Commissione delle Comunità europee contro
Banca centrale europea
«Banca centrale europea (BCE) — Decisione 1999/726/CE relativa alla prevenzione delle frodi — Tutela degli interessi finanziari
delle Comunità — Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) — Regolamento (CE) n. 1073/1999 — Applicabilità alla BCE — Eccezioni di illegittimità — Ricevibilità — Indipendenza della BCE —
Art. 108 CE — Fondamento normativo — Art. 280 CE — Consultazione della BCE — Art. 105, n. 4, CE — Proporzionalità»
Conclusioni dell'avvocato generale F.G. Jacobs, presentate il 3 ottobre 2002 1-7155
Sentenza della Corte 10 luglio 2003 1-7215
Massime della sentenza
1. Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) — Regolamento n. 1073/1999, relativo alle indagini svolte dall'OLAF — Ambito di applicazione — Banca centrale euro- pea — Inclusione
[Regolamento (CE) del Parlamento e del Consiglio n. 1073/1999, art. 1, n. 3]
2. Eccezione di illegittimità — Atti di cui si può eccepire l'illegittimità — Regolamento n. 1073/1999, relativo alle indagini svolte dall'Ufficio per la lotta antifrode (OLAF) — Atto normativo comunitario non avente come destinatario l'organo comunitario che ne eccepisce l'illegittimità — Ricevibilità
(Arti. 230 CE e 241 CE)
3. Disposizioni finanziarie — Interessi finanziari della Comunità — Nozione — Risorse e spese della Banca centrale europea — Inclusione
(Art. 280 CE)
4. Disposizioni finanziarie — Tutela degli interessi finanziari della Comunità — Art. 280 CE — Oggetto — Portata — Adozione di misure normative destinate ad applicarsi all'interno delle istituzioni, degli organi e degli organismi comunitari — Inclusione
(Art. 280 CE)
5. Banca centrale europea — Obbligo di consultare la Banca prima di adottare un atto che rientra nelle sue competenze — Ambito di applicazione — Misure dirette a combattere le frodi che arrecano pregiudizio agli interessi finanziari della Comunità — Esclusione
(Art. 105, n. 4, CE; regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1073/1999)
6. Banca centrale europea — Indipendenza — Portata — Misure normative del legi- slatore comunitario applicabili nei confronti della Banca — Ammissibilità — Pre- supposti
(Art. 108 CE; Statuto del Sistema europeo delle banche centrali)
7. Banca centrale europea — Indipendenza — Applicazione del regolamento n. 1073/1999, relativo alle indagini svolte dall'Ufficio per la lotta antifrode (OLAF) — Compatibilità
(Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1073/1999; decisione della Commissione 1999/352)
8. Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) — Regolamento n. 1073/1999, relativo alle indagini svolte dall'OLAF — Violazione del principio di proporzionalità a motivo dell'inclusione della Banca centrale europea nel suo ambito di applicazione — Insussistenza
(Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1073/1999)
9. Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) — Regolamento n. 1073/1999, relativo alle indagini svolte dall'OLAF — Violazione ad opera della decisione della Banca centrale europea 1999/726, relativa alla prevenzione delle frodi
(Regolamento del Variamento europeo e del Consiglio n. 1073/1999; decisione della Banca centrale europea 1999/726)
1. Il regolamento n. 1073/1999, relativo alle indagini svolte dall'Ufficio per la lotta antifrode (OLAF), deve essere interpretato nel senso che esso è inteso a trovare applicazione, in particolare, nei confronti della Banca centrale euro- pea. Infatti, i termini «istituzioni, (...) organi e (...) organismi istituiti dai trattati o sulla base di questi ultimi», che figurano all'art. 1, n. 3, di tale regolamento, non possono essere inter- pretati nel senso che essi non compren- dono detta Banca. Quali che siano le particolarità del suo status nell'ordina- mento giuridico comunitario, la Banca centrale europea è stata istituita dal Trattato, come risulta dalla lettera stessa dell'art. 8 CE. Non risulta né dal preambolo né dalle disposizioni del regolamento n. 1073/1999 che il legi- slatore comunitario abbia inteso ope- rare una qualsivoglia distinzione tra le istituzioni, gli organi o gli organismi istituiti dai trattati o sulla base di questi ultimi, in particolare escludendo quelli fra tali organi o organismi che dispon- gono di risorse distinte dal bilancio comunitario. Anzi, nel settimo 'consi- derando' del regolamento si sottolinea espressamente la necessità di estendere il campo delle indagini interne del-
l'OLAF a «tutte» le dette istituzioni e a
«tutti» i detti organi e organismi.
