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COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE RELAZIONE DELLA COMMISSIONE

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COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE

Bruxelles, 07.12.2001 COM(2001) 736 definitivo

RELAZIONE DELLA COMMISSIONE

Riformare l’economia: relazione sul funzionamento dei mercati comunitari dei prodotti e dei capitali

{SEC(2001)1993}

{SEC(2001)1998}

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Indice

1. Introduzione ... 3

2. Migliorare la qualità della vita dei cittadini: consumatori e questioni ambientali... 4

2.1. È vero che la convergenza dei prezzi sta rallentando ... 4

2.2. Mercato interno e protezione dell’ambiente: una formula per migliorare la qualità della vita dei cittadini e lo sviluppo sostenibile ... 7

2.3. Integrare i mercati finanziari al dettaglio... 9

3. Rendere più efficienti i mercati dei prodotti e dei capitali ... 10

3.1. Tendenze dei mercati di beni e servizi: progresso buon dell' ’integrazione commerciale del mercato interno manifatturiero, con effetti positivi sulle economie nazionali degli Stati membri ... ... 10

3.2. I mercati dei capitali e dei servizi finanziari riflettono il degrado delle condizioni generali delle imprese ... ... 16

3.3. Appalti pubblici: i mercati sono diventati molto più trasparenti nel 2000 ... ... 18

4. Un miglior contesto delle imprese: stimolare l’imprenditorialità ... 18

4.1. Aiuti di Stato: andamento positivo... 19

4.2. La fiscalità può distorcere le decisioni delle imprese e la concorrenza ... 20

4.3. Semplificare gli oneri amministrativi... 20

4.4. Il contesto finanziario, migliorato negli ultimi anni, va salvaguardato da un clima economico in via di deterioramento ... ... 21

4.5. L’innovazione: essenziale per la competitività e fondamentale obiettivo della riforma economica ... 22

5. Conclusioni ... 23

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1. INTRODUZIONE

La quarta relazione annuale della Commissione sul funzionamento dei mercati dei prodotti e dei capitali è stata redatta in base agli obiettivi a lungo termine fissati dal Consiglio europeo di Lisbona (marzo 2000), alle conclusioni del Consiglio europeo di Stoccolma e tenendo anche conto delle conclusioni del Consiglio del mercato interno del 12 marzo 2001 e degli indirizzi di massima per le politiche economiche. La relazione si fonda soprattutto sulle priorità definite dalla Commissione nella Relazione di sintesi da essa presentata al Consiglio europeo di Stoccolma e della sua Comunicazione (COM(2001) 611) al Consiglio europeo informale di ottobre 2001 a Gand sul probabile impatto economico degli eventi dell’11 settembre. Le conclusioni e i risultati della relazione aggiornano la strategia del mercato interno, i futuri indirizzi di massima per le politiche economiche e preparano, attraverso la prossima relazione di sintesi della Commissione (che sarà presentata l’anno prossimo), il Consiglio europeo di Barcellona (marzo 2002). Su di essa hanno anche influito tre importanti elementi.

1. Esistono nuove, importanti ragioni per rinvigorire il processo di riforma economica.

Quest’ultima e la strategia di Lisbona sono state lanciate in un momento di sana espansione economica, che sta volgendo al termine. Mantenere la volontà politica di attuare le riforme contribuisce a dare ai mercati europei e mondiali quella fiducia di cui oggi mancano. Le riforme consentiranno all’economia europea di resistere a scosse future, ma sapere dove esse debbano puntare e fino a che punto possano spingersi richiede buoni meccanismi di controllo della flessibilità del mercato riguardo ai prezzi e ai suoi meccanismi di aggiustamento. Data questa premessa e le conclusioni del Consiglio sul mercato interno, la relazione analizza approfonditamente i prezzi al dettaglio nel mercato interno.

2. Il Consiglio europeo di Göteborg ha completato la gamma di obiettivi a lungo termine fissati a Lisbona nel marzo 2000 aggiungendo a innovazione, occupazione, imprenditorialità e coesione sociale lo sviluppo sostenibile. La relazione di Cardiff dell’anno scorso aveva già introdotto la dimensione ambientale nelle prestazioni del mercato. Il Consiglio del mercato interno ha adottato poi nel giugno 2001 delle conclusioni che inseriscono obiettivi ambientali nelle politiche del mercato interno come richiesto dal Consiglio europeo della primavera 1998. Secondo le conclusioni di Göteborg, saranno necessari altri sforzi affinché il mercato interno contribuisca attivamente allo sviluppo sostenibile. La relazione propone tre nuove linee d’azione e presenta indicatori come suggerito dalle conclusioni del Consiglio del mercato interno.

3. In una dichiarazione allegata alle conclusioni, il Consiglio europeo di Nizza suggerisce alla Commissione, in seno al processo di Cardiff di controllo dei mercati dei prodotti e dei capitali di effettuare una valutazione orizzontale dei servizi d’interesse economico generale. Le precedenti relazioni hanno già trattato questi servizi, ma non in modo dettagliato come quest’anno. La valutazione si trova nell’apposito allegato.

Le basi dell’economia europea restano solide, ma la scarsa fiducia nell’economia mondiale frena le prospettive economiche in tutto il mondo. In queste circostanze, si è tentati di rinviare le riforme. Dopo tutto, come dimostra la relazione di sintesi della Commissione, la riforma economica dell’UE ha già fatto progressi. Di recente, sono stati raggiunti degli obiettivi in più (come l’accordo politico sull’ulteriore apertura di servizi postali). Ma occorrono mutamenti a

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carattere più strutturale se vogliamo approfittare di mercati dei prodotti e dei capitali altamente flessibili. Se viene a mancare ora la volontà politica di perseguire la riforma, finiremo col mancare gli obiettivi di competitività stabiliti a Lisbona.

La relazione segue la struttura degli obiettivi fissati per la strategia del mercato interno. La sezione che segue esamina se, dal punto di vista dei cittadini, i mercati dei prodotti e servizi funzionino bene. Essa presenta poi gli sviluppi sui mercati dei prodotti, dei servizi, dei capitali e dei pubblici appalti. Viene infine esaminato l’impatto di un mercato funzionante sulle imprese e l’attività imprenditoriale.

2. MIGLIORARE LA QUALITÀ DELLA VITA DEI CITTADINI:CONSUMATORI E QUESTIONI AMBIENTALI

I cittadini sono i principali beneficiari del mercato interno; di ciò la Commissione è convinta, e questo è il tema lungo cui si dipana la preparazione della relazione - dall’ampia analisi dei prezzi al dettaglio, alle sezioni sui servizi finanziari al dettaglio e sullo sviluppo sostenibile fino all’allegato sui servizi d’interesse economico generale.

2.1. È vero che la convergenza dei prezzi sta rallentando ...

Mercati integrati dei prodotti - condizione essenziale per mercati competitivi - sono un must se si vuole che i cittadini europei approfittino del mercato interno. Anche perché essi rendono l’economia europea più elastica di fronte a scosse provenienti dall’esterno.

La convergenza dei prezzi è un buon indicatore di integrazione del mercato. Preoccupa perciò che dopo anni di chiara convergenza dei prezzi, il 1999 registri mutamenti modesti. Questo rallentamento sembra essere avvenuto nella seconda metà degli anni ’901 (grafico 1). Dal 1998, la dispersione è rimasta stabile o è mutata in misura insignificante. Si noti però che nel 1999 è cambiato il metodo dell’indicatore, il che rende difficile comparare le cifre del 1998 e del 1999. Occorre perciò un più lungo periodo di osservazione dei prezzi per poter dire se siano avvenuti mutamenti significativi. In un indicatore strutturale, ciò che conta ai fini di conclusioni definitive, è la tendenza a lungo termine della variazione dei prezzi, non i risultati di un solo anno.

Tuttavia, le cifre del 1999 e le previsioni per il 2000, sembrano confermare un rallentamento della convergenza dei prezzi negli ultimi anni. L’adesione di Svezia, Austria e Finlandia, paesi con prezzi al dettaglio elevati, è stata seguita da una convergenza dei prezzi al dettaglio in tutta l’UE15, esauritasi verso la fine del decennio.

Approfondendo l’analisi, emerge che l’andamento della variazione dei prezzi negli anni ’90 diverge nettamente a seconda dei settori. Per esempio, dal 1990 al 1998 i prezzi degli alimenti (“oli e grassi”, carne, pane e cereali) hanno subito una significativa convergenza in tutta la Comunità. In altri settori invece (tabacco, combustibile e alcuni servizi - trasporti ed edilizia) ciò è avvenuto lentamente e talvolta si è verificato semmai il contrario (tab.1 e riquadro 1).

1 Come negli anni precedenti, la dispersione dei prezzi si calcola con il coefficiente di variazione, che misura la deviazione rispetto ai prezzi medi europei. Esso era del 14.55% nel 1999 e del 14.40% nel 1998.

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I prezzi al dettaglio dei prodotti venduti nei supermercati variano molto ...

