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CAPITOLO IV L’ESECUZIONE DELL’

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CAPITOLO IV

L’ESECUZIONE DELL’ATTO OGGETTO DI RECLAMO

1. Il vuoto di tutela cautelare nella disciplina originaria dell’istituto. Le soluzioni prospettate dalla dottrina; 2. La sospensione ex lege dell’attività esattiva nella versione riveduta e corretta dell’art. 17-bis.

1. Il vuoto di tutela cautelare nella disciplina originaria dell’istituto. Le soluzioni prospettate dalla dottrina

Così come la proposizione del ricorso giurisdizionale non determina ex se la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato, neppure la presentazione dell’istanza di reclamo-mediazione, in base alla formulazione originaria dell’art. 17-bis del d.lgs. n. 546/1992, aveva effetti sospensivi 1.

Ciò significa che nel periodo di novanta giorni, lasciato all’Amministrazione finanziaria per esaminare l’istanza del contribuente, poteva essere avviata la riscossione coattiva delle imposte accertate o liquidate, ovvero attivate misure cautelari e conservative a tutela del credito erariale 2.

Nelle more del procedimento de quo il contribuente era dunque esposto al rischio di subire azioni esecutive, o anche solo cautelari o conservative, problema che non si poneva, invece, in costanza del tentativo di accertamento con adesione a seguito di istanza ex artt. 6, comma 3, e 12, comma 2, del d.lgs. n. 218/1997.

Logica avrebbe voluto che, anche durante la fase del reclamo e della mediazione, fosse preclusa agli uffici e agli agenti della riscossione la possibilità di riscuotere le imposte a titolo provvisorio o di adottare misure conservative. D’altronde, anche l’istituto disciplinato dall’art. 17-bis del d.lgs. n. 546/1992 prevede l’instaurazione di un contraddittorio preprocessuale finalizzato ad un riesame del provvedimento e, in presenza di una proposta di mediazione, ad una definizione concordata della pretesa tributaria.

1 Anche perché se il reclamo non viene accolto ovvero non vi è mediazione, il reclamo stesso si converte in ricorso a norma dell’art. 17-bis, comma 9, del d.lgs. n. 546/1992.

2 M. Basilavecchia, Reclamo, mediazione fiscale e definizione delle liti pendenti, in Corr. trib. n. 31/2011, pag. 2491.

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Non vi era quindi motivo per cui non dovesse operare, nei novanta giorni successivi alla presentazione del reclamo, la sospensione delle attività esattive – e di quelle prodromiche all’esazione – analogamente a quanto avviene per il procedimento di accertamento con adesione 3.

Del resto, come ha osservato acuta dottrina “ammettere l’avvio della procedura esecutiva nelle more di un tentativo di mediazione minaccia di vanificare ogni margine di mediazione” 4

.

È arduo infatti che, in mancanza di una moratoria della riscossione e delle azioni cautelari e conservative per la durata del procedimento di reclamo e di mediazione, il contribuente potesse decidere in maniera serena e ponderata se addivenire ad un accordo con il Fisco 5. La soluzione proposta da una parte della dottrina era quella di differire qualsiasi azione esecutiva, o anche solo propedeutica all’esecuzione, di novanta giorni dalla presentazione del reclamo, ovvero degli ulteriori venti giorni concessi al contribuente per aderire, pagando, all’eventuale proposta di mediazione dell’Ufficio o, ancora, del più breve termine in cui fosse intervenuto il rigetto del reclamo.

Quando, in altre parole, l’istituto in oggetto aveva esaurito i propri margini di operatività e scattavano i termini per la costituzione in giudizio (momento in cui il reclamo produce gli effetti del ricorso) 6.

Siffatta impostazione è sembrata compatibile con i principi di economicità, di efficacia e di imparzialità che, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 241 del 1990, debbono informare l’azione amministrativa 7 , anche se sarebbe stato auspicabile un intervento normativo che esplicitasse, ad origine, la sospensione dell’obbligo di pagamento e l’inibizione delle

3 A. Turchi, Reclamo e mediazione nel processo tributario, in Rass. trib. n. 4/2012, pag. 898.

4 Si veda A. Carinci, La riscossione provvisoria e l’acquiescenza dopo l’introduzione del reclamo, in Corr. trib. n. 11/2012, pag. 777. L’autore evidenzia altresì come “l’azione esecutiva verrebbe a fondarsi su un titolo di iscrizione a ruolo caratterizzato da un grado estremo di precarietà, ai limiti di una non ancora raggiunta definitività, nella misura in cui se ne prescrive un riesame in sede di reclamo, quale condizione di accesso alla tutela giudiziale”.

