei rifiuti speciali in Italia, un approfondimento della normativa vigente (anche in relazione alla gestione degli oli usati) e sulle varie tipologie di autorizzazioni ambientali di cui necessitano gli impianti che hanno un significativo impatto sull’ambiente e sull’uomo. Dopodiché verrà descritto quello che è stato lo studio dello schema autorizzativo e dell’analisi dei clienti corredato dalle relative osservazioni desunte da questa analisi.

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6

1.INQUADRAMENTO ECONOMICO E NORMATIVO SUI RIFIUTI

SPECIALI

Le aziende che si occupano di raccolta di rifiuti speciali, categoria questa in cui rientrano i 7 impianti del Gruppo Viscolube analizzati per questo progetto, giocano un ruolo fondamentale in quello che è un rapporto ormai consolidato tra industrie e aziende produttrici di questa tipologia di rifiuto e tutti i soggetti coinvolti nelle diverse fasi della gestione dei rifiuti. Lo scopo è quello creare un ciclo di gestione il più possibile connesso all’economia circolare.

La molteplicità dei rifiuti speciali prodotti dalle aziende ha contribuito, da una parte, a rendere più vasto il sistema di smaltimento di tali rifiuto e, dall’altra, alla continua mutazione delle tecnologie adatte alla gestione e trattamento. Di contro però c’è che proprio la molteplicità e l’elevata quantità di rifiuti speciali prodotti e raccolti si scontra con la scarsità di impianti di trattamento presenti sul territorio nazionale.

Si procede quindi con una breve disamina sul mercato dei rifiuti speciali in Italia.

1.1 IL MERCATO DEI RIFIUTI SPECIALI

In base a quanto definito dall’Articolo 184 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., i rifiuti vengono classificati, secondo l’origine, i rifiuti urbani (RU) e rifiuti speciali (RS). Entrambe le categorie possono assumere, a loro volta, un carattere di pericolosità nel caso in cui contengano sostanze o inquinanti tossici per la salute umana o l’ambiente.

I RU sono generati soprattutto da famiglie consumatrici di beni finali e da piccole imprese (artigianali e commerciali soprattutto) che hanno una produzione di rifiuti assimilabili agli urbani conferendo alla tipologia di rifiuto, una elevata eterogeneità. La raccolta è svolta da gestori in regime di concessione di servizio pubblico spesso attivi anche al di fuori delle fasi di raccolta e smaltimento. Nel 2016, la produzione nazionale di RU è stata pari a 30,1 mln t, valore in aumento di circa il 2% rispetto al 2015 (Fonte ISPRA).

I Rifiuti Speciali, invece, sono caratterizzati da rifiuti provenienti:

- Da imprese che generano rifiuti omogenei e in gran quantità, che provvedono ad avviare direttamente a recupero o smaltimento;

- Da imprese a cui i consumatori finali conferiscono rifiuti da loro generati (come farmaci o pile) o prodotti a fine vita (come RAEE o veicoli fuori uso).

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7

Per cui, rientrano all’interno della categoria dei Rifiuti Speciali:  Rifiuti provenienti da attività agricole e agro-industriali;

 Rifiuti provenienti dalle attività di costruzione e demolizione, nonché i rifiuti pericolosi provenienti dalle attività di scavo;

 Rifiuti da lavorazioni industriali;  Rifiuti da lavorazioni artigianali;  Rifiuti da attività commerciali;  Rifiuti da attività di servizio;

 Rifiuti provenienti da attività di recupero e smaltimento dei rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;

 Rifiuti derivanti da attività sanitarie.

La produzione nazionale dei rifiuti speciali nel 2016, è di quasi 135,1 mln t suddivisi in 125,5 mln t di RSNP e 9,6 mln t di RSP (Figura 1). Tra i RSNP il peso maggiore è dato dai rifiuti delle opere di costruzione e demolizione mentre, tra i RSP, la categoria più pesante è quella dei veicoli fuori uso i quali rappresentano il 13,6% (pari a circa 1,3 mln t) del totale. In particolare, tra il 2015 e il 2016 si rileva un aumento pari al 2%, nella produzione totale di rifiuti speciali imputabile soprattutto all’aumento della produzione totale di RSNP.

Figura 1-Produzione nazionale di rifiuti speciali, anni 2014-2016. (Modificato da Rapporto ISPRA Rifiuti Speciali 2018)

I maggiori valori di produzione totale dei rifiuti speciali si concentrano al Nord Italia, con circa il 57,6% rispetto al dato complessivo, seguito da Centro e Sud.

I RSP sono geograficamente concentrati in Lombardia che ne produce più di 1/3, mentre un altro terzo è prodotto da Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana e Lazio (Figura 2).

0 20.000 40.000 60.000 80.000 100.000 120.000 140.000 2014 2015 2016 RSNP esclusi C&D 70.303 70.353 71.985 RSNP da C&D 50.215 52.978 53.492 RSP 8.794 9.097 9.609 Q u an ti tà (1.000* t)

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8 Figura 2-Produzione dei Rifiuti Speciali a livello regionale nel biennio 2015-2016. (Fonte Rapporto Rifiuti Speciali ISPRA 2018)

Nonostante negli anni successivi alla crisi economica (quindi negli anni successivi al 2010), sia stato registrato un aumento della produzione di rifiuti speciali, l’Italia si è dimostrata virtuosa sul fronte del riciclo dei rifiuti speciali. Questo dato è confermato dai dati sulla gestione dei rifiuti speciali non pericolosi, dove il recupero di materia rappresenta la principale operazione (Figura 3).

Figura 3-Gestione dei rifiuti speciali nel 2016. (Fonte Rapporto Rifiuti Speciali ISPRA 2018)

L’andamento già positivo, può ulteriormente essere migliorato andando ad incrementare il riciclaggio sia qualitativamente che quantitativamente in modo tale da poter reinserire nei cicli produttivi quei materiali che, altrimenti, andrebbero a smaltimento.

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La discarica e il trattamento chimico-fisico restano, infatti, le forme di smaltimento più utilizzate. In Italia sono presenti 350 discariche di rifiuti speciali le quali, nel 2016, hanno trattato circa 12,1 mln t di RS la maggior parte dei quali (circa 11 mln t) RSNP (Tabella 1).

Conferimenti per regione (t/a)

Regione Discariche RSNP RSP Totale

Lombardia 29 3.080.711 290.539 3.371.250 Veneto 38 1.293.527 139.263 1.432.790 Puglia 19 1.147.363 10.405 1.157.768 Toscana 16 1.024.060 130.043 1.154.103 Sardegna 40 650.977 107.968 758.945 Piemonte 33 500.100 224.787 724.887 Umbria 7 512.551 80.602 593.153 Lazio 19 573.687 0 573.687 Emilia Romagna 16 377.329 106.453 483.782 Liguria 10 477.492 0 477.492 Marche 9 350.076 32.265 382.341 Sicilia 19 337.847 37.716 375.563

Friuli Venezia Giulia 12 162.620 22.741 185.361

Valle d'Aosta 36 106.405 0 106.405

Calabria 4 30.840 71.110 101.950

Trentino Alto Adige 30 94.744 88 94.832

Basilicata 5 63.575 18.572 82.147

Molise 4 24.101 0 24.101

Abruzzo 4 2.215 17.553 19.768

Campania 0 0 0 0

Totale 350 10.810.220 1.290.150 12.100.325

Tabella 1-Numero di discariche e conferimenti di RSP e RSNP per regione. (Rielaborazione Rapporto Rifiuti Speciali ISPRA 2018).

