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Gli editti di Augusto ai Cirenei

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Sommario

CAPITOLO I

INTRODUZIONE 2 1.1 Il ritrovamento della stele di Augusto ai Cirenei 3 1.2 Gli studi sugli editti di Augusto ai Cirenei. Approcci e prospettive 6

CAPITOLO II

I DOCUMENTI 13

CAPITOLO III.

GLI EDITTI DI AUGUSTO AI CIRENEI

E IL SC. CALVISIANUM 43 3.1 Il primo editto: i nuovi provvedimenti augustei sull‟album iudicum e

sui tribunali capitali 44 3.2 Il secondo editto: un presunto caso di giurisdizione capitale sui cives 74 3.3 Il terzo editto: le nuove disposizioni augustee per i Cirenei provvisti

della cittadinanza romana 105 3.4 Il quarto editto: la composizione dei tribunali nelle cause giudiziarie tra Greci 138 3.5 Il quinto editto e il Sc. Calvisianum 156

CAPITOLO IV

RIFLESSIONI CONCLUSIVE 164

BIBLIOGRAFIA 169

TAVOLE

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2

Capitolo

1

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3

1.1

Il ritrovamento della stele di Augusto ai Cirenei

Nel 1912, con l‟annessione all‟Italia della Tripolitania e della Cirenaica, furono poste le basi per la realizzazione di una sistematica esplorazione della Cirenaica così come era stata da tempo ideata da alcuni insigni studiosi italiani.1 Negli anni seguenti, nonostante lo sconvolgimento causato dall‟inizio della prima guerra mondiale, fu istituito il Servizio delle Antichità presso il Ministero delle Colonie, che avrebbe dovuto organizzare l‟attività di scavo nella regione. Ben presto il lavoro della missione archeologica italiana in Libia s‟impose all‟attenzione del mondo scientifico: esso non si limitò alla mera riscoperta archeologica delle principali aree monumentali delle città, ma comprese anche interventi di restauro e anastilosi, fondamentali per recuperare alcuni monumenti molto rovinati. Si rese dunque necessario rendere noti i numerosi risultati della missione: a partire dal 1915 il Ministero delle Colonie curò la pubblicazione del “Notiziario Archeologico”, al quale seguì dal 1927 al 1941 la rivista “Africa italiana”.2

Il contributo maggiore alla conoscenza delle istituzioni civili, politiche e religiose della Cirenaica viene proprio dall‟epigrafia. È merito di epigrafisti italiani come Gaspare Oliverio, Giovanni Pugliese Carratelli,3 Lidio Gasperini,4 l‟aver pubblicato per primi e divulgato a vantaggio della comunità scientifica internazionale documenti di incomparabile interesse storico.

1 Vd. A. Pasqualini, Il contributo degli italiani allo studio delle antichità cirenaiche tra „700 e

„800: appunti su aspetti inediti o poco noti, in L. Gasperini – S. M. Marengo (a cura di), Cirene e la Cirenaica nell‟antichità. Atti del convegno internazionale di studi. Roma-Frascati, 18-21 Dicembre 1996, Tivoli 2007, 525-549.

2 Vd. la sintesi di M. Luni, La scoperta di Cirene «Atene d‟Africa», in E. Catani – S. M.

Marengo (a cura di), La Cirenaica in età antica. Atti del convegno internazionale di studi. Macerata 18-20 Maggio 1995, Macerata 1998, 319-349.

3 Vd. G. Oliverio – G. Pugliese Carratelli – D. Morelli, Supplemento epigrafico cirenaico, in

ASAA 39-40 (1961-1962), pp. 219-375.

4

Vd. ad es. L. Gasperini, in S. Stucchi, L‟Agorà di Cirene, I. I lati nord ed est della platea inferiore, Roma 1965, passim; ID., Due nuovi apporti epigrafici alla storia di Cirene romana,

(4)

4

È proprio all‟interno di questo complesso insieme di vicende politiche e culturali che nel 1927, nel Notiziario archeologico del Ministero delle Colonie, Oliverio, allora Soprintendente alle Antichità della Cirenaica e Direttore della Missione Archeologica Italiana a Cirene, diede notizia del rinvenimento di un «grosso blocco di marmo comune, adibito a sedile, iscritto».5 Il blocco si trovava addossato al muro sud di una casa situata nel piazzale identificato poco tempo prima dallo stesso Oliverio con l‟ajgorav greco-romana di Cirene.

Così Oliverio descrisse il contenuto della pietra: «La prima parte comprende quattro edicta di Augusto, dell‟anno 7/6 av. Cr., contenenti provvedimenti relativi all‟ordinamento giudiziario (I, 1-40; IV 62-71) e tributario (III, 55-62) della Cirenaica, ed a tre cittadini romani accusati dalle autorità della provincia e dai Cirenei (II, 40-55). La seconda: un edictum di Augusto dell‟anno 4 av. Cr., col quale è portato a conoscenza di quelli che abitano le provincie, il senatoconsulto de pecuniis repetundis, votato lo stesso anno, su proposta dell‟imperatore, relatori i consoli C. Calvisio Sabino e L. Passieno Rufo».6

L‟editio princeps di Oliverio è costituita da:

 cinque tavole contenenti le fotografie della stele;

 un breve resoconto sulle circostanze del ritrovamento e sulle caratteristiche della pietra e delle lettere;

 una trascrizione del testo greco accompagnata da una traduzione italiana e da una retroversione latina;

 un breve commento lineare dei documenti.

in QAL 5 (1967), 53-64; ID., Le iscrizioni del Cesareo e della Basilica di Cirene, in QAL 6 (1971), 3-22; ID., Echi della componente autoctona nella produzione epigrafica cirenaica, in QAL 12 (1987), 403-413.

5 G. Oliverio, La stele di Augusto rinvenuta nell‟agorà di Cirene, in Notiziario archeologico

del Ministero delle colonie 4 (1927), 15.

6

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5

Un‟interessante testimonianza della centralità occupata dagli scavi italiani in Libia a cavallo degli anni ‟30 del secolo scorso è data dal materiale contenuto nell‟Archivio Breccia del Dipartimento di Scienze Storiche del Mondo Antico di Pisa. Fotografie, calchi, appunti, trascrizioni, documentano gli interessi di Evaristo Breccia per l‟attività archeologica italiana in Cirenaica e, in particolare, i suoi rapporti con Oliverio.7

Nella Miscellanea n°352 sono conservate le fotografie della stele con gli editti di Augusto. Queste fotografie sono identiche a quelle pubblicate da Oliverio nella sua edizione degli editti e quasi tutte hanno sul retro i timbri del Gabinetto fotografico della Soprintendenza alle Antichità della Cirenaica (diretta dal 1923 da Oliverio) e del Gabinetto di Antichità ed Epigrafia dell‟Università di Pisa o dell‟Istituto di Storia Antica della Regia Università di Pisa.

Purtroppo non è dato sapere se le fotografie fossero state inviate a Breccia dallo stesso Oliverio, la cui firma, insieme ai saluti, compare spesso su altri documenti dell‟archivio, o se Breccia ne fosse venuto in possesso direttamente a Cirene. Una sicura partecipazione di Breccia alle campagne di scavo a Cirene è attestata infatti solo per gli anni 1935 e 1936, grazie alle relazioni di scavo di Oliverio conservate nella Miscellanea Breccia n°361-365.

7

Vd. F. Spagnulo, Documenti dell‟Archivio Breccia relativi alla Cirenaica, in B. Virgilio (a cura di), Studi Ellenistici 8 (1996), 203- 219.

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6

1.2

Gli studi sugli editti di Augusto ai Cirenei. Approcci e prospettive.

Nella nota conclusiva alla sua edizione, Oliverio dichiarò di voler lasciare «ai maestri del diritto l‟onore di sviluppare in tutte le sue parti il contenuto degli editti a favore dei Cirenei e del senatoconsulto de pecuniis

repetundis», nell‟augurio che dalla stele scaturisse «nuova materia degna di

studio».8 Le aspettative di Oliverio non furono deluse: gli editti richiamarono l‟attenzione di eminenti storici del diritto, diventando oggetto di numerosi studi negli anni immediatamente successivi al loro ritrovamento.

Tra il 1927 e il 1928 appaiono due traduzioni dei documenti in tedesco ad opera di F. Ebrard9 e di L. Radermacher,10 mentre un rapido commento storico-giuridico dopo la pubblicazione di Oliverio fu presentato da J. G. C. Anderson.11

Le prime discussioni dettagliate sull‟iscrizione compaiono alla fine del 1928 ad opera di A. Von Premerstein12 e V. Arangio Ruiz,13 i quali contribuirono a fissare meglio i nuovi dati apportati dall‟iscrizione e le questioni controverse da essa sollevate: fra queste, in primo luogo, venne individuato il problema della natura formale dei documenti in relazione ai poteri costituzionali del princeps e al suo intervento in una provincia, come la Cirenaica, che non era sotto il suo diretto controllo; per quanto riguarda il

8

Vd. Oliverio, La stele di Augusto cit., 67.

9 Die fünf Edikte des Augustus über Reichsverwaltung und Rechtspflege, in Philologische

Wochenschrift 39 (1927), pp. 1193-1198; 40, pp. 1226-1232; 43, p. 1311; 47, p. 1440.

