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10 Cartesio, II parte, Meditazioni metafisiche

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Academic year: 2021

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10 Cartesio, II parte, Meditazioni metafisiche 2. Dal dubbio al cogito

2.1. Il dubbio metodico

Con la definizione del metodo Cartesio afferma l’esigenza che il sapere si basi su criteri di verità effettivamente certi, senza accettare contenuti che non siano stati sottoposti a verifica, senza dare niente per scontato, senza fare ricorso alle autorità della tradizione, o alle opinioni formatesi senza il controllo della ragione, affidandosi solo all’evidenza riconosciuta della ragione.

Il sapere deve dunque essere radicalmente critico. Questo significa che bisogna sospendere l’assenso a qualsiasi proposizione che non risponda alle caratteristiche individuate, rifiutando tutto ciò in cui possa insinuarsi anche il minimo dubbio.

Tra le convinzioni fasulle e le opinioni acquisite cui si crede per abitudine ed assuefazione vi sono le idee e le certezze rassicuranti promosse dall’insegnamento scolastico nell’età della fanciullezza.

Il superamento di queste idee dubbie o solo probabili, che conferivano nel loro insieme un assetto rassicurante non solo al modo di vivere consuetudinario, ma anche all’applicazione dell’apprendimento tradizionale, si effettua con un procedimento disposto ad arte, o dubbio metodico, che si basa sulla resistenza al dubbio nella ricerca dell’evidenza autentica, secondo la prima regola del metodo.

Questo procedimento è messo in atto nelle Meditazioni metafisiche.

Riprendendo un’argomentazione propria dello scetticismo antico, Cartesio afferma che, per poter legittimamente dubitare di tutto, basta trovare una sola cosa passibile di essere messa in dubbio. Il punto di partenza del sapere è perciò il dubbio.

Ma come arrivare da qui a riconoscere con certezza ciò che è evidente? Per Cartesio la via consiste nell’usare lo stesso dubbio in modo sistematico come uno strumento capace di produrre certezza: fare cioè del dubbio il perno del proprio metodo, un dubbio metodico appunto, universale, che investa ogni contenuto della mente.

Se la ragione umana dubita di tutto, e ciò nonostante qualcosa riesce a salvarsi dal dubbio universale, questo qualcosa sarà assolutamente indubitabile. E’ questo il dubbio metodico, che va visto come un procedimento “ad arte” del dubitare, nella ricerca del

“punto fermo ed immobile” del sapere. Si tratta di una svolta radicale rispetto al sapere tradizionale.

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11 2.2. Dal dubbio metodico al dubbio iperbolico Il dubbio metodico è radicale in quanto:

• risale alle radici o fonti del conoscere;

• ed è universale per la sua estensione.

Un’altra nota lo contrassegna sin dall’inizio, anche se verrà accentuandosi:

• l’essere iperbolico, ossia nel ritenere che un errore sia sufficiente a screditare tutto un ordine di conoscenza, e soprattutto nell’assimilare il dubbio al falso.

Cartesio costruisce allora un crescendo di dubbi che si allargano via via a investire ogni possibile contenuto del pensiero umano. Bisogna indagare le fonti stesse della nostra conoscenza, i “princìpi sui quali si fondano tutte le opinioni ricevute”, ossia i sensi, perché essi talvolta ingannano.

Nella Prima meditazione Cartesio afferma che, nella vita, accade normalmente che i sensi ci ingannino. E allora, se anche ciò accadesse una sola volta, non potrebbe essere che ci ingannino sempre? Come fidarsene?

Allo stesso modo bisogna dubitare dell’esistenza del nostro corpo e di tutta la realtà esterna, dubitare di ogni pensiero, perché le percezioni e i pensieri che si provano da svegli possono essere identici a quelli che si provano anche in sogno, quando vedo e percepisco cose indipendentemente da uno stimolo della realtà esterna.

Come essere sicuri che questa nostra vita, con le sue diverse esperienze, non sia frutto di un sogno incessante, di cui non si è consapevoli proprio perché non finisce mai?

Infine, dobbiamo dubitare anche delle certezze dell’aritmetica e della geometria (“2 più 3 fa 5”, “il quadrato non ha più di quattro lati”) per il porsi di una estrema ragione di dubbio, il dubbio sulla stessa origine e sull’autore della natura umana, che l’avrebbe conformata in modo tale da ingannarsi anche rispetto a quanto le appare evidente.

Quale garanzia abbiamo, infatti, che Dio non ci illuda, o meglio – visto che Dio in quanto bontà assoluta non può ingannare – che esista un genio maligno il quale usa la sua potenza per illuderci anche intorno a ciò che sembra assolutamente certo ed evidente?

È questo il dubbio iperbolico, che si estende a tutto, e che al termine della progressiva espansione del dubitare fa terra bruciata di ogni nostra certezza.

Cartesio mette in guardia dalla tentazione di identificare il suo dubbio metodico con quello scettico, perché, mentre gli scettici si fermano prima di riuscire a fondare un criterio di verità per la conoscenza, mantenendosi nel dubbio come punto conclusivo della propria speculazione, egli intende invece partire dal dubbio per dare fondamento a un sapere solido e incontrovertibile.

Si dubita della

- Testimonianza dei sensi;

- delle cose materiali fuori di noi;

- delle operazioni aritmetiche;

- della eventualità che dio abbia conformato le sue nature in modo tale che esse si ingannino sistematicamente.

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