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Energia Messinese Movimento Apartitico Messinesi Liberi

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Academic year: 2022

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Bollettino interno della associazione Energia Messinese (www.energiamessinese.it) – Anno 2007 N. ZERO (Nov-Dic)

Energia Messinese

Movimento Apartitico Messinesi Liberi

Dall'amore per Messina, dalla voglia di miglioramento e dal sentimento di appartenenza al territorio dello stretto, motivati da un disagio collettivo e dal desiderio di vivere in una città ideale incentrata sulle esigenze dell'individuo, sul sostegno a m b i e n t a l e e s u l l a preservazione dell'arte e della cultura. Mirando ad uno

sviluppo economico- sociale generale i Messinesi Liberi riunitisi nel movimento grilli dello stretto, meetup di Beppe Grillo di Messina, hanno dato origine all'associazione Energia Messinese.

L'associazione apartitica si prefigge c ome obiettivo la rinascita e la riqualificazione di Messina attraverso una intensa attività s u l t e r r i t o r i o , u n a informazione libera ed un coinvolgimento diretto della cittadinanza.

Da un impegno sempre crescente i Messinesi Liberi,

indotti dalla speranza di un futuro migliore,

confrontandosi con le realtà locali per mezzo di progetti specifici, si prefiggono, quindi, l'obiettivo di una società civile a sostegno dell'ambiente, della storia, del bene comune e del progresso di Messina.

Il referente dell'associazione Massimiliano Arceri Tel:329.1735434

M a i l :

arcerimassimiliano@gmail.com Web:

www.energiamessinese.it All’interno:

Giovani 2

Una serata emozionante

3

Caso De Magistris 4

Anfetamine per bambini

5

Perché demolire il vecchio celeste

6

Ernesto Guevara Dal Mito al marchio

7

1984 8

Stereophonics pull the pin

8

Vivere davvero 9

Incendi: quale prevenzione

10

(2)

Se dovessimo fare un sondaggio per scoprire quali sono le paure, i sogni e le speranze dei ragazzi di oggi, dovremmo constatare, non senza provare un po’di tristezza, c h e s o l o i n p o c h i risponderebbero. La maggior parte di loro nemmeno capirebbe il senso di tali interrogativi. Vivere alla giornata, inseguendo il futile divertimento quotidiano e preferendo, sempre, la tranquillità dell’abitudine all’avventura del cambiamento, sembra essere questo il massimo obiettivo che i giovani si

propongono di raggiungere nella loro e s i s t e n z a . G u a i a e s p r i m e r e un’idea che vada oltre la s p i c c i o l a convenienza personale. Un pensiero che

superi il proprio più immediato bisogno materiale. Un’opinione che tragga forza da se stessa e non dalla necessità di ottenere qualcosa. In questa società perfino parlare liberamente, dicendo ciò che si pensa, è sbagliato. é un “rischio” che non si vuole correre per paura di essere esclusi dagli altri ed essere messi in disparte. Paura che alla fine ha sempre la meglio su tutto il resto. Perché un’opinione controcorrente e non in linea con il modo di pensare della propria cricca di amici, può non essere accettata. Accolta in silenzio o con grandi risate, non sarà presa in considerazione e neppure messa in discussione e dovrà essere al più presto dimenticata.

Nessun confronto, nessun dialogo. La ragione è della massa.

Il gregge decide cosa è opportuno

dire e cosa è meglio tacere. Così se un tempo si esprimeva ciò che si pensava, oggi si dice solo ciò che appare opportuno in base alle compagnie che si frequentano. Il tutto calato in un’atmosfera quasi irreale, dove l’omologazione ha relegato in un piccolo angolo il libero pensiero. E le regole di quello che assomiglia sempre più a un gioco virtuale, si formano quasi per caso, attraverso un’inerzia conformatrice che sceglie ruoli e assegna parti. Dal figo del gruppo che si sente quasi in dovere di recitare il suo c o p i o n e d i b u l l e t t o arrogante, allo sfigato che viene conti nu ament e preso in giro, e che alla fine a c c e t t a supinamente la

p a r t e

assegnatagli. E sembra la cosa più normale del mondo! Poco importa se così facendo si annulla il proprio Io e si finisce per diventare macchine senza emozioni. Con questi presupposti la sensazione di perenne insoddisfazione è solo la più ovvia delle conseguenze. Un semplice, ma terribile, effetto collaterale. In tempi non troppo lontani una serata passata con un amico chiacchierando di calcio, donne e politica, davanti a una buona birra, bastava per stare allegri ed essere contenti. Non c’era l’ossessionante ricerca del divertimento a tutti i costi che oggi ti porta a passare le serate con persone semisconosciute, in locali affollati dove non puoi, ma nemmeno vorresti, scambiare qualche parola. Non c’era la necessità di “sballarsi” per raggiungere il piacere, ed è per

