L'ECONOMISTA
GAZZETTA SETTIMANALE
tSCIENZA ECONOMICA FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI inno XLIII - Yol. XLYII
Firenze-Roma. 12 marzo 1916
FIRENZE: 31 Via dell» Pergola ROMA : 56 Via GregorianaN. 2184
Anche nell'anno 1916 V Economista uscii à con pagine in più. Avevamo progettato, per rispon dere specialmente alle richieste degli abbonati este-ri, di portare a 12 l'aumento delle pagine, ma l'esse-re il Dil'esse-rettol'esse-re del periodico mobilitato non ha con» sentito per ora di affrontare un maggior lavoro, cui occorre accudire con speciale diligenza. Rimandia-* mo perciò a guerra finita questo nuovo vantaggio
che intendiamo offrire ai nostri lettori.
Il prezzo di abbonamento è di !.. i » annue anticipate,
per l'Italia e Colonie. P e r l'Estero (unione postale) >,. «a.
Per gli altri paesi si aggiungono le spese postali. Un fasci-colo separato !.. l .
S O M M A R I O :
PARTE ECONOMICA.
La conferenza economica di Parigi. Il successo del terzo prestito di guerra.
La crisi economica in Svizzera durante la guerra e l'azione delle Società cooperative, m.
NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE.
Il disagio economico e finanziario in Germania — La viticol-tura nella Campania ed in Sicilia — L'industria dei colori arti-ficiali a! Giappone — L'industria del cotone, del ferro e dell'ac-ciaio in Inghilterra nel 1915 — Il mercato svizzero de! legname — Produzione e commercio del rame nel mondo,
EFFETTI ECONOMICI DELLA GUERRA.
Situazione economico-finanziaria in Egitto—Importazione ed esportazione di prodotti metallurgici in Spagna.
FINANZE DI STATO.
La tassa sui profitti di guerra in Francia -11 diritto di emissione della Banca di Russia — Finanze Russe — Le Casse di prestiti in Austria — Un secondo prestito in Olanda — Un'imposta di guerra in Olanda.
FINANZE COMUNALI. Mutui a Comuni. IL PENSIERO DEGLI ALTRI,
Il mirabile equilibrio della nostra circolazione bancaria, GIU-SEPPE MOLTENI — Il successo del prestito nazionale, FEDERICO FLOBA — Le anomalie del mercato granario. Il prezzo del grano e delle fa-rine, SEBASTIANO LISBONE — L'alimentazione carnea e ^intervento dello Stato, ANNIBALE GILARDONI.
LEGISLAZIONE DI GUERRÌ.
Provvedimenti per frenare il rialzo del prezzi dei grano, delle farine e del pane. Il prezzo limite del grano. La farina ed il pane — Le carte vecchie dello Stato — Il rinvio dei pagamenti ad «oro effettivo» e il divieto di inviare titoli all'estero — La re-voca delle restrizioni relativa all'uscita dai porti dei combustibili liquidi.
NOTIZIE - COMUNICATI - INFORMAZIONI.
Le operazioni dell'Istituto Italiano di Credito Fondiario — Esportazione di combustibili dal Regno Unito nel 1915 — Il com-mercio estero della Spagna nel $15 — Modificazioni e semplifi-cazioni alle tariffe ferroviarie — fi movimento dei porti del Regno — La produzione di combustibili fossili in Austria-Ungheria — La produzione di combustibili fossili in Germania — Importazio-ne ed esportazioImportazio-ne di piombe, rame, stagno e zinco in Gran Bretagna — Il commercio estero del Giappone--L'esportazione dei principali prodotti siderurgici dalla Gran Bretagna — Il debito pubblico dell'impeto Germanico — Le ordinazioni di guerra negli Stati Uniti — L'oro del Transvaal — 11 rame nel 1915 — La pro-duzione mondiale del caffè — I considerevoli utili delle banche di New York mei 1915 — Produzione 'e Importazione di combusti-bili fossili in Spagna — Il commercio estero dell'Argentina. Situazione degli Istituti di Credito mobiliare, Situazione degli
Istituti di emissione italiani. Situazione degli istituti Nazio-nali Esteri, Circolazione di Stato nel Regno Uuito, Situazione del Tesoro italiano, Tasso dello sconto ufficiale, Debito Pubblico italiano, Riscossioni doganali, Riscossione dei tributi nell'eser-cizio 1914-15, Commercio coi principali Stati nel 1915, Espor-tazioni ed imporEspor-tazioni rinnite, Importazione (per categorie e per mesi), Esportazione (per categorie e per mesi). Prodetti delle Ferrovie dello Stato, Quotazioni di valori di Stato
italiani, Stanze di compensazione, Borsa di Parigi, Borsa di Londra, Tasso per i pagamenti dei dazi doganali, Prezzi del-l'argento.
Cambi in Italia, Cambi all'Estero, Media ufficiale dei cambi agli effetti dell'art. 39 del Cod. comm., Corso medio dei cambi accertato in Roma, Rivista dei cambi di Londra, Rivista dei cambi di Parigi.
Indici economici italiani.
Prezzi dei generi di maggior consumo in Italia per mesi e regioni nel 1914.
Valori industriali.
Indici economici dell' « Economist » . Credito dei principali Stati.
Numeri indici annuali di varie nazioni. Pubblicazioni ricevate.
PARTE ECONOMICA
La Conferenza economica di Parigi
Per invito del Governo francese si riuniranno fra breve a Parigi i rappresentanti delle nazioni formanti la Intesa e dalle notizie più recenti anche il Giappone, il Belgio, la Serbia vi saranno rappre-sentati .Lo scopo della Conferenza è quello di stabilire un'azione comune fra gli alleati dell'Intesa per combattere la penetrazione commerciale austro-tedesca, o per meglio dire quella germanica che aveva veramente conquistato un campo più vasto | di azione; azione che era altresì preparatoria e
strumento di dominazione politica. L a Conferenza si propone inoltre di coordinare i mezzi più effi-cienti a rendere più legata la unione commerciale e finanziaria delle Potenze intervenienti, nel pe-riodo della guerra, e di stabilire i mezzi più idonei per togliere, ove possibile, agli Imperi centrali, le risorse ed il credito di cui godono tuttora in alcuni paesi neutrali. Già numerose e svariate sono le proposte che, specialmente su questa seconda par-te del programma, vengono ventilapar-te sui periodici delle Potenze interessate, ma tutte mirano concor-di a stabilire che la guerra attuale è anche una guerra di liberazione economica, dato che lo svi-luppo industriale e commerciale della Germania minacciava la indipendenza dei vicini i quali deb-bono necessariamente rafforzarsi economicamente per debellare il temibile nemico.
Non possiamo non vedere con viva simpatia il tentativo che la Conferenza si propone e non pos-siamo non pensare di dare piena adesione alle in-tenzioni che hanno animato la Francia nello indire il convegno. Non possiamo però non dissimularci neppure le difficoltà molteplici che involgono l'ac-cordo, il quale presuppone una unicità d'intenti po-litici i quali dovrebbero perdurare inalterati e lun-gamente, per essere efficaci, anche dopo la guerra, fra coloro che oggi vi aderiscono, stretti da una ne-cessità impellente di interessi e coesione d'intenti.
Che convenzioni internazionali di natura econo-mica sieno possibili fra diversi Stati, non esitiamo
a crederlo anche sul semplice ammaestramento del passato. Senza voler parlare d'altro, gli stessi trattati di commercio, la estensione della clausola della nazione più favorita ecc. sono germi non dubbi, dai quali potrebbe nascere un pieno accor-do internazionale economico di un gruppo di Stati a danno od in contrapposizione ad un altro grup-po. Ma per certo una convenzione di tal genere che sia più vasta dei confini politici di uno stesso Stato presenta difficoltà recondite che ci spaven-tano, più che tutto per la possibilità dell'attuazione
non nel periodo attuale, ma negli anni che segui-ranno il conflitto.
necessità, talché il Primo Ministro inglese ha do- ; vuto tranquillizzare le ansie dichiarando che in ! ogni caso l'Inghilterra non assumerà impegni pre- j maturi, senza avere l'approvazione della Camera e senza avere ottenuta l'adesione dei domini in-glesi d'oltre mare.
Apparisce chiaro che una Nazione a base colo-niale così vasta e d importatrice, specialmente in Germania od attraverso i mercati di A m b u r g o e di A n v e r s a di così cospicua mole di prodotti, sia preoccupata e non lievemente di una lotta doga-nale cogli Imperi centrali, dalla quale potrebbe de-rivare la chiusura o lo spostamento di quei mercati.
Da ciò i timori dei liberisti, nei quali in questo caso crediamo di vedere non già dei teorici segua-ci delle teorie di Codben, bensì dei pratisegua-ci che pa-ventano per l'avvenire degli scambi coloniali del-l'Inghilterra. Tuttavia, per quanto anche noi ap-parteniamo alla schiera dei liberisti e da diecine d'anni abbiamo fatto professione di liberismo su queste nostre colonne, non sappiamo condividere le preoccupazioni dei colleghi inglesi, i quali alla pari di noi sanno che non e r a già sufficiente una pratica liberista a combattere l'espansionismo eco-nomico tedesco.
