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Analisi psicolinguistica nelle personecon diabete di tipo 1 e 2 seguitemediante educazione strutturata e visite tradizionali. La percezione di malattia e dei percorsi di cura

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M. Raballo 1 , M. Trevisan 1 , A. Trinetta 1 , S. Gallo 1 , P. Passera 1 , L. Charrier 2 , F. Cavallo 2 , M. Porta 1 , M. Trento 1

1

Laboratorio di Pedagogia Clinica, Dipartimento di Medicina Interna, Università degli Studi di Torino;

2

Dipartimento di Sanità Pubblica e Microbiologia, Università degli Studi di Torino, Torino

Corrispondenza: dott.ssa Marina Trento, Laboratorio di Pedagogia Clinica, Dipartimento di Medicina Interna, Università di Torino, corso AM Dogliotti 14,

10126 Torino

e-mail: [email protected] G It Diabetol Metab 2012;32:63-69 Pervenuto in Redazione il 05-03-2012 Accettato per la pubblicazione il 19-03-2012 Parole chiave: diabete di tipo 1 e di tipo 2, supporto psicosociale, educazione del paziente, psicolinguistica Key words: type 1 and type 2 diabetes, psychosocial support, patient education, psycho-linguistic

Lavoro originale

Analisi psicolinguistica nelle persone con diabete di tipo 1 e 2 seguite

mediante educazione strutturata e visite tradizionali.

La percezione di malattia e dei percorsi di cura

RIASSUNTO

Obiettivo. In questo studio si è voluto verificare la percezione del percorso di cura tra le persone con diabete di tipo 2 e di tipo 1 seguite mediante educazione strutturata e assistenza svolta con modalità tradizionali.

Disegno dello studio. Per lo studio sono stati intervistati 241 pazienti: 41 con diabete di tipo 1 e 80 con diabete di tipo 2 seguiti mediante approccio tradizionale, 43 persone con diabe- te di tipo 1 e 77 di tipo 2 seguite mediante group care da più di 2 anni. Con intervista semi-strutturata sono stati raccolti gli eventi linguistici e i termini utilizzati dai pazienti. Mediante l’ana- lisi del linguaggio sono state individuate 3 macroaree: atteg - giamento verso la malattia, empowerment e locus of control.

Sono state raccolte variabili socio-demografiche e clinico-meta- boliche.

Risultati. I pazienti seguiti mediante group care hanno mostra- to un atteggiamento più positivo, maggiore senso di potere e locus of control più interno rispetto a quelli seguiti con modalità tradizionali; inoltre, hanno espresso una gamma più ampia e arti- colata di concetti associati alla cura ricevuta e utilizzavano un minor numero di termini medicalizzati (p < 0,001, tutti). Mag - giori livelli di HbA

1c

erano associati ad atteggiamenti negativi (p = 0,025) e a minori livelli di empowerment (p = 0,055).

Conclusioni. La continuità educativa modifica la percezione di malattia e favorisce l’attribuzione di nuovi significati uniti alla sod- disfazione per la tipologia del trattamento ricevuto. L’educazione strutturata promuove e sviluppa l’empowerment, il locus of con- trol interno e aumenta la consapevolezza della malattia favoren- do la disponibilità al cambiamento.

SUMMARY

Psycho-linguistic analysis of types 1 and 2 diabetic patients receiving long-term group care or usual care: perceptions of the disease and the care

Objective. We investigated the perceptions of diabetes and its treatment in patients followed with long-term group or usual care.

Study design and methods. Three open questions were ad -

(2)

alle modalità assistenziali utilizzando l’analisi proposizionale o analisi del discorso. Quest’ultima si pone come superamento della tradizionale analisi del contenuto, è un metodo di anali- si semantica che si è sviluppata all’interno delle scienze cognitive poiché tratta i materiali verbali come testi e come vera e propria disciplina di analisi testuale. Essa si focalizza sui fenomeni sottostanti alle frasi, quindi verifica anche le rap- presentazioni cognitive e le strategie coinvolte durante la pro- duzione o la comprensione del discorso. La comprensione ed elaborazione dei concetti sottostanti a una proposizione per- mette di ottenere una valutazione globale della percezione che la persona possiede rispetto a un determinato argomen- to o fenomeno che si trova a vivere

12-16

.

