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9-FENOMENI DI INTRUSIONE MARINA

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Academic year: 2021

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9-FENOMENI DI INTRUSIONE MARINA

Una completa trattazione dei fenomeni di intrusione marina, anche se non del tutto esaustiva a causa della più volte ricordata insufficienza dei dati disponibili, è stata possibile soltanto per la Zona C; per le Zone A e B, ci limiteremo pertanto ad un confronto tra le informazioni al riguardo da noi acquisite ed i risultati dei precedenti studi, anch’essi in realtà tutt’altro che esaurienti, rispetto alla complessità ed alla interdisciplinarità .

9.1 – Generalità

Nelle pianure costiere, con particolare riferimento alle falde freatiche, il fenomeno dell’intrusione marina avviene non solo attraverso l’interfaccia acqua dolce/acqua salata nell’acquifero lungo la linea di riva, ma anche tramite la risalita del cuneo salino nei corsi d’acqua, nel caso che essi siano in connessione idraulica con la falda freatica stessa (rapporti fiume/falda).

Interfaccia acqua dolce/acqua salata

L’interfaccia acqua dolce/acqua salata nell’acquifero (fig. 9.1), cioè la superficie che separa i due liquidi a differente densità (ρ acqua dolce = 1 g/cm3; ρ acqua salata = 1,027 g/cm3), viene in genere approssimata ad una piano inclinato verso l’entroterra. In realtà il contatto tra le due acque è una zona di miscelazione (detta zona di transizione) di spessore soggetto a variazioni più o meno accentuate; all’interno di questa zona, la salinità decresce in modo rapido verso l’alto.

La miscelazione è regolata principalmente dalla diffusione molecolare e dalla dispersione meccanica. Il primo fenomeno è legato alle differenze di salinità delle due soluzioni a contatto; il secondo è dovuto alla “turbolenza” prodotta dal flusso della falda o più precisamente dalle variazioni di velocità del fluido, a loro volta legate all’anisotropia del mezzo attraversato.

La profondità dell’interfaccia è regolata primariamente dall’equilibrio idrostatico tra acqua dolce/acqua salata. Ghyben-Herzeberg, sulla base di un modello semplificato e delle diverse densità delle soluzioni a contatto (ρf = densità dell'acqua dolce = 1 g/cm3; ρs = densità dell'acqua di mare = 1,027 g/cm3), hanno descritto tale equilibrio attraverso la relazione

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Fig. 9.1 - Schema dell’interfaccia acqua dolce/acqua salata in un acquifero freatico.

In condizioni naturali di equilibrio idrostatico, la zona di miscelazione si sposta verso l’entroterra o verso il mare principalmente in funzione delle variazioni del carico piezometrico e dei cicli di marea: se si verifica una riduzione del carico piezometrico e, quindi, una diminuzione del deflusso, si ha un innalzamento ed uno spostamento della zona di transizione verso l’entroterra, con conseguente intrusione di acqua marina; il contrario si verifica per un aumento del carico piezometrico.

L’equilibrio naturale tra le due acque viene modificato dallo sfruttamento delle falde sotterranee: i coni di depressione prodotti dai pozzi danno origine tramite questi ultimi, nell’interfaccia, a opposti e più accentuati coni (rapporto =~ 1:40) rispetto a quelli nella superficie piezometrica, dai quali sono causati (fig. 9.2). Tale fenomeno viene definito come intrusione dal basso o up-coning.

Fig. 9.2 - Schema dell’interfaccia acqua dolce/acqua salata in un acquifero freatico (Custodio et al, 1996).

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Intrusione marina dai corsi d’acqua.

L’intrusione marina attraverso i corsi d’acqua (fiumi o canali artificiali) è legata alla risalita di una lama di acqua salata, al di sotto dell’acqua dolce e a partire dalla foce verso l’entroterra, nei tratti di alveo che si trovano al di sotto del livello del mare.

Come mostra la figura 9.3, se il corso d’acqua scorre direttamente su di un acquifero freatico ed è quindi in collegamento idraulico con la falda a pelo libero, possono verificarsi quattro situazioni:

a) Livello piezometrico superiore a quello idrometrico su entrambe le sponde: in questo caso la falda alimenta il corso d’acqua e quindi il cuneo salino non interferisce con la falda stessa.

b) Livello piezometrico inferiore a quello idrometrico su entrambe le sponde: l’alimentazione avviene dal corso d’acqua alla falda, con i flussi d’acqua, dolce e salata, verso la falda stessa.

c) Combinazione dei due casi precedenti sulle opposte sponde del corso d’acqua.