Anzi, nella eventualità di un successo duraturo e, vogliamo augurare, perenne della Conferenza di Parigi noi crediamo. d;i vedere la base prima di un liberismo futuró assai più efficace ed assai più vasto di quello che non abbia finora applicato la stessa Inghilterra. Ci sembra chiaro che se le Na-zioni dell'Intesa, riuscissero a stabilire un accordo economico tale, che distruggesse le barriere do-ganali esistenti f r a le nazioni stesse alleate, per potere nell'insieme debellare economicamente gli Imperi centrali, c o m e già avviene oggi per effetto della guerra, questi dovrebbero in breve soggia-cere a quelle condizioni che ali Intesa piacesse di dettare e si addiverrebbe probabilmente ad un ac-cordo commerciale e doganale comprendente in-teramente due gruppi di nazioni dell'Europa! L a
barriera doganale in Europa sarebbe quindi unica, mentre f r a le divisioni politiche retrostanti dovreb-be regnare un lidovreb-berismo esteso e reale.
C o m e liberisti v e d i a m o quinci nella Conferenza di Parigi, alla quale crediamo sia da darsi piena adesione, l'inizio di un programma rispondente ai nostri convincimenti e ci dorrebbe c h e le preoc-cupazioni commercialiste di una parte dei così det-ti liberisdet-ti inglesi dovesse in qualsiasi modo pre-giudicare il successo di un tentativo che crediamo utile non solo agli effetti della guerra, ma ad un futuro assetto doganale delle Potenze, che già hanno raggiunto, non dimentichiamolo, il punto culminante e quasi insuperabile del protezionismo. A tranquillità di coloro che dall'attuale guerra traggono giustamente argomento per affermare la necessità politica di tutelare le industrie che han-no attinenza coi prodotti di prima necessità nella guerra, possiamo rispondere che un futuro regime più liberista non esclude la possibilità della prote-zione per alcuni prodotti.
Il nostro liberismo del resto è stato sempre così notoriamente relativo, che non abbiamo bisogno ci rassicurare i nostri lettori di non essere disposti a cadere in un assolutismo che oggi, ancor meno che per il passato, sarebbe fuori di luogo.
Il successo del terzo prestito di guerra
I cittadini hanno risposto al terzo appello' del Te-soro con uno slancio meraviglioso. Si sono sotto-scritti 2933 milioni di cui quattro quinti già- versati e un quinto da pagarsi ratealmente. L'apporto di nuovo capitale sarebbe di 2 miliardi e 281 milioni. I titoli del prestito 4.50 cento, emessi nel gennaio 1915, entrarono per un valore1 di 504 milioni e mezzo di lire e non più di 148 milioni sono stati versati inbuo-ni del tesoro quinquennali scadenti nel 1917 e nel 1918. I 2281 milioni comprendono invece i versamenti effettuati in buoni ordinari del tesoro i quali, essen-do a. breve scadenza (da 3 a 12 mesi) equivalgono a denaro contante; tanto più che il Tesoro acquista la facoltà di emettere altri buoni in sostituizon-e di quelli per tal modo ritirati. Nè il totale di 2281
mi-lioni dà la misura esatta dello sforzo, poiché ad esso converrà aggiungere il prodotto della sottoscrizione nelle colonie italiane e fra gli italiani all'estero, la quale annunciasi sotto auspici più promettenti che nel luglio scorso, oltre che il tramutamento della massima parte dei 1146 milioni del secondo prestito. Sicché si giungerà facilmente ai 4 miliardi di lire. Complessivamente dal gennaio 1915 al oggi il Paese ha dato- allo Stato per la guerra circa 5200 milioni, e cioè 2 miliardi e 150 milioni coi due prestiti pre-cedenti, 700 milioni con buoni del tesoro ed il resto col nuovo prestito.
Se si considera che la' potenzialità finanziaria del-la Francia è otto volte queldel-la dell'Italia, si rileva come anche per quanto riguarda il finanziamento della guerra, la nazione italiana non è stata meno delle altre nazioni.
A! successo del nuovo prestito ha grandemente contribuito l'opera svolta da tutti i nostri Istituti di credito e in ispecie dai primari, con a capo la Banca Commerciale Italiana e il Credito Italiano. Ai quali si deve buona parte della propaganda durata per molte settimane, svolta con nobile larghezza e pa-triottica ispirazione.
I capitali raccolti agli sportelli di tali grandi isti-tuto- hanno raggiunto cifre elevatissime. La Banca Commerciale ha ricevuto sottoscrizioni per un totale di L. 436,514,700 a cui sono da aggiungere 34,500,000 lire per la quota assunta dalla Banca stessa nel Con-sorzio: per cui si tocca un totale di L. 471,014,14.
II totale delle sottoscrizioni raccolte dal Credito Italiano- raggiunge i 430,000,000 con oltre 90,000 sot-toscrittori e computando la quota di 24,000,000 assun-ta per suo conto, si ha una somma di 4-54 milioni.
Le sottoscrizioni raccolte presso la Banca Italiana di sconto ascendono alla somma di 208 milioni com-presavi quella sottoscritta in proprio dalla Banca. Ecco in un prospetto paragonate le somme raccolte al secondo e al terzo prestito dalle suddette banche:
2° prestito 3° prestito in milioni di lire
Banca Commerciale . . Credito Italiano- . . . . Banca Italiana di Sconto
107.7 117.7 52.4 471 454 208 Luigi Einaudi accennando agli ammaestramenti che possono trarsi dal terzo prestito scrive:
<< E' certo che al successo del prestito contribuì massimamente la felice scelta di un tasso di interes-se, il 5 per cento, rispondente alle condizioni del mer-cato, bene accetto ai risparmiatori, tradizionalmente uguale al frutto che dal capitale i detentori credono aver ragion-e- di ottenere. E' molto dubbio- se, ove fos-se stato confos-servato il tipo del 4 e mezzo per cento dei due primi prestiti, le sottoscrizioni. « nette » avreb-bero toccato i 2300 milioni di lire. Anche un titolo 4 e mezzo per cento emesso a 90 lire, sebbene sostan-zialmente più oneroso per lo Stato di un 5 per cento a 97.50, non avrebbe avuta una eguale potenza di at-trattiva. Andare contro ai fatti, alle esigenze del mercato, ai criteri radicati nella testa dei detentori del capitale, non giova. Un primo punto possiamo perciò fermare in modo .sicuro: che nei futuri pre-stiti, quando verranno, lo Stato si dovrà tenere stretto
alla regola aurea, le mille volte provata vera dalla esperienza storica e splendidamente oggi riafferma-ta in Iriafferma-talia, la quale consiglia di preferire il riafferma-tasso
di interesse, qualunque sia, il 4, il 5 ed occorrendo il 6 per cento, il quale risponda alle condizioni del mercato. Con un 4 e mezzo venduto in luglio, pel massimo numero dei sottoscrittori, a 93 si raccolsero 1146 milioni: con un 5 per cento venduto a- 97.50, os-sia con un piccolo « sostanziale 5 aumento di inte-resse per lo Stato, si raccolse più del doppio.
risparmio a fine febbraio. Quando- si conosceranno, è probabile si possa constatare che i depositi dimi-nuirono di gran lunga meno dei 2300 milioni netti sottoscritti al prestito nazionale.
Il che vuol dire che oggi ,« durante la guerra », la capacità di risparmio del paese- è assai superiore alla normale. Fatto naturale se si pensa che la guerra, trasforma parte di ciò ch-e era capitale in « redditi » di fornitori, industriali, agricoltori, militari, loro fa-miglie, intermediari, impiegati ed operai di imprese belliche. La guerra non produce, finché dura, una diminuzione, bensì un » aumento » dei redditi della massima parte della popolazione. Per fortuna, gli italiani sono un popolo ancora frugale e parsimo-nioso; sicché, salvo alcuni strati sociali cittadini, quei maggiori redditi non si trasformano per lo più in consumi, ma in risparmi. E questi risparmi flui-scono, per vie diverse, direttamente od indirettamen-te ai prestiti pubblici ».