questo che l’alcol e l’exctasy non erano affatto indispensabili. Non si cercava di rimorchiare a tutti i costi una ragazza illudendosi, così, di afferrare la felicità. In questa società modernista anche l’amore viene declassato. Da indescrivibile e forte emozione si è trasformato, anch’esso, in un prodotto a scadenza. Si sono perse, quasi del tutto, le tracce del colpo di fulmine, capace di sconvolgere in pochi attimi anche i cuori più gelidi. Ecco invece internet, con i suoi dialoghi via chat privi di sguardi, sensazioni ed emozioni, ma ricchi di illusioni e idealizzazioni forzate. Così come quando si guarda una pubblicità e poi si decide se acquistare o meno il prodotto r e c l a m i z z a t o , i f u t u r i

“innamorati” cliccano su una tastiera scrutando sul monitor le qualità e le caratteristiche (nel gergo di internet si chiama

“profilo”) dell’ uomo o donna selezionato/a. Si analizza per bene il tutto e poi si decide se iniziare o meno la “trattativa”, inviando un sempre troppo formale messaggio in email. La prima impressione, l’incontro degli sguardi, il ridere insieme:

tutto vecchio, tutto cancellato.

Nel World wide web ognuno si vende come meglio può. Persone che dal vivo non si sarebbero mai piaciute e frequentate, arrivano a parlare, attraverso la chat, per settimane (ma a volte anche per mesi), infine si incontrano e scoprono di non piacersi affatto.

Ma il mercato, perché di questo si tratta, è vasto e subito si clicca su un altro profilo, mossi dalle stesse speranze e ritrovando le stesse illusioni.

Vincenzo - gentedimessina@libero.it

Giovani?

(3)

PAGE 3 NUMEROZERO

Gli italiani hanno bisogno d’emozioni. La TV sempre attenta ai bisogni primari dei cittadini fornisce la materia prima, i reality; naturalmente i moderni gladiatori delle inoffensive arene vengono profumatamente pagati, ma pare che la cosa anziché rallegrarli li addolori e piangano spesso, e perché mai?

Specialmente gli uomini piangono, che goduria per lo spettatore, ma spesso ci si immedesima, specie se il dolore è provocato dalla mancanza di detersivo ( biodegradabile) per il lavaggio della chiome!

Il pubblico vuole e pretende la diretta del dolore, lo brama, pensa solo ai poveri finti naufraghi, è assetato di litigi, sudore e sudiciume vario di gente che di solito è imbellettata, vestita (in genere poco), pettinatissima, e fortunata! Non è dato sapere se alle doti summenzionate si aggiunga l’intelligenza.

La RAI non si è ancora accorta che un nuovo reality si profila all’orizzonte, è proprio il caso di dirlo, nell’isola di Lampedusa!

Volete mettere i naufraghi finti con quelli veri provenienti dall’Africa? Volete mettere la sporcizia fisica di pochi giorni con quella fetida di mesi? Pensate al vero puzzo di piede sporco, al vero fetore d’ascella non lavata da mesi, tutto rigorosamente D.O.C.

Certificato dalla capitaneria di porto di Mazzara. Si potrebbero

organizzare anche barconi adibiti a trasporto per il pubblico pagante, non mancherebbero i bagarini per le traversate in piena notte e con il mare forza sette che, a differenza dei periodi di bonaccia, assicura uno spettacolo emozionantissimo. Si potrebbero fare scommesse se un dato naufrago attaccato al relitto si

salva o no. Se un barcone che fa acqua con 50 clandestini a bordo r i e s c e a n o n a f f o n d a r e oppure…affonda, naturalmente se il naufrago ridotto allo stremo si fa salvare dalla motovedetta della marina, viene squalificato; se arriva sulla spiaggia da solo vince e se si fa tirare su dai pescatori ha qualche penalità; anche i pescherecci possono affondare, si sa, sarebbe il colpo di scena!

Si potrebbero mettere le telecamere fissate sull’unica bottiglia d’acqua, per vedere come litigano durante una traversata nel mese di agosto per un sorso d’acqua, altro che il detersivo biodegradabile per i capelli!

Naturalmente l’intervista alla madre piangente è di rito, magari

riesce a piangere meglio di quella di un certo Francesco Coco, che di mestiere non si sa cosa faccia, ma di sicuro si sa che non lavora e prende un sacco di soldi per fare il finto naufrago, e la madre piange e ringrazia!

La mamma del naufrago vero piange lacrime vere, non le diranno fino all’arrivo se il figlio è ancora vivo, ma le racconteranno come è stato in balia delle onde, della fame e della sete che lo hanno disidratato; le diranno che non è stato accolto dalla Sig.

