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LE CONTROVERSIE MEDICO LEGALI IN TEMA DI CONTRATTI ASSICURATIVI

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LE CONTROVERSIE MEDICO LEGALI IN TEMA DI CONTRATTI ASSICURATIVI

L’Arbitrato

L’esegesi storica ci insegna che l’arbitrato ha antichissime origini, dalla scena biblica e mitologica si passa all’epoca romana, quando si istituzionalizza l’arbitrato nelle dispute pubbliche e private con la nomina di un arbiter e di un arbiter in compromissio.

Sanzionano la funzione dell’arbitrato via via i codici delle varie repubbliche cosicché nel corso storico del diritto e nello sviluppo delle contrattazioni privatistiche l’arbitrato si consolida fino ad acquisire una valenza definitoria articolata in giudizio o fuori di esso.

Non poteva non avvalersi di tale facoltà il settore assicurativo e, di riflesso, l’ambito medico legale che ad esso è correlato.

L’arbitrato rituale ed irrituale

Il sistema economico e la contrattualistica hanno la necessità di rendere agevole e veloce la risoluzione di eventuali vertenze, che vengono in genere affidate a procedure particolari, la più importante delle quali è indubbiamente l’arbitrato.

Il nostro istituto giuridico codifica l’arbitrato (definito rituale o ed hoc) che è regolamentato dal Codice di procedura civile al titolo VIII del libro IV articoli 806-831 con previsioni puntuali e ben precise.

Recentemente è entrata in vigore la legge 5.1.94 n. 25 che modifica per alcuni aspetti, in ossequio al recepimento della direttiva CEE 13/93, la disciplina dell’arbitrato e che per qualche aspetto, almeno normativo, potrà avere riflessi sull’arbitrato che ci interessa.

Quest’ultimo, in contrapposizione al precedente, è detto irrituale e si avvale di una procedura a sé stante, per cui è opportuno, a questo proposito, chiarire brevemente le differenze tra i due istituti e le conseguenze che ne discendono.

In tema dunque di arbitrato irrituale non sussistono disposizioni codificate precise, configurandosi queste come una convenzione preconcordata tra le parti e liberamente accettata nel contesto di un contratto.

L’arbitrato “ad hoc” essendo la vera procedura regolamentata è dunque il veicolo di vere e proprie disposizioni giuridicamente previste e si sostituisce a pieno titolo alla funzione giurisdizionale e la pronuncia ha valore di sentenza che può essere impugnata eventualmente per via ordinaria.

L’arbitrato irrituale o libero è una “distorsione” (Feronati) della previsione legislativa, dove l’arbitro non si sostituisce al giudice, ma riceve una “investitura o mandato” dalle parti per risolvere “in via breve” una controversia.

E’ evidente la differenza del ruolo dell’arbitro, la rilevanza del primo rispetto al secondo, perché l’arbitro irrituale, essendo privo dell’investitura giurisdizionale, ha poteri apparentemente più estesi non soggiacendo a regolamentazioni e soprattutto più elastici.

Mancando peraltro la tutela del giudice super partes, il 3° arbitro, che ne vicaria fittiziamente la funzioni, deve avere una connotazione di assoluta serietà professionale, preparazione ed imparzialità.

Ma se il punto di partenza dell’istituto arbitrale in genere trova la sua genesi in una matrice unica, che è la previsione della risoluzione delle controversie attraverso un particolare tipo di

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procedimento, la clausola di un contratto può scegliere o la via convenzionale o la via breve (irrituale).

In quest’ultimo caso l’arbitrato si spoglia dell’investitura giurisdizionale, si ammanta di un procedimento proprio e diventa “un contratto nel contratto” e trova tutela giuridica solo nell’art.

1372 C.P.C. (relativo ai contratti in genere).

L’arbitrato irrituale dunque si pone fuori dall’ordinamento ed agisce in maniera autonoma per volontà delle parti.

Questa previsione è quasi univocamente contenuta nei contratti assicurativi che nella specie ci interessano.

Schematizzati questi elementi essenziali, ne discende che l’arbitrato improprio è un atto negoziato contrattualmente previsto che interviene su richiesta delle parti ove esistono motivi di divergenza e favorito dalla revoca (1983) della obbligatorietà della registrazione con esonero di oneri fiscali.

