ELOGIO DELLA VELOCITA’
Di Tommaso Raimondi
Oggi il mondo ci chiede velocita’.
Un pensiero, una idea, corre su internet ed attraversa i continenti in millesimi di secondo.
Ma quanta lentezza ci circonda ?
Prendiamo le nostre aziende. Quanto tempo e’ necessario per implementare una ristrutturazione aziendale, un cambiamento di cultura ?
Quanto tempo e’ necessario per completare la ricerca di un nuovo manager o per prendere una decisione importante ?
Qualcuno dira’ che per analizzare a fondo le situazioni, valutare le alternative, prevenire i problemi, coinvolgere le persone occorre prevedere una certa e doverosa tempistica.
Certo. Assolutamente corretto. Ma mentre questi sanissimi processi che si interpongono tra l’idea e la realizzazione si dipanano, spesso con difficolta’ e complicazioni varie, il mondo intorno cambia con una velocita’ tale da rendere cio’ che si va ad implementare gia’ superato o inefficace.
Che fare ? E’ possibile prendere decisioni in tempi brevissimi senza avere analizzato il contesto, le alternative ?
E’ sensato modificare una struttura organizzativa da un giorno all’altro senza porsi problemi del coinvolgimento delle persone interessate, dell’impatto sui processi aziendali ?
Naturalmente gli impatti di un cambiamento, di una ristrutturazione e di una decisione in genere vanno considerati. E di solito questo si fa, sarebbe folle il contrario. Ma quanto tempo si perde poi nell’implementazione a causa di intricati processi di autorizzazione, controllo e, ancor piu’ spesso per adattare le tempistiche ai piani individuali dei managers interessati ?
L’alibi insidia il passaggio tra piano e azione. Alibi per rallentare anche azioni da cui dipendono le sorti di una azienda.
Quello che occorre e’ come al solito un approccio equilibrato ma orientato all’azione, alla velocita’. Spesso a cogliere l’attimo fuggente.
La velocita’ implica l’instaurarsi di alcune parole chiave in azienda che dovrebbero trasformarsi in attitudini del management, vero artefice del “ritmo”
di una organizzazione:
-‐ semplificazione -‐ trasparenza -‐ energia
-‐ priorita’ e gestione del tempo
-‐ assunzione di rischi ed imprenditorialita’
Semplificazione
Ho assistito allo sviluppo di vari percorsi di sviluppo di lean organization che spesso partono dal coinvolgimento di tutto il personale negli stabilimenti produttivi ed in molti casi dimenticano di allargarsi ai vertici aziendali ed alle funzioni centrali.
Tralasciando le logiche lean vorrei concentrarmi nella sostanza sui vincoli che rendono le aziende poco veloci in termini di reazione alle esigenze di mercato, alla crisi, agli attacchi dei competitors, alla gestione dei problemi in genere ed in particolare alla imprevibilita’ di eventi legati alla sfera delle risorse umane.
Oggi si mischia con troppa facilita’ la pur corretta attenzione alla riduzione dei costi con la semplificazione di strutture e processi.
Su questo punto vorrei essere diretto:
-‐ la semplificazione dei processi non avviene perche’ l’investimento per farlo e’ troppo oneroso (tempi, risorse e costi)
-‐ la semplificazione delle strutture organizzative potrebbe in teoria essere sganciata dalla revisione dei processi attuali ma le strutture sono vincolate alle remore e alle barriere date dalla paura di rompere lo status quo (leggasi: impatti derivati dalla eliminazione effettiva di ruoli di coordinamento inutili, eliminazione effettiva di livelli organizzativi).
-‐ il tarlo della “demotion” impera. Oggi in molte aziende necessarie ristrutturazioni sono rimandate o ritardate perche’ si teme di generare cause di demansionamento da parte dei dirigenti coinvolti dalla ristrutturazione (e che comunque prima o poi saranno messi fuori dall’azienda) – oppure umane cautele (o paura di rompere equilibri) portano al congelamento di progetti volti a modificare ruoli e status di figure chiave dell’organizzazione.