Ventura in lustrini e paillette, che non ha avuto interviste sui suoi profondissimi pensieri sulla vita. Le diranno anche che le folle plaudenti per i finti naufraghi scommettevano se sarebbe rimasto vivo o no. Le diranno anche che è stato r i n c h i u s o i n u n c e n t r o d’ACCOGLIENZA e trattato come un cane. Si vedrebbe a quel punto come piange la signora mamma di naufrago vero, senza capelli tinti di rosso e abiti pseudo eleganti, come le mamme dei più famosi nullafacenti.

La RAI faccia presto ad allestire il set televisivo, prima che l’Endemol di Berlusconi le scippi l’idea, potrebbe anche risparmiare qualche euro, i naufraghi veri si accontentano di un paio di bottiglie d’acqua e di un permesso di soggiorno.

Alla prossima puntata.

Carciofo

Una serata Emozionante

(4)

Caratteristica principale dello stato di diritto è la separazione dei poteri fondamentali: legislativo, esecutivo e giudiziario. Ma, mentre tra i primi due è ammessa dalla dottrina contemporanea qualche commistione (vedi decreti-legge dell’Esecutivo equiparati alla legge

ordinaria emanata dal Parlamento), pur sempre nel rispetto d e i v i n c o l i i m p r e s c i n d i b i l i p r e v i s t i dall’ordinamento, è i n d i s p e n s a b i l e l’indipendenza del terzo potere, la Magistratura, così come è inevitabile

che quest’ultima sia sottoposta alla legge, e solo ad essa.

Le tormentate vicende di cui negli ultimi quindici anni sono state protagoniste le Istituzioni del nostro Stato hanno invece più volte fatto temere strappi costituzionali.

L’esperienza di Mani Pulite insegna.

Il calderone scoperchiato dal Pool di Milano a partire dal 1992 ha letteralmente ridisegnato il sistema politico, e anche allora gli attacchi alla Magistratura da parte del potere politico non furono lesinati. Dal 1994 in poi il rapporto di forze tra i poteri si è invertito, al punto che negli ultimi anni abbiamo assistito alla beatificazione mediatico-culturale dei protagonisti negativi di un’epoca che sarebbe da dimenticare. Basti pensare al capovolgimento dei fatti sul caso Craxi: da latitante in fuga, oggi riconosciuto dai più quale esule politico (e già molte vie vengono a lui intitolate).

La passata legislatura ha visto nuovamente ai ferri corti la politica e la Magistratura, fino a temere della t e n u t a d e l n o s t r o s i s t e m a democratico. In quello scenario, una parte politica, il centro-sinistra, ha cavalcato l’onda in difesa del terzo potere, opponendosi, di fatto non efficacemente, forse poco convinta, agli attacchi portati dall’Esecutivo.

Risuona oggi ancora attualissimo il richiamo del procuratore generale di Milano, Francesco Saverio Borrelli, all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2002, in occasione del decennale dell’avvio di Mani Pulite, che suscitò diverse polemiche. Esso è comunque sintomatico del clima di ostilità di questi anni all’interno delle i s t i t u z i o n i :

“ N e s s u n a istituzione, nessun principio, nessuna regola sfugge ai c ond i z i o na m e nt i storici e dunque all'ob solesc enza, nessun cambiamento deve suscitare scandalo, purché sia assistito dalla razionalità e purché il diritto, inteso come categorie del pensiero e dell'azione, non subisca sopraffazione dagli interessi. Ai guasti di un pericoloso sgretolamento della volontà generale, al naufragio della coscienza civica nella perdita del senso del diritto, ultimo, estremo baluardo della questione morale, è dovere della collettività 'resistere, resistere, resistere' come su una irrinunciabile linea del Piave.”

Il dramma della situazione della Giustizia in Italia, come è stato vissuto dai più sensibili al tema, sembrava il fondo oltre il quale non si poteva più raschiare. Eppure la nomina di Clemente Mastella a Ministro della Giustizia dell’attuale governo poteva essere una spia per presagire una continuità, per alcuni impensabile, col precedente governo, anche se mai si sarebbe potuto immaginare che ci si potesse trovare in una condizione più critica rispetto agli anni scorsi.

Il corto circuito tra i poteri è in corso, nel silenzio surreale dei vertici istituzionali, mentre sempre più spesso non si ha il coraggio di riconoscere la verità, e per convenienza o tranquillità si espongono verità di parte, quindi non-verità.

Per comprendere la gravità della crisi istituzionale, anche se quasi nessuno ne parla in questi termini, occorre

esaminare in sintesi di quali inchieste si è occupato e si occupa De Magistris, il quale, è bene ricordarlo, è oggetto di interrogazioni e interpellanze parlamentari dal 2003, sia in sua difesa che in senso opposto.