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Fig. 9.3 – Relazioni idrauliche tra acque superficiali e sotterranee nelle falde di subalveo di acquiferi freatici (rapporti fiume/falda): a) drenaggio della falda da parte del corso d’acqua (falda che alimenta il corso d’acqua); b) alimentazione della falda da parte del corso d’acqua (corso d’acqua che alimenta la falda); c) il corso d’acqua alimenta o viene alimentato dalla falda sulle opposte sponde; d) assenza di scambi idrici tra falda e corso d’acqua.

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9.2 – Zona A e Zona B

Per la Zona A, sono stati registrati valori piezometrici negativi in entrambe le campagne; ad essi corrispondono comunque, in campioni prelevati in superficie valori di conducibilità molto bassi (compresi tra 900 e 500 µS/cm, ad eccezione di un punto dove tale valore è di circa 2000 µS/cm), che sembrano escludere un collegamento idraulico dell’Arno con la falda. Ciò risulta anche dalle osservazioni puntuali di Francini (2006), il quale conclude: “ nella zona adiacente alla destra idrografica del Fiume Arno (Zona A del presente studio), l’acquifero presenta presumibilmente una disomogeneità granulometrica ed una complessità della struttura deposizionale, incompatibili con le proprietà idrauliche di un mezzo continuo; in effetti i valori piezometrici puntuali e le caratteristiche idrochimiche rilevati in questa zona, nonché le loro variazioni spazio-temporali, sono risultati indicativi di una circolazione sostanzialmente separata, o con scarse interferenze, all’interno di terreni a diverso grado di permeabilità e/o riconducibile alla locale presenza di falde sospese”. L’autore osserva inoltre che “nella zona limitrofa al tratto terminale dell’Arno dove, in entrambi i periodi di rilevamento, sussistono condizioni piezometriche favorevoli all’alimentazione del fiume verso la falda, i contenuti isotopici, unitamente a gli alti valori di conducibilità rinvenuti in alcune acque sotterranee, sono compatibili con tali rapporti di scambio”.

Dal confronto delle nostre osservazioni con i risultati dei precedenti studi (peraltro anch’essi non definitivi) emerge la necessità di un’approfondimento delle indagini nella Zona A, che siano in ogni caso fondate su nuovi dati idrostratigrafici, piezometrici e idrogeochimici.

Circa i rapporti fiume/falda, i livelli piezometrici al di sotto del livello marino medio (-0,88 e -0,44 metri), per entrambi i periodi di misura rilevati, in un tratto compreso tra la località Fattoria Arno Vecchio e S. Piero, in prossimità della sponda sinistra dell’Arno (Zona B), potrebbero presupporre che la falda dreni il fiume; ciò non è stato confermato dai dati conducimetrici relativamente bassi ( rispettivamente 1530 e 1222 µS/cm nel periodo di magra, 1408 e 1051 nel periodo di morbida). Questa situazione, come già anticipato nel precedente capitolo relativo alle indagini idrochimiche, potrebbe essere dovuta al fatto che nel tratto sopra descritto l’alveo del Fiume Arno e la falda freatica non siano in connessione idraulica.

Nella restante Zona B esterna all’area del porto (Zona C) il valori conducimetrici più elevati (8090 e 4340 µS/cm) sono stati registrati durante la campagna di magra, in corrispondenza della depressione piezometrica chiusa sotto il livello del mare in prossimità degli alvei abbandonati dell’Arno. In quest’area le elevate salinità potrebbero essere dovute o

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ai collegamenti idraulici tra alveo attuale e alvei abbandonati dell’Arno, o alla risalita dell’interfaccia acqua dolce/acqua salata, favorita dagli alvei abbandonati stessi; una seconda ipotesi potrebbe essere ricondotta alla presenza di terreni limosi particolarmente salini, in quanto durante l’ultima trasgressione potrebbero essere stati in contatto con l’acqua di mare e la loro bassa permeabilità non avrebbe consentito il completo dilavamento dei sali, da parte delle scarse acque di circolazione sotterranea. Le carenti informazioni chimiche e chimico-fisiche non consentono di escludere una delle due ipotesi.

In corrispondenza dell’alto piezometrico in prossimità della foce dell’Arno, si registrano valori conducimetrici più elevati nella campagna di morbida (3030 µS/cm) rispetto a quelli registrati nella campagna di magra (1430 µS/cm). Ciò potrebbe essere causato dal minore livello piezometrico “anomalo” dovuto agli emungimenti, registrato appunto nella campagna di morbida; il minore carico piezometrico potrebbe così favorire la risalita dell’interfaccia acqua dolce/acqua salata.