(v. punti 63-67)
2. Anche se una decisione adottata dalle istituzioni comunitarie che non sia stata impugnata dal destinatario entro il termine stabilito dall'art. 230, quinto comma, CE diviene definitiva nei suoi confronti e anche se il principio gene- rale di cui è espressione l'art. 241 CE, diretto a garantire che ciascuno abbia o abbia avuto la possibilità di contestare un atto comunitario su cui si fonda una decisione che lo riguarda, non osta assolutamente a che un regolamento divenga definitivo nei confronti di un singolo, in relazione al quale esso deve essere considerato come una decisione individuale e dal quale avrebbe potuto senza alcun dubbio essere impugnato con ricorso di annullamento ai sensi dell'art. 230 CE — il che impedisce al
detto singolo di eccepire l'illegittimità del detto regolamento di fronte al giudice nazionale —, tuttavia tali prin- cipi non incidono in alcun modo sulla regola stabilita dall'art. 241 CE, a tenore del quale, nell'eventualità di una controversia che metta in causa un regolamento previsto in questa disposizione, ciascuna parte può valersi dei motivi previsti dall'art. 230, secondo comma, CE per invocare dinanzi alla Corte l'inapplicabilità del regolamento stesso.
Pertanto, nell'ambito di un ricorso di annullamento proposto contro una decisione adottata da un organo comu- nitario e basato sull'inosservanza, da parte di questo, del regolamento n. 1073/1999, relativo alle indagini svolte dall'Ufficio per la lotta antifrode (OLAF), non può negarsi a tale organo il diritto di invocare l'eventuale illegit- timità di detto regolamento se il suo carattere normativo non è stato messo in dubbio da alcuna delle parti e se non è stato dedotto, in particolare, né che detto regolamento debba essere assimi- lato ad una decisione né che l'organo di cui trattasi ne sia, in tal caso, destina- tario.
(v. punti 74-78)
3. L'espressione «interessi finanziari della Comunità», figurante nell'art. 280 CE,
deve essere interpretata nel senso che comprende non solo le entrate e le spese rientranti nel bilancio comunita- rio, ma, in linea di principio, anche quelle facenti parte del bilancio di altri organi o organismi istituiti dal Tratta- to. Infatti, detta espressione è propria dell'art. 280 CE e si distingue dalla terminologia usata nelle altre disposi- zioni del titolo II della quinta parte del Trattato, le quali si riferiscono, inva- riabilmente, al «bilancio» della Comu- nità europea. Inoltre, detta espressione sembra più ampia dell'espressione «en- trate e (...) spese della Comunità» che figura in particolare all'art. 268 CE. Il fatto stesso che un organo o un organi- smo tragga la propria esistenza dal Trattato suggerisce, infine, che esso è stato concepito per contribuire alla realizzazione degli obiettivi della Comunità europea e lo inserisce nel- l'ordinamento giuridico comunitario, cosicché i mezzi di cui esso dispone per effetto del Trattato rivestono, per natura, un interesse finanziario proprio e diretto per la Comunità medesima.
Per quanto riguarda la Banca centrale europea, essa si inserisce, in forza del Trattato, nel contesto comunitario e le sue risorse e la loro utilizzazione pre- sentano un interesse finanziario mani- festo per la Comunità europea e per i suoi obiettivi. Di conseguenza, l'espres- sione «interessi finanziari della Comu- nità» che figura nell'art. 280 CE riguarda altresì le risorse e le spese di detta Banca.
(v. punti 89-93, 95)
4. Introducendo nell'art. 280 CE le preci- sazioni di cui ai nn. 1 e 4 dello stesso, gli autori del Trattato di Amsterdam hanno chiaramente inteso intensificare la lotta contro le frodi e le irregolarità che ledono gli interessi finanziari della Comunità europea, in particolare attri- buendo espressamente a quest'ultima un compito proprio consistente nel
«combattere», alla stessa stregua degli Stati membri, tali frodi ed irregolarità tramite l'adozione di «misure» che siano «dissuasive» e offrano «una pro- tezione efficace negli Stati membri». La circostanza che l'art. 280, n. 1, CE specifichi che le dette misure sono adottate a norma di questo articolo non significa affatto che si rinvìi esclu- sivamente ai successivi paragrafi del medesimo, in particolare al n. 4, per determinare l'ampiezza della compe- tenza comunitaria in materia. Infatti, l'art. 280, n. 4, CE deve essere letto nel senso che completa la definizione della competenza comunitaria e ne precisa determinate condizioni di esercizio.