Non sono presenti dati relativi alla Campania a causa dell’assenza di impianti autorizzati. Di conseguenza non smaltisce sul proprio territorio i rifiuti speciali i quali vengono trattati fuori regione o all’estero

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Circa 1,2 mln t di rifiuti speciali sono stati inviati a incenerimento, considerando che gli impianti di incenerimento che hanno trattato rifiuti speciali nel 2016, sono 68 la gran parte localizzata al Nord (Tabella 2). Rispetto però al 2015 è stata registrata una flessione della quantità di rifiuti speciali trattati pari a -9,1% (circa 91 mila t).

Conferimenti per regione (t/a)

Regione Inceneritori RSNP RSP Totale

Lombardia 20 411.575 161.935 573.510

Emilia Romagna 3 29.207 69.196 98.403

Friuli Venezia Giulia 2 43.105 0 43.105

Sicilia 3 6.639 35.247 41.886 Veneto 4 14.245 20.086 34.331 Basilicata 1 3.055 22.928 25.983 Campania 3 163 19.404 19.567 Abruzzo 3 82 16.236 16.318 Puglia 8 7.004 6.866 13.870 Toscana 7 6.412 5.035 11.447 Sardegna 1 704 5.236 5.940 Molise 3 85 5.130 5.215 Calabria 4 2.249 2.498 4.747 Piemonte 3 123 4.621 4.744 Lazio 1 / 358 358

Trentino Alto Adige 2 0 94 94

Valle d'Aosta / / / 0

Liguria / / / 0

Umbria / / / 0

Marche / / / 0

Totale 68 524.648 374.870 899.518

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2.INQUADRAMENTO NORMATIVO SUI RIFIUTI

La tutela degli aspetti ambientali è di primaria importanza non solo per i soggetti direttamente coinvolti nelle diverse fasi del ciclo di gestione dei rifiuti, ma anche per i legislatori e questo ha portato, negli anni, a frequenti modifiche di quella che è la normativa strettamente connessa al settore rifiuti. Al fine quindi di garantire un elevato livello di protezione ambientale e della salute umana, sono state introdotte le procedure di valutazione ambientale cui è necessario sottoporre qualsiasi piano, progetto o programma di opere o installazioni aventi impatti sull’ambiente, in modo tale che l’attività antropica sia compatibile con lo sviluppo sostenibile. In questa tipologia di attività rientrano anche gli impianti per il trattamento e recupero dei rifiuti speciali come i 7 impianti analizzati durante questo lavoro.

Nei paragrafi successivi verrà fatto un breve approfondimento sulla normativa vigente nel settore rifiuti con un focus sulla gestione degli oli usati, il cui processo di rigenerazione è preso come esempio per creare un ciclo di gestione dei rifiuti il più vicino possibile ai dettami dell’economia circolare concetto, quest’ultimo, fortemente legato allo sviluppo sostenibile. Inoltre verrà fatta una descrizione delle diverse tipologie di autorizzazioni ambientali di cui necessitano gli impianti di trattamento dei rifiuti per la loro attività.

2.1. NORMATIVA DI RIFERIMENTO

Nel nostro ordinamento la gestione dei rifiuti è regolamentata dal D.Lgs. 152/06 e s.m.i. il quale, in attuazione della Direttiva 2008/98/CE, ha come finalità la riduzione degli impatti negativi della produzione, della gestione dei rifiuti e quelli riguardanti l’utilizzo delle risorse, mettendo in atto delle misure volte alla protezione dell’ambiente e della salute umana.

All’interno del D.Lgs. 152/06, o Codice dell’Ambiente, la parte dedicata alla gestione dei rifiuti è la Quarta parte, “Gestione dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati”. La gestione dei rifiuti rappresenta un’attività di interesse pubblico e, per questo motivo, come affermato dall’articolo 177, comma 4, essa deve essere organizzata in modo tale da non mettere in pericolo la salute dell’uomo, da evitare rischi per l’ambiente e danni per il paesaggio e i siti di particolare interesse. È quindi importante che la gestione dei rifiuti sia conforme a quelli che sono i criteri fondamentale di precauzione, prevenzione, sostenibilità, proporzionalità, responsabilizzazione e cooperazione che riguardando tutti i soggetti coinvolti nella produzione, distribuzione, utilizzo e consumo dei beni che originano i rifiuti.

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L’articolo 181 prevede, in riferimento al settore del riciclaggio, che siano i Comuni a provvedere e realizzare la raccolta differenziata sul proprio territorio in base ai criteri stabiliti dalle Regioni. La normativa oltretutto impone agli enti competenti il raggiungimento, entro il 2020 di alcuni standard, in particolare:

- L’aumento almeno del 50% in termini di peso, della preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti quali carta, metalli, plastica e vetro;

- L’aumento del 70% in termini di peso, della preparazione al riutilizzo, riciclaggio e altri tipi di recupero di tutti i rifiuti da costruzione e demolizione.

Per quanto riguarda lo smaltimento invece (Art. 182), esso deve essere effettuato in condizioni di sicurezza e rappresenta la fase residuale della gestione dei rifiuti tranne quando, in seguito a verifica da parte dell’autorità competente, è accertata l’impossibilità tecnica ed economica all’esecuzione di tale processo. Per questo motivo, i rifiuti da avviare a smaltimento devono essere il più possibile ridotti sia in massa che in volume andando, di questo modo, a potenziare la prevenzione e le attività di riutilizzo, riciclaggio e recupero.

Resta il fatto che la normativa vieta in assoluto lo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle di produzione, tranne in caso di eventuali accordi regionali o internazionali.

Un ruolo importante nella gestione dei rifiuti, è giocato dal produttore i cui obblighi riguardano il deposito temporaneo, il divieto di miscelazione, la corretta tenuta e compilazione sia del registro di carico e scarico che del formulario, nonché la corretta consegna a un trasportatore autorizzato. Si aggiunge inoltre, la classificazione del rifiuto, ovvero l’attribuzione del corretto EER (Elenco Europeo Rifiuti). Il produttore è anche tenuto a verificare le autorizzazioni del trasportatore e del destinatario. Quest’ultimo rappresenta un obbligo di tipo sostanziale essendo legato alla responsabilità condivisa nell’ambito della circolazione del rifiuto che grava su tutti i soggetti coinvolti nell’intero ciclo di gestione, quindi produttori, trasportatori e destinatari. Ma cosa s’intende per deposito temporaneo e divieto di miscelazione?

 Deposito temporaneo

Rappresenta il raggruppamento dei rifiuti effettuato dal loro produttore nel luogo in cui sono prodotti ed esula dalle operazioni di gestione. È un’attività che va effettuata per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche e delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose, per quanto riguarda i rifiuti pericolosi. Il produttore sceglie la modalità di raccolta e avvio a recupero e smaltimento dei rifiuti depositati e questa operazione può avvenire con cadenza trimestrale, indipendentemente dalla quantità del deposito; quando la quantità di rifiuti depositati

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raggiunge i 30 mc, di cui 10 mc di rifiuti pericolosi; in ogni caso ogni anno, allorché non venga superato il predetto limite.

 Divieto di miscelazione

L’articolo 187, comma 1 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. stabilisce il divieto di miscelazione dei rifiuti pericolosi con i rifiuti non pericolosi, inclusa anche la diluizione di sostanze pericolose. È importante ricordare che la declassificazione da RP a RNP non può essere ottenuta attraverso una diluizione o una miscelazione del rifiuto che comporti una riduzione delle concentrazioni delle sostanze pericolose al di sotto delle soglie che conferiscono il carattere di pericolosità al rifiuto.