5 In senso conforme, F. Pistolesi, Ambito applicativo della mediazione tributaria e sospensione della riscossione, in Corr. trib. n. 19 del 2012, pag. 1429.

6 Così A. Cissello, Reclamo e mediazione: tutela cautelare e litisconsorzio, in Il fisco n. 14 del 2 aprile 2012, pag. 1-2103.

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iniziative cautelari e conservative finché fosse in corso il procedimento di reclamo e di mediazione 8.

Il discorso è chiaramente circoscritto a quegli atti per cui, soli, si può ipotizzare un’efficacia esecutiva potenzialmente pregiudizievole per il contribuente nella fase preprocessuale. Ne restano esclusi sia i dinieghi, espressi o taciti, di rimborso, sia gli atti di sola irrogazione di sanzioni, giacché, in virtù dell’art. 19 del d.lgs. n. 472/1997, le sanzioni divengono riscuotibili solo a seguito della sentenza della Commissione tributaria provinciale.

Per tutti gli altri provvedimenti suscettibili di reclamo la situazione è estremamente diversificata:

 vi sono atti che legittimano l’esecuzione forzata per la totalità della pretesa (incluse le sanzioni) già dopo sessanta giorni dalla notifica, come le cartelle di pagamento derivanti dalle attività di liquidazione automatica e di controllo formale delle dichiarazioni ex artt. 36-bis e 36-ter del d.p.r. n. 600/1973 e 54-bis del d.p.r. n. 633/1972;

 atti che legittimano l’iscrizione a ruolo a titolo provvisorio di una quota delle maggiori imposte accertate 9, come gli avvisi di rettifica di maggior valore ai fini delle cc.dd. “imposte d’atto”;

 infine, atti che in caso di impugnazione legittimano l’esecuzione forzata solo di una parte delle maggiori imposte accertate e solo dopo il decorso di centottanta giorni dall’affidamento in carico all’agente della riscossione che, a sua volta, deve avvenire decorsi trenta giorni dalla scadenza del termine di presentazione del reclamo.

Per questi ultimi il riferimento è ovviamente al c.d. “accertamento esecutivo”, introdotto dall’art. 29 del d.l. n. 78/2010, convertito nella l. n. 122/2010 10

con l’avvertenza che: a) la

8 F. Pistolesi, cit.

9 Ai fini della riscossione delle somme dovute in base ad avvisi di accertamento e di rettifica non ancora definitivi, e quindi della determinazione dell’ammontare in concreto riscuotibile, si deve ritenere che la presentazione del reclamo sia equiparata alla proposizione del ricorso, cfr. M. Cantillo, Manovra correttiva (d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito) – Il reclamo e la mediazione tributaria: prime riflessioni sul nuovo art. 17-bis del d.lgs. n. 546/1992, in Il fisco, 2011, pag. 4997.

10 Il regime della “concentrazione della riscossione nell’accertamento” interessa gli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate a partire dal 1° ottobre 2011 ai fini delle imposte sui redditi e delle relative addizionali, dell’Irap, dell’Iva, delle ritenute e delle imposte sostitutive, relativamente ai periodi d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2007 e successivi: tali atti impositivi posseggono la natura di titoli esecutivi per la riscossione degli importi in essi indicati, ancorché, in caso di impugnazione,

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sospensione ope legis dell’azione esecutiva non riguarda le azioni cautelari e conservative, come neppure le altre azioni previste dalle norme ordinarie a tutela del creditore (art. 29, comma 1, lett. b), del d.l. n. 78/2010), che quindi ben possono essere intraprese in pendenza del termine dilatorio di centottanta giorni; b) ove sussista un fondato pericolo per il buon esito della riscossione le somme dovute in base all’avviso di accertamento possono essere affidate in carico ad Equitalia per il loro intero ammontare – comprensivo di interessi e sanzioni – subito dopo il decorso del termine per il versamento, senza attendere gli ulteriori trenta giorni, e senza che operi la sospensione della procedura espropriativa per centottanta giorni (art. 29, comma 1, lett. c) del d.l. n. 78/2010) 11.

Riassumendo, fatta eccezione per gli atti non suscettibili di essere portati ad esecuzione nel periodo di novanta giorni previsto per l’espletamento della fase di reclamo/mediazione, in tutti gli altri casi, la mancata previsione di un’inibitoria delle attività esattive per il tempo necessario ad istruire l’istanza di reclamo o a definire un accordo di mediazione induceva a riflettere sui possibili effetti dell’esecuzione dell’atto nelle more del procedimento deflattivo e sulle più opportune forme di tutela da adottare per impedire che il contribuente potesse risentire di un “danno grave ed irreparabile” prima ancora di poter dimostrare la fondatezza delle proprie ragioni.

limitatamente ad un terzo delle imposte e degli interessi. Ciò implica che, una volta decorsi i termini all’uopo prescritti, l’agente della riscossione può procedere all’esecuzione coattiva in forza del solo avviso di accertamento, senza bisogno di emettere alcun atto ulteriore. Per tale via si è inteso snellire la procedura esattiva mediante l’eliminazione del duplice passaggio dall’avviso di accertamento al ruolo e dal ruolo alla cartella di pagamento.