Tipi di arbitrati di maggior interesse medico legale

a) L’arbitrato irrituale si esprime o si dovrebbe esprimere secondo accordi sottoscritti dalle parti, ha modalità di procedura correntemente note, anche se non sempre altrettanto correttamente condotte, e si concretizza con la firma di adesione o per maggioranza del lodo arbitrale dopo che il 3° arbitro ne ha provveduto la “redazione”.

b) Rientra nell’arbitrato improprio anche l’arbitrato per biancosegno (la prova della volontà di transigere) ed ha luogo quando le parti sottoscrivono in bianco un foglio verbale su cui poi il 3°

arbitro redigerà il proprio parere conclusivo (è di uso meno frequente, ma è largamente seguito dalla Scuola Padovana).

c) L’arbitrato di equità invece è di scarso utilizzo ed interesse medico legale. Si fa ricorso ad esso quando, riconoscendo la sussistenza di vizi “al limite” (prescrizione, validità del contratto, anomalie di sottoscrizione, accettazione e concorso di terzi), si vuole comunque sanare un contenzioso. Questo particolare mandato presuppone peraltro la formulazione dell’atto dispositivo in termini rigorosamente chiari e precisi per ovviare a facili impugnazioni

In questo caso più che per gli altri va fatta salva la procedura e peculiarità dei quesiti e del motivo del contendere per ovvi motivi di regolarità e di equità.

Frequentemente l’arbitrato viene confuso con l’arbitraggio che interessa precipuamente la sostanza del contratto ed i suoi contenuti e l’applicabilità delle clausole. (L’arbitraggio dirime i contenuti de contratto, l’arbitrato scioglie le divergenze su alcune previsioni contrattuali).

Il contratto di assicurazione

Le polizze assicurative, sia nell’ambito infortunistico sia nel settore malattia e forme assimilate, si configurano come contratti di adesione liberamente sottoscritti dalle parti in termini prestabiliti e sono tra i più complessi sia per i rischi assicurati, sia per le evisioni, sia per i riferimenti tabellari che per quelli giuridici e legislativi ed infine perché possono interessare persone che non intervengono nel contratto (polizza cumulativa), o perché tutelano interessi diversi (polizza sportive o aziendali o di cautela).

E’ intuitivo che le previsioni di controversie possono essere elevate e di vario ordine.

Per decantare celermente tali situazioni il contratto di polizza prevede di massima il ricorso all’arbitrato.

Tale clausola di obbligatorietà con i suoi contenuti prevista nel contratto implica la rinuncia (qualche volta disattesa) al giudice di merito.

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I termini della predetta clausola sono peraltro espressi nelle polizze ed in maniera diversa, alcuna prevedendo gli elementi di giudizio sul “grado di invalidità” o sulla “entità del danno” od ancora sulla “natura” di esso.

Alcune altre citano “divergenze sulla causa”, altre ancora fanno riferimento al “Criterio di indennizzabilità” ecc.

In particolare le polizze sul rischio malattia prevedono i requisiti della stessa o l’epoca di insorgenza od ancora la sua manifestazione o genericamente i requisiti di indennizzabilità per ricoveri o convalescenza o infine stabilirne il carattere o il tipo di invalidità.

Elemento principale dunque contenuto nella clausola dell’obbligatorietà è anche la definizione circa la sussistenza e le caratteristiche contrattuali dei requisiti per i quali so propone l’arbitrato medico legale.

Questi elementi poi, tradotti nella previsione del compromesso arbitrale, hanno rilevanza assoluta sia ai fini del giudizio sia ai fini della impugnazione.

In appendice è opportuno ricordare che, in ossequio alle direttive CEE la “clausola dell’obbligatorietà” è da ritenersi nulla, perché ritenuta vessatoria, ove non venga specificatamente sottoscritta.

Prescindendo da considerazioni prettamente giuridiche, desta qualche perplessità se la clausola dell’obbligatorietà è opponibile a terzi non sottoscrittori del contratto, così come sussistono dubbi sull’obbligo dell’arbitrato nelle controversie circa i requisiti di un infortunio, ove non specificatamente previsti nel contratto arbitrale.