10 Fünf Erlasse des Augustus aus der Cyrenaica, in Anzeiger der Akad. Wien, phil.-hist. Kl., 10

(1928), 69-82.

11 Augustan Edicts from Cyrene, in JRS 17 (1927), 33-48. Anderson traduce solo il primo, il

secondo e il quinto editto con il senatoconsulto.

12

Die fünf neugefundenen Edikte des Augustus aus Kyrene, in ZSS 48 (1928), 419-531.

13

(7)

7

primo editto, si focalizzò l‟attenzione sulla procedura descritta per la formazione e la votazione delle giurie capitali, che si suppose fosse modellata su quella delle quaestiones della capitale; nel secondo editto s‟intravide il primo caso di repressione del crimen maiestatis diretto contro l‟imperatore; fu messa in luce la contrapposizione tra il regime delle giurie capitali descritto nel primo editto, in base al quale la sentenza del consilium iudicum sarebbe stata vincolante, e quello delineato invece nel quarto editto, dove veniva lasciato al governatore provinciale un ampio margine d‟intervento negli affari capitali. Tale discrepanza fu risolta da Von Premerstein ipotizzando che, in Cirenaica, il proconsole giudicasse insieme a un consilium consultivo solo sugli illeciti capitali meno gravi che comportavano la perdita dei diritti della persona o della libertà, mentre al consilium iudicum del primo editto sarebbero spettati i casi perseguibili con la pena di morte.14

Nel 1928 fu pubblicata l‟edizione di J. Stroux e L. Wenger.15

Il lavoro venne diviso in diverse sezioni: Wenger si occupò della prima sezione introduttiva («Einleitung»), della quarta sezione («Die Senatsprovinz Kyrenaika und ihre Bevölkerung»), della quinta («Das römische Regiment in der Kyrenaika und die Verordnungen des Augustus») e della sesta («Die griechischen Gerichte im Allgemeinen»); Stroux invece della seconda sezione («Text und Übersetzung»), della terza («Über die Sprache»), della settima («Die Geschworenengerichte und die Gerichtsbarkeit des Statthalters») e dell‟ottava («Das neue Verfahren de repetundis»). Nonostante, come viene più volte esplicitato nel testo, gli autori discutessero dei risultati raggiunti nelle singole sezioni, sono inevitabili nel corso della trattazione continue sovrapposizioni di argomenti che minano l‟organicità del ragionamento.

Gli autori si servirono della fotografia di Oliverio per apportare dei miglioramenti alle precedenti edizioni dei documenti.16 Nella terza sezione («Über die Sprache») Stroux fece un‟indagine dettagliata della terminologia

14 Vd. Von Premerstein, Die fünf neugefundenen Edikte cit., 475-6. 15

Die Augustus-Inschrift auf dem Marktplatz von Kyrene, München, 1928.

16

(8)

8

degli editti e esaminò le interpretazioni dei passaggi più difficili.17 In questa parte, Stroux trattò anche della questione relativa alla redazione originale dei documenti e ipotizzò che gli editti avessero un originale latino.18

Nella quarta sezione, Wenger indagò sul significato del termine {Ellhne", che compare nei primi quattro editti in riferimento ai destinatari dei provvedimenti. Secondo lo studioso, in Cirenaica, gli {Ellhne" erano non solo i cittadini delle cinque città della provincia, ma anche tutti gli altri Greci residenti in quella regione in via provvisoria o permanente, per i quali Augusto aveva riorganizzato le corti giudiziarie. Wenger collegò tale argomento alla questione della compatibilità tra cittadinanza romana e cittadinanza peregrina, che interessava direttamente il contenuto del terzo editto.19

Nella quinta sezione, Wenger approfondì alcune questioni di diritto pubblico, con particolare attenzione alla natura dei poteri costituzionali e giurisdizionali di Augusto.20

Nella sesta sezione, Wenger si occupò di esaminare le riforme procedurali introdotte da Augusto per i tribunali greci. Secondo l‟autore, il primo editto testimonierebbe come, anche prima della riforma procedurale introdotta da Augusto, in Cirenaica i tribunali capitali fossero modellati sulle

quaestiones cittadine. Tuttavia, come dimostrato dal quarto editto, la

formazione di tali giurie per la risoluzione delle cause capitali dipendeva dalla discrezionalità del governatore, che avrebbe potuto decidere di giudicare personalmente l‟affare.21

Nella settima sezione, Stroux approfondì alcuni aspetti della riforma giudiziaria introdotta dal primo editto e, in particolare, trattò dei nuovi requisiti necessari per ricoprire la carica di giudice in Cirenaica e della clausola finale dell‟editto che sanciva l‟esclusione dei Romani dal diritto d‟accusa di un Greco 17 Vd. pp. 25-43. 18 Vd. pp. 18-25. 19 Vd. pp. 44-60. 20 Vd. pp. 61-71. 21 Vd. pp. 74-84.

(9)

9

nei casi di omicidio di un Greco; tale clausola fu interpretata dallo studioso come un portato del codice draconiano, al quale Augusto si sarebbe ispirato intimando ai futuri governatori della Cirenaica di accettare come accusatori solo i parenti o i concittadini delle vittime.22

Infine, l‟ultima sezione, scritta da Stroux, riguarda la nuova procedura

de repetundis, valida per tutte le province. Secondo Stroux, la nuova procedura

sarebbe stata alternativa a quella della quaestio e la scelta sarebbe dipesa dai persecutori.

Dopo l‟opera monografica di Stroux e Wenger, comparvero alcuni contributi su singoli aspetti dei documenti.23 Solo nel 1940 fu pubblicato il secondo studio specifico sugli editti di Augusto ad opera di F. De Visscher,24 che ebbe modo di avvicinarsi all‟argomento nella fase di preparazione di un corso tenuto alla facoltà di Diritto dell‟Università di Parigi.

L‟edizione del testo di De Visscher, provvista anche di una foto dell‟intera stele di facile lettura, si basa per lo più su quella di Stroux e Wenger. L‟autore aggiunse una traduzione dei documenti in francese e riportò la versione latina del quinto editto e del senatoconsulto proposta da Oliverio.

Dopo una breve introduzione sulla storia della Cirenaica in età ellenistica e romana e su alcune problematiche generali sollevate da Stroux e Wenger (la redazione dei documenti, il loro aspetto formale, i poteri

22 Vd. pp. 94-111.

23 Vd., ad es., G. La Pira, Contenuto processuale del Senatus Consulto di Augusto ai Cirenei,

in Studi italiani di Filologia Classica 7 (1929), 59-83; M. A. De Dominicis, Lineamenti processuali delle qanathfovroi divkai di Cirene al tempo di Augusto, in Atti e memorie dell‟Accademia di Scienze e Lettere di Padova, 1933, 345-361; G. I. Luzzatto, A proposito delle qanathfovroi divkai di Cirene, in SDHI 1935, 108-114; ID., Gli editti di Augusto ai Cirenei e il Sc. Calvisiano, in Epigrafia giuridica greca e romana, Milano 1942, 294-321.

24

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10

costituzionali di Augusto e il suo rapporto con il Senato),25 si passa al commento dei singoli documenti, affrontati ciascuno in differenti capitoli.26

Insieme a quella di Stroux e Wenger, l‟edizione di De Visscher è rimasta finora il lavoro di riferimento per lo studio degli editti di Augusto ai Cirenei; per tale motivo si è scelto di soffermarsi a più riprese ad analizzarne in dettaglio i risultati principali nei capitoli successivi.

Dal 1940 ad oggi, la nostra iscrizione è stato oggetto di attenzioni specifiche solo sui singoli editti di cui essa è composta.27 La scoperta e la pubblicazione di nuove iscrizioni e nuovi approcci metodologici richiedevano

25 Vd. l‟introduzione (pp. 31-41) e il primo capitolo che apre la prima parte della trattazione

(pp. 45-54).

26 Il primo editto viene trattato nel secondo capitolo («Le premier Edit. La justice capitale», pp.

55-77), il secondo editto nel terzo capitolo («L‟Edit II. Une affaire de haute police», pp. 78-86), il terzo editto nel quarto capitolo («L‟Edit III. Le régime des liturgies et les obligations des nouveaux citoyens romains», pp. 87-118), il quarto editto nel quinto capitolo («L‟Edit IV. La justice romaine et les litiges entre Hellènes», pp. 119-134). La seconda parte della trattazione è invece interamente dedicata all‟esame del senatoconsulto («La nouvelle juridiction du Sénat en matière de “repetundae”») e si articola in tre capitoli («L‟Edit V et le sénatus-consulte de “repetundis”», pp. 137-155; «La nouvelle procédure et ses rapports avec la procédure légale des “quaestiones”», pp. 156-183; «Le sénatus-consulte de l‟an 4 av. J.-C. et le développement de la juridiction pénale du Sénat», pp.184-210).