La crisi economica in Svizzera durante la guerra
e l'azione delle Società cooperative
La Svizzera, al pari di tutte le altre nazioni, è stata sorpresa dalla guerra. Data la -sua organiz-zazione economica, che rappresenta un fenomeno di equilibrio instabile, questa sorpresa avrebbe po-tuto esserle fatale. Si tratta di un paese, infatti, che non ha accesso direttamente- al mare e tuttavia
deve importare d'oltre mare una gran parte dei suoi viveri. Non ha presso di sé materie prime e malgrado questa mancanza paga con i prodotti del-la sua agricoltura e deldel-la sua industria i viveri e le materie prime comprate dall'estero. La sua agri-coltura non è sufficiente alla sua nutrizione in quan-to non fornisce che un quinquan-to del pane ed i tre quarti della carne che consuma. E non -è a dire che si trovi in uno stadio arretrato; ma la sua spe-cializzazione nell'industria del latte da una parte e la scarsità delle terre coltivabili dall'altra non permettono ohe l'agricoltura possa bastare al con-sumo di una popolazione industriale numerosa ed il cui livello di esistenza è elevato. L'industria, mancando di materie prime, esporta sopratutto oggetti nei quali la parte del prezzo rappresentata dalla materia prima e dalle spese di trasporto è in- j significante, paragonata al valore che vi aggiunge ùn lavoro minuzioso ed accurato: ricami, orologi, seterie, macchine ed articoli di lusso. L'arresto del-l'importazione e dell'esportazione fu provocato il 31 luglio ed i giorni seguenti sia dall'incertezza dell'avvenire, per la mancanza di sicurezza negli af-fari, e sia dai divieti di esportare emanati dai paesi vicini e dallo stesso governo svizzero. Questo arre-sto pose subito un ostacolo, in apparenza insormon-tabile, allo scambio dei prodotti fabbricati con le merci alimentari di più urgente bisogno. Tra altro lo scarso consumo estivo dei prodotti di buona conservazione e l'attesa dei prossimi raccolti, che si annunziavano abbondanti, di grano, di vino e di frutta, avevano avuto per risultato una forte ri-duzione di approvvigionamenti. La riserva ammon-tava a 17 mila tonnellate di grano; la raccolta in-digena doveva procurarne 95 mila: ne occorreva-no 249 mila tonnellate fioccorreva-no alla raccolta del 1915. Tali furono le circostanze che determinarono il pa-nico degli ultimi giorni di luglio e dei primi giorni di agosto. TéTnendo la mancanza di viveri, il pub-blico" si precipitò nei magazzini di derrate alimentari per fa,re provviste : anche "le banche e le casse di risparmio furono prese di assalto per ritirarne i fondi ed investirli in acquisti di viveri. Gli approv-vigionamenti invece di ripartirsi con razionale di-stribuzione, si accumularono presso i più forniti di numerario. In luogo di circolare e di essere il vei-colo delle transazioni più attive, il denaro si nasco-se. La domanda di generi si portò sopra tutto su articoli di cui esistevano le minori quantità in quel-la stagione: legumi e frutta secche, farinacei, con-serve, zucchero. L a disoccupazione fu da un giorno all'altro generale nella orologeria e nell'industria dei ricami. L a mobilitazione, che tolse quasi 300,000 uomini dalle occupazioni, costrinse i padroaf a
chiu-dere parecchie fabbriche e restringerne notevolmen-te la produzione.
Alcune cifre illustrano tale critica situazione : si
riferiscono all'agosto 1914 paragonato coll'agosto 1913. L'esportazione di ricami agli Stati Uniti, suo principale sbocco, fu di 2 milioni di franchi nel 1914 in luogo di 4 milioni e mezzo nel 1913. Il nu-mero delle casse di orologio bollate dagli uffici di controllo' ufficiale fu di 18,075 in luogo di 325,325. L'esportazione della cioccolatta si abbassò da fran-chi 1,150,000 in luogo di 13 milioni e mezzo; quella del latte condensato a 24 milioni in luogo dì 35; quel-la del formaggio- a 2 milioni in luogo di 32 milioni e mezzo. L'industria della seta impiegò 27 tonnel-late di seta, in luogo di 174. Le entrate delle ferro-vie federali si ridussero della metà in paragone a quelle del 1913; quelle delle dogane di cinque sesti. Lo sconto saltò dal 3 e mezzo pei' cento al 6 per cento. L'incasso metallico della Banca Nazionale non coprì più che il <48 per cento dei biglietti di banca in circolazione, in luogo del 74 per cento. La « Clearing-house » compensò 168 milioni di franchi in luogo di -417.
Fortunatamente la crisi, fu di corta durata. Già l'8 agosto le banche constatarono che ì depositi dei fondi superavano i ritiri. F r a poco diremo co-me le autorità publiche, le banche e le cooperative contribuirono al ristabilimento dell'attività econo-mica. Per ora paragoniamo alcuni dati del mag-gio-giugno 1915 con quelli corrispondenti del 1914. Qualcheduno che si riferisce al gennaio, e indicato in parentesi. All'esportazione i ricami arrivarono a 3 8 milioni in luogo di 3.7; il cioccolatto gennaio a .19 milioni in luogo di 11; il formaggio (gennaio) .a 34 invece di 25 ed il latte condensato (gennaio) a 25 in luogo di 35. Il numero delle casse di orologio bollate fu di 128,000 in luogo di 298,000; la seteria fece condizionare 211 tonnellate di seta in luogo di 183 Le entrate delle ferrovie federali ritornarono quasi all'antico rendimento: 5071 franchi m luogo di 6249 per chilometro; le dogane incassarono tran-chi 4,480,000 in luogo di 6,690,000. Le Borse di lavo-ro iscrisselavo-ro 102 operai e 124 operaie per 10Ci posti offerti in ogni categoria in luogo di 129 e 72 nel mag°-io- 1914. Lo sconto ufficiale ridiscese al 4 e mezzo- la copertura metallica dei biglietti sali a 72 per cento in luogo di 74 per cento. La Camera di compensazione liquidò per 329 milioni di tran-sazioni in luogo di 412.
Nel corso dell'autupno e dell'inverno, a misura che il pericolo di un intervento si allontanò dalla Svizzera, il governo licenziò un gran numero di soldati. Erano gli uomini indispensabili al mercato di molteplici industrie: commercio delle farine, confezione del pane, fabbriche di calzature e di panno. Pur mantenendo l'esercito in piede di guer-ra, non si conservò che un quinto dell'effettivo mo-bilizzato all'inizio del conflitto.
Tuttavia la crisi ha lasciato tracce profonde: condizione poco prospera di alcune industrie, diffi-coltà di trovare ad importare derrate ad alti prez-zi. Il Lorenz, basandosi su una minuziosa inchie-sta condotta sui conti annuali di '742 famiglie, ha stabilito per la Svizzera una cifra indice dei prezzi di dettaglio. Tale indice era nel marzo 1914, 1047.87; nel dicembre 1914, 1096.53; nel marzo 1915, 1195.20. Vi è dunque un aumento del 34 per cento da un an-no all'altro. L'aumento del pane è del 50 per cento. Le difficoltà dell'importazione derivano oltre che dai divieti di esportazione posti da tutti gli Stati, anche dal timore di alcuni Stati belligeranti che le derrate alimentari potessero servire al nemico.
Passando in rassegna le misure prese per ripa-rare alla crisi del 1914, esaminiamo principalmente l'opera delle società cooperative di consumo e ve-diamo quale fu la loro parte nel ristabilimento del-la vita economica in Svizzera.
11 governo federate emanò divieti di esportazione allo scopo di conservare al paese tutti i viveri di-sponibili. L'8 agosto prese misure legislative per li-mitare la speculazione punendo ogni vendita fatta ad un prezzo esagerato in rapporto al prezzo di acquisto. D'accordo con la Banca Nazionale, sosti-tuì il numerario che si nascondeva per 44 milioni di biglietti di banca da 5 e da 20 franchi. Si inca-ricò dell'acquisto e della importazione di cereali e poi organizzò il monopolio di Stato. E' così che la Svizzera potè ricevere le quantità necessarie di questo prezioso alimento. Il grano acquistato fu ri-messo ai mulini a condizione di non fabbricare ohe un tipo di farina all'80 per cento utilizzando così al massimo la materia prima, e di non venderla che ad un prezzo fissato dal governo. Incoraggiò la for-mazione di un'associazione di tutti gli esportatori di formaggio, alla quale soltanto concesse la fa-coltà di esportare; fu così in grado di controllare l'esportazione ed il consumo interno. Allo- scopo di contribuire ad un macellamento razionale del bestiame indigeno, quando non vi era nè bestiame né carne sufficiente in Svizzera, affidò la fornitura della carne per l'armata, ad una federazione di tut-te le associazioni agricole. Malgrado questut-te misure però non si potè evitare la diminuzione dello stock di carne: i prezzi aumentarono, sino al punto di dover diminuire la razione giornaliera di carne per i soldati da 425 grammi a 300 e poi a 200 sosti-tuendo altri alimenti. Anche nella popolazione civi-le il consumo della carne è diminuito rapidamente.
E intanto che cosa fecero le cooperative? Il loro primo dovere era di non lasciarsi trasci-nare dalla corrente, ma di resistere, di arrestare il panico, e di prendere misure energiche proteg-gendo il pubblico e dimostrandogli l'infondatezza dei suoi timori, e conservando infine le istituzioni destinate ad essere utili. Bisognava evitare l'acqui-sto da parte di alcuni soltanto (Ielle mercanzie com-prate per i bisogni di tutti; bisognava sopratutto conservare regolare il mercato cooperativo, sola àncora di salvezza durante la tempesta e sola isti-tuzione capace di salvaguardare gli interessi dei consumatori. Occorreva non diminuire finanziaria-mente l'istituzione cooperativa, ma rinforzarla e pro-curarle i mezzi per continuare a vivere.
Cominciò l'Unione cooperativa svizzera a dare gli opportuni consigli alle varie Società con circo-lari apposite, nelle quali si diceva:
sopprimete la vendita a non soci;
limitate le quantità per ogni compratore allo sco-po di ripartire equamente gli stocks;
applicate strettamente il pagamento a contanti in
ad acquisti da ripartirsi fra le cooperative^locali.
annesse alle società cooperative di consumo cesra-rono assai presto. La Cassa di risparmio della So-cietà di Bàie dovette rimborsare 108.815 franchi du-rante gli ultimi cinque giorni del luglio 1914. Ma nella prima quindicina dell'agosto 1914 i rimborsi furono solo di 8509 franchi e nell'ultima Settimana dello stesso mese i depositi superarono i ritiri.