Compromesso, Clausola o Contratto Arbitrale

Il compromesso (inteso come negozio giuridico), quale è previsto nell’arbitrato ad hoc, ma a cui si fa riferimento anche in quello irrituale, è un elemento di fatto con il quale si conferma il ricorso, in caso di controversia, all’arbitrato, purché nel contratto stesso sia prevista una clausola con la quale le parti decidono di avvalersi di tale procedimento.

Tale clausola è della appunto clausola compromissoria che rappresenta il fatto genetico del procedimento arbitrale.

Il contratto arbitrale che compendia se volgiamo i principi precedenti (detto anche compromesso arbitrale o clausola arbitrale) deve invece intendersi l’atto con il quale le parti predispongono la materia del contendere e ne individuano le caratteristiche; è un atto, per quello che ci interessa, che precede o dovrebbe precedere la nomina del terzo arbitro.

L’Arbitrato medico legale

Fissati gli elementi sostanziali, è evidente come l’arbitrato medico legale si colloca nell’ambito delle polizze con priorità assoluta.

L’arbitrato in genere, e quello medico legale in particolare, ha in noce un carattere compromissorio o transattivo che non sempre trova la sua espressione nei contenuti di vertenza e pertanto non sempre è tale.

L’arbitrato, abbiamo detto, è una convenzione pattizia e la decisione scaturente ha natura contrattuale ed è sottoposta solo alla disciplina giuridica, come già accennato, dei contratti in genere.

In effetti però non tutti gli arbitrati medico legali hanno carattere compromissorio, ma frequentemente contengono nelle conclusioni elementi di giudizio (negativi o positivi), avvicinandosi ad una sentenza piuttosto che ad una conclusione transattiva.

In concetto compromissorio, è però bene ricordare, non è legato all’aspetto decisionale, bensì alla modalità extragiudiziale di risolvere la vertenza.

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Sotto questo aspetto di espressione di volontà può accadere che l’arbitrato si limiti o venga limitato per volontà dei mandanti solo ad alcuni aspetti del contendere.

In questi casi l’arbitrato potrebbe assumere perciò i caratteri di una “perizia” (perizia contrattuale) e cioè è solo un accertamento tecnico o ancora “un negozio di accertamento mero”

(anche se i due concetti hanno qualche diversa implicazione), pur non togliendo la validità applicativa del lodo, purché nel contratto arbitrale questo carattere sia specificatamente previsto.

Sotto certi profili e nelle “polizze malattia” in particolare, resta da stabilire se si tratti di arbitrato irrituale od arbitraggio, quali risultano delineati dalla dottrina giuridica, perché viene ad essere messo in discussione non infrequentemente non solo un elemento di fatto, ma una interpretazione contrattuale.

Entrare nel merito per esempio di cosa si intenda per malattia o come questa si collochi nell’ambito del contratto potrebbe prefigurarsi più come un arbitraggio che come semplice arbitrato.

La variabilità delle opinioni meriterebbe anch’essa un approfondito dibattito per fissare, almeno tra noi, un univoco concetto medico legale su cui fare riferimento.

La conclusione cui si giunge sull’argomento, che non interessa questa conversazione, è sollecitare la dottrina e, perché no, la giurisprudenza almeno a fissare elementi definitori circa tali problemi sempre più incombenti, oppure sollecitare estrema chiarezza nei contratti assicurativi, anche con postille declaratorie, e nel contempo pretendere coerente adesione cognitiva, scientifica ed interpretativa da parte dei medici legali sia prima che nel corso dell’intervento arbitrale.

Organizzazione dell’arbitrato

La previsione contrattuale implica alcuni atti che competono alle parti, prima singolarmente e quindi collegialmente.

Compete alle parti un esame approfondito anche lessicale dei contenuti della obbligazione contrattuale ai fini di una corretta tutela del mandante che deve essere a conoscenza di ogni implicazione ed onere della vertenza e ratificarne il mandato.

La norma contrattuale è esplicita, per cui il compromesso arbitrale o contratto arbitrale deve essere articolato dettagliatamente sull’oggetto preciso della controversia e dovrebbe essere redatto ed accettato collegialmente, ancor prima della nomina del 3° arbitro.

In tali occasioni, ove gli arbitri lo prevedano, avendone il mandato, è possibile (trattandosi di atto pattizio) includere anche interpretazione delle clausole contrattuali entrando nel merito dell’arbitraggio (arbitrato misto).