27Vd., ad es.,A. Wilhelm, Zu dem dritten der Edikte des Augustus aus Kyrene, in Anzeiger der

Akademie der Wissenschaften in Wien Philos.-hist. Klasse 80 (1943), 2-10 = Akademieschriften zur griechischen Inschriftenkunde III, Leipzig 1974, 106-114; J.H. Oliver, On Edict II and the senatus consultum at Cyrene, in MAAR 19 (1949), 105-114; ID., On Edict III from Cyrene, in Hesperia 29 (1960), 324-325; G. I. Luzzatto, Nota minima sul secondo editto di Augusto ai Cirenei, in Festschrift Hans Lewald, Basel 1953, 101-104; F. De Visscher, La justice romaine en Cyrénaique, in RIDA 11 (1964), 321-333; sul quinto editto e il sc. Calvisianum vd. R. K. Sherk, Roman documents from the Greek East: senatusconsulta and epistulae to the age of Augustus, Baltimore 1969, n°31. L‟iscrizione trovò posto in alcune importanti raccolte di testi: vd. ad es. FIRA I2, 68; J. H. Oliver, Greek Constitutions of Early Roman Emperors from Inscriptions and Papyri, Philadelphie 1989, nn° 8-12, pp. 40-54; L. De Biasi – A. M. Ferrero (a cura di), Gli Atti compiuti e i frammenti delle opere di Cesare Augusto Imperatore, Torino 2003, 390-415.

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11

dunque un nuovo esame dell‟intero documento e un aggiornamento che integrassero le conoscenze finora acquisite.

Il secondo capitolo della nostra indagine è occupato dall‟edizione del testo dell‟iscrizione, dalla traduzione italiana e da un aggiornamento della retroversione latina di Oliverio, adattato alle interpretazioni da noi proposte. Per l‟edizione dei documenti si è fatto uso delle fotografie della stele conservate nell‟Archivio Breccia di Pisa e anche della riproduzione fotografica del calco dell‟iscrizione conservato presso il Museo della Civiltà Romana (Roma) da noi eseguita durante l‟attività di ricerca.

Il terzo capitolo è dedicato al commento storico-giuridico dei documenti, che sono presi in esame singolarmente. All‟interno del commento, è lasciato ampio spazio ad approfondimenti di natura linguistica su alcuni termini fondamentali che ricorrono nel testo e che sono espressione del vocabolario giuridico e amministrativo del tempo.

Nel quarto capitolo, conclusivo, sono ridiscussi gli elementi più significativi messi in luce dall‟analisi dei documenti, anche nel tentativo di fissare in modo quanto più possibile organico le informazioni date dal documento sulla Cirenaica romana e di superare le impostazioni riduttive delle precedenti edizioni che hanno sottovalutato l‟importanza della provincia dal punto di vista amministrativo. Tali impostazioni risentirono indubbiamente dello stato lacunoso delle fonti sulla Cirenaica in età repubblicana e augustea. Sappiamo infatti che la dipendenza della Cirenaica al dominio romano ebbe inizio nel 96 a.C., dopo la morte del sovrano lagide Tolemeo Apione, il cui testamento conteneva tale disposizione sotto forma di legato.28 In un primo momento Roma, prendendo possesso solo degli agri regii, concesse la libertas alle città,29 con le quali instaurò un rapporto di patronato, testimoniato anche dall‟intervento di influenti personali politiche romane omaggiate dai Cirenei come patroni ed evergeti.

28 Sulla storia della Cirenaica in età romana vd. A. Laronde, La Cyrénaïque romaine, des

origines à la fin des Sévères (96 av. J.-C. – 235 ap. J.-C.), in ANRW II, 10.1, 1988, 1006-1064.

29

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12

Il 74 a.C. è considerato l‟anno in cui la Cirenaica venne ufficialmente provincializzata. La redactio in formam provinciae avvenne tramite P. Cornelius Lentulus Marcellinus,30 sul cui operato in Cirenaica non possediamo alcun tipo di informazione.

Sappiamo poi che la Cirenaica fu coinvolta nelle guerre civili, parteggiando in un primo momento per Pompeo e in un secondo per Cesare.

Negli anni del secondo triumvirato, la Cirenaica formò un‟unica provincia con Creta secondo le disposizioni di M. Antonio,31 al quale rimase fedele durante lo scontro finale contro Ottaviano. I rapporti tra la Cirenaica e M. Antonio sono testimoniati dalla presenza di un buon numero di Antonii in Cirenaica, espressione della politica di alleanze del triumviro, perseguita tramite la concessione della cittadinanza romana. Tale indirizzo, come vedremo anche nei capitoli successivi, dovette mutare con la vittoria di Ottaviano ad Azio, la quale segnò l‟inizio dell‟era provinciale in Cirenaica. Nel 27 a.C., la Cirenaica, insieme a Creta, fu decretata una provincia populi32 e fu

rimessa a un proconsole di rango pretorio. Tale assetto durò fino all‟età dei Severi, a dimostrazione della stabilità dell‟operato di Augusto.

30 Le fonti sui cui si basa tale ipotesi sono Sall., Hist., 2.43; App., BC, 1.111, 517-8. P.

Cornelius Lentulus Marcellinus sarebbe stato mandato in Cirenaica con una carica extra-ordinem o come quaestor propraetore: vd. G. Perl, Die Römischen Provinzbeamten in Cyrenae und Creta zur Zeit der Republik, Klio, 52 (1970), 319-354, in part. 321-324, 354.

31

Vd. Laronde, La Cyrénaïque romaine cit., 1013.

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Capitolo

2

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Gli editti di Augusto ai Cirenei, conservati attualmente al Museo delle Sculture di Cirene a Shahat, sono iscritti su un blocco di marmo alto all‟incirca m. 2, largo m. 0,61 nella parte superiore e 0,70 alla base, e con uno spessore di m. 0,38.33 L‟intero documento consta di 144 linee. La pietra è lievemente scheggiata nella parte superiore, nel lato sinistro, soprattutto in corrispondenza del principio delle linee 28, 29, 105-110, 131-2, e nel lato destro, soprattutto in corrispondenza della fine delle linee 22-26, 86-89.

La superficie iscritta presenta dei leggeri intacchi (linee 13, 48, 49, 50-54, 58-59, 61, 66, 73, 78, 101, 112, 135, 136), che tuttavia non compromettono la lettura del testo. È abraso l‟inizio della linea 91, dove il lapicida aveva incominciato a incidere per errore la linea precedente, e delle linee 108 e 109, iscritte nuovamente. Nella superficie iscritta, inoltre, alcuni spazi vuoti servono a segnare il passaggio tra un editto e un altro, mentre altri sono evidentemente indicativi della durezza del marmo e della difficoltà trovata dal lapicida durante l‟incisione. Un ampio spazio anepigrafe è inoltre quello che va dall‟ultima linea dell‟iscrizione alla parte terminale della pietra.

Le lettere, tipiche del periodo a cui risalgono i documenti, leggermente apicate, sono alte in media m. 0,007 mentre quelle delle prime tre linee e, in generale, quelle contenenti la titolatura imperiale all‟inizio di ogni editto sono alte circa m. 0,01.34 Le lettere sono a volte legate tra di loro (si veda ad esempio la linea 49).

Il testo presenta parecchi errori ortografici: alcune lettere sono omesse (linee 20, 96, 102, 112), altre aggiunte (linee 7, 28, 46, 54, 58, 69, 71, 88, 102, 108); l‟A viene spesso incisa al posto del D, dell‟E o del L (linee 28, 95,

33 Queste informazioni e quelle seguenti sono tratte dalla descrizione fornita da Oliverio nella

sua editio princeps dei documenti (La stele di Augusto cit., 15-18) e dall‟esame autoptico del calco dell‟iscrizione da noi condotto (vd. supra p. 11).

34 In molti documenti ufficiali romani, le prime linee sono messe maggiormente in evidenza:

vd. A. Raggi, Seleuco di Rhosos. Cittadinanza e privilegi nell‟Oriente greco in età tardo-repubblicana, Pisa 2006, 15 e nt. 7.

(15)

15

139, 141-142), oppure il D al posto del L e viceversa (linee 5, 8, 16-17, 24), o ancora il T al posto del P (linea 119).

Il vocalismo risente di forme dialettali e volgari e lo iota ascritto parassitico manca quasi sempre (per le oscillazioni nel vocalismo si vedano, ad esempio, le linee 6/18, 28/116; per l‟assenza dello iota ascritto si vedano le linee 11, 23, 37, 57 etc.). L‟errore più grave del lapicida consiste poi nello scambiare spesso l‟accusativo per il nominativo e viceversa (linee 69, 108, 127).

Il numero complessivo di lettere presenti in ciascuna linea varia a seconda dell‟incisione: nelle linee dove la scrittura s‟infittisce, si contano fino a 70 caratteri, mentre in quelle dove c‟è una certa distanza tra lettere, si contano in media 40 caratteri.

In conclusione si può affermare che, nonostante la presenza degli errori menzionati, si può affermare che, in generale, la lettura del testo non comporta grandi difficoltà.

I documenti conservati dalla pietra risalgono tutti al I a.C., specificatamente i primi quattro sono degli editti di Augusto datati al 7/6 a.C. e indirizzati agli abitanti della Cirenaica, mentre il quinto è un editto di Augusto che introduce il testo di un Senatoconsulto votato nel 4 a.C. e valido per tutte le province.

In aggiunta al testo greco e alla traduzione italiana, si è scelto di riportare per comodità anche la traduzione latina dei documenti, per la quale ci siamo rifatti principalmente alle due traduzioni esistenti,35 da noi rivedute anche a ragione delle nuove interpretazioni proposte in questa sede.