Lo scopo di questa ricerca era quello di verificare, nei pazien- ti con diabete di tipo 2 e di tipo 1 seguiti mediante modello group care e visite tradizionali, quale fosse il significato attri- buito al trattamento e come questo influenzasse il percepito di malattia

12-14

.

Disegno dello studio e metodi

Pazienti

Tra il gennaio 2009 e il dicembre 2009 sono stati intervistati 241 pazienti afferenti all’ambulatorio dipartimentale di Diabetologia: 121 seguiti mediante visite tradizionali (41 dia- bete di tipo 1 e 80 diabete di tipo 2) e 120 seguiti mediante group care da più di 2 anni (43 diabete di tipo 1 e 77 diabe- te di tipo 2). I pazienti con diabete di tipo 1 avevano una più alta scolarizzazione e un maggior numero di pazienti con dia- bete di tipo 2 era pensionato. Tutti i pazienti con diabete di tipo 1 effettuavano 4 iniezioni giornaliere e utilizzavano l’au- tomonitoraggio giornaliero della glicemia.

L’intervista semi-strutturata e il questionario

Mediante un’intervista semi-strutturata sono stati sommini- strati questionari che hanno permesso di raccogliere il signi- ficato attribuito alla visita tradizionale o al gruppo, il valore percepito e l’importanza assegnata al trattamento ricevuto nel percorso di cura della propria malattia.

Il questionario era composto da due domande aperte e veni- va altresì richiesto di elencare cinque termini in grado di rap- presentare la modalità di trattamento ricevuto, la visita tradi- zionale o le visite mediante group care. Le persone poteva- no attribuire un significato a quanto svolgevano e veniva loro offerto.

Le domande somministrate erano sempre le medesime:

1. Che cosa significa, per lei, partecipare a una visita di gruppo?

2. Quanto è importante il gruppo all’interno del modello cli- nico ed educativo della group care?

3. Elencare le prime 5 parole che le vengono in mente in associazione con la group care.

Allo stesso modo ai pazienti seguiti con modalità tradizionali venivano poste due domande e richiesti i cinque termini:

ministered to 120 patients (43 with T1DM and 77 with T2DM) who had been randomised at least two years earlier to be fol- lowed by group care and 121 (41 T1DM and 80 T2DM) who had always been on usual care. The responses were analysed by propositional analysis, identifying the focal nuclei, i.e. the terms around which all sentences are organised, then other predi- cates, according to their hierarchical relationship to the nuclear proposition. Specific communicative units were arbitrarily classi- fied into three categories: attitudes, empowerment and locus of control. Patients’ main personal details and medical history were recorded.

Results. Group care patients had more positive attitudes, a greater sense of empowerment and more internal locus of con- trol than those on usual care. They also expressed a wider and more articulated range of concepts associated with the care received and used fewer medical terms (p < 0.001, all). Higher HbA

1c

was associated with negative attitudes (p = 0.025) and weaker empowerment (p = 0.055).

Conclusions. Group treatment reinforces communication and peer identification and may achieve its clinical results by promot- ing awareness, self-efficacy, positive attitudes towards diabetes and the setting of care, an internal locus of control and, ultimate- ly, empowerment in the patients.

Introduzione

Il diabete è una malattia causata da un difetto della secrezio- ne e/o dell’azione insulinica e il suo decorso è caratterizzato da glicemie elevate

1

che comportano il rischio di complican- ze invalidanti sebbene potenzialmente prevenibili

2,3

. Per pre- venire le complicanze croniche diventa necessario realizzare il migliore controllo possibile della glicemia, della pressione arteriosa e dei lipidi circolanti

1,4,5

. Tuttavia, l’intervento farma- cologico non è spesso sufficiente a raggiungere gli obiettivi del trattamento e diventa necessario aiutare i pazienti a essere in grado di scegliere in materia di sana alimentazione, attività fisica e adattamento alla terapia farmacologica

4,5

. Il diabete si inserisce nella vita di una persona coinvolgendo- la nella sua totalità per quanto concerne gli aspetti emotivi, psicologici, sociali e fisici. Richiede una continua attenzione verso l’autocura e la capacità di adattare continuamente la terapia nella vita quotidiana. La persona con diabete neces- sita di precisi e chiari riferimenti di tipo concettuale oltre agli strumenti clinici finalizzati a gestire la malattia.

