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Grafici p. 97 e 99 di Bosworth; Peter Dawkins & Thorsten Stromback, Economics of the Labor Market; 1996). Nella costruzione non dimenticare il punto di flesso ed il punto in cui il costo marginale incontra il costo medio e

produttività marginale incontra produttività media.

Nella figura 7.11, di seguito riportata

Si può vedere come la scelta dell’impresa simultaneamente rappresenta la combinazione ottima dei fattori che minimizza di costi

(combinazione tecnicamente ed

economicamente efficiente) ed il livello di produzione che massimizza il profitto. La scelta del livello di produzione ottimo non è distinta dalla combinazione ottimale dei fattori.

(2)

Questa parte del grafico può essere tralasciata

(3)

Nella figura 7.12, viene illustrato un riduzione dei salari, nel breve periodo con Capitale Fisso K = K0

(4)

Questa parte del grafico può essere tralasciata

(5)

DOMANDA DI LAVORO nel lungo periodo

Se abbandoniamo l’ipotesi che il livello di capitale sia fisso, l’impresa potrà scegliere diverse quantità di lavoro a seconda della modalità con cui esso si combina con il capitale.

In conseguenza di una variazione dei salari (w

1

w

0

), la domanda di lavoro si modificherà. L’effetto totale sulla domanda di lavoro può essere scomposto in due parti o due effetti: effetto sostituzione ed effetto scala

L’effetto sostituzione: data una variazione

del prezzo di un fattore, l’impresa

sostituisce il fattore più costoso con quello

(6)

dei salari rende meno costoso il fattore lavoro, quindi le imprese sostituiscono il capitale con il lavoro. K varia ed anche L varia, ma l’uno in sostituzione dell’altro, il fattore divenuto relativamente meno costoso aumenterà mentre l’altro, relativamente più costoso diminuira’.

L’effetto scala deriva dal fatto che la

variazione del costo di un fattore può

determinare delle variazioni nella scala

produttiva. Ad esempio un minor costo del

lavoro può indurre l’impresa in concorrenza

perfetta a produrre di più, a più larga scala,

ciò determina un aumento anche del

capitale. Quindi l’effetto scala può

determinare una variazione di K ed una

ulteriore variazione di L. La soluzione

dipenderà dalla tecnologia dell’impresa e

quindi dal tipo di isoquanti.

(7)

Dati due fattori L e K, l’effetto sostituzione diretto ha segno negativo ovvero c’è una relazione inversa tra prezzo di un fattore produttivo e la domanda del fattore stesso;

anche l’effetto scala ha segno negativo, c’è quindi una relazione inversa tra prezzo dei fattori e domanda dei fattori. Quindi i due effetti si sommano e non si contrastano, amplificando l’effetto totale. Se il salario diminuisce, la domanda di lavoro aumenta sia per effetto sostituzione che per effetto scala.

L’effetto sostituzione incrociato invece ha

segno positivo. L’effetto scala ha invece

effetto negativo anche nei confronti

dell’altro fattore il cui prezzo non è variato

(8)

Se il salario diminuisce, la domanda di capitale diminuisce per effetto sostituzione, mentre aumenta per effetto scala.

In generale, se prevale l’effetto sostituzione la domanda di uno dei due fattori produttivi aumenta (quello meno costoso) mentre la domanda dell’altro diminuisce. Se prevale l’effetto scala la domanda di entrambi i fattori aumenta se uno dei due fattori è diventato meno costoso, oppure diminuisce la domanda di entrambi se uno dei due fattori è diventato più costoso.

La funzione di domanda di lavoro di lungo

periodo incondizionata (cioè se cambia la

scala) sarà più piatta e quindi più elastica

della domanda di lavoro condizionata (cioè

quella derivante solo dall’effetto

sostituzione senza effetto scala).

(9)

L’elasticità aumenta quanto Maggiore è l’effetto scala.

Inoltre, maggiore è l’effetto scala tanto più la domanda di lavoro di lungo periodo sarà più elastica della domanda di lavoro nel breve periodo.

Minore è l’effetto scala più ripida sarà la domanda di lavoro di lungo periodo, rispetto a quella di breve periodo.

La domanda di lavoro condizionata (cioè

quella derivante solo dall’effetto

sostituzione senza effetto scala). è meno

elastica della domanda di lavoro di breve

periodo. Ciò è dovuto al fatto che per effetto

sostituzione il fattore capitale ed il fattore

lavoro vanno in senso opposto e la

(10)

variazione del fattore capitale influisce sulla produttività dei lavoratori. Ad esempio se il salario si riduce, genera un aumento del fattore lavoro ed una diminuzione del capitale, quest’ultimo fa ridurre la produttività dei lavoratori e cosi’ se ne riduce l’effetto in aumento della domanda di lavoro.