E’ questo un atto preliminare cui si dà ordinariamente scarsa rilevanza, ma che costituisce il punto nodale poi delle conclusioni arbitrali.

Accertata la rigorosa possibilità ad adire all’arbitrato e formalizzati tra le parti i termini del contendere, la scelta dell’arbitro va espletata con il consenso delle parti che deve sempre essere sottoscritto dal titolare della polizza e/o dal beneficiario congiuntamente, ben potendo essere diversi gli interessi dei soggetti giuridici (leggasi polizza di proprietà o di possesso o polizze cautelative di aziende sul dipendente).

Scelta dell’arbitro

Le modalità di scelta dell’arbitro sono contenute nell’articolo di riferimento alla controversia e normalmente il collegio viene rappresentato da “tre medici” e ciò perché la scelta potrebbe sconfinare in settori paraprofessionali.

La scelta del terzo arbitro dunque demandata all’accordo tra le parti nell’ambito di terne predisposte o singolarmente e dovrebbe comunque essere preventivamente ratificata dalle parti.

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Ove non si pervenga ad una nomina concordata, la designazione viene delegata o all’Ordine dei Medici o, se previsto, al Presidente del Tribunale e con ciò non infrequentemente si cade su designazione di professionisti che, pur preparati, spesso sono inidonei a risolvere quesiti specifici di carattere medico legale.

E’ opportuno anche ricordare, pena nullità della nomina, che le parti ne dovrebbero fare richiesta collegiale all’Ordine, ben potendo nell’occasione richiedere specifici requisisti del terzo arbitro.

A nostro parere è opponibile la richiesta formulata da una sola parte.

Ove ne sussistono gli estremi e si ravvisi, in genere da parte dell’assicurato, indifferenza o ritardo nel dar corso all’arbitrato, può esserne richiesta, in questo caso al Presidente del Tribunale, l’attivazione con la nomina dell’arbitro per la sola parte inadempiente, mentre il terzo va designato sempre secondo i termini del contratto.

Il collegio arbitrale dunque così formato è composto, per espressi accordi, da “tre medici”

(alcune clausole prevedono “tre medici legali”).

Nelle polizze correnti, non risultando alcuna altra specificazione, l’unico titolo perciò richiesto al collegio è la “laurea in medicina e chirurgia” ed eventualmente anche il diploma di specialità e non necessariamente l’iscrizione all’Ordine.

Alla nomina del terzo arbitro, essendo questo un atto privato non ostano vincoli di alcun genere, neppure penali.

E’ opportuno peraltro far presente, sempre in riferimento alla normativa CEE, che la dizione

“medico legale” potrebbe essere causa di incertezza non figurando la specialità nell’elenco di quelle previste dalla predetta normativa. (vedasi il caso Società straniera o stranieri terzi in polizza).

Anche se non specificatamente previsto, il contratto arbitrale dovrebbe essere anticipatamente trasmesso alle parti, al fine che il collegio prenda tempestiva conoscenza dei contenuti evitando così disguidi ed eccezioni all’atto delle operazioni arbitrali.

Sede dell’arbitrato

La sede dell’arbitrato è contrattualmente prevista e può essere in sede diversa da dette previsioni, previo consenso delle parti.

Collegio arbitrale

Il conferimento del mandato al collegio arbitrale (art. 1708 C.d.p.c.) comprende non solo la potestà degli atti per i quali ha luogo l’arbitrato, ma anche quelli che sono necessari alla loro migliore esecuzione e compimento.

A proposito dell’oggetto del mandato, è rilevante osservare che le finalità di esso sono volte a

“dirimere una divergenza” attraverso la “clausola compromissoria”.

Al di fuori del mandato però il collegio non può operare e ciò implica la rigorosa osservanza anche dei criteri di indennizzabilità, se specificatamente richiamati.

E’ interessante notare gli aspetti tecnici che possono derivare da un contratto mal notificato al collegio , il cui lodo, in mancanza di specificazione può essere opponibile.

Sulla clausola compromissoria o sul contratto arbitrale vanno dunque segnatamente riportate le obbligazioni che investono il collegio.