Nella questione dei prezzi, le società non seguiro-no che in parte il consiglio dell'Unione di aumen-tarli per far fronte a nuove spese e per evitare le altezze, eccessive in un dato momento. Invece fa
necessità di avere dei fondi disponibili le costrinse a stabilire i prezzi di vendita sui prezzi di costo : ma ciò esse non fecero che nel momento in cui, essendo esauriti gli stocks, furono costrette a riap-provvigionarsi a più alto prezzo. E' in questo caso che le società cooperative apparvero come regola-trici dei prezzi, proprio quando ben differente fu l'attitudine del commercio privato che tendeva a trarre il massimo profitto dalla critica situazione. Si osservò, però, che questi tentativi non sortirono il loro effetto dove più attiva fu l'azione delle coo-perative. La presenza di una istituzione cooperati-va bastò a regolare i prezzi al dettaglio in un sen-so favorevole ai consumatori. Le cooperative non fecero opera diretta di soccorso che in favore dei propri soci: stimarono ohe incombesse al Munici-pio o cantone venire in aiuto di tutti coloro che soffrivano della cirisi. Favorirono tuttavia gli or-gani pubblici fornendo loro all'ingrosso ed al prez-zo di costo quantità importanti di derrate alimen-tari.
Superiore ad ogni elogio fu l'azione del personale delle società, il quale, ridotto di numero, continuò nell'opera sua con alacrità ed abnegazione. Come nell'industria privata, alcune società ridussero i salari; anzi in qualche sito, come la Ghaux-de-Fonds furono- gli impiegati stessi a proporre la riduzione. Ma tale misura fu applicata solo mo-mentaneamente e le somme dedotte furono più tar-di rimborsate. In generale i' salari furono mante-nuti. Le cooperative si mostrarono specialmente larghe verso i mobilizzati. Quella centrale pagò in-tegralmente agli uomini sotto le aTmi tutto il sala-rio del mese di agosto. In seguito pagò il 25 per cento ai mobilizzati che non avevano alcuna perso-na a loro carico ed il 75 per cento a coloro che ave-vano famiglia. Dal 1° gennaio 1915 tutti gli impie-gati sotto. le armi ricevono dal 20 al 60 % del loro stipendio. Analoghe riduzioni subirono gli impie-gati mobilizzati della Cooperativa di dettaglio di Bàie; inoltre una somma di 70.000 franchi fu votata per soccorsi straordinari a favore delle famiglie degli impiegati richiamati.
Arresto del panico, e regolarizzazione dei prezzi furono i principali risultati della provvida opera delle cooperative. Ed in questa occasione esse gua-dagnarono nella stima e nella considerazione del pubblico, il quale potè apprezzarne l'azione
disinte-ressata, tutta rivolta all'utilità pubblica.
m.
NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE
freddo, . gS e d i a l i m e n t a z i o n e al nuovo stato di cose In pochi giorni il panico cessò nelle coope-rative mentre perdurò nel commercio privato. I consumatori organizzati diedero il buon esempio ai consumatori non organizzati. Le società locali non attese™ sempre i consigli dell'Unione coopera iva ner agire Anzi alcuni gerenti, consci della loro Responsabilità nei riguardi -della collettivi* di pro-pria iniziativa limitarono ad un chilo al giorno Rer ogni socio la vendita della maggior parte delle derrate II Consiglio di Amministrazione decise mi-sure analoghe sia su rapporto del gerente, che m seguito a consigli dell'Unione. A Bàie, per esempio, dove la vendita si era aumentata in cinque giorni del 78 per cento in rapporto ai cinque giorni cor-rispondenti del 1913, l'acquisto quotidiano permes-so ad ogni permes-socio fu limitato a tre franchi m totale e ad un chilo o mezzo chilo per ogni articolo. Sotto la pressione della necessità il pagamento a contan-ti fu introdotto in parecchie località ove non era abituale. I ritiri dei fondi delle casse di risparmio
Il disagio economico e finanziario in Germania
Uno studioso di economia tedesca, il collaboratore della « Gazette de Lausanne » e del « Journal de Genève», traccia sui due giornali un quadro della situazione economica e finanziaria della Germania.In Germania è naturalmente l'impero che si assu-me le spese tutte della guerra, che superano, a que-st'ora i 2.500.000.000 di marchi al mese. Queste spese sono state coperte da crediti per la somma di 40 milioni e di questa cifra soltanto 25.600.000.000 sono stati consolidati da prestiti. Tre miliardi circa pro-vengono dall'emissione di biglietti della Banca del-l'Impero, la cui circolazione alla "fine di dicembre 1915 era di 6917 milioni di marchi contro 1253 milio-ni alla fine del luglio 1914. Ma questa riserva garan-tisce non soltanto i biglietti della Banca dell'Impero, ma anche i 'biglietti delle banche private emessi su buoni o su tratte del Tesoro imperiale. Indipenden-temente dalle spese di guerra, la Germania ha poi largamente sovvenzionato i suoi alleati: 900 milioni di marchi sono stati anticipati da banche private all'Austria-Ungheria; 700 milioni di franchi alla Bul-garia; gli anticipi alla Turchia sono sconosciuti, salvo per trecento milioni di franchi. Le casse Depo-siti e Prestiti costituite per venire in aiuto ai pri-vati, hanno emesso buoni speciali per più di due mi-liardi di marchi; la loro emissione autorizzata è di tre miliardi. Il Tesoro imperiale ha creato per 360 milioni di marchi di biglietti da cinque marchi; le monete di nichel sono state ritirate dalla circolazio-ne sostituite da mocircolazio-nete di acciaio nichelate. La città di Berlino ha emesso per 150 milioni di biglietti da uno e due marchi. Il Governo ha proceduto al censi-mento dei titoli americani, svizzeri, olandesi, scan-dinavi, rumeni, ecc. Il portafoglio dei valori ameri-cani è calcolato in sette miliardi di marchi; quello dei valori argentini in quattro miliardi, gli altri ti-toli a circa tre miliardi di marchi. I capitalisti a-spettano tuttavia delle proposte precise dal Goverpo per le operazioni di cessione dei titoli. In alcuni cir-coli si raccomanda la creazione di una riserva na-zionale per mezzo di questi valori che-non verreb-bero' venduti, ma dovrebbero servire a garantire l'impero e le importazioni tedesche dopo la pace. 184 milioni di marchi di titoli rumeni sono già stati esitati nella compera di 500.000 tonnellate di grano in Rumenia.
L'impero esita a creare nuove imposte, ma gli Stati confederati cercano di aumentare con questo mezzo i loro introiti. La recente discesa subita dal marco tedesco in Olanda.ed in Isvizzera è dovuta ai pagamenti da effettuarsi sui « coupons » dei titoli tedeschi posseduti da questi paesi; data la situazio-ne attuale in Germania e il fatto che tutti i suoi ere-" diti all'estero sono esauriti, basta una somma rela-tivamente piccola per svalutare la divisa. Agli Stati Uniti esiste un credito di forse appena duecento mi-lioni di franchi. Con la Svezia la Germania ha con-cluso un'apertura di credito di sessanta milioni di franchi. Operazioni simili vengono negoziate in Svizzera ed in Olanda su tratte del Tesoro al 4 q/ circa. A New York i titoli del terzo prestito di guerra sono offerti al di sotto del corso della borsa. La bor-sa di Berlino è chiubor-sa e lo bor-sarà verosimilmente sino alla fine della guerra non essendo stato ancora rag-giunto un accordo per la liquidazione delle opera-zioni.
Nella <> Gazette de Lausanne » lo stesso autore, oc-cupandosi con larghezza di ci'fre dell'argomento, ri- j leva tra l'altro l'aumento enorme della circolazione I cartacea ed osserva che da 1890 milioni di marchi alla fine del luglio 1914, la circolazione passò a 4672 milioni nel febbraio 1915, oltre a 505 milioni di mar-chi in buoni della Cassa depositi e prestiti. L'au-mento è stato dunque del 150 per cento, mentre nello stesso semestre la circolazione cartacea della Banca di "Francia veniva portata da sei a dieci miliardi di franchi, un aumento cioè del 66 o^ e quella della Banca Imperiale di Russia da 1633 e 2997 milioni di rubli, ossia l'80 La circolazione cartacea inglese aumentò; compresi i biglietti del Tesoro, soltanto del 33 % L'aumento rapido' della circolazione car-tacea in Germania (2344 milioni di marchi nell'ago-sto' 1914) denotava uno stato di crisi finanziaria più intenso che altrove; la Banca dell'Impero ha dovuto intervenire in molte situazioni imbarazzanti.
L'interessante pubblicazione della « Gazette de Lausanne » conclude: « E' necessario ben compren-dere che il rincaro della vita, l'aumento dei salari, la tesaurizzazione e la diminuzione dei depositi nelle casse di risparmio, sono fattori che danno alle pro-teste del partito socialista un peso considerevole.