Negli ultimi anni abbiamo sviluppato e validato un modello clinico pedagogico che ha permesso di mostrare il valore del processo educativo di per sé, quando applicato con inten- zionalità pedagogica e continuità educativa. Questo modello sposta l’enfasi dalla relazione tradizionale one-to-one opera- tore-paziente verso una relazione più paritetica, capace di favorire il cambiamento e l’apprendimento

6-10

. Nel corso degli anni è stato dimostrato, mediante trial clinici controllati e randomizzati, che la group care permette di migliorare il controllo metabolico e la qualità di vita

11

nelle persone con diabete.

Per cogliere il percepito di malattia nelle persone con diabete

abbiamo voluto verificare quale fosse il significato attribuito

(3)

giamenti positivi possiamo includere l’identificazione, il rico- noscimento e la consapevolezza di un problema. Tra gli atteggiamenti negativi possiamo includere l’insoddisfazione e i sentimenti negativi rispetto a una situazione e/o proble- ma

20

.

L’empowerment è il processo che consente a un individuo di pensare, comportarsi, agire in maniera autonoma. È lo stato percepito di sentirsi in grado di prendere il controllo del pro- prio destino e di agire in esso

21

.

Il locus of control

22

si riferisce alle aspettative generalizzate di un individuo in materia di controllo sugli eventi. Le persone si trovano ad affrontare differenti situazioni nella vita quotidiana e il concetto di locus of control denota un comportamento esterno o interno-diretto rispetto alle modalità con cui si affrontano le situazioni stesse

22

.

Sulla base dei criteri sopra elencati, si è assegnato un valo- re positivo o negativo ai concetti individuati per ciascuna categoria.

Un punteggio di +1 o –1 veniva assegnato ad atteggiamen- ti, empowerment o locus of control positivi o negativi. Se un concetto era ripetuto in entrambe le risposte, veniva asse- gnato un punteggio di +2 o –2 per sottolineare l’atteg - giamento, empowerment o locus of control positivi o negati- vi rinforzati.

Se le categorie non erano rappresentate veniva assegnato il punteggio di 0.

(La visita) è una toccata e fuga, è molto superficiale. I proble- mi non vengono analizzati in modo approfondito, si parla di automonitoraggio, sembra che tutto ruoti intorno a questo.

Il tempo è sempre troppo breve per andare in profondità nei dettagli.

In questo periodo, i predicati sono “è”, “non vengono analiz- zati” e “andare in profondità”. Gli argomenti correlati sono

“toccata e fuga”, “molto superficiale”, “in modo approfon - dito”, “automonitoraggio”, “sempre troppo breve” e “nei det- tagli”.

Nella prima proposizione, “toccata e fuga” può essere preso come nucleo focale, “è molto superficiale” come un rinforzo sullo stesso livello gerarchico. Questo è stato interpretato come atteggiamento negativo verso la tradizionale visita.

Nella seconda proposizione, il nucleo focale è “I problemi non vengono analizzati in ogni dettaglio”, gli argomenti cor- relati sono “si parla di automonitoraggio”. Oltre a ribadire un atteggiamento negativo, questa proposizione suggerisce un accenno di locus of control esterno.

Nella terza proposizione, il nucleo focale “Il tempo è sempre troppo breve” e l’argomento relativo “per andare in profondi- tà nei dettagli” rafforza ulteriormente la presenza di un atteg- giamento negativo.

Questo periodo è stato valutato “–1” per gli atteggiamenti,

“0” per il locus of control e “0” per l’empowerment.

La cosa più importante è ricevere informazioni in un modo nuovo. Informazioni utili, non solo i soliti numeri e calcoli.

Parlare con gli altri partecipanti, imparo cose nuove utili e interessanti che rimangono più vivide nella mia mente, per- ché sono legate alla vita quotidiana.

