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Rapporto OASI L aziendalizzazione della sanità in Italia. prefazione di Elio Borgonovi e Giovanni Fattore

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a cura di

Eugenio Anessi Pessina Elena Cantù

Rapporto OASI 2000

L’aziendalizzazione della sanità in Italia

prefazione di Elio Borgonovi e Giovanni Fattore

CERGAS Egea

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17. La medicina generale: stato dell’arte ed evoluzione

di Maria Caterina Cavallo, Simone Gerzeli, Francesco Longo, Emanuele Vendramini *

17.1. Introduzione

Il ritorno della centralità del Medico di Medicina Generale (MMG) e del Pediatra di Libera Scelta (PLS) nel dibattito sulla sanità è diretta conseguenza dell’evoluzione del rapporto domanda-offerta, bisogni-risorse che caratterizza ogni sistema socio-economico in una fase evoluta.

In seguito all’evoluzione delle conoscenze medico scientifiche, alla maggiore attenzione alla domanda di salute ed in particolar modo al riconoscimento del diritto alla salute, l’attenzione si è spostata sugli interventi di governo della domanda e sullo sviluppo di strutture di offerta ritenute idonee a far fronte alla dinamica della domanda. In quella fase l’attenzione è stata posta su temi quali:

• differenziazione delle strutture di offerta in relazione alla segmentazione dei bisogni di salute;

• mantenimento di un equilibrio tra sviluppo della domanda e dell’offerta;

• definizione di strumenti per definire l’ordine di priorità dei bisogni e per regolare la competizione tra le strutture di offerta nel processo di presa in carico del paziente o del «presunto tale».

Le conseguenze di queste logiche possono essere individuate in:

• un aumento strutturale dei costi (strutture di offerta sempre più complesse) e della spesa sanitaria;

* In particolare, ad Emanuele Vendramini è dovuto il § 17.1, a Francesco Longo il § 17.2, a Maria Caterina Cavallo i §§ 17.3.1 e 17.3.2, a Simone Gerzeli il § 17.3.3.

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• una spesa spesso non razionale, in quanto la ricerca della massima qualità (reale o presunta) ha spesso portato a utilizzare strutture ad elevata complessità (e costosità) per situazioni sanitarie semplici e risolvibili con costi assai inferiori.

Oggi il sistema non è più in grado di sostenere una dinamica di

«inseguimento» tra domanda ed offerta e ha bisogno di recuperare un maggiore grado di razionalità all’«ingresso del sistema». In questo senso si spiega il ritorno dell’attenzione sul ruolo del MMG, tramite la valorizzazione del suo triplice ruolo:

• di professionista che, tramite una specifica competenza professionale, è in grado di «filtrare» la domanda impedendo che parte di essa entri nel circuito di attrazione dell’offerta e dei costi (eliminazione della domanda impropria);

• di professionista che è in grado di dare alcune risposte ai problemi di salute dei propri pazienti (diventando egli stesso, relativamente ad alcune prestazioni, centro di offerta di prestazioni sanitarie);

• di professionista che è in grado di orientare la domanda nel circuito dell’offerta nel modo più appropriato sia in termini di appropriatezza prescrittiva che di efficacia.

Critico appare, rispetto a quanto detto, il ruolo degli strumenti manageriali che possano supportare le aziende nel governo di una Medicina Generale che a sua volta sappia riconoscere il nuovo ruolo richiestole e sappia usarlo in modo sinergico e non antagonistico rispetto allo sviluppo delle politiche aziendali per il territorio. L’importanza di strumenti quali l’associazionismo, gli accordi aziendali per lo sviluppo di progetti sperimentali per la Medicina Generale, la definizione dei piani di incentivi, l’architettura dei modelli di budget previsti per il territorio, è confermata dalla centralità ad essi attribuita dai contenuti della nuova convenzione siglata per la medicina generale e di prossima pubblicazione.

In particolar modo, il tema degli accordi aziendali si inserisce come uno strumento di particolare rilevanza in quanto permette di coniugare le strategie aziendali con le esigenze specifiche della Medicina Generale. In tal senso si richiama l'attenzione sul tema della quota variabile, degli incentivi di struttura (legati in particolar modo alle forme associative) e a quelli di risultato collegati a tre variabili: farmaci (spesa, applicazione di linee guida); ricoveri (tasso di spedalizzazione, riduzione della mobilità per funzioni non presenti in azienda);

specialistica / diagnostica (linee guida, riduzione delle liste d'attesa).

Il processo di introduzione di logiche e strumenti manageriali per la medicina generale e la pediatria di libera scelta è però iniziato solo da qualche anno (4-5 anni). Pertanto, le prime ricerche quantitative sono ancora in corso e, al momento, non esiste un quadro completo che fotografi i profondi cambiamenti in atto. In un rapporto annuale sui processi di aziendalizzazione del SSN è comunque importante monitorare questo fenomeno critico, sia per il suo ruolo strategico nel sistema, sia per le sue dimensioni (circa 55.000 tra MMG e PLS: cfr. capitolo 2).