In definitiva la domanda di lungo periodo è più elastica quanto piu’ forte è l’effetto scala, sarà meno elastica invece se più forte è l’effetto sostituzione.

Le funzioni di domanda dei fattori dipenderanno dai costi reali dei fattori produttivi.

L = f(W/P, R/P)

(11)

K = f(W/P, R/P)

Grafico lungo periodo senza effetto scala, domanda di lavoro condizionata

Grafico lungo periodo con effetto scala, domanda di lavoro incondizionata

(12)

Domanda di lavoro aggregata: industria o intero mercato del lavoro.

Se consideriamo la domanda di lavoro di un’industria intera (insieme di imprese che producono un prodotto omogeneo – ad es:

industria alimentare o del ferro, o addirittura l’intero mercato del lavoro), l’aspetto fondamentale è che all’aumentare della produzione variano in prezzi.

Ad es. una riduzione dei salari comporta un

aumento della domanda di lavoro per la

possibilità di aumentare la produzione per

tutte le imprese. Un aumento della

produzione di tutte le imprese (quindi una

trasposizione verso destra della funzione di

offerta) in concorrenza perfetta provoca una

riduzione dei prezzi, ciò comporta una

riduzione del valore della produttività

(13)

marginale del lavoro e quindi una riduzione

della domanda di lavoro, la funzione di

domanda di una industria risulterà meno

elastica di quella di una singola impresa.

(14)

Monopolio

Se l’impresa opera in regime di monopolio nel mercato dei beni invece avremo:

Il ricavo marginale della produttività del lavoro è pari a:

Y Y P P

Y Y Y P Y

RT

( )

Mettendo in evidenza P, avremo:





P Y Y P P

Y

RT 1

|

| 1 1

, p y

Y P RT

dove  è l’elasticità della domanda di beni e servizi, al variare dei prezzi dei beni e

servizi.

(15)

L’impresa massimizza il profitto se il ricavo marginale è uguale al costo marginale. Il

costo marginale è pari al salario per l’inverso della produttività marginale .

gL p

y gL

p y gL

PPM PPM

W PM P

W

|

| 1

|

| 1 1

, ,

La domanda di lavoro in monopolio o in concorrenza imperfetta è minore della domanda di lavoro in concorrenza perfetta dato che il ricavo marginale in monopolio è minore del ricavo marginale in concorrenza perfetta. Quindi, il monopolista domanda meno lavoro di un’impresa concorrenziale ed i salari sono minori.

Notate che il monopolista opera nei tratti in cui l’elasticità della domanda rispetto ai

(16)

prezzi è >1 (N.B. maggiore di 1 in valore assoluto, non si dimentichi che l’elasticità della domanda rispetto ai prezzi è negativa) infatti, l’impresa produrrà solo nei casi in cui l’aumento della produzione genera aumenti dei ricavi, ciò è possibile solo se >1. Se invece <1 avrebbe ricavi marginali negativi dato che per aumentare la produzione e le vendite dovrebbe ridurre troppo i prezzi. Con ricavi marginali negativi anche il costo marginale dovrebbe essere negativo. Se <1 i ricavi totali aumentano solo se si riduce la produzione ed aumentano i prezzi, mentre con >1 il ricavo totale aumenta se aumenta la produzione e si riducono i prezzi di vendita

(17)
(18)

Monopsonio

Il monopsonio è un tipo di mercato in cui vi è solo un unico consumatore/richiedente.

Nel mercato del lavoro può accadere che

l’impresa sia l’unico richiedente di servizi

lavorativi in un settore altamente

specializzato o perché opera in un ambito

limitato (ad esempio circoscritto

territorialmente), non trovando tutta

l’offerta di lavoro che vorrebbe, per attirare

altri lavoratori deve necessariamente

aumentare i salari e quindi l’offerta di

lavoro (con cui l’impresa si confronta sul

mercato) è meno elastica.

