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Incontro con i referenti distrettuali per l’informatica (RID) e i magistrati di riferimento (MAGRIF)

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Settima Commissione

Commissione per l’organizzazione degli uffici giudiziari Roma, Hotel Ergife 26–28 maggio 2014

Incontro con i referenti distrettuali per l’informatica (RID) e i magistrati di riferimento (MAGRIF)

- 29/IN/2014 -

lunedì 26 maggio 2014 ore 16.00

Il ruolo dei RID e dei MAGRIF: individuazioni di azioni concrete e obiettivi.

Confronto di esperienze tra prassi virtuose e criticità.

a) I rapporti con i dirigenti degli uffici, il CSM, il Ministero della Giustizia, ordini professionali, Uffici per l’innovazione e commissioni flussi b) la qualità del dato

coordina il dott. Domenico PELLEGRINI, componente della STO. Relatori:

dott.ssa Ileana FEDELE, giudice sezione lavoro Tribunale di Roma – RID settore civile Roma dott. Giuseppe DI GIORGIO, sostituto procuratore della Repubblica Bologna

dott. Giovanni CANZIO, Presidente della Corte di Appello di Milano [testo provvisorio]

Relazione del dott. Giuseppe Di Giorgio

sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bologna

(già Referente Distrettuale per l’Informatica dell’Emilia Romagna - Settore Requirente) giuseppe.digiorgio@giustizia.it

sommario

SOMMARIO... 1

LEGENDA... 2

A) ACRONIMI EX CIRCOLARE... 2

B) ACRONIMI PROPOSTI IN QUESTA SEDE ... 2

C) GLOSSARIETTO ... 2

PARTE PRIMAICT ED ORGANIZZAZIONE DEGLI UFFICI... 3

Premessa... 3

Convergenze e divergenze... 6

la dirigenza degli uffici giudiziari ex dlgs 240/2006 ... 8

L’organizzazione delle Procure (dlgs 106/2006)... 11

Risorse informatiche: le tre facce della dirigenza ... 13

Le novità della L. 24 del 2010 ... 13

Il CSM e l’innovazione tecnologica ... 15

La svolta del 2011... 18

CSM e Ministero della Giustizia... 21

PARTESECONDA-LA CIRCOLARE 9.11.2011 SU RID E MAGRIF... 23

lo status di RID e MAGRIF... 30

Gli ambiti di operatività dei RID ... 33

PARTE TERZANORMAZIONE SECONDARIA ED INFORMATIZZAZIONE... 38

1995 – istituzione del Referente per l’Informatica... 39

2000 - Rideterminazione del ruolo dei referenti informatici ... 43

2001 - la DGSIA ed i CISIA... 45

2002 – Incontro e risoluzione ... 46

2002 - monitoraggio dei flussi ... 47

2003 - Incontro DGSIA-CSM... 47

2006 – Commissioni Flussi... 49

2006 - D.Lgs. 30.1.2006 n. 26 Istituzione della Scuola superiore della magistratura ... 50

2006 - D.Lgs. 5.4.2006 n. 160 La nuova Dirigenza... 52

2007 - Incontro DGSIA-CSM... 52

2008 - istituzione della STO... 53

(2)

2010 - Le buone prassi... 55

2010 - la vicenda del C.E.D... 56

2011 (gennaio-marzo) il protocollo d’intesa CSM-M.P.A.I. ... 57

2011 (10 febbraio) interlocuzione con il Ministero ... 59

2011 (febbraio-marzo) Corso di formazione annuale e delibera di Settima... 63

2011 (16 marzo) Banca Dati Nazionale delle Buone Prassi... 64

2011 (maggio) monitoraggio convenzioni ... 65

2011 (maggio) Comitato Paritetico Ministero-CSM ... 65

2011 (6 luglio) art. 37 DL 98/2011... 65

2011 (13 luglio) Ricognizione degli applicativi... 66

2011 (20 luglio) documento di sintesi STO... 68

2011 (21 luglio) la circolare tabelle 2012-2014 (status RID ante 9.11.2011)... 71

2011 (9 novembre) la nuova circolare su RID e MAGRIF (rinvio)... 72

2011 (3 novembre) La questione degli applicativi privati ... 72

2011 (15 dicembre) Programma Commissione Flussi... 79

2012 (18 gennaio) La questione dell’ADN ... 81

2012 (27–29 febbraio) Incontro annuale RID MAGRIF ... 85

2012 (18 aprile) Schema unico per rilevamento flussi statistici ... 86

2012 (13 giugno) Costituzione dell'Ufficio Statistico del CSM ... 86

2012 (4 luglio) ADN Proposta di protocollo del Ministero della giustizia... 87

2012 (25 luglio) area di consultazione COSMAG in materia di informatica giudiziaria... 89

2013 (20 marzo) rielaborazione del programma della Commissione Flussi di Milano. ... 91

2013 (29-30 maggio) Incontro con i referenti distrettuali per l'informatica ... 91

2013 (17 luglio) Stato di attuazione del progetto c.d. A.D.N... 94

2013 (24 luglio) Resoconto dell'attività dell'Ufficio Statistico ... 97

2013 (24 luglio) Resoconto delle attività svolte dalla S.T.O. febbraio 2010 – luglio 2013. ... 100

2013 (13 novembre) Circolare sulla formazione delle tabelle 2014/2016... 108

Fine... 108

Legenda

Per la migliore lettura del testo, si riportano gli acronimi e le abbreviazioni che verranno di seguito utilizzati:

A) acronimi ex circolare

- RID: Referente Distrettuale per l’Informatica

- STO: Struttura Tecnica per l’organizzazione presso il CSM – VII Commissione - MAGRIF*: Magistrati di Riferimento per l’Informatica dei singoli uffici B) acronimi proposti in questa sede

- Circolare 2011: nuova circolare CSM 9.11.2011 in materia di magistrati referenti distrettuali e magistrati di riferimento per l’informatica

- RID-R, RID-G, RID-GP, RID-GC: Referente Distrettuale per l’Informatica - settore Requirente, settore Giudicante, Penale e Civile

- DIU: Documento sull’ Informatizzazione dell’Ufficio ex art. 3.8 circolare

- PTCI: Piano Triennale di Coordinamento delle iniziative e dei progetti in materia di informatica giudiziaria ex art. 3.2 circolare

- VBD: verifica (semestrale) della pulizia delle banche dati (art. 3.10)

- SAIG: relazione annuale del RID sullo stato di attuazione dell’informatica giudiziaria (art. 4.2)

- DPSI: Delibera Plenaria sullo Stato dell’Informatica predisposta annualmente dalla Settima Commissione all’esito dell’Incontro di Formazione con i RID (art. 4.4)

*acronimo non presente in circolare, ma utilizzato nella delibera di approvazione del corso edizione 2012 C) glossarietto

- PTC: Processo Civile Telematico

- ICT: Information and Communication Technology (Tecnologie dell'informazione e della comunicazione) - ADN: Active Directory Nazionale

- ADSI: Amministratori di Sistema

- SSM: Scuola Superiore della Magistratura

- SDT: Strutture Didattiche Territoriali di formazione decentrata della SSM

(3)

Parte PRIMA – ICT ed Organizzazione degli uffici Premessa

Il 26 gennaio 2014 il Referente Distrettuale per l’Informatica ha compiuto diciannove anni.

Oggi ci troviamo

- a due anni dall’istituzione dell’Ufficio Statistico del CSM (13 giugno 2012) - a circa due anni e mezzo dalla nuova circolare su RID e MAGRIF (9.11.2011),

- a quattro anni dall’operatività della STO (nomina dei primi componenti nel febbraio 2010) - a otto anni dall’introduzione delle Commissioni Flussi (2006)

- ed esattamente a diciannove anni e quattro mesi dall’introduzione dei RID (26.1.1995).

Quando fu istituita la figura del RID, essa, come in genere l’informatica giudiziaria, aveva davanti a sé un futuro luminoso. A distanza di 19 anni, si può dire che spesso si è avuta la sensazione che quel futuro luminoso fosse ormai dietro le spalle. Laddove il progresso delle tecnologie avanza rapido e pare promettere in tutti campi rivoluzioni eccezionali, nel settore della Giustizia gli sforzi per allineare i servizi al nuovo appaiono così lenti, pesanti e defatiganti che si ha la cronica sensazione di essere sempre in ritardo rispetto al ‘passo dei tempi’.

