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3. NUNO BRAGANÇA E LA LETTERATURA PORTOGHESE DI FINE NOVECENTO

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3. NUNO BRAGANÇA E LA LETTERATURA PORTOGHESE DI FINE NOVECENTO

L'opera di Nuno Bragança (1929-1985) si inserisce in un panorama storico- letterario, quello del passaggio tra gli anni '60 e gli anni '70 e la metà degli anni '80 del secolo scorso, che vede, da un lato, gli ultimi sussulti di un regime fascista ormai morente e, dall'altro, il passaggio di testimone tra la scuola neorealista e le nuove tendenze postmoderniste.

Per meglio comprendere la portata degli scritti di Nuno Bragança e quanto vi è in essi di peculiare e innovativo, si rende necessario tracciare un breve panorama della storia della letteratura portoghese che abbracci il periodo precedentemente indicato.

3.1. La letteratura portoghese tra gli anni '30 e gli anni '80

La corrente neorealista, che affondava le proprie radici nella dottrina

marxista e nel concetto di funzione sociale dello scrittore ed era animata

soprattutto da un forte spirito polemico nei confronti della rivista Presença

(fondata nel 1927 da José Régio, João Gaspar Simões e Branquinho de Fonseca e

sostenitrice del principio dell'arte per l'arte) e da una netta impronta militante

contro la dittatura di Salazar, aveva dominato la scena letteraria nel periodo

compreso tra la fine degli anni '30 e la fine degli anni '40. Esponenti di spicco di

questa corrente furono Alves Redol, Mando Martins, Manuel de Fonseca e Mário

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Dionísio.

A partire dagli anni '50 e parallelamente al consolidamento dell'Estado Novo, si assiste a un progressivo affievolimento di quelle istanze interventiste che avevano caratterizzato la prima stagione neorealista: nel periodo del cosiddetto

“realismo dialéctico”, “contraditório” o “crítico”, l'attenzione degli scrittori (Fernando Namora in testa) tende a concentrarsi maggiormente sulla dimensione psicologica dei personaggi. A questa nuovo indirizzo si contrappongono la corrente surrealista (rappresentata da Mário Cesariny, Alexandre O'Neil, Manuel de Lima, Natália Correia e Luís Pacheco e destinata, in verità, a una vita brevissima, almeno in Portogallo), quella esistenzialista (ispirata alle idee e alle opere degli scrittori francesi, Sartre e Camus in primis) e quella influenzata dalla letteratura non naturalistica americana rappresentata da Faulkner e Hemingway (José Cardoso Pires tra gli altri).

A cavallo tra gli Anni '50 e gli Anni '60 esordiscono scrittori che difficilmente possono essere inquadrati in un determinato filone letterario ma che sono accomunati dalla critica nei confronti della speranza utopica basata sul compromesso ideologico: Vergílio Ferreira, Urbano Tavares Rorigues, Augusto Abelaira, Maria Judite de Carvalho. Accanto a questi, ma nettamente distinta per ispirazione, ricordiamo Agustina Bessa Luís, capace di conciliare ambiente regionale e dimensione metafisica in una scritta che la avvicina, per le sue doti di cronista, a Camilo Castelo Branco.

Gli anni '60 vedono l'affermarsi una nuova attitudine sperimentalista: il nouveau roman francese e le teorie linguistiche dello Strutturalismo spingono verso una diversa creatività, più personale e maggiormente complessa. Tra gli esponenti di spicco di questa nuova generazione di scrittori citiamo Alfredo Margarido e Artur Portela Filho.

Sono gli anni '70, tuttavia, a segnare una svolta profonda nella storia e nella letteratura portoghese: la Rivoluzione dei Garofani del 1974 spazza via il regime di Salazar e riapre le porte alla libertà di pensiero e di espressione artistica.

