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3. Il sistema CaO – SiO2

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3. Il sistema CaO – SiO

2

– H

2

Il termine C-S-H comprende fasi, sia naturali che sintetiche, talvolta di composizione non definita. Tutti questi silicati sono insolubili in acqua e sono ottenibili in laboratorio sia a bassa T (T<100°C), con la formazione di prodotti scarsamente cristallini, sia in condizioni idrotermali (T>100°C), con la formazione di fasi a maggior grado di cristallinità (Taylor, 1964).

O

Taylor (1964), tenendo conto delle affinità strutturali, ha suddiviso i silicati idrati di calcio in cinque gruppi “informali”:

1) composti strutturalmente correlati alla wollastonite; 2) gruppo della tobermorite;

3) gruppo della gyrolite;

4) composti strutturalmente correlati a γ-Ca2SiO4 5) altri silicati idrati di calcio.

;

Questo schema di classificazione è stato ripreso da Richardson (2008), il quale ha aggiunto anche il gruppo della jennite.

Seguendo la classificazione di Strunz & Nickel (2001), è altresì possibile classificare i silicati idrati di calcio in funzione del grado di polimerizzazione dei tetraedri silicatici (tabella 3.1); nel corso di questo lavoro di tesi sarà adottato tale schema classificativo.

Tabella 3.1 – Silicati idrati di calcio e fasi correlate

Formula a (Å) b(Å) c (Å) α (°) β (°) γ (°) S.G.

Nesosilicati

Afwillite Ca3(SiO3OH)2·2H2O 16.278 5.6321 13.236 134.90 Cc

α-C2SH Ca2(SiO3OH)(OH) 9.487 9.179 10.666 Pbca

Bultfonteinite Ca4[SiO2(OH)2]2(OH)2F2·2H2O 10.992 8.185 5.671 93.95 91.32 89.85 P 1

Chegemite Ca7(SiO4)3(OH)2 5.070 11.396 23.557 Pbnm

Kumtyubeite Ca5(SiO4)2F2 11.434 5.058 8.866 108.86 P21/a

Poldervaartite Ca(Ca0.5Mn0.5)(SiO3OH)(OH) 9.398 9.139 10.535 Pbca

Reinhardbraunsite Ca5(SiO4)2(OH)2 11.458 5.052 8.840 108.91 P21/a

Sorosilicati Dellaite Ca6Si3O11(OH)2 6.825 6.931 12.907 90.68 97.57 98.18 P 1 Jaffeite Ca6Si2O7(OH)6 10.035 7.499 P3 Killalaite Ca3Si2O7·H2O 6.807 15.459 6.811 97.76 P21/m Rosenhahnite Ca3Si3O8(OH)2 6.955 9.484 6.812 108.64 94.84 95.89 P 1 Suolunite Ca2Si2O5(OH)2·H2O 19.776 5.99 11.119 Fd2d Trabzonite Ca4Si3O10·2H2O 6.895 20.640 6.920 98 P21 o P21/m Inosilicati Foshagite Ca4Si3O9(OH)2 10.32 7.36 7.04 90 106.4 90 P 1

Hillebrandite Ca2SiO3(OH)2 3.6389 16.311 11.829 Cmc21

Xonotlite Ca6Si6O17(OH) 8.712 2 7.363 7.012 89.99 90.36 102.18 P1 8.712 7.363 14.023 89.99 90.36 102.18 A1 17.032 7.363 7.012 90.36 P2/a

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26 17.032 7.363 14.023 90.36 A2/a Clinotobermorite Ca5Si6O17·5H2 11.276 O 7.343 22.642 97.28 Cc 11.274 7.344 11.468 99.18 97.19 90.02 C1 “Clinotobermorite 9 Å” Ca5Si6O16(OH) 11.161 2 7.303 18.771 92.91 C2/c 11.156 7.303 9.566 101.08 92.83 89.98 C 1 Plombièrite (tobermorite 14 Å) Ca5Si6O16(OH)2·7H2 11.2 O 7.3 56.0 F2dd 6.735 7.425 27.987 123.25 B11b Riversideite (tobermorite 9 Å) Ca5Si6O16(OH) 11.16 2 7.32 37.40 Fd2d 6.7 7.32 18.70 123.5 P1121/a Tobermorite (tobermorite 11 Å) Ca4+xSi6O15+2x(OH)2-2x·5H2 11.265 O 7.386 44.97 F2dd 6.735 7.385 22.487 123.25 B11m Oyelite Ca10B2Si8O29·12.5H2O 11.25 7.25 20.46 n.d. Tacharanite Ca12Al2Si18O51·18H2O 17.07 3.65 27.9 114.1 n.d. Jennite Ca9Si6O18(OH)6·8H2O 10.576 7.265 10.931 101.30 96.98 109.65 P 1 “Metajennite” Ca9Si6O18(OH)6·8H2O 9.944 3.638 17.72 100.09 I 2/m Fillosilicati Nekoite Ca3Si6O15·7H2O 7.558 9.793 7.339 111.77 103.5 86.53 P1 Okenite Ca5Si9O23·9H2O 9.69 7.28 22.02 92.7 100.1 110.9 P 1

Gyrolite NaCa16Si23AlO60(OH)8·14H2O 9.74 9.74 22.40 95.7 91.5 120 P 1

Truscottite Ca14Si24O58(OH)8·2H2O 9.735 18.83 P 3

Reyerite Na2Ca14Si22Al2O58(OH)8·6H2O 9.765 19.067 P 3

Fedorite (Na,K)2(Ca,Na)7(Si,Al)16O38(F,OH)2·3.5H

2O 9.645 9.6498 12.617 102.43 96.247 119.89 P 1

Minehillite (K,Na)2Ca28Zn5Al4Si40O112(OH)16 9.77 33.01

P63

6 /mmc , P 2c o

P63mc

Tungusite [Ca14(OH)8](Si8O20)(Si8O20)2[Fe 2+

9(OH

)14] 9.714 9.721 22.09 90.13 98.3 120 P 1

Martinite (Na,Ca)11Ca4(Si,S,B)14B2O40F2·4H2O 9.544 9.535 14.027 108.94 74.15 119.78 P 1

Orlymanite Ca4Mn2+3Si8O20(OH)6·2H2O 9.6 35.92 P 3 o P3

Lalondeite (Na,Ca)6(Ca,Na)3Si16O38(F,OH)2·3H2O 9.589 9.613 12.115 96.92 92.95 119.81 P 1

Fase K Ca7Si16O38(OH)2 9.70 9.70 12.25 101.9 96.5 120 P 1

Fase Z Ca9Si16O40(OH)2·14H2O 9.70 9.70 15.24 90.94 93.19 120 P 1

Oltre alle fasi mineralogiche note attualmente, sono elencate alcune fasi strutturalmente correlate, molte delle quali non possono essere completamente descritte nel sistema chimico CaO-SiO2-H2

• introduzione di cationi alcalini all’interno di cavità strutturali (es. varie fasi del gruppo della gyrolite e, raramente, della tobermorite);

O (fig. 3.1). Le principali variazioni chimiche riguardano:

• presenza di B (oyelite, martinite);

• presenza di Al, talvolta a vicariare Si (tacharanite, gyrolite, reyerite, fedorite, minehillite); • presenza di metalli di transizione quali Mn2+

, Zn2+, Fe2+

• presenza di F

(minehillite, tungusite, orlymanite, poldervaartite);

-, talvolta a sostituire i gruppi OH

-Sono state inoltre inserite alcune fasi sintetiche strutturalmente correlate a specie minerali. (martinite, lalondeite, bultfonteinite).

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Fig. 3.1 – Diagramma CaO-SiO2-H2O illustrante la composizione molare dei silicati idrati di calcio. L’ellisse rappresenta l’intervallo composizionale di tobermorite e clinotobermorite.

In questo capitolo saranno descritti i principali ambienti geologici di formazione delle fasi C-S-H e saranno trattati quei silicati idrati di calcio appartenenti ai gruppi dei nesosilicati, sorosilicati e fillosilicati; come già detto nel capitolo introduttivo, a fianco dei dati di letteratura, talvolta discussi criticamente, saranno presentati in maniera sommaria nuovi dati sperimentali relativi allo studio strutturale della bultfonteinite della N’Chwaning II mine (Repubblica Sudafricana), studio descritto in dettaglio nell’appendice A.

Nei capitoli successivi saranno invece ampiamente trattate le problematiche relative agli inosilicati idrati di calcio e, in particolare, alle fasi del gruppo della tobermorite. I disegni delle strutture proposti nelle prossime pagine sono stati eseguiti con il software CrystalMaker® v. 2.3.0.

3.1 Ambienti geologici di formazione delle fasi C-S-H

I silicati idrati di calcio si formano generalmente per l’azione di fluidi idrotermali nelle fasi tardive dell’evoluzione di differenti ambienti geologici. In tabella 3.2 sono indicate le principali giaciture dei silicati idrati di calcio; quelle più frequenti sono rappresentate dalle zone di contatto fra rocce

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carbonatiche ed intrusioni magmatiche e dalle amigdale e cavità all’interno di rocce vulcaniche, spesso di natura basica.

In quest’ultimo tipo di giacitura, le specie più comuni sono rappresentate da tobermorite e gyrolite. I primi campioni di questi due minerali furono raccolti proprio nelle cavità di rocce basaltiche. La gyrolite fu descritta da Anderson (1851) su campioni provenienti dall’isola di Skye (Scozia; fig. 3.2) mentre Heddle (1880) descrisse una sostanza massiva o minutamente granulare, di colore bianco o rosa chiaro, traslucida, quale riempimento di cavità di basalti lungo le scogliere a nord di Tobermory, sull’isola di Mull (Scozia) ed in altre località limitrofe. Le analisi chimiche mostrarono trattarsi di un silicato idrato di calcio e Heddle (1880) denominò questo minerale, ritenuto inizialmente una zeolite, tobermorite.