2.2. CENNI SULLA NORMATIVA RIGUARDANTE GLI OLI MINERALI USATI

In base a quanto definito dall’articolo 183, comma 1, lettera c) del D.Lgs. 152/06 e s.m.i., gli oli usati vengono definiti come “qualsiasi olio industriale o lubrificante, minerale o sintetico, divenuto improprio all’uso cui era inizialmente destinato, quali gli oli usati dei motori a combustione e dei sistemi di trasmissione, nonché gli oli usati per turbine e comandi idraulici”. In tale definizione rientrano anche le “miscele oleose”, ovvero composti usati, fluidi o liquidi, formati solo parzialmente da olio minerale o sintetico, compresi i residui oleosi di cisterna, i miscugli di acqua e olio e le emulsioni. Si tratta sostanzialmente di rifiuti pericolosi e la loro raccolta viene assicurata su tutto il territorio dal CONOU, ovvero Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli Oli Minerali Usati. La destinazione principale degli oli raccolti è l’industria della rigenerazione ma, se le sue caratteristiche non dovessero rendere adatto l’olio alla rigenerazione, esso viene mandato a combustione o viene distrutto in modo da evitare un possibile inquinamento.

Il riferimento normativo per la gestione del rifiuto olio lubrificante usato è il D.Lgs. 95/1992, ovvero una legislazione di carattere speciale che va letta con le integrazioni significative introdotte dal D.Lgs. 152/06 e s.m.i., in particolare dall’art. 216-bis in relazione ai rifiuti, alla difesa del suolo e la tutela dell’aria e dell’acqua.

A prescindere dalla loro derivazione, che sia essa urbana (provenienti dal cambio di olio effettuato direttamente dai cittadini) o speciale (proveniente da usi professionali), gli oli usati rappresentano a tutti gli effetti un RP e, pertanto, debbono essere eliminati evitando danni alla salute e all’ambiente. Per tale motivo è vietato:

 Qualsiasi scarico nelle acque interne e di superficie, nelle acque sotterranee, nelle acque marine territoriali e nelle canalizzazioni;

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 Qualsiasi deposito e/o scarico che abbia effetti nocivi per il suolo, qualsiasi scarico incontrollato di rifiuti provenienti dal trattamento degli oli usati;

 Qualsiasi trattamento che provochi inquinamento dell’aria superiore al livello fissato dalle disposizioni vigenti.

Il ciclo di gestione dell’olio usato è articolato nelle seguenti fasi:

- deposito temporaneo: ovvero stoccaggio temporaneo presso il produttore. Anche se, come detto in precedenza, questa fase non è compresa in quello che è il sistema di gestione dei rifiuti, il deposito temporaneo resta comunque funzionale alla raccolta. È una fase che può essere svolta senza la presenza di un’autorizzazione;

- raccolta/trasporto: consiste nel prelievo presso i produttori/detentori dell’olio usato da parte dei raccoglitori trasportatori autorizzati (iscritti quindi all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali) e primo stoccaggio presso i soggetti autorizzati (spesso coincidenti con i raccoglitori/trasportatori);

- stoccaggio: si tratta dello stoccaggio presso i depositi convenzionati CONOU;

- analisi e classificazione: in seguito al conferimento presso uno dei predetti depositi convenzionati CONOU, l’olio usato viene analizzato per poterne individuare le caratteristiche qualitative, le quali determineranno la scelta del successivo canale di recupero o eliminazione;

- recupero/eliminazione: in base a quanto determinato dalle analisi, l’olio usato sarà sottoposto prioritariamente a rigenerazione, se questa non fosse possibile, a rigenerazione o, in ultima ipotesi, a termodistruzione.

Come tutte le altre tipologie di rifiuti, anche gli oli usati debbono essere gestiti secondo l’ordine di priorità prevenzione, preparazione al riutilizzo, riciclaggio, recupero e smaltimento, cercando sempre di applicare l’opzione migliore per l’ambiente. Proprio per questo motivo, sempre l’articolo 216-bis dispone che gli oli usati siano gestiti:

- in via prioritaria tramite rigenerazione (che rappresenta, a tutti gli effetti, una operazione di riciclaggio), il cui scopo finale è la produzione di basi lubrificanti;

- in via sussidiaria, qualora la rigenerazione fosse tecnicamente non applicabile e/o economicamente impraticabile, tramite combustione;

- in via residuale, qualora i precedenti trattamenti non fossero tecnicamente applicabili a causa della composizione degli oli, tramite operazioni di smaltimento previste nell’allegato B alla parte IV del D.Lgs. 152/06 e s.m.i..

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Come accennato precedentemente, il D.Lgs. 152/06 e s.m.i. vieta la miscelazione di RP con RNP. È fatta però eccezione per gli oli usati i quali, in deroga all’art. 187, comma 1 e in base a quanto disposto dall’art. 216-bis, comma 2, possono essere miscelati tra loro anche se presentano differenti caratteristiche di pericolosità semplificando, in tale modo, le operazioni di deposito temporaneo, raccolta, trasporto e gestione degli stessi. L’operazione di miscelazione va fatta in modo da mantenere costantemente separati gli oli usati da destinare, prima di tutto, a rigenerazione e, successivamente, alle altre forme di recupero e smaltimento. Oltre agli oli usati, tale deroga riguarda anche le emulsioni oleose, restando fermo il divieto di miscelare gli oli usati con altri rifiuti o sostanze.

2.3. LE AUTORIZZAZIONI AMBIENTALI E ASPETTI PROCEDURALI

Le procedure di valutazione preventiva definite dall’ordinamento sono attualmente tre: VAS (valutazione ambientale strategica), VIA (valutazione di impatto ambientale), AIA (autorizzazione integrata ambientale). Con D.P.R. 59/2013 c’è stata l’introduzione di un quarto tipo di autorizzazione, l’AUA (Autorizzazione Unica Ambientale). Sebbene differenti, presentano come scopo comune la prefigurazione degli impatti ambientali di programmi e piani (VAS), di progetti (VIA) e l’individuazione delle condizioni in cui gli impianti industriali possono funzionare (AIA).

Anche in questo caso, la normativa di riferimento è il D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. e, la parte del testo che disciplina tali autorizzazioni, è la Parte Seconda così suddivisa:

- Titolo I: principi generali per la VIA, VAS, valutazione di incidenza e AIA (articoli di 4 a 10):

- Titolo II: stabilisce la procedura specifica in tema di VAS (artt. da 11 a 18);

- Titolo III: stabilisce la procedura per la valutazione di impatto ambientale VIA (artt. da 19 a 29);

- Titolo III bis: autorizzazione integrata ambientale AIA (artt. da 29 bis a 29 quattuordecies);

- Titolo IV: valutazioni ambientali interregionali e transfrontaliere (artt. da 30 a 32 bis); - Titolo V: detta le norme transitorie e finali nonché le abrogazioni in materia.

Di seguito verranno descritte le quattro procedure di valutazione citate con un maggior approfondimento per quanto riguarda l’Autorizzazione integrata ambientale, essendo stata oggetto di studio in questo progetto di stage.

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 VALULTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA - VAS

La Valutazione ambientale è stata introdotta dalla Direttiva 2001/42/CE del Parlamento Europeo, recepita da tutti gli Stati Membri entro il 2009. In Italia, la direttiva VAS è stata recepita con il D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. entrando in vigore l’anno successivo. Essa ha l’obiettivo di valutare tutti quei piani e programmi che possono avere un impatto significativo sull’ambiente, in modo da garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali durante le procedure di elaborazione, adozione e approvazione di detti piani e programmi. La fase di valutazione viene eseguita precedentemente all’approvazione del piano o del programma in modo da garantire che gli impatti significativi sull’ambiente derivanti dall’attuazione di tali piani e programmi siano presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro approvazione.