Non è quindi da stupire se la discussione del bilan-cio delle Finanze è stata rinviata a dopo l'emissione del prestito di guerra, perchè il successo di
que-st'ultimo potrebbe essere compromesso dalla discus-sione sulle nuove imposte. Noi pensiamo con ra-gione che la Germania è arrivata ad una svolta, in un momento critico concernente le sue finanze di guerra; diremo anzi in un momento psicologico per-chè dagli avvenimenti che seguiranno a breve sca-denza nell'ordine finanziario ed economico risulterà per tutto il mondo la dimostrazione della crisi. Frat-tanto è interessante rilevare che le imposte fin qui annunziate hanno prodotto nell'impero un profondo malcontento. Specialmente le nuove imposte sui ta-bacchi sembrano incontrare un'impopolarità sempre maggiore. Anche la tassa sulle ricevute non ha contrato favore. La nuova tassa sulle ricevute in-dica in modo preciso i sistemi piccini e disgraziati coi quali si tenta in Germania di mettere insieme una dozzina di milioni ».
La viticoltura nella Campania ed in Sicilia
La Campania ha una superficie territoriale di et-tari 1.626.216, di cui etet-tari 1,551,399 sono destinati alla produzione agraria e forestale. La vite si col-tiva largamente in questa regione ed occupa ettari 276.200, dei quali ettari 228.000 sono di coltura pro-miscua ed ettari 48.200 di coltura specializzata.La produzione dell'uva e quella del vino nel quin-quennio dal 1909 al 1913 furono le seguenti :
A N N I
Produzione dell'uva in quintali
Produzione del vino in ettolitri A N N I dalle viti in coltura promiscua dalle viti in coltura specializ-zata totale Produzione del vino in ettolitri 6.796 000 3.410.000 10.206 000 6.286. 000 1.647.000 941. 000 2.688 000 1. 548.000 1911 3.046 000 1.601.000 4. 647. 000 2.703.000 1912 6.403.000 2.802.000 9 205.000 6.384.000 7.663.000 2.660.000 10.223 000 6. 718 000
La Campania, quindi, è una delle regioni più im-portanti d'Italia per la sua produzione enologica che, molto notevole per quantità, è spesso molto pregevole per qualità. Vi si producono, difatti, vini di eccezionale finezza e ben rinomati in commercio, come pure vini comuni molto ricercati per le loro buone qualità. La composizione ed i caratteri dei vini della Campania, però, sono molto svariati a causa delle differenti condizioni di clima, della di-versa qualità dei terreni, della loro didi-versa giaci-tura e degli svariati sistemi di allevamento della vite. E' per questo che, insienpe a vini alcoolici, ro-busti, da taglio ed i vini bianchi e rossi di eccezio-nale finezza, si trovano in questa regione, e financo nei pressi del Vesuvio, dei vinetti molto leggeri e non di rado ricchissimi di acidità.
La superficie territoriale della Sicilia è di ettari 2.573.802, di cui ettari 2.435.070 sono destinati alla produzione agraria e forestale.
La vite ha nell'isola una grandissima importanza tanto per l'estensione, occupando ettari 169.000, quanto per l'intensità della coltura che è specializ-zata su 167.800 ettari.
La produzione dell'uva e del vino nel quinquennio dal 1909 al 1913 fu la seguente:
Produzione dell'uva in quintali
Produzione del vino in ettolitri A N N I dalle viti in coltura promiscua dalle viti in coltura specializ-zata totale Produzione del vino in ettolitri 33.000 19.000 21.000 16.000 14.000 8.898,000 6.392.000 6.831.000 6.388.000 7.643.000 8 931.000 6. 411 000 6.852.000 5.404.000 7.557 000 5.966. C00 4 149.000 4.870.000 3-584.000 4.697.000
colline e nelle montagne, spingendosi, sull'Etna in ispecie, tino a 1000 tfd anche a 1200 metri di altezza sul livello del mare. La vegetazione della vite e la maturazione dell'uva avvengono, quindi, in condi-zioni di clima molto svariate, per cui, mentre nelle zone di pianura e nelle colline meglio esposte si ot-tengono uve molto riccihe di zùcchero, nelle zone più elevate, dove la vite si coltiva vicino al casta-gno, le uve restano immature e forniscono, in al-cune annate specialmente, dei vini ricchissimi di acidità e molto poveri di alcool.
In iSicilia, perciò, si trovano tutti i tipi di vino : dal vinetto agro, leggero, scolorito, al vino robustis-simo da taglio, dal vino rosso da pasto comune a quello superiore di grande finezza, dal vino bianco leggero ed acidulo al vino fine da pesce, ai moscati ed alle malvasie liquorosi, ai migliori Marsala, che hanno saputo'conquistare fama mondiale.
L'industria dei colori artificiali al Giappone. — L a
« Leather Trades Review » comunica di essere infor-mata da fonte ufficiale che al Giappone si sta lavo-rando ad un gran progetto nazionale per la fabbri-cazione di materie coloranti artificiali e di prodotti chimici, e che il Governo giapponese intende conce-dere il suo appoggio finanziario agli industriali che vi parteciperanno, col seguente programma:
Una sovvenzione di non meno di 6 milioni di yen (circa 30 milioni di lire) ad una fabbrica di colori; una sovvenzione di 1.200.000 yen (circa 6 milioni di lire) ad una fabbrica di glicerina ed acido fenico; ed una terza sovvenzione ad una fabbrica di medicinali. I Giapponesi che — sia detto a loro vanto — non fanno mai le cose a metà, ci forniscono, anche in questo caso un magnifico esempio. Il Governo giap-ponese, infatti, garantisce a ciascuna delle suddette fabbriche il dividendo dell'8 %, assumendosi di co prire le eventuali perdite che si verificassero all'ini zio, fino a quando, cioè, dette aziende non si fossero consolidate.
Allora esse avranno l'obbligo di stanziare due fondi di riserva: uno di 1/20 degli utili netti ed uno di metà degli utili risultanti, dopo la deduzione dell'8 per cento. Il rimanente, se ve ne fosse, andrebbe agli azionisti, questo non mai in misura superiore al 4 per cento.
II Governo, per contro, si garantirebbe, esercitan-do sulle fabbriche sovvenzionate la sua diretta sor-veglianza, scevra per altro da ogni concetto restrit-tivo, tanto che l'iniziativa ha avuto subito il più largo favore nel mondo industriale giapponese non appena essa venne resa nota ed in pochi giorni ven-nero costituite le tre Società prospettate e sottoscritti i capitali occorrenti.
I prodotti ai quali si intende provvedere colla sul-lodata disposizione governativa sono i seguenti: a-cetanilide, - acido benzoico, acido carbolico, acido salicilico, antipirina, bromina, idrato di cloralio, cloroformio, cresolo, formalina, glicerina, guaiacol, potassa caustica, carbonato di potassio, creosoto, al-caloidi, loro composti e derivati.
Alla stregua di questi fatti non è difficile prevedere che fra non molto — a meno che qualche cosa di analogo non si faccia anche in Inghilterra per l'in-cremento della produzione delle materie coloranti — si dovrà ricorrere al Giappone.
In punto ai prezzi, si può esser certi che il Giap-pone batterà tutti con l'abbondanza di mano d'opera a buon mercato di cui dispone ed al riguardo delie-materie prime, se non ne dispone nella stessa mi-sura dell'Inghilterra, questa potrà fornirgliene la quantità occorrente.
Industrialmente il Giappone non è molto conosciuto nel campo dei prodotti chimici, ma ciò potrebbe an-che dipendere, o dal fatto di non essersi mai fatto avanti finora sui mercati internazionali, o dal fatto di non averlo mai fatto conoscere noi stessi come ab-biamo fatto pei produttori tedeschi, i quali — per le ragioni che conosciamo ormai molto bene — noi li abbiamo sempre tenuti come ì nostri idoli preferiti. Indirizzandosi al pubblico inglese, l'accennata rivi-sta soggiunge che dopo la guerra è probabile che si cambi metodo e che si abbandonino alla loro sorte gli Unni ed i loro prodotti, ma se abbiamo seria-mente l'intenzione di far nostra una gran parte dei
loro affari, è ormai tempo di finirla con le chiacchiere e di metterci all'opera.
Così dobbiamo fare specialmente per la fabbrica-zione dei colori, delle pelli lucide e delle pelli verni-ciate, come di tanti altri prodotti, perchè tali nostre industrie hanno bisogno di essere portate ad un li-vello di gran lunga superiore a quello in cui sono attualmente.
Il capitale investito nella fabbricazione delle mate-rie coloranti in Germania si aggira intorno a molti milioni di sterline, ed è appunto questo che ha per-messo l'enorme sviluppo tedesco in questa industria, e, si può dire, La creazione di quel monopolio com-merciale in tutto il mondo, che noi dobbiamo ad ogni costo infrangere.
L'industria del cotone, del ferro e dell'acciaio in
Inghilterra nel 1915. — Il commercio del cotone è
passato per l'anno più critico di cui si abbia memo-ria dopo la guerra civile americana.