Successivamente Heddle (1893) e Currie (1905) identificarono questa fase anche in altre località scozzesi, sempre in giaciture simili; Currie (1905) riportò anche il probabile ritrovamento di tobermorite in Groenlandia, in associazione a gyrolite ed “apofillite”.

Campioni di tobermorite e gyrolite sono stati frequentemente osservati nei vacuoli di rocce vulcaniche intermedie e basiche, spesso in associazione a svariate zeoliti. Ad esempio Sweet et al. (1961) hanno descritto la presenza di gyrolite, tacharanite, tobermorite e xonotlite, associate a

Tabella 3.2 – Principali giaciture dei silicati idrati di calcio

1 2 3 4 5 6 Nesosilicati Afwillite X Bultfonteinite X X Chegemite X Kumtyubeite X Poldervaartite X Reinhardbraunsite X Sorosilicati Dellaite X Jaffeite X Killalaite X Rosenhahnite X X Suolunite X Trabzonite X Inosilicati Foshagite X Hillebrandite X Xonotlite X X X Clinotobermorite X X Plombièrite (tobermorite 14 Å) X Riversideite (tobermorite 9 Å) X Tobermorite (tobermorite 11 Å) X X Oyelite X X Tacharanite X Jennite X Fillosilicati Nekoite X Okenite X Gyrolite X X X Truscottite X X Reyerite X X Fedorite X Minehillite X Tungusite X Martinite X X Orlymanite X Lalondeite X

1. Rocce termometamorfiche, sovente idrotermalizzate; 2. amigdale di rocce magmatiche effusive; 3. rocce alcaline; 4. serpentiniti; 5. rocce metamorfiche; 6. giacimenti minerari, spesso di origine idrotermale.

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Fig. 3.2 – Affioramenti di rocce basaltiche sull’isola di Skye (Scozia),

località tipo della gyrolite (da www.mindat.org).

mesolite e “thomsonite”, nelle vescicole di un basalto olivinico sull’isola di Skye (Scozia) mentre Webb (1971) riporta la presenza di tobermorite nelle rocce basaltiche di Castle Hill (Kilbirnie, Ayrshire, Inghilterra). Tschernich (1992), nel suo lavoro Zeolites of the world, descrive minuziosamente le associazioni delle zeoliti di varie località mondiali, citando molto spesso la presenza di silicati idrati di calcio.

Altri campioni di tobermorite e gyrolite correlati a rocce basiche sono noti a Prà de la Stua (Trento), in associazione a zeoliti (Gottardi & Passaglia, 1965) e sul fianco orientale del monte Biaena (Trento; Gottardi & Passaglia, 1966). Tobermorite è nota anche nei basalti terziari della Tasmania (Australia), assieme a tacharanite (Sutherland, 1965), nei basalti olivinici della Patagonia (Cile; Aguirre et al., 1999) e nei basalti a nefelina di Höwenegg (Hegau, Germania; Walenta, 1974). Altri campioni di silicati idrati di calcio (tacharanite, tobermorite) sono stati descritti nelle vulcaniti

della formazione di Monte

Caliella (Palagonia, Catania; Sicurella et al.,

2010).

Celeberrimi sono i

campioni indiani di

gyrolite ed okenite

provenienti dalla provincia vulcanica del Deccan (Ottens, 1999, 2001, 2002), raccolti nei vacuoli delle rocce basaltiche idrotermalizzate (fig. 3.3). I silicati idrati di calcio si

formano anche per

Fig. 3.3 – Vacuoli mineralizzati a zeoliti e silicati idrati di calcio nei basalti

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alterazione idrotermale delle paragenesi di alta T generate nelle aureole termometamorfiche. In particolari condizioni di sottosaturazione in SiO2

A Crestmore (fig. 3.4) erano presenti numerose cave finalizzate alla coltivazione di un marmo derivante dall’intrusione di quarzodioriti e quarzomonzoniti; questi calcari cristallini erano utilizzati per la produzione di cemento. Tenendo in considerazione la ricchezza di minerali rari in questa località, Eakle ebbe a dire: “the cement contains the calcined

remains of many beautiful, rare, and perhaps new minerals” (Murdoch, 1961). La quarzodiorite è

responsabile della formazione di una stretta fascia di predazzite, una roccia di contatto ricca in periclasio, e marmi; il porfido quarzomonzonitico ha invece originato intensi processi di silicizzazione, all’origine dei minerali più interessanti (Murdoch, 1961). Ad oggi, Crestmore è località-tipo di otto specie mineralogiche; fra queste, i silicati idrati di calcio foshagite, jennite, nekoite e riversideite.

ed abbondante presenza di fluidi idrotermali, possono formarsi skarn di alta T (> 800°C) caratterizzati da paragenesi a spurrite, tilleyite, rankinite e gehlenite al posto delle usuali associazioni a wollastonite e grossularia. Tali skarn a spurrite-gehlenite sono molto rari in natura e descritti solo in alcune località: Kilchoan (Ardnamurchan, Scozia; Agrell, 1965), con marmi a spurrite interessati da vene tardive di silicati idrati di calcio; Christmas Mountains (Joesten, 1976); Apuseni Mountains (Romania; Marincea et al., 2001), con skarn a spurrite, gehlenite e tilleyite legati all’intrusione di corpi monzodioritici e quarzomonzonitici all’interno di micriti titoniane; Crestmore (Riverside Co., California, USA; Murdoch, 1961); Fuka (Okayama Prefecture, Giappone; Satish-Kumar et al., 2004). Altri skarn di alta T sono stati studiati a Ballycraigy e Scawt Hill (Larne, Antrim County, Irlanda; McConnell, 1954). Fra le località citate, meritano particolare attenzione Crestmore e Fuka.

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31 Fuka è situata a 40 km a WNW della

città di Okayama, nel Giappone meridionale. Al di sopra di un basamento paleozoico, costituito da peliti, psammiti e diaspri, si hanno i calcari della Nakamura Formation, sui quali giacciono rocce vulcaniche mesozoiche. Al contatto fra le intrusioni cretaciche quarzo-monzonitiche e le rocce carbonatiche si sono generati skarn a gehlenite, che nelle zone distali dell’anello metamorfico passano a skarn a spurrite. La successiva intrusione di dicchi andesitici ha provocato una estesa circolazione di fluidi idrotermali che hanno alterato l’originaria paragenesi, portando alla formazione di un gran numero di silicati idrati di calcio. Uno studio in microscopia elettronica a scansione condotto nel corso di questa tesi di dottorato su un campione di skarn a spurrite ha consentito di osservare il processo di alterazione idrotermale di queste rocce. Partendo dalla paragenesi metamorfica di alta T, composta da spurrite e cuspidina, con una tipica tessitura granoblastica (fig. 3.5a), si osserva una progressiva sostituzione dei cristalli di queste due fasi da parte di silicati idrati di calcio e calcite (fig. 3.5b), fino alla totale sostituzione della

Fig. 3.5 – Dall’alto al basso: progressiva alterazione idrotermale dello

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Fig. 3.6 – Fronte di scavo della cava Campomorto (Montalto di

Castro). Foto Antonio Borrelli.

paragenesi originaria da parte di fasi C-S-H, con scarsi relitti di cuspidina (fig. 3.5c). Fuka è località-tipo di undici minerali differenti, fra cui la clinotobermorite, ed una serie di specie contenenti B, fra le quali ricordiamo la oyelite, ritenuta originariamente una “tobermorite 10 Å”. La genesi dei silicati idrati di calcio attraverso l’alterazione idrotermale delle paragenesi di alta T in zone di termometamorfismo è quindi il processo responsabile della formazione della maggior parte dei silicati idrati di calcio. Dalla tabella 3.2 si può desumere come la quasi totalità delle fasi C-S-H, ad eccezione dei fillosilicati strutturalmente correlati alla gyrolite, abbiano la loro giacitura di elezione proprio in questo ambiente geologico.

I processi di alterazione idrotermale sono responsabili della formazione delle fasi C-S-H in numerose altre località, fra le quali possiamo ricordare Gumeshevsk (Urali, Russia; Grabezhev et

al., 2007) e Chesney Vale (Northern Victoria, Australia; Henry, 1999). In entrambe queste località

rocce skarnoidi sono state alterate per via idrotermale con la comparsa di associazioni comprendenti xonotlite, foshagite, fukalite, oltre a tobermorite, plombièrite e tacharanite (a Gumeshevsk) e bultfonteinite, foshagite, xonotlite e probabili afwillite e tobermorite a Chesney Vale. In Italia silicati idrati di calcio correlati ad aureole termometamorfiche idrotermalizzate, legate ad intrusioni monzonitiche (Callegari & De Vecchi, 1967), sono stati descritti nel Territorio dei Laghi (alto Vicentino); ad esempio, Zordan et al. (2008) hanno descritto xonotlite e foshagite in vene incassate nell’ammasso cornubianitico di Contrada Mulini.

Un’origine analoga potrebbero avere i campioni di silicati idrati di calcio descritti da Passaglia & Turconi (1982) e provenienti dalla cava Campomorto, presso Montalto di Castro (fig. 3.6). Questa cava è stata aperta in una colata lavica di natura fonolitica (Passaglia & Galli, 1977) legata all’attività periferica del Distretto Vulcanico Vulsino. All’interno delle lave sono presenti xenoliti metamorfosati di natura carbonatica ed argillitica, dentro ai

quali sono stati rinvenuti numerosi silicati di calcio ed alluminio, fra i quali ricordiamo afwillite, idrocalumite, jennite, katoite, strätlingite, tobermorite, vertumnite (Passaglia & Galli, 1977) e wollastonite. Recentemente associazioni mineralogiche simili sono state descritte da Caponera et al.