Secondo uno studio della Commissione (riquadro 2)2 sul controllo e l’analisi dei prezzi di prodotti venduti nei supermercati (prodotti alimentari, per l’igiene personale e la pulizia), che completa lo studio sui prezzi al dettaglio degli alimenti freschi e dell’elettronica di consumo, i cui risultati sono stati presentati nel Quadro di valutazione del mercato interno del maggio 2001, i prezzi di tali prodotti sono andati convergendo negli anni 90. Ma restano differenze significative, che la presente relazione esamina in profondità al fine di valutare le differenze di prezzo in tutta l’UE. Sarà anche possibile scomporre tra i paesi le variazioni di prezzo al dettaglio in un modo da individuarne le cause3. Ciò aiuterà a sua volta a identificare le riforme economiche necessarie per integrare e migliorare il funzionamento dei mercati dei prodotti al dettaglio, tutto a beneficio dei consumatori.

La dispersione dei prezzi di prodotti da supermercato “paneuropei” (venduti in tutta Europa) è relativamente ampia nel mercato interno. Nell’UE, i prezzi al dettaglio possono essere anche del 40% superiori o inferiori alla media europea (tab.2). La differenza media è del 30% circa.

Qualche esempio: una bibita può costare, in un supermercato danese, quasi il doppio che in Germania. Un’acqua minerale di marca può essere 3 volte più cara in Svezia che in Francia (2 e 3).

I prodotti “paneuropei” costano in genere di più ma il loro prezzo varia meno di quello di prodotti simili nazionali o multinazionali di marca non presenti nella maggior parte degli Stati membri e definiti “generici” nella banca-dati (tabelle 3 e 4). Quando i “generici” sono più cari, la differenza di prezzo è sempre relativamente piccola.

Spesso, ma non sempre, i prodotti differenziati variano nel prezzo più di quelli omogenei ...

Come previsto, prodotti simili, di marca, differenziati o per soddisfare segmenti di mercato effettivamente diversi o dal peso della pubblicità (Ad esempio gli shampoo), hanno prezzi molto più variabili di quelli di prodotti omogenei (zucchero, burro - tab.5). Sorprende invece quanto varino i prezzi nell’UE per prodotti molto omogenei come farina e alcune verdure congelate.

Comparare la dispersione dei prezzi - la dispersione dei prezzi nei paesi dell’UE supera le differenze di prezzo interregionali ...

Per lo stesso prodotto, la differenza dei prezzi all’interno di uno Stato membro è sempre inferiore a quella tra due paesi. All’interno degli Stati membri i prezzi variano, di solito, del 5% intorno alla media nazionale; a livello UE, i prezzi variano anche oltre il 20%.

Per qualche prodotto, però, i prezzi interni dello Stato membro con il più ampio scarto di prezzi interni, variano quanto quelli a livello dell’UE (tab.2). Ma, anche per essi, la dispersione dei prezzi interni nello Stato membro con la seconda maggior dispersione tra prezzi interni, è sempre molto inferiore alla dispersione dei prezzi a livello UE. In altre parole, per i prodotti inclusi nel campione, il mercato dell’UE è meno integrato dei mercati nazionali.

2 Ciò fa parte di un progetto a lunga scadenza di vari servizi della Commissione (DG Mercato Interno, Salute e tutela dei consumatori e Istituto Statistico) con obiettivi diversi dalla misurazione della convergenza dei prezzi.

3 Per una discussione sui fattori che possono spiegare la variazione dei prezzi, vodi European Economy Supplement A, No 7 July 2001.

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È vero che alcuni paesi sono sempre più cari degli altri?

Nessuno dei 14 Stati membri considerati dallo studio si colloca sempre sopra o sotto il prezzo medio europeo. La tabella 3 e il grafico 2 mostrano però alcuni paesi (Spagna e Germania) relativamente economici e altri (Svezia, Finlandia e Danimarca) relativamente cari. Un’analisi più precisa (riquadro 3) conferma che i secondi tendono ad avere prezzi superiori alla media UE, mentre i primi, e altri con essi, hanno prezzi per prodotti da supermercato inferiori alla media UE. Ciò non avviene però sempre per tutti i prodotti, ma corrisponde ai risultati del Quadro di valutazione di maggio 2001 per elettronica di consumo e alimenti freschi. Anche considerando le imposte indirette, l’ordine dei paesi per livello dei prezzi cambia, ma non di molto.

Fattori “geografici” o specificità locali non riescono a spiegare le restanti variazioni di prezzo

La mancanza tra un paese e l’altro di una deviazione sistematica dei prezzi per tutti i prodotti suggerisce che le differenze di prezzo si spiegano con fattori “economici” più che con variabili “geografiche o specificità nazionali”. I fattori “economici” comprendono differenze industriali o differenze specifiche di un prodotto, relative alla concentrazione dei produttori o dei distributori, al comportamento aziendale, o differenze normative con effetti specifici su talune categorie di prodotti. Fattori specifici nazionali (trasporti, differenze di reddito, salariali, dei modelli di consumo o dei prezzi d’input locali) sono all’origine solo di una parte della dispersione dei prezzi: anche combinati, non più del 21% circa di tutta la variazione di prezzi tra paesi. I differenziali di reddito da soli non spiegano certo in modo soddisfacente le differenze di prezzo. I paesi a reddito elevato (Germania) hanno alcuni prezzi al dettaglio bassi mentre paesi a basso reddito (Grecia, Portogallo) non hanno prezzi al dettaglio particolarmente bassi.

Sebbene fattori specifici locali non influenzino sistematicamente i prezzi, possono influenzare quelli di singoli prodotti4. La normativa nazionale sulla composizione degli alimenti si ripercuote solo su prodotti molto specifici. Poiché non tutti i prodotti del campione sono pubblicizzati con la stessa intensità, le norme nazionali sulla pubblicità non riguardano tutti i prodotti del campione allo stesso modo. Anche le norme sul franchising, sugli orari dei negozi, sui requisiti per il riciclo, possono influenzare i prodotti in modo diverso.

In altre parole, i “fattori geografici” non spiegano la dispersione dei prezzi per i prodotti da supermercato. Sono perciò i “fattori economici” le variabili che spiegano meglio la dispersione nella UE dei prezzi al dettaglio. Ciò è vero anche per la dispersione dei prezzi nazionali. La dispersione dei prezzi può essere maggiore tra paesi UE che tra regioni di uno Stato membro ma sono i “fattori economici”, e non quelli “geografici”, che spiegano la dispersione interregionale e quella tra paesi (riquadro 3).

La concentrazione di mercato varia notevolmente da paese a paese ...

Il tasso di concentrazione di mercato per i 3 principali marchi di prodotti domestici variano molto da paese a paese. La maggior concentrazione si riscontra nei mercati nazionali minori (grafico 3), ma ciò non è sempre vero. Le tre principali marche di prodotti di pulizia domestica dominano l’87% del mercato danese, l’86% di quello francese e appena il 33% di quello spagnolo. Queste differenze cambiano significativamente da settore a settore in ogni

4 I dati non sono abbastanza dettagliati da poter controllare tale ipotesi.

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paese. Per esempio, la Germania ha un tasso relativamente alto di concentrazione per le patatine fritte e uno relativamente basso per la pasta. Le locali condizioni di concorrenza spiegano molte di queste differenze.

La relazione tra potere di mercato dei produttori e livello dei prezzi nei supermercati non è comunque semplice. Dalla sola correlazione tra potere di mercato e prezzo, non emergono chiare indicazioni. Concentrazione al dettaglio, canali di distribuzione, contesto normativo, distribuzione del potere contrattuale tra distributori e produttori nonché disparità a livello di produzione e di distribuzione, sono tutti fattori che hanno un impatto sui prezzi al dettaglio e impediscono, perciò, di stabilire una semplice relazione diretta tra prezzi dei prodotti venduti nei supermercati e concentrazione dei produttori5.

Gli Stati membri hanno strutture di vendita al dettaglio diverse e ciò spiega le differenze di prezzo da paese a paese ...

Ogni Stato membro ha, all’interno della propria distribuzione, una concorrenza più o meno forte e contesti normativi diversi che la influenzano - sono condizioni locali importanti con un impatto sui prezzi. I prezzi differiscono fortemente a seconda del tipo di punto vendita. La variazione non è la stessa per tutti i prodotti e per tutti i paesi, ma ipermercati e discounter hanno prezzi medi del 5% inferiori a quelli dei supermercati. Paesi con un’alta percentuale di supermercati in seno al sistema di distribuzione, hanno anche prezzi più elevati (grafico 4).

Per ridurre la dispersione dei prezzi al dettaglio occorrono sistemi di distribuzione più competitivi ed efficienti. La concorrenza nella vendita al dettaglio preme sui margini di distribuzione, riducendo prezzi al dettaglio e la loro dispersione. Sistemi di distribuzione più efficienti e competitivi abbasserebbero perciò i prezzi sui mercati europei. Come indicato dal grafico 5, le forti differenze di prezzo per tipo di sbocco, fa intravedere le possibilità derivanti da una più efficiente distribuzione nei paesi ad alto livello dei prezzi.