La ricostruzione dell‟ipotetico originale latino dei documenti trova certamente la sua giustificazione per il quinto editto e il s.c. Calvisianum, i quali, validi anche per le province occidentali dell‟Impero, erano stati redatti sicuramente ab origine in latino. I primi quattro editti invece, rivolti agli abitanti della Cirenaica, probabilmente erano stati redatti direttamente in greco.

35

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Tuttavia il greco di questi documenti risulta intriso di latinismi sintattici e lessicali, che conferiscono un «color latinus»36 allo stile degli editti e che giustificano il tentativo di ricostruire anche per questi quattro documenti l‟originaria formulazione latina, soprattutto quando questa operazione sia funzionale all‟esegesi del testo.

Per l‟edizione del testo greco abbiamo usato i seguenti segni diacritici:37

[abg]: integrazione di lettere perdute;

{abg}: espunzione di lettere incise per errore;

<abg>: aggiunta di lettere omesse per errore o correzione di lettere incise al posto di altre.

36 L‟espressione è di Stroux, Die Augustus-Inschrift cit., 18-25, in part. 22. 37

Vd. M. Guarducci, Epigrafia greca, 1. Caratteri e storia della disciplina. La scrittura greca dalle origini all‟età imperiale, Roma 1967, 484-487.

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17

Doc. I (ll. 1-40)

Aujtokravtwr Kai'sar Sebasto;ı ajrciereu;ı dhmarcikh'ı ejxousivaı eJptakaidevkaton ajutokravtwr teãsÃseraskaidevkaton

levgei:

4 jEpeidh; tou;" pavnta" euJrivskw JRwmaivou" ejn th'i peri; Kurhvnhn ejparchvai pevnte kai; devka kai; diakosivou" ejk pavsh" hJãlÃikiva", disceilivwn kai; pentakosivwn dinarivwn h] meivzw tivmhsin e[conta", ejx w|n eijsin oiJ kritai;, kai; ejn aujtoi'øiØı touvtoiı ei'nai; tinaı sunwmosivaı

8 aiJ presbh'ai tw'n ejk th'ı ejparchvaı povlewn ajpwãdÃuvranto ta;ı ejpibarouv<

saı tou;ı {Ellhnaı ejn tai'ı qanathfovroiı divkaiı, tw'n aujtw'n ejm mevrei ka<

thgorouvntwn kai; marturouvntwn ajllhvloi", kajgw; de; aujto;" e[gnwka aj< naitivou" tina;" tw'i trovpw/ touvtw/ katabebarhmevnou" kai; ej" th;n ejsca< 12 thn hjgmevnou" timãwÃrivan, a[cri a[n hJ suvnklhtoı bouleuvshtai peri;

touvtou

h] ejgw; aujto;ı a[meinon eu{rw ti, dokou'siv moi kalw'ı kai; proshkovntwı poihvsein

oiJ th;n Krhtikh;n kai; Kurhnaikh;n ejparchvan kaqevxonte" protiqevnte" ejn th'i kata;

Kurhvnhn ejparchivai to;n i[son ajriqmo;n JEllhvnwn kritw'n ejk tw'n megivstwn timhmav<

5: lapis HDIKIAS 8: lapis APWLURANTO 11: lapis TROPW TOUTW 12: lapis TIMORIAN

(18)

18

16 twn o{son kai; JRwmaivwn, mhãdÃevna newvteron pevnte kai; ei[kosi ejtw'n, mhvte JRwmai'on mhv<

te {Ellhna, mhãdÃe; e[lasãsÃon e[conãtÃa tivmhma kai; oujsivan, a[n ge eujporiva toiouvtwn ajn<

qrwvpwn h|i, deinarivwn eJptakisceilivwn kai; pentakosivwn, h] a[n touvtwi tw'i trovpwi

mh; duvnhtai sunplhrou'sqai oJ ajriqmo;" tw'n ojfeilovntwn protivqesqai kritw'n tou;ı

20 to; h{misu kai; mh; e[lasãsÃon touvtou tou' timãhvmÃatoı e[contaı protiqevtwsan krita;ı ejn

toi'ı qanathfovroiı tw'n JEllhvnwn krithrivoiı. jEa;n de; {Ellhn krinovme< no" pro; mia'" hJmevra" h] to;n kathvgoron a[rxasqai levgein doqeivsh"

ejxou<

siva" aujtw/'', povteron a{pantaı bouvletai krita;ı aujtw'i JRwmaivouı ei\nai h] tou;ı

24 hJmivsouı {Ellhnaı, e{lhtai tou;ı hJmivseiı {Ellhnaı, tovte shkwqeisw'n

tw'n

sfairw'n kai; ejpigrafevntwn aujtai'ı tw'n ojnomavtwn, ejg me;n tou' ejtevrou klh<

rwthrivou ta; tw'n JRwmaivwn ojnovmata, ejg de; tou' eJtevrou ta; tw'n JEllhvnwn klhrouv<

sqw, e{w" a]n øanØ ejfæ eJkatevrou gevnou" ajna; ei[kosi pevnte ejkplhrwqw'sin, w|n ajna; e{<

28 na ejx ãeJÃkatevrou gevnou" oJ diwvkwn, a]n bouvlhtai, ajpolegevtw, tri'" de;

ejx aJpavntwn

16: lapis MHLENA

17: lapis MHLE ELASON ECONUA 20: lapis ELASON TIMATOS 28: lapis AKATEROU

(19)

19

ªoJº feuvgwn, ejfæ w|i ou[te JRwmaivou" pavnta" ou[ãtÃe {Ellhna" pavnta"

ajpolevxei. Ei\\ta oiJ

a[lloi pavnte" ejpi; th;n yhfoforivan ajpoluevsqwsan kai; ferevtwsan ijdivai me;n eij" eJtev<

ran kivsthn oiJ JRwmai'oi th;n yh'fon, ijdivai de; oiJ {Ellhne" eij" eJtevran: ei\ta, genomevnh" ijdiv<

32 ai th'" diariqmhvsew" tw'n eJkatevrwqen yhvfwn, o{ ti a]n oiJ pleivou" ejx aJpavntwn dikavsw<

sin, tou'to ejmfanw'" oJ strathgo;" ajpofainevsqw. Kai; ejpãeÃi; tou;" ajdivkou" qanavtou" wJ<

" ãtÃo; polu; oiJ proshvkonãtÃe" toi'" ajpolwlovsin oujk ajteimwrhvtou" periorw'sin, eijko;" te; ejstin

toi'" ejnovcoi" mh; ejnlivãyÃein {Ellhna" kathgovrou" tou;" divkhn uJpe;r tw'n ajpolwlovtwn

36 oijkhvwn h] poleitw'n praxomevnou", ojrqw'" kai; proshkovntw" moi dokou''sin poihv<

sein o{soi Krhvth" kai; Kurhvnh" strathghvsousin, eij ejn th'/ kata; Kurhvnhn ejparchvai uJpe;ªrº

{Ellhno" ajndro;" h] gunaiko;" ajnairevsew" mh; prosivointo kathvgoron JRwmai'on {Ellh<

no", plh;n eij mh; ti" JRwmaiovthti teteimhmevno" uJpevr tino" tw'n oijkhvwn h] po<

40 leitw'n qanavtou dikavzoito.

29: lapis OUUE 33: lapis EPI

34: lapis UO; PROSHKONUES 35: lapis ENLIUEIN 37: lapis TH

(20)

20

Doc. II (ll. 40-55)

Aujtokravtwr Kai'sar Sebasto;" ajrcie-

reu;" dhmarcikh'" ejxousiva" to; eJptakaidevkaton levgei: vv Fqovno" yovgo" te ei'nai Poplivwi Sexstivwi Skeuvai oujk ojfeivlei, o{ti Au\lon Stlavkkion

Leu-

kivou uiJo;n Mavximon kai; Leuvkion Stlavkkion Leukivou uiJo;n Makedovna kai; Povpli-

44 on Lakoutavnion Poplivou ajpeleuvqeron Filevrwta, vvvv ejpeidh; eJatou;" ou|toi

o} pro;" th;n ejmh;n swthrivan tav te dhmovsia pravgmata ajnh'ken, ejpivstasqai kai;

bouvlesqai eijpei'n e[fhsan, desmivou" prov" me ejk th'" Kurhnaikh'" ejparchva" øaØ

ajnapemfqh'nai ejfrovntisen: tou'to ga;r ejpoivhsen Sevxstio" kaqhkovntw" kai; e-

48 pimelw'": v Loipovn, ejpeidh; tw'n pro;" ejme; kai; ta; dhmovsia pravgmata ajnhkovn-

twn oujde;n geinwvskousãi, tÃou'to de; ejn th'/ ejparchvai ei\pan eJatou;" pe- plavsqai kai; ejyeu'sqai fanero;n ejpoivhsavn moi, ejleuqerwqevnta"

aujtou;" ejk th'" parafulakh'" ajfeivhmi: vvv Au\lon de; Stlavkkion

44: lapis LAKOUTANION, Lakout oul avnion Premerstein

49:lapis GEINWSKOUSPOUTODEEN, geinwskous i, t ou'to ed.pr., geinwskous i, pou to Radermacher; tou'to de; o} ed.pr.; eijpei'n proposuit J. Stroux

(21)

21

52 Mavximon, o}n Kurhnaivwn oiJ prevsbei" aijtiw'ntai ajndriavnta" ejk tw'n dhmosivwn tovpwn hjrkevnai, ejn oi|" kai; to;n w|i hJ povlei" to; ejmo;n o[noma

uJpevgrayen, e{w"

ø"Ø a]n peri; touvtou tou' pravgmato" diagnw', ajpelqei'n a[neu th'" ejmh'" ejpitagh'" kw-

luvw.