Il § 17.2 riporta pertanto un insieme di informazioni, interpretazioni e riflessioni

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di natura prevalentemente qualitativa, ottenute da un osservatorio privilegiato come il CeRGAS e la DAP dell’Università Bocconi, che stanno svolgendo numerose ricerche sui cambiamenti in atto, ricerche-intervento di accompagnamento a sperimentazioni aziendali e corsi di formazione sul tema in oggetto.

Nel frattempo (novembre 1999), presso il CeRGAS è stato attivato l’OsMeG (Osservatorio nazionale sulla Medicina Generale) con l’obiettivo di effettuare una ricognizione sistematica dello «stato dell’arte» della Medicina Generale in Italia.

L’OsMeG ha avviato una survey nazionale, di cui il § 17.3 presenta metodi e primi risultati.

17.2. Logiche e strumenti manageriali per la medicina generale Il ragionamento svolto in questo paragrafo segue i seguenti passaggi logici:

• la neonata centralità della questione;

• la numerosità e diffusione delle innovazioni;

• gli imprenditore del cambiamento;

• il ruolo delle trattative regionali ed aziendali;

• il cambiamento dell’interfaccia aziendale;

• le accezioni di budget e loro diffusione;

• le innovazioni nei modelli organizzativi;

• i sistemi premianti introdotti.

17.2.1. La neonata centralità della questione

L’introduzione di sistematici e pianificati sistemi di management nel SSN data la sua fase pionieristica alla fine degli anni ’80 nelle Regioni più avanzate del sistema, mentre l’inizio della loro diffusione può essere collocato a partire dal 1995 (reale inizio applicativo del Dlgs. 502/92), e solo dal 1998 possiamo parlare di ingresso nella fase di generalizzazione della diffusione.

Gli strumenti di management introdotti e diffusi riguardano però quasi esclusivamente la gestione aziendale complessiva, con particolare attenzione al settore ospedaliero delle aziende. Seppur con minore tensione, gli strumenti di management (in particolare riprogettazione organizzativa, sistemi di programmazione e controllo e sistemi di incentivazione del personale) sono stati applicati anche alle unità organizzative territoriali. Sono rimasti però storicamente esclusi gli ambiti afferenti i professionisti convenzionati (MMG/PLS e SUMAISTI), nonostante la loro rilevanza strategica e quantitativa. Le cause di ciò possono essere ricondotte a tre ordini di fattori:

• trattandosi di personale convenzionato e non dipendente, il loro inserimento all’interno di strumenti manageriali risulta più complesso;

• il baricentro dell’innovazione è stato il settore ospedaliero e non il settore territoriale, che ha goduto prevalentemente di un effetto «trascinamento»: il

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personale convenzionato costituisce logicamente addirittura un sottoinsieme del territorio;

• la cronica debolezza organizzativa dei servizi territoriali (alla quale mal si correla la loro incidenza economica) spiega perché non siano stati oggetto o protagonisti di rilevanti innovazioni gestionali.

Dalla metà degli anni ’90 si è invece intensificato il dibattito sull’introduzione di strumenti manageriali specificatamente rivolti ai MMG/PLS. Le prime concrete sperimentazioni sono state avviate nel periodo 1996-97. Esse rappresentano sicuramente ancora la fase pionieristica del processo di innovazione, con un ritardo quindi di 10 anni rispetto al settore ospedaliero.

Le cause che spiegano l’avvio dell’espansione degli strumenti manageriali anche in questa sfera del sistema possono essere individuate nelle seguenti:

• l’importante processo di scorporo della rete ospedaliera dalle aziende sanitarie (circa 50% dei posti letto) ha spostato in parte il baricentro delle AUSL a favore dei servizi territoriali;

• la relativa messa a regime di sistemi gestionali nelle altre parti delle aziende impone una loro progressiva espansione alle unità ancora escluse;

• il lento inizio di un processo che vorrebbe riuscire ad affiancare agli strumenti di governo dell’offerta anche strumenti di governo della domanda;

• il progressivo sviluppo di soluzioni assistenziali che minimizzano la degenza ospedaliera a favore di risposte assistenziali più legate ai servizi territoriali, come le dimissioni protette, le cure domiciliari, ecc.;

• la diffusione delle patologie croniche di lungo corso (spesso frutto dei successi della medicina) e di patologie cronico-degenerative (spesso legate alla terza età) che necessitano prevalentemente di servizi e prestazioni che impegnano le unità operative territoriali.