L’argomento di questa sessione mi induce a fare qualche considerazione ‘di sistema’

sull’architettura che l’autogoverno ha costruito intorno all’informatica giudiziaria.

Parlare di rapporti tra soggetti istituzionali presuppone sempre una chiarezza di fondo sulle diverse competenze, soprattutto quando l’oggetto dei rapporti concerne temi trasversali che incidono in ambiti di competenza trasversali.

E ogni qual volta rifletto sul ‘sistema’ che il CSM ha costruito intorno all’informatica giudiziaria mi ritrovo con un interrogativo di fondo: ha ancora un senso la figura del RID? È soggetto che potrebbe essere abolito, cancellato dal circuito dell’autogoverno senza che da ciò derivassero particolari danni?

Il quesito scaturisce dal fatto che sui temi dell’innovazione tecnologica degli uffici oggi si realizza una compresenza di soggetti con competenze specifiche e operative, molti dei quali venuti alla luce negli ultimi anni, tra i quali la figura del RID talvolta appare come un residuato storico, una figura tradizionale che negli anni ha cambiato profilo e, ormai da tempo, affronta una ‘crisi di identità’.

Credo che qualche risposta possa venire dalla (piccola grande) ‘storia’ dei Referenti Distrettuali per l’informatica. La storia ci fa cogliere meglio le linee evolutive che hanno portato al presente, o ci può allarmare, rendendoci consapevoli di eventuali linee involutive.

L’informatica è una di quelle materie che vive in un presente molto veloce, che rapidamente diventa passato, ed è sempre utile cercare di non perdere uno sguardo d’insieme.

Qual è il presente dell’informatica giudiziaria?

La domanda è molto difficile, perché il presente è difficile da cogliere. Il passato lo si vede più o meno tutto quando si volge lo sguardo indietro. Il futuro può essere intuito, ma le difficoltà dei tentativi di chiaroveggenza talvolta derivano proprio dalla difficoltà di conoscere bene il presente, perché ciascuno ha un punto di vista limitato. In realtà esistono tanti ‘presenti’, e solo in futuro sarà possibile vedere gli eventi del presente in maniera panottica. Solo in futuro sapremo se oggi, altrove, in un altro ‘presente’ parallelo, si stanno verificando eventi che cambieranno il nostro presente ed il nostro futuro, o se anche questo incontro sarà un fattore di cambiamento del presente e del futuro.

Dal 1995 al 2006 i RID sono stati praticamente ‘soli’, i soli soggetti chiamati a raccogliere la

“sfida della modernità”, a promuovere l’innovazione tecnologica e a diffonderla negli uffici.

Ma oggi molte cose sono cambiate, tanto che sono ormai diventati obsoleti e inattuali i compiti del RID di diretto governo della materia informatica negli uffici.

Nel 2001 l’istituzione dei CISIA aveva già sottratto compiti di diretto coinvolgimento negli hardware. Oggi residuano i compiti consultivi in tema di fabbisogno informatico (richiesti dal Ministero, che rappresentano una forma di legittimazione ab externo’ dei RID) e di distribuzione di alcune risorse hw (PC portatili, licenze dragon….)

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Dal 2006 il nuovo ordinamento giudiziario – e la sua attuazione da parte del CSM - ha innegabilmente fatto da volano rispetto ai temi dell’organizzazione, ha modificato la fisionomia dei dirigenti, responsabilizzandoli e provocandoli sul tema dei risultati, delle ‘performance’.

La selezione e la conferma dei dirigenti, richiede, per normativa primaria e secondaria, anche una “propensione tecnologica”.

Dal 2006 si sono moltiplicate le sedi in cui si parla di organizzazione, di informatizzazione, di statistica giudiziaria, di rilevazione dei dati, di misurazione dei flussi: ci sono i consigli giudiziari, le commissioni flussi, i vari organismi circondariali (‘osservatori’ a partecipazione congiunta magistrati-avvocati, personale amministrativo), ciascun ufficio intraprende le proprie iniziative a livello locale, talvolta diventa traino per esperienze nazionali.

E poi c’è il CSM, la VII commissione, la STO, l’Ufficio Statistico, i Comitati paritetici.

La molteplicità di soggetti ha, da un lato, complicato la vita dei RID, chiamati a giocare su più tavoli, dall’altro, ha eroso i compiti del RID.

Sui temi che ruotano essenzialmente attorno all’organizzazione degli uffici, al monitoraggio dei flussi, alla statistica, all’organizzazione, e che solo indirettamente impattano sui temi propri dei RID, l’elaborazione del CSM ha fatto passi da gigante e sta continuando a camminare di gran carriera.

In questo proliferare di soggetti deputati all’organizzazione si colloca anche il soggetto – se vogliamo - più ‘obsoleto’, il RID che, pur rinnovato dalla circolare del 2011, oggi dimostra tutti gli anni che ha. Il RID è essenzialmente frutto di una concezione appartenente al secolo scorso, è nato nell’era analogica, non è un ‘nativo digitale’ come le CCFF, la STO, l’Ufficio Statistico.

A fronte di un raggio di azione teoricamente vastissimo, i RID non hanno poteri di intervento negli uffici, che fanno capo anche per le questioni tecnologiche – e non potrebbe essere diversamente – ai magistrati dirigenti e ai titolari di funzioni semidirettive.

Il RID cerca con fatica di inseguire gli eventi, non gioca quasi mai ‘in casa’: i fatti accadono nei singoli uffici, di cui non riesce ad avere un controllo, nelle commissioni flussi, nel Consiglio Giudiziario, negli uffici di secondo grado, nel Ministero, al CSM , nella STO, nei comitati paritetici CSM-Ministero…. Il tempo a disposizione è pochissimo (di fronte al generale sovraccarico di lavoro l’esonero è comunque inidoneo a dare fiato per un impegno importante) i mezzi sono insufficienti, anche i mezzi di comunicazione non funzionano benissimo (aree tematiche, mailing list…). Le esigenze di conoscenza, di formazione, di informazione sono cronicamente insoddisfatte.

E’ del resto impensabile pensare ad un RID che sia onnipresente, sempre propulsivo, sempre all’ultimo grido, in grado di risolvere i problemi.

Il RID è una parte di autogoverno posta sul confine, chiamata a cooperare con gli altri soggetti dell’autogoverno (Commissione Flussi, Dirigenti, Magrif) e ad interloquire con i soggetti estranei (DGSIA, CISIA, Foro, Osservatori, Tavoli, etc…) o comunque ‘indipendenti (Scuola SM), sui temi che riguardano l’impiego delle tecnologie negli uffici giudiziari.

I RID oggi appaiono strutturati come dei ‘magistrati di collegamento’ (simili a quelli degli altri Stati presso il nostro Ministero della Giustizia): non hanno compiti propri di ‘amministrazione’, sono attivati essenzialmente sulla base delle richieste più disparate, di solito legate a esigenze specifiche, non si sa bene cosa possono o devono fare, però possono farlo, rendendo un servizio importante.

La forza dei RID risiede, ancora, in una forte legittimazione rispetto ai vari soggetti interlocutori: legittimazione che deriva dall’assetto ordinamentale voluto dal CSM (da ultimo con la circolare del 2011) e, naturalmente, dal concreto apporto che sono in grado di fornire e che si giocano sul campo, come avviene per ogni soggetto ‘istituzionale’.

La nuova circolare ha sicuramente ben definito il ruolo del RID, chiarendone la funzione di propaggine consiliare (quindi struttura dell’autogoverno), la sua funzione di referente (che riferisce ed è punto di riferimento), i suoi rapporti con i MAGRIF, con i Dirigenti, con la CF, con la STO, con la formazione, ed ha indicato due strade nuove:

a) individuando nel CSM il soggetto che deve assumere la guida di una generale strategia dell’innovazione e dell’organizzazione.