L’inchiesta Poseidone, del 2005, riguarda truffe milionarie ai danni di Regione, Stato e Unione Europea.

Reati contestati dal PM sono l’associazione a delinquere, la truffa, la corruzione, il riciclaggio e il disastro ambientale. Tra gli indagati un generale della Finanza, consigliere del vicepresidente UE Franco Frattini, il segretario dell’UDC Lorenzo Cesa, l’ex presidente della G i u n t a r e g i o n a l e c a l a b r a Chiaravalloti. Nel marzo del 2007 l’inchiesta è stata sottratta al PM dal Procuratore Capo Lombardi, con la motivazione di non essere stato informato di un avviso di garanzia inviato ad un senatore di Forza Italia e amico dello stesso procuratore. In realtà De Magistris sospetta di una talpa in procura, e questa talpa potrebbe essere lo stesso procuratore capo.

L’inchiesta Toghe lucane, affidata alla Procura di Catanzaro per competenza territoriale, si occupa invece di un presunto comitato di affari che avrebbe lucrato su sanità, finanza e turismo in cui sarebbero implicati imprenditori, magistrati, politici, avvocati e funzionari.

Mastella dovrebbe aver richiesto il trasferimento di urgenza del PM per presunte irregolarità sulla gestione di questa inchiesta, urgenza non ravvisata dal CSM che si è riservato di decidere il 17 dicembre. In realtà c’è un’altra inchiesta pesante sulla quale stava lavorando De Magistris, e nella quale è interessato il Ministro, indirettamente perché coinvolge suoi amici come Bisignani e Saladino, più direttamente quando si scopre che tra gli indagati vengono iscritti lo stesso Ministro e il Presidente del Consiglio.

Continua a pag.5

Caso De Magistris

(5)

PAGE 5 ENERGIA MESSINESE

Anche in Italia sarà commercializzato i l f a m i ge r a t o m e t il f e n id a t o conosciuto con il nome commerciale di ritalin, farmaco Anfetamino-simile somministrato ai bambini per il trattamento della

s i n d r o m e AD H D, c he negli USA ha d e s t a t o n o n poche polemiche per i suoi effetti collaterali a breve e lungo termine.

E’ stata infatti r e s p i n t a l a richiesta inoltrata

al Tar del Lazio dalla associazione

“Giù le mani dai bambini”, che raggruppa esperti del settore quali medici, psichiatri, psicologi, pediatri, di sospendere il provvedimento con il quale il ministero della Salute aveva dato l’ok al decreto dell’8 marzo 2007 che prevede l’immissione sul mercato del ritalin sotto prescrizione medica.

La ADHD ( Attention Deficit Hyperactivity Disorder ovvero

“sindrome da iperattività”) è una situazione in cui i bambini sono iperattivi, deconcentrati e difficili da gestire. Da molti studiosi non è considerata una vera e propria malattia in quanto la diagnosi si

r i f e r i s c e a d u n a s e r i e d i com por ta me nti perfe tta me nte normali per bambini in tenera età;

pertanto questo non giustificherebbe il trattamento di fanciulli anche di 2 o 3 anni con uno psicofarmaco che appartiene alla classe delle anfetamine. Le quali, ricordiamo, sono riconosciute come droghe pericolose anche per gli adulti.

Non è un caso infatti che il ritalin sia stato adoperato per fini non terapeutici quali aumentare le prestazioni sportive e l’attività intellettuale.

Soprattutto non si capisce come il ministero della Salute abbia dato il nullaosta alla vendita del ritalin dopo che negli USA, da quando il farmaco è entrato in commercio, si sono verificati 160 casi di morte da assunzione del farmaco, 2.993 casi di effetti collaterali anche gravi come:

tachicardia, ipertensione, ansia, insonnia, depressione, anoressia, nausea e vomito riconducibili alla somministrazione del farmaco in oggetto, senza contare le decine di migliaia di casi di dipendenza del tutto simili alla dipendenza da anfetamine.

Attualmente negli Stati Uniti sono in corso varie cause intentate contro l’associazione nazionale degli

psichiatri (APA) per collusione con la casa farmaceutica Novartis che produce il farmaco. L’accusa per gli psichiatri è di aver intascato tangenti dalla casa farmaceutica per formulare criteri diagnostici della ADHD improntati a favorire la vendita del ritalin. Il giro d’affari nei soli Stati Uniti si aggira intorno ai 2 miliardi di dollari l’anno.