In questo periodo, i predicati sono “è”, “ricevere”, “parlare”,

“rimangono” e “sono legate”. Gli argomenti correlati sono:

1. Che cosa significa per lei svolgere la visita medica?

2. Quanto sono importanti le visite mediche per il tratta- mento della sua malattia?

3. Elencare le prime 5 parole che le vengono in mente in associazione con le visite mediche.

I questionari sono stati autosomministrati e i pazienti sono stati invitati a rispondere per iscritto. Se i pazienti avevano problemi nella lettura, venivano aiutati da un operatore. Le risposte venivano trascritte e registrate da un operatore esperto nella somministrazione dei questionari. Nessun paziente ha rifiutato di partecipare e tutti hanno fornito il con- senso informato allo studio, conforme con i principi della Dichiarazione di Helsinki

17

.

Analisi proposizionale

L’analisi proposizionale viene utilizzata nella ricerca qualitati- va per indagare il significato che gli individui attribuiscono alla loro attività, i contesti di vita, l’impatto sui sistemi della socie- tà e la fede che condividono con altri membri dello stesso ambito culturale

12-16

. L’analisi del contenuto si propone di accedere direttamente ai significati dei differenti segmenti che compongono il testo. Attraverso la decostruzione anali- tica di testi o altri sistemi di simboli, l’analisi proposizionale individua concetti, rappresentazioni e processi cognitivi che sono alla base del discorso scritto od orale

16

. La sua riusci- ta presuppone che il sistema di categorie definite a priori sia allo stesso tempo coerente e pertinente. L’analisi proposizio- nale permette di verificare la mappatura concettuale teoriz- zata da Novak

18

ancora negli anni ’70. Queste ultime sono utili per rappresentare in un grafico le proprie conoscenze intorno a un argomento secondo un principio cognitivo di tipo costruttivista, per cui ciascuno è autore del proprio per- corso conoscitivo all’interno di un contesto, e mirano a con- tribuire alla realizzazione di apprendimento significativo, in grado cioè di modificare davvero le strutture cognitive del soggetto.

L’analisi proposizionale è stata effettuata da un educatore professionale con una specifica formazione nell’ambito sociosanitario (MR). Gli eventuali dubbi di attribuzione di significato sono stati riconsiderati in maniera indipendente da un secondo educatore professionale (MTrev) e, in caso di disaccordo, alla fine decisi da una psicopedagogista (MTren).

Attraverso un processo di concettualizzazione delle risposte fornite alle domande aperte sono state individuate le unità comunicative e sono state svolte la classificazione e la cate- gorizzazione; sono state costituite le unità d’analisi, calcola- te le frequenze e le relazioni esistenti tra i termini.

Di ogni frase sono state isolate le proposizioni, sono stati individuati i predicati e tutti gli argomenti correlati

19

. Successivamente sono stati individuati i nuclei focali intesi come termini intorno ai quali si organizzavano le frasi.

Nell’analisi delle unità sono state individuate tre categorie o macroaree: 1) atteggiamento verso la malattia, 2) empower- ment, 3) locus of control.

Un atteggiamento è un costrutto ipotetico che riguarda il

punto di vista positivo o negativo di una persona nei confron-

ti della realtà e del contesto sociale in cui vive

20

. Tra gli atteg-

(4)

derivano dal fatto di avere una malattia cronica come il dia- bete. La persona all’interno del gruppo è incoraggiata a par- lare di sé in un continuo scambio di esperienze e individua nuove soluzioni, che aiutano nel processo di adattamento alla malattia. Ogni persona, peraltro, decide quando e come parlare di sé nella prospettiva di una piena autonomia e rispetto. Nel frattempo questa procedura favorisce la nasci- ta di relazioni che si modulano nel tempo favorendo una cre- scita personale e un’acquisizione di consapevolezza di sé.

Sono stati redatti specifici manuali che descrivono le singole sessioni e procedure che compongono la group care; i manuali per la loro duttilità possono essere utilizzati da diver- se figure professionali purché vi sia una condivisione degli obiettivi educativi e di salute insiti nel programma. Per favo- rire le attività didattiche è stato costruito un kit didattico che include modelli di alimenti, piatti con fotografie di alimenti, fotografie di porzioni di diversi alimenti, oltre a utilizzare anche alimenti veri. Il kit è comprensivo anche del materiale utile a spiegare le complicanze e il concetto dell’emoglobina glicata.

