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COLLEGIO DI MILANO. Membro designato dalla Banca d'italia. (MI) SPENNACCHIO Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari

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(1)

COLLEGIO DI MILANO

composto dai signori:

(MI) GAMBARO Presidente

(MI) LUCCHINI GUASTALLA Membro designato dalla Banca d'Italia

(MI) ORLANDI Membro designato dalla Banca d'Italia

(MI) SPENNACCHIO Membro designato da Associazione

rappresentativa degli intermediari

(MI) TINA Membro designato da Associazione

rappresentativa dei clienti

Relatore LUCCHINI GUASTALLA EMANUELE

Nella seduta del 12/06/2014 dopo aver esaminato:

- il ricorso e la documentazione allegata

- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione - la relazione della Segreteria tecnica

FATTO

Il ricorrente chiede il risarcimento dei danni per non aver potuto perfezionare il contratto di acquisto dell’immobile aggiudicato in un’asta giudiziale.

Più precisamente, in data non precisata, il ricorrente richiedeva alla banca resistente un

“finanziamento ipotecario e con garanzie fideiussorie” di € 55.000, finalizzato all’acquisto, tramite asta giudiziaria, di un immobile. Otteneva pertanto un prefinanziamento di € 5.500,00, pari all’importo da versare al Tribunale per la partecipazione all’asta.

In sede di istruttoria emergeva l’iscrizione di una ipoteca giudiziaria su un immobile di proprietà del ricorrente. Malgrado il ricorrente avesse informato il direttore della banca che si trattava di un errore del notaio incaricato alla cancellazione dell’ipoteca, questi bloccava l’erogazione del finanziamento.

Intanto il ricorrente si aggiudicava l’immobile, ma, a causa della mancata erogazione del finanziamento, il contratto di acquisto non veniva finalizzato, con il conseguente incameramento della somma di € 5.500,00 versata a titolo di deposito cauzionale.

(2)

Nel successivo scambio di corrispondenza con la resistente, il ricorrente – lamentando, tra l’altro, il comportamento di taluni dipendenti della banca che ne avrebbero offeso pubblicamente la dignità personale – riferiva quanto segue:

x La banca in data 17/01/11 concedeva “un mutuo chirografario per il credito a consumo” dell’importo di € 13.670,00 al tasso di interesse fisso dell’8% con addebito delle rate su conto corrente, in regolare ammortamento. Nella medesima data veniva rilasciata a favore del ricorrente da un soggetto terzo una fideiussione a “garanzia di operazioni di credito” “per l’importo di € 13.670,00 fino alla concorrenza dell’importo massimo di € 16.404,00”.

x Con nota del 22/07/13 chiedeva una riduzione del tasso debitore del finanziamento sottoscritto al 1,50% “in considerazione della garanzia

fideiussoria fornita”; la banca in proposito dichiarava di non poter accogliere la richiesta di modifica del tasso di interesse del finanziamento, in quanto vincolata dal contratto di mutuo stipulato per iscritto il 17/01/11.

x Con lettera del 10/08/13, indirizzata alla presidenza, chiedeva un risarcimento danni di € 10.000,00, “non essendo andato a buon fine” il finanziamento di € 55.000,00, oltre a ribadire la richiesta di incontro per lamentare “la mancanza di buona fede, correttezza e rispetto”.

x Il ricorrente riteneva insoddisfacente il riscontro del 30/08/13 con il quale la banca contestava l’uso di “parole sconvenienti e addirittura offensive” nei confronti del ricorrente e respingeva la richiesta di risarcimento danni,

avendo “operato nel rispetto dei limiti imposti dalla stesso organo di vigilanza in materia di concessione del credito” e invitava lo stesso a rivolgersi al personale della segreteria, qualora intendesse conferire con il presidente della banca, oltre che a rivolgersi all’ABF per risolvere la controversia in questione.

Con integrazione al ricorso presentato il 09/10/13, in data 30/12/13 il ricorrente faceva presente che il notaio incaricato della cancellazione della ipoteca aveva riconosciuto l’errore ed aveva immediatamente provveduto alla cancellazione dell’ipoteca dopo 9 anni.

Dichiarava di non aver potuto consegnare alla resistente il documento ricevuto dalla banca beneficiaria dell’ipoteca, in quanto il direttore della stessa gli aveva negato l’incontro.

Esplicitava di aver subito una perdita di chance in relazione all’impossibilità di realizzare una non meglio precisata operazione di vendita dell’immobile.