11 Non manca chi, come A. Renda, Il reclamo per dinieghi di rimborso, atti sanzionatori e atti impoesattivi, in Corr. trib n. 10 del 2012, pag. 715, ha denunciato la mancanza di un coordinamento tra la disciplina sull’accertamento esecutivo e l’art. 17-bis del d.lgs. n. 546/1992. In particolare, l’autore evidenziava come l’intervallo di tempo necessario per esperire il procedimento di reclamo o di mediazione comportasse, inevitabilmente, un’erosione del termine dilatorio ordinariamente previsto per l’inizio dell’esecuzione forzata, con conseguente riduzione delle concrete possibilità per il destinatario dell’atto di ottenerne la sospensione giudiziale degli effetti in tempo utile per evitare “un grave ed irreparabile” pregiudizio. Di analogo avviso, A. Carinci, cit., per il quale “ammettere la possibilità per l’Agenzia delle Entrate di affidare tempestivamente la riscossione ad Equitalia, nonostante la pendenza del termine per l’esame del reclamo, significa consumare la metà del tempo concesso al giudice per valutare l’eventuale istanza di tutela cautelare” quantunque “la sospensione dell’esecuzione forzata successivamente all’affidamento all’agente della riscossione sia stata motivata, fin dall’originaria previsione, con la precisa esigenza di accordare al giudice un periodo di tempo sufficiente ad esaminare l’istanza di tutela cautelare promossa dal contribuente in sede di impugnazione dell’avviso di accertamento esecutivo, prima dell’avvio dell’azione esecutiva”.

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Infatti, a sommesso parere di chi scrive, la formulazione originaria dell’art. 17-bis non consentiva di configurare alcun automatismo sospensivo conseguente alla presentazione del reclamo 12. Benché fosse anch’esso funzionale alla prevenzione delle liti, all’istituto de quo non poteva essere estesa, in via analogica, la disciplina dettata per l’accertamento con adesione, sotto il profilo della sospensione della riscossione. Ciò per almeno due motivi:

 In primo luogo perché, in virtù del rinvio operato dal comma 6 della norma citata all’art. 18 del d.lgs. n. 546/1992, l’istanza di reclamo deve contenere gli stessi elementi del ricorso che si intende depositare in Commissione, quindi anche – e diremmo, soprattutto – il medesimo oggetto. Ora, poiché abbiamo escluso dalla nostra analisi le liti da rimborso, in quanto esulano dalla questione che ci occupa, l’oggetto del reclamo non potrà che consistere nella richiesta di annullamento totale o parziale della pretesa erariale. Soltanto in via eventuale e facoltativa l’istanza potrà essere accompagnata da una proposta di rideterminazione della pretesa medesima (art. 17-bis cit., comma 7).

Muovendo da tale constatazione diviene evidente come l’istituto in commento sia più prossimo all’autotutela che non al concordato. Non si vede perché, allora, avrebbe dovuto partecipare del termine dilatorio stabilito per quest’ultimo dall’art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 218/1997 – indipendentemente dal fatto che il reclamo contenga o meno una proposta di mediazione – e non soggiacere, invece, al regime previsto per le richieste di esercizio del potere di autotutela, che come è noto, non sortiscono alcuna sospensione automatica degli effetti dell’atto;

 ad abundantiam, vale la pena di sottolineare che in ambito tributario la regola generale è quella dell’esecutorietà degli atti autoritativi emessi dall’Amministrazione finanziaria. Qualsiasi limitazione o sospensione di tale efficacia costituisce un’ipotesi eccezionale, non suscettibile di estensione analogica a fattispecie che non siano espressamente contemplate (v. art. 14 disp. sulla legge in generale).

Una volta chiarito che, in costanza del procedimento di reclamo/mediazione, avrebbero potuto ravvisarsi concrete ed attuali esigenze di tutela cautelare a fronte di atti già idonei a legittimare pignoramenti e/o misure cautelari o conservative, restava da individuare lo strumento più consono a soddisfare tali esigenze.