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Fig. 3.7 – Giacitura della xonotlite, al contatto fra xenoliti gabbrici e corpi

rodingitici nel complesso ultrabasico di Wairee, Nuova Zelanda (da O’Brien & Rodgers, 1973).

(2007) nell’area dei Colli Albani. I silicati idrati di calcio di queste due località laziali sembrano trarre origine dall’interazione fra i magmi e gli xenoliti di natura carbonatica o marnosa. Analoga genesi hanno le fasi descritte da Stoppa et al. (2010) nell’affioramento di Colle Fabbri, Umbria. Una situazione geologica molto particolare è rappresentata dalla Hatrurim Formation; si tratta di un complesso sedimentario, affiorante nel deserto della Giudea (Israele), composto da una sequenza calcareo-marnosa di età compresa fra il Cretaceo superiore e il Neogene. Attualmente queste rocce sono affette da un metamorfismo di alta T, con la comparsa di una ricca serie di silicati di calcio. È interessante notare che tali associazioni di alta T si rinvengono tuttavia in un contesto nel quale sono assenti rocce magmatiche (Vapnik et al., 2006). Gross (1977) descrive un possibile modello di formazione per le particolari rocce della Hatrurim Formation. Partendo dalla presenza di idrocarburi in queste rocce, è stata ipotizzata una loro ossidazione. Questo processo esotermico, coadiuvato dalla bassa conducibilità termica delle rocce, avrebbe consentito il raggiungimento di T tipiche delle

facies cornubianitiche a sanidino e pirosseno. Durante il raffreddamento avrebbe avuto luogo un

metamorfismo retrogrado ed una intensa alterazione idrotermale, con la formazione di zeoliti, idrogranati e silicati idrati di calcio. Infine, processi di alterazione superficiale (es. carbonatazione) sarebbero stati responsabili di ulteriori modifiche mineralogiche. In totale, sono state descritte oltre 150 specie mineralogiche differenti, 5 delle quali sono nuove specie.

Le due giaciture sin qui descritte (vescicole di rocce vulcaniche e rocce termometamorfiche) sono quelle nelle quali la ricchezza di silicati idrati di calcio è maggiore e più ampio è il numero di specie mineralogiche differenti.

Questi minerali si trovano, meno frequentemente, anche in altri tipi di ambienti geologici. Fenomeni di metasomatismo di calcio durante la serpentinizzazione delle peridotiti e la formazione di rodingiti sono processi

abbastanza frequenti; in questo caso è possibile osservare la genesi di vene fibrose di xonotlite, come descritto ad esempio da Schwarz (1924), Kaye (1953) o O’Brien & Rodgers (1973; fig. 3.7). In vene all’interno di serpentiniti, la xonotlite è

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(Pomarance, Pisa), inizialmente descritti come pectolite da A. D’Achiardi (1872/73). La suolunite è un altro raro sorosilicato di calcio la cui genesi è spesso legata a processi di serpentinizzazione (Stanger & Neal, 1984).

Alcune specie di silicati idrati di calcio sono state raccolte anche in giacimenti minerari legati ad attività idrotermale. Un esempio è rappresentato dalla gyrolite descritta da Garavelli & Vurro (1984) nella miniera di ferro di Ortano (Isola d’Elba), in associazione a calcite, vesuvianite, apofillite-(KOH) e prehnite. Le paragenesi idrotermali a silicati idrati di calcio raggiungono però la loro massima espressione nelle miniere del Kalahari Manganese Field, Repubblica Sudafricana (Wilson & Dunn, 1978; Von Bezing et al., 1991; Gutzmer & Cairncross, 1993). Esso rappresenta il più grande deposito manganesifero del mondo; è incassato nella Hotazel Formation, una successione sedimentaria depositatasi intorno a 2.2-2.3 Ga. Quest’ultima ha subito una storia tettonica e metamorfica complessa ed è stata ripetutamente interessata da processi di natura idrotermale. L’evento geologico più importante, responsabile della deposizione della quasi totalità delle fasi C-S-H presenti in questa località (afwillite, bultfonteinite, foshagite, jennite, oyelite, tobermorite, clinotobermorite, xonotlite, poldervaartite), è il cosiddetto “Wessels alteration event” (Gutzmer & Beukes, 1996) datato attorno a 1.0-1.25 Ga: all’interno di cavità e vene geneticamente legate a questo evento idrotermale sono state descritte oltre 84 specie mineralogiche differenti.

3.2 Nesosilicati

Il gruppo dei nesosilicati comprende sei differenti specie mineralogiche: afwillite, bultfonteinite, chegemite, kumtyubeite, poldervaartite e reinhardbraunsite. Afwillite, bultfonteinite e poldervaartite sono tre nesosilicati caratterizzati dalla presenza di gruppi [SiO3OH]. Chegemite, kumtyubeite e reinhardbraunsite sono invece tre specie mineralogiche legate al gruppo delle humiti; le prime due sono state descritte solo recentemente mentre la terza, descritta ormai quasi trent’anni fa, è l’analogo naturale della calciocondrodite, un comune prodotto di alterazione di cementi trattati per via idrotermale.

3.2.1 Afwillite

La afwillite, Ca3(SiO3OH)2·2H2O, è un nesosilicato di simmetria monoclina, descritto da Parry & Wright (1925) all’interno di una inclusione doleritica nella kimberlite della Dutoitspan mine (Kimberley, Repubblica Sudafricana), in associazione con “apofillite”, calcite e natrolite. A differenza di molti silicati idrati di calcio, che forniscono generalmente cristalli aciculari finissimi,

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Fig. 3.8 – Morfologia dei cristalli di afwillite della Dutoispan

mine, Kimberley, Repubblica Sudafricana (da Parry & Wright, 1925).

la afwillite è stata invece raccolta in perfetti cristalli prismatici, allungati secondo [010] (fig. 3.8), grandi fino ad alcuni cm.

Questa specie è stato il primo silicato idrato di calcio di cui sia stata determinata la struttura (Megaw, 1952); un notevole incremento delle conoscenze si deve a Malik & Jeffery (1976) i quali hanno raffinato il modello strutturale (fig. 3.9) fino a R=3.7%.

L’afwillite presenta tre siti Ca indipendenti, uniti fra loro per condivisione di spigoli a formare delle catene a zig-zag parallele a [101]. I poliedri Ca hanno coordinazione VII, con distanze di legame comprese fra 2.32 e 2.87 Å. Le catene di poliedri Ca sono unite fra loro mediante tetraedri silicatici; questi ultimi sono legati ad una catena per condivisione di uno spigolo e di un vertice e all’altra mediante un vertice. Uno dei vertici di un tetraedro silicatico è rappresentato da un gruppo OH-. A completare la struttura sono presenti molecole di H2O, legate ai cationi Ca2+

Rastsvetaeva et al. (2009) hanno osservato, negli skarn a merwinite del complesso gabbro-peridotitico di

Yoko-Dovyrensky (Northern

Baikal, Russia), la presenza di una afwillite monoclina (da essi definita “ordinaria”) e di una afwillite triclina, con caratteristiche ottiche differenti. L’afwillite triclina ha cella a 16.330(2), b 5.6389(6), c 11.685(1) Å, α 90.08(1)°, β 126.446(2)°, γ 89.95(1)°. La cella triclina è correlata a quella monoclina tramite la matrice di trasformazione [

ed in grado di formare legami a idrogeno con gli ossigeni presenti.

100/010/101]. La struttura è stata risolta nel gruppo spaziale P1. Nonostante la differente simmetria, il modello

Fig. 3.9 – Struttura della afwillite vista lungo [010]. In blu i poliedri Ca; in giallo i

tetraedri SiO4. Le sfere indicano rispettivamente O2- (rosso), OH- (blu scuro) e H2O (azzurro).

(12)

36

strutturale di Rastsvetaeva et al. (2009) è sostanzialmente analogo a quello di Malik & Jeffery (1976). Sulla base della distribuzione degli ioni OH-, Rastsvetaeva et al. (2009) propongono, per la afwillite, la formula cristallochimica [Ca12(H2O)8][SiO4]4[SiO2(OH)2]4

La afwillite è un minerale di un certo interesse per i chimici dei cementi; infatti questo composto dovrebbe essere il prodotto di idratazione termodinamicamente stabile del C

, Z = 1.

3S, qualora si potesse avere la completa conversione del C-S-H metastabile, conversione che è tuttavia inibita dalla presenza di SO42- e Al2O3 (Taylor, 1997).

3.2.2 Bultfonteinite

La bultfonteinite è un nesosilicato idrato di calcio, contenente fluoro, di simmetria triclina (pseudoortorombica), gruppo spaziale P1, con parametri di cella a 10.992, b 8.183, c 5.671 Å, α 93.95°, β 91.32°, γ 89.85° (Megaw & Kelsey, 1955). Questo minerale fu scoperto agli inizi del Novecento nella Bultfontein mine (Kimberley, Repubblica Sudafricana), in uno xenolite derivante dalle rocce incassanti il camino kimberlitico, in associazione ad “apofillite”, calcite e natrolite; identificata in un primo momento come natrolite, fu riconosciuta come nuova specie in seguito ad ulteriori ritrovamenti nella Dutoitspan mine e nella Jagersfontein mine. Parry et al. (1932), nella descrizione della nuova specie, evidenziarono la somiglianza chimica fra afwillite e bultfonteinite. Quale prodotto di alterazione di xenoliti basaltici all’interno di camini kimberlitici, la bultfonteinite è stata descritta anche a Lac de Gras, Canada (Chakhmouradian & Mitchell, 2001) e a Damtshaa, Botswana (Buse et al., 2010).