Doc. III (ll. 55-62)

Aujtokravtwr Kai'sar Sebasto;" ajrciereu;" dhmarcikh'" ejxousiva" 56 to; eJJptakaidevkaton v øtØ v levgei: v Ei[ tine" ejk th'" Kurhnaikh'"

ejparchv<

a" poleithvai teteivmhntai, touvtou" leitourgei'n oujde;n e[lasãsÃon ejm

mevrei tw'ãià tw'n

JEllhvnwn swvmati keleuvw v ejkto;" touvtøiØwn, oi|" kata; novmon h] dovgma

sunklhvãtouÃ

tw'i tou' patrov" mou ejpikrivmati h] tw'i ejmw'i ajneisforiva oJmou' su;n th'i poleithvai

60 devdotai, v kai; touvtou" aujtouv", oi|" hJ ajneisforiva devdotai, touvvtwn tw'n pra<

gmavtwn ei\nai ajtelei'", w|n tovte ei\con, ajrevskei moi: uJpe;r de; tw'n ejpikthvtwn

pavntwn telei'n ta; geinovmena v

58: ãtw//' eJautw'nà swvmati proposuit Wilhelm; ãcrhvmasi kai;à swvmati restituit Oliver; sunklhvãtou h]à Oliverio; sunlhvãtouà Stroux

(22)

22

Doc. IV (ll. 62- 71)

Aujtovratwr Kai'sar Sebasto;ı ajrcie<

reu;ı dhmarcikh'ı ejxousivaı to; ejptakaidevkaton levgei. Ai{tineı ajmfisbhthvsãeÃiı ajna; mevson JEllhvnwn e[sontai kata; th;n Kurhnaikh;n ejparch;an,

uJperexeirhmevnwn tw'n uJpodivkwn kefalh'ı uJpe;r w|n o{ı a]n th;n ejparchvan diakatevch/

66 aujto;ı diageinwvskein kªaºi; iJstavnai h] sunbouvlion kritw'n parevcein

ojfeivlei,

uJpe;r de; tw'n loipw'n pragmavtwn pavntwn {Ellhnaı krita;ı divdosqai ajrevskei, eij mh; tiı

ajpaitouvmenoı h] oJ eujqeunovmenoı poleivtaı JRwmaivwn krita;ı e[cein bouvlhtai: w|n d‟ajna;

ønaØ mevson ejk tou'de tou' ejmou' ejpikrivmatoı {EllhnãeÃı kritai; doqhvsontai, krith;n divdosqai

70 oujk ajrevskei ejãxà ejkeivnhı th'ı povlewı oujde; e{na, ejx h|ı a]n oJ diwvkwn h] oJ eujquvnwn e[stai h] ejkei'<

noı oJøpØ ajpaitouvmenoı h] oJ eujqunovmeno"

64: lapis AMFISBHTHSIS 69: lapis ELLHNAS 70: lapis ES

(23)

23

Doc. V e VI (ll. 72- 144)

Aujtokravtwr Kai'sar v Sebasto;" ajrciereu;" mevgisto" dhmarcikh'" ejxousiva" v IQ v levgei:

v

Dovgma sunklhvtou to; ejpi; Gaivou Kalouisivou kai; Leukivou Passihvnou uJpavtwn kurwqevn ejmou' parovnto" kai; sun<

76 epigrafomevnou, ajnh'kon de; eij" th;n tw'n tou' dhvmou tou'

JRwmaivwn summavcwn ajsfavlhan, i{na pa'sin h/\ gnwstovn w|n khdovmeqa, pevmpein eij" ta;" ejparchva" dievgnwn kai; tw'i ejmw'i progravmmati uJpotavssein, ejx ou| dh'lon e[stai pa'sin

80 toi'" ta;" ejparchva" katoikou'sin, o{shn frontivda poiouvme<

qa ejgwv te kai; hJ suvnklhto" tou' mhdevna tw'n hJmi'n uJpotaãsÃso< mevnwn para; to; prosh'kovn ti pavscãeÃin h] eijspravãtÃtesqai:

Dovgma sunklhvtou

84 JUpe;r w|n Gavio" Kalouivsio" Sabei'no" Leuvkio" Passih'<

no" JRou'fo" u{patoi lovgou" ejpoihvsanto peri; w|n Aujtokravtwr Kai'sar v Sebastov" hJgemw;n hJmevtero["]

ejk xumboulivou gnwvmh", o} ejk th'" sunklhvtou klhrwto;n e[scen,

88 ajnenecqh'nai di‟hJmw'n øiØ pro;" th;n boulh;n hjqevlhsen, ajnhkovntwn

ej" th;n tw'n summavcwn tou' dhvmou tou' JRwmaivwn ajsfavleian, e[do< xe th'i boulh'i: v Tw'n progovnwn tw'n hJmetevrwn divka" crhmavtwn øxethØ ajpaithvsew" nomoqethsavntwn, o{pw" rJa'/on oiJ suvmmacoi uJ<

92 pe;r w|n a]n ajdikhqw'sin ejpexelqei'n kai; komivsasqai crhvmata ajfai<

reqevnte" duvnwntai, o[nto" de; tou' gevnou" tw'n toiouvtwn dikas< thrivwn e[stin o{te barutavtou kai; ajhdestavtou aujtoi'" di‟ou}" ejgrav<

(24)

24

fh oJ novmo", tw'n ejparchw'n makra;n ajpecousw'n e{ãlÃkesqai mavrtu<

96 ra" pevnhta" ajnqrwvpou" kaiv tina" ajsqãeÃni'" dia; novson h] dia; gh'ra",

ajãrÃev<

skei th'i boulh'i: jEavn tine" tw'n summavcwn meta; to; genevsqai tou'to

to;

dovgma th'" sunklhvtou crhvmata dhmosivai h] ijdivai pracqevnte" ajpai< tei'n boulhqw'sin, cwri;" tou' kefalh'" eujquvnein to;n eijlhfovta, kai; uJpe;[r]

100 touvtwn katastavnte" ejnfanivswsi tw'n ajrcovntwn tini;, w|i ejfei'tai

sun[av]<

gein th;n suvg[kl]hton, touvtou" to;n a[rconta wJ" tavcista pro;" th;n

boulh;n

prosagagei'[n] kai; sunhvgoron, o}["] uJpe;r aujtw'n ejrei' ejpi; th'" øhØ sunklhvtou, o}n a[[n]

aujtoi; aijthvswsin, didovnai: a[kwn de; mh; sunhgoreivtw, w|i ejk tw'n novmwn par<

104 aivthsi" tauvth" th'" leitourgiva" devdotai: |Wn a]n ejn th'// sunklhvtwi

aij<

tiva" ejpifevrousin ajkousqw'sin, o{pw" a[rcwn, o}" a]n aujtoi'" provsodon eij" th;n

suvnklhton dw'i, aujqhmero;n parouvsh" th'" boulh'", w{sqe mh; ejlavttou" diako<

[s]ivwn ei\nai, klhrouvsqwøiØ ejk pavntwn tw'n uJpatikw'n tw'n h] ejp‟aujth'" th'" JRwvmh"

95: lapis EAKESQAI 96: lapis ASESKEI

(25)

25

108 [h]] ejnto;" ei[kosi meilivwn ajpøtØo; th'" povlew" o[ntwn tevssarãaÃ": oJmoivw" ejk tw'n strat-

[hg]ikw'n pavntwn tw'n ejp‟aujth'" th'" JRwvmh" h] ejnto;" ei[kosi meilivwn ajpo; th'" povle<

[w]" o[ntwn, tri'": oJmoivw" ejk tw'n a[llwn sunklhtikw'n h] oi|" ejpãi;Ã th'" sunklhvtou gnwv<

mhn ajpofaivnesqai e[xestin pavntwn, oi} a]n tovte h] ejpi; JRwvmh" h] e[ngeion ei[kosi

112 meilivwn th'" povlew" w\sin, duvo: klhrouvsqw de; mhqevna, o}" a]n

ejbãdÃomhvkonta h]

pleivw e[th gegonw;" h\i h] ejp‟ajrch'" h] ejp‟ejxousiva" tetagmevno" h] ejpistavth" krith<

[r]ivou h] ejpimelhth;" seitometriva" h] o}n a]n novso" kwluvhi tauvthn th;n leitourgivan

leitourgei'n ajntikru;" th'" sunklhvtou ejxomosavmeno" kai; dou;" uJpe;r

touvtou

116 trei'" ojmnuvnta" th'" boulh'" a[ndra", h] o}" a]n sungeneivai h] oijkhovthti

proshv<

khi aujtw'i w{ste novmwi jIoulivwi tw'i dikastikw'i marturei'n ejpi; dhmosivou dikasth<

rivou ãa[Ãkwn mh; ajnagkavzesqai, h] o}n a]n oJ eujqunovmeno" ojmovshi ejpi; th'" sunklhvtou

