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COLLEGIO DI MILANO. Membro designato dalla Banca d'italia. (MI) SANTARELLI Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari

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COLLEGIO DI MILANO

composto dai signori:

(MI) GAMBARO Presidente

(MI) LUCCHINI GUASTALLA Membro designato dalla Banca d'Italia

(MI) ORLANDI Membro designato dalla Banca d'Italia

(MI) SANTARELLI Membro designato da Associazione

rappresentativa degli intermediari

(MI) GIRINO Membro designato da Associazione

rappresentativa dei clienti

Relatore (MI) GIRINO

Nella seduta del 19/09/2013 dopo aver esaminato:

- il ricorso e la documentazione allegata

- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione - la relazione della Segreteria tecnica

FATTO

Il 19 dicembre 2002 l’odierno ricorrente sottoscriveva con la resistente un contratto di leasing immobiliare. Nell’incombenza del rogito notarile di trasferimento della proprietà dell’immobile, il cui riscatto era originariamente previsto il 19 dicembre 2010, il ricorrente contestava, con una nota del 30 dicembre 2010, la richiesta di € 780 a titolo di spese di riscatto da parte della resistente che si era in aggiunta riservata di avanzare ulteriori pretese a titolo di cauzione (in relazione ad oneri dovuti ad un locale consorzio di bonifica) fino a pochi giorni prima del rogito.

Il 28 maggio 2012 il ricorrente dichiarava di aver effettuato un bonifico di € 887,00 (€ 787 a titolo di spese di riscatto e € 100 a titolo di cauzione oneri di bonifica) a favore della resistente, al solo fine di consentire il perfezionamento del contratto di acquisto dell’immobile, specificando di riservarsi di agire per la restituzione di tale somma in quanto non contrattualmente prevista. Il medesimo giorno la resistente replicava come l’importo richiesto fosse in realtà previsto nel foglio informativo allegato al contratto di leasing alla voce “Riscatto naturale immobiliare”, dove peraltro la somma indicata ammontava a € 1.950,00 contro i 787,00 richiesti al cliente. Quanto alla cauzione oneri di bonifica di €

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100,00, la resistente ne giustificava la richiesta in via cautelativa, specificando che l’avrebbe trattenuta fino alla comunicazione da parte del competente consorzio circa la variazione proprietaria dell’immobile.

In data 15 ottobre 2012 il ricorrente proponeva formale reclamo per la restituzione degli importi sopramenzionati, dal momento che, sia le “spese di riscatto” di € 787,00, sia la “cauzione oneri di bonifica” di € 100,00 non erano mai state contrattualmente concordate e quindi non erano dovute.

In assenza di replica da parte resistente, il ricorrente presentava ricorso l’8 aprile 2013 nel quale reiterava quanto sostenuto in precedenza, sia ribadendo come non avesse ricevuto alcun foglio informativo, come invece richiesto dalla normativa primaria e regolamentare, sia rinnovando la richiesta di restituzione della somma di € 887,00.