Ricapitolando ...

I dati sui prezzi aggregati indicano una recente decelerazione nella convergenza dei prezzi per i consumi privati. Dal 1990, i mercati dei prodotti da supermercato sono sempre più integrati e in tutta l’UE si restringe la dispersione dei loro prezzi; nel mercato interno resta tuttavia una dispersione residua. Fattori economici e specifici di settore spiegano tale dispersione residua meglio dei fattori specifici locali. Riforme economiche e interventi sulla concorrenza sono perciò le cose migliori per eliminare la dispersione residua dei prezzi in tali mercati6.

2.2. Mercato interno e protezione dell’ambiente: una formula per migliorare la qualità della vita dei cittadini e lo sviluppo sostenibile

A Lisbona, l’UE si è impegnata ad attuare un rinnovamento economico e sociale. Il Consiglio europeo Göteborg vi ha aggiunto con la strategia per lo sviluppo sostenibile una dimensione ambientale. Il Consiglio mercato interno, tutela dei consumatori e turismo ha contribuito al Consiglio europeo di Göteborg con la sua strategia per integrare lo sviluppo sostenibile e la difesa dell’ambiente nelle politiche del mercato interno. Elaborata in risposta a una richiesta

5 Gli effetti del potere di mercato, ai vari snodi della catena di vendita al dettaglio, sui prezzi al dettaglio sono analizzati in un documento di due economisti svedesi, v. “Food prices and market structure in Sweden” by M. Asplund and R. Friberg, SSEE/EFI Working Paper 318.

6 Il recente Libro verde sulla tutela dei consumatori (COM(2001) 531) formula alcune opzioni per accrescere la concorrenza nei mercati al dettaglio e di vendita diretta dal produttore al consumatore.

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dal Consiglio europeo di Helsinki, la strategia vuole integrare obiettivi ambientali con il libero scambio di beni e servizi nel mercato interno. Lo scopo è sviluppare un mercato interno con elevati livelli di tutela dell’ambiente, di coesione sociale e di crescita economica.

Il Consiglio del mercato interno ha definito numerosi indicatori per controllare l’esecuzione della strategia. Poiché essa è stata appena elaborata, è utile esporre l’andamento recente e lo stato attuale degli indicatori e fornire un punto di riferimento per i futuri controlli.

Possiamo raggruppare gli indicatori in due categorie. La prima raccoglie quelli che indicano fino a che punto risultati e meccanismi di autoregolazione del mercato tengono conto della tutela ambientale. Sono importanti perché se imprese e mercati migliorano la loro capacità ambientale, viene meno la necessità di interventi e regolamenti pubblici a fini ambientali. La seconda raccoglie quelli che misurano la partecipazione delle politiche pubbliche ad attività economiche tese a obiettivi ambientali e i possibili conflitti tra gli obiettivi politici.

I mercati e le imprese stanno migliorando le loro capacità ambientali, ma è chiaro che sono ancora necessari interventi pubblici finalizzati allo sviluppo sostenibile ...

I risultati di mercato riflettono la crescente consapevolezza dell’industria sulle questioni ambientali. Per varie ragioni, le imprese europee hanno migliorato le prestazioni di mercato e le hanno rese coerenti con lo sviluppo sostenibile. Il numero di certificati ISO 14000 - attestati privati di sana gestione ambientale e imprenditoriale - assegnati alle imprese europee nel 2000 è stato 4 volte più alto della media del periodo 1996/1998 (tab. 6A). Quanto realizzato da aziende britanniche, svedesi e danesi in questo senso è notevole. Ma il numero dei nuovi certificati di qualità ecologica è molto basso. Quello per l’ecogestione e i sistemi di controllo (EMAS), pur promettente, resta però molto basso soprattutto in alcuni paesi. (tab. 6A).

L’intervento pubblico è indispensabile per raggiungere obiettivi di sviluppo sostenibile. Gli indicatori politici mostrano che gli Stati membri perseguono sempre più obiettivi ambientali.

Regolamenti e aiuti di Stato sono gli strumenti politici più usati. Nella UE, la spesa per aiuti di Stato al risparmio energetico e all’ambiente è in genere aumentata anche se gli aiuti totali sono diminuiti. Gli aiuti sono ingenti in Germania, e soprattutto nei Paesi Bassi e Danimarca.

Il numero di direttive CE con una componente ambientale è continuamente aumentato negli ultimi 10 anni. Altri strumenti politici più compatibili con il mercato sono meno usati: le ecotasse hanno un ruolo di secondo piano, con solo il 5.2% di tutte le entrate fiscali nel 1999, e inferiore alla media del periodo 1995-98 (tab. 6B).

Oltre a un numero crescente di direttive ambientali, sono state intentate molte più azioni contro infrazioni a direttive ambientali nel 2000 che negli anni precedenti, sebbene i deficit globali di recepimento degli Stati membri siano relativamente stabili (v. di nuovo tab. 6B).

La maggior consapevolezza degli obiettivi ambientali non ha ostacolato il funzionamento del mercato interno. Il numero di norme nazionali comunicate ai sensi della direttiva 98/34 CE che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche è molto aumentato negli ultimi anni, ma quello delle norme ambientali comunicate rimane relativamente stabile. Negli ultimi 5 anni il numero di infrazioni registrate a direttive del mercato interno per ragioni ambientali, di sicurezza o di imballaggio è stato basso e stabile (tab. 6B).

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Un Mercato interno che si adopera per lo sviluppo sostenibile ...

Garantire la compatibilità degli obiettivi ambientali non basta. Il mercato interno può dare un contributo attivo allo sviluppo sostenibile. Le future azioni con cui il mercato interno può contribuire allo sviluppo sostenibile comprendono:

- Strumenti di mercato per il commercio delle indennità di emissione, ancora inesistenti a livello comunitario. Nonostante la loro efficienza economica e ambientale, le indennità di emissione commerciabili non sono usate nell’UE. La struttura comunitaria offre evidenti vantaggi per risolvere eventuali problemi di coordinamento nel commercio internazionale delle emissioni. Tali strumenti aiuteranno l’UE ad attuare i suoi impegni ambientali e a rendere più economica la riduzione delle emissioni. La Commissione ha recentemente adottato un progetto di direttiva sullo scambio di emissioni (COM(2001) 581).

- Strumenti di mercato privati, elaborati per eliminare l’inadeguatezza del mercato di fronte alle responsabilità ambientali. La Commissione, nel Libro bianco sulla responsabilità per danni all’ambiente (COM(2000) 66) propone il principio “chi inquina, paga”. Strumenti finanziari, come l’assicurazione volontaria sui rischi ambientali, potrebbe eliminare talune inadeguatezze del mercato senza interventi pubblici. L’attuale mercato delle assicurazioni contro i danni ambientali è limitato e tende a essere gestito da specialisti. Al mercato interno e l’ambiente gioverebbe una progressiva apertura orientata al mercato di tale settore. La Commissione sta esaminando una proposta sulla responsabilità ambientale che aprirà la strada allo sviluppo di tali strumenti.

- Valutazione integrata dell’impatto. Alla ricerca della semplificazione e di una miglior qualità, la Commissione ha formulato proposte al Consiglio europeo di Laeken “per far sì che le principali proposte politiche comprendano una valutazione sulla sostenibilità delle loro possibili conseguenze economiche, sociali e ambientali”. Diffondere tali pratiche aiuterebbe a coordinare lo sviluppo e l’attuazione delle politiche del mercato interno e dello sviluppo sostenibile.

2.3. Integrare i mercati finanziari al dettaglio

La relazione dell’anno scorso individuava nei bonifici transfrontalieri una preoccupazione dei cittadini nei confronti del mercato interno. La Commissione ha controllato rigorosamente gli oneri dei bonifici transfrontalieri. La spesa media per un bonifico intracomunitario di 100 euro è alta (grafico 6) e del tutto incompatibile con un’Unione Monetaria integrata e funzionante. Ancor più sorprende il suo andamento. Pur ridottasi in media del 5,8%, tale spesa è notevolmente aumentata in taluni Stati membri e la riduzione, avvenuta nell’arco di 7 anni, è relativamente piccola (v. grafico 7).

Anche altri tipi di pagamenti transfrontalieri sono soggetti a spese elevate anche se molto variabili (tab. 7). Con l’imminente introduzione dell’euro, la Commissione propone un regolamento (COM(2001) 439) che fissa il principio della parità di spese per i bonifici nazionali e quelli transfrontalieri in euro. Nonostante ripetute richieste di tagliare le spese bancarie sui bonifici transfrontalieri, gli sviluppi di mercato sono mancati o troppo lenti per creare un’unica funzionante area di pagamenti nel mercato interno.