Quante volte mi e’ capitato di vedere processi volti a semplificare e rendere piu’
agili i livelli di coordinamento (con conseguente impatto sull’iter decisionale ed ovviamente sui costi) venire ibernati a causa semmai di un unico dirigente
“scomodo” coinvolto nel cambiamento.
La velocita’ e’ una esigenza che purtroppo, cinicamente, non dovrebbe guardare in faccia nessuno. Ovviamente la velocita’ e’ ammessa nel suo cinico esplicarsi solo se cambiando una organizzazione si snellisce e si semplifica. A volte si tagliano costi e posizioni (spesso operative piu’ che manageriali) senza in effetti accellerare nulla (creando al contrario colli di bottiglia operativi ed altri problemi facilmente immaginabili).
Semplificazione significa avere il coraggio di tagliare attivita’ inutili (senza imbarcarsi in complesse operazioni di reingegnerizzazioni di processi) e soprattutto semplificare i ruoli di coordinamento.
Certamente questo puo’ portare impatti sulle persone, ma il bene delle persone in azienda di oggi e’ dato dall’intelligente e preventiva cura del grasso per focalizzare le attenzioni su cio’ che conta. Il punto sta nel comprendere cosa e’
grasso. Grasso e’ in genere cio’ che non e’ semplice.
Trasparenza
Cosa c’entra la trasparenza con la velocita’ ?
Trasparenza e’ un perno della comunicazione efficace.
Se ci pensate un vetro offuscato impedisce la vista del mondo circostante, costringendo a perdere tempo (per pulire il vetro, rompere il vetro, cambiare punto di osservazione).
Comunicare con trasparenza e’ percorrere una autostrada, veloce e non priva di rischi.
La trasparenza pero’ paga sempre in termini di rapporti, perche’ anche i feedback piu’ negativi possono essere piu’ apprezzabili e spesso piu’ motivanti del silenzio, del mancato feedback o peggio ancora del feedback trasversale.
Nei processi di riorganizzazione spesso la trasparenza e’ bandita perche’ si temono le conseguenze di cui si e’ gia’ parlato e non solo (creare instabilita’, demotivazione, fornire presupposti per cause di demotion, ecc.). Peccato che poi quando tali processi hanno compimento manifestano cio’ che era stato occultato (ma che semmai era percepito in azienda). Le conseguenze temute e quindi rese note generano reazioni ancora piu’ negative, con pesanti impatti sul livello di fiducia delle persone verso l’organizzazione.
La trasparenza e’ fondamentale per trasformare le idee in azione ed ottenere seguito e, spesso, consenso. La trasparenza e’ anche il modo per affrontare piu’
velocemente cose piu’ difficile e complesse generando il corretto committment di chi deve cooperare a superare le difficolta’.
Energia
Soprattutto nei processi di cambiamento, nelle ristrutturazioni o nella assunzione di decisioni rapide, occorre energia.
La cosa fondamentale e’ che l’energia sia tangibile e visibile. L’energia deve trasmettersi agli altri.
L’energia implica un profondo convincimento nella utilita’ dell’azione che si sta compiendo o del processo che si sta implementando.
Sappiano tutti che ai managers oggi e’ richiesta la capacita’ di implementare anche cambiamenti che non sono condivisi dagli stessi.
La lentezza spesso nasce dalla mancata condivisione.
Le ristrutturazioni ed i progetti di cambiamento sono presentati ai managers che dovrebbero essere attori del cambiamento ma poca enfasi e’ spesa nel loro vero coinvolgimento sulle ragioni profonde e vere che originano i nuovi piani. Questo fatto e’ particolarmente presente nel caso delle aziende multinazionali dove decisioni strategiche ed organizzative sono prese dalla capogruppo lontana e si da’ per scontato che il management locale applichi tali decisioni con la giusta energia e committment.
Spesso non e’ cosi’. Il committment e’ di facciata, ma l’energia si riduce ad ottuse pressioni sui collaboratori oppure si innestano evidenti strategie di insabbiamento o rallentamento dei processi.