Analisi statistica

I dati descrittivi sono mostrati come frequenze assolute e come media ± DS per le variabili continue. È stato utilizzato il chi-quadro o il test di Fisher per le variabili categoriche per confrontare i quattro gruppi in studio: pazienti con diabete di tipo 1 o 2, seguiti con trattamento di gruppo o cure tradizio- nali. Per le variabili continue, è stato utilizzato il test ANOVA con correzione Bonferroni per confronti multipli e se vi erano differenze significative tra i 4 gruppi. Il test chi-quadro è stato effettuato per confrontare le variabili di outcome (atteggia- mento, empowerment, locus of control, il valore positivo o negativo attribuito ai termini utilizzati e l’uso di termini medi- ci) sia tra i quattro gruppi e tra il modello group care e il grup- po di controllo.

Le variabili con lo stesso risultato sono state dicotomizzate e trattate come variabili dipendenti in un modello di regressio- ne logistica in cui il modello di trattamento (group care vs visita tradizionale), il tipo di diabete (diabete di tipo 2 rispetto a diabete di tipo 1), età, sesso, durata del diabete, HbA

1c

, BMI, familiarità per diabete e scolarità (scuola media superio- re o diploma di laurea contro la scuola primaria e seconda- ria) erano le variabili indipendenti. Per tutti i test il livello di significatività è stato fissato a 0,05. Tutte le analisi sono state effettuate con SPSS-17.

Risultati

La durata media di partecipazione alla group care è risultata essere di 6,6 ± 2,5 anni tra i pazienti con diabete di tipo 1 e di 9,5 ± 4,2 anni nei pazienti con diabete di tipo 2.

I pazienti con diabete di tipo 1 avevano circa 40 anni (42,6 ± 11,2 vs 39,3 ± 13,1), mentre i pazienti con diabete di tipo 2 avevano mediamente circa 65 anni (68,7 ± 7,7 vs 65,8 ± 9).

I pazienti con diabete di tipo 1 avevano più alti livelli di sco-

“più importante”, “informazioni in un modo nuovo”.

“Informazioni utili, non solo i soliti numeri e calcoli”, “altri par- tecipanti”, “più vivide nella mia mente” e “vita quotidiana”.

Nella prima proposizione, “ricevere informazioni in un modo nuovo”, comprese “le informazioni utili, non solo i soliti numeri e calcoli”, ritroviamo il nucleo focale che denota un atteggiamento positivo nei confronti della visita di gruppo.

Nella seconda proposizione il nucleo focale è “cose nuove utili e interessanti” che ribadisce un atteggiamento positivo;

“Parlare con gli altri partecipanti” e “che rimangono più vivi- de nella mia mente” sono argomenti correlati di primo ordine

“perché sono legate alla vita quotidiana”. Questo periodo è stato segnato “+1” per l’atteggiamento, “0” per il locus of control e “0” per l’empowerment.

Sulla base della stessa procedura, le proposizioni seguenti sono state analizzate e classificate come segue.

–  Io vado a vedere il medico perché devo. Il dottore mi dice cosa fare e cosa non fare.

Questo periodo è stato segnato “0” per l’atteggiamento,

“–1” per il locus of control e “0” per l’empowerment.

Trovo importante. Penso che non ci sia niente di meglio che possa fare per prendere cura di me.

Questo periodo è stato segnato “0” per l’atteggiamento,

“+1” per il locus of control e “0” per l’empowerment.

Non credo che le visite siano importanti, sono solo per il diabete per tornare in pista... se solo sapessi come si fa…

Questo periodo è stato segnato “0” per l’atteggiamento, “0”

per il locus of control e “–1” per l’empowerment.

Con riferimento al punto 3 nei questionari, le parole e le frasi espresse dai pazienti sono state codificate come concetti positivi o negativi. La presenza di ≥ 4 termini positivi o nega- tivi è stata codificata come positiva o negativa enfatizzata.