108: lapis TESSARES 118: lapis LKWN

(26)

26

ejcqro;n eJatw'i ei\nai, mh; ãpÃleivona" de; h] trei'" ejxomnuvsqw: v Oi} a]n ejnneva touv<

120 ton to;n trovpon lavcwsin, ejk touvtwn a[rcwn o}" a]n to;n klh'ron

poihvshtai fronti<

zevtw, o{pw" ejnto;" duei'n hJmerw'n oiJ ta; crhvmata metaporeuovmenoi kai; ajf‟ou| a[n

metaporeuvwntai ajna; mevro" ajpolevgwntai, e{w" a]n pevnte uJpoleifqw'sin: }O" a]n tw'n kritw'n touvtwn pri;n a]n kriqh'i to; pra'gma ajpoqavnhi, h] a[llh ti" aijtiva diakwluv<

124 sh/ aujto;n krivnein, ou| a]n paraivthsi" dokimasqh'/i ojmosavntwn pevnte

ajndrw'n tw'n e<

k th'" boulh'", tovte oJ a[rcwn parovntwn tw'n kritw'n kai; tw'n ta; crhvmata metaporeu<

omevnwn kai; touvtou par‟ou| a]n metaporeuvwntai ejpiklhrouvsqw ejk touvtwn tw'n

ajndrw'n oi} a]n th'" aujth'" tavxew" w\sin, kai; ta;" aujta;" a[rxantãeÃ" ajrca;", h}n a]n tuv<

128 ch/ a[rxa" ejkei'no" eij" tou' to;n tovpon ejpiklhrou'tai, ejf‟w'i mh;

ejpiklhrwv<

setai a[ndra, o}n klhrou'sqai kata; tou' eujqunomevnou touvtw/ tw/' dovgmati th'/ sun-

klhvtw/ oujk e[xestin: OiJ de; aiJreqevnte" kritai; peri; touvtwn monon ajkouev<

twsan kai; diageinwskevtwsan, peri; w|n a]n ti" eujquvnhtai dhmosivai h] ijdivai ne<

119: lapis TLEIONAS 127: lapis: ARXANTAS

(27)

27

132 nosfismevno" v kai; o{son a]n kefavlaion crhvmato" oiJ eujquvnonte"

ajpode[iv]<

xwsin ajpenhnevcqai eJautw'n ijdivai h] dhmosivai, tosou'ton ajpodidovnai keleuevtw<

san, ejf‟w|i ejnto;" triavkonta hJmerw'n oiJ kritai; krinou'sin: v Ou}" a]n devh/ uJpe;r

touvtwn diageinwvskein kai; gnwvmhn ajpofaivnesqai, ou|toi mevcri o{tou a]n diagnw'sin kai;

136 th;n gnwvmhn ajpofhvnwntai, pavsh" leitourgiva" dhmosiva" ejkto;" iJerw'n

dhmosiv-

wn parivsqwsan: v jArevskein de; th'i boulh'i to;n a[rconta to;n th;n klhvrwsin

tw'n dikastw'n poihvsanta h], eij mh; ou|to" duvnaito, tw'n uJpavtwn tovn te prohgorou'n<

ta tauvth" th'" diaivth" proivstasqai kai; kataggevlãlÃin mavrtusin toi'" ejpi; th'" jIta<

140 liva" ou\sin ejãxÃousivan didovnai, ejf‟w|i tw'i me;n ijdivai ti

metaporeuomevnwi mh; pleivo<

sin pevnte, toi'" de; dhmosivai mh; pleivosin ãdÃevka kataggei'lai ejpitrevyei: v

JOmoivw" ajrevskein th'i bouãlÃh'i krita;", oi} a]n ejk touvtou tou' v lavcwsin, kaq‟o} a]n aujtw'n ejkavstwi dovxhi, ajnafando;n øoØ v

139: lapis KATAGGELAIN 140: lapis ESOUSIAN 141: lapis AEK

(28)

28

144 ajpofaivnesqai, kai; o} a]n oiJ pleivou" ajpofhvnwntai, eja'n:

(29)

29

Traduzione

Doc. I (ll. 1-40)

L‟ imperatore Cesare Augusto, pontefice massimo, rivestito della potestà tribunizia per la diciassettesima volta, dice:

/4Poiché trovo in totale, nella provincia di Cirene, duecentoquindici Romani di ogni età, con un censo minimo di duemilacinquecento denari o più, come i soggetti da cui sono tratti i giudici, /8e gli ambasciatori delle città della provincia hanno lamentato che tra questi stessi, che ora accusano ora testimoniano tra di loro, sono sorte delle congiure che opprimono i Greci nei processi capitali, e io stesso ho verificato che degli innocenti sono vessati in questo modo e /12sono portati anche all‟estremo supplizio, fino a che il senato non avrà deliberato in merito a questo affare o io stesso non avrò trovato di meglio, mi sembra che agiranno bene e saggiamente i governatori della provincia di Creta e Cirene notificandonella provincia di Cirene (una lista con) lo stesso numero di giudici Greci /16e Romani, dalle classi più alte di censo, nessuno più giovane di venticinque anni, né Romano né Greco, né con un censo o con degli averi inferiori ai settemilacinquecento denari, se c‟è abbondanza di questi uomini, o se in questo modo non è possibile raggiungere il numero dei giudici da pubblicare (nella lista), /20(i governatori) dichiarino come giudici nei processi capitali contro i Greci quelli con la metà e non meno di questo censo.

(30)

30

Se un Greco accusato, il giorno prima che l‟accusatore inizi a parlare, data a lui la possibilità di scegliere di avere tutti giudici Romani o /24per metà Greci, sceglie per metà giudici Greci, allora pesate le palline e iscritti su queste i nomi, si sorteggino da un‟urna i nomi dei Romani, da un‟altra quelli dei Greci fino a che non si raggiunga il numero di venticinque per ciascun gruppo, dai quali /28l‟accusatore, se vuole, ne ricusi uno da ciascun gruppo, tre invece tra tutti l‟accusato, a condizione che non ricusi né tutti Romani né tutti Greci. Poi tutti gli altri siano lasciati liberi di andare a votare e i Romani depositino privatamente il loro voto in una cesta, i Greci privatamente in un‟altra. Quindi, avvenuto privatamente /32lo spoglio delle votazioni di ciascun gruppo, il governatore dichiari pubblicamente quello che la maggioranza avrà deciso. E poiché di solito i parenti delle vittime non lasciano invendicate le morti ingiuste, ed è verosimile che ai colpevoli non mancheranno accusatori Greci che faranno giustizia /36per i parenti o concittadini uccisi, mi sembra che agiranno bene e saggiamente i governatori di Creta e Cirene non ammettendo nella provincia di Cirene un Romano come accusatore di un Greco per l‟uccisione di un uomo o di una donna greci, eccetto se uno insignito della cittadinanza Romana non intenti un‟azione per la condanna a morte (in difesa) di un parente o di un concittadino.

Doc. II (ll. 40-55)

L‟imperatore Cesare Augusto, pontefice massimo, rivestito della diciassettesima potestà tribunizia, dice:

(31)

31

/42 Non vi deve essere motivo di malevolenza e di biasimo verso Publio Sestio Sceva, per il fatto che Aulo Stlaccio Massimo, figlio di Lucio, e Lucio Stlaccio Macedone figlio di Lucio, e Publio Lacutanio Filerota, liberto di Publio, dal momento che questi avevano detto di essere a conoscenza e di voler dire quello che riguardava la mia sicurezza e gli affari pubblici, /46 ha pensato di mandare in catene presso di me dalla provincia della Cirenaica: Sestio ha infatti agito bene e con cura. Del resto poiché non sanno nulla delle cose che riguardano me e gli affari pubblici, e in realtà in provincia avevano detto che immaginavano questo /50 e mi hanno reso manifesto di essersi sbagliati, li lascio liberi dalla custodia. Invece ad Aulo Stlaccio, che gli ambasciatori dei Cirenei accusano di aver portato via dai luoghi pubblici delle statue, tra le quali anche quella su cui la città aveva sottoscritto il mio nome, /54 fino a quando io non abbia indagato su questo affare, impedisco di allontanarsi senza il mio ordine.

Doc. III (ll. 55-62)

L‟imperatore Cesare Augusto, pontefice massimo, rivestito della potestà tribunizia per la diciassettesima volta dice:

/56

Agli abitanti della provincia Cirenaica che hanno ottenuto la cittadinanza romana ordino di prestare nondimeno proporzionalmente le liturgie alla comunità provinciale, ad eccezione di coloro ai quali in base a legge o senatoconsulto, con decreto di mio padre o mio, è stata concessa l‟immunità assieme con la cittadinanza; /60e questi stessi a cui è stata concessa l‟immunità,

(32)

32

decido che restino immuni sui beni che avevano allora; ma per tutti i beni acquisiti in seguito, paghino la somma che spetta.