Uno scenario che potrebbe verificarsi anche in Italia qualora non si ponesse uno stop alla vendita del ritalin,e che ci fa riflettere sul fatto che se dedicassimo un po’ più di tempo ai nostri figli

probabilmente non ci sarebbe bisogno di un p e r i c o l o s o farmaco per renderli più docili.

Senza contare c h e l a prescrizione di

anfetamine potrebbe predisporre i bambini all’abuso di sostanze stupefacenti nell’adolescenza.

M.D.

F O N T I : W i k i p e d i a . o r g P r o n t o c o n s u m e t o r e . i t Biopsychiatry.com

Anfetamine per bambini

Continua da pag. 4

L’iscrizione nel registro degli indagati, è bene ricordarlo, è un atto dovuto a garanzia di questi ultimi. L’inchiesta Why not, dopo le pressioni esercitate mediaticamente dal Ministro della Giustizia, è stata avocata dal PG facente funzioni, Dolcino Favi, il 19 ottobre, con la precisa indicazione di darne comunicazione al PM solo il giorno 22 ottobre.

Mastella si è giustificato dicendo che la legge (il nuovo ordinamento giudiziario da lui voluto) gli impone di chiedere il trasferimento (in realtà lo consente ma non obbliga a farlo, mentre prima dell’entrata in vigore del nuovo ordinamento non era previsto questo potere al Ministro).

Formalmente non è stata violata alcuna norma, ma politicamente e moralmente la vicenda è inquietante.

Il crescendo dei movimenti del Ministro, dalle continue ispezioni fino alla richiesta di trasferimento urgente, soprattutto considerando la sua posizione, è preoccupante. Ferma restando la presunzione di innocenza, che è scontata per chiunque, non si spiega come sia possibile che un cittadino, purché Ministro della Giustizia, possa difendersi dal processo, e non nel processo come tutti gli altri. Tentativi in questo senso ne erano stati fatti dal precedente governo, ma non si era arrivati mai a tanto. Ne va della serietà e validità dell’articolo 3 della Costituzione italiana, che sancisce l’uguaglianza formale e sostanziale dei cittadini, ma

non solo. Di fatto si sottomette la magistratura al potere esecutivo (articolo 101, comma 2 della Costituzione: i giudici sono soggetti soltanto alla legge, articolo 104, comma 1: la Magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere). Si continua inoltre a fomentare il clima di ostilità tra potere politico e magistratura, instillando anche nell’opinione pubblica, sempre più facile preda dei cronisti di regime, l’idea di un potere giudicante “cattivo” e da combattere, come se non fosse essa stessa a lavorare per fare pulizia al suo interno, come l’inchiesta Toghe lucane, una tra le tante di questi anni, dimostra.

Veronica

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Perché demolire il vecchio celeste

Esiste nella nostra città un comitato denominato “Amici di Franco Scoglio” che ha avanzato formale richiesta per l’intitolazione dello Stadio San Fi l i ppo al l ’i ndi me nt i c abi l e Professore. L’iniziativa è lodevole per molteplici ragioni.

L’attuale denominazione dello stadio è sicuramente poco originale, sia perché di stadi in Italia intitolati a santi ne esistono a bizzeffe (San Paolo a Napoli, San Nicola a Bari, Sant’Elia a Cagliari ecc.) sia perché il santo in questione, non me ne voglia lo stesso, ha avuto l’unico merito di dare il nome alla zona dove lo stadio è sorto, ma di certo non si lega in maniera particolare alla storia della nostra città. Ma la ragione principale per la quale apprezzo l’iniziativa del comitato sta nel fatto che, se dovessimo pensare ad una figura del mondo del calcio che più di altri ha saputo accendere la passione e l’entusiasmo della nostra città, ebbene il nome che ogni tifoso messinese pronuncerebbe è appunto proprio quello del grande Professore Franco Scoglio.

Personaggio senz’altro ricco di contraddizioni ma vulcanico, verace e passionale che al profilo del professionista affiancava quello, amatissimo, del tifoso giallorosso doc.

Intitolare lo stadio a Franco Scoglio costituirebbe, a mio modesto avviso, anche un omaggio a quel calcio che purtroppo oggi in tanti rimpiangiamo, ovvero un calcio di “palle inattive”, ritiri e pressing, ma anche di stadi festosamente stracolmi senza l’ombra incombente delle pay tv ed il desolante “spezzatino”

di anticipi e posticipi dei posticipi…

Non mi voglio qui dilungare sul ricordo della figura del

Professore, sul quale tanto si è detto e scritto , quanto sottolineare un paradosso tutto messinese che alla vicenda dell’intitolazione dello stadio a Franco Scoglio è strettamente connesso. Mi riferisco in particolare al futuro dello stadio Giovanni Celeste, che proprio d e l l e