La normativa, con i termini per piani e programmi, intende gli atti e provvedimenti di pianificazione e programmazione (compresi quelli cofinanziati dalla Comunità Europea) e le loro modifiche, che sono stati adottati e/o elaborati da un’autorità a livello nazionale, regionale o locale e che possono avere impatti significativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale (Art. 6 alla Parte Seconda). La VAS, in particolare, viene applicata a quei piani e programmi che sono stati elaborati per la valutazione e gestione della qualità dell’ambiente in settori come quello agricolo, forestale, energetico, industriale, della gestione dei rifiuti, della pianificazione territoriale o destinazione dei suoli, e non solo. Viene anche applicato per quei piani e programmi che impattano significativamente sulla conservazione dei siti definiti ZPS (ovvero zone di protezione speciale per la conservazione di uccelli selvatici) e SIC (ovvero siti d’importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e fauna selvatica). Le varie fasi del procedimento di VAS sono elencate nell’articolo 11 ed esplicate nei successivi articoli da 12 a 18. Le tappe principali sono:

- lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità, ovvero una verifica che permette di valutare, laddove previsto, se i piani e programmi e loro modifiche, possano avere degli impatti significativi sull’ambiente. Essa si conclude con la redazione di un provvedimento di verifica.

Tale verifica si applica ai piani e programmi elencati nel comma 2 dell’articolo 6 e devono essere sottoposti alla fase di valutazione secondo quanto disposto dall’Art. 12 del D.Lgs. 152/06. È compito dell’autorità procedente, quindi l’Amministrazione Pubblica, inviare all’autorità competente, ovvero chi ha l’autorità per la tutela e valorizzazione ambientale, un rapporto preliminare comprendente una descrizione del piano o programma con relative informazioni e dati necessari alla verifica degli impatti

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significativi sull’ambiente. Spetta poi all’Autorità Competente decidere, ai sensi dell’articolo 12 e sulla base dei criteri individuati nell’Allegato I alla Parte Seconda (criteri per la verifica di assoggettabilità di piani e programmi di cui all’articolo 12), se possono esservi impatti significativi sull’ambiente e se quindi il piano o programma debba essere o meno assoggettato a VAS;

- l’elaborazione del rapporto ambientale, la quale spetta al proponente, ovvero la P.A. o il soggetto privato che elabora il piano o il programma da sottoporre alla valutazione ambientale, o all’Autorità procedente in seguito alla loro consultazione con l’autorità competente e tutti i soggetti competenti in materia ambientale (Art. 13 del D.Lgs. 152/2006). In questo documento vanno descritti e valutati gli impatti significativi che l’attuazione di un piano/programma potrebbe avere sull’ambiente e sul patrimonio culturale, comprese anche delle ragionevoli alternative che potrebbero essere adottate tenendo ben presenti gli obiettivi e l’ambito territoriale;

- lo svolgimento di consultazioni con il pubblico in seguito alla pubblicazione, da parte dell’autorità procedente, di un avviso in Gazzetta Ufficiale o nel Bollettino ufficiale della Regione o Provincia autonoma e contiene, tra le altre informazioni, il titolo della proposta di piano/programma, il proponente, l’Autorità Procedente (Art. 14 del D.Lgs. 152/2006);

- la valutazione del rapporto ambientale da parte dell’autorità Competente la quale, in seguito alle attività istruttorie in collaborazione con l’Autorità Procedente e sulla base delle consultazioni, esprime il proprio parere motivato. Rappresenta il provvedimento obbligatorio, corredato da eventuali osservazioni e condizioni, che chiude la fase di valutazione di VAS;

- la decisione finale da parte dell’organo competente sulla base del piano/programma, del rapporto ambientale, del parere motivato e della documentazione acquisita per la consultazione. La sua pubblicazione avviene o sulla Gazzetta Ufficiale o sul Bollettino della Regione (Artt. 16 e 17 del 152/2006);

- l’informazione sulla decisione nei siti web delle autorità interessate con indicazione del luogo in cui è possibile prendere visione del piano o programma adottato e corredata dal parere motivato espresso dall’Autorità competente (Art. 17 del D.Lgs. 152/2006); - il monitoraggio, eseguita dall’Autorità Procedente in collaborazione con l’Autorità

Competente, fase questa che assicura il controllo sugli impatti significativi sull’ambiente derivanti appunto dall’attuazione dei piani e programmi approvati oltre che alla verifica del raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità prefissati.

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Ci sono dei casi in cui la Valutazione Ambientale Strategica non va applicata, come nel caso di piano e programmi che hanno come scopo la difesa nazionale caratterizzati da urgenza o coperti da segreto di Stato, nel caso di piani e programmi finanziari e di bilancio, per piani di protezione civile in caso di pericolo per l’incolumità pubblica e, infine, per i piani di gestione forestale riferiti ad un ambito aziendale di livello locale, redatti seguendo i criteri della gestione forestale sostenibile e che siano stati approvati dalle regioni o dagli organismi individuati dalle regioni stesse.

Per quanto riguarda le competenze, è possibile individuare due casi:

1) VAS statale: la procedura di VAS si svolge a livello statale quando i piani e programmi devono essere approvati da organi dello Stato. La competenza, in questo caso, ricade sul Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare insieme al Ministero dei Beni Culturali;

2) VAS regionale: la procedura si svolge a livello regionale invece quando la sua approvazione spetta alle Regioni e alle Province autonome o agli enti locali. In questo caso la competenza ricade sulla P.A. individuata dalle leggi regionali e dalle Province autonome.

Al fine di promuovere l’integrazione tra obiettivi di sostenibilità ambientale e il rispetto degli obiettivi, dei piani e dei programmi ambientali sia nazionale che europei, l’Autorità competente può esprimere il proprio parere sull’assoggettabilità alla valutazione ambientale delle proposte di piano/programma, collabora con l’autorità proponente con lo scopo di definire forme e soggetti della consultazione pubblica, per impostare i contenuti del rapporto ambientale e per le modalità di monitoraggio.

 VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE - VIA

La valutazione ambientale dei progetti permette di definire, in via preventiva alla realizzazione delle opere, quali possono essere gli effetti sull’ambiente di un determinato progetto. Ha come scopo generale quello di assicurare la compatibilità tra sviluppo sostenibile e capacità rigenerative degli ecosistemi e delle risorse con uno sguardo anche ai possibili vantaggi connessi alle attività economiche.

Come definito dall’art. 5 del D.Lgs. n. 152/2006 e s.m.i., per progetto s’intende “la realizzazione di lavori di costruzione o altri impianti od opere e di altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo” comprendendo, di fatto, anche la costruzione e la modifica degli impianti o delle opere interessate riportate negli Allegati II, III, IV alla Parte II del decreto.

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Il procedimento di VIA si articola, ai sensi del Titolo III della Parte Seconda del D.Lgs. 152/2006 (artt. 19-29) in più fasi:

- verifica di assoggettabilità, qualora applicabile, atta alla valutazione di eventuali impatti significativi e negativi che un progetto potrebbe avere sull’ambiente ed essere sottoposti successivamente alla fase di VIA (Art. 20, D.Lgs. 152/2006).