Trascorso il periodo di tempo necessario a metabolizzare un simile evento, gli

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scrittori portoghesi pubblicano opere che toccano i temi della clandestinità, della resistenza alla dittatura, della guerra coloniale, ma soprattutto della riflessione sull'identità lusitana e sui rapporti tra il Portogallo e il resto dell'Europa. Tra gli autori più rappresentativi del periodo spiccano Ana Hatherly, Herberto Helder e Maria Velho da Costa.

3.2. Nuno Bragança, la scritta e la critica

Nuno Bragança appartiene a quest'ultima generazione di scrittori che tentano, a partire dalla fine degli Anni '60, di rinnovare la narrativa portoghese sulla base di un certo sperimentalismo post-nouveau roman influenzato dalle avanguardie tedesche, sudamericane e statunitensi.

L'opera bragantina si affida a un linguaggio estremamente peculiare, una molteplicità di toni e una miscela di elementi fantastici, onirici e sessuali provenienti da una pluralità di socioletti e linguaggi che ne determinano il carattere eminentemente polifonico. La narrazione, spesso frammentata, trova il suo equilibrio tra satira e ironia e tende a relativizzare e a dissolvere ogni aspetto della realtà, inclusa la scrittura. Il protagonista risulta internamente dilacerato, così come il mondo che lo circonda:

«É neste mundo fragmentário e feito de contingência que habita o protagonista dos romances de Nuno Bragança. Ele ocupa o lugar do herói, mas é um anti- herói: e o espaço que ele habita, sendo social e politicamente definido não se configura jamais como uma totalidade. Em vez dessa totalidade perdida, há uma colagem de elementos: colagem de narrativas fragmentárias, dispersão do indivíduo, eliminação da história ou, pelo menos, arbitrariedade na ordem dos acontecimentos, que pode ir até à criação de simultaneidade dos vários momentos. Assim, narrar é levar até à exasperação a falta de sentido»

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1 António Guerreiro, A Escrita e a Lógica do Riso, in «Expresso», Lisboa, 04/11/1995, p. 117.

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Le tematiche affrontate spaziano dall'impegno politico contro la dittatura salazarista alla riflessione sull'atto dello scrivere, dal rapporto uomo-città alla rilettura e rielaborazione della tradizione letteraria.

La critica ha accolto con grande entusiasmo l'opera di Nuno Bragança, acclamandola come qualcosa di assolutamente innovativo nel panorama letterario portoghese, ma ha anche insistito su quella che sicuramente è la caratteristica della produzione bragantina che più salta all'occhio: l'esiguo numero di testi all'attivo e la notevole distanza temporale che li separa. In effetti, tre romanzi (A noite e o Riso, Directa, Square Tolstoi), una raccolta di racconti (Estação) e un racconto lungo (Do Fim do Mundo) in un arco di tempo che va dal 1969 (anno di edizione di A Noite e o Riso) al 1985 (anno della morte di Nuno Bragança), sono una quantità piuttosto scarsa se raffrontata con il numero degli scritti di autori suoi comtemporanei certamente più prolifici, come Vergílio Ferreira, José Cardoso Pires, Lobo Antunes, Agustina Bessa Luís e José Saramago. È lo stesso Bragança, tuttavia, che interviene nella diatriba dando conto della sua ridotta produzione: «Como escritor, terei sempre a atitude que Henry Miller adptou quando alguém procurou evitar a publicação de Sexus – “Escreverei sempre aquilo que me sair, quando me sair e como me sair”»

2

. E aggiunge: «O escritor precisa de tempo, não pode escrever imediatamente em cimo daquilo que acontece, quando não, o que sai não vem depurado»

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. È forse proprio a causa di questa ridotta produzione in confronto a quella degli autori coevi che dell'opera bragantina non si ha ancora una lettura critica completa: la maggior parte dello scarso materiale analitico si trova sparso in quotidiani, riviste e brevi saggi, il cui reperimento risulta, quindi, piuttosto complesso.