Murdoch (1955) descrisse la presenza di bultfonteinite anche nel deposito di Crestmore (California, USA), in aggregati saccaroidi associati ad afwillite e scawtite. Successivamente la bultfonteinite è stata rinvenuta negli skarn di Mihara (Miyake, 1965) e Fuka (Kusachi et al., 1997), e nella Hatrurim Formation (Gross, 1977), in venette e cavità di una roccia a larnite, in associazione con tobermorite ed afwillite. Negli anni Ottanta la bultfonteinite fu identificata anche nelle miniere Wessels e N’Chwaning II (Kalahari Manganese Field, Kuruman Province, Repubblica Sudafricana), in aggregati botrioidali di color rosa salmone pallido, associati ad oyelite, con singoli cristalli grandi fino a 3 mm (Von Bezing et al., 1991); sono stati inoltre osservati ciuffi di cristalli aciculari bianchi o rosa chiaro, in associazione a poldervaartite. Altre fasi associate sono brucite, sturmanite, vesuvianite, calcite, barite, groutite, gaudefroyite e jennite (Von Bezing et al., 1991).

Gli studi strutturali sulla bultfonteinite sono sempre stati resi difficoltosi dall’estesa geminazione che caratterizza questa specie. I parametri di cella furono determinati per via diffrattometrica da Murdoch (1955), utilizzando un campione proveniente dalla località tipo sudafricana. Megaw & Kelsey (1955), studiando anch’essi campioni della Bultfontein mine (Repubblica Sudafricana),

(13)

37

Fig. 3.10 – Struttura della chegemite (da

Gałuskin et al., 2009).

individuarono le leggi di geminazione dei cristalli di bultfonteinite. La geminazione avviene secondo assi normali ai piani (100) e/o (010), con un angolo fra i due assi di circa 90°. McIver (1963) determinò la struttura della bultfonteinite utilizzando mappe di Fourier bidimensionali, ottenendo, per le proiezioni [100], [010] e [001], fattori di accordo R rispettivamente di 0.087, 0.095 e 0.114.

La scoperta degli eccezionali campioni provenienti dalle miniere manganesifere del Kalahari Manganese Field (Von Bezing et al., 1991) ci ha indotto ad affrontare nuovamente lo studio di questa fase, per cercare di comprenderne i dettagli strutturali. I risultati di tale studio sono in accordo con quanto riportato da McIver (1963); la struttura della bultfonteinite ed i dettagli del raffinamento strutturale sono descritti nell’Appendice A.

3.2.3 Chegemite, kumtyubeite e reinhardbraunsite

Chegemite, kumtyubeite e reinhardbraunsite appartengono al gruppo dell’humite, serie di nesosilicati di formula generale nA2SiO4·A(F,OH)2, dove A è Mg, Fe2+, Mn2+

La reinhardbraunsite, Ca

, Zn, Ca… e n = 1, 2, 3 e 4 (Jones et al., 1969; Ribbe & Gibbs, 1971). La serie delle humiti è una delle serie prese in considerazione da Thompson (1978) per illustrare il polisomatismo, ossia il fenomeno per il quale gli stessi moduli, variamente combinati, originano

strutture chimicamente diverse. Secondo Thompson (1978), la serie dell’humite sarebbe descrivibile come una serie polisomatica composta da moduli tipo norbergite (N) separati da uno o più moduli tipo olivina (O). La simmetria di queste fasi è ortorombica o monoclina. In particolare, fasi con struttura tipo condrodite o clinohumite sono monocline, fasi con struttura tipo norbergite o humite sono ortorombiche.

5(SiO4)2(OH)2, è stata la prima di queste specie ad essere descritta all’interno di xenoliti a silicati calcici presenti nelle vulcaniti dell’Eifel, Germania (Hamm & Hentschel, 1983; Kirfel

et al., 1983). Si tratta dell’equivalente di Ca della

condrodite, Mg5(SiO4)2(OH)2, e dell’analogo naturale della “calcio-condrodite” (C5S2H), sintetizzata per la prima volta da Buckle & Taylor (1958) e riscontrata

(14)

38

Recentemente sono state descritte due nuove specie appartenenti a questo gruppo di silicati: la kumtyubeite e la chegemite, entrambe scoperte in xenoliti a silicati di calcio presenti nelle ignimbriti dell’Upper Chegem volcanic structure, Repubblica Kabardino-Balkaria, Russia. Nella medesima paragenesi sono noti altri silicati di calcio di alta T: larnite, spurrite, rondorfite, reinhardbraunsite, wadalite, lakargiite e srebrodolskite.

La kumtyubeite, Ca5(SiO4)2F2, è l’analogo di F della reinhardbraunsite (Gałuskina et al., 2009); la chegemite, Ca7(SiO4)3(OH)2, è invece l’analogo di Ca della humite, Mg7(SiO4)3(OH)2

Queste fasi sono isostrutturali con i termini magnesiaci, con la sola ovvia differenza che il volume di cella dei composti calcici è maggiore della serie dell’humite s.s.

(Gałuskin

et al., 2009).

3.2.4 Poldervaartite

La poldervaartite è un raro silicato di Ca e Mn trovato fino ad oggi unicamente nel Kalahari Manganese Field (Repubblica Sudafricana), dove fu descritto per la prima volta da Dai et al. (1993); è isostrutturale con la olmiite (Bonazzi et al., 2007).

La struttura di questa fase può essere descritta nel gruppo spaziale Pbca, con parametri di cella a 9.398, b 9.139, c 10.535 Å; essa è formata dall’impilamento di due strati paralleli a (010) (fig. 3.11); uno strato è formato da poliedri M2 e Si, l’altro da poliedri M1. I poliedri M2, a coordinazione VII, ospitano Ca e Mn; essi condividono spigoli opposti con tetraedri [SiO3OH], formando delle catene lungo [100].

Catene adiacenti sono fra loro unite per condivisione di vertici a formare uno strato. Nell’altro strato, coppie di poliedri M1, unite per spigoli, sono unite fra loro attraverso i vertici dei tetraedri silicatici e mediante legami a idrogeno. Il sito

M1, a coordinazione VI, è occupato

da cationi Ca2+ (Dai et al., 1993). Le strutture della poldervaartite e del corrispondente termine di Mn, olmiite, sono analoghe a quella della

(15)

39

nota con l’acronimo C2SH, componente dei cementi steam-cured il cui assetto strutturale è stato determinato da Yano et al. (1993) nel gruppo spaziale P212121 e successivamente raffinato nel gruppo spaziale centro simmetrico Pbca, il medesimo di poldervaartite ed olmiite, da Marsh (1994).

3.3 Sorosilicati

In natura sono stati descritti sino ad oggi sei sorosilicati idrati di calcio; tutte queste specie risultano molto rare e sono note soltanto in pochissime località. La loro formazione è strettamente legata a processi idrotermali che si sviluppano durante la genesi di rocce termometamorfiche; l’unica eccezione è rappresentata dalla jaffeite, rarissima fase trovata soltanto nella mineralizzazione manganesifera della Kombat mine (Namibia).

I sorosilicati idrati di calcio naturali presentano solitamente degli analoghi sintetici; questi ultimi compaiono frequentemente quali componenti di cementi trattati in condizioni idrotermali. La struttura di questi minerali è stata risolta, ad eccezione di quella della trabzonite. I tetraedri silicatici presentano varie configurazioni: si hanno infatti gruppi disilicato e tetraedri isolati nella dellaite; gruppi disilicato nella jaffeite, nella killalaite e nella suolunite; infine, i rari gruppi trisilicato nella rosenhahnite.

3.3.1 Dellaite

La dellaite, Ca6Si3O11(OH)2, è stata descritta in natura per la prima volta da Agrell (1965) in venette incassate in marmi a spurrite

e skarn a grossularia e wollastonite nei pressi di Kilchoan (Ardnamurchan, Scozia). Questa fase è associata a calcite e circonda o pervade cristalli riassorbiti di spurrite; raramente forma individui euedrali di abito lanceolato. Si tratta di una fase scarsamente caratterizzata e rinvenuta fino ad oggi, oltre che nella località tipo, anche nella Akagane mine, Giappone (Shimazaki

et al., 2008) e, forse, a Queretaro,

(16)

40 Corporation, 2005).

Agrell (1965) ritenne la dellaite l’analogo naturale della fase Y sintetizzata ad alta temperatura da Roy (1958) e studiata da un punto di vista cristallografico da Glasser & Roy (1959). Questi ultimi autori determinarono una cella triclina, con parametri a 6.84, b 6.94, c 12.89 Å, α 90.75°, β 97.37°, γ 98.27°.

La struttura del composto sintetico è stata risolta da Ganiev et al. (1970) evidenziando così la presenza di gruppi [SiO4] e di gruppi disilicato [Si2O7], verificando sperimentalmente una ipotesi già avanzata da Glasser & Roy (1959). La formula cristallochimica della dellaite va pertanto correttamente espressa come Ca6[Si2O7][SiO4](OH)2. La struttura di questo minerale (fig. 3.12) può essere descritta come formata da due tipi di moduli che si alternano lungo c: il primo tipo di modulo presenta gruppi disilicato connessi, per condivisione di vertici, a gruppi discreti di poliedri Ca; il secondo modulo è formato da un doppio strato di poliedri Ca, fra loro legati per condivisione di spigoli, nel quale trovano posto gruppi [SiO4

Recentemente Garbev et al. (2006) hanno mostrato come l’analogo sintetico della dellaite rappresenti il prodotto intermedio della disidratazione dell’α-C

]. I due moduli sono fra loro connessi per condivisione di spigoli sia dei poliedri occupati da Ca che dei tetraedri dei gruppi disilicato.

2SH.

3.3.2 Jaffeite

La jaffeite, Ca6(Si2O7)(OH)6

La jaffeite è l’analogo naturale del composto sintetico C

, è un rarissimo sorosilicato rinvenuto sino ad oggi esclusivamente nella Kombat mine (Namibia) dove fu descritta da Sarp & Peacor (1989). Forma cristalli da euedrali a subedrali, con sezione esagonale, all’interno della defernite. Altre fasi presenti sono hausmannite, brucite, hillebrandite, vesuvianite, “apatite” e glaucocroite. I contatti fra le varie fasi sono sempre netti e tipici di tessiture metamorfiche.