9.3– L’area del porto di Marina di Pisa (Zona C)

9.3.1– Condizioni piezometriche

Per meglio visualizzare gli andamenti piezometrici nella Zona C, nonché per renderli più facilmente confrontabili con la scala delle sezioni di conducibilità, nei periodi di magra e di morbida considerati si è fatto riferimento a due ingrandimenti delle precedenti carte piezometriche riportate nelle figure 9.4 e 9.5.

Come si è visto, in questa zona la falda presenta un massimo assoluto sia nel periodo di Ottobre 06 che nel periodo di Maggio 07 in prossimità della duna costiera e in corrispondenza dell’abitato di Marina di Pisa; il battente d’acqua dolce più elevato è favorito sia dalla buona permeabilità delle sabbie eoliche, che consente un discreto tasso d’infiltrazione, sia dalla morfologia più elevata rispetto alla zona retrodunare. Più in particolare, alla riduzione dei valori massimi corrisponde un “appiattimento/ minor raggio di curvatura” della superficie piezometrica, con una lieve estensione dell’area al di sopra del livello del mare.

Sempre riferendoci a tale alto idromorfologico, è presente, sul “versante” orientale ed in entrambi i periodi di misura, una inflessione, più marcata nel periodo di Maggio, che modifica il generale andamento conico divergente in convergente; essa è probabilmente dovuta all’allineamento di pozzi e piezometri presenti in quella zona. Sui “versanti” nord ed ovest, rivolti verso il mare, la forma conica convessa dell’alto piezometrico si adatta all’andamento

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della linea di costa, raccordandosi al livello del mare.

E’ da notare inoltre l’elevato valore del gradiente (dell’ordine del 20% ) sul versante nord stesso, dovuto presumibilmente al drenaggio esercitato dallo zero idrometrico del mare. L’area di minimo piezometrico con valori inferiori al livello del mare, controllata dalla rete di drenaggio dei canali dell’idrovora, si restringe leggermente sul fianco nord-ovest nel periodo di Maggio 07 a causa dell’allargamento dell’area di massimo piezometrico prima descritto.

In direzione est e nord-est di questo minimo la falda risale sopra il livello del mare.

9.3.1.1– Confronto con gli studi pregressi

Gli andamenti della falda freatica di entrambi i periodi di misura, ricostruiti nelle Zone B e C (vedi cap. 7 e precedente paragrafo) possono essere confrontati con quelli contenuti in due rapporti geologici eseguiti da studi privati, precedentemente alle nostre campagne piezometriche.

Nel primo rapporto, riguardo all’ipotesi di riallagamento di un’area situata a sud del Podere del Pino (P. Baldacci, et al. 2000), è stata presa in esame la carta piezometrica relativa al periodo di Aprile 2000 (fig. 9.6): essa è dunque confrontabile stagionalmente con la nostra carta piezometrica relativa al periodo di Maggio 2007 (capitolo 7, fig. 7.10); nonostante che i punti d’acqua persi in esame siano sostanzialmente diversi, notiamo che la zona dei cordoni dunari lungo costa registra valori positivi in entrambe la situazioni e che la depressione piezometrica chiusa sotto il livello del mare in prossimità dell’alveo abbandonato dell’Arno era già presunta, anche se meno accentuata (valore minimo piezometrico registrato di -1m). Nel secondo, “rapporto geologico-tecnico e idrogeologico” (Ghezzi, 2006), redatto su incarico della Borello S.p.A per il Piano di Recupero dell’Area Ex Motofides (Progetto per la realizzazione del porto turistico di Marina di Pisa), è stata ricostruita la carta piezometrica di Aprile 2005 limitatamente alla Zona C (fig. 9.7), sulla base pressoché degli stessi punti d’acqua da noi presi in considerazione (ad eccezione dei punti d’acqua superficiale per fig. 9.7 e di due pozzi nella zona sud di fig. 9.5)

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Fig. 9.7 – Carta piezometrica relativa al periodo di Aprile 2005 della Zona C (da Ghezzi, 2006).

Confrontando questa carta con quella di figura 9.5 relativa al Maggio 2007 si vede come sia l’andamento anomalo che le quote delle isofreatiche siano praticamente gli stessi.

E’ da mettere in evidenza che entrambi i precedenti elaborati piezometrici siano suscettibili di una critica di fondo, cui abbiamo cercato di ovviare (vedi cap. 7, par. 3 – realizzazione delle carte piezometriche), e cioè non viene riportato il criterio basilare dei rapporti tra falde freatiche e acque superficiali (mare compreso). Ciononostante, essi evidenziano una sostanziale stabilità nel tempo della falda freatica e quindi un equilibrio ricarica-discarica; a questo proposito, un fondamentale ruolo deve essere giocato, nel sistema acquifero preso in esame, dalla discarica attraverso l’impianto idrovoro, argomento che viene affrontato nel successivo capitolo del bilancio idrogeologico.