2 Intervista di Carlos Pessoa a Nuno Bragança in O Jornal del 28/07/1978.

3 Op. cit.

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3.3. Le opere di Nuno Bragança 3.3.1. A noite e o riso

Nuno Bragança esordisce con A Noite e o Riso (1969), un romanzo che scuote il mondo letterario portoghese. Si tratta di una sorta di Bildungsroman fortemente autobiografico che testimonia di una doppia crescita e di una ugualmente doppia maturazione, quelle del protagonista della narrazione, immerso e sommerso dalla città, e quelle della coscienza dello scrittore alle prese con le proprie riflessioni sulla vita e sull'arte. Il testo si impone all'attenzione dei lettori e della critica per la novità delle scelte, soprattutto linguistiche, di impronta surrealista (fitta è la presenza di esempi di calão, parlata gergale della bohéme di Lisbona, e di dialettalismi e colloquialismi) e per il sottile senso dello humor sotto il quale si nasconde, neppure troppo velatamente, una feroce critica a un regime dispotico fiaccato dalle guerre coloniali e che ormai sopravvive a se stesso:

«Horrores de prisioneiro sem escapatória imediata à mão, mas precisando de sair de Portugal-prisão para reencontrar-se. Ao longo desse exílio temporário, um pensamento sem palavras me esgaravata: Lisboa: que foi isso, para mim?

Interrogação só verdadeiramente vinda a lume de água (minha) quando logro passar de Campo de Ourique para o Quartier Latin»

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.

Altrettanto feroce è l'analisi della condizione dello scrittore in un paese tanto martoriato, per la quale non sembra esserci altra via d'uscita che l'isolamento e l'esilio:

«Sinto que pertenço a um País que não me quer. (...) tous les dégoutés s'en vont, restent les dégoutantes»

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4 N. Bragança, A Noite e o Riso, Lisboa, Dom Quixote, 1995, 4ª edição, p. 105.

5 Op. cit., pp. 250-251.

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Infine, il romanzo è per l'autore l'occasione per definire in maniera netta il rapporto tra lo scrittore contemporaneo e quella tradizione letteraria dalla quale, nel bene o nel male, non si può prescindere:

«O escritor portugûes do século XX, segunda metade, deve saber mergulhar na tradição e logo de seguida regressar à superfície vivo»

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.

3.3.2. Directa

Otto lunghi anni e una rivoluzione popolare separano A noite e o riso dall'uscita del secondo romanzo di Nuno Bragança, Directa, ma il testo era già stato ultimato prima della caduta del regime e, nelle intenzioni dell'autore, era pronto per essere stampato in Francia e introdotto illegalmente nel paese dentro una valigetta diplomatica.

Strutturalmente e linguisticamente meno pirotecnico del primo, e tuttavia già classicamente bragantino, Directa (1977) è il romanzo della lotta e dell'impegno politico, dell'intreccio tra passato e presente che si proiettano in una speranza futura, ma è anche il romanzo degli affetti familiari e dell'amore. Tra le opere di Nuno Bragança, Directa è quella che più risente dell'influsso del Cinema nella sua struttura, articolata in 21 “scene” che si susseguono come altrettanti piani- sequenza. Le ultime ore della lunga veglia alla quale si sottopone il protagonista («Vigiei trinta e umas horas seguidas»

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) ripercorrono l'intera storia lusitana alla ricerca di una nuova idea di umanità e di una definizione moderna della portoghesità.