Con ricorso protocollato il 09/10/13, regolarizzato il 30/12/13 e integrato il 06/01/14, il ricorrente ha chiesto il risarcimento dei danni per non aver potuto perfezionare il contratto di acquisto dell’immobile aggiudicato in un’asta giudiziale, quantificandolo in € 20.500,00, come dal seguente prospetto:

Nelle proprie controdeduzioni, presentate il 29/11/13, l’intermediario resistente ha esposto quanto segue:

– Il ricorrente non può dolersi della mancata stipula da parte della banca del finanziamento della somma di € 55.000,00, richiesto per l’acquisto di un’immobile all’asta, tenuto conto della presenza di una iscrizione

ipotecaria giudiziale su di un bene di proprietà dello stesso.

– Non è vero che il gravame fosse un mero errore materiale determinato dalla dimenticanza del notaio incaricato della cancellazione dell’iscrizione,

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in quanto, tra l’altro, la richiesta del finanziamento è pervenuta alla banca il 15/11/10, mentre la cancellazione della iscrizione è stata formalizzata solo il 18/03/11.

– Il 04/01/11 il ricorrente ha rinunciato sia alla richiesta di mutuo per € 65.000,00, sia alla richiesta di prefinanziamento di € 51.000,00.

– La banca ha sempre agito con precisione, correttezza e buona fede; al contrario il ricorrente ha taciuto, forse inconsapevolmente, l’esistenza del gravame.

– La perdita della cauzione da parte del ricorrente non è da attribuirsi alla banca, ma piuttosto al ricorrente che ha partecipato ad un’asta giudiziaria senza aver costituito in precedenza l’idonea provvista per ottenere

l’aggiudicazione del bene.

– La banca ha sempre risposto puntualmente e cortesemente ad ogni domanda e reclamo avanzati dal ricorrente, anche per il tramite del suo presidente, che si è sempre reso disponibile ad ogni incontro.

– Il ricorrente non ha fornito alcuna valida giustificazione né dimostrazione che eventuali danni siano riconducibili alla responsabilità della banca, che ha sempre operato secondo i principi di correttezza e buona fede

contrattuale.

La resistente ha chiesto di rigettare la domanda in quanto infondata in fatto e in diritto.

Sono seguite repliche e controrepliche.

Con nota del 20/02/14 il ricorrente replicava all’accusa di aver taciuto circa l’esistenza del gravame, affermando di essere venuto a conoscenza dalla convenuta dell’esistenza dell’iscrizione ipotecaria solo pochi giorni dopo aver ottenuto il prefinanziamento di € 5.500,00. In merito alla sottoscrizione del documento di rinuncia al finanziamento, datato 04/01/11, dichiarava che la firma gli era stata estorta a fronte della promessa del direttore generale di un finanziamento di € 5.500,00 più ulteriori € 8.000,00, previa fideiussione della moglie.

Con nota del 01/04/14 la resistente controreplicava che la ricostruzione dei fatti rappresentata dal ricorrente non corrispondeva al vero e la riepilogava come segue:

x Il 20/10/10 il ricorrente ha ottenuto dalla banca un’apertura di credito per la somma di € 5.500,00 per partecipare ad un’asta giudiziaria;

x Il 15/11/10, dopo l’aggiudicazione dell’immobile, il ricorrente ha fatto

domanda per ottenere un mutuo ipotecario della somma di € 65.000,00, con contestuale richiesta di prefinanziamento in c/c per € 55.000,00.

x Presa in carico la pratica, la banca ha svolto la consueta attività istruttoria, e a seguito di una visura ipocatastale effettuata il 24/11/10, ha accertato la presenza del gravame; di conseguenza non è vera l’affermazione del ricorrente di essere venuto a conoscenza dell’iscrizione ipotecaria solo a pochi giorni dall’ottenimento del finanziamento di € 5.500,00, essendo trascorso dal 20/10/10 al 24/11/10 più di un mese.

x Il consenso alla cancellazione dell’ipoteca giudiziale è datato 01/12/10 e la cancellazione è avvenuta il 18/03/11.

x La posizione debitoria del ricorrente era di circa € 5.500,00, sostanzialmente pari all’importo concesso in prefinanziamento, scaduto il 31/12/10, per cui lo stesso è stato invitato al rientro dell’esposizione.

x Per consolidare le varie esposizioni in un unico rapporto, la banca ha concesso un prestito di € 13.670,00 al ricorrente, il quale, avendo avuto la possibilità di rientrare “comodamente” da ogni precedente esposizione, ha effettuato secondo la propria volontà e coscienza la rinuncia al mutuo.