In tale contesto, il fatto che l'art. 280, n. 4, CE si riferisca in particolare alla necessità di contribuire ad una prote- zione che sia efficace ed equivalente negli Stati membri non può essere interpretato come il segno di una volontà implicita degli autori del Trat- tato di Amsterdam di imporre all'azione della Comunità europea un ulteriore limite così fondamentale come un divieto di combattere le frodi e le altre irregolarità che ledono i suoi interessi finanziari tramite l'adozione
di provvedimenti normativi che riguar- dino le istituzioni, gli organi e gli organismi istituiti dai trattati o sulla base degli stessi. A parte la circostanza che una tale limitazione della compe- tenza comunitaria non risulta dalla formulazione dell'art. 280 CE, essa non sarebbe affatto compatibile con gli obiettivi perseguiti da questa dispo- sizione. Infatti, per rendere efficace la protezione degli interessi finanziari della Comunità europea è necessario che la dissuasione e la lotta contro le frodi e le altre irregolarità operino a tutti i livelli ai quali i detti interessi possono essere lesi da fenomeni del genere e può capitare frequentemente che i fenomeni così combattuti impli- chino contemporaneamente attori situati a vari livelli.
(v. punti 100-104)
5. L'obbligo, previsto dall'art. 105, n. 4, CE, di consultare la Banca cen- trale europea quando si progetta l'ado- zione di un atto in un ambito che rientra nelle competenze di quest'ul- tima mira essenzialmente ad assicurare che l'autore di tale atto proceda alla sua adozione solo dopo avere consul- tato l'organismo che, per le attribu- zioni specifiche che esercita nel conte- sto comunitario nell'ambito conside-
rato e per l'elevato grado di compe- tenza di cui gode, è particolarmente in grado di contribuire utilmente al previ- sto processo di adozione.
Così non è nel settore della lotta contro le frodi lesive degli interessi finanziari della Comunità, dove la Banca non si è vista attribuire funzioni specifiche. Né la circostanza che il regolamento n. 1073/1999, relativo alle indagini svolte dall'Ufficio per la lotta antifrode (OLAF), possa arrecare pregiudizio all'organizzazione interna della Banca permette di distinguere quest'ultima dalle altre istituzioni, dagli altri organi o dagli altri organismi istituiti dai trattati.
(v. punti 110-111)
6. R i s u l t a d a l l a l e t t e r a s t e s s a dell'art. 108 CE che le influenze esterne da cui questa disposizione mira a proteggere la Banca centrale europea e i suoi organi decisionali sono quelle che potrebbero interferire con l'assol- vimento dei «compiti» che il Trattato e lo statuto del Sistema europeo delle banche centrali (SEBC) attribuiscono alla medesima. Detto articolo mira, in sostanza, a proteggere la Banca da qualsivoglia pressione politica per con- sentirle di perseguire efficacemente gli obiettivi assegnati ai suoi compiti, grazie all'esercizio indipendente dei
poteri specifici di cui essa dispone a tali fini in forza del Trattato e del predetto statuto. Per contro, il riconoscimento alla Banca di tale indipendenza non ha la conseguenza di distaccarla comple- tamente dalla Comunità europea e di sottrarla a qualsiasi norma di diritto comunitario. Niente consente di esclu- dere a priori che il legislatore comuni- tario possa adottare, in base alle com- petenze di cui dispone in forza del Trattato e alle condizioni previste da quest'ultimo, provvedimenti normativi applicabili nei confronti della Banca centrale europea.
(v. punti 134-136)
7. Né la circostanza che l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) sia stato istituito dalla Commissione e sia inte- grato nelle strutture amministrative e di bilancio di quest'ultima alle condi- zioni previste dalla decisione 1999/352 né il fatto che un tale organo esterno alla Banca centrale europea abbia rice- vuto dal legislatore comunitario poteri d'indagine alle condizioni previste dal regolamento n. 1073/1999, relativo alle indagini svolte dall'OLAF, sono in grado, in quanto tali, di ledere l'indipendenza della Banca centrale europea.