Le condizioni, in mezzo alle quali esso si è tro-vato sono state assolutamente anormali; ha dovuto risolvere dei problemi senza precedenti e superare ostacoli senza pari. Un anno fa il prezzo del cotone americano « middling » non sorpassava il prezzo di 4 e mezzo pence per libbra; esso non fece che aumen-tare, pur subendo frequenti oscillazioni. In settem-bre, si quotava 6 pence per libbra; in fine d'anno, si raggiungeva 7 e mezzo pence, cioè il prezzo era quasi raddoppiato. Le cause, che determinarono que-sto- rialzo, si spiegano facilmente, quantunque esse fossero molto difficili a prevedere. Al principio
del-la guerra si era creduto che il cotone arriverebbe to-tale quantità che il consumo sarebbe incapace di as-sorbire. I fatti dimostrano che questa previsione era interamente errata.
Essa dette ben tosto luogo al timore d'insufficienza di offerta, sopratutto quando- si seppe che i pianta-tori mostravano delle disposizioni a portare i loro sforzi in direzioni diverse dalla coltura del cotone'. Olire ai bisogni consueti di cotonate che diminui-rono meno di quanto si fosse supposto, ci si trovò di fronte a forti ordinazioni dello Stato che, costretto a provvedere all'equipaggiamento di enormi armate constatò rapidamente che talùne stoffe grossolane in cotone, erano molto adatte al vestiario del soldato. In queste condizioni, non fu senza preoccupazioni che si seppe come il dipartimento dell'Agricoltura del Governo degli Stati Uniti non giudicasse, in di-cembre, che il raccolto della scorsa stagione sorpas-sasse 11.161 mila balle. Non solamente si era molto lontani dalla cifra record del 1914 di 15.966.000 le, ma si restava molto- al disotto delle 14.157.000 bal-le del 1913, ed anche delbal-le- 13.703.000 balbal-le del 1912. La minore produzione del Texas, come di Georgia, Oklahoma, Alabama, la Caro-lina del Sud e del Mis-sissipì, spiegava pienamente donde partisse il rialzo di prezzo. Nè l'Egitto, il cui raccolto non sorpasserà 5 milioni di « cantars », nè l'India dove esso pareva dovesse essere in inferiorità del 25 per cento a con-fronto della campagna precedente, modificarono moltp questo stato di cosev
I filatori, da parte loro, non potevano essere che molto perplessi dato che la loro materia prima va-riava di prezzo di mese in mese, per non dire di settimana in settimana e non cessava, per di più, di rincarare. A prima vista, soltanto coloro che fab-bricano principalmente i grossi numeri di filati uti-lizzati pei contratti di guerra, si sarebbero ben- trat-ti d'impaccio. I bilanci delle Società in esercizio, pubblicati, fano resultare una buona metà di es-se perdite; es-se si prendono in complesso, il resul-tato è pure in deficit. A guardarvi più adden-tro, si vede che questo quadro è dipinto con colori troppo scuri. Molte filande, che si sanno prosperissi-me, non fanno conoscere i loro bilanci; oltre a ciò, esistono parecchie intraprese private che guadagnano del denaro. Ed infine, le officine, i cui tessuti piutto-sto che i filati sono la specialità, non avevano du-rante gli ultimi sei mesi dell'anno, per così dire un solo telaio inoperoso.
Dell'industria del ferro e dell'acciaio si è detto che, forse, più di qualsiasi altra essa è sollecitata dai bisogni della guerra. All'inizio e prima che si rendesse conto del volume gigantesco delle ordina-zioni che essa avrebbe procurate, si aspettava un periodo di magri affari.
ap-portata al movimenta internazionale preoccupavano molto le Società di produzione. Assai presto si ri-conobbe che, quali potessero essere le dimensioni di questa produzione, esse rimarrebbero a" disotto di ciò che domanderebbero la Gran Brettagna ed i suoi .alleati per condurre a buon fine le ostilità; di maniera che la situazione delle officine migliorerà rapidamente. Il numero degli stabilimenti posti sot-to il controllo dello Stasot-to non ha cessasot-to di aumen-tare. La decisione presa dal Ministero delle muni-zioni, di sottoporre allo stesso regime, a cominciare dal 1° gennaio, tutti gli alti forni del Midland (i con-tadi del centro dell'Inghilterra) si imponeva per ciò stessa. Alla questione dell'ingerenza diretta dell'Am-ministrazione nella produzione dei padroni di ferrie-re, si riattacca inevitabilmente quella del regola-mento del prezzo, al quale il « pig iron » (la ghisa) deve vendersi alle fonderie ed alla clientela in gene-rale. In conseguenza, diviene obbligatorio fissare ad un tempo il prezzo"a cui la materia prima sarebbe
for-nita ai produttori di ghisa e quelli che si appliche-rebbero alle diverse qualità della ghisa. E' questo un compito molto- difficile che ha richiamata l'atten-zione dei Comitati nei diversi distretti e che non è ancora esaurito, ma è in buona via. Si sono pre-sentati dei punti delicati e svariati. Le persone a cui incombeva la responsabilità di decidere sul mas simo dei prezzi hanno avuto, specialmente, a non perdere di vista che i corsi della ghisa, in fine d'an no, erano bassi in confronto di quelli del ferro lavo rato, la cui domanda, da molto tempo, non ha ces-sato di superare l'offerta.
sono fra i regolatori dei prezzi del legname nel mercato libero interno.
Oggi i prezzi del legno resinoso segato in tavole, franco vagone alla frontiera svizzera, oscillano fra 100 e 110 franchi per m. c. Col cambio all'al-tezza del 30 per cento, detti prezzi in lire italiane diventano 135-145 per m. c. : in più per i consuma-tori ci sono naturalmente i noli ferroviari dalla frontiera isviz.zera; ciò che importa un ulteriore -aumento proporzionale alla distanza dal confine ai luoghi di consumo, che può salire per l'Italia meridionale a 10-15 lire per m. c.
In altre paròle, il poco legname resinoso segato di provenienza svizzera non si può ottenere oggi dai consumatori privati per meno di 140-150 lire per m. c.; un tale prezzo regola i prezzi del mer-cato libero interno per i consumatori, e da questi, rifacendo il ciclo percorso dal legname e con suc-cessive detraziqni, si risale ai prezzi correnti per i commercianti, gli esercenti segherie, imprese di taglio e per proprietari di- piante in piedi nelle vallate delle Alpi e dell'Appennino.
L'eccezione delle vallate della zona di guerra, dove i divieti d'esportazione e le requisizioni man-tengono -tutt'ora prezzi bassi, mercato' morto, ina-— 0 m aiavoglia all'azione nelle attività private, preparando uno stato di cose intollerabile per tutti per la fine del 1916, ci auguriamo abbia pre-sto a scomparire. Basta a tal'uopo che le Autorità militari e civili provvedano In tempo requisendo a prezzi d'imperio il legname occorrente a l'Eser-cito ripartito equamente fra tutti i produttori, e I che per il resto lascino libere le iniziative private
Il mercato svizzero del legname. — Nelle presen-1 di lenire, collo stimolo degli alti prezzi, la
gravis-ti condizioni dell'importazione del legname, impos- sim a c risi di mancanza di legname incombente sibile dai Dardanelli chiusi, impassibile finora dal ' "
Canada per i noli altissimi e forse per mancanza di organizzazione fra domanda .e offerta, mentre anche la Svizzera non basterà forse a. soddisfare le richieste di legname dell'Inghilterra e della Francia, la porticina più comoda per l'importa-zione di legname resinoso d'a opera dall'estero in Italia è la frontiera svizzera.
Vediamo, secondo la statistica doganale, qual'è stata l'importazione mensile di legno segato, nel 1915, da tutti i paesi e dalla sola Svizzera.
Legno comune segato importato dall'estero:
Nei mesi del 1915 Gennaio . . . Febbraio. . . Marzo. . . . Aprile. . . . Maggio . . . Giugno . . . Luglio. . . . Agosto. . i . Settembre . . Ottobre . . . Novembre . . Dicembre. . . Migliaia di tonnellate In totale dalla Svizzera
31.1 9.6 " 14.7 24.5 20.4 13.1 7.4 9.5 13.6 17.0 21.1 23.0 0.3 1.9 8 3 8.8 5.6 3.0 2.6 0.5 6.9 6.5 8.5 10.0 •sul Paese.
Produzione e commercio del rame nel mondo. —
Nel 1913 il rame prodotto in tutto il mondo ammon-tò a circa un milione di tonnellate ripartite nel modo seguente: Stati Uniti. . . . Giappone . . . . Messico Spagna e Portogallo Australia . . . . Russia Chili Tonnellate 557.300 65.000 52.800 52.000 45.300 44.000 40.100 Canadà. . Perii. . . Germania . Africa . . Bolivia . . C u b a . . . Altri Paesi. Tonnellate 34.500 25."00 25.000 20.000 5.000 •3.400 30.000
L'importazione dalla Svizzera ih agosto era discesa a 500 tonn., ma poi è salita fino a 10.000 in dicembre,'rappresentando pur nella sua modestia da una metà ad un terzo della totale importazione nostra di legno comune segato. Questa ripresa
del-l'importazione dev'essere il frutto dell'attività di una grande ditta milanese a cui il Governo con-cesse il monopolio dell'importazione dalla Sviz-zera.
Oggi sembra che da questo paese si possa rice-vere ancora legname in quantità, ma la questione si complica per la merce da offrire in corrispettivo legname: una merce tale che il privarsene non rechi danno all'Italia, e poi non finisca per accre-scere la resistenza bellica del nemico.