La saldatura dei legami tra RID e CSM, indubbiamente operata dalla circolare 9.11.2011, e la istituzionalizzazione dei rapporti tra RID e Dirigenti degli uffici, appaiono strumenti destinati ad aumentare la circolarità delle informazioni e la creazione di momenti di formazione specifica.

Se dal CSM, quale "vertice organizzativo della giurisdizione", perverranno obiettivi specifici da perseguire, nell'ambito di un progetto complessivo di riqualificazione e di innovazione, i RID

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saranno pronti a fornire il massimo supporto, collaborando a livello distrettuale quali interlocutori dei CISIA e degli Uffici Giudiziari.

La dimensione ‘nazionale’ dei RID deve essere meglio sfruttata e sviluppata. Occorre oggi potenziare il loro ruolo di ricettori delle linee strategiche che partono dal centro, di avamposti del CSM sui temi dell’innovazione: aumentare la circolarità discendente delle informazioni

Ritengo inoltre che il Consiglio debba procedere per progetti, individuare ed affidare ai RID compiti specifici, oltre che richiedere i documenti previsti dalla circolare.

b) potenziando il ruolo dei magistrati di riferimento locali, accreditandoli di fronte a dirigenti e personale amministrativo.

La prossimità dei RID agli uffici giudiziari, dai quali provengono, e ai MAGRIF, è elemento che rafforza il loro compito, basato essenzialmente sulla reale conoscenza dei problemi legati all’esercizio della giurisdizione, ed è quindi tratto caratteristico imprescindibile.

I RID molto potranno (continuare a) fare in sede locale nell’attuazione della tradizionale attività di impulso del ricorso alle tecnologie, di ricerca delle buone prassi, di affinamento delle estrazioni statistiche, di formazione.

Se si guarda alla struttura dei rapporti tra RID, MAGRIF, Capi degli Uffici, CSM, si nota subito una elevata cifra di ‘burocratizzazione’, perché i ‘rapporti tra uffici’ sono necessariamente burocratici.

Ciò che bisogna fare, invece, è concepirli come ‘rapporti tra persone’, perché sono i rapporti tra le persone che ricoprono gli incarichi che di solito fanno accadere le cose, fanno acquisire una maggiore consapevolezza, si avvalgono delle doti individuali, delle iniziative congiunte, trasferiscono esperienze e conoscenze, soprattutto delle cose meno conosciute, di quelle nuove e ancor di più di quelle innovative.

Laddove troviamo le persone giuste nel posto giusto può capitare qualcosa di positivo.

Ancora di più se le persone sono messe nella condizione di operare in vista dei risultati che sono richiesti.

Il rischio è che il RID (agendo da soggetto dell’autogoverno), si muova in quell’ottica dell’autogoverno che molto spesso non ha dato buona prova di sé, che finisce per aumentare la burocratizzazione e gli oneri per gli uffici, senza fornire un reale beneficio che lo renda ‘utile’. Se dalla nuova circolare i RID ricaveranno solo una linea di azione di questo tipo credo che i RID saranno destinati a scomparire, come zavorra sostanzialmente inutile, e talvolta dannosa.

Quale utilità può trovare un Presidente di Corte d’Appello formidabile, seguito alla lettera da tutti i Presidenti di Tribunale e dai Dirigenti Amministrativi del suo distretto, che ha contatti diretti con il CSM, con il Ministero, con il CISIA, con il Consiglio Giudiziario, con il Procuratore Generale, che assume concrete iniziative di coordinamento, nel coinvolgimento del o dei RID?

Credo che il RID debba mantenersi informato su ciò che succede negli uffici, partecipare ai momenti di coordinamento e comunque tenersi ‘in rete’ con i MAGRIF, così da poter:

- (non necessariamente fornire un ausilio basato su eventuali personali ‘competenze tecniche’)

- svolgere un ruolo di documentazione delle iniziative (verso il CSM: SAIG, PTCI) - verificare l’aderenza e funzionalità rispetto alle esigenze della giurisdizione

- verificare, sulla scia delle linee tracciate dal CSM, il rispetto dell’indipendenza ed autonomia della magistratura, il non travalicamento da parte dell’amministrazione dei profili di riservatezza o di altri aspetti legati all’attività giurisdizionale (vedi questione ADN), e al contempo il rispetto da parte dei magistrati dei principi di adesione alle iniziative ministeriali

- svolgere un ruolo di informazione (verso gli uffici ed i magistrati): diffondendo le iniziative in maniera capillare verso giudici e pubblici ministeri (MAILING LIST)

- svolgere un ruolo di coordinamento, seguendo l’esecuzione delle iniziative, lavorando quando i ‘tavoli’ sono chiusi, mantenendo i contatti con gli uffici, tramite MAGRIF e dirigenti,

- verificare soprattutto l’uniformità di esecuzione, per far sì che, almeno a livello distrettuale, sia scongiurata la modalità a ‘macchia di leopardo’

Questo ruolo del RID, quale soggetto dell’autogoverno, resta prezioso, perché il suo osservatorio distrettuale, nell’interesse della giurisdizione e dell’uniformità di azione, i suoi doveri

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di relazione verso il CSM e di coordinamento dei MAGRIF, qualora ben interpretati possono rendere un servizio reale all’autogoverno.

Convergenze e divergenze.

L’equilibrio voluto dalla Costituzione laddove, con gli articoli 105 e 110, ha stabilito di fondare su due pilastri ben distinti l’organizzazione degli uffici giudiziari (“dei servizi relativi alla giustizia” 1) e dell’attività giudiziaria2, presuppone un’armonia familiare di pacifica convivenza tra la magistratura ed il suo vertice organizzativo (il CSM), da un lato, ed il Ministero della Giustizia dall’altro: ma in questo matrimonio una vera e propria corrispondenza di amorosi sensi tra i due si è raramente concretizzata nel corso degli ultimi decenni.

Si sono, a dir la verità, visti numerosi tentativi di raccordo.

Dal punto di vista del CSM l’istituzione dei RID va senza dubbio nella direzione di costituire dei soggetti in grado di raccogliere sul territorio, e rappresentare al Ministero, le esigenze concrete della giurisdizione, civile e penale. L’individuazione di un numero ridotto di referenti, suddivisi per aree, è stata finalizzata ad agevolare i momenti di contatto tra il ministero e la magistratura, attraverso soggetti specificamente accreditati dal CSM a ricoprire il ruolo di interlocutore con l’amministrazione sui vari temi legati all’informatizzazione. Nel 1995, infatti, i RID furono concepiti come la risposta dell’organo di autogoverno al dato normativo (D.Lgv. 12 febbraio 1993, n. 39) che introduceva nell’ambito delle pubbliche amministrazioni il Responsabile dei sistemi informativi e informatizzati dell’Amministrazione.

Simmetricamente, le circostanze che hanno visto per molto tempo dei magistrati a capo della DGSIA e dei settori penali e civile, ha risposto allo stesso spirito3.

Oltre a ciò, assistiamo da alcuni anni ad una fattiva e progressiva osmosi tra magistrati e personale amministrativo nell’impegno per l’organizzazione e l’informatizzazione degli uffici.

Il terreno dell’innovazione tecnologica, e della sua introduzione all’interno degli uffici giudiziari, dovrebbe e potrebbe costituire un luogo proficuo di incontro tra amministrazione e giurisdizione.

1 110 Cost. Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al Ministro della giustizia l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.

105 Cost. Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati.

2 Si veda il Dlgs 25 luglio 2006 , n. 240 Individuazione delle competenze dei magistrati capi e dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari nonché decentramento su base regionale di talune competenze del Ministero della giustizia, a norma degli articoli 1, comma 1, lettera a), e 2, comma 1, lettere s) e t) e 12, della legge 25 luglio 2005, n. 150., articolo 1 comma 1 Sono attribuite al magistrato capo dell'ufficio giudiziario la titolarità e la rappresentanza dell'ufficio, nei rapporti con enti istituzionali e con i rappresentanti degli altri uffici giudiziari, nonché la competenza ad adottare i provvedimenti necessari per l'organizzazione dell'attività giudiziaria e, comunque, concernenti la gestione del personale di magistratura ed il suo stato giuridico.