i m p r e s e d e l l ’ a l l o r a A C R d i Scoglio e M a s s i m i n o f u i l palcoscenico principale. E’

noto infatti che esiste un progetto del gruppo

Franza per la trasformazione dello stadio in una struttura multifunzionale a più piani d o t a t a d i u n c e n t r o commerciale, sale fitness, campi di calcetto in sintetico, parcheggi sotterranei ecc. A sentire gli attuali dirigenti della società calcistica messinese la realizzazione e la gestione di questa struttura e di un’altra analoga nell’area di pertinenza del San Filippo costituirebbero condizioni indispensabili per poter garantire il calcio da serie A nella nostra città. Non voglio di certo qui fare i conti in tasca alla famiglia Franza, ma mi viene davvero difficile credere che la politica di basso profilo tenuta nei confronti dell’FC Messina nel corso delle ultime stagioni, con i risultati sportivi deludenti che tutti conosciamo, possa essere direttamente i mput abi l e al l a mancat a r e a l i z z a z i o n e d i q u e s t e strutture. Mi spiace piuttosto constatare come nessuna voce cittadina si sia levata a difesa dello storico impianto di via Oreto. A Torino esiste un vasto movimento che ha sin qui impedito la demolizione del vecchio stadio Filadelfia che incarna la memoria delle gesta del mitico Toro. Nessuno vuole

fare del Celeste un museo, lasciandolo magari morire nell’incuria e nell’abbandono, ma al contrario andrebbe reso f u n z i o n a l e c o n c e d e n d o n e l’utilizzo alle squadre minori, ospitando concerti di grosso richiamo, ferma restando la possibilità per la squadra maggiore di e f f e t t u a r e

g l i

allenamenti durante la s e t t i m a n a . Si offrirebbe co sì u n servizio alla cittadinanza stante la c r o n i c a carenza di impianti sportivi e si eviterebbe così di far scomparire un altro pezzo di storia messinese. Va ricordato infatti che l’impianto, originariamente denominato Gazzi e nel ‘48 intitolato a Giovanni Celeste capitano giallorosso deceduto durante il secondo conflitto mondiale, risale al lontano 1932. Ma sull’ingresso di via Bonino campeggia ancora la scritta

“ N u o v o S t a d i o G i o v a n n i Celeste” a testimonianza dell’ultima ricostruzione dell’83, relativamente recente quindi, quando venne smantellata la vecchia struttura in tavoloni e tubi Innocenti.

Come ogni tifoso messinese serbo decine di ricordi legati a quello stadio ed i ricordi costituiscono nell’immaginario c o l l e t t i v o i l s e n s o d i appartenenza ad una città.

Cancellarli, per realizzare un moderno centro commerciale, s i g n i f i c h e r e b b e p r o d u r r e l’ennesima offesa alla nostra i d e n t i t à . C h i s s à c o m e reagirebbe il nostro amato Professore?

Dino Alessi Rubrica: Visto dalla curva.

(7)

PAGE 7 ENERGIA MESSINESE

Alzi la mano chi nella sua vita non si è mai ritrovato a fissare per interminabili secondi la famosa immagine del Che. Quella foto rubata è capace di incantare chiunque. Dal militante del movimento no-global che il faccione del Che lo sventola assieme alla bandiera della pace, al fascista che non riesce a trattenersi dall’inveire contro quello che dovrebbe essere solo uno dei tanti nemici comunisti.

Lo sguardo intenso mostra una sicurezza di carattere in un uomo che sembra ben conoscere il fatto suo. Ma è tutta la vita del Guevara ad affascinare. Medico dei bisognosi, esploratore, fotografo, scrittore, ministro e, soprattutto, ribelle rivoluzionario. Un uomo che ha fatto della coerenza la sua arma più micidiale. Così è nato il suo mito.

Ciò nonostante tantissimi giovani si sono spesso scagliati contro di lui, per partito preso ed esclusivamente per ignoranza, la loro e quella di chi, alla stessa maniera, esaltava il guerrigliero a r g e n t i n o s o l o p e r contrapposizione politica. Ma, come insegna Nietzsche, la gioventù è il tempo delle grandi venerazioni e delle grandi iracondie. L’unica cosa da augurarsi è che non si arrivi, una volta “razionalizzato” il proprio sentire, a dubitare perfino della propria giovinezza, per semplice convenienza. Terribile svegliarsi u n a m a t t i n a e s co p r i r s i democristiani o, peggio ancora, camerieri della Casta. Eppure gli insegnamenti del Che vengono traditi ogni giorno sempre di più e proprio da coloro che si dicono

suoi ammiratori.