Il procedimento di assoggettabilità è limitato però ai casi previsti dall’articolo 6, comma 7 del D.Lgs. e, quindi, solo a: i) progetti elencati nell’Allegato II alla Parte seconda, che servono esclusivamente o essenzialmente allo sviluppo e collaudo di nuovi metodi o prodotti e il cui utilizzo non supera i due anni; ii) modifiche o estensioni dei progetti elencati negli Allegati II, II-bis, III e IV, la cui realizzazione può potenzialmente produrre impatti significativi e negativi sull’ambiente; iii) progetti elencati nell’Allegato II-bis, in applicazione dei criteri e soglie definiti dal Dm Ambiente 30 marzo 2015 “Linee guida per la verifica di assoggettabilità a VIA dei progetti di competenza regionale”; iv) progetti elencati nell’Allegato IV, secondo le modalità stabilite dalle Regioni e Province autonome;

- definizione dei contenuti dello studio di impatto ambientale (SIA), il quale rappresenta il perno della VIA, ovvero un elaborato predisposto a cura e spese del proponente. Il proponente ha facoltà di richiedere una fase di consultazione con l’Autorità competente e i soggetti competenti in materia ambientale, con lo scopo predisporre lo studio di impatto ambientale andando a definire i contenuti di tale documento (Art. 21 del D.Lgs. 152/2006). Il SIA deve almeno contenere le seguenti informazioni: a) descrizione del progetto, quindi caratteristiche, localizzazione e dimensioni; b) descrizione delle misure adottate per evitare, ridurre o quantomeno compensare gli impatti ambientali negativi rilevanti; c) i dati necessari all’individuazione e valutazione dei principali impatti sull’ambiente e sul patrimonio culturale che il progetto può produrre in fase di realizzazione ed esercizio; d) descrizione sommaria di eventuali alternative prese in considerazione dal proponente, compresa “l’opzione zero” ovvero la sua non realizzazione; e) progetto di monitoraggio. Allo studio di impatto ambientale va poi allegata una sintesi non tecnica relative alle informazioni contenute nel SIA stesso (Art. 22);

- presentazione dell’istanza, eseguita dal proponente all’Autorità Competente, a cui vanno allegati il progetto definitivo, il SIA, la sintesi non tecnica e altri eventuali autorizzazioni o provvedimenti. All’Autorità competente spetta poi, entro 15 giorni dalla presentazione dell’istanza di VIA, verificare che la documentazione sia completa.

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Qualora fosse incompleta, l’Autorità Competente può chiedere al proponente di presentare entro 30 giorni una documentazione integrativa, pena l’archiviazione della procedura (Art.23);

- consultazione, fase questa molto pubblicizzata in modo da favorire la partecipazione di chiunque abbia interesse. La visibilità del progetto comunque è garantita a priori, già dal momento della presentazione della domanda da parte del proponente il quale è tenuto a depositare tutta la documentazione di cui all’Art.23 e alla diffusione del progetto a mezzo stampa e sul sito web dell’Autorità Competente;

- valutazione dello studio ambientale e degli esiti della consultazione, ovvero la fase istruttoria in cui si verifica tutta la documentazione presentata. Le P.A. interessate hanno la facoltà di stipulare con l’Autorità Competente degli accordi con lo scopo di semplificare la procedura (Art.25);

- decisione: si tratta della fase conclusiva del procedimento che porta all’adozione del provvedimento espresso e motivato, la quale deve essere resa nei 150 giorni successivi alla presentazione dell’istanza. Nel caso in cui l’Autorità Competente dovesse far richiesta al proponente di presentare una integrazione alla documentazione, essa ha la facoltà di sospendere tale termine per 45 giorni prorogabili. L’Autorità Competente esprime poi il provvedimento di VIA entro 90 giorni dalla presentazione delle modifiche (Art.26).

Il provvedimento di VIA sostituisce o coordina tutti i provvedimenti in materia ambientale utili per la realizzazione e messa in opera del progetto. Contiene quindi le condizioni di realizzazione, esercizio e dimissione del progetto nonché quelle relative ad eventuali malfunzionamenti, le misure per il monitoraggio degli impatti ambientali e costituisce condizione per l’inizio dei lavori. L’efficacia temporale del provvedimento è non inferiore a 5 anni decorso il quale, il procedimento di VIA deve essere rinnovato; - pubblicazione, monitoraggio, controllo e sanzioni, fase questa che prevede la

pubblicazione, da parte del proponente, di alcuni estratti del provvedimento di VIA sulla Gazzetta Ufficiale o Bollettino Ufficiale della Regione (Art.27).

Il proponente è ovviamente tenuto a rispettare le condizioni ambientali contenute all’interno del provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA o nel provvedimento di VIA. Affinché sia possibile verificare la conformità a tali condizioni, il proponente trasmette la documentazione contenente gli elementi necessari alla verifica dell’ottemperanza all’Autorità Competente. Nel caso quest’ultima dovesse accertare la

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presenza di impatti negativi, può ordinare la sospensione dei lavori o delle attività autorizzate disponendo l’adozione di misure correttive.

Per quanto riguarda il campo di applicazione della valutazione di impatto ambientale e le relative competenze anche qui, come per la VAS, è possibile distinguere due casi:

1) VIA statale: sono sottoposti a VIA statale tutti i progetti elencati dell’Allegato II alla Parte Seconda del D.Lgs. 152/2006 “Progetti di competenza statale”. Sono invece sottoposti a verifica di assoggettabilità a VIA in sede statale i progetti di cui all’Allegato II-bis.

Nel caso di VIA statale, la competenza è del MATTM insieme al Ministero per i Beni Culturali;

2) VIA regionale: verranno sottoposti a VIA regionale tutti i progetti di cui all’Allegato III alla Parte Seconda del D.Lgs. 152/2006. Sono invece sottoposti a verifica di assoggettabilità in sede regionale, tutti i progetti elencati nell’Allegato IV alla Parte Seconda.

In questo caso la competenza spetta alla P.A. con compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale, individuata secondo le disposizioni regionali o delle Province autonome.

In base però a quanto previsto dall’art.31, nel caso in cui dovesse nascere un conflitto tra autorità competenti regionali circa gli impatti ambientali, è compito del presidente del Consiglio dei Ministri disporre che, al progetto, vengano applicate le disposizioni previste dai progetti statali.

 AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE – AIA

L’autorizzazione integrata ambientale è necessaria per le installazioni che rientrano nell’Allegato VIII alla Parte Seconda del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. come attività energetiche, attività per la gestione dei rifiuti, attività di produzione e lavorazione dei metalli, industria chimica, industria dei prodotti minerali, altre attività (come industria cartaria, tessile, ecc.). L’autorizzazione inoltre è prevista anche per le modifiche sostanziali alle predette attività. Lo scopo di tale autorizzazione è quindi la prevenzione e riduzione dell’inquinamento causato dalle attività industriali, obiettivo questo che può essere perseguito prendendo delle misure che permettano di evitare o, quantomeno ridurre, le emissioni in acqua, nel suolo e nell’aria senza tralasciare le misure riguardanti i rifiuti, sempre in un’ottica di protezione ambientale.

L’articolo 5, comma 1, lettera o-bis del D.Lgs. 152/06 e s.m.i fornisce una definizione dell’autorizzazione integrata ambientale, ovvero il “provvedimento che autorizza l’esercizio di

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una installazione, o di parte di essa, a determinate condizioni che devono garantire che la stessa sia conforme ai requisiti previsti dal Decreto medesimo”. L’AIA infatti può valere per una o più installazioni o parti di esse collocate sullo stesso sito e gestite dallo stesso gestore. Nel caso in cui diverse parti dell’installazione siano invece gestite da gestori differenti, le relative autorizzazioni devono essere opportunamente coordinate a livello istruttorio.

Relativamente alle competenze, anche in questo caso si distingue in:

- AIA statale, che riguarda progetti relativi alle attività riportate nell’Allegato XII e le loro modifiche sostanziali. La competenza ricade sul MATTM;

- AIA regionale, che riguarda i progetti, e loro sostanziali modifiche, di cui all’Allegato VIII che non risultano inclusi anche nell’Allegato XI. In questo caso la competenza è della P.A. individuata da leggi regionali e delle Province autonome.

