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La responsabilità del liquidatore

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di Danilo Sciuto

Pubblicato il 15 gennaio 2014

ai fini tributari il liquidatore di una società ha particolari responsabilità: ecco un quadro della giurisprudenza aggiornata in materia

Premessa

Il nostro sistema giuridico stabilisce una sostanziale equiparazione tra l’opera del liquidatore e quella dell’amministratore, obbligandoli entrambi ad assolvere il loro incarico con la diligenza del mandatario, e configurando per entrambi la responsabilità nei confronti della società come una responsabilità di natura contrattuale, potendo questa agire nei loro confronti per ottenere il risarcimento dei danni derivanti dai loro atti di “mala gestio”. I liquidatori sono personalmente responsabili dei debiti sociali non soddisfatti esclusivamente nel caso in cui l’insufficienza sia loro imputabile in modo diretto e immediato, potendosi loro attribuire un illecito depauperamento del patrimonio sociale o qualsiasi altro atto cagionevole di pregiudizio nei confronti della società.

La mera attività di realizzo del patrimonio sociale tuttavia difficilmente implica una responsabilità personale dei liquidatori, se questi svolgono il loro ufficio con la necessaria trasparenza e nell’ambito della media diligenza del “pater familias”.

Ben diverso è il caso in cui i liquidatori, avendo integralmente monetizzato il patrimonio sociale e ritenendo estinte tutte le passività pendenti in capo alla società, abbiano avventatamente cancellato la stessa dal registro delle imprese.

Il codice civile espone infatti il liquidatore ad un’azione diretta di responsabilità da parte dei creditori sociali in tutti i casi in cui il mancato pagamento dei loro crediti sia dipeso da colpa, anche semplice, dello stesso.

Il problema consiste quindi nell’individuare quali siano le fattispecie concrete in relazione alle quali il liquidatore, a seguito della formale cancellazione della società dal registro delle imprese (universalmente riconosciuta come avente efficacia meramente dichiarativa), possa essere chiamato a rispondere a titolo personale per un fatto a lui imputabile per colpa. La responsabilità civile del liquidatore richiede necessariamente la prova del nesso di causalità tra il comportamento illecito del liquidatore e il danno verificatosi, in modo tale che quest’ultimo si configuri come una conseguenza immediata e diretta dell’azione commissiva od omissiva dell’agente.

Questo argomento, e quelli a corollario, vengono posti al centro di questa e delle seguenti puntate della rassegna giurisprudenziale.

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Un criterio di individuazione del danno arrecato dalla condotta inerte del liquidatore E’ fondato l’addebito di negligente inerzia mosso nei confronti del liquidatore della società che abbia omesso di svolgere nella sostanza i compiti propri dell’incarico quanto alla definizione delle pendenze sociali. Il danno ascrivibile alla condotta inerte del liquidatore può essere individuato in riferimento alla discrasia temporale tra la data della condanna dell’amministratore unico della società fallita e la possibilità di recupero del credito che, ove realizzata all’esito di una condotta diligente del liquidatore, avrebbe consentito alla società di godere dei frutti e/o di utilizzarlo per il tempestivo pagamento dei debiti sociali. Tale perdita di chance di tempestivo realizzo del credito può essere liquidata in via equitativa.

(Tribunale di Milano, sentenza n. 11192/2013)

In tema di prove

Al fine di escludere la presunzione di cui all’art. 2497-sexies c.c. (attribuibilità dell’attività di direzione all’ente controllante l’autore del fatto) non è sufficiente provare l’assenza di attività di direzione e coordinamento, ma è altresì necessario dimostrare l’effettiva conoscenza di tale mancato esercizio da parte di coloro che hanno fatto affidamento su quanto risultava iscritto nel registro delle imprese ai sensi dell’art. 2497-bis c.c..

Il limite all’imputabilità dell’inadempimento dell’obbligo di agire dell’amministratore può essere ravvisata non in presenza di una mera “difficultas praestandi” (e quindi di una mera difficoltà di accedere all’informazione), ma solo in presenza di un’impossibilità totale di adempiere al proprio obbligo informativo.

(Tribunale di Prato, ordinanza n. 7838/2012)

Aspetti di contenzioso tributario

Un contenzioso tra una Agenzia fiscale ed il liquidatore di una società estinta, al quale sia stata erroneamente notificata, come nella specie, una cartella esattoriale per debiti della società, ha ad oggetto una lite sostanzialmente “improponibile”, perchè la cartella a suo tempo notificata è priva di efficacia a cagione della già avvenuta estinzione del soggetto passivo dell’obbligazione afferente.

La cancellazione dal registro delle imprese di una società determina l’estinzione del soggetto giuridico e la perdita della sua capacità processuale. Ne consegue che, nei processi in corso, anche se essi non siano interrotti per mancata dichiarazione dell’evento interruttivo da parte del difensore, la legittimazione sostanziale e processuale, attiva e passiva, si trasferisce automaticamente, ex art. 110 cod. proc. civ., ai soci, che, per effetto della vicenda estintiva, divengono partecipi della comunione in ordine ai beni residuati dalla liquidazione o sopravvenuti

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precedenti gradi del processo.

Una volta liquidata e cancellata la contribuente società di capitali dal registro delle imprese, il processo tributario non può proseguire nè nei confronti della persona giuridica, non più esistente, nè nei confronti dell’ex liquidatore o dell’ex socio-amministratore, atteso che la legge non prevede alcun subentro automatico di costoro nei rapporti con l’amministrazione finanziaria.