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Il presente progetto di regolamento7, fa parte del Piano d’azione per i servizi finanziari (PASF), un programma per dar vita entro il 2005 a un mercato interno integrato dei servizi finanziari al dettaglio. Il progetto stesso presuppone un adeguato quadro giuridico, una maggior fiducia dei consumatori e la garanzia di una stabilità finanziaria - aspetti essenziali se i consumatori devono approfittare mercato interno. Ma l’importanza e i vantaggi di questi obiettivi vanno al di là del mercato dei servizi finanziari. Essi possono agevolare il commercio di beni e servizi riducendo i costi delle operazioni commerciali transfrontaliere. In altre parole, forgiare un mercato interno dei servizi finanziari al dettaglio darà due risultati:

consumatori e PMI trarranno beneficio non solo di un sistema di pagamento più affidabile ed efficiente ma anche di più ampie opportunità di commercio e di una maggior concorrenza grazie a minori oneri finanziari sul commercio.

3. RENDERE PIÙ EFFICIENTI I MERCATI DEI PRODOTTI E DEI CAPITALI

Il Consiglio del mercato interno ha concluso che i “mercati dei prodotti e dei capitali potranno dispiegare tutte le loro potenzialità solo quando saranno pienamente integrati e funzioneranno in modo efficiente ...” e per realizzare tale integrazione, esso afferma che “... è importante un’analisi regolare e sistematica degli sviluppi strutturali che influiscono sulla competitività dei mercati, per far sì che i cittadini approfittino della riforma economica.” Questa sezione sottolinea alcuni recenti, importanti sviluppi dell’integrazione dei mercati dei prodotti, rivelati dal controllo dei flussi commerciali nonché sviluppi nei mercati dei capitali e dei servizi finanziari. Il rallentamento della crescita economica rende indilazionabile la riforma strutturale, per minimizzare i suoi effetti negativi e anticipare il momento della ripresa.

3.1. Tendenze dei mercati di prodotti e servizi: l’integrazione commerciale del mercato interno manifatturiero procede bene, con effetti positivi sulle economie nazionali degli Stati membri ...

A quasi 10 anni dall’istituzione del mercato interno, il commercio continua a integrare i mercati degli Stati membri. Il commercio intracomunitario (UE-15) transfrontaliero di manufatti cresce più velocemente del PIL (grafico 8), sottopone i mercati degli Stati membri a pressioni competitive e offre ai consumatori scelte più ampie a prezzi inferiori.

Controllare i dati sulle importazioni è particolarmente importante, poiché esse stimolano la concorrenza sui mercati nazionali e permettono a uno Stato membro di acquisire altrove la miglior tecnologia disponibile, il che aumenta la produttività nazionale. In GB, si stima che un aumento dell’1% delle importazioni intraindustriali porti un progresso tecnico dello 0,31%8. Quanto sono aperti alle importazioni gli Stati membri? Il grafico 9 indica quanto pesino le importazioni degli Stati membri sulle economie nazionali: a un capo, c’è il Belgio- Lussemburgo con importazioni pari al 50% circa del PIL; all’altro, l’Italia con importazioni pari al 15% circa del PIL. Dal 1995, il peso delle importazioni degli Stati membri, dall’UE o dal resto del mondo, sono in genere aumentate - fino a 4 punti percentuali del PIL (v. grafico

7 I recenti progressi della direttiva sulla vendita a distanza di servizi finanziari sono un altro significativo passo verso la creazione di un mercato interno integrato per i servizi finanziari al minuto.

8 Hubert, F. and Pain, N. (2000) Inward investment and technical progress in the United Kingdom manufacturing sector, NIESR, London. Il progresso tecnico viene qui definito come incremento della produttività del lavoro non dovuta a effetti di scala o di struttura industriale. Lo studio non tiene conto di un’importante fonte di produttività, spesso anche se non necessariamente, associata agli IED - la trasmissione cioè di conoscenze tecniche dovuta alla mobilità della manodopera specializzataL’importanza di questo ulteriore canale di incremento della produttività rafforza l’urgenza di riforme politiche tese a facilitare la libera circolazione di manodopera qualificata.

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10). Ma, mentre la loro importanza sul PIL è aumentata in Belgio-Lussemburgo di oltre 12 punti e, nei Paesi Bassi, di quasi 11, in GB, Danimarca e Italia ciò non è avvenuto. Di fatto, in GB e Danimarca il peso delle importazione dall’UE è lievemente diminuita.

Dal 1995, il valore delle esportazioni intra-UE di tutti gli Stati membri è aumentato, ad eccezione della Grecia. In parte, ciò è dovuto al fatto che la Grecia ha riorientato le esportazioni dai mercati dell’UE verso quelli dei paesi candidati (grafico 11) - soprattutto, Bulgaria. Ciò ha senso geograficamente e mostra che la Grecia ha saputo approfittare degli Accordi europei firmati tra l’UE e i paesi candidati. L’ampliamento, quando verrà, intensificherà tale processo.

Gli investimenti esteri diretti hanno effetti molto positivi sul risultato economico ...

Anche gli investimenti esteri diretti (IED) integrano i mercati, e contribuiscono all’obiettivo di Lisbona di risultati economici migliori nell’industria e nei servizi. In GB, si stima che le ditte manifatturiere di proprietà estera producano tra il 10 e il 40% in più per dipendente di quelle di proprietà interna e abbiamo una produttività totale del 5¼% superiore. Esse rappresentano circa un terzo della R&S totale delle imprese, 1/6 più di 10 anni fa. Un aumento dell’1% di investimenti interni intraindustriali porta un progresso tecnico dello 0,82%9 (cioè, l’aumento di IED ha effetti tecnologici superiori a quello delle importazioni).

Ma l’impatto economico positivo dei flussi di IED varia a seconda della loro fonte - la produttività del lavoro delle imprese USA in GB è supera del 36% circa quella delle imprese britanniche, la produttività del lavoro delle imprese UE è superiore del 22% circa.

I flussi di IED intracomunitari hanno subito un’accelerazione geometrica, ma restano concentrati appena in pochi Stati membri ...

Nella UE, i flussi di IED sono rapidamente cresciuti, soprattutto se intra-UE (grafico 12). Di fatto, i flussi di IED intra-UE sono cresciuti di gran lunga più velocemente del commercio di manufatti, del PIL comunitario o degli afflussi di IED dal resto del mondo. Data l’efficacia degli afflussi di IED, è una buona notizia per le prospettive di crescita dell’economia europea.

Ma il potenziale effetto positivo sarà molto concentrato: l’afflusso di IED da tutte le fonti è l’8% o più del PIL in Belgio-Lussemburgo, Irlanda e Svezia (v. grafico 13), ma meno del 2%

in otto Stati membri. E perché un investitore straniero (interno o esterno all’UE) è attratto da uno Stato membro piuttosto che da un altro? Aiuti di Stato, incentivi fiscali, contesto imprenditoriale e profondità della riforma strutturale sono tutti plausibili motivi, ma occorre indagare più in profondità.

Ostacoli tecnici al commercio: per meglio integrare il mercato con il commercio, occorrono norme europee e una più ampia applicazione del principio di riconoscimento reciproco ...

Affinché cittadini e consumatori approfittino delle riforme economiche, una delle conclusioni del Consiglio del mercato interno del 12 marzo 2001, afferma che “l’eliminazione dei residui ostacoli tecnici al commercio va perseguita con più vigore, ricorrendo anche a una più efficace normalizzazione europea e a un’effettiva applicazione del principio di reciproco riconoscimento … Progressi significativi si attendono dal seguito della risoluzione del Consiglio sulla normalizzazione, grazie soprattutto a provvedimenti concreti che completino il quadro giuridico per il buon funzionamento del mercato interno nel campo dei prodotti da

9 op. cit.

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costruzione.” Le tre sottosezioni che seguono riportano recenti attività della Commissione in questo campo e danno un’idea dei vantaggi economici che ne possono risultare.

Far sì che gli Enti europei di normalizzazione siano interamente aperte, trasparenti e rispondenti alle forze di mercato...

Per la Commissione10, gli accordi di normalizzazione adottati da appositi enti indipendenti e riconosciuti producono buone norme standard. Ciò è giustificato da due principi particolari che caratterizzano il modo con cui tali enti sviluppano le norme. In primo luogo, le esigenze di mercato guidano la scelta e lo sviluppo della maggior parte del sempre crescente numero di norme. Perché altrimenti gli operatori coprono il 90% dei costi di normalizzazione? Poi, frutto del consenso, se possibile, di tutte le parti interessate (produttori, utenti, consumatori), le norme si sviluppano in modo aperto e volontario.

La Commissione si limita a mantenere un ambito di normalizzazione aperto e imparziale. Agli interessati dalle risorse limitate (consumatori, esperti di igiene e sicurezza, PMI), che di regola non parteciperebbero ad attività di normalizzazione, vengono dati aiuti finanziari. Aiuti simili possono completare lo sforzo di “rinverdire” il processo di normalizzazione.

Gli aspetti ineludibili delle sfide degli enti di normalizzazione ...