17.2.2. Numerosità e diffusione delle innovazioni

Il processo di cambiamento in atto è caratterizzato da velocità visibilmente dissimili nelle diverse Regioni. Il periodo 1996-98 ha costituito la fase di

«dissodamento» culturale soprattutto nelle Regioni centro-settentrionali: è stato portato avanti e diffuso un vivace dibattito sull’introduzione di logiche di management per la medicina generale. Questo dibattito ha avuto numerosi protagonisti, dai sindacati dei medici alle società scientifiche, dalle AUSL agli ordini medici, dall’università alle riviste di settore. A questa fase sono seguite le prime sperimentazioni pilota (1997-99), soprattutto nelle Regioni più mature del SSN (Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Veneto), come è naturale in una fase di avvio. In particolare in Emilia-Romagna per il periodo 1997-99 si può parlare di un avvio generalizzato, che nel 1999 ha coinvolto tutte le AUSL. E’

significativo sottolineare però come in tutte le Regioni centro-settentrionali vi sia almeno qualche AUSL che ha avviato strumenti gestionali per i MMG, il che rappresenta quasi simbolicamente la fase pionieristica. Le Regioni Piemonte,

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Lombardia, Liguria, Toscana erano un po’ in ritardo in questo processo, ma hanno iniziato a recuperare terreno a partire dal 1999, con una progressiva accelerazione.

Molto più lento è invece il processo nelle Regioni meridionali ed insulari, che hanno raggiunto da poco il picco della fase preliminare di discussione culturale, come dimostra l’isolata presenza di sperimentazioni gestionali per i MMG (queste Regioni, tra l’altro, scontano, il ritardo complessivo nello sviluppo di logiche e strumenti di governo aziendale).

Si osserva inoltre una significativa variabilità delle soluzioni e delle logiche adottate anche all’interno della stessa Regione, trattandosi di un settore più magmatico ed indefinito rispetto ad esempio all’ospedale, e ancora privo di una solida teoria manageriale alle spalle.

E’ difficile prevedere la rapidità delle diffusioni delle sperimentazioni, perché agiscono due forze contrapposte: da un lato le innovazioni in corso sono distribuite in maniera puntiforme, almeno un paio per Regione (il che dovrebbe far supporre un processo di emulazione relativamente rapido), ma dall’altro lato si tratta di esperienze ancora molto fragili, che potrebbero anche interrompersi o offrire risultati contraddittori.

17.2.3. Gli imprenditori del cambiamento

L’introduzione di logiche manageriali in medicina generale ha avuto di norma due

«imprenditori» del cambiamento: le AUSL e le rappresentanze dei MMG. Debole o assente è stato il ruolo del Ministero (la prevista sperimentazione nazionale ha subito gravi ritardi e incertezze) e delle singoli Regioni.

Nei processi di cambiamento aziendali non vi sono regole generalizzabili, ma in questo caso si sono osservate frequentemente dinamiche simili. Il cambiamento è stato possibile prevalentemente in aziende in cui sia l’AUSL, sia i MMG si erano autonomamente e specificamente attrezzati per l’innovazione, e quindi si è assistito ad un incontro tra diverse spinte al cambiamento. Le AUSL hanno spesso visto direttamente protagonista il vertice aziendale (Direttore Sanitario o Direttore Generale, talvolta anche Direttore Amministrativo) o un servizio/dipartimento a cui è stato proposto esplicitamente e con forza dalla Direzione strategica di avviare il processo. Raramente si è assistito a sperimentazioni avviatesi con successo grazie alla sola iniziativa imprenditoriale dal basso di un servizio del territorio: questo perché il processo è ricco di correlazioni interorganizzative, che risultano difficilmente presidiabili da una sola U.O.

Sul versante dei MMG, decisivo è stato l’apporto di associazioni di categoria (in particolare rappresentanze sindacali o scientifiche o cooperative e associazioni culturali locali), che sono risultate spesso trainanti anche nei confronti della base dei MMG/PLS. In alcune AUSL è stato forse decisiva l’iniziativa dei medici, in altre quella dell’Azienda: dovendo assegnare un primato esso andrebbe probabilmente condiviso. Le prime innovazioni (1997-98) sono risultate più semplici laddove un numero più ristretto di medici (cooperativa o associazione) ha trattato direttamente con l’Azienda, per poi generalizzare il modello a tutti, anche grazie alla successiva mediazione sindacale. Nella fase invece di diffusione delle innovazioni, centrale è diventato il ruolo delle rappresentanze sindacali,

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proprio perché il livello nazionale della categoria aveva abbracciato la necessità dello sviluppo manageriale del settore.

Soprattutto nelle Regioni centro-settentrionali, ma anche in molte realtà meridionali ed insulari, oggi la situazione vede spesso, paradossalmente, i MMG/PLS a spingere a favore dello sviluppo e dell’approfondimento nell’uso degli strumenti manageriali, proprio perché vedono in essi un’occasione di crescita professionale, reddituale e di ruolo. Di fronte però non sempre trovano AUSL attrezzate per rispondere a questa necessità. In altri termini, a partire dalla stagione 1999-2000 il consenso dei medici non costituisce più un elemento critico, ma spesso di sostegno al processo evolutivo, mentre ciò che frena l’evoluzione è la debolezza gestionale dei servizi territoriali delle AUSL.