Nelle controdeduzioni depositate il 10 giugno 2013 la resistente sollevava una preliminare eccezione di irricevibilità per anteriorità alla data del 1 gennaio 2009 dei fatti fondanti il ricorso. Nel merito, citava l’art. 9 delle condizioni generali del contratto di leasing stipulato nel 2002, che recitava: “… in ogni caso gli obblighi e la responsabilità assunti dall’Utilizzatore nei confronti del locatore cesseranno solo dopo la restituzione del bene alle condizioni sopra indicate e dopo il pagamento del prezzo di opzione e di ogni altra somma dovuta a qualsiasi titolo in dipendenza del contratto e di ogni rapporto contrattuale in essere con il locatore”. In virtù di tale articolo aveva inviato al ricorrente la nota del novembre 2010 con la richiesta delle spese di riscatto di € 780,00. Inoltre, ribadiva come il foglio informativo in vigore al momento del riscatto (definito il 31 maggio 2012) ed allegato in atti prevedesse alla voce “Riscatto naturale immobiliare” l’importo di € 1.950,00 a fronte della somma applicata di € 780,00. Con riguardo alla lamentata cauzione, essa atteneva ad una somma che la banca richiedeva al cliente al fine di tutelarsi nel caso in cui alla stessa (quale proprietaria dell’immobile fino alla data del riscatto) fosse stato richiesto il pagamento relativo agli oneri di bonifica del relativo consorzio, dunque destinata ad essere trattenuta fino ad avvenuta comunicazione dell’aggiornamento del soggetto riscattante. Peraltro alla data della stesura delle controdeduzioni, tale comunicazione non risultava ancora ricevuta. Precisava infine come nell’atto di riscatto il ricorrente avesse dichiarato che “ogni somma, essendo stata pattiziamente e di comune accordo concordata tra le parti, pagata per canoni, interessi, spese, commissioni e qualsivoglia altro titolo in dipendenza del contratto di locazione finanziaria sopra citato, resta acquisita dalla parte venditrice, senza contestazione alcuna da parte della stessa parte acquirente”. Siffatto accordo negoziale, in tesi resistente, assumeva altresì natura di negozio di accertamento, con funzione cioè di accertare una situazione (non necessariamente di incertezza) precludendosi ogni possibilità che la stessa situazione fosse rimessa in discussione o impugnata, salvi i casi di errore. In virtù di quanto motivato, la resistente domandava al Collegio in via preliminare di dichiarare l’irricevibilità del ricorso ed, in ogni caso, la reiezione dello stesso in quanto infondato.

DIRITTO

In via preliminare Il Collegio è chiamato a pronunciarsi su un’eccezione sollevata dalla resistente. Eccezione costantemente sollevata dalla stessa resistente in svariati consimili contenziosi, e puntualmente respinta da questo Arbitro.

La resistente obietta l’incompetenza temporale dell’Arbitro il cui potere cognitivo, a mente della previsione di cui alla Sez. I, § 4, alinea 3 delle Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari (in breve “Reg. ABF”), non si estende a operazioni o comportamenti anteriori al 1 gennaio

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2009. Posto che il contratto per cui è lite risulta stipulato in data ben anteriore (19 dicembre 2002), questo Arbitro, a dire della resistente, non potrebbe conoscere del ricorso.

È principio ricevuto da questo Arbitro (cfr., ex multis Collegio di Roma, decisioni n. 901/10, 1276/10, 1302/10; Collegio di Milano, decisioni n. 341/11, 520/11, 719/11; Collegio di Napoli, decisioni 766/11 e 810/11) che, in caso di controversia avente ad oggetto un rapporto di durata sorto anteriormente al 1° gennaio 2009 ma ancora efficace (i.e.

produttivo di effetti) successivamente a tale data, occorra aver riguardo al petitum onde verificare se esso si fondi su vizi genetici del rapporto (nel quale caso vi sarà incompetenza temporale) oppure su una divergenza tra le parti che riguarda effetti del negozio giuridico prodottisi successivamente al 1° gennaio 2009 (nel qual caso vi sarà competenza temporale). Ora, nel caso di specie, la doglianza del ricorrente si appunta su un asseritamente illecito addebito, in sede di stipulazione del rogito di riscatto dell’immobile concesso in locazione finanziaria, di oneri non contrattualmente previsti (nella specie un costo afferente alla stipulazione del rogito – € 787 – e una cauzione – € 100 – trattenuta a fronte di oneri di bonifica che avrebbero dovuto costituire oggetto di richiesta diretta al ricorrente in quanto proprietario dell’immobile e di cui la resistente avrebbe invece preteso l’anticipo non potendo contare sulla certezza che l’ente beneficiario – consorzio di bonifica – non ne avrebbe richiesto alla banca il pagamento). Si tratta, in tutta evidenza, di aspetti afferenti all’esecuzione dell’accordo. Per come inoppugnabilmente documentato in atti dal ricorrente, il pagamento dell’addebito contestato ha avuto luogo il 28 maggio 2012. Ne consegue che il petitum, non afferendo ad un vizio genetico del rapporto, bensì ad un comportamento tenuto successivamente alla data del 1 gennaio 2009, ricade, limitatamente agli effetti prodotti a partire da tale data, nella competenza ratione temporis di questo Arbitro.