12 Conf., F. Pistolesi, cit.

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Una parte della dottrina 13 ha ritenuto che la sospensione giudiziale, così come regolata nel processo tributario dall’art. 47 del d.lgs. n. 546/1992, potesse essere invocata e, se del caso, concessa già durante la fase di reclamo e di mediazione, quando ancora il processo non era stato instaurato.

La tesi suddetta muoveva dal presupposto che il reclamo, benché si converta a tutti gli effetti in ricorso solo dopo il decorso di “novanta giorni senza che sia stato notificato l’accoglimento del reclamo o senza che sia stata conclusa la mediazione”, ovvero “dal ricevimento dell’eventuale diniego o accoglimento parziale” (v. comma 9, art. 17-bis, cit., nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall’art. 1, comma 611, lettera a), della l. 27 dicembre 2013, n. 147), produce sin dalla sua presentazione l’effetto principale del ricorso giurisdizionale, ossia quello di impedire la definitività, l’inoppugnabilità dell’atto contro cui si ricorre 14.

Per tale via si è ritenuto che il contribuente potesse formulare l’istanza di tutela cautelare in seno al reclamo o con atto separato, da notificare all’Agenzia delle Entrate, e successivamente costituirsi in giudizio anche prima del termine stabilito dall’art. 17-bis, al solo fine di chiedere alla Commissione tributaria provinciale la sospensione dell’esecuzione dell’atto reclamato.

Invero, l’art. 47 del d.lgs. n. 546/1992 stabilisce che la tutela cautelare è ammessa a condizione che siano osservate le prescrizioni di cui all’art. 22 del d.lgs. n. 546/1992. Generalmente la norma è interpretata nel senso che, per l’accesso alla tutela cautelare, il contribuente debba già essersi costituito, ma, nel nostro caso, veniva proposta una diversa interpretazione, strumentale a consentire l’accesso alla tutela cautelare a condizione che la specifica domanda fosse prima notificata e poi depositata in segreteria, insieme all’atto oggetto di reclamo.

In tal caso, se l’istanza di sospensione veniva accolta, nessuna azione cautelare o esecutiva poteva essere intrapresa; viceversa, se la mediazione aveva esito positivo, il contribuente

13 Cfr. F. Pistolesi, Il reclamo e la mediazione nel processo tributario, in Rass. trib. n. 1 del 2012, pag. 75; A. Cissello, cit.; A. Turchi, cit.

14 M. Basilavecchia, Dal reclamo al processo, in Corr. trib. n. 12/2012, pag. 844 secondo il quale l’art. 17-bis del d.lgs. n. 546/1992 non è incompatibile con la possibilità che il contribuente goda della tutela cautelare nelle more del procedimento. A tal fine, torna utile la tesi che propone di far coincidere la pendenza del processo con la notifica del reclamo.

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avrebbe dovuto versare le somme risultanti dall’accordo, quindi con il pagamento dell’intero o della prima rata egli non sarebbe stato inadempiente e la funzione della sospensiva sarebbe venuta meno 15.

Siffatta conclusione faceva leva sulla pronuncia n. 336 del 24 luglio 1998 della Corte Costituzionale 16, che riconobbe al contribuente che avesse impugnato un atto formato dal Centro di Servizio la facoltà di produrre il ricorso alla Commissione tributaria provinciale senza attendere il termine di almeno sei mesi previsto dall’art. 10, comma 1, del d.p.r. 28 novembre 1980, n. 787, onde conseguire l’invocata tutela cautelare 17

.

Ragioni analoghe a quelle sottese a tale orientamento, oltretutto, sono state enunciate dalla Consulta anche in tempi più recenti, seppur con riferimento a materia diversa da quella tributaria, con la sentenza n. 403 del 30 novembre 2007, in cui si afferma che “il mancato espletamento del prescritto tentativo di conciliazione non preclude la concessione di provvedimenti cautelari”. E, in termini che non possono che valere nel caso in cui trattasi, la Corte Costituzionale ha, inoltre, rilevato che “l’interesse generale al soddisfacimento immediato delle situazioni sostanziali realizzato attraverso la composizione preventiva della lite rispetto a quello conseguito attraverso il processo (…) svanisce in riferimento all’azione

15 A. Cissello, cit., il quale è consapevole che per alcuni una simile conclusione comporterebbe una tutela ante causam inammissibile. Tuttavia, egli ritiene l’obiezione superabile anche solo considerando il processo pendente già dal momento in cui il contribuente notifica il reclamo.

16 Corte Cost., 24 luglio 1998, n. 336, in GT – Riv. giur. trib. n. 11/1998, pag. 965, con commento di G. Ferraù, La Consulta si pronuncia sulla tutela cautelare nei confronti delle iscrizioni a ruolo operate dai centri di servizio e in banca dati BIG Suite, IPSOA.