Generalmente l’AIA viene rilasciata tenendo conto di quanto riportato nell’Allegato XI alla Parte Seconda, mentre le relative condizioni sono definite facendo riferimento alle Conclusioni

sulle BAT (Best Available Techniques, migliori tecniche disponibili). Tale documento è

adottato in base a quanto specificato nell’Articolo 13, paragrafo 5, della Direttiva 2010/75/UE la quale contiene una parte della analisi dei BREF (BAT reference document) riguardanti le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili, la loro descrizione, informazioni che permettano di valutarne l’applicabilità, i livelli di emissione, consumo e monitoraggio associati, ed eventuali misure di bonifica del sito.

Ma quali sono sostanzialmente le principali condizioni di cui l’Autorità competente deve necessariamente tener conto per poter rilasciare un’AIA?

 Devono essere prese le opportune misure di prevenzione per l’inquinamento applicando le migliori tecniche disponibili;

 Non devono verificarsi significativi fenomeni di inquinamento;

 È evitata la produzione di rifiuti. I rifiuti di cui invece non è possibile prevedere la produzione sono, in conformità con la Parte Quarta del D.Lgs. 152/06 e s.m.i., in ordine di priorità riutilizzati, riciclati recuperati o, laddove ciò sia tecnicamente ed economicamente impossibile, smaltiti evitando e riducendo il loro impatto sull’ambiente;

 Riutilizzare l’energia in modo efficace ed efficiente;

 Devono essere prese adeguate misure per prevenire incendi e comunque limitarne le conseguenze;

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 Al momento della cessazione dell’attività, deve essere evitato qualsiasi rischio di inquinamento con ripristino del sito stesso.

Come abbiamo visto fino ad ora, l’autorizzazione integrale ambientale va rilasciata ai fini dell’esercizio di nuove installazioni e impianti, della loro modifica sostanziale o adeguamento a installazioni esistenti. Rispettando comunque ciò che richiede la normativa in merito ad aria, acqua, suolo e rumore, la domanda di autorizzazione deve contenere informazioni riguardanti la descrizione dell’installazione e della tipologia di attività; della tipologia di materie prime e ausiliarie, delle sostanze e dell’energia sia usate che prodotte dall’installazione; dello stato

del sito di ubicazione; delle fonti e dell’entità delle emissioni in ogni comparto ambientale,

nonché una identificazione degli effetti significativi di tali emissioni sull’ambiente; delle tecnologie che s’intende utilizzare per prevenire le emissioni o, in ogni caso, ridurle ; delle

misure di prevenzione, preparazione al riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti prodotti; delle attività di autocontrollo e controllo programmato che richiedono l’intervento

dell’ente di controllo; delle alternative tecnologiche prese in considerazione dal gestore. La domanda deve essere inoltre corredata da una sintesi non tecnica.

Come accade per il rilascio della VAS, all’interno dell’iter per il rilascio dell’autorizzazione, l’Autorità Competente convoca la conferenza dei servizi in modo da acquisire pareri da parte delle autorità competenti in materia ambientale, tra cui anche ISPRA e ARPA che rilasciano il proprio parere riguardante il monitoraggio e controllo degli impianti e delle emissioni in ambiente. Entro 150 giorni dalla presentazione della domanda, l’Autorità Competente si esprime in merito al rilascio dell’AIA.

Le autorizzazioni integrate ambientali sostituiscono ad ogni effetto, le autorizzazioni riportate nell’elenco di cui all’Allegato XI.

Essendo stata l’autorizzazione integrata ambientale oggetto di studio approfondito durante il lavoro di stage vediamo, in modo più accurato, alcuni aspetti riguardanti soprattutto i contenuti dell’AIA, rinnovo e controlli.

CONTENUTI DELL’AIA

All’interno del documento di autorizzazione sono indicati i valori limite di emissione fissati per le sostanze inquinanti (Allegato X del D.Lgs. 152/06 e s.m.i.) che possono essere emesse dall’installazione in quantità significativa, tenendo conto della loro natura e potenzialità di trasferimento da un elemento ambientale all’altro (acqua, aria, suolo), nonché i valori limite relativi all’inquinamento acustico. Tali valori limite non possono essere meno rigorosi di quelli

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fissati dalla normativa vigente sul territorio in cui è ubicata l’installazione e, comunque, non devono superare i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili.

Oltre ai valori limite, sono presenti altre disposizioni a garanzia della protezione del suolo e delle acque sotterranee, sulla gestione dei rifiuti, l’impatto acustico e la manutenzione; vengono inoltre riportate le verifiche periodiche delle misure attuate per evitare le emissioni e i controlli del suolo e delle acque sotterranee in relazione alle sostanze già presenti nel sito.

La disposizione di valori limite di emissione più rigorosi resta comunque a discrezione dell’Autorità Competente, il quale può imporli nel caso in cui uno strumento di pianificazione ambientale come può esserlo il piano di tutela delle acque o la pianificazione in materia di emissioni in atmosfera, tenendo conto anche delle sorgenti emissive coinvolte, riconosca la necessità di applicare misure più stringenti rispetto a quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili. Per quanto riguarda invece le sostanze inquinanti, i valori limite vengono applicati al punto di fuoriuscita delle emissioni.

Tra le informazioni riguardanti le emissioni, l’AIA riporta anche i requisiti di controllo delle emissioni, specificando la metodologia e la frequenza delle misurazioni, nonché le condizioni per valutare le conformità e la procedura di comunicazione dei dati all’Autorità competente. Ogni modifica progettata dell’impianto, deve essere comunicata dal gestore all’Autorità Competente. Nel caso però si tratti di modifica sostanziale (ovvero una variazione delle caratteristiche o un potenziamento dell’impianto), il gestore deve presentare una nuova domanda di autorizzazione corredata da una relazione contenente l’aggiornamento delle informazioni.

RINNOVO

Il riesame, che prevede la conferma o l’aggiornamento delle condizioni dell’AIA, viene eseguita periodicamente dall’Autorità Competente e tiene conto delle BATC (Best Available

Techniques conclusion) nuove o aggiornate e di nuovi elementi che possano condizionare

l’esercizio dell’installazione. Il riesame e, quindi, il rinnovo, è disposto sull’installazione: - entro quattro anni dalla data di pubblicazione delle BATC riferite all’attività principale; - una volta trascorsi 10 anni dal rilascio dell’AIA o dall’ultimo riesame eseguito

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CONTROLLI

È compito del gestore dell’installazione avviare i controlli previsti dall’AIA, previa comunicazione all’Autorità Competente provvedendo poi, una volta terminati tali controlli, a trasmettere i dati delle emissioni richiesti dall’autorizzazione. A carico del gestore sono anche i controlli eseguiti dall’ISPRA e ARPA.

 AUTORIZZAZIONE UNICA AMBIENTALE – AUA

Si tratta di una specifica forma di autorizzazione introdotta dal D.P.R. 13 marzo 2013, n.59 per semplificare gli adempimenti amministrativi ambientali e rilasciata dallo Sportello Unico per le Attività Produttive SUAP.

L’AUA si applica alle piccole-medie imprese (PMI) e a tutti quegli impianti non soggetti alle disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale. Non va invece applicata a quei soggetti sottoposti a VIA nel caso in cui la normativa statale e regionale disponga che il provvedimento finale di VIA comprenda e sostituisca tutti gli altri atti in materia ambientale. La sua durata è di 15 anni a partire dal suo rilascio

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3.IL GRUPPO VISCOLUBE

3.1. IL GRUPPO VISCOLUBE

Fondata nel 1963, Viscolube è l’azienda leader in Europa nel settore della ri-raffinazione degli oli usati e nella produzione, recupero e purificazione di solventi esausti, nonché player di riferimento dell’economia circolare e della sostenibilità ambientale. Rappresenta inoltre un

player di riferimento in Italia per la raccolta, gestione e trattamento di rifiuti industriali speciali

pericolosi e non pericolosi.