Il messaggio di fondo in questo caso e’ che chiunque sia convinto della necessita’
di una decisione o di un cambiamento verifichi con molta attenzione se chi e’
delegato ad implementare tale decisione o cambiamento applichi la giusta energia. La profonda condivisione e comprensione delle motivazioni e delle finalita’ di un cambiamento sono un must. Eppure spesso questo non avviene.
E spesso i managers che ricevono input dall’alto si guardano bene dal “voler capire” o “voler condividere” fino in fondo per paura di mostrarsi critici.
La lentezza e’ profondamente toccata dalla poca energia e convinzione. Questo e’
un tema che dovrebbe far riflettere in particolare il top management.
Priorita’ e gestione del tempo
La velocita’ esige la capacita’ di gestire le priorita’ in modo intelligente.
Non e’ facile gestire le priorita’ in un mondo competitivo, specie nella dimensione dettata dalle esigenze mutevoli dei clienti ma anche dalla difficolta’
di gestire istanze continue emergenti a livello di gestione delle persone, dei rapporti con la burocrazia, ecc.
Su questo punto un pensiero a mio avviso vale piu’ di tutti. Le priorita’ possono essere tante, difficili da gestire ma agendo sulla delega e sulle loghiche organizzative si possono destinare energie a perseguire con piu’ efficacia le cose veramente importanti. Il discorso vale in particolare per i managers abilissimi a gestire il day by day e spesso incapaci di sostenere con costanza i processi di cambiamento, i progetti, l’implementazione rapida di decisioni.
Deve essere chiaro che il tema non e’ risolvibile con tecniche di time management.
E’ necessaria una attitudine di fondo nel dare la giusta importanza, energia e soprattutto velocita’ a quei processi di cambiamento che possono generare differenza competitiva o, per drammatizzare, consentire la sopravvivenza.
In questo caso le priorita’ dovrebbero essere presenti come una mappa di un navigatore GPS nella testa del manager nel percorso della vita di tutti i giorni in azienda. L’attitudine alla delega, al conseguemento sviluppo ed empowerment dei collaboratori, dovrebbero essere una logica conseguenza della visione chiara delle priorita’ per assicurare comunque la corretta gestione dell’ordinarieta’ (e spesso anche delle cose imprevedibili)
Assunzione dei rischi ed imprenditorialita’
Velocita’ significa principalmente assumersi dei rischi.
Chi corre in automobile sa di rischiare incidenti e multe per eccesso di velocita’.
Rischi stupidi, perche’ gravi ed onerosi, finalizzati comunque ad una massimizzazione del tempo che in moltissimi casi e’ inutile. Non e’ infatti molto conveniente coprire una certa distanza ad una velocita’ eccessiva per poi rischiare di arrivare ancor piu’ tardi o non arrivare.
Il rischio certamente va calcolato ma nella vita d’azienda la lentezza da’ solo una sicurezza: la sicurezza di perdere competitivita’ e capacita’ di reagire in modo tempestivo a sollecitazioni che vengono dai clienti, dal mercato, dalle aspettative di azionisti e e parti sociali.
Torniamo ai nostri processi di ristrutturazione, di adeguamento delle capacita’
manageriali, di approntamento di risposte operative efficaci ed efficienti, ecc.
Qui il limite e’ uno. La velocita’ contrasta con l’accuratezza, la capacita’ di analisi, la valutazione di tutte le conseguenze e, come abbiamo detto puo’ contrastare l’approccio politically correct.
Occorre in questi casi essere onesti, come manager con capacita’ decisionali (e poteri per generare cambiamenti o prendere decisioni) nel comprendere quando l’accuratezza dell’analisi e’ un alibi per rallentare tutto o e’ realmente essenziale.
Non voglio sostenere che tutti i cambiamenti, le ristrutturazioni o le decisioni in azienda possano essere definiti in poche ore o pochi giorni, ma piuttosto che una volta evidenziata una soluzione (analizzata e condivisa) questa venga implementata per l’appunto assumendosi dei rischi, quando sia chiara l’esigenza di accellerare per non perdere il treno.
