Email aziendali: Cassazione
written by Redazione | 27/01/2022
Utilizzo email aziendale, accesso ai dati, rivelazione della password, licenziamento disciplinare e chiusura account.
Accesso abusivo ad una casella di posta elettronica protetta da password e reati configurabili
In ipotesi di accesso abusivo ad una casella di posta elettronica protetta da password, il reato di cui art. 615-ter c.p. concorre con il delitto di violazione di corrispondenza in relazione alla acquisizione del contenuto delle mail custodite nell’archivio e con il reato di danneggiamento di dati informatici, di cui agli artt.
635-bis e ss. c.p., nel caso in cui, all’abusiva modificazione delle credenziali d’accesso, consegue l’inutilizzabilità della casella di posta da parte del titolare.
Cassazione penale sez. V, 25/03/2019, n.18284
Il licenziamento fondato sul contenuto di e-mail aziendali può essere considerato illegittimo
Il messaggio di posta elettronica, quale documento informatico, ha l’efficacia probatoria prevista dall’art. 2702 c.c. solo se sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, mentre è liberamente valutabile dal Giudice se privo di tale sottoscrizione, in relazione alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità.
Nell’ambito dei documenti informatici, l’efficacia della scrittura privata è riconosciuta solo al documento sottoscritto con firma elettronica qualificata. L’e- mail tradizionale, al pari di ogni altro documento informatico sprovvisto di firma elettronica, è invece liberamente valutabile dal giudice in ordine alla sua idoneità a soddisfare il requisito della forma scritta. Ne consegue che il licenziamento fondato sul contenuto di e-mail aziendali può essere considerato illegittimo dal giudice di merito che abbia ragione di dubitare della riferibilità delle e-mail al loro autore apparente.
È illegittimo il licenziamento del dipendente se la sanzione disciplinare viene irrogata in funzione di prove acquisite con uno scambio di mail: gli scambi di posta elettronica non sono riferibili al suo autore apparente perché privi di firma elettronica. A chiarirlo è la Cassazione che di fatto destituisce la posta elettronica aziendale della funzione probatoria. Per la Corte, infatti, il messaggio di posta elettronica è riconducibile alla categoria dei documenti informatici, i quali non hanno efficacia probatoria se non sottoscritti con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale.
Cassazione civile sez. lav., 08/03/2018, n.5523
Solo le Pec hanno efficacia probatoria della scrittura privata
In tema di efficacia probatoria dei documenti informatici, il messaggio di posta elettronica (cd. e-mail) privo di firma elettronica non ha l’efficacia della scrittura privata prevista dall’art. 2702 c.c. quanto alla riferibilità al suo autore
apparente, attribuita dall’art. 21 del d.lgs. n. 82 del 2005 solo al documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, sicché esso è liberamente valutabile dal giudice, ai sensi dell’art. 20 del medesimo decreto, in ordine all’idoneità a soddisfare il requisito della forma scritta, in relazione alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità.
Cassazione civile sez. lav., 08/03/2018, n.5523
L’installazione di impianti di controllo difensivo non può trasformarsi in una forma surrettizia di controllo dei lavoratori
L’effettività del divieto di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori richiede che, anche per i cd. controlli difensivi, trovino applicazione le garanzie dell’art. 4 della legge n. 300 del 1970 e che comunque questi ultimi non si traducano in forme surrettizie di controllo a distanza dei lavoratori. Se per l’esigenza di evitare attività illecite o per motivi organizzativi o produttivi possono essere installati impianti ed apparecchiature di controllo che rilevino dati relativi anche all’attività lavorativa dei lavoratori, la previsione che siano osservate le garanzie procedurali di cui all’art. 4, comma 2, non consente che attraverso tali strumenti, sia pure adottati in esito alla concertazione con le r.s.a., si possa porre in essere, anche se quale conseguenza mediata, un controllo a distanza dei lavoratori che è vietato dall’art. 4, comma 1. Il divieto di controlli a distanza implica, dunque, che i controlli difensivi ricadono nell’ambito dell’art. 4, comma 2, l. n. 300/1970.
Cassazione civile sez. I, 19/09/2016, n.18302
Legittimo il licenziamento per l’utilizzo della mail aziendale a fini personali
In relazione alla sussistenza di un equo bilanciamento tra l’interesse del lavoratore al rispetto della sua vita privata e della sua corrispondenza ed il contrapposto
interesse del datore di lavoro al corretto funzionamento dell’azienda e dell’attività svolta dai propri dipendenti, le mail aziendali, al pari delle telefonate e dell’utilizzo di Internet sul posto di lavoro, rientrano nel campo di applicazione dell’art. 8 Cedu.
Tuttavia, il diritto alla riservatezza non esclude che il datore di lavoro possa, a determinate condizioni, controllare le email aziendali ed eventualmente, intimare ad un proprio dipendente il licenziamento disciplinare allorquando scopra che questi ha utilizzato, durante l’orario di lavoro, l’account di posta aziendale, in violazione delle regole interne, per fini personali. Ciò in quanto non è irragionevole che un datore di lavoro voglia verificare che i dipendenti portino a termine i propri incarichi durante l’orario di lavoro.
Corte europea diritti dell’uomo sez. IV, 12/01/2016, n.61496
Dipendente elimina dalla posta aziendale messaggi: è reato?