6 Op. cit., pp. 246.

7 N. Bragança, Directa, Lisboa, Dom Quixote, 1995, 3ª edição, p. 284.

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3.3.3 Square Tolstoi

Pubblicato nel 1981, Square Tolstoi chiude quella che Miguel Gusmão definisce un'«autobiografia em três romances»

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:

«Quando falo de autobiografia estou evidentemente a referir-me a uma construção ficcional, a uma simulação (...). Pretendo apenas dizer que estes romances se dão a ler ou podem ser lidos como uma autobiografia; produzem um efeito de autobiografia»

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Il testo abbraccia e rielabora, dal punto di vista di un esiliato a Parigi, i temi affrontati nei primi due romanzi. Ma l'autore si spinge oltre: A Noite e o Riso e Directa entrano in Square Tolstoi come elementi della narrazione, in un gioco speculare di intertestualità e autocitazione. All'inizio del romanzo, infatti, il protagonista Aníbal allude al suo primo libro ricordando «uma foto de eu-muito- puto a correr direito ao mar por uma estrada abaixo. A foto tinha por baixo uma legenda: U OMÃI QE DAVA PULUS»

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, frase scritta da bambino dal protagonista di A noite e o riso. Poco più avanti nel testo, inoltre, veniamo a sapere che Aníbal è alle prese con un secondo libro che, in base al riassunto fornito dall'autore stesso, si rivela essere Directa:

«O texto produzido era uma condensação (para mim, danada) da luta clandestina, luta perdida, misturada com outro ferimento dos que vão ao osso: o esforço (igualmente derrotado) para arrancar uma mulher aos comprimidos com os quais se destruirá, pouco a pouco»

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8 M. Gusmão, Autobiografia em Três Romances, in «Jornal de Letras, Artes e Ideias», 25/10/1995, p. 5.

9 Op. cit., p. 5.

10 N. Bragança, Square Tolstoi, Lisboa, Dom Quixote, 1996, 2ª edição, p. 27.

11 Op. cit., p. 28.

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3.3.4. Estação

I cinque racconti che compongono la raccolta Estação (1984), l'ultima opera pubblicata quando l'autore era ancora in vita, costituiscono una rilettura delle tematiche fondamentali della poetica di Nuno Bragança. Il primo, O Imitador (L'imitatore), scritto nello stesso anno di A Noite e o Riso, racconta di un goffo tentativo di scalata sociale destinato a un clamoroso fallimento. A Navalhada (La coltellata) ci fa partecipi della vita e delle lotte proletarie degli emigrati portoghesi in terra di Francia. Uma Despedida (Un addio) segna l'ascesa e la caduta di un giovane e brillante professore d'Università in un alienante contesto urbano. A Tia de Inglaterra (La zia d'Inghilterra), la cui struttura narrativa riprende (o forse anticipa, visto che questo racconto di Nuno Bragança non è datato) l'uso del monologo fittizio

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di Os Cus de Judas (1975) di António Lobo Antunes, affronta il tema della passione e dell'eros. Infine Estação (Stazione), che dà il nome alla raccolta, è la personale Via Crucis di un sacerdote in punto di morte ma anche la netta affermazione dell'impossibilità di un dialogo tra fede cristiana e potere politico.

3.3.5. Do fim do mundo

Pubblicato per la prima volta nel 1990 e ultima opera di Nuno Bragança, Do Fim do Mundo racconta la fine del matrimonio («...o casamento mais perfeito que encontrei desde que ando neste mundo»

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, lo definisce il protagonista) di una coppia alto-borghese. Ormai il rapporto si è esaurito e i coniugi ne prendono coscienza in un clima di quasi assoluta serenità. Da notare ancora una volta i numerosi riferimenti autobiografici, soprattutto riguardo le attività sportive

12 Si veda Cesare Segre, Intrecci di voci, Torino, Einaudi, 1991, e Edward Vargo, The voice of silence:

representations of africans in south of nowhere, in Eunice Cabral, Carlos Jorge, Christine Zurbach (a cura di), A Escrita e o Mundo em António Lobo Antunes. Actas do Colóquio Internacional da Universidade de Évora, Lisboa, Dom Quixote, 2004, p. 36.

13 N. Bragança, Do fim do mundo, Lisboa, Dom Quixote, 1997, 2ª edição, p. 60.

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(pesca subacquea e pugilato) praticate dal protagonista maschile.

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