Così opportunamente ridimensionato il perimetro quantitativo e temporale del contendere, nel merito, la domanda del ricorrente non appare tuttavia meritevole di accoglimento.

Ad avviso del ricorrente gli oneri addebitati non sarebbero stati contemplati dal contratto in essere fra le parti, mentre la banca ha eccepito che il costo per la partecipazione al rogito notarile sarebbe stato chiaramente indicato nei fogli informativi, mentre la cauzione sarebbe stata richiesta al mero fine preventivo sopra richiesto.

Giova, ad avviso del Collegio, distinguere fra le due tipologie di addebito. La cauzione, in quanto tale, non può considerarsi alla stregua di addebito. Vero è, infatti, che delle due l’una: o il relativo importo verrà effettivamente (sia pur erroneamente) richiesto alla resistente dal consorzio, e in tal caso il ricorrente non avrà di che seriamente dolersi del fatto di aver anticipato un (modesto) ammontare che comunque sarebbe gravato a suo carico, oppure la richiesta verrà correttamente inoltrata al ricorrente e questi pertanto potrà, alternativamente, saldare il dovuto al consorzio e richiedere alla banca la restituzione della cauzione, oppure disporre affinché il pagamento venga direttamente effettuato dalla banca utilizzando il denaro trattenuto allo scopo.

Discorso diverso vale per l’onere relativo alla partecipazione alla seduta notarile. Non può dunque concretamente parlarsi di un costo destinato alla stipulazione del rogito. La banca ha convincentemente dimostrato che il foglio informativo, che propriamente soddisfa funzioni di pubblicità e trasparenza, esponeva un costo specifico di € 1950,00, dal che già può desumersi come l’avere la banca applicato un onere nettamente inferiore (€ 787 inclusivi di Iva) non può minimamente costituire una violazione del patto contrattuale che trova propriamente nel foglio informativo il suo lecito strumento di informazione e aggiornamento. Né nelle comunicazioni anteriori alla proposizione del ricorso (ivi inclusa la lettera del 15 ottobre 2012 inoltrata dal legale del ricorrente, che a sua volta svolge la professione di avvocato) né nel ricorso è stato affermato che il foglio informativo non sia

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stato ricevuto o altrimenti reso disponibile al ricorrente, che si è invece limitato a negare che una pubblicità delle condizioni sia mai avvenuta.

Ritiene tuttavia il Collegio che la questione sia agevolmente risolvibile alla luce di una ulteriore evidenza documentale.

La resistente ha infatti eccepito che le parti sarebbero addivenute ad accordi di definizione preclusivi delle odierne domande. In particolare, in occasione del riscatto anticipato del leasing immobiliare, il ricorrente avrebbe sottoscritto, nel rogito di trasferimento della proprietà dell’immobile, la clausola per esteso riportata nella narrativa in fatto. Clausola che, dando atto dell’espressa pattuizione di ogni somma pagata in costanza di rapporto, ne sanciva la definitiva acquisizione alla parte resistente e la conseguente preclusione di contestazione alcuna da parte del ricorrente.

La resistente è incline a ritenere che le clausole in questione integrino un negozio di accertamento come tale impugnabile solo nei ristretti limiti dell’errore di diritto o di fatto nella specie non configurabile.