La presenza di termini medici all’interno delle risposte date dai pazienti è stata codificata come assente (score = 0), pre- sente una o due volte (punteggio = 1) o ripetuta ≥ 3 volte (punteggio = 2).

Group care

La metodologia di applicazione della group care è stata descritta in precedenti lavori

7-9

. La supervisione pedagogica supporta l’interazione tra le diverse figure professionali affin- ché vi sia una continua integrazione nella pratica clinica come strumento di verifica all’interno del gruppo di lavoro.

Per ciascuna sessione sono previste 4 fasi: 1) accoglienza dei pazienti, 2) attività didattiche, 3) situazioni di vita reale, 4) conclusioni e appuntamento per la visita successiva.

Le fasi che caratterizzano ogni singola sessione di gruppo

sono state costruite utilizzando diverse modalità per favorire

il cambiamento e l’apprendimento. Si alternano procedure

che facilitano le abilità cognitive (simulazioni, role-playing e

discussioni guidate) e abilità psicomotorie (workshop e lavo-

ri di gruppo). Particolare rilevanza viene data alla metafora

quale strumento utile per favorire l’apprendimento

7-9

.

Ciascun paziente può riportare la propria esperienza all’inter-

no del gruppo. Questa continua valorizzazione della persona

permette di condividere anche le implicazioni sociali che

(5)

possa acquisire alcuni concetti in modo adeguato nel corso del tempo

7-9

. Ogni sessione prevede una conduzione interat- tiva, in cui i pazienti possono porre domande e chiedere, anche rispetto ad argomenti non specifici del singolo in - contro.

L’intenzionalità pedagogica associata alle dinamiche di grup- po ha favorito il miglioramento del compenso metabolico e la qualità di vita nelle persone coinvolte nel processo educativo della group care. Volendolo rappresentare graficamente, il percorso educativo della group care è di tipo circolare, ossia è continuo, si modula e si snoda nel tempo, assume di volta in volta caratteristiche diverse e si alimenta con il contributo delle persone coinvolte: non solo gli operatori, ma anche e soprattutto i pazienti. La group care si caratterizza nel suo percorso educativo per aver intersecato aspetti prettamente dialettici ad aspetti esperienziali in un continuo processo di facilitazione del cambiamento. Le attività clinico-educative e assistenziali della group care hanno una concezione circola- re della programmazione educativa e a tal proposito le ses- sioni educative si possono ripetere nel corso del tempo

7-9

. Con l’analisi proposizionale siamo riusciti a cogliere quali fos- sero le rappresentazioni delle persone con diabete e quali i sistemi di riferimento che si erano costruite nel corso del tempo. Le persone possiedono, fortunatamente, una perso- nale rappresentazione interna del mondo che offre loro la possibilità di scegliere. La rappresentazione non è mai com- pleta e, anche se la maggior parte delle persone può acqui- sire e applicare competenze tecniche, come per esempio sapere iniettare l’insulina e svolgere l’automonitoraggio, tutto ciò non è sufficiente a favorire l’adattamento nei confronti della malattia, mentre sono necessarie, piuttosto, capacità di problem solving e strategie di coping

21-24

.

I risultati di questo studio suggeriscono che i pazienti segui- ti mediante le visite tradizionali tendono a descrivere la loro condizione con concetti che implicano per lo più atteggia- menti negativi, con scarsa emancipazione e un locus of con- trol esterno. Questo è in accordo anche con altri studi che hanno dimostrato che a una mancanza di responsabilizza- zione si associa anche un locus of control esterno

22

. Le visi- te tradizionali con approccio one-to-one sono state svilup- pate per prendersi cura di malattie acute. Il medesimo ap - proccio potrebbe non essere appropriato per attivare, svilup- pare e sostenere la cura nelle malattie croniche in cui le com- petenze pedagogiche ed educative diventano tanto impor- tanti quanto quelle mediche

24

. La mancanza di competenze pedagogiche e una consapevolezza della relazione come strumento educativo può limitare la capacità degli operatori sanitari di cogliere i reali bisogni dei pazienti con malattie cro- niche

25,26

e diventare un ulteriore ostacolo verso la loro auto- nomia

25-27

.