Doc. IV (ll. 62- 71)

L‟Imperatore Cesare Augusto, pontefice massimo, rivestito della potestà tribunizia per la diciassettesima volta dice:

Se nasceranno delle controversie tra in Greci nella provincia Cirenaica, ad eccezione degli accusati di crimine capitale, a riguardo dei quali colui che governa la provincia /66deve egli stesso istruire il processo ed emettere una sentenza oppure costituire un collegio di giudici, per tutte le altre cause è bene che siano dati giudici Greci, a meno che il convenuto o l‟accusato non vogliano avere come giudici dei cittadini Romani. Non è opportuno che, fra i giudici Greci che saranno dati in base al mio presente decreto, /70sia dato un giudice originario della città dalla quale provengano sia l‟attore/accusatore sia il convenuto/accusato.

Doc. V e VI (ll. 72- 144)

/72L‟imperatore Cesare augusto, pontefice massimo, investito della potestà

tribunizia per la diciannovesima volta, dice:

Il senatoconsulto votato sotto il consolato di Caio Calvisio e Lucio Passieno alla mia presenza e /76da me sottoscritto, riguardando la sicurezza degli alleati del popolo romano, affinché sia noto a tutti coloro di cui noi ci prendiamo cura, ho deciso di mandarlo nelle province e di farlo aggiungere al mio editto, da

(33)

33

esso sarà chiaro /80a tutti gli abitanti delle province quanta cura ci prendiamo io ed il Senato che nessuno di quelli a noi sottoposti subisca in modo inopportuno qualcosa o sia costretto a pagare qualcosa.

Senatoconsulto

/84

In quanto alle cose che riferirono i consoli Caio Calvisio Sabino e Lucio Passieno Rufo, intorno alle quali l‟imperatore Cesare Augusto nostro capo, dietro parere del consiglio che ha sorteggiato dal Senato, /88ha voluto che fosse riferito tramite noi al Senato, riguardando la sicurezza degli alleati del Popolo Romano, il Senato ha deciso: Avendo i nostri antenati fatto delle leggi per la rivendicazione di somme di denaro, affinché gli alleati più facilmente

/92

possano perseguire legalmente coloro dai quali sono stati danneggiati e una volta saccheggiati possano recuperare il denaro, e risultando il genere di queste procedure talora molto oneroso e opprimente per coloro per i quali la legge è stata scritta, dal momento che, essendo le province molto distanti, sono trascinati come testimoni /96uomini poveri e sofferenti per malattia o per vecchiaia, è stabilito dal Senato: Se, dopo la promulgazione del decreto del Senato, gli alleati, essendo stati costretti a pagare delle somme pubblicamente o privatamente, vogliano reclamare, indipendentemente dall‟accusa capitale contro colui che ha sottratto, /100e presentatisi per questo denunzino i fatti a uno dei magistrati a cui è concesso convocare il Senato, il magistrato il più presto possibile li conduca davanti al Senato e dia loro l‟avvocato che loro vorranno e che li difenda in Senato. Controvoglia non li difenda colui al quale dalle leggi

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Affinché ascoltino quelli che portano le accuse in Senato, il magistrato, che abbia concesso loro l‟ingresso in Senato, lo stesso giorno, durante la seduta, a condizione che siano presenti non meno di duecento senatori, /108sorteggi quattro elementi da tutti i consolari che si trovano nella stessa Roma o entro venti miglia dalla città; similmente da tutti i pretorii che si trovano nella stessa Roma o entro venti miglia dalla città, tre; parimenti da tutti gli altri senatori o da tutti quelli ai quali è concesso di votare in Senato, i quali si trovino allora a Roma o più vicino di venti miglia alla città, /112due; non sorteggi nessuno che abbia settanta o più anni o che sia investito di una magistratura o di una carica o che sia presidente di un tribunale o addetto alla distribuzione del frumento né chi una malattia impedisca di adempiere a questo onere davanti al Senato, avendo rifiutato con giuramento /116e avendo portato (come prova) per questo tre membri del Senato, i quali abbiano prestato giuramento, né colui al quale per affinità o parentela spetti in base alla legge Giulia giudiziaria di non essere costretto a testimoniare controvoglia in un pubblico giudizio, né chi l‟accusato giuri davanti al Senato essergli nemico, ma che non ne rifiuti col giuramento più di tre. /120Quelli che nel numero di nove siano in questo modo eletti, da questi il magistrato che avrà fatto il sorteggio provveda affinché entro due giorni coloro i quali rivendicano il denaro e colui dal quale si rivendica, ricusino a turno fino a che ne siano rimasti cinque. E se qualcuno di questi giudici muore prima che l‟affare sia stato giudicato, o un‟altra causa impedisca di giudicare a costui, /124il cui esonero sia approvato avendo giurato cinque membri del Senato, allora il magistrato, presenti i giudici, coloro i quali

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rivendicano il denaro e colui dal quale è rivendicato, faccia un sorteggio dai membri dello stesso ordine e che hanno esercitato le stesse magistrature, /128che si trovava ad aver esercitato quello al posto del quale è eletto a sorte, a condizione che non sorteggi persona che, in base a questo senatoconsulto, non può essere sorteggiata nei confronti dell‟accusato. I giudici così eletti ascoltino e indaghino su quello solo che uno è accusato di aver derubato pubblicamente o privatamente. /132E quanto capitale di denaro gli accusatori dimostreranno essere stato portato loro via privatamente o pubblicamente, tanto i giudici ordineranno di restituire, a condizione che giudichino entro trenta giorni. Quelli ai quali spetta indagare ed emettere una sentenza su queste cose, fino a che non abbiano giudicato ed emesso la sentenza, /136siano esonerati da ogni onere pubblico al di fuori dei pubblici sacrifici. Il senato stabilisce che il magistrato che ha fatto il sorteggio dei giudici o, qualora questi non possa, tra i consoli quello che parla per primo presieda questo giudizio e dia facoltà di intimare di comparire ai testimoni che si trovano in Italia, /140a condizione che non permetta a colui il quale rivendica privatamente di intimarne più di cinque, a coloro i quali rivendicano pubblicamente non più di dieci. Similmente il Senato ha deciso che i giudici che sono stati eletti in base a questo senatoconsulto dichiarino apertamente quello che a ciascuno di essi parrà, /144e che quello che la maggioranza avrà dichiarato, sia accettato.

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Retroversione latina

Doc. I (ll. 1-40)

Imperator Caesar Augustus, pontifex maximus, tribunicia potestate septimum decimum, imperator quartum decimum,

dicit:

/4

Cum inveniam Romanos omnes in ea quae est circa Cyrenen provincia

- ducentos et quindecim, cuiusvis aetatis, duorum millium et quingentorum

denariorum vel maiorem censum habentes- ex quibus sunt iudices, atque in his

ipsis esse quasdam coniurationes /8legationes civitatum provinciae questae sint, quae opprimant Graecos in capitalibus iudiciis, iisdem vicissim

accusantibus atque testimonia invicem dantibus, et ego ipse cognoverim

innocentes quosdam hoc modo vexatos et /12usque ad ultimum supplicium adductos esse, donec senatus de hac re consulat aut ego ipse aliquid melius

inveniam, videntur mihi bene atque ordine facturi esse qui Cretensem et

Cirenaicam provinciam obtinebunt proponentes in ea quae est circa Cyrenen

provincia /16parem numerum Graecorum iudicum amplissimis ex censibus ac Romanorum, neminem minorem quinque et viginti annis neque Romanum

neque Graecum, neque minorem habentem censum et rem familiarem, si copia

huiusmodi virorum sit, denariorum septem millium et quingentorum aut, nisi

hoc modo possitcompleri numerus iudicum qui proponi debent, /20dimidium et non minorem censum habentes proponant iudices in capitalibus Graecorum

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potestas eligendi ei data sit utrum omnes velit iudices sibi Romanos esse an

dimidios Graecos, /24eligat dimidios Graecos, tunc aequatis pilis et inscriptis in ipsis nominibus, ex altera urna Romanorum nomina, ex altera Graecorum

sortienda sint, donec ex utroque genere viceni quini impleantur, quorum

/28

singulos ex utroque genere accusator, si velit, reicito, tres ex omnibus reus,

dummodo ne Romanos omnes neve Graecos omnes reiciat. Dein ceteri omnes

ad sententias ferendas dimittuntor atque ferunto seorsum in alteram sitellam

Romani sorticulas, seorsum Graeci in alteram. /32Deinde facta seorsum numeratione utrinque sorticolarum, quod maior pars omnium iudicaverit, hoc

palam praetor pronuntiato. Et cum iniustas mortes plerumque propinqui

mortuorum non inultas sinant, et probabile sit reis non defuturos esse Graecos

accusatores qui causam pro mortuis propinquis vel civibus agant, /36recte atque ordine mihi videntur facturi esse quicumque Cretae et Cyrenarum

praetores erunt, si in ea quae est circa Cyrenen provincia ob Graeci maris

feminaeve caedem non admittant accusatorem Romanum Graeci, praeterquam

si quis civitate Romana honoratus /40de morte (vel capitis iudicio) propinqui vel civis sui agat.