17 Cfr. F. Pistolesi, ult. op. cit., nonché Ambito applicativo della mediazione tributaria, cit., pag. 1434. Anche M. Basilavecchia, ult. op. cit., pag. 844, non esclude che sia “possibile concepire istanze cautelari depositate in Commissione tributaria o prima della costituzione in giudizio o anticipando la costituzione, rispetto a quanto previsto dal comma 9”. Analogo convincimento, poi, è stato espresso pure da A. Giovannini, Giurisdizione tributaria condizionata e reclamo amministrativo, in Riv. trim. dir. trib., 2012, pagg. 924-925. In posizione critica rispetto a questa tesi, cfr. C. Glendi, Tutela cautelare e mediazione tributaria, in Corr. trib. n. 12/2012, pag. 849, secondo il quale “la pendenza del processo si ha solo al momento in cui il reclamo produce gli effetti del ricorso e solo da tale momento decorrono i termini di cui agli artt. 22 e 23 e possono quindi proporsi le domande cautelari davanti all’organo giurisdizionale” e va, dunque, ravvisata “un’inevitabile censura di illegittimità costituzionale dell’art. 17-bis del d.lgs. n. 546/1992, nella parte in cui esclude l’accesso alla tutela cautelare giurisdizionale per tutto il periodo di tempo occorrente con l’obbligatorio esperimento del reclamo, per il netto contrasto con quanto disposto dagli artt. 3, 24 e 111 Cost.” (cfr. op. cit., pag. 851). Parimenti critico è A. Carinci, Perduranti profili di criticità della presentazione del reclamo, in Corr. trib. n. 37/2012, pag. 2883, che condivide anche i dubbi di costituzionalità prospettati da C. Glendi.

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cautelare, proprio in considerazione delle particolari esigenze che si vogliono tutelare con i procedimenti cautelari, esigenze che richiedono una risposta immediata”.

Non solo. Anche la Corte di giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza n. 317 del 18 marzo 2010 18, ha escluso che leda il principio dell’effettività della tutela giurisdizionale la normativa nazionale che impone, per determinate controversie, il previo esperimento di una procedura di conciliazione extragiudiziale purché “sia possibile disporre provvedimenti provvisori nei casi eccezionali in cui l’urgenza della situazione lo impone”.

Così evidenziando come nulla osti alla concessione delle misure cautelari, allorché si svolga un procedimento amministrativo necessario e preventivo rispetto alla fase giurisdizionale, ed anzi come tale possibilità valga ad allontanare ogni sospetto di lesione del diritto di difesa dalla disciplina regolante siffatto procedimento.

D’altronde, oltre che nella menzionata giurisprudenza costituzionale e comunitaria, la soluzione testé prospettata trova avallo nell’art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 28/2010, secondo il quale “lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari, né la trascrizione della domanda giudiziale”.

Quindi, la misura cautelare ben può essere disposta prima che si concluda il procedimento costituente condizione di procedibilità della domanda giudiziale (di merito) e, cioè, prima che su quest’ultima domanda il giudice possa pronunciarsi. E se ne arguisce facilmente la ragione: impedire la richiesta del provvedimento cautelare nel corso della procedura di reclamo e mediazione lederebbe il diritto ad un’effettiva tutela giurisdizionale, come riconosce la ricordata giurisprudenza costituzionale e comunitaria 19.

Di parere contrario è autorevole dottrina, la quale esclude in radice la possibilità di adire la Commissione tributaria in pendenza del procedimento di reclamo, al solo fine di ottenere la “sospensiva” 20

.

18 Corte di giustizia UE, Sez. IV, 18 marzo 2010, n. 317/08, in banca dati BIG Suite, IPSOA.

19 Pertanto, pur consci dell’intrinseca diversità di regime fra la mediazione civilistica e quella tributaria, non vediamo il motivo per cui non si potesse pervenire – già prima dell’intervento normativo che ha disposto la sospensione di ogni obbligo di pagamento e di ogni iniziativa cautelare pro Fisco in relazione agli atti formanti oggetto di reclamo e mediazione – ad un’analoga conclusione nel nostro processo.

20 Così C. Glendi, cit., pag. 845, il quale spiega perché non è estendibile, al caso che ci occupa, l’indirizzo espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 336 del 24 luglio 1998 sui ricorsi avverso atti emessi dai Centri di Servizio.

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In base a tale impostazione, il processo può ritenersi instaurato solo al momento in cui il reclamo produce gli effetti del ricorso: è da tale momento che decorrono i termini per la costituzione in giudizio e può essere proposta la domanda cautelare davanti all’organo giurisdizionale. Prima di ciò, non può essere impartita alcuna tutela cautelare e tale vuoto normativo non può essere colmato con una qualsivoglia operazione interpretativa 21.