Come vedremo infra, con successivo intervento legislativo (3 ter L. 22 febbraio 2010, n. 24), la norma è stata integrata con il comma 1 bis, che ha previsto in capo ai magistrati dirigenti l’obbligo di “tempestiva adozione dei programmi per l'informatizzazione predisposti dal Ministero della giustizia per l'organizzazione dei servizi giudiziari, in modo da garantire l'uniformità delle procedure di gestione nonché le attività di monitoraggio e di verifica della qualità e dell'efficienza del servizio”.

3 “Ed invero, si ritiene che lo specifico ruolo affidato al magistrato responsabile del settore penale (e, più in generale, il significato della presenza di magistrati nella Direzione informatica) debba essere quello di fungere da momento di raccordo tra l’amministrazione e la giurisdizione, indirizzando le soluzioni informatiche verso le esigenze degli Uffici giudiziari, nel rispetto delle regole processuali e sostanziali e nella consapevolezza della realtà, anche organizzativa, del lavoro giudiziario.” Così Ileana FEDELE (all’epoca Magistrato Responsabile dell’Area Penale DGSIA) nella Relazione sull’attività dell’area penale, allegato n. 3 alla Relazione del CSM sull’incontro con i magistrati referenti per l’informatica tenutosi in Roma in data 4 aprile 2003 (Deliberazione del 3 luglio 2003).

Nondimeno il fatto che da ultimo l’incarico di Direttore Generale DGSIA sia stato conferito alla dott.ssa Daniela INTRAVAIA, già responsabile CISIA di Milano, apprezzata da tutti i RID che hanno avuto la possibilità di conoscerla nei diversi momenti di raccordo, non toglie nulla – ed anzi fa ben sperare - nella possibilità di una ulteriore concreta collaborazione tra magistratura e Ministero.

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La disponibilità di un moderno ed efficiente sistema di registri informatici, oltre ad agevolare le complesse operazioni connesse ai servizi di cancelleria, avrebbe l’ulteriore effetto di consentire un costante monitoraggio sui flussi di lavoro, con incremento di un valore ormai imprescindibile in qualsiasi amministrazione: la trasparenza.

La modernizzazione dei registri di cancelleria, la loro strutturazione secondo criteri logici e tecnologici che ne consentano la più ampia integrazione, potrebbe apportare notevoli benefici alla produttività del magistrato, ma anche alla qualità del lavoro stesso, e quindi all’efficienza, e probabilmente alla stessa efficacia della giurisdizione. L’apporto che può derivare dalle potenzialità delle ICT4 opera infatti sul duplice piano dell’organizzazione degli uffici (efficienza), da un lato, e della qualità del prodotto giuridico, dall’altro, qualità che, che a sua volta, abbinata alla tempestività, dovrebbe tradursi in ‘efficacia’ del lavoro svolto dal magistrato.

Inoltre, l’inserimento del mondo della giustizia all’interno di un’architettura informatica moderna consentirebbe una proficua connessione tra gli uffici giudiziari ed i diversi soggetti che, in vario modo, debbono dialogare con la giurisdizione. Solo per fare qualche esempio, pensiamo, nel settore penale, all’interazione con le Banche Dati delle forze di Polizia, da sempre obiettivo perseguito e mai definitivamente raggiunto; o, con riferimento al settore civile, ai rapporti con i curatori nell’ambito delle procedure fallimentari; o ancora, all’interazione con le diverse amministrazioni interessate alle sorti dei beni confiscati. In una prospettiva europea, poi, la possibilità di interscambio di dati è obiettivo che diventerà sempre più importante, anche se su questo fronte bisogna dare atto che anche gli altri stati dell’UE non sono particolarmente avanti.

In realtà, però, sembra che il settore dell’informatica, piuttosto che occasione di incontro, finisca per rappresentare un ulteriore terreno di scontro. Talvolta lo scontro ha coloriture ideologiche, ma per lo più credo che sia fisiologico, effetto della stessa impostazione costituzionale e delle scelte di complementarietà tra le attribuzione della Magistratura e quella del Ministero della Giustizia.

Ma l’architettura voluta dalla Costituzione, che divide il fattore organizzativo tra Consiglio Superiore della Magistratura e Ministero della Giustizia, così da affidare alla Magistratura ed al Consiglio Superiore l’organizzazione dell’attività giurisdizionale (artt. 105, 106, 107 Cost.) ed al Ministero della giustizia l’organizzazione dei servizi amministrativi. (art. 110 Cost.) è forse fattore che non agevola la possibilità di conseguire risultati eclatanti nel settore organizzativo e, per quanto qui oggi ci riguarda più da vicino, nel campo dell’innovazione tecnologica.

Ci troviamo di fronte a due soggetti autoreferenziali, dall’organizzazione complessa, i cui fini non sono ontologicamente collimanti.

Non mi riferisco alla possibile distonia nella percezione dei due aspetti legati all’esercizio della funzione giurisdizionale ed all’espletamento dei servizi della amministrativi della giustizia, perché entrambi i soggetti condividono e devono condividere gli stessi obiettivi con uguale consapevolezza e, semmai, soprattutto in passato ci sono state improprie sottovalutazioni da parte dei magistrati del secondo aspetto.

Penso però alle diverse responsabilità che derivano dall’adempimento dei diversi compiti, che portano a differenti sensibilità rispetto al proprio dovere e, quindi, nella quotidianità, a scelte che in concreto possono introdurre uno squilibrio tra i due fattori, a scapito ora dell’uno ora dell’altro.

Sul piano dell’informatizzazione, poi, da un lato la Magistratura tende ad opporre qualche resistenza ad operazioni che possono essere vissute come rischiose per la sicurezza dei dati, o come intrusioni nell’ambito coperto dal segreto o comunque dalla riservatezza necessaria all’investigazione ed al giudizio5. Dall’altro il Ministero interpreta le competenze in tema di organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla giustizia puntando alla strutturazione dell’apparato organizzativo ed amministrativo secondo quelle che sono le scelte del Governo e del

4 L’acronimo ICT sta per Information and Communication Technology (in italiano al plurale: Tecnologie dell'informazione e della comunicazione), ed è convenzionalmente impiegato in ambito internazionale per fare riferimento, nella più ampia accezione, all'uso della tecnologia nella gestione e nel trattamento delle informazioni, specie nell’ambito delle grandi organizzazioni. Esso ricomprende sia l'uso di apparecchi digitali e di programmi software che consentono all'utente di creare, memorizzare, scambiare e utilizzare informazioni (o "dati") nei più disparati formati (numerici, testuali, audio, video etc.), sia la trasmissione di informazioni tra postazioni connesse in rete fra loro: quindi esprime, in particolare, la convergenza e integrazione di informatica e telecomunicazioni.

5 Si pensi alla vicenda dell’ADN, vedi parte TERZA.

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Ministro, che presuppongono scelte strategiche, e talvolta tattiche, informate a criteri di carattere politico.

Quando fu scritta la Carta Costituzionale, l’impiego delle tecnologie ed il loro massiccio utilizzo nell’organizzazione dei servizi e, più in generale nell’organizzazione stessa degli uffici, del lavoro del personale amministrativo e del personale di magistratura, era impensabile. Se il legislatore costituente, per qualche ragione soprannaturale, avesse avuto una chiaroveggente visione dell’impatto delle tecnologie sul lavoro giudiziario, avrebbe forse speso qualche ulteriore parola, nel testo lapidario degli articoli 105 e 110 Costituzione, per garantire alla magistratura una autonomia marcata in materia di risorse informatiche.

Il sistema diarchico, previsto nella costituzione, è ormai diffuso e completato negli uffici giudiziari, dove le esigenze di funzionalità degli uffici rendono però necessaria, procedimentalizzandola, la concordia negli obiettivi da raggiungere e nelle modalità da adottare.

Ma il complesso ed imperfetto meccanismo del doppio canale della dirigenza degli uffici è ulteriore elemento di complicazione che non aiuta i magistrati-dirigenti all’acquisizione di una mentalità informatica. Esso ha forse contribuito ad un ritardo di fondo, di cui oggi scontiamo le visibili conseguenze, e rispetto al quale, però, molti sforzi sono in atto ai diversi livelli dell’organizzazione giudiziaria.