(19)

L’offerta di lavoro è il luogo dei punti in cui si misura il valore che per ogni lavoratore ha un’ora di tempo libero marginale e che quindi quanto dovrebbe essere il salario per compensarlo della perdita di tempo libero (un’ora in meno di tempolibero che viene sostituita da un’ora di lavoro quanto vale? E quindi quant’è il salario di cui il lavoratore ha bisogno per essere compensato? [(W/P)=

(MUt/MUc), dove T è il tempo libero e C sono i beni di consumo; lo stesso vale se invece che in ore ragioniamo in numero di lavoratori aggiuntivi, marginali e quindi:

quanto deve essere pagato un lavoratore – in termini orari – per offrirsi sul mercato del lavoro e lavorare?]

La funzione di offerta di lavoro che quindi

si trova nel mercato di una industria,

(20)

rappresenta quanto deve pagare per ogni lavoratore marginale, e quindi rappresenta il costo marginale per l’imprenditore (un costo marginale visto rispetto ad una unità di lavoro aggiuntiva, e non rispetto ad una unità di prodotto aggiuntiva).

La cosa fondamentale è per il monoposonista questo costo marginale è maggiore in quanto deve pagare di più ogni lavoratore marginale, per poterlo attrarre, dato che si trova ad operare in un mercato limitato. Quindi graficamente la curva dei costi marginali del monopsonista è più alta di quella di una industria in concorrenza perfetta.

Analiticamente:

(21)

L’impresa monopsonistica massimizza il profitto:

Max = P(Y)*Y(L) - W(L)*L

Cioè massimizza la differenza tra RT e CT La condizione è uguagliare ricavo marginale e costo marginale.

Il ricavo marginale rispetto al fattore lavoro è (nota bene rispetto al fattore lavoro non la produzione Y):

L Y Y Y P L

P Y L

Y Y P L

RT

( )

Se il mercato dei beni e servizi è in concorrenza perfetta i prezzi sono dati, pertanto i prezzi non variano al variare di Y, quindi (P/y) =0 ed il ricavo marginale è:

P Y Y

Y P RT

( )

(22)

Invece, per i costi variabili, in un mercato dei fattori produttivi in concorrenza perfetta, il costo variabile è:

) (Y L W Cv

In un mercato dei fattori in monopsonio, il il costo variabile è:

W(L)L(Y) Cv

(Notare la differenza!!)

Costo marginale rispetto al fattore lavoro è, nel breve periodo:

L L L W

dL W dCv

( )

Mettendo in evidenza

W(L)

il costo marginale è:





W

L L L W

dL W

dCv ( ) 1

(23)



 

1 1 dL W

dCv

dove  è l’elasticità dell’offerta di lavoro rispetto al salario ed poiché tipicamente la curva di offerta ha inclinazione positiva  sarà un numero positivo

In equilibrio:



 

1 1 W PPMGL

W W PPMGL

L’impresa monopsonistica avrà quindi un costo marginale del lavoro maggiore del costo marginale di una impresa in concorrenza perfetta.

Se la curva di offerta di lavoro è

(24)

all’infinito, si avrà di nuovo il caso di una impresa in regime concorrenziale sul mercato del fattore lavoro.

Dalla

W W P

PMGL

con semplici passaggi si ottiene:





1 W

W P

PMGL

Se 

tende all’infinito si riproducono le

stesse condizioni della concorrenza perfetta ed la differenza tra produttività marginale e salari tende a zero.

Se 

tende all’infinito i costi marginali

aggiuntivi diminuiscono e quindi si tende a ridurre il divario indicato dal tratto AC

(25)





W 0

W P

PMGL

W P

PMGL

Invece, quanto minore è l’elasticità quanto più l’impresa deve spendere di più se vuole assumere altri lavoratori, quindi ne assume in misura minore e riesce a pagarli meno di quanto rendono. Quanto più l’impresa riuscirà a pagare il lavoratore meno di quando effettivamente produce. Infatti se si considera che l’elasticità dell’offerta di lavoro rispetto al salario è positiva, il differenziale è positivo, il che significa che l’impresa retribuisce il lavoratore meno di quanto produca.





W 0

W P

PMGL

(26)

Si ha il cosiddetto Monopsonio di sfruttamento, e si hanno livelli di occupazione e salari di equilibrio minori di quelli in concorrenza.

Il monopsonista “non” discriminante, quando vuole assumere un lavoratore in più, pagandolo di più, dovrà aumentare il salario a tutti i lavoratori, anche a quelli che potrebbero accettare salari più bassi. Di conseguenza il costo marginale per un impresa monopsonista che intende assumere un lavoratore in più non è pari solo al salario che quel lavoratore, in base a quanto valuta il proprio tempo libero, richiederebbe sul mercato. Il costo sarà pari al nuovo salario per tutti i lavoratori che l’impresa già ha.