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9.3.2 - Ricostruzione dell’interfaccia acqua dolce/acqua salata, attraverso l’integrazione di dati piezometrici e idrochimici

Come già accennato, la ricostruzione dell’interfaccia acqua dolce/acqua salata si basa sulla combinazione di dati piezometrici ed idrochimici, con questi ultimi che assumono un determinante valore sperimentale, a causa dei limiti di applicazione della soluzione analitica (legge di Ghyben-Herzeberg - vedi precedente par. 9.1).

In base alla legge di Ghyben-Herzeberg possiamo comunque assumere che, almeno in prima approssimazione, nelle date condizioni idrostrutturali della Zona C (vedi fig. 9.8), l’interfaccia stessa possa approfondirsi fino al substrato impermeabile dell’acquifero freatico soltanto in corrispondenza del locale massimo piezometrico dove può quindi costituire una sufficiente barriera idraulica rispetto all’acqua di mare. Si deve comunque tener conto della discontinuità spaziale e della variabilità nel tempo di tale alto piezometrico e quindi del relativo effetto-barriera.

Fig. 9.8 – Schema teorico dell’interfaccia acqua dolce/acqua salata nell’acquifero freatico della Zona C, con substrato impermeabile posto a profondità inferiore a quelle massime raggiunte dal parametro Hi della legge di Ghyben-Herzeberg.

La definizione dell’interfaccia acqua dolce/acqua salata è stata poi affrontata, come si è detto in modo più vincolante, mediante misure di conducibilità elettrica, eseguite sulla rete di piezometri della Zona C (fig. 9.9), dove è stato possibile campionare ad intervalli di 2 m di profondità, per poter rilevare la fascia di mescolamento (zona di transizione) tra l’acqua

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dolce di falda e l’acqua salata che si forma sia lungo la linea di riva che in corrispondenza del cuneo salino che risale nell’Arno.

Fig. 9.9 – Ubicazione della rete di piezometri nella Zona C.

I grafici riportati nelle figure 9.10 e 9.11 mostrano l’andamento dei valori di conducibilità con la profondità nelle campagne di Ottobre 2006 e Maggio 2007.

Riguardo alla prima campagna, nei piezometri BA29 e BA41 si può notare un netto incremento della conducibilità alla profondità di 6-8 metri dove si passa rispettivamente da 2350 µS/cm a 12020 µS/cm e da 522 µS/cm a 12620 µS/cm; nei piezometri BA39 e BA40 tale incremento si registra alla profondità di 4-8 metri passando rispettivamente da 2225 µS/cm a 14310 µS/cm e da 1522 µS/cm a 14320 µS/cm. Il piezometro BA30, pur registrando alti valori di conducibilità già in superficie, mostra anch’esso un incremento alla profondità di 4-8 metri, passando da 5430 µS/cm a 14510 µS/cm. Nel piezometro BA34 situato sull’incrocio tra le sezioni G e F (vedi paragrafo successivo), dove è stata registrata la massima profondità del passaggio da 2800 µS/cm a 9000 µS/cm, cioè in un campo di conducibilità indicativa della zona di miscelazione, è stato prelevato anche un campione sottoposto ad analisi chimica che ha confermato una miscelazione con acqua di mare. I piezometri BA31, BA36, BA37 e BA38 non presentano significativi incrementi di conducibilità con la profondità.

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Nella seconda campagna gli andamenti sono molto simili alla prima: nei piezometri BA29 e BA41 alla profondità di 6-8 metri i valori passano rispettivamente da 1220 µS/cm a 10960 µS/cm e da 497 µS/cm a 8830 µS/cm; in BA30, BA39 e BA40 alla profondità di 6-8 m i valori passano rispettivamente da 8050 µS/cm a 12420 µS/cm, da 2960 µS/cm a 15320 µS/cm, e da 2280 µS/cm a 11840 µS/cm; in BA 34 l’incremento si verifica a 12-14 metri di profondità, passando da 1302 µS/cm a 7670 µS/cm.

Rispetto alla campagna di Ottobre si verifica un modesto aumento in BA37 tra i 14 ed i 16 metri di profondità passando da 2170 µS/cm a 4600 µS/cm; ciò è dovuto alla diminuzione del livello piezometrico. I piezometri BA31, BA36, e BA38 confermano di non presentare significativi incrementi di conducibilità con la profondità.