La duplice ripartizione delle attribuzioni in tema di organizzazione degli uffici non toglie, anzi amplifica, la necessità che all’interno della magistratura, e non solo in quella chiamata a funzioni direttive e semidirettive, sia coltivata la consapevolezza che l’uso delle risorse tecnologiche, al pari di tutte le altre risorse materiali e personali, deve diventare materia ‘sensibile’, da affrontare con cognizione di causa, soprattutto per poter percorrere senza tentennamenti la strada della ‘leale collaborazione’ con le articolazioni ministeriali di riferimento.

In questo target molto può e deve fare il CSM, che dalla propria visuale di ‘vertice organizzativo’ della magistratura deve pretendere dai magistrati scelte efficaci, mature, e, necessariamente, deve porsi come soggetto trainante, fissare ed impartire le linee guida essenziali, agire da collettore dei bisogni e degli interventi, e, soprattutto, assumere le opportune iniziative di interlocuzione istituzionale con il Ministero della Giustizia e con tutti i soggetti deputati.

Il lavoro in questa direzione è in atto da tempo (vedi in particolare PARTE TERZA), ma credo che sia possibile dire che nell’attuale Consiliatura questa strada sia stata intrapresa con energia e con sapienza, come testimoniano le molte ed importanti delibere assunte soprattutto dal 2011 ad oggi.

Di questo percorso la circolare del 9.11.2011 (Circolare in materia di magistrati referenti distrettuali e magistrati di riferimento per l’informatica), come vedremo, non è che la punta di un iceberg che sta crescendo, non solo sotto il livello dell’acqua.

Prima, però, di valutare lo stato della normazione secondaria in tema di informatica, credo sia utile richiamare alcuni concetti base in tema di organizzazione e dirigenza degli uffici giudiziari.

Ciò, al fine di inquadrare meglio il tema delle risorse tecniche e informatiche degli uffici (ICT), così da comporre un quadro il più possibile chiaro delle competenze in proposito.

L’organizzazione dell’amministrazione della giustizia attraverso uffici dislocati su tutto il territorio nazionale crea un’architettura che definirei ‘irregolare’, che vede i dirigenti degli uffici assumere vesti e poteri differenti in base alle specifiche materie trattate. In questo ambito il settore dell’ICT si presenta come un’ulteriore variante, in cui i soggetti di riferimento sono ulteriormente diverisificati.

la dirigenza degli uffici giudiziari ex dlgs 240/2006

La nuova disciplina della dirigenza degli uffici giudiziari, introdotta con il decreto legislativo del 25 luglio 2006 n. 2406 è informata al principio della netta distinzione tra le attribuzioni del magistrato dirigente l’ufficio giudiziario e quelle del dirigente amministrativo.

Le linee fondamentali del decreto 240/2006, sono le seguenti:

6 Il Dlgs 240/2006 è rubricato “Individuazione delle competenze dei magistrati capi e dei dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari nonché decentramento su base regionale di talune competenze del Ministero della Giustizia, a norma degli artt. 1 co. 1 lett. a) e 2 co. 1 lett s) e t) e 12 legge 25 luglio 2005 n.

150”.

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1) attribuzione al magistrato capo dell’ufficio giudiziario della titolarità e rappresentanza dell’ufficio nei rapporti con enti istituzionali e con i rappresentanti degli altri uffici giudiziari (art.

1)

2) competenza ad adottare i provvedimenti necessari per l’organizzazione della attività giudiziaria e, comunque, concernenti la gestione del personale di magistratura ed il suo stato giuridico (art. 1 comma 1);

3) obbligo di tempestiva adozione dei programmi per l'informatizzazione predisposti dal Ministero della giustizia per l'organizzazione dei servizi giudiziari, in modo da garantire l'uniformità delle procedure di gestione nonché le attività di monitoraggio e di verifica della qualità e dell'efficienza del servizio (art. 1 comma 1 bis)

4) attribuzione al magistrato capo dell’ufficio di fissare gli indirizzi di organizzazione della funzione giudiziaria, in coerenza alla quale il dirigente amministrativo ha il dovere di operare (art.

2);

5) attribuzione, al magistrato capo dell’ufficio ed al dirigente amministrativo del potere/dovere di predisporre, d’accordo tra loro, “il programma delle attività da svolgere nel corso dell’anno” tenendo conto delle risorse rese disponibili dal direttore generale (e, per i distretti di Roma, Milano, Palermo e Napoli, anche dal direttore tecnico) (art. 4);

6) assegnazione, al dirigente amministrativo preposto all’ufficio giudiziario, della responsabilità della gestione del personale amministrativo (da attuare, in coerenza con gli indirizzi del magistrato capo dell’ufficio e con il programma annuale delle attività) (art. 2)

7) istituzione di direzioni regionali o interregionali della organizzazione giudiziaria, con posizione di organi periferici del Ministero della Giustizia (realizzazione, quindi per tale via, di decentramento amministrativo) con competenza sulle aree del personale (esclusi i magistrati) e della formazione, dei sistemi informativi automatizzati, delle risorse materiali dei beni e servizi, delle statistiche (art. 3);

8) riserva, ai direttori regionali ed interregionali, della competenza per l’assegnazione delle risorse finanziarie e strumentali.

9) competenza del dirigente amministrativo preposto all'ufficio giudiziario ad adottare atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, anche nel caso in cui comportino oneri di spesa, rispetto ai quali il dirigente amministrativo è nominato funzionario delegato (art. 3).

Occorre precisare che le norme relative alle competenze del dirigente amministrativo trovano applicazione unicamente presso gli uffici giudiziari ove “eserciti le funzioni un dirigente c.d. di seconda fascia” 7, ciò perché le funzioni di dirigenza amministrativa vengono attribuite ex artt. 2 e 3 a dirigente che rivesta una qualifica non inferiore a quella di dirigente di “seconda fascia”.

Secondo l’interpretazione fornita dal Ministero (vedi circolare 31 ottobre 2006 del Ministero della Giustizia) e dal C.S.M8 in tutti gli uffici giudiziari la cui dotazione organica non prevede il

7 Ciò in quanto alla luce del d.lgs. n. 240/06 il dirigente amministrativo è da intendersi esclusivamente nel dirigente “di ruolo”, titolare dell’incarico in forza di conferimento avvenuto in applicazione dell’art. 19 del D.lgs. n. 165/2001.

8 Si veda la Risposta a quesito del CSM dell’11 novembre 2009 (Espletamento delle funzioni dirigenziali amministrative negli uffici giudiziari nell’ipotesi di vacanza del posto di dirigente amministrativo.) “Con la delibera del 25 gennaio 2007 il Consiglio superiore della magistratura, condiviso l’assunto della citata circolare, ha precisato che negli uffici ove non è prevista la figura in questione, sino alla rivisitazione della dotazione organica, le competenze dei dirigenti amministrativi devono essere svolte dal magistrato dirigente dell'ufficio, che in tal modo concentra su di sé, temporaneamente, tutte le competenze dirigenziali dell'ufficio.

Con circolare del 13 aprile 2007 (Chiarimenti sulla circolare 31 ottobre 2006: individuazione delle competenze dei magistrati capi dell’ufficio giudiziario e dei dirigenti amministrativi preposti all’ufficio) il Ministero della giustizia, nel fornire ulteriori chiarimenti in relazione all’ipotesi in cui la dotazione organica preveda un posto-funzione dirigenziale e lo stesso risulti vacante, ha spiegato che:

- in caso di mera “assenza” del dirigente (situazione caratterizzata da temporaneità) si possono individuare nel direttore di cancelleria e nel cancelliere i funzionari legittimati a svolgere funzioni “vicarie”;

- invece nel caso di “vacanza del posto-funzione” “…sino alla copertura del posto, le funzioni dirigenziali saranno esercitate, interinalmente, da altro dirigente di ruolo, cui sia stato conferito l’incarico di reggenza dell’ufficio medesimo - con provvedimento formale del Direttore generale del personale e della formazione - in conformità a quanto previsto dall’art. 61 del contratto collettivo della Dirigenza – Area 1, sottoscritto il 21 aprile 2006, ai sensi del quale, “nell’ipotesi di vacanza in organico ovvero di sostituzione del

(10)

relativo posto, o in cui questo sia vacante (non per temporanea ‘assenza’, ed al di fuori dei casi in cui sia nominato un reggente) le funzioni dirigenziali amministrative non possono essere esercitate da personale inquadrato in aree funzionali corrispondenti alla figura del direttore di cancelleria o del cancelliere, ma dovranno essere svolte dal magistrato dirigente l’Ufficio giudiziario, che in tal modo concentra su di sé tutte le competenze dirigenziali.