17.2.4. Il ruolo delle trattative regionali ed aziendali

La prima convenzione per la medicina generale, che ha introdotto al capo VI le sperimentazioni per l’introduzione di strumenti manageriali, ha previsto, oltre al livello nazionale, due ulteriori livelli di trattativa sindacale: quello regionale e quello aziendale. Le trattative regionali sono state lente e defatiganti: si sono concluse in quasi tutte le Regioni con accordi che disciplinavano prevalentemente aspetti retributivi e non entravano nel merito delle sperimentazioni. Queste venivano definite quasi esclusivamente a livello aziendale. Molte sperimentazioni sono state avviate anche in assenza degli accordi regionali, non volendo le parti, a livello aziendale, attendere. In altri contesti, invece, l’assenza dell’accordo regionale ha operato come freno all’avvio dell’innovazione. In sintesi, gli accordi regionali non hanno agito come elemento propulsivo al cambiamento, ma spesso solo come «conditio sine qua non».

E’ emerso quindi con forza che il triplice livello di negoziazione impone la domanda su quale sia il vero tavolo di trattative, soprattutto per la parte economica, a livello decentrato: quello regionale o quello aziendale. Spesso la non chiarezza ha generato sovrapposizioni, confusioni e circoli viziosi istituzionali.

17.2.5. Il cambiamento dell’interfaccia aziendale

Tradizionalmente, l’interfaccia dei MMG/PLS è stato il servizio di medicina di base, con un approccio prevalentemente amministrativo, se non burocratico. Le energie delle direzioni generali raramente si erano rivolte o concentrate sui MMG/PLS, ad eccezione di qualche debole e generico invito alla contrazione della spesa farmaceutica. Con l’evoluzione dei modelli organizzativi delle ASL (a partire dal periodo 1995-96) si sta assistendo ad un processo di trasformazione dell’interfaccia nei confronti dei MMG/PLS:

• il servizio di medicina di base, laddove è rimasto, è stato spesso trasformato in un dipartimento che coordina tutta l’area delle cure primarie;

• in alcuni casi il dipartimento ha natura strutturale e governa direttamente e gerarchicamente, oltre ad altre aree di attività, i MMG/PLS. In altri casi, invece, ha assunto architetture organizzative di tipo funzionale, perché il

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governo dei MMG/PLS è stato assegnato in una logica strutturale ai distretti, i quali detengono quindi un potere ed una responsabilità nei confronti dei MMG. Questo processo è avvenuto per le accresciute dimensioni delle aziende e dei distretti e per il passaggio da schemi organizzativi di tipo funzionale/settoriale a schemi maggiormente divisionali (cfr. capitolo 8). In altri invece il dipartimento ha mantenuto un ruolo strutturale, comandando gerarchicamente i distretti o le zone, che costituiscono dei decentramenti del dipartimento stesso, sul quale esso esercita un chiaro potere gerarchico;

• le direzioni generali hanno spostato parte delle loro tensioni gestionali sulla sfera del governo della domanda e della produzione di servizi territoriali, investendo energie e risorse nel governo della medicina generale.

Organizzativamente, ciò è avvenuto attraverso due diversi cambiamenti, che sono intervenuti ora singolarmente ora congiuntamente nelle diverse aziende.

Il primo è stato l'assunzione diretta in capo alla direzione strategica dei rapporti e delle trattative con i MMG/PLS (le direzioni hanno agito direttamente con il Direttore Generale, oppure con il Direttore Sanitario, talvolta anche con il Direttore Amministrativo). Il secondo è stato l’attribuzione di un mandato forte al CdR responsabile del governo dei MMG, rafforzato da un controllo permanente della direzione, la quale esprimeva attenzione ad una delle sue principali linee di azione strategica.

Tradizionalmente invece le direzioni generali non intervenivano direttamente e attribuivano un mandato debole al CdR responsabile, il quale raramente veniva al proposito indirizzato e controllato dalla direzione.

17.2.6. Le accezioni di budget e la loro diffusione

Praticamente tutte le sperimentazioni hanno cercato di introdurre strumenti di programmazione e controllo dell’attività dei MMG, di solito chiamandoli

«budget». L’utilizzo di questo termine è molto ambiguo, perché le sue declinazioni risultano spesso lontane da ciò che intendono gli aziendalisti al proposito. Le «concezioni» prevalenti attuate dalle sperimentazioni sono le seguenti:

• budget come tetto di spesa. Azienda e MMG contrattano volumi massimi di prescrizioni o consumi sanitari per gli iscritti. Talvolta l’oggetto del tetto si limita ad una sola variabile (di norma farmaceutica convenzionata esterna), altre volte si estende ad una pluralità di voci (farmaci, ricoveri, specialistica, ecc.). Il meccanismo di responsabilizzazione utilizza sempre la dimensione finanziaria, calcolando la spesa dei consumi indotti. Gli obiettivi sono di norma definiti e negoziati tra il vertice aziendale ed il sindacato, proponendo come base di riferimento le medie dei consumi aziendali o regionali. Si tratta quindi di obiettivi medi, uguali per tutti, al cui tendere progressivo si viene incentivati. In questa accezione non si assiste neppure ad un processo di negoziazione per gruppi di medici o medici singoli e quindi manca completamente il processo negoziale capillare che sostanzia i sistemi di