Fu l’imprenditore Giangiacomo Feltrinelli, in ottimi rapporti con Cuba, a commercializzare la famosa istantanea, regalatagli dall’autore, il fotografo Alberto Korda, e lo

fece proprio al l ’ i n d o m an i della morte del rivoluzionario a r g e n t i n o . Così, lui che non voleva mai apparire (non amava infatti essere fotografato) è oggi su tutto ciò che si può vendere: dalle magliette agli

accendini tascabili. La sua immagine è stata sfruttata come peggio non si poteva ed è diventata uno dei tanti simboli del consumismo, che Ernesto ha sempre disprezzato e combattuto.

E se ieri lo stesso Alberto Korda intentava causa contro chi osava sfruttare l’immagine del Che per pubblicizzare una marca di vodka e , v i n t a l a , d e s t i n a v a i l risarcimento ottenuto all’acquisto di medicinali per i bambini cubani; oggi, invece, non c’è più nessuno che cerca di impedire lo scempio; così la foto del guerrigliero amico di Castro la ritroviamo perfino sulle mutande delle modelle.

Ma il tradimento più brutto è quello posto in essere da coloro che continuamente politicizzano l’immagine del Che, usandola per scopi di partito. Lui, ai giorni n o s t r i , c e r t a m e n t e n o n

manifesterebbe in piazza con i finti pacifisti antimperialisti che con Prodi al governo hanno placato le loro proteste e sono scomparsi dalle strade, mentre in Afghanistan e in Irak si continua a morire a un ritmo sempre più incessante. Da combattente e guerrigliero il

C h e

s p u t e r e b b e sulle bandiere della pace e senza esitare nemmeno un i s t a n t e andrebbe a lottare sul campo di battaglia per la libertà dei popoli oppressi dall’imperialismo nordamericano. Già lo fece quando, nominato ministro a Cuba, nel breve giro di qualche anno dismise i panni del politico per tornare a fare ciò che meglio gli riusciva: la rivoluzione. Fu così che trovò la morte, anche allora tradito, addirittura in quel caso dai suoi stessi compagni d’armi.

Non è mai esistito un Che Guevara reazionario, come alcuni vorrebber o far ci cr eder e.

“Trasporre i valori della guerriglia nella vita di tutti i giorni”, è questo il suo insegnamento.

Vincenzo -

gentedimessina@libero.it

Ernesto Guevara - Dal Mito al marchio

(8)

Scritto nel 1948, uno dei libri più famosi del secolo scorso, è la visione negativa e cupa di un futuro visto 36 anni prima.

L’inglese George Orwell disegna quella che viene chiamata una

“distopia”, un’utopia negativa, un mondo sognato, pensato nel modo più nero e pessimista possibile.

All’indomani della Seconda Guerra Mondiale, dopo la follia fascista e quella nazista, dopo gli stermini, gli o r r o r i d e l l a p r o p a g a n d a n a z i o n a l i s t a , l a p a u r a d e l comunismo dilagante, del potere d e i n a s c e n t i m e z z i d i comunicazione (e controllo) di massa, Orwell prende le paure del suo tempo e le erige a sistema.

Oceania, Eurasia ed Estasia, le tre superpotenze che si dividono il mondo, combattono perennemente tra loro, non per ideali o volontà di conquista, ma solo per l’esigenza strategica di tenere i cittadini- sudditi sotto uno stato di terrore e legge marziale permanente. Un Grande Fratello, capo del Partito Unico, sorveglia tutti tramite telecamere poste in ogni casa e in ogni angolo e irradia una propaganda da ogni schermo televisivo, da manifesti affissi su tutti i muri, blandendo le menti, o b n u b i l a n d o l e c o s c i e n z e , azzerando il libero arbitrio e addormentando la volontà e la c o n s a p e v o l e z z a i n d i v i d u a l e .

S o r r e t t o d a u n p a r t i t o organizzato come una setta, supportato da polizie asservite e fanatiche, a capo di tutti i mezzi di informazione e di dipartimenti interi che cancellano e riscrivono continuamente archivi e libri di storia, in grado di sfornare slogan folli e geniali come “la guerra è pace”, “la libertà è schiavitù”, il Grande Fratello è il vertice di una società, di una politica e di una civiltà umana immaginate da Orwell come le peggiori possibili.

Dapprima dubbioso del sistema, poi ribelle (in un gruppo creato appositamente dal Grande Fratello per monitorare e stanare i suoi oppositori), catturato e sottoposto alle doverose torture e ad un terribile ricondizionamento, il protagonista dopo lunga prigionia viene infine condotto nella terribile “Stanza 101”, dove termina il procedimento che lo rende un perfetto cittadino- zombie, dona del tutto la sua anima allo Stato e si consegna felice al boia, convinto della propria consapevolezza.