Lo ripeto, occorre essere cinici nel comprendere che una mancata implementazione di una azione in molti casi ha esiti ben piu’ negativi che restare in attesa perche’ la competizione di oggi e la capacita’ di differenziare la propria offerta e’ basata sulla velocita’.
L’assumersi rischi puo’ portare ad errori, ma a questo punto gli errori diventano un oggetto di osservazione e studio. L’arte della resilienza e della comprensione degli errori e’ una attitudine che sempre di piu’ va sviluppata. Agire, sbagliare, imparare dall’errore ed adattare sempre velocemente l’azione alternativa diventa, piaccia o non piaccia, un must.
L’assumersi rischi e’ una condizione di cui e’ intessuta l’essenza dell’imprenditore di oggi.
Il manager invece spesso ha paura di assumersi rischi perche’ la paura di sbagliare e’ sempre maggiore e la perdita del posto di lavoro e’ una minaccia costante. Eppure le aziende evolute e di successo cercano sempre piu’ managers imprenditivi, certamente preferendo una certa soglia di errore allo stare fermi.
Le parole chiave di cui sopra dovrebbero essere considerate dal management di oggi ma anche comprese profondamente tenendo sempre in considerazione l’elemento chiave a base di qualsiasi azione operata nell’organizzazione, le risorse umane.
Velocita’ e risorse umane
La mia natura orientata allo sviluppo delle risorse umane ed alla costruzione di contesti organizzativi dominati da engagement delle risorse potrebbe far apparire tutto quanto detto finora contraddittorio rispetto a tali attitudini.
Eppure la velocita’ non e’ a mio avviso contraddittorio rispetto allo sviluppo ed all’engagement.
Attenzione a non equivocare sui termini !
La rapidita’ nell’implementazione di un cambiamento organizzativo o comunque la rapidita’ decisionale non hanno nulla a che fare con l’odioso luogo comune dei nostri tempi : il manager non ha piu’ tempo per pensare (tanto meno pensare alla gestione, al coinvolgimento ed allo sviluppo delle proprie risorse).
Velocita’ non significa passare come un rullo su tutto e tutti.
Velocita’ significa educare un contesto organizzativo ed un team a comprendere l’importanza di realizzare progetti nei tempi utili a generare risultati, nell’interesse di tutti (lo abbiamo detto parlando di trasparenza).
Velocita’ significa sviluppare le risorse coinvolgendole e spingendole anche a prendersi a loro volta rischi, sviluppare imprenditorialita’, generare empowerment.
Velocita’ significa uscire dai canoni delle rigidita’ contrattuali, delle job descriptions, degli status per portare le persone a comprendere la necessita’ di un grande spirito di flessibilita’ e di adattabilita’ alle situazioni sempre mutevoli.
E velocita’ significa anche far capire alle persone che purtroppo nelle sfide competitive di oggi non e’ possibile dare piu’ nulla per scontato. Incluso il proprio ruolo o addirittura il posto fisso.
Credo che tra manager e collaboratori (e sarebbe bello potere includere anche sindacati) dovrebbe essere condivisa una sorta di nuovo patto della velocita’, che abbia come finalita’ comunque dei vantaggi per l’organizzazione e per le persone che concorrono al successo dell’impresa.
E’ utopia ?
Si’, certamente e’ una bella illusione ma il mondo va avanti veloce ed i contesti che passano il tempo a menarsela su regole, ruoli, diritti e doveri restano indietro …. come un vagone pieno di gente che si e’ staccato dal resto del convoglio e lentamente procede verso un binario morto.
Credo che il management debba interiorizzare un senso del dinamismo non come vezzo o rappresentazione (manager in giro per il mondo, sintetico, veloce nel comunicare, multitasking, ed alla fine, sfuggente) ma concepito con profondita’ e basato sul coinvogimento dei collaboratori, il motore vero che puo’
dare la giusta propulsione alle organizzazioni.
Tommaso Raimondi Giugno 2013