L’azienda, attraverso la propria struttura industriale, è in grado di:

 Rigenerare, in due raffinerie, circa 190.000 ton/anno di oli usati ricavando 125.000 ton/anno di basi lubrificanti rigenerate che rappresentano il 30% del lubrificante venduto in Italia, con caratteristiche prestazionali pari e, talvolta, superiori alle basi provenienti dalla prima raffinazione;

 Gestire a 360° più di 400.000 ton/anno di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, indirizzandone il massimo quantitativo possibile verso il recupero;

 Recuperare 90.000 t/anno di rifiuti solventati rigenerandone circa il 60%.

Viscolube adotta un proprio processo di ri-raffinazione brevettato e tra i più diffusi al mondo. Tale processo consente di trattare una gran varietà di oli usati producendo basi ri-raffinate sia di Gruppo I+ sia di Gruppo II+ che vengono poi riutilizzate dalle più importanti società di lubrificazione mondiali. Gli oli usati possono essere rigenerati all’infinito rappresentando proprio un perfetto esempio di economia circolare.

Il Gruppo Viscolube può essere sostanzialmente suddiviso in 3 aree in base all’attività svolta e al prodotto trattato:

 Raffinerie di rigenerazione;  Divisione Ambiente;  Divisione Solventi.

RAFFINERIE DI RIGENERAZIONE

Gli impianti di raffinazione sono attualmente due:

- Pieve Fissiraga (LO), la cui capacità di olio minerale esausto autorizzata corrisponde a 130.000 t/anno;

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Il processo di raffinazione messo in atto negli impianti è del tutto uguale a quello effettuato con il petrolio greggio avendo però come punto di partenza, in questo caso, l’olio usato. Le basi rigenerate Viscolube, ottenute tramite un processo di idrogenazione catalitica ad alta pressione, presentano delle caratteristiche chimico-fisiche e di composizione ideali per l’utilizzo sia nel settore autotrazione che in quello industriale come, ad esempio, la produzione di gomme e composti.

Le due raffinerie rigenerano la quasi totalità degli oli esausti raccolti in Italia, producendo prodotti commerciali con un tasso di recupero di materia prima seconda pari al 90% del rifiuto trattato.

DIVISIONE AMBIENTE

La Divisione Ambiente di Viscolube, Viscoambiente, nasce come conseguenza di anni di esperienza maturati nel campo della gestione e rigenerazione di un rifiuto pericoloso quale l’olio usato. Con la creazione di tale divisione, l’azienda entra in modo attivo nel settore della raccolta e gestione dei rifiuti speciali (P e NP) per un totale di 400.000 t/anno, suddivisi in 270.000 t/anno di rifiuti raccolti, trattati, smaltiti e avviati a recupero e 130.000 t/anno di rifiuti intermediati.

Il settore della raccolta è attualmente composto da 13 aziende, con 15 unità operative, direttamente controllate da Viscolube, situate nel Centro Nord Italia ma, grazie a collaborazioni in essere con impianti del settore, è in grado di coprire l’intero territorio nazionale con l’obiettivo, di ampliare il numero delle proprie unità operative. Oltre al servizio di raccolta, trasporto e trattamento che interessa, tutti i codici EER (sia pericolosi che non pericolosi), la struttura organizzativa è attiva anche nel business dell’intermediazione, della consulenza e delle analisi chimiche.

DIVISIONE SOLVENTI

Entrata a far parte del Gruppo recentemente, Bitolea è leader europeo nella produzione, recupero e purificazione di solventi industriali esausti. La struttura industriale è composta da 2 stabilimenti, uno a Landriano che si occupa di distillazione e rigenerazione e uno a Rho, dedicato all’imbottigliamento e stoccaggio dei prodotti finiti; la loro capacità produttiva totale è di 200.000 t/anno con una capacità autorizzata per i rifiuti in ingresso pari a 100.000 t/anno.

Viscoambiente è stata oggetto di approfondimento durante il lavoro di stage, pertanto si procede con una più dettagliata descrizione di tale divisione.

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Inizialmente, le acquisizioni del Gruppo sono state principalmente indirizzate verso aziende che conferivano, tramite il circuito CONOU, oli esausti alle due raffinerie di rigenerazione. Successivamente, intuita l’importanza della gestione dei rifiuti come settore concatenato a quello industriale italiano, sfruttando l’esperienza cinquantennale della gestione di un rifiuto pericoloso come l’olio esausto, Viscolube ha iniziato ad interessarsi all’acquisizione di aziende pilastro nella gestione dei rifiuti in Italia. Il progetto portato avanti dal gruppo persegue la logica da sempre utilizzata dalle raffinerie di rigenerazione, quella di creare un ciclo di gestione dei rifiuti il più possibile collegato all’economia circolare. Pertanto, la campagna di acquisizione è sempre più volta a target come impianti finali, sia per i rifiuti speciali liquidi P e NP (come Area e De Luca Servizi Ambiente) che per i rifiuti speciali solidi (come Centro Risorse), massimizzando il recupero rispetto allo smaltimento. In tale ottica di sviluppo il gruppo ha compreso la necessità di una gestione più ampia del rifiuto, diventando un player completo nel settore di pertinenza, acquisendo aziende che potessero andare incontro a tutte le problematiche di questo complesso sistema. Sono, infatti, state acquisite società di consulenza, laboratori chimici e aziende di trasporto.

Il progetto di sviluppo non è ancora finito, il fine ultimo dell’azienda è quello di diventare un

player nazionale nel campo della gestione di tutte le tipologie di rifiuto, proponendosi, infine,

come elemento cardine del settore industriale italiano.

3.2. LE AZIENDE DELLA DIVISIONE AMBIENTE

In questo capitolo si procede con un focus sugli impianti della Divisione Ambiente del gruppo Viscolube (Figura 4). La descrizione è svolta soprattutto da un punto impiantistico e del tipo di attività che le aziende svolgono, aziende le cui autorizzazioni sono state oggetto di studio approfondito per il project work. Si rimanda invece al capitolo successivo, una descrizione più particolareggiata delle informazioni desunte dalle autorizzazioni, ovvero le capacità di stoccaggio degli impianti, le operazioni autorizzate ad essere eseguite sui rifiuti, i rifiuti in ingresso, i rifiuti su cui è possibile eseguire la miscelazione, al fine della redazione del documento informativo sulle varie aziende.

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29 Figura 4-Distribuzione degli impianti del gruppo Viscolube.

3.2.1. DE LUCA SERVIZI AMBIENTE

La De Luca Servizi e Ambiente (DLSA) opera principalmente nel territorio veneto ed è in grado di fornire una gamma completa di servizi di smaltimento e gestione ambientale. L’azienda è in grado di gestire direttamente la raccolta presso piccoli produttori, isole ecologiche nonché presso aziende e siti industriali, per diverse tipologie di rifiuti, sia pericolosi che non pericolosi. Oltre all’attività di raccolta, trasporto, smaltimento e intermediazione, la DLSA è autorizzata al trattamento biologico (D8) di rifiuti speciali liquidi non pericolosi, come da AIA n.132 del 30/12/2009 e s.m.i. Nel 2017 il numero di dipendenti dell’azienda era pari a 22 con un fatturato di circa 4,6 M€.