E' jevidente che la delicata questione non può es-sere valutata che secondo il punto di vista dello Stato e dell'economia della guerra, indipendente-mente dagli interessi privati.
Tuttavia anche per le modeste quantità di le-gname che ci pervengono dalla Svizzera, interessa conoscere i prezzi per esse quotati, giacché essi
Gli Stati Uniti, i quali raggiungono più della metà della produzione mondiale annua, possiedono ma-gnifiche miniere presso il Lago superiore e quello di Copperopolis in California e giacimenti meno no-tevoli, quantunque ancora importanti, negli Stati di Arizona e di Nevada. Indipendentemente, però, dai minerali indigeni, nelle officine americane vengono trattati minerali del Canadà, del Messico, del Chili e del Perù. In complesso, prima della guerra, dalle fonderie degli Stati Uniti, del Canadà e del Messico uscirono in un anno 680.000 tonnellate di rame, di cui 645.000 furono ricavate da minerali estratti nei tre paesi menzionati, 26.000 da minerali dell'America centrale e meridionale e 9000 da rottami di rame. Di questo rame furono esportate allo stato greggio dal-l'America nel 1913 soltanto 17.000 tonn., le rimanenti 663.000 tonnellate furono affinate nelle officine ame-ricane le quali importarono inoltre 78.005 tonnellate di rame greggio di altri paesi. Gli stabilimenti ame-ricani d'affinazione dei rame trattavano, quindi, pri-ma della guerra i "tre quarti del quantitativo di rame prodotto nel mondo; delle 742.000 tonnellate af-finate nel 1913 fu esportata soltanto la metà.
Per quel che riguarda il quantitativo di rame in-viato dagli Stati Uniti in Europa prima e dopo la guerra, mettiamo a confronto le cifre del primo tri-mestre del 1914 con quelle del primo tritri-mestre 1915.
Coinè si vede, l'esportazione degli Stati Uniti in Europa diminuì nel primo trimestre del 1915 di 40.000 tonnellate, le quali rappresentano approssimativa-mente il totale dell'esportazione per la Germania nel periodo corrispondente del 1914. Inoltre gli Stati Scandinavi, che importavano rame direttamente da-gli Stati Uniti, ne hanno importato già in quest'anno quasi 6000 tonnellate, mentre l'Italia, da parte sua, ha quasi triplicato le sua importazione dall'Ame-rica. Nell'esportazione fatta non abbiamo potuto prendere in considerazione la produzione della Chi-na, sulle cui miniere non si hanno dati precisi.
EFFETTI ECONOMICI DELLA GUERRA
Situazione economico-finanziaria in Egitto. — L o
scoppio del conflitto europeo colse l'Egitto in un momento di eccezionale prosperità dal punro di vi-sta agricolo. L'abbondanza del raécolto del cotone del 1914 e l'attività commerciale cui p.jiov i -i.tr luogo, avrebbero infatti potuto costituire delle va-lide risorse nel periodo in cui lentamen;e il paese si risollevava dalla disastrosa crisi del 1907.
Le esportazioni avevano superato le importazioni nel 1912 di 8.667.000 e nel 1913 di 3.857.000 lire egi-ziane. 1 rapporti doganali dei primi sei mesi del 1914 autorizzavano liete previsioni per il bilancio di quell'anno. Ma il 31 dicembre le esportazioni am-montarono a sole 24.091.000 di 1. e. e le importazioni a 21.724.000 1. e., con un'eccedenza tuttavia delle prime di 2.367.000.
L'arresto subito nella seconda metà di quell'an-nata risulta dal confronto con le esportazioni del 1913, che ammontarono a lire egiziane 7.570.000 con 6.140.000 di importazioni.
La diminuzione verificatasi nelle entrate dello Stato — specialmente nei proventi dei porti, delle ferrovie, dei telegrafi e in generale nella riscossione di tutte le imposte — ha richiesto una adeguata ri-duzione delle spese in modo da ristabilire l'equili-brio nelle finanze egiziane. Infatti il debito pubbli-co unifleato, dopo essere sceso per b'reve tempo al-l'82, è risalito fino ad essere quotato 90; analoga-mente il debito privilegiato vale ora circa 80 dopo che tale titolo era sceso fino a 73.
Le disposizioni governative dirette a facilitare ai debitori l'estinzione delle cambiali, nonché quelle che salvavano gli istituti di credito dal precipitoso ritiro dei depositi sono durate soltanto fino all'ini-zio del 1915, poicftè l'adattamento che il paese ha saputo trovare alle nuove condizioni economiche generali, per quanto tristi, ha tolto la ragion d'es-sere a quelle norme eccezionali.
Nel 1914 il governo locale intervenne come rego-latore dei prezzi e come equo distributore del rac-colto, facendo per suo conto grandi acquisti di co-tone dai coltivatori. Nel 1915 poi, la riapertura del mercato del cotone ha facilitato le contrattazioni alla Borsa di Alessandria tra agricoltori ed espor-tatori. Buone previsioni si fanno per il raccolto della stagione in corso.
Nel 1915 è stato anche soddisfacente il raccolto dei cereali e dello zucchero, sì da permettere una rilevante esportazione di questi prodotti.
Gli istituti di credito ipotecario e specialmente 1' « Agricoltur Bank of Egypt » hanno- trovato dif-ficoltà nella riscossione delle annualità del 1914; ma le facilitazioni -che hanno logicamente concesso ai debitori durante le loro immediate e temporanee strettezze, hanno permesso che gli affari riprendes-sero il loro svolgimento normale.
A ^differenza della borsa dei cotoni, quella dei va-lori, che del resto ha in Egitto — specie dal 1907 in poi — poco movimento di titoli, è rimasta chiusa dal principio della guerra europea. Tuttavia -hanno luogo contratti privati, con pagamento a contanti. Per quanto concerne il cambio e il numerario, occorre rilevare che, al principio del conflitto inter-nazionale, il cambio su Parigi e su Londra era tan-to salitan-to in questan-to paese che per procurarsi 100 franchi si dovevano pagare ben 410 piastre tariffa invece di 385; ora bastano 355. La lira egiziana (che consta di 100. piastre tariffa) è ora lievemente de-prezzata rispetto alla lira sterlina, infatti mentre l'equivalenza con la moneta inglese sarebbe a 97,5
piastre tariffa, ora è a 97. Come in tutti i paesi, l'istituto di emissione egiziano, la « National Bank of Egypt» ha proceduto ad un considerevole aumen-to nel quantitativo della carta moneta messa in cir-colazione : era di 2.200.000 1. e. in fine luglio 1914, e fu portata a 3.500.000 alla fine agosto .dello stesso anno; oggi ammonta a 7.500.000 1. e.
Una ricca risorsa dell'Egitto era fornita dai fore-stieri che venivano a trascorrere qui e in Alto E-gitto i mesi più freddi. Questa fonte di guadagno è completamente venuta meno in seguito alla guer-ra. Ma quelli stessi che ne hanno risentito sono compensati dalla presenza della ufficialità inglese e australiana che è numerosissima, agiata e fa un soggiorno ormai lungo nel paese.
Le forniture militari e le truppe britanniche resi-denti in Egitto hanno poi-tato un sensibilissimo e nuovo incremento al commercio locale.
Importazione ed esportazione di prodotti
metallur-gici in Spagna. — La Spagna nel 1915 ha veduto
diminuirei notevolmente le sue importazioni special-m etite quella di cospecial-mbustibili fossili.
Importazione nella Spagna di carbone e di prodotti metallurgici. Tonnellate 1913 1914 1915 Combustibili fossili : Caibone 2.701.913 2.504.985 1.726.332 Coke 396.419 370.768 178.692 Stagno in lingotti e lavorati. 1.975 1.354 1.581
F e r r o e A c c i a i o :
Ghisa 7.717 10.848 8.146 Getti di ghisa 8.935 2.842 1.245 L a m i n a t i (birre, rot., iam.) 75.027 33.757 18.659 L a t t a 2.969 1.830 1.467
E' pure in forte diminuzione l'esportazione di-mi-nerali metallici. Segna aumento l'esportazione della ghisa e di ferro lavorato; è stazionaria quella degli altri prodotti metallurgici.
Esportazione dalla Spagna di minerali • e di prodotti metallurgici. Tonnellate 1913 1914 1915 Minerali : di ferro 8.907.309 6.095.121 4.449.273 di rame 160.599 82.502 30.146 di zinco 114.419 65.149 33.629 di piombo 2.340 1.834 907 di manganese 27.793 8 965 9.138 Prodotti metallurgici : Ghisa 7.020 28.735 75.649 F e r r o lavorato 1.606 10.442 50.190 Rame in pani e in rottami. 29.961 26.576 26.755 Zinco 1.044 , 3.274 4.501 Piombo in pani 209.418 152.771 161.522
FINANZE DI S T A T O
La tassa sui profitti di guerra in Francia. — L a
tassa sui proventi della guerra avrebbe dovuto, se-condo i progetti della Commissione del Bilancio, es-sere applicata in base ad una duplice tariffa fon-data su due elementi principali; il constatato au-mento sul profitto normale e l'ammontare intrinseco dell'eccezionale provento.