Peraltro, contrastava con lo spirito dell’art. 17-bis cit., oltre che con il buon senso ed il principio di economia processuale, doversi rivolgere al giudice per ottenere una misura cautelare con riguardo ad un rapporto che poteva essere definito stragiudizialmente 22. Coloro che in dottrina hanno negato la concedibilità della sospensione giudiziale fino a quando il reclamo non si fosse trasformato in ricorso, hanno sostenuto anche l’incostituzionalità dell’art. 17-bis del d.lgs. n. 546/1992 nella parte in cui, differendo il coinvolgimento del giudice per tutto il periodo di tempo occorrente all’espletamento obbligatorio del reclamo, ritardava altresì l’accesso alla tutela cautelare.

I profili di contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost., oltre che specificamente conseguenti alle rilevate carenze di tutela cautelare, restavano comunque assorbiti nella più vasta prospettiva di incostituzionalità dell’art. 17-bis cit., per la conclamata preclusione di ogni tutela giurisdizionale immediata, cautelare e di merito che ne derivava, stante il previsto hiatus del reclamo mediatorio, alla luce del risalente, consolidato e più volte ribadito insegnamento dei giudici delle leggi, che hanno sempre ravvisato la violazione dei parametri costituzionali appena ricordati in “qualsiasi esclusione della tutela giurisdizionale, soggettiva ed oggettiva”, ed in “qualsiasi limitazione che ne renda impossibile o anche difficile l’esercizio”, indipendentemente dal possibile esperimento, nel periodo di inibita tutela giurisdizionale, di “attività giustiziali di stampo amministrativo” 23. Ebbene, l’unica

soluzione praticabile è sembrata quella di concepire come un vero e proprio obbligo, e non più come una mera facoltà, il potere dell’Amministrazione finanziaria di accordare la sospensione della riscossione ai sensi dell’art. 39 del d.p.r. n. 602/1973. Solo così, infatti,

21 In questi termini, C. Glendi, cit., 22 F. Pistolesi, ult. op. cit.

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sarebbe stato possibile inibire l’avvio dell’esecuzione forzata nelle more dell’esame del reclamo 24.

Sul tema si è pronunciata anche l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 9 del 19 marzo 2012, par. 4 25, che si riporta di seguito: “La presentazione dell’istanza, così come la proposizione del ricorso giurisdizionale, non comporta la sospensione automatica dell’esecuzione dell’atto impugnato.

Si evidenzia, inoltre, che la sospensione giudiziale dell’esecuzione ai sensi dell’articolo 47 del d.lgs. n. 546 del 1992 può essere richiesta alla Commissione tributaria provinciale solo in pendenza di controversia giurisdizionale e che, quindi, l’istanza di sospensione giudiziale non può essere proposta prima della conclusione della fase di mediazione.

In ogni caso, ai sensi dell’articolo 2-quater, comma 1-bis del d.l. 30 settembre 1994, n. 564, convertito con modificazioni dalla l. 30 novembre 1994, n. 656, “Nel potere di annullamento o di revoca di cui al comma 1 deve intendersi compreso anche il potere di disporre la sospensione degli effetti dell’atto che appaia illegittimo o infondato”.

Stante la funzione cui è preordinato il procedimento di mediazione, si ritiene possibile e opportuno, al fine di garantire un’adeguata tutela del contribuente, estendere l’applicabilità del citato articolo 2-quater, comma 1-bis, del d.l. n. 564 del 1994 alle fattispecie in esame.

In altri termini, anche nell’ambito del procedimento amministrativo disciplinato dall’articolo 17-bis del d.lgs. n. 546 del 1992, per sua natura funzionale al riesame ed eventuale rideterminazione della pretesa, il contribuente può chiedere la sospensione degli effetti dell’atto.

Quando le eccezioni sollevate nell’istanza non appaiono infondate, la Direzione può dunque concedere, su istanza formulata contestualmente all’atto introduttivo del procedimento di mediazione, ovvero separatamente, la formale sospensione, in tutto o in parte, dell’esecuzione dell’atto in presenza del richiamato presupposto.

Si precisa che il periodo di sospensione degli effetti dell’atto non può comunque protrarsi oltre il tempo necessario alla conclusione della fase di mediazione.

24 A. Carinci, ult. op. cit. 25 In banca dati fisconline.

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All’eventuale esito negativo del procedimento di mediazione consegue ovviamente l’iscrizione a ruolo o l’affidamento del carico all’Agente della riscossione e l’immediata revoca della sospensione precedentemente concessa (…)”.