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Per quanto riguarda le attività di recupero invece, queste consistono in una operazione di evaporazione sottovuoto, preceduta da una fase di separazione fisica acqua/olio (disoleazione). Tra le tipologie di rifiuti che la ditta può avviare a tale attività vi sono rifiuti liquidi acquosi provenienti da operazioni di lavaggio e sgrassaggio, da emulsioni e soluzioni per macchinari, acque di falda contaminate. Tali operazioni di recupero portano alla produzione di oli concentrati e acque di scarto, le quali vengono avviate all’impianto di depurazione biologico che provvede al loro trattamento di ossidazione.

È oltretutto presente un polo di trattamento delle emulsioni il cui processo tecnologico è costituito da una serie di trattamenti chimico-fisici, volti all’estrazione del materiale oleoso il quale viene conferito ad idonei impianti di recupero a seconda del residuo di acqua:

- Olio recuperabile con %H2O ≤ 15 viene conferito al CONOU;

- Emulsione arricchita (anche detta “grassa”) con %H2O > 15, viene conferita a centri di

stoccaggio per essere avviata ad ulteriore trattamento.

Oltre che essere associata al CONOU, la ditta è consorziata anche con il CONOE (Consorzio Obbligatorio Nazionale di raccolta e trattamento Oli e grassi vegetali e animali Esausti) per conto del quale effettua la raccolta degli oli commestibili usati presso gli operatori della ristorazione e isole ecologiche. Per tale operazione viene utilizzato un solo serbatoio (S10) all’interno dell’impianto, di capacità pari a 31,5 t.

In totale l’impianto conta 11 serbatoi, da S1 a S11 (S10 usato solo per oli commestibili, S11 usato solo per materiale contaminato), il cui volume utile è pari a 31,5 t cadauno.

QUANTITÀ DI RIFIUTI GESTITI

Quantità massima rifiuti P/NP stoccabili in impianto (R13 e D15)

stoccaggio funzionale al trattamento presso l'impianto 283,5 t stoccaggio rifiuti destinati ad altro impianto 247 t

TOTALE (rifiuti anche tutti pericolosi) 530,5 t

Quantità massima rifiuti gestibili presso l'impianto

rifiuti in ingresso (deposito preliminare D15) 40 t/d

distillazione (R12) 90 m3/d

trattamento biologico (D8) 76 m3/d

miscelazione rifiuti destinati al recupero (R12) 94,5 t

Tabella 3-Capacità massime stoccabili di rifiuti e quantità massime gestibili riferite alla tipologia di attività.(Decreto n. 132 del 30 dicembre 2009)

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In Tabella 3 vengono indicate le quantità massime dei rifiuti sia P sia NP stoccabili istantaneamente e le quantità massime di rifiuti gestibili (al giorno) presso l’impianto. Si può notare che il quantitativo totale dei rifiuti stoccabili istantaneamente si riferisce anche a rifiuti tutti pericolosi.

3.2.2. RECOIL

Impianto situato a Lendinara (Rovigo), rappresenta un punto di riferimento per tutta la provincia per quanto riguarda il ritiro dell’olio usato. Il fatturato, al 2017, era pari a 11,9 M€ mentre i dipendenti erano 32.

L’impianto ha un’estensione di circa 2000 mq con un parco serbatoi caratterizzato dalla presenza di 3 cisterne da 50 mc cadauno conferendo, quindi, all’impianto una capacità di stoccaggio pari a 150 mc (Tabella 4). Nella predetta tabella è anche riportata la capacità massima di stoccaggio consentita che, com’è bene ricordare, è pari al 90% della capacità geometrica. L’impianto inoltre, è autorizzato a eseguire attività di solo recupero (R12 e R13) sui rifiuti stoccati.

Capacità di stoccaggio e miscelazione degli oli esausti

3 cisterne da 50 mc/cad

(150 mc totali)

Capacità massima di stoccaggio

complessivamente consentita in impianto (R13) 135 mc

Tabella 4-Capacità di stoccaggio dei rifiuti autorizzati presso l'impianto. (Determinazione n. 1665 del 11 agosto 2015).

3.2.3. NEDA AMBIENTE

L’azienda si occupa della raccolta, smistamento e avvio a recupero di rifiuti nel territorio friulano. L’impianto sorge su un’area industriale di circa 7000 mq, di cui 2360 mq coperti e ed è autorizzato a svolgere attività sia di recupero che di smaltimento sui rifiuti. Al 2017 constava di 20 dipendenti e un fatturato pari a circa 6,9 M€. Anch’essa è autorizzata a svolgere miscelazioni su alcune tipologie di rifiuti pericolosi, suddivisi in 28 gruppi in base ai rifiuti che si possono miscelare tra loro (Tabella 5).

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Gruppo 21 - Fanghi provenienti dagli impianti di depurazione dell'acqua

19 08 13* fanghi contenenti sostanze pericolose prodotti da altri trattamenti di acque reflue industriali

Gruppo 22 - Fanghi residuati non trattati o non utilizzabili in agricoltura

05 01 06* Fanghi oleosi prodotti dalla manutenzione di impianti e apparecchiature 12 01 14* Fanghi di lavorazione, contenenti sostanze pericolose

13 05 01* Rifiuti solidi delle camere a sabbia e di prodotti di separazione olio/acqua 13 05 02* Fanghi di prodotti di separazione olio/acqua

13 05 08* Miscugli di rifiuti prodotti da camere a sabbia e separatori olio/acqua Tabella 5-Estratto tabella delle miscelazioni autorizzate da Decreto n.2459 dell’08 novembre 2012.

TIPOLOGIE E QUANTITATIVI DI RIFIUTO AUTORIZZATI (t/anno)

Oli usati 10.000

Emulsioni 16.000

Altri rifiuti 6.000

TOTALE 32.000

CAPACITÀ DI TRATTAMENTO GIORNALIERA TOTALE (t/d)

Rifiuti pericolosi 135,00

Rifiuti non pericolosi 15,00

TOTALE 150,00

CAPACITÀ ISTANTANEA DI STOCCAGGIO TOTALE (mc)

Rifiuti pericolosi 1691,5

Rifiuti non pericolosi 279,7

TOTALE 1.971,20

CAPACITÀ DI STOCCAGGIO IMPIANTO (mc)

Area 1 395

Area 2 400

Area 3 1.137,4

38,8

TOTALE 1.971,20

Tabella 6-Tipologie e capacità di stoccaggio dei rifiuti autorizzati presso NEDA FVG. (Da Decreto n.2459 dell’08 novembre 2012.

In Tabella 6 sono indicate le tipologie di rifiuti autorizzati ad essere gestiti dall’azienda e le capacità di stoccaggio sia giornaliere sia annuali. All’anno sono circa 32.000 le tonnellate di rifiuti autorizzati, suddivisi in oli usati, emulsioni e altri rifiuti. Il volume istantaneo complessivo stoccabile è pari a 1.971,20 mc, di cui la maggior parte è costituita da rifiuti pericolosi e le aree adibite allo stoccaggio sono attualmente tre.

Figura

Figura 1-Produzione nazionale di rifiuti speciali, anni 2014-2016. (Modificato da Rapporto ISPRA Rifiuti Speciali 2018)
Figura 3-Gestione dei rifiuti speciali nel 2016. (Fonte Rapporto Rifiuti Speciali ISPRA 2018)
Tabella 1-Numero di discariche e conferimenti di RSP e RSNP per regione. (Rielaborazione Rapporto Rifiuti Speciali ISPRA  2018)
Tabella 2-Rifiuti speciali conferiti per regione e numero di inceneritori. (Rielaborazione Rapporto Rifiuti Speciali ISPRA 2018)
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