Le figure 9.12 ed 9.13 rappresentano, rispettivamente per le campagne di Ottobre 2006 e Maggio 2007, la ricostruzione dell’andamento della conducibilità nel sottosuolo, e conseguentemente della salinità dell’acqua, lungo le sezioni tracciate nella zona del porto di Marina di Pisa. Tali ricostruzioni sono state ottenute riportando i valori conducimetrici rilevati nella rete di piezometri, pozzi ed acque superficiali sopra le sezioni della struttura acquifera (vedi block-diagram precedentemente elaborato); ne è risultata una efficace rappresentazione della distribuzione della salinità nella falda freatica e cioè la geometria dell’interfaccia acqua dolce/acqua salata, o meglio, della zona di transizione (o di miscelazione), come previsto dalla legge di Ghyben-Herzeberg.

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In definitiva, le ricostruzioni idrochimiche effettuate, nonché i suddetti riscontri piezometrici, hanno mostrato una situazione di incipiente salinizzazione della falda freatica che avviene soprattutto attraverso l’interfaccia (zona di transizione acqua dolce/acqua salata lungo la costa), con spostamento della zona di transizione verso l’entroterra. La sezione E, in particolare, mostra inoltre un doppio fronte ravvicinato di intrusione marina ed un conseguente innalzamento, fino a profondità inferiori ai 10 metri, del limite acqua dolce zona di transizione. Tale situazione di intrusione marina risulta analoga a quella riscontrata (fig. 9.14) nella ricostruzione effettuata da Ghezzi, 2006.

Fig. 9.14 – Ubicazione delle sezioni e sezione n. 1 (Ghezzi, 2006).

E’ da mettere infine in evidenza che, in corrispondenza del piezometro BA34, si configura una situazione di up-coning, che è in relazione al contrapposto cono di depressione della superficie piezometrica (vedi in particolare la relativa carta di Ottobre 2006 di fig. 9.4);

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ciò a riprova di quanto precedentemente osservato circa la discontinuità crono-spaziale dell’effetto barriera, operato dall’alto piezometrico costiero. Anche in questo caso sono evidenti le analogie con la corrispondente sezione (fig. 9.15) di Ghezzi ,2006.

Fig. 9.15 –Sezione n. 2 (Ghezzi, 2006).

Resta da definire il ruolo svolto nei fenomeni di intrusione marina dalla rete dei canali di acque basse, in quanto non disponiamo di significative sezioni conducimetriche (derivabili dalle carte di conducibilità (a profondità maggiore o uguale a 6 metri) che li attraversino.

A tal fine occorre pertanto fare riferimento alle “carte delle isoconduttive della superficie d’acqua”, in base alle quali è stato possibile estrapolare arealmente le misure puntuali di conducibilità.

Dal confronto delle carte suddette con l’analogo elaborato di Ghezzi (2006), vedi fig. 9.16, possiamo trarre le seguenti osservazioni conclusive:

 viene supportata, in generale l’ipotesi di un’azione di drenaggio esercitata dai canali di acque basse sulla superficie freatica con depressione della superficie piezometrica (vedi carte delle figg. 9.4 e 9.5) e conseguente richiamo di acque profonde dalla zona di miscelazione (effetto up-coning); tale azione di up-coning prodotto linearmente è particolarmente accentuata in corrispondenza del canale Nuovo Lamone, lungo il quale si hanno cioè le massime depressioni piezometriche sotto il livello del mare.

 Un caso a sé stante è rappresentato dal canale Mandracchio (acque alte), che funzione da smaltitore, verso l’Arno, delle acque pompate dall’idrovora; in esso possono quindi affluire sia acque di ruscellamento superficiale e di drenaggio della falda provenienti dall’idrovora stessa, sia acque del cuneo salino derivato dall’Arno, come rappresentato nella sezione G della

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Fig. 9.16 – Confronto tra le carte conducimetriche di Ottobre 06 e Maggio 07 del precedente cap. 8 par. 2.2 e Aprile 05 (Ghezzi, 2006).

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precedente fig. 9.12. Queste ultime non producono però fenomeni di salinizzazione delle acque di falda, in quanto nella nostra interpretazione abbiamo considerato impermeabile l’alveo del canale.

Ciò in contraddizione con la ricostruzione effettuata da Ghezzi, 2006 (fig. 9.17) che non è però basata su dati di conducibilità sperimentali tenendo peraltro conto di una piezometria che noi abbiamo giudicato (vedi precedente par. 3.1.1 fig. 9.7) non del tutto rigorosa.

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