Infatti, il sistema istituito dal detto regolamento traduce la ferma volontà del legislatore comunitario di subordi-
nare la concessione dei poteri attribuiti all'OLAF, da una parte, all'esistenza di garanzie dirette ad assicurare la rigo- rosa indipendenza di quest'ultimo, in particolare nei confronti della Com- missione, e, dall'altra, al pieno rispetto delle norme di diritto comunitario, tra le quali, in particolare, il Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comu- nità europee, i diritti dell'uomo e le libertà fondamentali nonché lo Statuto del personale delle Comunità europee e il Regime applicabile agli altri agenti di queste. L'esercizio dei detti poteri si trova soggetto a diverse regole e garan- zie specifiche, mentre il loro oggetto è chiaramente delimitato. Il regime di indagine istituito dal regolamento n. 1073/1999 mira specificamente a permettere la verifica di sospetti relativi a fatti di frode, di corruzione o ad altre attività illecite lesive degli interessi finanziari della Comunità europea e la decisione del direttore dell'OLAF di aprire un'indagine non può intervenire in assenza di sospetti sufficientemente gravi al riguardo. Le indagini interne che l'OLAF può essere indotto ad effettuare devono del pari essere ese- guite alle condizioni e secondo le modalità previste da decisioni che ogni istituzione, organo e organismo adotta, sicché non si deve escludere che even- tuali specificità legate all'assolvimento dei compiti della Banca siano prese, eventualmente, in considerazione da quest'ultima all'atto dell'adozione di una tale decisione, a condizione che la Banca dimostri la necessità delle restri- zioni che essa stabilisca al riguardo.
(v. punti 138-141, 143)
8. Il regolamento n. 1073/1999, relativo alle indagini svolte dall'Ufficio per la lotta antifrode (OLAF), non può essere dichiarato inapplicabile nei confronti della Banca centrale europea per viola- zione del principio di proporzionalità.
Infatti, il legislatore comunitario non commette un manifesto errore di valu- tazione considerando che, al fine di rafforzare la prevenzione e la lotta contro la frode, la corruzione e le altre irregolarità lesive degli interessi finan- ziari della Comunità europea, è neces- sario instaurare un meccanismo di controllo centralizzato all'interno di uno stesso organo, specializzato ed esercitato in modo indipendente e uni- forme rispetto alle varie istituzioni, organi o organismi istituiti dai trattati o sulla base di questi, nonostante l'esi- stenza di meccanismi di controllo pro- pri a dette istituzioni e a detti organi o organismi. A questo riguardo, da un lato la funzione di indagine attribuita all'OLAF differisce per la sua natura e per il suo oggetto specifici dai compiti di controllo generale come quelli asse- gnati, in particolare, alla Corte dei conti, per quanto riguarda l'esame dell'efficienza operativa della gestione della Banca, e ai revisori esterni indi- pendenti, per quanto riguarda la veri- fica della contabilità di quest'ultima.
Per quanto attiene, d'altro lato, alle funzioni attribuite alla Direzione «Re- visione interna» e al comitato antifrode della Banca dalla decisione 1999/726, relativa alla prevenzione delle frodi, il
legislatore comunitario può giusta- mente ritenere che meccanismi di con- trollo eterogenei, che siano adottati a livello delle istituzioni, degli organi o degli organismi istituiti dai trattati o sulla base di questi, e la cui esistenza e le cui modalità siano lasciate alla valutazione di ognuno di essi, non costituiscano una soluzione avente un grado di efficacia pari a quello che sembra potere offrire un sistema che abbia come oggetto quello di centraliz- zare la funzione di indagine all'interno di un medesimo organo specializzato e indipendente.
(v. punti 158-160, 164)
9. La decisione della Banca centrale euro- pea 1999/726, relativa alla prevenzione
delle frodi, viola il regolamento n.
1073/1999, relativo alle indagini svolte dall'Ufficio per la lotta antifrode (OLAF), in particolare l'art. 4 del medesimo, e travalica il margine di autonomia organizzativa propria che la Banca conserva nell'ambito della lotta contro le frodi. Infatti, alla luce dei suoi 'considerando' e del suo dispositivo, detta decisione è basata sulla premessa erronea che il regolamento n. 1073/1999 non sia applicabile nei confronti della Banca e traduce quindi la volontà di quest'ultima di organizzare in modo esclusivo la lotta contro le frodi al suo interno, escludendo l'applicazione del regime istituito dal detto regolamento e sostituendo all'adozione della decisione di cui all'art. 4, nn. 1, secondo comma, e 6, di quest'ultimo l'istituzione di un regime distinto e proprio alla Banca.
(v. punti 173, 176, 181-182)