E’ altresì opportuno ricordare che nei contratti collettivi, cosiddetti di salvaguardia del contraente (senza cioè specifica adesione) il collegio dovrebbe pretendere le notifiche dell’atto a tutti gli interessati o, quanto meno, il loro consenso sottoscritto.

Caratteri della procedura arbitrale

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Il carattere dell’arbitrato libero esonera il collegio da qualsiasi formalità, ma conserva nella sua esecuzione alcuni impegni ed atti che sono strettamente vincolati al giudizio, anche se non sempre vengono osservati.

Il principio dell’esonero di ogni formalità è spesso variamente e male interpretato dal terzo arbitro o dal collegio, fermo invece restando il principio che tale esonero è riferito alle sole previsioni giuridiche, ma non certo a diligenza, correttezza ed equità professionale che sono imprescindibili.

Per vincolare a rigorosità il giudizio del collegio, questi in particolari occasioni viene impegnato ad emettere il lodo “con scienza e coscienza” o secondo scienza e pro veritate, più impegnativa ed impropria è la dizione “secondo diritto ed equità”, ben potendosi intuire come la dizione stessa implichi delle conoscenze giuridiche specifiche che mal si assimilano ed un atto compromissorio.

Al di là di ogni richiamo, ritorniamo che l’imparzialità e la preparazione del collegio e del 3°

arbitro, in particolare, dovrebbe essere ampiamente sufficiente per tutelare le parti.

Mi si permetta, per chiarezza, enunciare elementi a tutti noti, che giocano, però un ruolo importante nella formazione del lodo finale.

Il documento da cui l’indagine arbitrale ha inizio è ovviamente la denuncia e la relativa documentazione medica che assevera la richiesta di indennizzo.

La regolarità di tali atti e la comparazione alla fenomenologia per cui il contenzioso deve avere rigorosa corrispondenza.

Ne discende la necessità di accertare in maniera precisa la esistenza delle prove aventi una valenza giuridica, fatta salva la rinuncia scritta delle parti, come può accedere spesso negli arbitrati di equità.

Il terzo elemento altrettanto imprescindibile è il riferimento temporale per il fatto stesso che il principio è tutelato dalla giurisprudenza in materia contrattuale.

Nella fase preliminare dell’accertamento è opportuno raccogliere, anche pro futuro, gli elementi anamnestici rilevanti ai fini del giudizio.

La fase di contraddittorio, che è il punto centrale dell’atto del contendere, dovrebbe, almeno per sommi capi essere adeguatamente verbalizzata, anche per fornire elementi chiari, onde evitare errate interpretazioni sull’attività e sul comportamento del collegio e del 3° arbitro, in particolare ove il lodo dovesse o potesse essere impugnato.

Nelle more dell’esecuzione dell’arbitrato, è facoltà delle parti conferire al 3° arbitro proprie osservazioni e memorie scritte che il 3° arbitro dovrebbe riportare e commentare nelle conclusioni decisionali, previa discussione collegiale finale.

Riconosciuta la necessità di esperire accertamenti specialistici, deve essere accordata alla parte che ne faccia richiesta la possibilità di affiancare un proprio specialista a quello scelto dall’arbitro, onde instaurare un contraddittorio soddisfacente.

L’obbligo della decisione scritta è contenuto indirettamente nella dizione in cui si fa riferimento alla “sottoscrizione del verbale” che deve essere il può possibile motivato.

Documentazione

L’utilizzo della documentazione è elemento prioritario e determinante di un arbitrato. E’

nostro parere che il dossier completo debba essere acquisito anticipatamente dalle parti e dal 3°

arbitro e la produzione di documentazione postuma, se non di particolare certa titolarità, non debba avere particolare rilevanza.

E’ evidente che se la conoscenza di documentazione non prodotta e di quella tardivamente fatta pervenire fosse tale da modificare (o inficiare) il giudizio iniziale di una parte, dovrebbe competere all’inadempiente l’onere maggiore derivatone.

Tale ipotesi può essere fatta valere con una postilla sul contratto arbitrale.

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Termini di esecuzione

Vi è un aspetto particolarmente importante che non viene di fatto mai osservato e sono i termini di presentazione del lodo, termini che vanno contestualmente fissati nel contratto stesso od all’inizio della riunione, onde evitare contestazioni di validità del mandato.