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DIRITTO

Prima di esaminare nel merito la controversia sembra opportuno riportare alcuni aspetti essenziali ai fini della decisione.

La questione verte sulla mancata stipula di un mutuo ipotecario, richiesto dal ricorrente per l’acquisto di un’immobile aggiudicato ad un asta giudiziaria, a seguito dell’accertamento di una ipoteca giudiziale su altro immobile che sarebbe stato oggetto di garanzia.

L’importo di detto mutuo, inizialmente indicato dal ricorrente in € 55.000,00, dalla prospettazione successiva delle parti è indicato pacificamente in € 65.000,00.

Il ricorrente sostiene che l’iscrizione dell’ipoteca sia il frutto della dimenticanza del notaio incaricato alla cancellazione dell’ipoteca, come sarebbe provato dall’atto di assenso alla cancellazione di ipoteche versato agli atti, che, a suo dire non sarebbe riuscito a consegnare alla banca, avendogli il direttore della stessa negato un incontro. Di conseguenza, attribuisce alla banca il mancato perfezionamento dell’acquisto, e ne richiede il risarcimento del danno.

La banca reputa di aver “agito con precisione, correttezza e buona fede” e non comprende le doglianze del ricorrente, vista la presenza di un’iscrizione ipotecaria giudiziale, cancellata solo in data 18/03/11 a fronte di una richiesta di finanziamento prevenuta il 15/11/10. Reputa responsabile della perdita della cauzione esclusivamente il ricorrente, che ha partecipato ad un’asta giudiziaria senza aver costituito in precedenza l’idonea provvista.

Non spiega le motivazioni alla base della concessione del finanziamento di 5.500,00, in via anticipata rispetto all’istruttoria non andata a buon fine.

Il ricorrente quantifica il danno subito in € 10.000,00 in sede di reclamo e in 20.500,00 in sede di ricorso, determinato come segue:

9 € 10.000,00 per mancato guadagno dalla rivendita 9 € 5.000,00 per spese legali di partecipazione all’asta 9 € 5.500,00 per la cauzione persa.

Il ricorrente non fornisce alcuna evidenza documentale né del mancato guadagno, né del pagamento delle spese legali di partecipazione all’asta e della cauzione: tuttavia l’importo di quest’ultima risulta confermato anche dalla parte resistente.

Ciò chiarito e venendo all’esame del merito della presente controversia, questo Collegio deve ricordare che nel nostro ordinamento non si può in alcun modo rinvenire un obbligo di erogazione del credito in capo agli intermediari. L’attività delle imprese bancarie deve, infatti, ispirarsi ai principi di una “sana e prudente gestione” e deve essere esercitata, con tutta la discrezionalità e l’insindacabilità che caratterizzano le politiche gestionali di ciascun intermediario, avendo riguardo “alla stabilità complessiva, all’efficienza e alla competitività del sistema finanziario” (arg. ex art. 5, d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385).

Il fatto che non si possa ravvisare un obbligo come quello appena illustrato non esclude radicalmente la possibilità di riconoscere che, in determinate ipotesi, il mancato accoglimento della richiesta di credito possa essere fonte di responsabilità per le banche, ma ciò può avvenire solo qualora l’intermediario non impronti le proprie relazioni d’affari secondo i “criteri di buona fede e correttezza” puntualizzati dalle “Disposizioni” emanate dalla Banca d’Italia in tema di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari”, disposizioni che, com’è noto, costituiscono specificazione dei principi enunciati, in via più generale, dal codice civile (artt. 1337 e 1375 cod. civ.).

Chiarito, dunque, che nell’attività di concessione del credito la banca esplica la propria autonomia imprenditoriale e fermo restando l’obbligo di correttezza e buona fede anche nella fase dell’istruttoria, nel caso che ne occupa non possono ravvisarsi profili di

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illegittimità del comportamento dell’intermediario, il quale, nell’ambito della propria autonomia, ha effettuato alcune scelte che non sono in alcun modo sindacabili dal ricorrente, le cui doglianze risultano, quindi, non degne di accoglimento.

P.Q.M.

Il Collegio non accoglie il ricorso.

IL PRESIDENTE

firma 1

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