Questa situazione viene ritenuta coerente dal CSM e dal Ministero rispetto alla cornice ordinamentale di rango primario che regola la materia; peraltro il temporaneo, necessitato svolgimento, da parte del magistrato capo dell’ufficio, di tutte le competenze dirigenziali, è evenienza comunque conforme agli equilibri stabiliti dalla Costituzione tra l’esercizio della funzione giurisdizionale e l’organizzazione dei relativi servizi.

Ma anche così limitato l’impatto delle norme relative alla nuova Dirigenza occorre prendere atto di come la Dirigenza amministrativa abbia un ruolo pregnante in tema di organizzazione e dotazione di personale e di servizi informativi (dotazione fornitura, manutenzione dei sistemi informatici).

Con il D.Lgs 240/2006, di fatto, sono state sottratte competenze al magistrato-dirigente mentre, nell’apprezzabile ottica di valorizzazione della dirigenza amministrativa, sono state implementate quelle del dirigente amministrativo.

Il quadro appare ancora più significativo se si considera che il D.Lgs. 5.4.2006 n. 160 ha introdotto, con gli artt. 45 e 46, la temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi per i magistrati. Tale meccanismo, oltre all’aspetto di pregio che consente al CSM di non rinnovare il magistrato-dirigente dopo i primi quattro anni di gestione, qualora non soddisfacenti, ha comunque indebolito la legittimazione del capo dell’ufficio, che rischia di venir percepito come un soggetto

‘di passaggio’.

Si è creata, così, negli uffici giudiziari, una diarchia, difficilmente percepibile come tale dall’esterno, ma che vede in realtà due vertici autonomi, ai quali è imposto l’obbligo di collaborare in vista del perseguimento di obiettivi che possono essere disgiunti.

Se è vero che l’obiettivo comune è quello dell’efficienza del servizio giustizia9 è altrettanto vero che il perseguimento degli obiettivi degli uffici giudiziari trova valutazioni che divaricano a seconda della visuale da cui ci si pone.

Il sistema non trova una efficace modalità di coordinamento dei compiti attribuiti ai magistrati Capi degli uffici (in funzione dell’organizzazione dell’attività giurisdizionale) e ai dirigenti amministrativi (per l’organizzazione dei servizi amministrativi)10.

Il sistema diarchico, infatti, comporta l’impossibilità tecnica di individuare un soggetto che possa fungere da vertice organizzativo-strategico cui attribuire il potere finale di scelta ed imputare le conseguenti responsabilità. Nei fatti è necessario che i due dirigenti trovino (entro il 15 febbraio

dirigente assente con diritto alla conservazione del posto, la reggenza dell’ufficio può essere affidata ad un altro dirigente del medesimo livello dirigenziale con un incarico ad interim”.

Tuttavia, in considerazione del fatto che l’istituto della reggenza potrebbe risultare non applicabile in forma generalizzata, considerata la difficoltà di attingere presso altri uffici e la sproporzione esistente tra il numero di dirigenti attualmente in servizio ed uffici periferici con posto-funzione dirigenziale vacante, in attesa della copertura del posto vacante o del conferimento di apposito incarico “ad interim”, le competenze che il D.lgs. n. 240/2006 attribuisce al dirigente amministrativo dovranno essere svolte, temporaneamente, dal magistrato capo dell’ufficio”.

9 Così BARBUTO M., Programmazione delle attività annuali e patologie nella programmazione, Relazione all’Incontro di studio sul tema “La dirigenza degli uffici giudiziari”, Roma 16-17 aprile 2007, p. 5.

10 L’unico meccanismo di gestione e di soluzione dei conflitti fra magistrato-dirigente e dirigente- amministrativo previsto dalla legge riguarda il caso di inerzia nell’adozione o nella modifica. Il rimedio è contenuto nel secondo comma dell’art. 4, D.Lgs. n. 240/2006: In caso di mancata predisposizione o esecuzione del programma di cui al comma 1, oppure di mancata adozione di modifiche divenute indispensabili per la funzionalità dell'ufficio giudiziario, il Ministro della giustizia fissa un termine perentorio entro il quale il magistrato capo dell'ufficio giudiziario ed il dirigente amministrativo ad esso preposto debbono provvedere ad adottare gli atti o i provvedimenti necessari. Qualora l'inerzia permanga, il Ministro, per gli adempimenti urgenti, incarica il presidente della Corte di appello del distretto di appartenenza dell'ufficio giudiziario inerte ed il dirigente del relativo ufficio, o provvede direttamente in caso di inerzia delle Corti di appello e della Corte di cassazione. Quindi, di fatto, interviene il Ministro, dapprima con una formale “messa in mora” ai due dirigenti; poi con la sollecitazione ai dirigenti dell’ufficio giudiziario superiore a surrogarsi nell’adempimento; infine, provvedendo egli stesso.

(11)

di ogni anno) una composizione consensuale delle diverse prospettive. I temi più critici sono proprio quelli non pertinenti ai compiti del magistrato-dirigente, quali la gestione delle risorse umane diverse dal personale di magistratura (che ricade sotto la responsabilità del Dirigente amministrativo ex art. 2) e finanziarie e strumentali (che vengono assegnate ex art. 3 al dirigente amministrativo e per le quali lo stesso adotta gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, anche quale funzionario delegato).

Se nella fisiologia della stragrande maggioranza degli uffici ciò non crea particolari problemi, è in presenza di patologie che la situazione rischia di diventare un fattore di paralisi.

Da ciò conseguono evidenti difficoltà ‘strutturali’ nell’adozione di soluzioni organizzative, e comunque, nella pratica, sono innumerevoli le situazioni di conflitto la cui soluzione, in mancanza di procedimenti definiti, non sempre può essere trovata con il mutuo ricorso al buon senso11.

Il sistema che si sta realizzando, nella sua faticosa attuazione pratica, lascia perplessa anche la Dirigenza amministrativa, perché il cammino verso la formazione di una nuova e moderna dirigenza sembra lento.

I Dirigenti dell’Organizzazione della Giustizia, da tempo denunciano la fase di stallo in cui si trova il processo di ri-definizione del nuovo modello di governo degli Uffici Giudiziari di cui al D.Lgs. 240/2006 e, soprattutto, la dismissione di ogni politica di reclutamento di nuove leve di personale amministrativo. In occasione dell’inaaugurazione dell’annoi giudiziario 2014 è sttao rilevato “…che, negli ultimi 10 anni, sono stati banditi 8 concorsi per magistrato, per complessivi 2318 posti. Negli stessi 10 anni i posti messi a concorso nei ruoli amministrativi sono stati appena 2 per un totale di 43 posti !12.Anche negli anni scorsi non si era mancato di rilevare come nella strada di ‘sacrifici’ “i risparmi determinati dalle razionalizzazioni gestionali devono essere investiti nel reclutamento di nuove e giovani professionalità e nel perseguimento di una innovazione tecnologica meno declamatoria e più coerente.” I Dirigenti hanno sottolineato l’incoerenza derivante dal

“chiudere per anni la porta in faccia a nuove generazioni, a nuove intelligenze e competenze.

…dall’assumere Magistrati e poi lasciarli privi di collaboratori. … dal promuovere ambiziosi “piani di digitalizzazione” che poi si infrangono sulla difficoltà di innesto in un’organizzazione vecchia ed inadeguata (inaugurazione 2012).

L’organizzazione delle Procure (dlgs 106/2006)

Con specifico riferimento alle Procure occorre poi fare riferimento al D.Lgs. 20.2.2006 n. 106 Disposizioni in materia di riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera d), della L. 25 luglio 2005, n. 150.