Non commette il reato di danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici il lavoratore dipendente che sopprime messaggi di carattere professionale destinati al datore di lavoro, i quali siano stati ricevuti sulla casella di posta elettronica che gli è riservata nell’ambito del sistema informatico aziendale.
Cassazione penale sez. II, 29/04/2016, n.38331
Licenziamento: sorte dell’e-mail aziendale
Deve essere confermata la decisione dei giudici del merito circa l’illegittimità del licenziamento intimato al lavoratore, accusato di aver utilizzato per fini propri strumenti di lavoro aziendali, in particolare il personal computer in dotazione, le reti informatiche aziendali e la casella di posta elettronica, allorché non sia emerso che l’utilizzo personale della posta elettronica e della navigazione in Internet abbiano determinato una significativa sottrazione di tempo all’attività di lavoro, né che la condotta abbia realizzato il blocco del lavoro, con grave danno per l’attività produttiva.
Cassazione civile sez. lav., 02/11/2015, n.22353
E-mail aziendale del dipendente: accesso abusivo al sistema informatico
Integra il reato di cui all’art. 615-ter c.p. la condotta di colui che accede abusivamente all’altrui casella di posta elettronica trattandosi di uno spazio di memoria, protetto da una password personalizzata, di un sistema informatico destinato alla memorizzazione di messaggi, o di informazioni di altra natura, nell’esclusiva disponibilità del suo titolare, identificato da un account registrato presso il provider del servizio.
(In motivazione la Corte di cassazione ha precisato che anche nell’ambito del sistema informatico pubblico, la casella di posta elettronica del dipendente, purché protetta da una password personalizzata, rappresenta il suo domicilio informatico sicché è illecito l’accesso alla stessa da parte di chiunque, ivi compreso il superiore gerarchico).
Cassazione penale sez. V, 28/10/2015, n.13057
Utilizzo del personal computer aziendale per fini propri o non autorizzati
Qualora il codice disciplinare affisso nella bacheca aziendale vieti l’accesso alla rete internet e l’utilizzo della posta elettronica per scopi personali, è legittimo il licenziamento disciplinare del dipendente che, sul computer aziendale, abbia installato un programma di “file-sharing” ed uno per l’accesso alla email personale, effettuando il “download” di foto e filmati pornografici.
Cassazione civile sez. lav., 11/08/2014, n.17859
Estinzione e risoluzione del rapporto:
licenziamento per giusta causa
È legittimo il licenziamento del lavoratore che acceda abusivamente a dati riservati del datore di lavoro, custoditi in una directory protetta da password.
Cassazione civile sez. lav., 09/01/2007, n.153
Costituisce giusta causa di licenziamento il comportamento del dipendente che abbia comunicato a soggetti esterni all’azienda la password personale di accesso al sistema informatico idonea a consentire a terzi di accedere ad una gran massa di informazioni attinenti l’attività aziendale e destinate a restare riservate.
Costituisce comportamento illegittimo sanzionabile con il licenziamento, il comportamento del lavoratore il quale, in possesso di chiave aziendale di accesso ai canali informatici del datore di lavoro, ne disponga in favore di proprio conoscente estraneo all’azienda. Tale condotta integra i caratteri della sottrazione dì dati aziendali.
Cassazione civile sez. lav., 13/09/2006, n.19554
È consentito il controllo a distanza del lavoratore tramite la posta elettronica aziendale se il datore di lavoro ne ha dato adeguato avviso
Contemperando l’interesse al controllo e la protezione della dignità e riservatezza dei lavoratori, il lavoratore può essere controllato con mezzi a distanza, ma alle seguenti cumulative condizioni: a) l’impianto deve essere stato previamente autorizzato con accordo sindacale o dall’ INL; b) l’impianto deve avere una o più delle finalità (diverse da quelle di controllare i lavoratori) previste dal primo comma dell’art.4; c) il datore deve aver previamente informato il lavoratore che l’impianto è stato installato, e che vi si potranno esperire controlli (co.3); d) il controllo deve essere esperito in conformità al Codice della privacy. Le regole sub a) e b), che dettano il regime autorizzatorio, non valgono per gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa, quali il software PRS e la email aziendale. Le regole sub c) e d) valgono invece sempre, alla sola condizione che si tratti di strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori. Ne consegue che sia la posta elettronica che il software PRS rientrano in tale categoria, trattandosi di strumenti che, pur non avendo finalità di controllo (ma finalità lavorative) consentono il controllo “a distanza”
dell’operato del lavoratore.
Tribunale Roma sez. lav., 13/06/2018
Viola la Privacy del dipendente il datore di lavoro che spia chat e mail, anche se aziendali
Controllare la posta elettronica di un dipendente equivale ad una violazione del diritto ad avere una vita privata ed una propria corrispondenza; le email di lavoro sono equiparate al domicilio e alla corrispondenza. L’accesso da parte del datore alle mail dei dipendenti è legittimo solo a condizione che questi ultimi siano stati preventivamente informati dell’esistenza di un controllo sulla corrispondenza aziendale, delle modalità e motivazioni di tale controllo.
Per la Grande Camera della Corte di Strasburgo vi è stata una violazione dell’art. 8 CEDU ed una mancata garanzia da parte dell’autorità giudiziaria nel garantire il giusto equilibrio fra il diritto del lavoratore al rispetto della sua vita privata e l’esigenza del datore di lavoro di adottare misure adeguate ad assicurare il buon funzionamento dell’azienda.
Corte europea diritti dell’uomo sez. grande chambre, 05/09/2017, n.61496