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budget: forse è quindi più opportuno parlare di accordi aziendali tra medici e azienda, più che di budget;

• budget come strumento di programmazione e controllo aziendale. Gli obiettivi di budget non sono livelli di spesa indotta, ma contenuti di attività diretta dei MMG: applicazione di linee guida/percorsi-diagnostico-terapeutici, pratiche di medicina associata, aumento dell’attività di ambulatorio, incremento delle cure domiciliari, ecc. Di norma in questa accezione gli obiettivi sono diversi per gruppi di medici e negoziati per singolo gruppo con l’azienda. Talvolta gli obiettivi esprimono la globalità del fenomeno (ad esempio aumento delle cure domiciliari complessive a cui legare una diminuzione del tasso di ricovero complessivo), altre volte invece sono puntuali e specifici (ad esempio, aumento delle cure domiciliari per una precisa patologia e correlata diminuzione dei ricoveri del relativo DRG);

• budget come fondo di acquisto. Il budget è inteso come strumento per regolare la traslazione dell’acquisto di fattori produttivi per i servizi territoriali dall’ASL ai MMG. In altri termini, dovrebbero essere questi ultimi a provvedere per l’acquisto di presidi oppure personale infermieristico oppure prestazioni medico-specialistiche, attingendo da un fondo pre-negoziato con l’azienda.

Le prime sperimentazioni avviate nel periodo 1996-97 hanno utilizzato prevalentemente (80%-90% dei casi) il tetto di spesa, mentre i restanti casi si sono rivolti ad un budget inteso come strumento di programmazione e controllo aziendale. Molto limitati, se non praticamente inesistenti, i casi reali di applicazione del fondo di acquisto, a causa di concretissime difficoltà amministrative e dell’insormontabile problema della libertà di scelta dei cittadini nella scelta dell’erogatore.

Negli ultimi due anni, invece, seppur con una certa lentezza, le aziende stanno sviluppando i necessari strumenti manageriali (costituzione di associazioni di medici che possano rappresentare dei centri di responsabilità del sistema di programmazione e controllo, sviluppo dei sistemi informativi di monitoraggio dei consumi sanitari, introduzione di processi negoziali e relative schede budget, miglioramento della reportistica, personalizzazione degli obiettivi, valutazione ad hoc dei risultati per riconoscere gli incentivi) per superare l’accezione di tetto di spesa ed evolvere verso quella di sistema di programmazione e controllo. In realtà nel passaggio tra queste due accezioni si celebra una importante trasformazione culturale da una logica amministrativa, uniforme, che predetermina tutto con algoritmi meccanicistici e semplificatori, ad una logica gestionale dove gli obiettivi vengono negoziati, personalizzati, contestualizzati alle contingenze e alle specificità locali del singolo gruppo di medici.

Si conferma invece l’estinzione della terza concezione (fondo di acquisto), sorta inizialmente nel tentativo di emulare il «fundholding» inglese. Essa è stato soppiantato dalla tensione che sta generando la diffusione dell’idea del «distretto della committenza» (anche in questo caso simile al Primary Care Group inglese che dovrebbe progressivamente sostituire l’agenzia d’acquisto, cioè la Health Authority), vale a dire l’assegnazione al distretto di compiti di monitoraggio e

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valutazione dei consumi dei propri residenti, allo scopo di rimodulare attraverso la programmazione negoziata l’attività dei produttori interni ed esterni all’AUSL.

Laddove si inizia a riflettere su questo modello si sta procedendo a inserire i MMG/PLS nel governo del distretto, o con un rappresentante all’interno di un comitato distrettuale o con un rappresentante per ogni associazione dei medici. Il 1999 è stato l’anno della concezione di questa idea e nel 2000 si stanno progettando le primissime sperimentazioni.

17.2.7. Le innovazioni nei modelli organizzativi

Nel dibattito vi è unanime accordo che il SSN abbia bisogno di un incremento significativo dell’associazionismo medico, per molteplici motivi. I MMG sono in numero eccessivo: questo impedisce al sistema di dotarli dei necessari fattori produttivi (infermieri, tecnologie, ecc.) perché non si raggiungono le necessarie economie di scala. La loro frammentazione soffoca la possibilità di aumentare la continuità assistenziale (diurna e non). L’isolamento rende difficile lo scambio professionale, la relazione con l’AUSL, con l’ospedale. Da anni si sente il bisogno di aumentare le forme ed il numero dell’associazionismo medico. In analogia all’introduzione e allo sviluppo dei sistemi di programmazione e controllo si sono registrate diverse fasi: di dissodamento culturale (1996-97), di prime sperimentazioni (1997-99) e di diffusione (dal 99).

L’avvio delle sperimentazioni ha introdotto due rilevanti novità: sono state concepite forme nuove di associazionismo che hanno saputo rompere la resistenza al cambiamento; queste hanno iniziato a diffondersi rapidamente. Le forme di associazionismo oggi presenti nella prassi e nel dibattito del SSN sono le seguenti.