3SH1.5 o TSH

(tricalcium silicate

hydrate), la cui struttura fu

determinata da Kazak et

Fig. 3.13 – Struttura della jaffeite, vista lungo [0001]. In rosso sono raffigurati

(17)

41

al. (1974) nel gruppo spaziale P 3 . La struttura della jaffeite (fig. 3.13) è identica a quella della fase

di sintesi ed è stata risolta da Yamnova et al. (1993). Essa può essere descritta come formata da muri composti da due colonne di poliedri Ca uniti per condivisione di spigoli; i muri, che corrono nella direzione [001], sono uniti fra loro condividendo vertici. In tal modo si crea una impalcatura che contiene due tipi di canali. I canali a sezione triangolare ospitano i gruppi disilicato mentre nei canali a sezione ditrigonale sono stati localizzati gli atomi di idrogeno dei gruppi ossidrili.

3.3.3 Killalaite

La killalaite fu descritta da Nawaz (1974) in un calcare termometamorfosato vicino Inishcrone, lungo la costa orientale della Killala Bay, Sligo County, Irlanda. La killalaite si è formata a spese di rocce ricche in spurrite, alterate idrotermalmente con la formazione di calcite, scawtite, cuspidina, afwillite, xonotlite ed altri silicati idrati di calcio.

Successivamente Nawaz (1977) ha descritto il ritrovamento di killalaite anche a Carneal, Antrim County. Qui questo raro sorosilicato è associato a plombièrite, afwillite, portlandite e calcite.

La struttura della killalaite (fig. 3.14) è stata risolta da Taylor (1977). Lo studio con tecniche di cristallo singolo ha mostrato una sottocella con parametri a 6.807, b 15.459, c 6.811 Å, β 97.76°, gruppo spaziale P21 o

P21/m. Deboli riflessi di

superstruttura indicano che la cella reale è monoclina, B-centrata, con i parametri a e c raddoppiati. La determinazione strutturale ha condotto alla formula cristallochimica Ca3+x(H1-2xSi2O7)(OH), con x ~ 0.2 nel cristallo studiato da Taylor (1977).

(18)

42

Fig. 3.15 – Struttura della rosenhahnite, vista lungo [100].

La struttura della killalaite può essere descritta in termini di strati paralleli a (010), con l’alternanza di strati di composizione [Ca2(H1-2xSi2O7)]-(1+2x) e strati di composizione [Ca1+x(OH)]+(1+2x). Il raffinamento strutturale ha evidenziato l’esistenza di un sito occupato statisticamente e che si colloca nel secondo tipo di strato. I cationi Ca2+ hanno coordinazione VI o VII. La killalaite è probabilmente l’analogo naturale della fase F sintetizzata da Aitken & Taylor (1960).

3.3.4 Rosenhahnite

La rosenhahnite, Ca3Si3O8(OH)2

La struttura della rosenhahnite (fig. 3.15) è stata risolta da Wan et al. (1977) ed è caratterizzata dalla presenza di gruppi trisilicato Si

, è stata descritta da Pabst et al. (1967) su campioni raccolti nell’alveo del Russian River, Mendocino County, California, USA; questo minerale si presentava in vene incassate in una roccia metasedimentaria a diopside, idrogrossularia, tremolite e titanite. Raramente, all’interno di piccole cavità, furono osservati anche dei millimetrici cristalli tabulari. La rosenhahnite è associata a pectolite, xonotlite e datolite o a diopside, granato e calcite. Successivamente questa specie è stata descritta in altre località fra le quali possiamo ricordare Durham, Wake County, North Carolina, USA, in associazione a prehnite, gyrolite, okenite ed “apofillite” (Dunn, 1975), le serpentiniti di Wairere, Nuova Zelanda (Leach & Rodgers, 1977) e gli xenoliti inclusi nelle serpentiniti di Rendai, Giappone (Hori et al., 1986); in quest’ultima località sono presenti altri silicati idrati di calcio ed in

particolare tacharanite e tobermorite. Infine, la rosenhahnite è stata descritta nel deposito di Bazhenovskoe, Urali, Russia (Zadov et al., 2000).

3O8(OH)2; il gruppo trisilicato è formato da un gruppo [SiO4] che condivide due dei suoi vertici con tetraedri SiO3(OH). Come già evidenziato da Jeffrey & Lindley (1973), i gruppi trisilicato sono uniti fra loro da legami a idrogeno, formando così catene lineari. Le osservazioni che indicano la formazione di wollastonite per disidratazione

(19)

43

trisilicato a formare catene, con l’espulsione di molecole di H2O. I cationi Ca2+

La rosehahnite fu ottenuta in laboratorio da Pistorius (1963) e descritta come un polimorfo della xonotlite stabile ad alte pressioni (superiori a 2 GPa) e a temperature inferiori a 450°C.

si trovano in poliedri a coordinazione VI o VII e sono legati per condivisione di spigoli.

3.3.5 Suolunite

La suolunite è un rarissimo sorosilicato descritto da Huang (1965) in vene di 2-3 cm di spessore incassate in rocce harzburgitiche nel massiccio ultrabasico di Suolun, Cina. Questa specie è stata descritta in pochissime altre località fra le quali Kulaski, Bosnia-Herzegovina (Stojanović et al., 1974), Al Khawd, Oman (Stanger & Neal, 1984), la miniera Lac d’Amiante (LAB mine), Québec (Amabili et al., 2003) e la kimberlite di Lac de Gras, Northwest Territories, Canada (Chakmouradian et al., 2002). La struttura della suolunite (fig. 3.16) è stata investigata da Ma et al. (1999) i quali hanno evidenziato la presenza di gruppi disilicato disposti in colonne che corrono lungo [001]; colonne adiacenti presentano i

gruppi disilicato orientati secondo

direzioni ortogonali. Come conseguenza di questo assetto strutturale, il minerale presenta alta durezza e scarsa sfaldabilità.

3.3.6 Trabzonite

La trabzonite, Ca4Si3O10·2H2O è stata descritta da Sarp & Burri (1987) nella regione di Trabzon, Turchia; questo minerale è stato osservato sotto forma di individui anedrali, grandi fino a 0.2 mm, quale prodotto di alterazione di uno skarn all’interno del quale sono presenti spurrite, rustumite, calcite, vesuvianite, hillebrandite, defernite, tobermorite, killalaite, granato, perovskite e molibdenite. La trabzonite cristallizza nel sistema monoclino, con parametri di cella a 6.895, b

(20)

44

20.640, c 6.920 Å, β 98°; studi di cristallo singolo indicano un possibile gruppo spaziale P21 o

P21/m. La struttura della trabzonite è, ad oggi, irrisolta.

3.4 Fillosilicati

I fillosilicati idrati di calcio noti in natura sono rappresentati da okenite, nekoite e dai minerali della famiglia merotipica della gyrolite. Si tratta di minerali presenti tipicamente nelle vescicole di rocce basaltiche idrotermalizzate; alcune fasi strutturalmente correlate alla gyrolite si rinvengono anche in altri ambienti geologici, associate tipicamente a processi idrotermali tardivi.

3.4.1 Okenite

L’okenite è un fillosilicato di calcio ritrovato sull’isola di Disko (Groenlandia) e descritto da Breithaupt (1845). Si trova generalmente nelle cavità di rocce basaltiche (fig. 3.17), in associazione a zeoliti e gyrolite, ma

anche in rocce carbonatiche

termometamorfosate

(Crestmore, California; Scawt Hill, Irlanda).

Il primo studio cristallografico è stato eseguito da Gard & Taylor (1956) i quali studiarono in diffrazione elettronica un campione proveniente da Bombay (India). La struttura dell’okenite è

stata determinata da Merlino (1983) su un campione proveniente dal Kolhapur District (Maharashtra, India), sulla base di una cella triclina con parametri a 9.69, b 7.28, c 22.02 Å, α 92.7°, β 100.1°, γ 110.9°.

Fig. 3.17 - Okenite, aggregati globulari di cristalli aciculari bianchi fino a 2 cm.

(21)

45

Fig. 3.18 – Okenite, struttura cristallina vista lungo [100].

La struttura dell’okenite (fig. 3.18) può essere descritta in termini modulari; sono presenti i seguenti moduli:

1) strati di tetraedri S con composizione (Si6O15)

6-2) Doppie catene tipo wollastonite C, di composizione (Si

. Catene indipendenti con

periodicità pari a tre tetraedri si uniscono a formare nastri di anelli a cinque membri; i nastri si uniscono lateralmente con la formazione di anelli ad otto membri. Nello strato risultante, cinque tetraedri puntano il vertice in una direzione mentre un tetraedro punta in direzione opposta.

6O16)

8-3) Doppie catene di ottaedri O occupati da cationi Ca

; le catene tipo wollastonite condividono due tetraedri su tre, originando anelli a quattro e sei membri.

2+

Questi tre moduli sono uniti fra loro secondo la sequenza SOCOS, a formare moduli complessi di composizione [Ca

.

8(Si6O16)(Si6O15)2(H2O)6]

4-Tra questi moduli complessi si intercala uno strato di composizione [Ca .

2(H2O)9·3H2O]4+

1

. Gli studi strutturali hanno evidenziato la presenza, in questo strato, di due siti Ca a distanza di ~ 1.1 Å che non possono essere simultaneamente occupati. L’ordinamento nell’occupanza di tali siti è all’origine della comparsa di deboli riflessi di superstruttura. La struttura reale presenta una cella C centrata (gruppo spaziale C ), con parametri a 19.38, b 14.56, c 22.02 Å, α 97.7°, β 10 0.1°, γ 110.9° (Merlino, 1983).