Dunque, l’Agenzia delle Entrate ha ricondotto la decisione di concedere la sospensione amministrativa della riscossione al potere discrezionale di autotutela. Tuttavia, come rilevato in dottrina, affinché tale istituto possa costituire uno strumento di tutela efficace, utilizzabile dal contribuente in alternativa al rimedio cautelare, sarebbe necessaria una sua rivisitazione, sì da adeguarlo all’esigenza di delimitare la discrezionalità degli Uffici nella valutazione dei requisiti per l’accesso alla sospensione, in modo che il procedimento sia informato al principio costituzionale di imparzialità della Pubblica amministrazione 26.

2. La sospensione ex lege dell’attività esattiva nella versione riveduta e corretta dell’art. 17-bis

Le importanti questioni implicate dal mancato coordinamento delle norme sull’esecuzione degli atti impositivi con la disciplina della procedura di reclamo – mediazione hanno trovato l’auspicata composizione in seguito all’entrata in vigore dell’art. 1, comma 611, lett. a), della l. 27 dicembre 2013, n. 147 .

La novella, che si applica agli atti notificati a partire dal 2 marzo 2014 27, ha aggiunto all’articolo 17-bis del d.lgs. n. 546 del 1992, dopo il comma 9, il comma 9-bis, secondo cui “La riscossione e il pagamento delle somme dovute in base all’atto oggetto di reclamo sono sospesi fino alla data dalla quale decorre il termine di cui all’articolo 22, fermo restando che in assenza di mediazione sono dovuti gli interessi previsti dalle singole leggi d’imposta. La sospensione non si applica nel caso di improcedibilità di cui al comma 2”.

26 A. Renda, cit.

27 L’articolo 1, comma 611, lett. b), della l. n. 147 del 2013, prevede infatti che “Le modifiche … si applicano agli atti notificati a decorrere dal sessantesimo giorno successivo all’entrata in vigore della presente legge”. Conformemente a quanto precisato al punto 1 della circolare n.1/E del 2014, per “atti notificati a decorrere dal sessantesimo giorno successivo all’entrata in vigore della presente legge” si intendono gli atti ricevuti dal contribuente a decorrere dal 2 marzo 2014. Più precisamente, in base al documento di prassi, rileva la data in cui la notifica si perfeziona per il destinatario della stessa. Quindi, nel caso di atto notificato a mezzo posta anteriormente al 2 marzo 2014, ma ricevuto dal contribuente a decorrere da tale data, si applicano le nuove norme sulla mediazione.

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Anche in questo caso il legislatore pare aver visto “lungo” in quanto la possibile incostituzionalità sollevata dalle Commissioni tributarie rimettenti è stata rimossa prima della pronuncia del giudice delle leggi 28.

A dire il vero, l’attuale disciplina della riscossione in materia di imposte sui redditi, imposta sul valore aggiunto e imposta sulle attività produttive, introdotta dal citato art. 29 della l. n. 122/2010, contemplando la sospensione legale dell’esecuzione per il periodo di centottanta giorni dall’affidamento in carico all’esattore – sufficiente a coprire tutta la durata del procedimento di riesame amministrativo – ridimensionava fortemente la gravità del problema dell’immediata esazione del credito erariale in pendenza della fase di reclamo e mediazione.

In tali fattispecie, dunque, emergeva la carenza di interesse, per il contribuente, di richiedere al giudice la sospensione processuale dell’esecuzione dell’atto oggetto di reclamo/ricorso, poiché la tutela inibitoria, rispetto all’esecuzione forzata, era già offerta dalla legge 29

. Tuttavia, potevano residuare ipotesi “minori”, così da mantenere viva l’esigenza di un provvedimento cautelare di natura giurisdizionale: si pensi al credito iscritto a ruolo a seguito di controlli formali o automatici delle dichiarazioni, a quello sottoposto a riscossione straordinaria 30 o ai crediti concernenti tributi non soggetti alla disciplina dell’accertamento esecutivo.

Pertanto, la scelta del legislatore del 2013 appare ispirata a saggezza: avere introdotto la sospensione ex lege della riscossione e del pagamento fino alla data dalla quale decorre il termine di cui all’art. 22 del d.lgs. n. 546/1992, ossia il termine di trenta giorni per il deposito del ricorso in Commissione tributaria provinciale, è soluzione ragionevole e idonea

28 A. Iorio e L. Ambrosi, Corte Cost., 16 aprile 2014, n. 98 – Incostituzionale solo in parte la mediazione tributaria, in Il fisco n. 19 del 12 maggio 2014, pag. 1848. In proposito si segnala che la Corte Costituzionale non è, di fatto, intervenuta. La sentenza ha preso atto che nella specie i ricorrenti non avevano presentato reclamo ma direttamente ricorso e quindi era del tutto assente la rilevanza concreta delle violazioni dedotte: non avendo attivato la fase amministrativa di mediazione i contribuenti non avevano avuto alcuna preclusione alla tutela cautelare giurisdizionale.