Le norme devono soddisfare esigenze di mercato ed essere sviluppate rapidamente. La celerità è una sfida inevitabile per enti di normalizzazione che sono aperti a tutti gli interessati (il che rende certo più difficile trovare il consenso). Là dove gli enti di normalizzazione non sono stati abbastanza veloci sono nati consorzi privati e associazioni. Come riferisce il Quadro di valutazione del novembre 2001, il CEN, uno degli enti di normalizzazione europei (ENE), impiega oggi 8 anni per elaborare e ottenere il consenso su una norma europea, rispetto ai 4 o 5 del 1995. Gli ENE affrontano tale sfida soprattutto in due modi. Innanzitutto, migliorando le loro prestazioni (usando più IT e valutando pratiche esemplari). Gli enti di normalizzazione nazionali (ENN) li imitano, talvolta con il contributo finanziario della Commissione. Poi, sviluppando una vasta gamma di prodotti, come gli accordi informali, anche se non sempre debitamente sostenuti a livello nazionale. Scambi regolari di informazioni dovrebbero migliorare la situazione.

Con raccolte di norme sempre più simili e TIC che ne facilitano la diffusione, anche transfrontaliera, il contesto in cui operano gli ENN è sempre più competitivo, li sottopone a pressioni finanziarie, che essi trasferiscono sugli ENE, che si fidano della capacità degli ENN di organizzare la partecipazione di esperti al loro lavoro (nel 2000, il 93% dei 700 milioni del costo del CEN è stato sostenuto da contributi industriali). E la situazione si sta acutizzando.

Gli ENN fanno risaltare il fatto che ormai oltre l’80% della normalizzazione avviene a livello europeo o internazionale, mentre 15 anni fa l’80% della stessa avveniva a livello nazionale.

Tuttora il tempo necessario ad ottenere una norma europea ostacola il lavoro di eliminazione delle barriere al commercio tra Stati membri; ciò è preoccupante e deve far riflettere.

10 Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulle attività intraprese in seguito alle risoluzioni in tema di normalizzazione europea adottate dal Consiglio e dal Parlamento europeo nel 1999 - COM(2001) 527.

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... ma il progresso nella normalizzazione è in atto ...

Ciononostante, in vari campi (strumenti di pesatura, apparecchi a gas e recipienti a pressione) sta avvenendo il “nuovo approccio” alla normalizzazione. Dopo anni di stasi, è stato infine raggiunto un accordo sulle prime norme armonizzate per i prodotti da costruzione (cemento, appoggi di travature, impianti di sollevamento). Altre seguiranno nei prossimi anni. Nel settore si aprono nuovi e più vasti mercati e aumenta la concorrenza. La Commissione bloccherà i contributi là dove non avvengono progressi. Dati i crescenti problemi finanziari degli ENN, tale minaccia può rivelarsi un’arma potente per la Commissione.

Ci sono ancora vantaggi da trarre da una migliore applicazione del principio di riconoscimento reciproco ...

Il riconoscimento reciproco (PRR) si applica a prodotti per i quali non esiste una completa armonizzazione comunitaria in seno all’UE e a quelli che gli Stati membri sono concordi nel supporre sufficientemente protetti dalle normative nazionali. Nonostante che solo il 21% della produzione industriale o il 7% di PIL dell’UE sia coperta dal riconoscimento11 reciproco, i problemi emersi applicando il principio hanno un impatto economicamente significativo.

A scopi politici, è interessante avere un’idea dell’ordine di grandezza dei potenziali massimi vantaggi commerciali che è lecito attendersi dalla perfetta applicazione del principio di riconoscimento reciproco in un mercato interno perfettamente integrato. Si stima che in seno all’UE il valore del commercio di prodotti coperti dal riconoscimento reciproco è di un buon 45% inferiore a quanto potrebbe essere (v. riquadro 5), cioè l’1,8% circa del PIL comunitario, poco meno dell’intero PIL danese e poco più di quello finlandese. Certo, le differenze tra il commercio in un mercato interno perfetto e in quello reale di oggi non sono dovute solo al mancato riconoscimento reciproco. Oltre a questo fattore, il commercio transfrontaliero ne deve affrontare molti altri (come il vantaggio di essere primo, la base industriale, la distribuzione delle competenze, aspetti linguistici, geografici, …). Il perfetto esercizio del riconoscimento reciproco dei prodotti in seno all’UE non aumenterà, secondo tali stime, il commercio UE più dell’1,8% del PIL. Ciononostante, tale cifra va ritenuta una stima eccessiva.

Problemi con il principio del riconoscimento reciproco esistono in pochi mercati e dipendono soprattutto da incertezze sull’ampiezza e le potenzialità del principio ...

Problemi di riconoscimento reciproco esistono soprattutto per taluni alimenti, prodotti da costruzione, veicoli privi di omologazione CE, servizi finanziari e qualifiche professionali. La Commissione cerca di individuarne esattamente i principali, per migliorare la situazione e, tra novembre 2000 e settembre 2001, ha perciò tenuto numerose tavole rotonde per discutere la questione con operatori economici e funzionari degli Stati membri. Una chiara conclusione emersa è stata il significativo grado di incertezza che tra essi serpeggia circa l’ampiezza e il potenziale del riconoscimento reciproco. Molti operatori economici sostengono che, potendo scegliere tra adeguare i loro prodotti a specifiche tecniche nazionali o sostenere l’applicazione del riconoscimento reciproco, preferirebbero la prima opzione. Sarà costoso, ma certo meno rischioso che gli Stati membri di destinazione si attengano ciecamente alle proprie norme tecniche nazionali senza tener conto del livello di protezione del prodotto. Alcuni operatori economici ritengono poi che adeguare i prodotti sia un risparmio di tempo rispetto all’oneroso compito di convincere un’amministrazione nazionale riluttante o, addirittura, a una causa

11 The single market review, subseries III, volume 1: Barriere tecniche al commercio

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giudiziaria, e, se si porta un prodotto sul mercato, risparmiare tempo è una virtù. Comunque, l’adeguamento a specifiche tecniche nazionali incide poco sui beni prodotti in serie, e, sui prodotti ad hoc, non incide affatto. Il problema nasce soprattutto per le PMI, la cui produzione può non essere abbastanza durevole da ammortizzare il costo di adeguamento alle specifiche tecniche nazionali o per i prodotti a conservabilità assai limitata (soprattutto prodotti tecnologici). L’incertezza dei funzionari nazionali, invece, li rende spesso troppo prudenti, e dunque riluttanti ad applicare il riconoscimento reciproco tranne i casi in cui esso non pone dubbi.

Nei prodotti da costruzione sono state appena approvate le prime norme - che possono finalmente sbloccare il commercio transfrontaliero ...

La direttiva prodotti da costruzione, approvata nel 1989 (direttiva 89/106 del Consiglio), ha atteso il 1° aprile 2001, prima norma armonizzata di un prodotto da costruzione (cemento), per entrare in vigore. Da tale data, il cemento comune può avere l’etichetta “CE” ed essere, in teoria, venduto liberamente oltreconfine senza certificato di conformità. A quella sul cemento sono seguite numerose norme per geotessuti, attrezzature antincendio e isolanti.

Agevolando il commercio transfrontaliero, le norme sui prodotti da costruzione possono incrementare il commercio di questi nell’UE. È provato che il commercio dei prodotti da costruzione è stato penalizzato in passato. Il grafico 14 mostra che il commercio comunitario dei prodotti da costruzione si è sviluppato più lentamente di quello dei manufatti. Questo è vero in generale, ma anche per i prodotti cementizi e isolanti, entrambi gruppi merceologici di recente normalizzazione. Il commercio intracomunitario di cemento Portland è inoltre assai ridotto. Un’industria UE come quella cementizia dovrebbe registrare flussi commerciali tra Stati membri in media 4 volte maggiori di quelli che registra. Il commercio transfrontaliero di cemento è dunque assai limitato: gran parte della produzione degli Stati membri soddisfa consumi interni. I costi di trasporto contribuiscono certo a tale situazione, un aspetto che non mancherà di essere esaminato a fondo.

Sempre se si risolvono i problemi di rodaggio del nuovo contesto normativo …

Purtroppo, i dati commerciali non sono così aggiornati da individuare ogni possibile impatto commerciale dell’introduzione delle norme sul cemento. Ed esso è fonte di preoccupazione; la Federazione europea dell’industria edilizia afferma che il modo in cui vari Stati membri reagiscono al nuovo contesto normativo complica ancor più il commercio transfrontaliero, almeno dei prodotti soggetti ora a norme armonizzate. Poiché gli Stati membri hanno tuttora il diritto di fissare proprie norme di tutela dei manufatti (ingegneria e servizi in campo edile), possono non accettare prodotti con il marchio CE: manufatti che incorporano prodotti, anche normalizzati, devono conformarsi alle norme nazionali degli Stati membri sui manufatti.

Perciò, non è detto che i progressi normativi sui prodotti da costruzione sblocchino davvero il commercio. Ciò comporta due conseguenze: innanzitutto, la Commissione terrà d’occhio la situazione in caso fossero necessarie nuove iniziative; in secondo luogo, la contestazione delle restrizioni sui prodotti va accompagnata a quella delle restrizioni sui relativi servizi.