In conclusione, l’okenite ha una struttura caratterizzata da catene e strati silicatici, presentando pertanto elementi comuni con i fillosilicati e gli inosilicati.

3.4.2 Nekoite

La nekoite fu descritta originariamente da Eakle (1917) nella località californiana di Crestmore ma erroneamente identificata, sulla base delle proprietà ottiche e dei dati chimici, come okenite. Gard & Taylor (1956) definirono questa nuova specie studiando nuovamente i campioni di Eakle.

(22)

46

La nekoite è un rarissimo fillosilicato di calcio ritrovato in pochissimi siti; oltre che nella località tipo, la nekoite è stata identificata a Caxias do Sul (Rio Grande do Sul, Brasile; Vezzalini, 1979), nella Iron Cap mine (Arizona, USA; Anthony et al., 1995), nel deposito a Au-Ag-Te di Kochbulak (Uzbekistan; Anthony et al., 1995), a Szár Hill (Ungheria; Fehér & Sajó, 2000) e nell’isola Busla (Mar Caspio, Azerbaijan; Novgorodova & Mamedov, 1996).

La struttura della nekoite (fig. 3.19) è stata determinata da Alberti & Galli (1980) utilizzando i campioni brasiliani studiati da Vezzalini (1979). Questo fillosilicato è formato dall’unione di strati silicatici e catene di ottaedri occupati da Ca2+

Come nel caso dell’okenite, gli strati silicatici, a composizione (Si

.

6O15)

6-Gli strati silicatici sono connessi a doppie catene di poliedri Ca. In queste doppie catene, una catena è composta da siti Ca completamente occupati; nella catena adiacente si ha invece un’alternanza fra siti occupati e siti vacanti.

, sono formati mediante la connessione di catene wollastonitiche a formare nastri caratterizzati da anelli a cinque membri e la successiva unione di questi nastri forma anelli ad otto membri. Nella nekoite, tuttavia, quattro tetraedri puntano il vertice in una direzione e gli altri due in direzione opposta (nell’okenite tale rapporto è di 5 a 1).

Fra queste due unità modulari (strati silicatici e catene di ottaedri Ca) trovano posto 7 molecole di H2O; esiste una certa discrepanza fra il numero di molecole d’acqua individuate da Alberti & Galli (1980) sulla base dello studio strutturale ed i dati chimici che indicano contenuti in molecole di H2O pari a 6 (Eakle, 1917), 7.5 (Chalmers, in Nicol, 1971), 7.8 (Vezzalini, 1979) e 8 (Nicol, 1971). La formula cristallochimica della nekoite, facendo riferimento allo studio di Alberti & Galli (1980), può essere scritta come Ca3Si6O15·7H2O.

(23)

47

3.4.3 Il gruppo della reyerite

Il gruppo della reyerite (tab. 3.3) è composto da una serie di fillosilicati che tipicamente compaiono quali prodotti dell’attività idrotermale di bassa temperatura in cavità di rocce basiche; in alcuni casi questi fillosilicati idrati di calcio sono stati raccolti anche in rocce debolmente metamorfiche, in filoni idrotermali metalliferi o quali fasi secondarie legate all’alterazione idrotermale tardiva di rocce a silicati di calcio. Mentre le fasi sintetiche di questo gruppo possono essere compiutamente descritte nel sistema CaO-SiO2-H2O, le fasi naturali presentano spesso cationi alcalini, in virtù della sostituzione Si4++ = Al3++(Na,K)+; un altro meccanismo di introduzione di cationi alcalini in questi minerali prevede la sostituzione di Ca2+, nello strato ottaedrico, da parte di Na+, con conseguente bilancio elettrostatico ottenuto mediante il riempimento delle cavità strutturali da parte dei cationi alcalini.

Le strutture di questi minerali possono essere descritte in termini modulari. In tutte le specie di questo gruppo sono presenti alcuni dei seguenti moduli (nella gyrolite addirittura coesistono tutti): strati tetraedrici S1 e S2, strati ottaedrici O ed interstrati X; la simmetria di questi moduli è trigonale o esagonale, con a=b=9.7 Å, γ=120°. In particolare, tutte le fasi qui discusse presentano il comune modulo OS2

Lo studio di questi minerali è spesso risultato difficoltoso per la presenza di un diffuso disordine strutturale nella direzione di c*; tuttavia la natura microporosa di alcuni di essi e la loro formazione nei materiali cementizi (ad es. nei cementi dei pozzi geotermici) ha portato a numerosi studi su

che può comparire da solo nelle strutture di fedorite, lalondeite e fase K oppure intercalato da uno o due altri moduli. Per tale motivo, Ferraris et al. (2004) descrivono questo gruppo di minerali come una famiglia merotipica, intendendo per strutture merotipe (dal greco

meros, parte) una serie di composti formati dall’alternanza di due tipi di gruppi di strati: il primo

tipo è comune a tutti i componenti della famiglia mentre il secondo varia nei differenti merotipi.

Tab. 3.3 – Fasi del gruppo della reyerite

Sequenza moduli Fase Formula chimica G.S. d001 S1OS2XS2O S1 Gyrolite Ca2Ca14(Si8O20)(Si16O40)(OH)8·(14+x)H2O P1 22.20

S1OS2S2OS1

Reyerite (Na,K)2Ca14(Si8O20)(Si16O38)(OH)8·6H2O P 3 19.07 Truscottite Ca14(Si8O20)(Si16O38)(OH)8·2H2O P 3 18.84

OS2XS2O Fase Z Ca2Ca7(Si16O40)(OH)2·(14+x)H2O P1 15.30

OS2S2O

Fedorite (Na,K)2(Ca,Na)7(Si16O38)(F,OH)2·3.5H2O P1 11.91 Lalondeite Na2(Ca,Na,)7(Si16O38)(F,OH)2·3H2O P1 11.94 Fase K Ca7(Si16O38)(OH)2 P1 11.59

(24)

48

queste fasi. Infine, il loro comportamento termico è risultato notevolmente interessante e consente spesso di cogliere le relazioni strutturali fra i diversi membri di questo gruppo, siano essi naturali o sintetici (Bonaccorsi & Merlino, 2005).

Reyerite e truscottite

La reyerite fu il primo minerale di questo gruppo a essere scoperto; venne infatti trovato nel 1811 da Giesecke a Niakornak (Groenlandia) e studiato indipendemente da Cornu & Himmelbauer (1906) e da Bøggild (1908). Altri studi furono effettuati da Flint et al. (1938), Strunz & Micheelsen (1958), Meyer & Jaunarajs (1961) e Chalmers et al. (1964). La struttura della reyerite fu determinata da Merlino (1972) il quale pubblicò soltanto una breve nota; ignari di quest’ultima, Clement & Ribbe (1973) proposero un altro modello strutturale. Infine Merlino (1988a) pubblicò un lavoro più ampio sulla struttura della reyerite.

Nel corso del tempo la reyerite è stata di volta in volta identificata con la gyrolite e la truscottite; tuttavia, reyerite e gyrolite hanno una

chimica abbastanza differente ed un

parametro c diverso. Le relazioni fra reyerite e truscottite risultano invece più complesse e saranno descritte più avanti.

La determinazione strutturale della reyerite groenlandese è stata effettuata da Merlino (1988a); questo autore ha risolto la struttura nel gruppo spaziale P 3 , con parametri di cella a 9.765, c 19.067 Å. Tale studio ha evidenziato la presenza di distinte unità modulari nella struttura di questo minerale (fig. 3.20). Esse sono così sintetizzabili:

• strato tetraedrico S1, con

composizione (Si8O20

che puntano il vertice alternativamente verso l’alto e verso il basso, descrivibili con la notazione anelli-1,3,5; il secondo tipo di anelli ha forma ovale e ha tre tetraedri che puntano

), formato da due tipi di anelli a sei membri. Il primo di questi ha simmetria trigonale ed è formato da tetraedri

(25)

49

verso il basso e tre tetraedri che puntano verso l’alto. Tale sequenza può essere indicata come anelli-1,2,3.

• doppio strato tetraedrico, di composizione (Si14Al2O38), formato dall’unione di strati S2

• strato ottaedrico O, composto da tre siti Ca indipendenti aventi coordinazione ottaedrica. Lo strato ha composizione [Ca

. Anche in questo strato si individuano due tipi di anelli a sei membri. Il primo di essi ha forma esagonale con tetraedri aventi i vertici disposti tutti in una medesima direzione; l’altro anello, di forma ovale, è formato da coppie di tetraedri che puntano in una direzione, uniti da tetraedri (uno dei quali occupato da Al) che puntano in direzione opposta. Quest’ultimo tipo di anelli può essere indicato come anelli-1,4.

7O10(OH)4

Questi differenti moduli si susseguono nella sequenza S ].

1OS S2 2O S1. La composizione dei moduli complessi così uniti è [Ca14Si22Al2O58(OH)8]2-. Le cariche elettriche negative vengono bilanciate mediante l’introduzione di cationi alcalini che si collocano, assieme a molecole di H2O, in cavità strutturali a livello del doppio strato tetraedrico S S2 2

La truscottite è stata descritta da Hövig (1914) su campioni provenienti da Sumatra. Questo minerale è stato frequentemente correlato con la reyerite; Strunz & Micheelsen (1958) sostennero, mediante studi diffrattometrici di cristallo singolo, l’identità fra reyerite e truscottite, discreditando di fatto quest’ultima. Tuttavia Chalmers et al. (1964) hanno evidenziato le differenze, particolarmente evidenti nello spettro infrarosso, fra reyerite e truscottite, lasciando di fatto in sospeso il rapporto esistente fra questi due minerali. In particolare sono presenti differenze nella regione fra 600 e 850 cm

.