• Medicina in Team. Trattasi di un legame funzionale tra i medici, che continuano a lavorare individualmente nel proprio ambulatorio. Hanno gli obiettivi di budget in comune e costituiscono una sorta di CdR;

• Medicina in Rete. Come il Team ma con l’aggiunta della condivisione di alcuni fattori produttivi o elementi organizzativi (sostituzione reciproca o stesso sostituto, continuità assistenziale diurna nella Rete, sistema informativo comune e connesso, ecc.);

• Medicina di Gruppo. Come la Rete ma con l’aggiunta della condivisione dell’ambulatorio;

• Medicina nel Distretto. Come il Gruppo ma con l’ambulatorio comune messo a disposizione dall’AUSL, all’interno di spazi distrettuali.

• Cooperativa. Accordo tra medici per costruire un centro di elaborazione culturale, di stimolo e negoziazione con l’Azienda, di economie gestionali (acquisti congiunti, ecc.).

Il 60-70 % delle sperimentazioni è basata sulla scelta da parte dei medici di una di queste forme di associazionismo, escludendo quindi l’ipotesi dei medici singoli. In particolare ha mostrato grande capacità di generare consenso e cambiamento la Medicina in Team in quanto non comporta inizialmente cambiamenti logistici. I Team mostrano nell’arco di 2-3 anni una propensione del

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20-30% a trasformarsi in medicine di gruppo o del distretto. In sintesi, le sperimentazioni introducono quasi tutte una sorta di obbligo all’associazionismo e questo tende ad evolversi verso forme significative nell’arco di 2-3 anni: siamo quindi all’inizio di un processo reale di cambiamento micro-organizzativo che richiederà 10-15 anni per arrivare a regime.

Le cooperative si sono dimostrare uno strumento straordinariamente efficace per generare cambiamento culturale, consenso e imprenditorialità dell’innovazione, mentre non possono prefigurarsi come strumento di associazionismo in quanto troppo ampie (30-150 membri). Sono presenti in quasi tutte le AUSL in cui si sono avviate sperimentazioni.

Enormi impulsi verso l’associazionismo sono attesi dalla nuova convenzione sottoscritta per la medicina generale, che dovrebbe iniziare a mostrare i suoi effetti nell’autunno del 2000. Essa, oltre a definire ufficialmente le forme associative già disponibili, con l’unica variante di chiamare il Team «Medicina in associazione», ribadisce la libertà per gli accordi aziendali di inventarsi tutte le forme di associazionismo spurie che si giudicano efficaci, regolamenta con chiarezza il ruolo delle cooperative come strumento di amministrazione dei fattori produttivi di supporto all’attività dei medici (introducendo la possibilità di costituire allo scopo società di capitali), attribuisce quote significative di risorse per incentivare l’associazionismo (dal 3% in più di quota capitaria fino al 9%, a secondo dell’intensità dell’associazione).

A questo riguardo si stanno diffondendo nel sistemi modelli che invitano alla costituzione di équipe territoriali, basate su un gruppo di medici a cui dovrebbero affiancarsi pediatri, infermieri, assistenti sociali, ostetriche, fisiatri, geriatri, ecc..

Questi modelli sono stati introdotti nel dibattito nel 1999 dal legislatore nazionale con la riforma ter e iniziano ad essere recepiti in alcuni piani regionali. La reale prospettiva evolutiva in questa direzione è però ipotizzabile solo nel momento successivo di reale consolidamento dell’associazionismo medico.

17.2.8. I sistemi premianti introdotti

Essendo i MMG/PLS professionisti convenzionati e non dipendenti del SSN, un ruolo determinante nel cambiamento ha giocato l’introduzione di quote variabili della retribuzione, affinché i MMG/PLS accettassero logiche di budget.

Altrettanto non si può affermare analizzando il processo di introduzione del budget negli ospedali o nelle AUSL, dove l’oggetto di scambio è stato inizialmente costituito prevalentemente, se non esclusivamente, dall’allocazione di fattori produttivi (solo in seguito è cresciuta la relazione budget-premio di risultato).

Le retribuzioni aggiuntive hanno oscillato inizialmente tra il 3-10% della quota storica e sono state più ricche laddove erano correlate a quote di risparmio (anche se inevitabilmente destinate a contrarsi negli anni al diminuire delle potenzialità di risparmio). Negli ultimi anni, invece, si assiste a quote di incentivazione potenziali più alte, anche pari al 10-20% del reddito.

I meccanismi di incentivazione adottati per trasferire retribuzione aggiuntiva sono stati i seguenti:

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• un premio fisso per la partecipazione alla sperimentazioni;

• quote capitarie aggiuntive per precisi output (attività, contrazione consumi o assunzione di modelli associativi evoluti);

• percentuali su risparmi aziendali ottenuti;

• autorizzazione all’aumento di prestazioni pagate con la logica «tariffe per prestazioni»;

• premi monetari fissi per singoli obiettivi.

Il mix di utilizzo di questi strumenti è stato abbastanza equamente suddiviso tra i 5 meccanismi, con frequente utilizzo congiunto nella stessa AUSL di più meccanismi.