29 C. Attardi, Reclamo e mediazione: costituzionalità e ricadute sulla teoria generale del processo tributario, in Corr. trib. n. 18 del 2013, pag. 1446.

30 In presenza dei presupposti indicati dagli articoli 29, comma 1, lettera c), del d.l. n. 78/2010 e 15-bis del d.p.r. n. 602/1973.

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a risolvere alla radice la questione della tutela cautelare nell’ambito della procedura di reclamo e mediazione 31.

In base all’attuale assetto normativo, a seguito della ricezione del reclamo e durante il procedimento di mediazione, l’Ufficio:

non procede all’affidamento del carico, qualora l’atto impugnato sia un accertamento esecutivo o una successiva intimazione di pagamento di cui all’articolo 29 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla l. 30 luglio 2010, n. 122;

comunica all’Agente della riscossione la sospensione della riscossione se l’atto impugnato è un ruolo;

non procede all’iscrizione a ruolo negli altri casi.

La sospensione ex lege dell’attività esattiva non opera con riferimento alle istanze improponibili, ossia che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 17-bis del d.lgs. n. 546 del 1992 32.

Per le istanze proponibili, invece, decorso il termine di novanta giorni dalla presentazione del reclamosenza che vi sia stato accoglimento dello stesso o che sia stato formalizzato un accordo di mediazione, la sospensione viene meno e sono dovuti gli interessi previsti dalle singole leggi d’imposta.

La sospensione cessa di avere effetto anche nel caso in cui il contribuente depositi il reclamo in Commissione tributaria prima dello scadere del termine di novanta giorni 33. A quel punto, se il contribuente, costituitosi prematuramente, chiede la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato ai sensi dell’articolo 47 del d.lgs. n. 546 del 1992 e il Presidente fissa la trattazione dell’istanza di sospensione anteriormente al decorso dei novanta giorni, l’Ufficio, con memoria, deduce preliminarmente che, a fronte di un ricorso improcedibile, non può essere svolta alcuna attività processuale, neppure cautelare, e chiede pertanto il rinvio della trattazione 34.

31 A. Giovannini, Circ. n. 1/E del 12 febbraio 2014 – La disciplina “riveduta e corretta” del reclamo e della mediazione, in Il fisco n. 9 del 3 marzo 2014, pag. 814.

32 Cfr. punto 5.2 della circolare n. 9/E del 2012, in banca dati fisconline.

33 Nella fattispecie, in base alla circolare n. 1/E del 2014, pag. 10, in banca dati fisconline, l’esecuzione dell’atto riprende immediatamente, senza necessità di attendere la dichiarazione giudiziale di improcedibilità del ricorso.

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La soluzione prospettata in via di prassi, seppur coerente con il novellato sostrato normativo, è ritenuta “improvvida e irragionevole” da una parte della dottrina 35

. Far cessare la sospensione della riscossione nei casi in cui il ricorso è improcedibile significa snaturare la funzione dell’improcedibilità, attribuendole il carattere di una sanzione impropria, con effetti preclusivi sul piano dei rapporti sostanziali.

L’improcedibilità, invece, non è altro che un rimedio processuale ad un errore dell’attore, rimedio predisposto però a favore di entrambe le parti – ed anche della giustizia intesa come attività amministrativa dello Stato – affinché gli interessi in conflitto possano trovare adeguata sistemazione, entro un periodo stabilito dalla legge, fuori dal processo e prima che essi siano rimessi alla cognizione dall’autorità giudiziaria.

L’improcedibilità, pertanto, esaurisce i suoi effetti in seno al processo nel quale viene pronunciata, lasciando impregiudicata l’attività pregiurisdizionale delle parti e non riverberandosi, per sua stessa natura e finalità, sugli esiti del procedimento nel quale si incardina siffatta attività 36.

35 In questi termini, A. Giovannini, ult. op. cit.

36 L’A., ult. op. cit., perviene alla conclusione che il comma 9-bis, nella parte in commento, si pone in contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost., ravvisando nel procedimento disciplinato dall’art. 47 del d.lgs. n. 546/1992, l’unico rimedio possibile per garantire una tutela giurisdizionale piena ed effettiva sulla scia della sentenza della Corte Costituzionale 24 luglio 1998, n. 336, in banda dati fisconline.

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BIBLIOGRAFIA

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