Le persone con diabete di tipo 1 e diabete di tipo 2 posso- no sviluppare una percezione negativa della malattia e man- tenere tale impostazione nel corso del tempo, l’atteggiamen- to negativo può anche derivare da un retaggio emotivo che inizia con il momento della diagnosi includendo stress, fru- strazione, isolamento sociale, conflitti interpersonali, depres- sione e paura

26

. Al contrario, essere seguiti per molti anni in un contesto di gruppo, dove la condivisione e la partecipa- larità (p < 0,001) e svolgevano attività lavorativa, al contrario

dei pazienti di tipo 2 che erano pensionati (p < 0,0001).

I pazienti con diabete di tipo 1 svolgevano tutti l’automonito- raggio rispetto ai pazienti con diabete di tipo 2 (p < 0,0001) e non vi erano differenze per il fumo.

L’HbA

1c

era inferiore nei pazienti con diabete di tipo 1 seguiti mediante group care rispetto ai controlli (7,4 ± 0,9 vs 8,5 ± 1,5, p < 0,001), mentre non vi erano differenze significative nei pazienti con diabete di tipo 2 (7,6 ± 1,0 vs 8,0 ± 1,6, ns). Il colesterolo HDL era inferiore nei controlli con diabete di tipo 1 (p = 0,002) e anche i trigliceridi erano inferiori nei pazienti con diabete di tipo 1 (p < 0,0001), non vi erano altre differenze tra i pazienti seguiti mediante il gruppo e la cura tradizionale.

L’analisi univariata ha mostrato atteggiamenti positivi nei pazienti seguiti mediante group care, sia nelle persone con diabete di tipo 1 che diabete di tipo 2, rispetto ai pazienti seguiti mediante visite tradizionali. L’empowerment negativo si presentava nei pazienti seguiti con modalità tradizionali rispetto alla group care. Un locus esterno è stato osservato nei pazienti seguiti con terapia tradizionale, rispetto a un locus interno nei pazienti seguiti mediante educazione strutturata.

Con riferimento al punto 3 i pazienti seguiti mediante group care esprimevano una gamma più ampia e articolata di con- cetti legati alle cure ricevute (diabete di tipo 1 = 210, diabe- te di tipo 2 = 356) rispetto ai controlli (diabete di tipo 1 = 152, diabete di tipo 2 = 314). I pazienti con diabete di tipo 1 e dia- bete di tipo 2 seguiti mediante educazione strutturata utiliz- zavano principalmente concetti positivi, mentre quelli seguiti con modalità tradizionali utilizzavano concetti con connota- zioni negative.

I concetti più usati dai pazienti con diabete di tipo 1 per defi- nire la visita tradizionale sono stati: “Che p…e!”, “attesa lunga” o “tensione”. Nei pazienti con diabete di tipo 2 la visi- ta suscitava sentimenti come: “Speriamo che i risultati siano ok”, “lunga attesa”, “ansia”, “paura”.

I concetti più utilizzati dai pazienti con diabete di tipo 1 per definire le visite di gruppo sono stati: “confronto”, “cono- scenza”, “educazione”, “amicizia”. Nei pazienti con diabete di tipo 2, la visita evocava: “amicizia”, “mi sento bene”, “mi piace”, “imparo”, “interessante”.

I pazienti seguiti mediante percorsi di educazione strutturata utilizzavano un numero minore di termini medici.

L’analisi multivariata ha confermato le associazioni di atteg- giamenti positivi con il modello clinico educativo della group care (p < 0,0001) indipendentemente dal tipo di diabete; si è riscontrata un’associazione tra alti livelli di HbA

1c

con atteg- giamenti negativi (p = 0,025) ed empowerment negativo (p = 0,055). La group care è associata a un utilizzo di termi- ni che indicano un locus interno (p < 0,0001), mentre l’au- mento dell’età è associato a un locus of control esterno (p = 0,017).

Conclusioni

La sequenzialità degli incontri nasce dall’avere constatato

che è necessario costruire un percorso, affinché la persona

(6)

zionale richiede attribuzioni arbitrarie di significati. Proprio per ridurre al minimo il bias, tutti i dubbi di interpretazione sono stati verificati da più operatori.