17.3. Obiettivi, metodi e risultati della survey nazionale

17.3.1. Obiettivi

Nell’ambito della propria attività di ricerca, l’OsMeG (Osservatorio nazionale sulla Medicina Generale) ha avviato una survey nazionale con l’obiettivo di effettuare una ricognizione sistematica dello «stato dell’arte» sulla Medicina Generale, del punto di partenza delle aziende sanitarie italiane, sotto i profili:

• organizzativo, all’interno della più generale architettura organizzativa territoriale delle aziende sanitarie di afferenza (formule associative dei MMG analizzate per contenuti di responsabilità e per diffusione a livello nazionale);

• dell’adozione di strumenti manageriali tesi alla responsabilizzazione e allo sviluppo di specifici progetti aziendali (progetti obiettivo, accordi aziendali, percorsi specifici per patologie a maggiore prevalenza, esperienze di case management);

• dei sistemi operativi aziendali (analisi dei differenti approcci al budget per i MMG, costruzione di schede di budget e correlati sistemi premianti).

17.3.2. Metodi

Il disegno dello studio ha previsto il coinvolgimento di tutte le 197 aziende sanitarie locali presenti sul territorio nazionale mediante due diverse modalità di raccolta delle informazioni:

• a 176 aziende è stato inviato un questionario postale appositamente disegnato, con la richiesta di restituzione dopo la compilazione;

• a 21 aziende, selezionate in base alla presenza di progetti specifici per la gestione manageriale della Medicina Generale già in atto sui rispettivi territori (diverse tipologie di budget), è stato richiesto di concedere una intervista face to face che consentisse una raccolta dati più accurata finalizzata alla costruzione di altrettanti case studies.

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Entrambe le richieste sono state precedute da una lettera di presentazione dello studio e di richiesta formale di adesione inviata ai Direttori Generali delle aziende.

Le aziende aderenti sono state contattate telefonicamente al fine di identificare la persona responsabile del governo della Medicina Generale in azienda, alla quale il questionario è rivolto. In seguito, alla persona che ricopre tale incarico è stato inviato direttamente il questionario via posta, posta elettronica o fax a seconda della modalità preferita. Nel caso delle 21 aziende selezionate per la modalità face to face, alla spedizione in via preventiva ha fatto seguito l’intervista diretta da parte di un ricercatore del CeRGAS.

Ad un mese dal completamento della spedizione è stata attivata una seconda serie di contatti telefonici al fine di sollecitare la restituzione del questionario e favorire il tasso di ritorno più significativo possibile. Laddove il secondo contatto non si sia rivelato sufficiente, si è provveduto a solleciti successivi.

Il questionario postale è articolato in 33 domande suddivise in quattro sezioni:

la prima diretta ad identificare i modelli organizzativi distrettuali (o di articolazioni territoriali equivalenti) all’interno dell’azienda e le formule di associazionismo diffuse tra i MMG; la seconda diretta, laddove siano state attivate, ad indagare qualitativamente e quantitativamente le sperimentazioni di budget per i MMG; la terza finalizzata a registrare l’attività di formazione attivata dall’azienda per i MMG ed effettivamente da questi seguita; la quarta tesa a capire il grado di coinvolgimento nella produzione di linee guida e percorsi diagnostico terapeutici aziendali, il relativo grado di implementazione ed il sistema informativo disponibile per consentirne l’attivazione.

Il questionario è stato disegnato da un team di ricercatori dell’Università Bocconi e sottoposto ad un panel di esperti per verificarne l’esaustività. In seguito è stato condotto su 10 aziende sanitarie uno studio pilota per verificare la chiarezza e la comprensibilità del questionario stesso e accertarsi che la modalità di somministrazione prescelta risultasse efficace.

Il questionario somministrato mediante le interviste face to face contiene, oltre a tutte le domande previste da quello postale, una parte aggiuntiva finalizzata a ricostruire come è stato concretamente gestito il progetto di cambiamento a seguito dell’introduzione di strumenti di responsabilizzazione del MMG, più una serie di domande che consentano di ricostruire l’architettura strategica ed organizzativa aziendale, permettendo così di contestualizzare le evidenze registrate a seguito delle sperimentazioni.

Dopo la ricostruzione di un ciclo «standard» di budget, alcune delle variabili indagate per l’analisi del processo di cambiamento sono state: l’identificazione degli attori della sperimentazione, l’analisi delle leve e degli strumenti utilizzati per raggiungere il consenso, la verifica che si trattasse di progetti imposti a livello aziendale o frutto di una negoziazione, l’analisi dei conflitti e dei punti di convergenza da parte degli attori, le modalità operative di sviluppo del progetto, il ruolo delle organizzazioni sindacali e della direzione strategica aziendale, la comunicazione alla popolazione.