La clausola di obbligatorietà in effetti non dà atto di particolari vincoli temporali, mentre riconosce la possibilità di proroghe o anticipi parziali, con ciò prevedendo che si debba fissare dei termini per la definizione del lodo.

Impugnazione od opposizione del lodo (nullità o annullabilità del lodo)

La inappellabilità del lodo arbitrale è prevista generalmente nella convenzione dell’obbligatorietà, nella quale il giudizio del collegio è “vincolante” per le parti.

Tale dizione per il vero è equivoca in particolare per quanto riguarda i contratti collettivi o non direttamente sottoscritti.

E’ opportuno, per meglio chiarire il problema dell’impugnazione del lodo improprio, che non gode di autonomia come quello rituale, che esso va considerato un tutt’uno con il contratto compromissorio, perché con questo concorrente a formare la volontà del collegio.

E’ pertanto opportuno avere presente la difficoltà che tale condizione implica nell’attività impugnativa ed in ordine alle sue motivazioni.

Il procedimento, sia in via di azione che di eccezione, va proposto al giudice ordinario competente per materia, territorio e valore.

E’ evidente che sul tema noi facciamo sostanzialmente riferimento al lodo medico legale, per cui riferimenti giuridici di altra natura esulano da questa conversazione.

E’ evidente ancora che non sussistendo di fatto elementi su cui so possa basare l’arbitrato irrituale, questo si gioca tutto sulla correttezza e preparazione professionale del 3° arbitro che costituisce l’elemento catalizzante della decisione.

Il rischio dell’arbitrato irrituale, il cui procedimento non è protetto se non dall’art. 1372, dunque si fonda non solo su elementi sostanziali ma delibatori che devono essere attentamente vagliati e ponderati dal collegio e dal 3° arbitro.

La decisione del collegio comunque può essere impugnata per l’esistenza di vizi nel processo formativo della volontà contrattuale (dolo, errore sostanziale, eccesso di potere, violenza) o per incapacità degli arbitri.

Esclusa la impugnazione per iniquità, questa concerne soltanto quei vizi che secondo il Codice Civile sono causa di nullità o annullamento dei contratti liberamente assunti (art. 1372).

a) incapacità degli arbitri, che nella fattispecie assicurativa debbono avere il solo requisito della “laurea in medicina” e neppure e necessariamente l’iscrizione all’Ordine, è fatto improponibile essendo avvenuta la nomina del collegio per scelta deliberata.

b) per quanto attiene al “dolo” è evidente la estrema difficoltà anche solo della sua ammissione, il cui onere di prova spetta alla parte opponente che, abbiamo detto, neppure per iniquità può vantare diritti di revisione, se non quando questa è talmente palese da poterla equiparare al dolo.

c) più semplice, ma solo apparentemente, il motivo di impugnazione può esser rilevato nell’errore, purché questo sia sostanziale, ovvero risulti di fatto effettivamente alterata la materiale percezione degli elementi insiti nell’oggetto dell’arbitrato.

L’errore sostanziale nelle sentenze di merito è inteso come attinente alla formazione e formulazione della volontà degli arbitri e tale da modificare la realtà della materia del contendere, ove questa sia distorta.

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Non vi sono peraltro, in tema di controversie medico legali, pronunce per errori sostanziali così che manca una verifica nella percezione giuridica circa “l’essenza del concetto di errore in tema di valutazione” nel contenzioso che ci interessa.

E’ evidente che “errore sostanziale” in medicina legale, per mera ipotesi, potrebbe derivare dall’accreditare, in assenza di obiettività, valenza di realtà valutativa a dati estremamente soggettivi ed insondabili, alterando la materiale percezione degli elementi di fatto, inducendo così un eccesso di mandato e violazione dei patti contrattuali (compromesso).

Tale eccesso di mandato si può anche ravvisare in alcune decisioni e ciò è interessante anche laddove, avendo ricevuto “il mandato di transigere” il collegio, per maggioranza, delibera invece totalmente a favore di una parte.

In queste condizioni il lodo irrituale è colpito da nullità.

Anche le interpretazioni di una frase o quella lessicale di una vocabolo o di un termine contenuto nel contratto di polizza, ove non specificatamente previsto nel mandato, potrebbero sconfinare nell’arbitraggio evocando eccesso di mandato o difetto di mandato (il che è equivalente) e gli estremi di nullità.