Nel campo dei servizi, le azioni mirate sono dirette a eliminare gli ostacoli transfrontalieri al mercato ...

Il Consiglio del mercato interno ha concluso nel marzo 2001 che “migliorare il mercato interno dei servizi è una sfida strategica cruciale per la Comunità. Nei servizi occorre alimentare la concorrenza, eliminando gli ostacoli al commercio transfrontaliero e ai nuovi operatori ...”. In risposta, nel gennaio 2001, la Commissione ha lanciato la Strategia dei

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servizi12, nel cui contesto essa ha cercato, durante il 2001, di risolvere problemi di settori specifici (riconoscimento delle qualifiche e promozione delle vendite) e di individuare con un’indagine gli ostacoli che si oppongono alla circolazione transfrontaliera di servizi. I risultati, per ora in corso di analisi, saranno presentati l’anno prossimo, insieme alle risposte scritte delle parti interessate e degli Stati membri. Per il 2002, essa ha fissato precise scadenze agli Stati membri perché eliminino ostacoli specifici individuati, presentino misure di sostegno non legislative (codici di condotta) e propongano norme armonizzate per la fornitura di servizi solo se strettamente necessarie. Il summenzionato Libro verde sulla tutela dei consumatori individua opzioni per l’armonizzazione in alcuni di questi settori.

Servizi diversi, prestazioni diverse ...

Certo, non tutte le prestazioni del settore UE dei servizi sono ugualmente buone. Un’indagine recente13 svolta per la Commissione su otto sottosettori di servizi alle imprese dimostra che utenti e fornitori ritengono non competitivi i sottosettori contabilità e revisione e quello prove tecniche. I servizi fiscali, reclutamento personale e consulenza gestionale sono, invece, considerati competitivi da entrambi.

I risultati per contabilità e revisione sono tali forse perché la concorrenza sui mercati nazionali è debole e il commercio transfrontaliero scarso. Certo, il fatto che per i servizi di contabilità esistano numerose e divergenti norme e regolamenti nazionali si presta a frammentare il mercato. Poiché il settore è piuttosto vasto (oltre 260.000 addetti solo in Italia e Francia), il tentativo di ridurre tale frammentazione può avere effetti rilevanti. La rimozione di siffatti ostacoli al mercato interno procura enormi vantaggi non solo al settore stesso ma anche a tutte le aziende obbligate a servirsi di tali servizi, grazie alla riduzione dei costi che ne risulta.

Anche il settore prove tecniche è affetto da scarso commercio transfrontaliero, il che fa pensare alla probabile presenza di forti ostacoli al mercato interno che, di nuovo, danno luogo a una scarsa concorrenza.

Al contrario, se i partecipanti all’indagine esprimono un parere relativamente positivo sul reclutamento di personale ciò riflette forse l’enorme vastità del sottosettore, con un milione di addetti di cui la metà nel solo Regno Unito. Questa concentrazione implica un commercio transfrontaliero probabilmente abbastanza significativo. Il settore è cresciuto velocemente negli ultimi 20 anni, grazie a sviluppi come la liberalizzazione del mercato del lavoro, l’esternalizzazione della selezione e del reclutamento e la tendenza generale verso una maggior flessibilità del mercato del lavoro. Si stima che 1,8 milioni di persone lavorino nell’UE su base temporanea (l’1,5% circa dell’occupazione totale).

I prezzi dei servizi nell’UE sono stati più stabili dei prezzi globali, ma con tendenze simili.

L’aumento della variazione annua è stato di 1 solo punto percentuale (dall’1,9% del giugno 1999 al 2.9% del maggio 2001), rispetto ai 2,1 punti percentuali dell’indice globale per lo stesso periodo. La tendenza generale maschera però tendenze diverse in due settori dei servizi: nella comunicazione (i cui prezzi diminuiscono ancora in misura ragionevole), le vacanze “tutto compreso” e affitti, dove i prezzi sono aumentati molto velocemente e con la maggior deviazione.

12 Formulata in una comunicazione della Commissione dal titolo “Una strategia per il mercato interno dei servizi”, COM(2000) 888.

13 CSES, “Study on obstacles to trade in business services” per la Commissione europea (2001).

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Eliminare gli ostacoli transfrontalieri al commercio dei servizi potrebbe avere effetti significativi ...

Sono molte le ragioni per cui il Consiglio ha evidenziato la sfida cruciale posta dal settore comunitario dei servizi. La Commissione ha provato14 l’importanza dei servizi per la creazione di occupazione nell’UE. Dati regionali indicano che alla fine degli anni ’90 i servizi sono stati di gran lunga il vero motore della crescita dell’occupazione nella comunità (riquadro 6).

In base a un’indagine sui servizi per le imprese svolta per la Commissione (riquadro 6), emerge che eliminare gli ostacoli al commercio transfrontaliero nei servizi alle imprese aumenterebbe il PIL dell’attuale UE tra l’1,1% e il 4,2%. Ma, poiché tali servizi rappresentano solo un terzo di tutti i servizi, l’impatto dell’integrazione di tutti i mercati dei servizi nell’UE può essere anche maggiore.

Ciò sarebbe comunque solo l’impatto iniziale dell’eliminazione degli ostacoli al commercio.

Se i servizi potessero essere liberamente venduti oltreconfine, ne risulterebbe un secondo importante impatto economico: il libero scambio darebbe ai fornitori di servizi la possibilità di riorganizzare e ristrutturare la loro produzione in modo più razionale, senza vincolarla a confini nazionali e con vantaggi di efficienza e competitività. Insomma, non c’è dubbio che si otterrebbero vantaggi economici sostanziali dalla creazione di un mercato interno dei servizi.

3.2. I mercati dei capitali e dei servizi finanziari riflettono il deterioramento delle condizioni generali delle imprese ...

I mercati finanziari sono stati importanti indicatori di cambiamenti nelle condizioni cicliche delle imprese. Per esempio, la capitalizzazione di borsa delle imprese nazionali diminuiva del 3,8% nel 2000 rispetto all’anno precedente. Anche prima dei tragici eventi di settembre, la capitalizzazione di borsa della zona euro era caduta del 19% tra gennaio e agosto 2001 (del 17,6% per l’UE a 15).

... ma ci sono segni chiari e promettenti di mutamenti strutturali nei mercati finanziari ...

Nel contesto di un mercato sempre più difficile, le imprese europee si sono rivolte più spesso ai mercati borsistici per finanziarsi. Nel 2000, l’importo di capitale nuovo raccolto da società nazionali sui mercati è aumentato del 48,6% nella zona euro; negli USA, l’aumento è stato molto più piccolo ( + 27% rispetto al 1999). Più significativo, le società nazionali ammesse di recente alle borse europee hanno raddoppiato il capitale da esse raccolto nel 2000 rispetto all’anno precedente. Negli USA, l’aumento di capitale di tali società è stato solo del 10%.

I mercati dei capitali europei stanno di sicuro diventando più efficienti. La liquidità del mercato borsistico è aumentata dell’86% tra il 1998 e il 2000. Il rapporto tra volume d’affari e capitalizzazione di mercato è aumentato dall’1,1 del 1999 al 2,1 del 2000.

... e ci sono segnali incoraggianti di integrazione del mercato dei capitali ...

I differenziali dei tassi d’interesse mostrano che nel 1999 il mercato interbancario della zona euro era del tutto integrato, un processo iniziato a metà degli anni ’90. Si è assai integrato

14 Employment in Europe 2001, Recent trends and prospects, Direzione generale per l’occupazione (luglio 2001).

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anche quello delle obbligazioni governative, sebbene differenziali di rendimento piccoli ma persistenti suggeriscano la presenza di spazi per ulteriori integrazioni15.

La composizione dei portafogli degli investitori istituzionali (fondi pensione e d’investimento, compagnie d’assicurazione) mostra progressi nell’integrazione dei mercati dei capitali. In passato, la possibilità degli investitori istituzionali di differenziare i portafogli era limitata da norme nazionali. Questi, privilegiando troppo titoli nazionali, avevano alti rischi e rendimenti non ottimali (grafico 15). Ora, grazie alle nuove normative introdotte dalla comunità e alla moneta unica, non è più così. La diversificazione può avere motivi settoriali più che di diversità geografica, ma il risultato è che i portafogli dei fondi pensioni e d’investimento ora privilegiano meno i titoli nazionali. Nel marzo 2001, solo il 22% dei loro attivi totali in fondi azionari, valutari e obbligazionari è stato investito in fondi interamente nazionali (Irlanda esclusa).

La composizione dei fondi d’investimento varia notevolmente da uno Stato membro all’altro.

Per esempio, in GB si preferiscono i fondi azionari, in Spagna quelli obbligazionari, in Grecia e Svezia quelli in valuta. Ma, come mostra il grafico 15, i fondi d’investimento azionari non sono più così incentrati sui titoli nazionali.