Quanto alla ricostruzione del contesto aziendale, l’analisi si è focalizzata sull’analisi dell’ambiente esterno, dell’ambiente interno, degli obiettivi strategici

(14)

e operativi, dei programmi di attuazione. Fonti utilizzate a supporto sono state: la carta dei servizi, l’ultimo piano strategico prodotto dall’azienda in ordine di tempo, il regolamento generale, il piano attuativo locale, le delibere aziendali di organizzazione.

17.3.3. Risultati preliminari

La ricerca è tuttora in corso: su 197 aziende solo una ha rifiutato di partecipare alla ricerca. Dopo il secondo sollecito telefonico il 70% dei questionari è stato restituito debitamente compilato. Il terzo sollecito, effettuato nel mese di giugno, ha permesso di verificare che un ulteriore 20% dei questionari è in corso di compilazione da parte delle persone incaricate dalle rispettive aziende. L’analisi dei risultati sarà prevedibilmente completata nel settembre 2000.

Trattandosi di una ricerca non ancora ultimata, non è possibile anticipare risultati definitivi. Dal data base in cui sono archiviati i questionari postali restituiti è stato però estratto un campione di 48 aziende sanitarie locali. Su tale campione è stata svolta un’analisi preliminare, limitata ad alcune variabili.

Tabella 17.1. Composizione geografica del campione

Regione N° %

Piemonte 6 12,5%

Val d Aosta 0 0,0%

Lombardia 7 14,6%

Trentino Alto Adige 3 6,3%

Veneto 4 8,3%

Friuli Venezia Giulia 1 2,1%

Liguria 1 2,1%

Emilia Romagna 1 2,1%

Toscana 2 4,2%

Umbria 1 2,1%

Marche 4 8,3%

Lazio 4 8,3%

Abruzzo 1 2,1%

Molise 1 2,1%

Campania 2 4,2%

Puglia 4 8,3%

Basilicata 2 4,2%

Calabria 1 2,1%

Sicilia 2 4,2%

Sardegna 1 2,1%

Italia 48 100,0%

(15)

La Tabella 17.1 descrive la distribuzione geografica del campione. La Tabella 17.2 presenta il numero di MMG per azienda. Le successive Tabelle presentano i principali risultati, che fanno specifico riferimento:

• all’interfaccia aziendale per la Medicina Generale nelle AUSL (Tabella 17.3);

• all’esistenza di un sistema di programmazione e controllo aziendale che investe anche i servizi territoriali (Tabella 17.4);

• alla configurazione del distretto come Centro di Responsabilità (Tabella 17.5);

• alla diffusione di forme di associazionismo tra i MMG e l’AUSL (Tabella 17.6);

• alla presenza di linee guida e/o percorsi diagnostici terapeutici aziendali (Tabella 17.7)

Tabella 17.2. Numero di MMG per Azienda

N° MMG N° Aziende nella classe dimensionale

% Aziende nella classe dimensionale

< 30 7 14,6%

100-199 17 35,4%

200-299 8 16,7%

300-500 5 10,4%

>500 6 12,5%

NR 4 8,3%

Totale 48 100,0%

Valore minimo: 30 Valore massimo: 936 Media: 310.7

Tabella 17.3. Interfaccia aziendale per la Medicina Generale nelle AUSL

Interfaccia N° %

Equipe integrata 11 22,9%

Diversa a seconda dei problemi (ADI/ADP, Farmaceutica, Igiene Pubblica

27 56,3%

Altro 10 20,8%

Totale 48 100,0%

Tabella 17.4. Esistenza di un sistema di programmazione e controllo aziendale che investe anche i servizi territoriali

Esistenza di un sistema di programmazione e controllo %

No 10 20,8%

38 79,2%

Totale 48 100,0%

(16)

Tabella 17.5. Configurazione del distretto come Centro di Responsabilità

Il distretto è un CdR? %

No 16 33,3%

Si 32 66,7%

Totale 48 100,0%

In caso di risposta affermativa (Distretto è CdR):

- Il distretto ha pari responsabilità rispetto alle altre U.O. del territorio - Il distretto ha responsabilità gerarchicamente superiori agli altri CdR/UO del territorio

- Il distretto è l’unico CdR del territorio; le altre U.O. sono solo centri di costo

- Non risponde

11 11

8

2

34,4%

34,4%

25,0%

6,4%

Tabella 17.6. Forme di associazionismo tra i MMG e l’AUSL

Tipologie Esistenza Legami

funzionali / associazioni

informali

In Rete Di Gruppo Medicina nel distretto

Cooperative

No 8 16,7%

29 60,4%

44 91,7%

14 29,2%

44 91,7%

41 85,4%

40 83,3%

19 39,6%

4 8,3%

34 70,8%

4 8,3%

7 14,6%

Totale 48 48 48 48 48 48

Tabella 17.7. Linee guida e/o percorsi diagnostici terapeutici aziendali

Tipologie Esistenza Diabete Malattie

respiratorie

Malattie vascolari

Ipertensione

No 22 45,8%

35 72,9%

38 79,2%

40 83,3%

37 77,1%

26 54,2%

13 27,1%

10 20,8%

8 16,7%

11 22,9%

Totale 48 48 48 48 48

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