Infatti, a titolo di esempio si presenta il

Calcolo del costo marginale di

(27)

un’assunzione in più per un monopsonista non discriminante.

Graficamente

Se il monopsonista riuscisse a discriminare (differenziare i salari per ogni lavoratore e

W/P

L

Funzione di

domanda di lavoro

Funzione di offerta di lavoro del mercato (costo marginale per l’industria in

concorrenza perfetta – sul piano W/P e L=

L*

w*

E

Funzione dei costi marginali

A

C

Lm PMG

w

(28)

pagare ad ognuno esattamente quanto ogni lavoratore marginale vorrebbe) si troverebbe con una funzione dei costi marginali che coinciderebbe perfettamente con la funzione di offerta di lavoro di una industria in concorrenza perfetta. Se invece, non riesce a discriminare (differenziare), i costi marginali sono più alti del costo indicato sulla funzione di offerta di lavoro e quindi avremo una retta spostata verso l’alto. Il punto di equilibrio è dato dal punto A, l’occupazione di equilibrio è L

m

. In corrispondenza di A abbiamo la produttività marginale dei lavoratori impiegati, invece in C abbiamo il livello di salario che l’impresa paga ai suoi lavoratori – che corrisponde a quello che il lavoratori sulla loro funzione di offerta vogliono quale ricompensa del tempo libero ceduto in cambio del lavoro.

La differenza tra il punto A ed il punto C

(29)

rappresenta la dimensione dello

sfruttamento. Se discriminasse il livello di

occupazione sarebbe pari a quello di un

mercato in concorrenza perfetta nel mercato

dei fattori (Equilibrio nel punto E). Se non

discrimina, si hanno livelli di occupazione e

salari di equilibrio minori di quelli in

concorrenza (equilibrio nel punto A).

(30)

Margine intensivo (numero di ore di lavoro) ed estensivo (numero di lavoratori)

Notare che vi sono parti del costo del lavoro che variano al variare delle ore di lavoro e parti del costo del lavoro che variano con l’occupazione e non con le ore di lavoro (ad esempio la selezione e la formazione dei nuovi lavoratori o alcuni contributi previdenziali).

Quindi vi sono parti del costo del lavoro che sono fisse rispetto alle ore lavorate, ma variabili al variare delle unità di lavoro (occupati, addetti, lavoratori)

Il costo totale del lavoro è quindi dato da:

CT = WON + SN + RK

O = ore di lavoro per ogni lavoratore;

S = costi fissi che non variano al variare delle ore

N = numero di lavoratori

(31)

Inoltre, la produttività non varia solo al variare del numero di lavoratori ma anche al variare del numero di ore lavorate da “ogni” addetto (un raddoppio delle ore lavorate per settimana, probabilmente non conduce ad un raddoppio dell’ammontare dei servizi di lavoro.)

Di conseguenza non è molto corretto scrivere che la produzione dipende dal monte ore di lavoro impiegato nel processo produttivo (ON), dato che non è invariante considerare variazioni nelle ore di lavoro a parità di numero di lavoratori, o variazioni del numero di lavoratori a parità di ore lavorate da ognuno:

Y = f (ON, K)

Infatti le ore di lavoro entrano direttamente della funzione di produzione ed in alcuni casi in sostituzione dei lavoratori, di conseguenza avremo:

Y = f (O, N, K)

(32)

La funzione obiettivo è minimizzare il CT (che dipende da salari orari e da costi fissi), dato il vincolo produttivo:

CT = WON + SN + RK C.V: Y° = f (O, N, K)

Dato il capitale (K°), la condizione necessaria per minimizzare il costo è data da:

WN f S

WO

fn' o'

O anche:

WN S WO

f f

o

n

'

'

Ogni unità monetaria in più spesa per aumentare le ore fornisce la stessa produttività marginale di una unità in più spesa per aumentare il numero dei lavorato. In questa situazione non conviene modificare la scelta in

(33)

termini di ore di lavoro e numero di lavoratori attuale. Quindi l’impresa è in equilibrio.

All’aumentare del costo fisso S, si riduce il numero degli occupati ed aumenta il numero delle ore di lavoro. Tuttavia, all’aumentare del costo fisso (S), si possono verificare anche effetti di scala che inducono ad una riduzione sia degli occupati e che delle ore. Quindi al complicarsi delle ipotesi il risultato della variazione dei costi fissi o variabili del lavoro, non è determinabile a priori.

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