-1

, legata ai legami Si-O-Si e nella banda a 1640 cm-1, correlata all’acqua molecolare. La reyerite e la truscottite hanno anche significative differenze chimiche: la reyerite è più ricca di H2O, alcali ed alluminio, con un maggior parametro c rispetto alla truscottite. Merlino (1988a) ha interpretato le differenze spettroscopiche, chimiche e nei parametri di cella in virtù della presenza di due atomi di Al perfettamente ordinati nella struttura della reyerite; la presenza di Al richiede l’introduzione di alcali coordinati da molecole di H2O nella posizione di interstrato. Ciò è in accordo con le indicazioni fornite dagli spettri infrarossi: le differenze nella regione fra 600 e 850 cm-1 e a 1640 cm-1 sono dovute rispettivamente alla presenza di legami Si-O-Al e ad un maggior contenuto in molecole di H2O nella reyerite. Infatti, Lachowski et al. (1979) hanno dimostrato che la formula chimica della truscottite è Ca14Si24O58(OH)8·2H2O. Pertanto la truscottite sembra essere una reyerite priva di Al ed alcali. La truscottite potrebbe comunque accogliere cationi Al3+ e, di consequenza, incrementare sia il suo parametro c che il suo contenuto in alcali. Pertanto è probabile che reyerite e truscottite formino una soluzione solida; applicando i suffissi di Levinson come nel caso delle zeoliti (Coombs et al., 1997) e tenendo in considerazione la priorità della reyerite, le due

(26)

50

specie potrebbero essere quindi definite come reyerite-Na (o reyerite-K) nel caso della reyerite e reyerite- nel caso della truscottite.

Reyerite e truscottite sono state identificate in poche località al mondo. Cann (1965) descrisse la presenza di reyerite in cavità di rocce basaltiche termometamorfosate a ’S Airde Beinn (Isle of Mull, Scozia); in tale località, ma al di fuori dell’anello termometamorfico, furono raccolti anche campioni di gyrolite e Cann (1965) ipotizzò che il metamorfismo termico di quest’ultima fosse all’origine della comparsa della reyerite. Successivamente questo minerale fu descritto da Clement & Ribbe (1973) nella Rawlings quarry (New Brunswick County, Virginia, USA), in dicchi basaltici affetti da metamorfismo regionale, e da Livingstone (1988) in basalti olivinici dell’isola di Skye (Scozia), in associazione a tobermorite, “clorite”, calcite, pectolite e “thomsonite”. La truscottite è stata invece descritta, oltre che nella località tipo indonesiana, in vene di quarzo aurifero della Toi mine (Shizuoka Prefecture, Giappone; Chalmers et al., 1964), in carotaggi profondi nell’area geotermica di Yellowstone (Bargar et al., 1981) e del vulcano Kilauea (Hawaii, USA; Grose & Keller, 1976), e nel deposito aurifero di Hishikari (Kagoshima Prefecture, Giappone; Izawa & Yamashita, 1995). Gross (1977) descrive la presenza di truscottite, identificata mediante diffrattometria di raggi X, anche fra i prodotti di alterazione idrotermale tardiva della Hatrurim Formation. Recentemente la truscottite è stata identificata anche nelle Clairwood quarries (Durban, Repubblica Sudafricana; Heron, 2004) e a Cirque de Cilaos (Isole Réunion; De Ascencao Guedes, 2005).

Gyrolite

La gyrolite fu descritta da Anderson (1851) nelle cavità dei basalti dell’isola di Skye (Scozia); è un minerale relativamente frequente ed è stato identificato in varie località, generalmente associato a calcite, zeoliti ed altri silicati idrati di calcio quali okenite, tacharanite, tobermorite e xonotlite. Generalmente compare all’interno di cavità di rocce basaltiche ma anche in altre rocce vulcaniche affette da alterazione idrotermale; Gross (1977) ha descritto la presenza di gyrolite anche nella Hatrurim Formation, sotto forma di rarissimi aggregati fibroso raggiati associati a truscottite, afwillite, tobermorite ed ettringite. Questo fillosilicato è stato anche occasionalmente osservato in depositi minerari, come nel deposito elbano di Ortano (Garavelli & Vurro, 1984), in associazione a calcite ed “apofillite”, o nella miniera di rame di Bingham (Utah, USA; Stephens & Bray, 1973).

(27)

51 Il minerale è stato oggetto di diversi studi

cristallografici che si sono sovente scontrati con l’esteso disordine strutturale da esso presentato. Mackay & Taylor (1953), studiarono cristalli provenienti da Bombay (India) e proposero la formula Ca16Si24O60(OH)8·12H2O, con una cella esagonale avente parametri a 9.72, c 22.1 Å. Strunz & Micheelsen (1958) riportarono

una simmetria trigonale ed una

composizione Ca18Si24O60(OH)12·12H2

La vera natura di tale interstrato X fu stabilita da Merlino (1988b) utilizzando campioni provenienti dalla località groenlandese di Qarusait. Egli risolse la struttura (fig. 3.21) nel gruppo spaziale P

O; Cann (1965), studiando campioni di reyerite e gyrolite provenienti dall’isola di Mull (Scozia), sostenne per quest’ultima una struttura avente un parametro di cella c pari a ~ 67 Å, legato all’impilamento di tre strati con periodicità basale di ~ 22 Å. Merlino (1972), sulla base del suo studio relativo all’assetto strutturale della reyerite e della relazione fra questa e la gyrolite, ipotizzò che fosse presente un interstrato X

intercalato alla sequenza di unità modulari osservata nella reyerite.

1, con parametri di cella a 9.74, b 9.74, c 22.40 Å, α 95.7°, β 91.5°, γ 120°. Oltre alle unità modulari S1, S2 e O, già descritte nella reyerite ed aventi composizione [Ca14Si24O60(OH)8]4-, è presente uno strato X di composizione [2Ca·14H2O]4+; si ha così la sequenza S1OS2X S2O S1. La sostituzione di Si4+ da parte di Al3+ favorisce l’ingresso di Na+ nella posizione di interstrato X; infatti la composizione chimica della gyrolite di Qarusait è esprimibile come NaCa16Si23AlO60(OH)8·14H2O. Sulla base dei migliori dati chimici riportati in letteratura per campioni di gyrolite di differenti località, Merlino (1988b) ha suggerito la formula (Ca,Na,Mg,Fe,)17(Si,Al)24O60(OH,H2O)8·(14+x)H2O.

Fig. 3.21 – Struttura cristallina della gyrolite, vista lungo b. I

poliedri nella posizione di interstrato sono occupati da Ca (azzurro) e Na (viola).

(28)

52

Fedorite, lalondeite e loro rapporti con le fasi sintetiche K e Z

La fedorite è un rarissimo minerale descritto da Khukarenko et al. (1965) nel complesso alcalino di Turyi (Penisola di Kola, Russia) in sottili venette associate a narsarsukite e parzialmente

sostituite da quarzo ed “apofillite”.

Successivamente è stata rinvenuta nel complesso potassico di Murun (Siberia, Russia; Konyev et

al., 1993) e nella regione vulcanica dell’Eifel

(Germania; Blass et al., 2004).

La struttura della fedorite fu risolta da Sokolova

et al. (1983) e raffinata, con dati di intensità

ottenuti da diffrazione di neutroni, da Joswig et

al. (1988). Mitchell & Burns (2001) hanno

raffinato le strutture di cristalli provenienti da

entrambe le località russe citate, utilizzando una cella con parametri a 9.6, b 9.6, c 12.6 Å, α 102.4°, β 96.2°, γ 119.9° per evidenziare le relazioni con le fasi del gruppo della reyerite.

La struttura della fedorite (fig. 3.22) è interpretabile in termini di unità modulari come formata dalla sequenza OS S2 2 O. Nelle cavità a livello del doppio strato S S2 2 si collocano molecole di H2

La composizione chimica della fedorite è (Na,K)

O e cationi alcalini.

2(Ca,Na)7(Si,Al)16O38(F,OH)2·3.5H2 McDonald & Chao (2009) hanno descritto, su campioni provenienti dalla Poudrette quarry (Mont Saint-Hilaire, Québec, Canada), la lalondeite; si tratta di un nuovo membro del gruppo della reyerite e, nei campioni studiati, si trova associato a microclino, anfibolo monoclino e narsarsukite. La struttura della lalondeite (fig. 3.23) è analoga a quella della fedorite, pur con una differente scelta nell’asse c. La struttura è stata risolta nel gruppo spaziale P

O.

1, con

Fig. 3.22 – Struttura della fedorite vista lungo [010].

(29)

53 parametri di cella a 9.589, b 9.613, c 12.115 Å, α 96.62°, β 92.95°, γ 119.81°; essa presenta unità modulari

composte dalla

sequenza OS S2 2

Oltre alle similitudini nei parametri di cella, la chimica di lalondeite e fedorite è speculare. McDonald & Chao (2009) riportano la formula chimica come (Na,Ca)

O, come già osservate nella fedorite. Il Na occupa sia siti nello strato O che le cavità poste a livello del doppio strato silicatico.

6(Ca,Na)3Si16O38(F,OH)2·3H2O, mettendo assieme i siti in cui Na>Ca e, viceversa, quelli con Ca>Na. Tuttavia, l’esame della struttura cristallina conduce alla formula Na2(Ca,Na)7Si16O38(F,OH)2·3H2O, analoga a quella presentata da Mitchell & Burns (2001) per la fedorite. La tabella 3.4 mette a confronto i parametri di cella, la distribuzione cationica nei vari siti e le proprietà ottiche nelle due specie. L’unica differenza riscontrabile fra fedorite e lalondeite riguarda la presenza di un sito addizionale nella posizione di interstrato della fedorite; tuttavia l’esame dell’occupanza di tale sito rivela come esso sia scarsamente occupato (occupanze raffinate per il sito, splittato in due posizioni, K0.05 e K0.18

La sequenza di unità modulari riscontrata nella fedorite e nella lalondeite è la medesima suggerita da Gard et al. (1981) per la fase K; tale termine indica un composto sintetico ottenuto da questi autori i quali, sulla base di dati diffrattometrici, chimici ed osservazioni in microscopia elettronica a ). In considerazione del possibile disordine dei cationi “zeolitici”, è necessario riflettere sull’opportunità di considerare questo fatto una differenza tale da giustificare l’esistenza di due distinte specie mineralogiche: fedorite e lalondeite.