(Cassazione, sezione V civile, ordinanza n. 14880/2012)

Il contenzioso tributario di una società estinta

Il processo tributario iniziato in relazione alle imposte sui redditi nei confronti di una società non può proseguire nel giudizio di cassazione, una volta che questa si sia estinta per cancellazione dal registro delle imprese, ad opera o nei confronti degli ex-soci, poiché essi rispondono del pagamento di tali imposte, ai sensi dell’art. 36, terzo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n.

602, solo se abbiano ricevuto beni sociali dagli amministratori nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione o dai liquidatori durante il tempo della liquidazione, e nei limiti del valore di detti beni, e la necessità di accertare tali circostanze comporta un ampliamento del “thema decidendum” e del “thema probandum” non consentito in sede di legittimità. In applicazione di questo principio, è da dichiarare inammissibile il ricorso per cassazione proposto dall’ex-liquidatore di una società a responsabilità limitata già cancellata dal registro delle imprese.

(Cassazione, sezione V civile, ordinanza n. 11968/2012)

Legittimazione ad agire del liquidatore

Ai fini dell’accertamento di crediti vantati verso una società estinta, il liquidatore della società cessata può essere reputato legittimo contraddittore dell’attore solo in quanto destinatario (sul presupposto del menzionato accertamento) di una domanda giudiziale che riguardi lui stesso in prima persona, come nel caso di una domanda di condanna ex art. 2489 c.c.. Al di fuori di questa ipotesi, infatti, viene meno ogni interesse del liquidatore a contraddire e difetta, quindi, la legittimazione passiva dello stesso, vizio rilevabile anche d’ufficio da parte del Giudice.

(Tribunale di Milano, sezione VIII, sentenza n. 7407/2012)

Responsabilità per mancato pagamento di imposte

La responsabilità dei liquidatori, degli amministratori e dei soci di società in liquidazione, in presenza dell’integrazione delle distinte fattispecie previste dall’art. 36 del D.P.R. 29 settembre

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1973, n. 602, per l’ipotesi di mancato pagamento delle imposte sul reddito delle persone giuridiche i cui presupposti si siano verificati, è responsabilità per obbligazione propria “ex lege”

(per gli organi, in base agli artt. 1176 e 1218 cod. civ., e per i soci di natura sussidiaria), avente natura civilistica e non tributaria, non ponendo la norma alcuna successione o coobbligazione nei debiti tributari a carico di tali soggetti, nemmeno allorché la società sia cancellata dal registro delle imprese. Ne consegue che, una volta liquidata e cancellata la contribuente società di capitali dal registro delle imprese, il processo tributario non può proseguire né nei confronti della persona giuridica, non più esistente, né nei confronti dell’ex liquidatore o dell’ex socio- amministratore, atteso che la legge non prevede alcun subentro automatico di costoro nei rapporto con l’amministrazione finanziaria.

(Cassazione, sezione V civile, sentenza n. 7327/2012)

Responsabilità verso l’Amministrazione Finanziaria diversa da quella verso gli altri creditori

L’obbligazione che deriva dall’inosservanza da parte del liquidatore di uno specifico obbligo di legge su lui gravante, comporta una responsabilità invocabile dall’amministrazione finanziaria solo una volta realizzatesi le suddette due condizioni, nell’ordinario termine decennale di prescrizione. Essa, infatti, non è di per sè equiparabile all’obbligazione derivante dalla responsabilità verso i creditori, nè qualificabile come coobbligazione nei debiti tributari. Deve invece ritenersi riconducibile alle norme degli artt. 1176 e 1218 c.c., con onere per l’Amministrazione di provare d’avere iscritto i relativi crediti quantomeno in ruoli provvisori, dei quali poter pretendere il pagamento in via sussidiaria nei confronti del liquidatore.

(Cassazione, sezione V civile, sentenza n. 7390/2012)

Estinzione dei processi al momento della cancellazione

La cancellazione di una società di capitali dal Registro imprese comporta la sua estinzione, sicché deve essere dichiarato inammissibile il ricorso per Cassazione proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della società cancellata nel corso del processo. Una volta estinta la società, le pretese erariali possono essere fatte valere nei confronti di soci, amministratori e liquidatori al ricorrere delle condizioni di cui all’art. 36 del D.P.R. n. 602/1973, quindi, per il liquidatore occorre, tra l’altro, che egli abbia omesso di adempiere a debiti erariali soddisfacendo creditori che, nelle gradazione stabilita dal codice civile, non dovevano essere preferiti. Si tratta comunque di un’azione di natura civilistica che prescinde dall’elemento soggettivo, e non si verifica nessuna successione nel debito sociale a danno di soci/liquidatori/amministratori.

(Cassazione, sezione V civile, sentenza n. 7327/2012)

Responsabilità in caso di pagamento di debiti scaduti non privilegiati

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tenuto dal liquidatore per aver pagato altri debiti nel corso della liquidazione, ancorché di rango inferiore a quelli erariali, non può essere ascritta alcuna specifica responsabilità prevista dall’articolo 36 del dpr 602/73.

(Commissione Tributaria Regionale di Bologna, sezione I, sentenza n. 42/2012)

Il divieto di nuove operazioni

In tema di società di capitali, non rientra nel divieto di nuove operazioni, né costituisce atto di straordinaria amministrazione, il conferimento da parte dei liquidatori di mandato alle liti per la proposizione di azione giudiziale volta ad incrementare o ripristinare la consistenza patrimoniale della società in liquidazione e ciò quand’anche l’assemblea abbia attribuito ai liquidatori poteri congiunti per la gestione straordinaria riguardo alle possibili diminuzioni del patrimonio sociale conseguenti ed alienazioni.

(Cassazione, sezione II penale, sentenza n. 4143/2012)

15 genaio 2014 Danilo Sciuto

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