Combinando questi due elementi si giungeva ad una tassa che, al di là delle 500,000 lire di beneficio eccezionale, poteva toccare il 30 e 50 per cento. Sem-brava sufficiente. L'imposta sui benefici della guer-ra doveva conservare il caguer-rattere di una misuguer-ra di giustizia sociale e non assumere quello di una mul-ta, come per cedere alle prevenzioni altrettanto in-giuste che diffuse verso i negozianti e industriali che, nel tracollo generale della pubblica fortuna, hanno trovato mezzo con la loro attività di far pro-sperare, nonostante la guerra, le loro aziende.
I benefici personali ohe questi industriali hanno tratto non escludono che anche la .nazione trovi pro-fitto nell'aumento della ricchezza collettiva.
il milione di lire ammette una imposta che può sa-lire fino al 70 per cento.
Questa cifra invero non acquista tutto il suo va-lore se non quando la si ponga in rapporto al ca-pitale investito per stabilire il reale valore dei pro-aventi. Infati, se questo tasso eccessivo di imposta
dovesse essere mantenuto, anche le più potenti so-cietà industriali esiterebbero a imprendere ormai nuove costruzioni o impianti benché la Francia li solleciti a dar prova di iniziativa.
Indubbiamente conviene, per far fronte alle enor-mi spese della guerra, fare appello al concorso di quanti ancor possono, ma a condizione che questo indispensabile elemento della produzione non sia assorbito nella massima parte dall'imposta; altri-menti sarebbe un compromettere l'avvenire.
Giova osservare a questo proposito che gli econo-misti francesi che da qualche tempo dibattono la questione, citano unanimemente a modello quanto è stato fatto in Italia.
Trovano essi che le disposizioni prese dal gover-no italiagover-no assicuragover-no agli azionistriuna remunera-zione conveniente del capitale investito in ogni im-presa, pur obbligandoli a consacrare l'eccedente dei benefici realizzati nelle singole aziende allo sviluppo delle imprese industriali da cui dipende la prospe-rità del paese. Certo il danaro versato in imposte non è perduto, giacché è consacrato ai servizi pub-blici e ad imprese di generale utilità, ma, favoren-do le sorgenti del reddito che alimentano il com-mercio e l'industria, il Tesoro potrebbe fare opera più utile che rendendo più onerosi gli aggravi fi-scali.
Il diritto di emissione della Banca di Russia. — I l
Ministro delle Finanze ha presentato alla Duma un progetto che accresce la facoltà di emissione della Banca di Stato della Russia. Ai termini di questo progetto, sino alla fine delle circostanze straordi-narie dovute alla guerra ed al più tardi fino ad un anno dopo la conclusione della pace, la Banca di Stato può emettere biglietti al disopra del limite sta-bilito dal regolamento di credito pubblicato nel 1903. L'emissione dovrà farsi in modo che: 1. i biglietti in circolazione e quelli emessi al disopra del sud-detto limite non sorpassino la somma globale dei Buoni del Tesoro di Stato a breve scadenza scontati dalla Banca; 2. che ì biglietti siano garantiti non solo dall'incasso-oro, conformemente al regolamento di credito del 1903, ma eziandio dai Buoni del Teso-ro di Stato scontati dalla Banca. In up,a memoria annessa al progetto, il ministro delle Finanze fa re-sultare che l'accrescimento della facoltà di emissio-ne, supponendo che l'incasso-oro resti al suo tasso attuale, dovrebbe esser fissato' intorno' a 4 miliardi di rubli.
Finanze russe. — Alla Duma dell'Impero si è
in-cominciato a discutere il bilancio. Il relatore- con-stata che il bilancio delle entrate ordinarie ascende a 3.022.049.318 rubli, e quello delle spese ordinarie a 3.232.463.698 rubli, cioè con un deficit di 210 mi-lioni 414.380. Le spese inscritte nei bilancio non co-stituiscono che una parte delie spese, non essendovi comprese quelle delia guerra. La Commissione ha constatato un aumento totale nelle entrate, di 109 milioni, ed un auménto delle spese di 111 milioni. La cifra totale del bilancio è di 3.558.156.510 id. rubli. L'eccedenza delle spese si eleva a 377.107.192 rubli, che deve essere coperta con un aumento dei crediti. Le spese straordinarie di guerra ascendono ad otto miliardi nel 1915, e nel 1916, se la guerra durerà per tutto l'anno, la spesa ascenderà ad undici miliardi. Queste spese saranno coperte mediante operazioni di credito. Quanto alla economia rurale la superfi-cie seminata è diminuita di 2 milioni e 600 mila de-ciatine, ma grazie al buon raccolto, la diminuzione non è sensibile. L'afflusso del denaro si è manifesta-to con l'aumenmanifesta-to dei depositi che hanno raggiunmanifesta-to la cifra, senza precedenti, di 800 milioni. La Com-missione ritiene indispensabile sollevare fin d'ora la questione dell'unificazione dei diversi aspetti della vita politica della Russia e del coordinamento' della politica estera con quella interna commerciale ed ! economica. Si comincia la preparazione dello studio | di questa questione per il successo del futuro svi-luppo, per la vera indipendenza della Russia e peri
la sua più rapida rinascenza dopo questo penoso periodo di guerra.
Il ministro delle Finanze dichiara che le spese ec-cedono le entrate di 377 milioni di rubli. Tutto di-pende dall'ulteriore andamento della guerra. Il mi-nistro spera che si avranno nuove ' risorse e nuovi redditi creati dallo stato di guerra. Accenna alla temperanza della popolazione e parla dell'istituzione delle imposte sui profitti di guerra. Dichiara che il miglior modo per stabilire l'equilibrio del bilancio è quello della stretta economia, e dello sviluppo delle forze produttrici del paese, dando libero corso all'in-dipendenza economica della nazione che permetterà alla Russia di rialzarsi rapidamente, ricca e potente. A questo scopo il Governo studia l'elaborazione di un piano generale politico ed economico. Momen-taneamente occorre ricercare le risorse necessarie per continuare la guerra, le cui spese quotidiane si elevano ora a 31 milioni.
Va preparandosi a tale scopo un nuovo prestito interno di due miliardi.
Le Casse di prestiti in Austria. — L'amministra-zione delle Casse austriache di prestiti di guerra ha pubblicato la sua relazione pel periodo da otto-bre 1914 a fine dicemotto-bre 1915.
La Cassa di Vienna fu fondata in ottobre 1914; successivamente altre 34 casse sono state istituite nelle diverse città di provincia.
L'attività di tali Casse, pel periodo su citato, si traduce con l'esame di 9142 domande di prestito, di cui 8999 furono accolte. Al 31 dicembre 1915 resta-vano 6513 prestiti per un totale di 105,370,000 coro-ne, di cui 96,820,000 corone rappresentavano dei prestiti su titoli; il 58 per cento di questi prestiti su titoli era stato accordato per versamenti sui pre-stiti di guerra.
I fondi di giro delle Casse di prestito si otteneva-no mediante emissione di buoni di Casse, otteneva-non por-tanti interesse.
Questi buoni in circolazione ascendevano il 31 di-cembre 1915 a 105,360,000 corone contro 4-3,950,000 alla fine del 1914 e si trovavano quasi interamente nel portafoglio della Banca austro-ungarica. Sul-l'ultimo totale di buoni in circolazione, 103,170 000 corone son rappresentate da tàgliandi da 10,000 co-rone. Il tasso d'interesse era prima del 7 per cento, ma, in seguito, esso fu ridotto al 6 e mezzo per cen-to ed infine al 6 per cencen-to.
Un secondo prestito in Olanda. — Il ministro delle finanze ha presentato un progetto' di prestito 4 e mezzo per cento di 125 milioni di fiorini, che verrà emesso alla pari. Nel caso in cui la sottoscrizione non raggiungesse i 100 milioni, verrà emesso, per il di più, un prestito forzoso, con interesse al 3 e mezzo per cento.
Saranno obbligate, -a sottoscrivere le persone iscrit-te all'imposta per un capitale di 75.000 fiorini e più. La- sottoscrizione è progressiva di mezzo per cento (per 75.000 fiorini) a 3,5 per cento (per 2 milioni e più).
Un'imposta di guerra in Olanda. — il ministro
delle finanze ha presentato, un progetto di tassa straordinaria per coprire le spese eccezionali di guerra. Questa tassa colpisce del 0,2 per cento la ricchezza da 50.000 fiorini e del 2,4 per cento quella' da 2 milioni e mezzo. Essa aumenta del 0 2 per cento per ogni 500 mila fiorini, in più. Il massimo sarà del 6 per cento della ricchezza.
FINANZE COMUNALI
Mutui a Comuni. — Sono stati concessi ai seguenti Comuni mutui -alle condizioni ordinarie
d'interesse-Ancona — d'interesse-Ancona L. 280.000;
Bologna — iS. Lazzaro d'i Savena L. 33,800; Catania — Caltagirone L. 20,000;
Cosenza — S. Pietro in Guarano L. 267,200; Ca-stiglione Cosentino L. 136,800; Rovito L. 174 000-Loppano L. 127,000; Zumpano L. 160,800;
Genova — Spetorno L. 85,000; Pavia — Zeme Lomellina L. 15,000;