In conclusione, questo studio supporta la nozione che il trat- tamento di gruppo rafforza la comunicazione e l’iden - tificazione tra pari e può raggiungere i suoi risultati clinici, promuovendo la consapevolezza, l’auto-efficacia e atteggia- menti positivi nei confronti della vita pur in presenza di una malattia cronica.

Fonti di finanziamento

Questo lavoro è stato reso possibile da un finanziamento dalla Regione Piemonte, Ricerca Sanitaria Finalizzata.

Conflitto di interessi

Nessuno.

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10. Trento M, Kucich C, Tibaldi P, Gennari S, Tedesco S, Balbo M et zione sono elementi fondamentali della cura, potrebbe aver

svolto un ruolo fondamentale nel determinare atteggiamenti positivi verso se stessi e la vita pur in presenza di una malat- tia cronica. Questo processo, a sua volta, può avere contri- buito a migliorare i comportamenti di auto-cura

6-11

suggeren- do che l’assistenza alla persona con diabete richiede un nuovo paradigma e comporta una fondamentale ridefinizio- ne dei ruoli e delle relazioni tra operatori sanitari e pazienti

27

. Nei pazienti seguiti mediante group care un aumentato senso di empowerment personale (È importante, perché si acquista consapevolezza. Ho imparato così tanto dallo scambio tra di noi. Ora mi sento pronto a prendermi cura di me) può derivare dallo sviluppo di competenze essenziali quali la comunicazione assertiva, la ricerca di informazioni e il desiderio di imparare, il processo decisionale, le strategie di coping utilizzate e il sostegno sociale

7,9

.

Le persone possono definire le proprie strategie personali per sviluppare il cambiamento e adottare un locus of control inter- no diventando più efficaci nel raggiungimento degli obiettivi che si erano prefissati

27-29

. Il modello educativo della group care si focalizza sulla ricerca della salute e su pensieri asser- tivi piuttosto che concentrarsi sulla malattia, e cerca di opera- re azioni di prevenzione aiutando le persone a diventare con- sapevoli delle proprie scelte in relazione alla salute

30

. La con- divisione delle esperienze supporta il cambiamento e concor- re a modificare il locus of control, promuovendo lo sviluppo di un senso di responsabilità nei confronti di condotte di vita più sane

27

. Le visite tradizionali inevitabilmente sono centrate su informazioni mediche e prescrizioni volte a evitare le temute conseguenze di comportamenti non corretti, ma questi mes- saggi spesso non sono utili poiché vengono rimossi dai pazienti

27,29

. La maggior parte dei termini espressi rispetto ai percorsi di cura tradizionali avevano valenza negativa: preoc- cupazione, ansia per il futuro, frustrazione, fatica a cambiare e i pazienti esprimevano insoddisfazione per l’assistenza rice- vuta con un atteggiamento passivo. Molti concetti non erano collegati al diabete e alla sua cura, suggerendo scarsa con- sapevolezza e la percezione di una conseguente incapacità di essere attore nel cambiamento e adattamento.

Questo ci aiuta a comprendere che in educazione la tensio- ne al cambiamento è la ragion d’essere del costituirsi dell’e- sperienza, il piano delle finalità che ne giustifica la costruzio- ne. Nell’insieme delle attività rivolte ad aumentare il benesse- re e ridurre il malessere delle persone, siano esse culturali, educative, assistenziali si instaura, o meglio, si deve instau- rare una dimensione relazionale tra soggetti, deve essere riconosciuta l’esistenza dell’altro e restituito questo ricono- scimento di esistenza. Se nel quotidiano gli atteggiamenti e i contesti di cura ostacolano questa costruzione, con difficol- tà le persone riescono a iniziare percorsi di autocura poiché manca il costituirsi del percorso educativo

31

.

È da sottolineare che in questo lavoro per la prima volta sono

stati analizzati l’atteggiamento, la responsabilizzazione e il

locus of control nelle persone con diabete seguite mediante

approcci che si differenziano per il significato che viene attri-

buito alla relazione interpersonale e alla comunicazione

10

.

Lo studio di tipo trasversale non permette elaborazioni simi-

li a quelle di un trial clinico e la procedura di analisi proposi-

(7)

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