Tabella 3.4 – Confronto fra parametri di cella, chimica e proprietà ottiche di fedorite e lalondeite Fedorite Lalondeite Parametri di cella Turyi Murun MSH a (Å) 9.6300(7) 9.6450(7) 9.589(2) b (Å) 9.6392(7) 9.6498(7) 9.613(2) c (Å) 12.6118(9) 12.6165(9) 12.115(2) α (°) 102.422(1) 102.427(1) 96.62(2) β (°) 96.227(1) 96.247(1) 92.95(2) γ (°) 119.888(1) 119.894(1) 119.81(2) V (Å3) 958.54 961.24 954.8(1) Chimica Strato O Ca4.03Na2.97 Ca4.48Na2.52 Ca4.04Na2.600.36 Cationi zeolitici Na1.54K0.80 Na1.29K0.79 Na2 Proprietà ottiche α, β, γ 1.522, 1.530, 1.531 1.522(1), 1.528(1), 1.529(1) Segno ottico - - Orientazione X=c, Y = b, Z = a X = c Dispersione r<v, distinta non osservata

2V 32° misurato: 48(1)°;

(30)

54

trasmissione, proposero anche un modello strutturale rispondente alla formula Ca7Si16O38(OH)2

Bonaccorsi & Merlino (2005) sostengono che le relazioni esistenti fra fedorite e fase K siano le medesime intercorrenti fra reyerite e truscottite: la sostituzione di Si

, con parametri di cella analoghi a quelli della fedorite (previa opportuna trasformazione).

4+

da parte di Al3+ nello strato tetraedrico favorirebbe l’entrata di cationi alcalini fra i doppi strati silicatici, assieme a molecole di H2O atte a completare la coordinazione dei cationi zeolitici. Tuttavia, le analisi chimiche riportate da Mitchell & Burns (2001) non evidenziano una significativa presenza di Al nella fedorite e l’introduzione dei metalli alcalini sembra essere legata alla sostituzione di Ca2+ nello strato O da parte di Na+, secondo lo schema Ca2++=Na++(Na,K)+

La fase K può essere ottenuta anche quale prodotto di disidratazione di un’altra fase sintetica, nota come fase Z. Quest’ultima fu sintetizzata per la prima volta da Funk & Thilo (1955) e successivamente da Assarsson (1957, 1958). L’identità fra i prodotti ottenuti da questi autori fu provata da Taylor (1962). La fase Z compare quale prodotto intermedio nella sintesi della gyrolite; Gard et al. (1975) hanno studiato questo composto attraverso diffrazione di raggi X, microscopia elettronica a trasmissione, spettroscopia infrarossa e termo-gravimetria. I dati da loro prodotti evidenziano la presenza di un’unità strutturale a simmetria pseudoesagonale, con parametri a 9.65, c 15.3 Å; sulla base delle analisi chimiche di Gard et al. (1975) e tenendo in considerazione le relazioni fra la fase Z e la gyrolite, Merlino (1988b) ha proposto, per la fase Z, la formula Ca

. Un analogo meccanismo pare essere in atto anche nella lalondeite.

9Si16O40(OH)2·(14+x)H2O, con un modello strutturale formato dalla sequenza OS2X S2

1

O nel gruppo spaziale P , con parametri di cella a 9.70, b 9.70, c 15.24 Å, α 90.94°, β 93.19°, γ 120.0°. Come già detto, il riscaldamento della fase Z comporta la sua trasformazione in fase K. Il diffrattogramma di polvere di un campione di fase Z riscaldato a 500°C per 66 h mostra una contrazione del riflesso basale (001) da 15.3 a 11.8 Å; come già osservato da Garbev (2004), lo spettro di diffrazione del prodotto riscaldato corrisponde a quello della fase K. Le poche righe presenti, peraltro larghe, corrispondono inoltre ai riflessi più intensi della lalondeite e della fedorite, confermando l’analogia fra questi minerali e la fase sintetica K.

Altre fasi strutturalmente legate al gruppo della reyerite

Il gruppo della reyerite comprende altre quattro fasi che non possono essere compiutamente descritte nel sistema CaO-SiO2-H2O: minehillite, tungusite, martinite ed orlymanite.

(31)

55 La tungusite è stata la prima di queste

fasi ad essere scoperta. Fu descritta da Kudriashova (1966) in basalti a pillows lungo il corso del Lower Tunguska river (Siberia, Russia), sotto forma di aggregati fibroso raggiati di lamelle interstratificate con gyrolite e reyerite. Successivamente è stata identificata in pochissime altre località, fra cui i basalti della Siberia nord-occidentale (Anastasenko, 1978). Ferraris et al. (1995) hanno proposto un modello strutturale della tungusite basandosi su studi in diffrazione di raggi X e di elettroni e sui dati chimici. La struttura proposta da questi autori (fig. 3.24) è correlata a quella della gyrolite. La formula ideale della tungusite è Ca14Fe9Si24O60(OH)22

1

. Cristallizza nel gruppo spaziale P , con parametri di

cella a 9.714, b 9.721, c 22.09 Å, α 90.13°, β 98.3°, γ 120.0°. Lo strato X della gyrolite, di composizione Ca2·(14+x)H2O, è sostituito, nella tungusite, da uno strato di ottaedri Fe, con chimica Fe9(OH)14

Mentre la tungusite è strutturalmente correlata alla gyrolite, la minehillite lo è alla reyerite. La minehillite è stata descritta da Dunn et al. (1984) nella celebre località di Franklin (New Jersey, USA). Lo studio strutturale è stato condotto da Dai et al. (1995) nel gruppo spaziale P

.

3 c1, con parametri di cella a 9.777, c 33.293 Å. La formula cristallochimica proposta da questi autori è (K,Na)2Ca28Zn5Al4Si40O112(OH)16. La sua struttura (fig. 3.25) può essere derivata da quella della reyerite andando a sostituire, nel doppio strato S S2 2le coppie di tetraedri Si-O-Al con degli ottaedri AlO6 che formano uno strato infinito mediante la connessione con tetraedri occupati da Zn. I cationi alcalini sono posti al centro degli anelli di poliedri Al e Zn. Lo spessore di questo strato è più piccolo di quello del doppio strato S S2 2 presente nella reyerite. Ne consegue un minor contenuto di alcali e l’assenza di molecole di H2O.

Fig. 3.24 – Struttura della tungusite vista lungo [010]. In verde

(32)

56

La martinite è invece correlata con la fase Z; questo minerale è stato descritto da McDonald & Chao (2007) in xenoliti sienitici a sodalite raccolti nella Poudrette quarry (Mont Saint-Hilaire, Québec, Canada). La struttura (fig. 3.26) è stata risolta nel gruppo spaziale P1, con parametri di cella a 9.5437, b 9.5349, c 14.0268 Å, α 108.943°, β 74.154°, γ 119.78°. Essa può essere descritta in termini di unità modulari come formata da strati silicatici di tipo S2, strati ottaedrici O ed interstrato X, a formare la sequenza OS2X S2O. McDonald & Chao (2007) riportano per la martinite la formula (Na,,Ca)12Ca4(Si,S,B)14B2O38(OH,Cl)2F2·4H2O. Tuttavia, al fine di evidenziare le relazioni con le fasi del gruppo della reyerite e per distinguere le occupanze dei vari moduli individuabili nella struttura, la formula cristallochimica ottenibile dall’esame dei risultati del raffinamento strutturale

potrebbe essere convenientemente scritta come (Na6.921.08)Σ=8(Ca4.58Na2.42)Σ=7Si14B2(OH)2F2·4H2O. Le relazioni con la fase Z vedono la

sostituzione dell’interstrato X di composizione Ca2·14H2O di quest’ultima con l’interstrato (Na6.921.08)Σ=8·4H2

L’ultima fase strutturalmente legata al gruppo di cui stiamo trattando è l’orlymanite. Si tratta di un rarissimo minerale descritto da Peacor et al. (1990) su campioni provenienti dalla Wessels mine

O della martinite; inoltre è interessante osservare come questo minerale di Mont Saint-Hilaire sia il primo membro del gruppo della reyerite nel quale il boro è un componente essenziale.

Fig. 3.25 – Struttura della minehillite vista lungo b.

In rosso i tetraedri ZnO4 ed in azzurro gli ottaedri AlO6.

(33)

57

(Kalahari Manganese Field, Repubblica Sudafricana), sotto forma di aggregati globulari di colore bruno associati a calcite ed inesite. I parametri di cella a 9.60, c 35.92 Å, con gruppo spaziale P3 o

P 3 , uniti alla composizione chimica Ca4Mn3Si8O20(OH)6·2H2O, suggeriscono una relazione fra l’orlymanite e le fasi del gruppo della reyerite benché la mancata conoscenza della struttura di questo minerale, legata alla scarsa qualità dei campioni disponibili, consenta esclusivamente di formulare ipotesi.

Figura

Tabella 3.1 – Silicati idrati di calcio e fasi correlate
Fig.  3.1  –  Diagramma CaO-SiO 2 -H 2 O illustrante la composizione molare dei silicati idrati di calcio
Tabella 3.2 – Principali giaciture dei silicati idrati di calcio
Fig. 3.3  –  Vacuoli mineralizzati a zeoliti e silicati idrati di calcio nei basalti  idrotermalizzati del Deccan (India) (da www.suvratk.blogspot.com)
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