A ben vedere dunque emerge vieppiù che ci si inoltra nell’esame l’importanza basilare che ha la formulazione dei due contratti (di compromesso e di mandato) ed i limiti conferiti al collegio.

Un tema di fatto chiarito è invece la rettifica parziale delle conclusioni arbitrali non solo per errori materiali o di scritturazione, ma anche di quegli errori marginali che, adeguatamente modificati, ne salvaguardassero il contenuto decisionale del lodo (rettifica parziale).

d) in termini di violenza è implicita, ove questa si ravvisi in forma reale comprovata, la nullità del lodo, violenza che può ravvisarsi anche nella trascrizione di atti o documenti non legittimamente acquisiti.

Facoltà di impugnazione

Individuata la possibilità di un elemento idoneo a ritenere che il giudizio arbitrale possa essere rivisto, i termini per la azione revocatoria non sono fissati se non per quelli previsti in materia contrattuale e devono attenersi alle modalità usuali dei giudizi di merito e delle controversie correnti.

L’annullabilità deve essere proposta secondo i dettami contrattuali (art. 1422) entro 5 anni dal riconoscimento di un vizio o dalla conclusione della vertenza (sottoscrizione finale dell’atto).

L’azione di nullità di un lodo arbitrale irrituale è dunque sempre proponibile non essendo soggetto a prescrizione (art. 1422 C.C.), né sussistendo l’obbligo della convalida (art. 1423).

La Compagnia di Assicurazione può attivare il rifiuto all’indennizzo dandone motivazione e la parte assicurata o comunque insoddisfatta può aderire al parere del giudizio di merito nei tempi di previsione di un giudizio ordinario.

Responsabilità del collegio arbitrale e dell’arbitro

La responsabilità professionale che deriva agli arbitri medico legali non è stata oggetto di specifico ed approfondito esame in dottrina.

La responsabilità degli arbitri regolamentata nell’arbitrato irrituale (art. 813) non può essere invocata in quello improprio ed i principi che ne regolano l’argomento occorre ricercarli nella normativa del mandato.

In considerazione del carattere negoziale di questi, perciò, la previsione di responsabilità fa riferimento all’art. 1218 e 1176 (adempimento e diligenza nell’assolvere il mandato).

Pertanto nello svolgimento delle operazioni arbitrali sia per il 3° arbitro che per il collegio sussistono due prospettive di responsabilità, una deontologica e l’atra giuridica.

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La prima, non sanzionabile, investe la correttezza nella condotta delle operazioni medico legali nella consapevole responsabilità in ordine alla materia del contendere alla preparazione di fattispecie ed al giudizio finale coerente al mandato nella forma e nei modi convenuti.

Per il vero, sotto alcuni profili in ordine a fatti o fenomeni di palese iniquità o di evidente distorsione dovrebbe essere possibile avvalersi del “codice deontologico” (tit. 1 art. 2) o per analogia del Cap. IV art. 75, deferendo la vertenza all’Ordine.

In particolare ciò dovrebbe essere possibile laddove il 3° arbitro venisse designato dall’Ordine stesso.

Il secondo è di tipo giuridico (in senso lato). Sotto questo profilo abbiamo ricordato che l’esonero contenuto nel contratto riguarda solo e esclusivamente l’aspetto formale della vertenza arbitrale, fermo restando che esistono sempre i risvolti generici che investono la negligenza, l’imperizia e l’imprudenza, ove dal lodo scorretto od iniquo derivi un danno ad una delle parti, che può essere invocato attraverso un giudizio ordinario, così come una qualsiasi vertenza sulla responsabilità professionale.

E’ evidente che tale condizione deve essere ricercata con assoluta certezza e comprovata con estremo rigore.

L’azione di responsabilità può essere invocata da una delle parti (in genere l’assicurato) quando questi non sia stato adeguatamente informato riscontro di tale informazione.

In altri termini vige seppure con modulazioni diverse, il diritto al consenso informato da parte del cliente (Cap. IV del Codice deontologico, art. 29 informazione al paziente ed art. 31 consenso informato).