Doc. II (ll. 40-55)

Imperator Caesar Augustus pontifex maximus, tribunicia potestate septimum decimum,

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38

Invidiae et vituperationi esse Publio Sextio Scaevae non debet, quod

Aulum Stlaccium Luci filium Maximum et Lucium Stlaccium Luci filium

Macedona /44et Publium Lacutanium Publi libertum Philerota, cum hi quod ad meam salutem et publicam rem pertineret se scire et cupere denuntiare

dixissent, vinctos ad me ex Cyrenaica provincia mittendos curavit: hoc enim

fecit Sextius recte et diligenter. /48Ceterum cum rerum ad me et publicam rem pertinentium nihil cognoscant, hoc autem in provincia se finxisse dixerint et

falsos esse manifestum mihi fecerint, liberatos eos ex custodia dimitto. Aulum

/52

autem Stlaccium Maximum, quem Cyrenensium legati accusant statuas ex

locis publicis, in quibus et illam cui civitatis meum nomen subscripsit,

sustulisse, donec de hac re cognoverim, discedere iniussu meo prohibeo.

Doc. III (ll. 55-62)

Imperator Caesar Augustus, pontifex maximus, tribunicia potestate septimum decimum,

dicit:

/56

Si quidam ex Cyrenaica provincia civitate honorati sint, hos

nihilominus pro rata fungi corpori Graecorum iubeo, praeter eos quibus ex

lege senatusve consulto patris mei meove decreto tributorum immunitas una

cum civitate data est. /60Hosque ipsos, quibus tributorum immunitas data est, harum rerum esse immunes, quas tunc habebant, placet mihi; de omnibus

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39

Doc. IV (ll. 62- 71)

Imperator Caesar Augustus, pontifex maximus, tribunicia potestate septimum decimum,

dicit:

/64

Quaecumque contorversiae inter Graecos erunt in Cyrenaica

provincia exceptis reis capitis, de quibus qui provinciam obtinebit ipse

cognoscere et statuere vel consilium iudicum dare debet, de ceteris rebus

omnibus Graecos iudices dari placet, /68nisi is unde petitur quive accusatur cives Romanos iudices habere velit. Inter eos vero quibus hoc edicto meo

Graeci iudices dati erunt, iudicem dari non placet ex illa civitate neminem, ex

qua petitor accusatorve erit aut ex qua ille unde petitur quive accusatur.

Doc. V e VI (ll. 72- 144)

Imperator Caesar Augustus, pontifex maximus, tribunicia potestate nonum decimum,

dicit:

Senatus consultum, Gaio Calvisio et Lucio Passieno consulibus ratum, me

praesenteve subscribente, /76quod pertinet ad populi Romani sociorum securitatem, ut omnibus notum sit, quibus providemus, mittere in provincias

statui et meo edicto subicere, ex quo manifestum erit omnibus provincias

habitantibus, /80quantam curam habemus et ego et senatus, ne quis nobis subiectorum contra debitum patiatur quid vel exigatur.

(40)

40

Senatusconsultum

/84

Quod Gaius Calvisius Sabinus Lucius Passienus Rufus consules verba

fecerunt, de quibus rebus Imperator Caesar Augustus princeps noster ex

consilii sententia, quod ex senatu sortitum habuit, /88referri per nos ad senatum voluit, pertinentibus ad sociorum populi Romani securitatem, senatus censuit :

Cum maiores nostri iudicia de pecuniis repetundis lege constituerint, ut

facilius socii /92iniurias quascumque perpessi sint persequi et recuperare pecunias quibus privati erant possint, cumque genus eiusmodi iudiciorum

interdum gravissimum et molestissimum sit eis, quorum causa scripta lex est,

cum ex provinciis longe distantibus trahantur /96testes pauperes homines et quidam invalidi morbo vel senectute, placet senatui: Si quidam sociorum post

hoc senatusconsultum factum pecunias publice vel privatim exactas repetere

velint, praeterquam si capite accusent illum qui exegerit, /100et propterea adeant et indicent magistratuum alicui, cui cum senatu agere liceat, hos

magistratum quam celerrime in senatum inducere et patronum, qui pro eis in

senatu loquatur, quem ipsi postulaverint, dare; invitus autem ne patrocinetur is

cui ex legibus /104recusatio huius muneris data est. Ut qui in senatu causas proferant audiantur, magistratus qui ipsis aditum in senatum dederit, eodem

die, praesente senatu, ita ut non minus ducentis adsint, sortiatur ex omnibus

consularibus qui in ipsa Roma /108intrave viginti milia ab urbe sint, quattuor; item ex praetoriis omnibus, qui in ipsa Roma intrave viginti milia ab urbe sint,

tres; item ex ceteris senatoribus quibusve in senatu sententiam dicere licet

omnibus, qui tunc vel Romae propiusve viginti /112milia urbem sint, duos. Sortiatur autem neminem qui septuaginta pluresve annos natus sit vel in

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41

magistratu imperioque constitutus vel praeses iudicii vel curator frumenti

dandi vel quem morbus impediat ne hoc munere fungatur cum coram senatu

per iusiurandum se excusaverit dederitque propter hoc /116tres iuratos senatus viros, vel qui affinitate cognationeve ei coniunctus sit, ut lege Iulia iudiciaria

testimonium dicere in publico iudicio invitus cogi nequeat, vel quem reus iuret

in senatu inimicum sibi esse; ne plures autem quam tres per iusiurandum

recuset. Qui novem /120hoc modo sorte lecti sint ex his, magistratus qui sortitionem fecit curet ut, in diebus duobus, ii qui pecunias repetunt et is unde

repetunt vicissim iudices reiciant, donec quinque relinquantur. Quicumque

horum iudicum, priusquam iudicata res sit, mortuus sit vel alia quaedam causa

impediat /124ne iudicet is, cuius recusatio probata sit per iusiurandum quinque virorum ex senatu, tunc magistratus, praesentibus iudicibus et iis qui pecunias

repetunt et eo unde repetunt, subsortiatur ex his viris qui eiusdem ordinis sint

iisdemque functi magistratibus quibus /128functus sit ille in cuius locum sorte legitur, dum ne subsortiatur virum, quem sortiri in eius causa, qui accusetur,

hoc senatusconsulto non liceat. Creati vero iudices de his rebus solum audiant

et cognoscant, quae quis accusetur publice vel privatim avertisse; /132et quantam pecuniae summam accusatores probaverint ablatam esse sibi

privatim publiceve, tantam reddere iubeant, ita ut intra triginta dies iudices

iudicent. Quos de his rebus /136cognoscere et sententiam dicere oportebit, hi, donec cognoverint et sententiam dixerint, quovis munere publico exceptis

sacris publicis immunes sunto. Placere senatui magistratum qui sortitionem

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iudicio praeesse et denuntiandi testibus qui in Italia sunt /140potestatem facere, ita ut illi, qui privatim aliquid repetit ne pluribus quam quinque, illis qui

publice ne pluribus quam decem denuntiare liceat. Item placere senatui iudices

qui ex hoc (senatusconsulto) sorte lecti sint, secundum quod cuique eorum

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Capitolo

3

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3.1

Il primo editto: le nuove disposizioni augustee sull’album

iudicum e sui tribunali capitali.

Il primo editto della stele di Augusto offre un contributo fondamentale alla storia del processo provinciale. Nei considérants viene esposto l‟antefatto che sta alla base delle innovazioni introdotte da Augusto nell‟amministrazione della giustizia in Cirenaica.

L‟imperatore dice di trovare nella provincia Cirenaica “in totale duecentoquindici Romani di ogni età, con un censo di duemilacinquecento denari o più ( dai quali sono estratti i giudici)”, le cui congiure erano state denunciate presso di lui dall‟ambasceria delle città cirenaiche: nelle qanathfovroi divkai i Romani accusavano e testimoniavano a turno tra di loro contro dei Greci innocenti portati in tal modo “all‟estremo supplizio”, come lo stesso Augusto aveva potuto verificare nel corso della sua indagine.

Fino a quando il Senato non avesse deliberato in merito a questo affare o lo stesso imperatore non avesse trovato una soluzione migliore, si stabiliva che il governatore della provincia di Creta e Cirene proponesse per il distretto cirenaico un numero uguale di giudici greci e romani, la cui età non avrebbe potuto essere inferiore a venticinque anni; sia per i Greci che per i Romani il limite censitario sarebbe stato pari a settemilacinquecento denari, ma era concesso di essere giudice nelle qanathfovroi divkai anche a chi possedesse la metà del censo stabilito, vale a dire tremilacinquecento denari.

Una volta fissati i requisiti necessari al titolo di krith;" nella provincia di Cirene, ed in particolare nei tribunali definiti qanathfovroi divkai, è descritta la procedura da seguire per la formazione del giurì delle qanathfovroi divkai.

Segue infine un‟ultima disposizione secondo la quale, per l‟uccisione di un uomo o di una donna Greci, il governatore della provincia non avrebbe dovuto accettare un cittadino Romano come accusatore di un Greco, a meno

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che non si trattasse di Greci diventati cittadini romani che agissero per un concittadino o per un parente. Sarebbe stato infatti naturale che un Greco si facesse carico della repressione dell‟illecito commesso contro un parente o un concittadino. Ai Romani veniva dunque negato lo ius accusandi nelle cause di omicidio in cui le parti in lite sarebbero state entrambe di nazionalità greca.

Le innovazioni di Augusto, su cui ci soffermeremo, si possono così riassumere brevemente:

a) modifica dei criteri di selezione dei giudici nella provincia di Cirene e nelle qanathfovroi divkai;

b) nuove modalità nella composizione e nel sistema di votazione della giuria preposta ad esaminare le cause capitali;

c) limitazione del diritto d‟accusa nelle cause di omicidio tra Greci.

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