Nel contesto complessivo che vede il Procuratore della Repubblica quale titolare esclusivo dell'azione penale, l’art. 1 comma 6 lett. a) attribuisce al Procuratore Capo il potere di determinare i criteri di organizzazione dell'ufficio.

La norma fondamentale che qui interessa è l’art. 4 che concerne l’impiego della polizia giudiziaria e delle risorse finanziarie e tecnologiche. La norma onera il procuratore capo di un obiettivo di efficienza e, conseguentemente, ne specifica il potere di determinare i criteri generali per l’uso, tra le altre, delle risorse tecnologiche assegnate. Esso recita:

1. Per assicurare l'efficienza dell'attività dell'ufficio, il procuratore della Repubblica può determinare i criteri generali ai quali i magistrati addetti all'ufficio devono attenersi nell'impiego della polizia giudiziaria,

11 “Il risultato è stato quello di produrre una situazione di oggettiva sofferenza per tutti, con ruoli non chiari. La dirigenza pubblica … nel campo della giustizia è limitata nella stessa formulazione di programmi, e quindi nella verifica della loro realizzazione, dalla presenza preponderante del magistrato titolare dell’ufficio che di fatto mantiene la titolarità piena dell’ufficio. D’altra parte il magistrato capo dell’ufficio si trova improvvisamente a confrontarsi con un altro soggetto che formalmente rivendica pieni poteri. Situazioni spesso risolte con la collaborazione ed il buon senso, ma che indubbiamente aprono una contraddizione tipica del settore giustizia, grazie ad una mancata regolamentazione da parte del legislatore.” Così C. CASTELLI, Relazione all’Incontro di studio “La gestione delle risorse esistenti: i modelli proponibili. Il rapporto tra produttività, organizzazione del lavoro e gestione del personale amministrativo. Gestione delle risorse umane e gestione delle risorse finanziarie e strumentali.”, Roma, 28 gennaio 2008, p. 8.

12 Il comunicato è reperibile su http://www.dirigentigiustizia.it/.

(12)

nell'uso delle risorse tecnologiche assegnate e nella utilizzazione delle risorse finanziarie delle quali l'ufficio può disporre, nel rispetto delle disposizioni contenute nel decreto legislativo emanato in attuazione della delega di cui agli articoli 1, comma 1, lettera a) e 2, comma 1, lettera s), della legge 25 luglio 2005, n. 150.

2. Ai fini di cui al comma 1, il procuratore della Repubblica può definire criteri generali da seguire per l'impostazione delle indagini in relazione a settori omogenei di procedimenti.

Conseguentemente, nella nota 28.12.2011 diffusa dalla Procura Generale della Corte di Cassazione il Procuratore Generale, con riferimento ai criteri organizzativi delle Procure della Repubblica, in vista di superare alcune criticità ravvisate, segnala a tutti i Procuratori Capo, l’esigenza che nei Progetti organizzativi, e nelle relazioni ex art. 6 dlgs 106/2006, sia espressamente

“elaborata ed enunciata specificamente … la programmazione della gestione delle risorse finanziarie e tecnologiche dell’ufficio, in coerenza con l’analisi dei carichi di lavoro e con i criteri di priorità nella trattazione dei procedimenti”.

In pratica il Procuratore Capo è responsabile dell’efficienza dell’Ufficio, ed ha il potere di determinare i criteri generali per i fini indicati dalla norma, e cioè:

- l'impiego della polizia giudiziaria, - l'uso delle risorse tecnologiche assegnate

- l’utilizzazione delle risorse finanziarie delle quali l'ufficio può disporre

La norma però ha cura di specificare che i criteri generali in tali materie sono cogenti solo con riferimento ai magistrati in servizio nell'ufficio.

Non appare facile il coordinamento tra queste norme e quelle del decreto 240/2006. La norma stessa esplicita un collegamento laddove chiede il rispetto delle disposizioni contenute nel decreto legislativo emanato in attuazione della delega di cui agli articoli 1, comma 1, lettera a) e 2, comma 1, lettera s), della legge 25 luglio 2005, n. 150, in materia di cosiddetta “doppia dirigenza”, e cioè, appunto, il Dlgs 240/2006.

I poteri attribuiti al Procuratore Capo in tema di organizzazione dell’ufficio e di gestione delle risorse finanziarie e tecnologiche sembrano però più ampi di quelli riconosciuti ai dirigenti degli uffici giudicanti13.

La norma ora riportata appare infatti essere l’equivalente di quella di cui all’art. 4 D.Lgs 240/2006, che attribuisce ai due dirigenti, viribus unitis, la redazione del “programma delle attività da svolgersi nel corso dell'anno”. Nelle Procure non pare richiesto un uguale adempimento, venendo esso surrogato dall’emanazione, da parte del Procuratore Capo, dei criteri generali di cui all’art. 4 D.Lgs. 106/2006, in coerenza ai quali il Dirigente amministrativo gestirà le risorse del personale amministrativo, ai sensi dell’art. 2 comma 1 D.Lgs 260/2006 e le risorse strumentali e finanziarie rese disponibili dal Ministero.

Tutto ciò non fa venir meno l’opportunità che gli atti di indirizzo adottati siano assunti in collaborazione con la dirigenza amministrativa, soprattutto per una valutazione preventiva degli aspetti incidenti sull’impiego delle risorse umane e materiali. Ma appare possibile argomentare che il sistema delineato fornisca delle chiavi di lettura per la risoluzione di possibili controversie.

Tale impostazione risulta inoltre condivisa ed avallata dalla normativa secondaria del CSM La Risoluzione CSM in materia di organizzazione degli uffici del Pubblico Ministero (Delibera del 21

13 Per Presidenti di Tribunale e Presidente di Sezione le norme di riferimento ulteriori rispetto al D.Lgs 240/2006 sono contenute negli artt. 47 e 47 quater Ord. Giud., dai contenuti meno ampi rispetto all’art. 4 D.Lgs. 106/2006:

47. Attribuzioni del presidente del tribunale. Il presidente del tribunale dirige l'ufficio e, nei tribunali costituiti in sezioni, distribuisce il lavoro tra le sezioni, salvi i compiti del presidente di sezione. Esercita le altre funzioni che gli sono attribuite dalla legge nei modi da questa stabiliti. (articolo così riformulato dall'art. 12, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51).

47-quater. Attribuzioni del presidente di sezione. Il presidente di sezione, oltre a svolgere il lavoro giudiziario, dirige la sezione cui è assegnato e, in particolare, sorveglia l'andamento dei servizi di cancelleria ed ausiliari, distribuisce il lavoro tra i giudici e vigila sulla loro attività, curando anche lo scambio di informazioni sulle esperienze giurisprudenziali all'interno della sezione. Collabora, altresì, con il presidente del tribunale nell'attività di direzione dell'ufficio.

Con le tabelle formate ai sensi dell'articolo 7-bis, al presidente di sezione può essere attribuito l'incarico di dirigere più sezioni che trattano materie omogenee, ovvero di coordinare uno o più settori di attività dell'ufficio (articolo aggiunto dall'art. 13, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51).

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luglio 2009) ha espressamente commentato (vedi § 3) che “per il raggiungimento dell’efficienza nell’impiego della polizia giudiziaria, nell’uso delle risorse tecnologiche e nella utilizzazione delle risorse finanziarie, i dirigenti degli uffici requirenti:

- provvedono a programmare la gestione delle risorse finanziarie e tecnologiche dell’ufficio coerentemente con l’analisi dei carichi di lavoro e con i criteri di priorità nella trattazione dei procedimenti eventualmente fissati, collaborando, nel rispetto dei ruoli e delle competenze stabilite ex lege, con la dirigenza amministrativa;

- promuovono la diffusione delle innovazioni informatiche.”

La risoluzione si spinge anche a dire che i dirigenti degli uffici requirenti possono organizzare le strutture da loro dirette secondo le modalità ritenute più opportune, “motivando in maniera chiara e completa le loro scelte anche in relazione alla migliore utilizzazione del personale amministrativo”.