Altro elemento di responsabilità per omissione può emergere nella mancata completezza delle indagini medico legali in corso di arbitrato, avendo l’arbitrato ed il collegio l’obbligo di verificare e comprovare sempre l’entità del danno reale o di previsione.

Anche nell’uso della documentazione, mancato o parziale suo esame, può riscontrarsi una responsabilità del collegio, ove ciò comporti modificazioni o pregiudizi nelle conclusioni finali con danno per una parte.

Conservazione della documentazione

Incombe al 3° arbitro il dovere della conservazione della documentazione, onere che rientra nella categoria di quanto previsto dal Codice Civile per la conservazione e la custodia delle cose altrui.

Ciò è particolarmente rilevante nei casi di ulteriore necessità delle prove o per opposizioni o per cure o per altri giudizi di merito.

Onde ovviare a tali inconvenienti l’elenco dettagliato della documentazione non riproducibile potrebbe essere già preteso dal 3° arbitro e tale poi restituita alla consegna del lodo.

L’omissione di tale cautela costituisce elemento di responsabilità per il 3° arbitro.

Limiti temporali

Poiché è data facoltà al collegio di decidere al di fuori delle previsioni giuridiche, in effetti non esistono limiti temporali per la dimissione del lodo definitivo.

Ove non si faccia preciso riferimento nel contratto arbitrale, i termini di scadenza per la definizione di una vertenza possono essere dilatati, pur sempre in termini ragionevoli potendo, in caso di eccessivo ritardo, prefigurarsi negligenza e/o imprudenza con danno per una parte.

Nell’arbitrato ad hoc di massima i termini, salva accordi diversi, sospensioni o proroghe sottoscritte dal collegio, sono di gg. 90.

L’impugnazione del lodo pertanto per decorrenza dei termini, nell’arbitrato irrituale non potrebbe essere proposta.

La concessione della proroga degli atti arbitrali, a nostro parere, può essere concessa per maggioranza.

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Al di là di questo, è evidente che comunque un ritardo nella convocazione finale del collegio, ove previsto o nella redazione definitiva del lodo oltre un termine ragionevole (6 mesi?) (salvo previsioni diverse di particolare difficoltà) sia da considerare quanto meno “negligenza”, ben potendo anche concretizzare un danno economico per la parte, a causa della tardiva riscossione dell’indennizzo (relativi interessi, svalutazione, ecc.).

Revoca del mandato

Trattandosi di un mandato conferito collegamenti dalle parti la revoca non ha effetto alcuno se proposta da una sola parte.

Essa potrebbe aver luogo successivamente solo qualora l’arbitro venisse interdetto dopo la nomina (art. 1726 Cod. Civ.).

Arbitro incompleto

Qualora le parti, a maggioranza, rifiutino di sottoscrivere il lodo e mantengano la nomina dei loro arbitri, si procederà ad una nuova nomina del 3° arbitro (previsione che dovrebbe essere contenuta nel compromesso).

Competenze

Il collegio può fissare gli onorari in occasione della prima convocazione secondo modalità note, mentre sarebbe preferibile che le parti ne concordassero prima presuntivamente l’importo in base a criteri di equità rispetti al capitale assicurato ed alla particolarità del caso.

Un particolare cenno va fatto per i piccoli capitali o per le controversie di modesta consistenza, che dovrebbe comportare dei costi commisurati all’entità del pregiudizio economico di cui la vertenza o si dovrebbe poter ricorrere eventualmente al giudizio della Camera arbitrale.

Conclusione

Concludendo, esaminando in dettaglio il problema dell’arbitrato come correntemente svolgiamo, emerge la necessità di un approfondito esame di ogni caso esposto alla controversia, una approfondita conoscenza dei termini contrattuali e del motivo del contendere, nonché le procedure corrette e regolari per condurre a buon fine il mandato e soprattutto l’oculata stesura del compromesso arbitrale.

Le previsioni di vecchie formule propositive all’atto del conferimento del mandato, onde evitare giudizi disparati e/o distorti, ritengo non sia necessaria, ove sussista una preparazione professionale seria ed una coerenza deontologica serrata, mentre sarebbe piuttosto preferibile richiedere e/o prevedere la asseverazione del lodo conferendo così ed esso la qualifica di una

“perizia extragiudiziale giurata”.

Dr. Claudio Lorenzi Medico Legale

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