I fondi pensione, di paesi con mercati dei capitali più integrati di quelli incentrati su titoli nazionali in portafoglio a investitori istituzionali, hanno anche differenziato di più i loro portafogli. Nel 1995, i valori mobiliari nazionali costituivano il 67,6% degli attivi dei fondi pensione dell’UE. Nel 1999, solo il 60% (grafico 16). Questo andamento cela però differenze enormi tra Stati membri. Per es., nel 1995, il 100% degli valori mobiliari spagnoli erano nazionali e le azioni erano una quota molto piccola degli attivi totali. Oggi, gli investimenti in valori mobiliari sono divenuti più importanti per i fondi pensione in Spagna (e in altri Stati membri) e raggiungono il 12% degli attivi totali, ma solo il 53% dei valori mobiliari posseduti dai fondi pensione sono spagnoli. Tendenze simili si notano in Portogallo, Finlandia e Svezia.

Questi mutamenti strutturali dei mercati finanziari hanno già contribuito in misura significativa alla riforma economica ...

La maggior efficienza e l’integrazione del mercato finanziario hanno già dato un dividendo in forma di costi di capitale inferiori e hanno contribuito a mutamenti strutturali nell’economia europea facilitando ristrutturazioni, fusioni e acquisizioni, l’espansione internazionale delle società europee e la trasformazione radicale di alcuni servizi e di industrie in rete.

... ma sono possibili altri vantaggi da ulteriori integrazioni in altri segmenti di mercato.

Al dettaglio nel settore bancario, l’integrazione finanziaria non è altrettanto avanzata. I depositi bancari di non residenti possono essere lievemente aumentati tra il 1997 e il 1999, ma nello stesso periodo i prestiti bancari ai non residenti sono di fatto diminuiti (grafico 17).

Mettere in circolazione le banconote e le monete in euro e introdurre le misure del Piano d’azione finanziario per i servizi, potrebbe cambiare la situazione.

Gli attuali sistemi di clearing e di regolamento sono assai frammentati. Con sistemi di clearing integrati si otterrebbero forti economie di scala. Ciò, e la necessità di norme sulla gestione del rischio, richiede di la cessazione dell’attuale status quo. Un pronto intervento

15 CSEF “Study to analyse, compare and apply alternative indicators and monitoring methodologies to measure the evolution of capital market integration in the EU” per la Direzione generale mercato interno (di prossima pubblicazione

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politico aiuterebbe a integrare rapidamente i servizi finanziari. Il forte aumento delle garanzie accessorie per i pagamenti transfrontalieri tra il 1998 e la fine del 1999 mostra la crescente importanza di un’infrastruttura di clearing e regolamento adeguata a mercati finanziari europei sempre più integrati. Diverse iniziative orientate al mercato sono già in corso per razionalizzare l’attività di liquidazione dei titoli.16

3.3. Appalti pubblici: i mercati sono diventati molto più trasparenti nel 2000 ...

La Commissione ha consegnato la proposta di un pacchetto legislativo, richiesta dal Consiglio europeo di Lisbona, attualmente in discussione presso il Consiglio. Intanto, i mercati degli appalti pubblici sono diventati più trasparenti. La quota di appalti pubblici pubblicata dalla Gazzetta Ufficiale, sul valore totale degli appalti pubblici è aumentata del 36% nel 2000 dopo la relativa stagnazione dei 3 anni precedenti (tab. 9), con aumenti molto significativi in Spagna, Svezia, Paesi Bassi, Italia, Austria, Danimarca e GB. Ma i miglioramenti non sono omogenei in tutti i paesi, per cui le differenze tra Stati membri nella trasparenza di mercato degli appalti pubblici sono aumentate.

Le aggiudicazioni registrate di contratti dovuti a bandi transfrontalieri sono aumentate (grafico 18). Ciò può indicare che i mercati degli appalti pubblici si aprono alla concorrenza internazionale; ma, le cifre nulla dicono su appalti acquisiti indirettamente da filiali all’estero, da grossisti, agenti o altri intermediari, per cui è impossibile trarre conclusioni univoche. In futuro, la Commissione raccoglierà informazioni più affidabili sulle cifre transfrontaliere.

Due recenti comunicazioni - una su pubblici appalti e questioni ambientali (COM(2001) 274), l’altra su pubblici appalti e affari sociali (COM(2001) 566) - miglioreranno gli aspetti ambientali e sociali del mercato degli appalti. Intanto, l’introduzione di nuove tecnologie ha fatto rapidi progressi, e ciò dovrebbe ancor più aprire il mercato degli appalti.

4. UN MIGLIOR CONTESTO DELLE IMPRESE:STIMOLARE LIMPRENDITORIALITÀ

Concorrenza e imprenditorialità effettive sono essenziali per cogliere l’ambizioso obiettivo di competitività fissato dal Consiglio europeo di Lisbona. È un chiaro messaggio del Consiglio europeo di Stoccolma. I passi avanti in direzione degli obiettivi di Lisbona nel campo dell’imprenditorialità e dell’innovazione vengono esaminati in una recente comunicazione (COM(2001) 641 def.)17, che li ritiene molto più lenti di quanto si fosse sperato nel marzo 2000 e che teme che le considerazioni a breve termine degli Stati membri, dovute al rallentamento dell’economia, indeboliscano l’impegno verso riforme sostanziali.

La parte che segue presenta alcuni risultati relativi agli sviluppi politici e di mercato che influenzano il contesto delle imprese nel mercato interno. Essa si occupa soprattutto delle politiche pubbliche che intervengono sul contesto competitivo delle imprese, come aiuti di Stato, fiscalità, quadri normativi e conclude riassumendo gli sviluppi recenti nelle modalità di finanziamento delle aziende e nell’innovazione.

16 Un gruppo di operatori del mercato finanziario che, sotto la presidenza di Alberto Giovannini, consiglia la Commissione europea su questioni inerenti al mercato finanziario, ha preparato una relazione sugli accordi transfrontalieri europei di compensazione e liquidazione. Essa esamina le relative norme per le azioni ordinarie, i titoli a reddito fisso e i derivati.

17 L’analisi di questa comunicazione si è basata su una serie di documenti presentati dalla Commissione comprendenti la relazione del 2001 sulla competitività (SEC(2001) 1705), il Quadro di valutazione per l’innovazione per il 2001 (SEC(2001) 1414), l’imminente Quadro di valutazione per le imprese e la relazione per il 2001 sulla procedura BEST (SEC(2001 1704).

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4.1. Aiuti di Stato: andamento positivo

Nelle conclusioni del Consiglio mercato interno del 12 marzo 2001 la Commissione è invitata a sviluppare e applicare nuovi strumenti analitici per controllare gli aiuti di Stato. In aprile, è stato perciò reso pubblico su Internet il registro degli aiuti di Stato. In luglio, poi, essa ha pubblicato il primo Quadro di valutazione degli aiuti di Stato, una rassegna dettagliata dell’andamento dei diversi tipi di aiuti di Stato.

Le ultime cifre disponibili confermano tendenze degli aiuti di Stato osservate negli ultimi 4 anni. L’aiuto alle industrie manufatturiere è sceso nel periodo 1995-1997 dal 2,6% del valore aggiunto, all’1,9% nel 1997-1999. Nello stesso periodo, l’aiuto totale è sceso dall’1,43% del PIL totale all’1,187%.

Una spesa inferiore per gli aiuti di Stato, ma non necessariamente minori distorsioni...

Il Consiglio europeo di Lisbona chiede non solo di tagliare gli aiuti di Stato, ma di cambiarne la composizione e, in particolare, di aumentare il peso relativo degli aiuti orizzontali e regionali a spese di quelli settoriali perché i primi falsano la concorrenza meno dei secondi (v.

riquadro 8). Nel 1999, quando il Consiglio formulava tali raccomandazioni, quasi tutti gli Stati membri già facevano l’una o l’altra cosa, ma solo pochi facevano entrambe. Come mostra il grafico 19, si trattava di Francia, Austria, Belgio e, soprattutto, Portogallo e Spagna.

Di fatto, tutti gli Stati membri con una spesa per aiuti superiore alla media UE, compresi i 4 citati, l’hanno ridotta. In quel momento è stato perciò raggiunto l’obiettivo di ridurre gli aiuti di Stato fissato dopo Lisbona dagli Indirizzi di massima per le politiche economiche. Ma, non essendo cambiata la loro composizione per ridurne le distorsioni, è cresciuta l’importanza degli aiuti specifici settoriali (grafico 19 e tab.10). Si noti che in proposito questa evoluzione era inevitabile - Danimarca e, in misura minore, Austria hanno già avuto livelli di aiuti di Stato inferiori alla media UE, con strutture molto meno deformanti di quanto accadesse in genere nell’UE.

... perché taluni aiuti specifici settoriali sono resistenti ai tagli di spesa ...

La persistenza dell’aiuto settoriale è dovuta a talune sue particolarità. A qualche tradizionale settore che riceve aiuti di Stato sono stati ridotti, ad altri - come carbone e trasporti - sono stati mantenuti o lievemente aumentati, per cui l’aiuto settoriale è sempre più concentrato. Esclusi tali settori, la sua riduzione nell’economia comunitaria è nel suo insieme molto più spedita.