Risorse informatiche: le tre facce della dirigenza

Nel settore dell’informatica, peraltro, il sistema di compresenza di più soggetti in ruolo di Dirigenza vede il concorso, non di due, ma di tre diversi soggetti.

Il magistrato dirigente dell’ufficio ha il potere di fissare gli indirizzi di organizzazione della funzione giudiziaria, facendo affidamento sulla “coerenza” a tali indirizzi dell’operato del dirigente amministrativo.

Il Dirigente amministrativo dispone direttamente e liberamente delle risorse umane dell’ufficio, in accordo con il Capo dell’Ufficio, e, sia pure in maniera meno libera, delle risorse finanziarie e strumentali.

Ma in tema di distribuzione delle risorse informatiche la valutazione delle esigenze degli uffici avviene su base distrettuale attraverso i CISIA, secondo le competenze a questi assegnate dall’art. 8 del Decreto ministeriale 18 dicembre 2001 in tema di “individuazione delle esigenze informatiche degli uffici del territorio e pianificazione delle risorse economiche e strumentali necessarie … acquisizione di beni e servizi informatici … indirizzo e coordinamento del personale tecnico-informatico”.

Si ricorda che i CISIA sono a loro volta diretti dal c.d. Dirigente informatico (dirigente amministrativo in possesso dei requisiti di cui all’art. 11 del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n.

39 e preposto alla direzione di un CISIA)

Il dirigente Informatico, quindi, diventa ulteriore soggetto specificamente competente in tema, con il quale gli uffici devono interloquire.

In un così articolato complesso organizzativo, le difficoltà concrete appaiono moltiplicarsi, e rendere prevedibilmente faticoso il coordinamento delle iniziative di innovazione informatica in sede locale.

Le difficoltà appaiono ancora maggiori se si considera che ciascun soggetto, a sua volta, non è libero, ma è inserito, con modalità diverse, in una struttura verticale facente capo, rispettivamente, al CSM, al Ministero-DOG, ed alla DGSIA.

In questo ambito, poi, si inseriscono quindi le competenze consultive e di impulso che il CSM riconosce ai Referenti Distrettuali e ai Magistrati di riferimento locali per l’informatica, e che di recente hanno avuto revisione organica, frutto di un apprezzabile approfondimento da parte del CSM, nella circolare del 9.11.2011 Circolare in materia di magistrati referenti distrettuali e magistrati di riferimento per l’informatica, che analizzeremo infra (vedi parte SECONDA)

Le novità della L. 24 del 2010

Una regolazione dei rapporti tra i diversi soggetti appare difficilmente predeterminabile a priori. Si deve dare atto che un tentativo è stato fatto nel 2010, attraverso alcune significative modifiche legislative del testo del dlgs 240/2006 che senza dubbio vanno nel senso di porre dei criteri.

Con riferimento specifico all’informatizzazione, si registra l’intervento normativo inserito nell’art. 3 ter L. 22 febbraio 2010, n. 24 (conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, recante interventi urgenti in materia di funzionalità' del sistema giudiziario). La norma ha aggiunto all'articolo 1 del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 240, in fine, i seguenti commi:

(14)

"1-bis. Il magistrato capo dell'ufficio giudiziario deve assicurare la tempestiva adozione dei programmi per l'informatizzazione predisposti dal Ministero della giustizia per l'organizzazione dei servizi giudiziari, in modo da garantire l'uniformità delle procedure di gestione nonché le attività di monitoraggio e di verifica della qualità e dell'efficienza del servizio.

1-ter. Il magistrato capo dell'ufficio giudiziario e' tenuto a comunicare al Ministro della giustizia, esclusivamente per via informatica e con cadenza trimestrale, i dati relativi all'andamento dell'organizzazione dei servizi giudiziari individuati dallo stesso Ministro, sentito il Consiglio superiore della magistratura, al solo fine di monitorare la produttività dei servizi stessi. I dati trasmessi sono comunicati al Consiglio superiore della magistratura e possono essere pubblicati in forma sintetica nel sito internet del Ministero della giustizia".

In pratica la norma introduce un nuovo dovere (anzi due) in capo ai magistrati dirigenti degli uffici giudiziari. Si tratta del dovere di adottare tempestivamente i programmi per l’informatizzazione predisposti dal Ministero, garantendo “procedure di gestione” uniformi e consentendo il monitoraggio e la verifica della qualità e dell'efficienza del servizio.

Con tutta evidenza la norma intende scongiurare i comportamenti dei Dirigenti che possano avere l’effetto di frenare l’introduzione delle innovazioni tecnologiche. Ma al contempo, intende attribuire ai magistrati-dirigenti uno strumento normativo col quale fare leva sul personale di magistratura per indurlo, ove necessario, all’ottemperanza delle direttive ministeriali in tema di informatizzazione. Lo stesso può dirsi con riferimento al personale amministrativo, posto che la norma, inequivocabilmente, onera direttamente il Capo dell’Ufficio, e gli attribuisce dei doveri (e quindi dei poteri) che appaiono sovraordinati perfino a quelli della Dirigenza amministrativa.

La collocazione delle norme in questione all’interno dello stesso art. 1 del Dlgs 240/2006, che attribuisce al Magistrato Dirigente la rappresentanza dell’ufficio e la competenza ad adottare i provvedimenti necessari per l'organizzazione dell'attività' giudiziaria e, comunque, concernenti la gestione del personale di magistratura ed il suo stato giuridico, evidenzia la volontà di incidere proprio sull’attività giudiziaria nel senso di consentirne, per legge, il monitoraggio e la verifica sotto il profilo dell’andamento del servizio.

L’obbligo non è ripetuto per il dirigente amministrativo preposto all’ufficio, per il quale appare sufficiente il rapporto di dipendenza gerarchica. Tale rapporto gerarchico, però, nella fattispecie, e nelle concrete dinamiche degli uffici, dovrà prendere atto che ex lege il dovere di tempestiva adozione dei programmi per l'informatizzazione vede come diretto responsabile il magistrato dirigente dell’ufficio.

Il secondo dovere introdotto nel comma 1-ter è un dovere di comunicazione-informazione dei dati relativi all'andamento dell'organizzazione dei servizi giudiziari. Il problema dell’individuazione di tali dati è questione di non poco momento, che la norma risolve devolvendo ad un’apposita intesa tra Ministro e CSM (nella quale, però, il CSM assume un ruolo meramente consultivo, venendo solo “sentito”). Opportunamente la norma specifica che il fine dell’acquisizione dei dati sia esclusivamente quello di monitorare la produttività' dei servizi stessi, con ciò escludendo la possibilità di pretesa di dati specifici sui procedimenti giudiziari.

Altra modifica legislativa pertinente al settore dell’organizzazione degli uffici, sempre contenuta nello stesso testo normativo, interessa il concerto per il conferimento degli incarichi direttivi di cui all'articolo 11 della legge n. 195 del 195814.

14 Il concerto in questione fu il frutto della originaria disciplina della dirigenza degli uffici giudiziari che attribuiva al magistrato capo dell’ufficio la titolarità dell’ufficio e l’assommarsi di competenze giudiziarie ed amministrative: cfr. CASTELLI, relazione 2008 cit., p. 7 che osserva “che il concerto del CSM con il Ministro introdotto dall’art 11 L. 24 marzo 1958 n.195 trae fondamento non, come spesso si crede, da una volontà di ingerenza politica, ma dal semplice fatto che ogni dirigente di ufficio era terminale amministrativo dello stesso Ministero, venendo ad essere nel contempo il vertice della giurisdizione locale e parte del reticolo territoriale amministrativo che aveva come vertice il Ministero, inteso come organizzatore di servizi.”

È interessante ricordare come la Corte Costituzionale, chiamata a dirimere un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, con la sentenza 379/1992, intervenendo sull'istituto del concerto (per una ricostruzione storica dell'articolo 11, si veda la sentenza n. 168 del 1963), ha affermato, tra l'altro che il concerto comporta un vincolo di metodo, non di risultato: un vincolo che obbliga le parti a una leale cooperazione, finalizzata alla ricerca della maggiore convergenza possibile attraverso una discussione effettiva e costruttiva.

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