Ritiene il Collegio che le clausole in questione non possano integrare propriamente un negozio di accertamento per difetto della componente di incertezza che, secondo la costante giurisprudenza di legittimità (cfr. fra le molte Cass. 30 marzo 2009, n. 7640;

Cass. e Cass. 12 marzo 2008, n. 6739), costituisce indefettibile presupposto per il configurarsi di siffatto negozio. Questo, infatti, è caratterizzato dall’intento di imprimere certezza giuridica ad un precedente rapporto, cui si collega, al fine di precisarne contenuto ed effetti, rendendo definitive e immutabili situazioni di obiettiva incertezza. Quale strumento alternativo alla transazione (dalla quale si differenzia per la carenza di un sinallagma fra l’aliquid datum e l’aliquid retentum, consistendo invece in una semplice cristallizzazione convenzionale della correttezza di uno stato di fatto o di diritto pregresso), siffatto negozio non può prescindere, come sembra invece sottendere la resistente, da una situazione di obiettiva incertezza, la quale invece non appare né espressamente menzionata, ma neppure obiettivamente aliunde desumibile dalla documentazione negoziale offerta in comunicazione nell’odierno procedimento.

Le pattuizioni contenute nelle scritture dinanzi menzionate appaiono viceversa più prossime o ad un pactum de non petendo (clausola che determina l’attuale e perenne inesigibilità del credito – nella specie il credito da restituzione derivante da un ipotetico accertamento di indebito – accordando al debitore il diritto di paralizzarne gli effetti con il sollevamento della relativa eccezione) ovvero, e ciò vale nella specie per il patto contenuto nel rogito di riscatto anticipato del leasing immobiliare dato l’espresso tenore del pattuito, ad una convenzionale rinegoziazione del corrispettivo, rivelandosi clausole limitative della facoltà di contestare o opporre eccezioni (quale ad esempio l’eccezione di compensazione del credito derivante da restituzione di un ipotetico indebito con il credito principale azionato dal creditore), come tali soggette, ai fini della loro efficacia, all’onere di specifica approvazione per iscritto prevista dall’art. 1341 cod. civ solo se siano inserite in un documento negoziale predisposto unilateralmente da un contraente e se non abbiano costituito oggetto di trattativa.

Ora, la clausola contenuta nel rogito notarile di riscatto anticipato non può prestarsi alla censura dianzi ipotizzata, essendo principio ricevuto quello per cui le clausole inserite in un contratto notarile, ancorché si conformino alle condizioni poste da uno dei contraenti, non sono qualificabili come predisposte dal medesimo, ai sensi dell’art. 1341 cod. civ., e, quindi, ancorché vessatorie, non abbisognano di specifica approvazione (così Cass.

SS.UU., 10 gennaio 1992, n. 193). La presunzione iuris et de iure della natura “negoziata”

del contratto stipulato in forma di atto pubblico con ministero di notaio, preclude l’applicazione della norma succitata, conferma la validità del pactum de non petendo ed esclude pertanto l’accoglibilità della richiesta del ricorrente.

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Né possono assumere alcuna rilevanza le dichiarazioni, rese dal ricorrente direttamente o per il tramite del suo legale, che hanno accompagnato il pagamento delle spettanze contestate e con le quali si è formulata espressa riserva di agire per ripetere l’asserito.

Siffatte dichiarazioni sono infatti anteriori alla stipula del rogito, e come tali dunque superate dal rammentato pactum de non petendo validamente opponibile dalla resistente per le ragioni dianzi menzionate. Perché quelle anteriori riserve spiegassero efficacia, sarebbe stato necessario che le stesse fossero reiterate nel rogito di acquisto sì da escluderle dall’ambito di operatività del suddetto patto.

Il ricorso non può pertanto trovare accoglimento limitatamente alla commissione in parola, salva e impregiudicata ogni facoltà restitutoria del ricorrente nei termini suindicati della sopramenzionata cauzione nel momento in cui si avrà certezza della richiesta del terzo creditore del corrispondente importo.

PER QUESTI MOTIVI Il Collegio non accoglie il ricorso.

IL PRESIDENTE

firma 1

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