Va aumentato lo sforzo per ridurre l’aiuto nel settore carboniero e, se possibile, nei trasporti.

Tra il 1995 e il 1999, la maggior parte dei tagli alla spesa per aiuti di Stato è avvenuta a spese degli aiuti regionali (grafico 20).

Le notizie migliori sono la riduzione dell'aiuto ad hoc...

L’aiuto ad hoc, uno dei più deformanti tipi di aiuto di Stato, è stata drasticamente ridotta.

L’aiuto ad hoc totale nel 1999 era il 10% di quello del 1994. Nel 1999, gli aiuti di Stato alla produzione erano diminuiti del 93% rispetto al 1993. Il declino dell’aiuto ai nuovi Länder ha fortemente contribuito a tale riduzione, così come i tagli significativi degli ultimi 5 anni all’aiuto alla ristrutturazione. Ma, quando l’economia va bene, tagliare aiuti di Stato alla ristrutturazione è relativamente facile; l’impegno a ridurre l’aiuto va messo alla prova non appena l’economia rallenta.

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4.2. La fiscalità può distorcere decisioni economiche e sulla concorrenza ...

Le imprese comunitarie operano attualmente in un’unica zona economica in cui vigono 15 diversi sistemi di fiscalità delle imprese. Ciò genera costi specifici di ottemperanza alle leggi, non contribuisce alla trasparenza e causa inefficienze economiche. Inoltre, le aziende dell’UE definiscono come loro “mercato domestico” non tanto uno Stato membro quanto l’intera UE.

I mutamenti strutturali che si impongono, possono condurre a una riorganizzazione dell’intera UE, che può essere forzata dalla necessità di ottemperare a 15 diversi sistemi fiscali.

Un approfondito studio della Commissione [SEC(2001)1681] sulla fiscalità delle imprese nel mercato interno ha analizzato distorsioni e inefficienze della gestione aziendale provocate dal funzionamento parallelo di 15 sistemi fiscali nazionali. Lo studio ha individuato ampie differenze nei tassi effettivi delle imposte aziendali (tab. 11), che influenzano le decisioni economiche, obbligando a scegliere tra gli investimenti nazionali e quelli orientati verso l’interno e verso l’esterno, e influenzando la loro composizione in termini di elementi patrimoniali e di fonti di finanziamento. Lo studio ha anche individuato numerosi campi in cui i sistemi di fiscalità delle imprese possono intralciare l’attività economica transfrontaliera nel mercato interno ed erodere la competitività internazionale delle imprese comunitarie.

Per affrontare gli attuali ostacoli fiscali al mercato interno, la Commissione ha proposto una strategia in due tempi [COM(2001)582] comprendente rimedi ad hoc e soluzioni a lungo termine più articolate consistenti nell’offrire alle imprese una base fiscale comune e consolidata per le attività a livello europeo.

4.3. Semplificare gli oneri amministrativi

Un recente studio dell’OCSE mostra che l’avvio di un’attività avviene in condizioni peggiori per le imprese più piccole a causa degli oneri amministrativi. Il Consiglio del mercato interno ha sottolineato che gli “oneri amministrativi e normativi che gravano sulle imprese, soprattutto PMI, vanno ulteriormente ridotti sia a livello comunitario che nazionale”. La capacità di occupazione di tali imprese sembra essere molto influenzata dalle condizioni in cui avviano l’attività. La capacità europea di migliorare la qualità delle norme e della legislazione è perciò un aspetto essenziale per raggiungere gli obiettivi di Lisbona.

A livello comunitario, sono state prese varie iniziative politiche: in aprile, è stata lanciata la quinta fase di SLIM (SEC(2001) 575), che cerca soluzioni più globali. Il Libro bianco sulla governance (COM(2001) 428) ha riconosciuto la necessità di ridurre le norme comunitarie. Al Consiglio europeo di Laeken verrà presentato un piano d’azione per migliorarle. Esso sottolinea che il miglioramento del contesto normativo deve diventare una priorità politica dell’UE. Il fine ultimo è rendere le società europee più competitive; ma quello immediato e urgente è rendere comprensibili gli interventi comunitari ai cittadini europei. Solo proposte comprensibili possono essere ampiamente accettate dai cittadini europei. Ciò è essenziale perché l’UE abbia la capacità d’azione necessaria ad affrontare le sfide che ha davanti a sé, a cominciare dall’ampliamento. A tal fine , il piano d’azione individua circa 30 azioni concrete, da realizzare già nel 2002, e rivolte alla Commissione stessa, al Parlamento europeo, al Consiglio e agli Stati membri. Il piano d’azione ha tre obiettivi specifici: semplificare e consolidare l’acquis communautaire, riformulandolo e rimaneggiandolo; migliorare l’iter legislativo delle leggi volute dal trattato, preparando e valutando meglio le proposte di legge, semplificando e accelerando le procedure d’approvazione, migliorando recepimento e applicazione da parte degli Stati membri e attuazione e controlli da parte della Commissione;

sviluppare una nuova cultura politica e amministrativa, creando una rete decentralizzata, interna alla Commissione che segua l’applicazione del programma operativo, controlli la

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qualità della legislazione e promuova le pratiche più efficaci con le necessarie risorse umane e finanziarie. Per essere efficiente, la rete andrà ampliata al Consiglio e al Parlamento europeo e cooperare con corrispondenti strutture negli Stati membri18.

È, però, innanzitutto a livello nazionale che le società percepiscono le novità normative e i nuovi dati suggeriscono che in molti Stati membri ci siano spazi per miglioramenti. Recenti studi delle autorità austriache e della Commissione rilevano differenze significative tra Stati membri nei tempi e nei costi necessari all’avvio di una società. Le questioni metodologiche possono offuscare i risultati per singoli Stati membri, ma l’incontestabile conclusione è che avviare un’attività nell’UE è molto più difficile che negli USA. Lo studio austriaco stima che, per una società identica, l’avvio costi negli USA appena 171 euro contro i 1.625 in media necessari nell’UE (riquadro 10).

D’altra parte, i tentativi degli Stati membri di ridurre gli oneri delle imprese e promuovere l’imprenditorialità sembrano avere un impatto reale - ora è necessario meno tempo e denaro per avviare una nuova azienda. La relazione 2001 sulla procedura BEST (SEC(2001) 1704) illustra le più riuscite esperienze in questo campo. Con la presentazione dei risultati nel marzo 2002, l’attività di valutazione della Commissione sulle procedure di avviamento fornirà chiare indicazioni sui progressi che sarà lecito attendersi in questo campo, mentre progetti analoghi, nel quadro di BEST, affrontano altri aspetti dell’intero ciclo della vita aziendale (nascita, sviluppo, cessazione).

4.4. Il contesto finanziario, migliorato negli ultimi anni, va salvaguardato da un clima economico in via di deterioramento ...

Nel 2000 il mercato dei capitali di rischio è rapidamente cresciuto. I dati mostrano che i fondi raccolti in Europa come capitali di ventura hanno rapidamente superato gli investimenti (grafico 21). Sempre più investimenti privati in valori mobiliari finiscono in fondazioni e avvii, cioè imprese giovani. Questi due tipi di investimenti hanno assorbito nel 2000 il 19%

degli investimenti privati in valori mobiliari contro il 6,5% del 1996 (v. tab. 12). La crescita degli investimenti totali in fondazioni e avvii è in ripresa e ha raggiunto il 115% con 6,4 miliardi di euro nel 2000. Dal lato finanziamento, nel 2000, quasi 9 miliardi di euro in capitali di rischio saranno diretti da manager finanziatori verso investimenti per avvii.

La crescita si registra in tutti gli Stati membri, pur con notevoli differenze dovute alla persistente frammentazione del mercato paneuropeo. Nonostante sia cresciuto, il mercato europeo è ancora piccolo rispetto a quello degli USA. Gli investimenti per avvii degli USA superano il totale degli investimenti europei in capitali di rischio e sono 4 volte superiori agli investimenti europei.

Le cifre complessive per il 2000 celano il rallentamento avvenuto nell’ultima parte dell’anno, il che può influenzare in misura sproporzionata gli investimenti in fondazioni e avvii. Il nuovo clima di incertezza, se persiste, può portare a fusioni nell’industria. In ogni caso, le attuali difficoltà e l’ampio divario con gli USA devono fungere da stimolo per accelerare il completamento del Piano d’azione sui capitali di rischio (PACR)

L’analisi settoriale degli investimenti rivela che la quota degli investimenti totali destinata all’alta tecnologia è aumentata di oltre il 50% nel periodo 1996-2000. L’importo investito nell’alta tecnologia è aumentato del 70% circa dal 1999 al 2000. Ma la quota degli

18 Occorre migliorare anche il contesto normativo dei mercati del lavoro come sottolineato dalla relazione congiunta del 2001 sull’occupazione, soprattutto per ciò che riguarda la lotta al lavoro nero.

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