Cosa ci dice oggi un testo come 1984, scritto sessant’anni fa, in un altro secolo, in un altro mondo? Ci può ancora parlare? Ci può insegnare qualcosa?

Concentrato di tutte le paure del secolo scorso, esso ci può in

p a r t e f a r e riflett ere ma r i s u l t a a b b a s t a n z a s u p e r a t o . I l Grande Fratello è s o l o u n a t r a s m i s s i o n e televisiva di serie b, le nazioni sono

ancora duecento, di cui alcune d e c i n e d a v v e r o s o v r a n e , indipendenti e liberamente in grado di autodeterminarsi, i partiti unici non esistono quasi più, i media sono asserviti ancora a tanti padroni diversi e le nostre coscienze ce ne obnubiliamo da soli.

Oggi i nostri problemi sono altri.

Abbiamo in cantiere diverse decine di conflitti armati, una grande gu erra s t rat egica m on dia le mascherata da scontro di civiltà, una catastrofe ambientale globale irreversibile in atto e un superclan di potentissimi multimiliardari a capo di nazioni e multinazionali che decidono i destini del pianeta.

Ce n’è abbastanza per scrivere un altro romanzo.

Chiamiamolo 2043, ambientiamolo a 36 anni da oggi e vediamo come viene.

M.L

1984

La band capitanata da Kelly Jones ritorna, a poco più di due anni d a l l ’ i n c o m p r e s o Language.Sex.Violence.Other?, con un nuovo album intitolato Pull the Pin.

Il disco si apre con la “grungiana”

Soldiers Make Good Targets, che ci riporta ai Nirvana di un tempo.

Son pezzi come Drowning, Ladyluck e My Friends che trasmettono quelle sonorità rock a cui gli Stereophonics ci hanno abituato.

Se da un lato troviamo ballate adrenaliniche, dall’altro scoviamo brani come Stone, It Means Nothing (singolo che ha anticipato l’uscita

dell’album) e la bellissima Daisy Lane, canzone che ci mostra Kelly Jones in una forma strepitosa.

Accanto a Jones troviamo Richard Jones al basso, secondo componente fondamentale degli Stereophonics, alla batteria Javier Weyler, divenuta ormai da qualche anno presenza fissa a l l ’ i n t e r n o d e l g r u p p o d o p o l’allontanamento, nel 2003, dello storico Stuart Cable.

Entrato ai primi posti della classifica inglese, Pull the Pin si prepara a sfondare anche da noi.

La band si appresta a iniziare il tour inglese, per poi raggiungere il resto

d’Europa.

Con la speranza di vederli al più presto dal vivo in I t a l i a , b u o n ascolto.

Tracklist:

Soldiers Make

Good Targets, Pass The Buck, It Means Nothing, Bank Holiday Monday, Daisy Lane, Stone, My Friends, I Could Lose Ya, Bright Red Star, Ladyluck, Crush, Drowning, Da ascoltare:

It Means Nothing, Daisy Lane

Stereophonics - Pull the Pin

a cura di fabrizio

(9)

PAGE 9 ENERGIA MESSINESE

Vivere davvero

In un mondo dove anche i videogiochi sono in 3D, stiamo perdendo due dimensioni: la profondità e la prospettiva.

Nulla a che vedere con l'arte o il disegno.

E ' u n a q u e s t i o n e m o l t o p i ù p r a g m a t i c a , v ic in a a l la realtà di tutti i gior ni ( per i n t e n d e r c i quella c he vorrebbe a tutti i costi trattare B a l l a r ò

parlandoci di bollette, stipendi e tasse).

Profondo non è solo un pozzo, o un respiro, o un pensiero difficile da capire.

P r o f o n d o è a n c h e u n ragionamento meditato, serio;

un sentimento sincero.

E' il contrario di superficiale.

E superficiale, routinizzata, è la vita di oggi.

Siamo pieni di impegni, facciamo mille cose, utili o inutili che siano, poco importa.

Ci preoccupiamo di nutrire un curriculum da presentare al Padreterno facendo caso alla quantità piuttosto che alla qualità delle cose che facciamo.

In mano abbiamo un pugno di s a b b i a c h e s c i v o l a v i a inesorabilmente: la vita.

E intanto i ritmi si fanno sempre più frenetici.

Ci affanniamo così tanto! Ma dietro cosa?

E’ come se ci riempissimo la pancia di aria e sperassimo così di saziarci.

Se siamo slegati da ogni tipo di

rapporto profondo, perdiamo la g i u s t a p r o s p e t t i v a p e r inquadrare quello che ci accade intorno in ordine di importanza.

E così sempre più ragazzi uccidono le loro ex. Sempre più omicidi avvengono per futili motivi, che vanno dalla lite per il parcheggio al fastidio per un b i m b o c h e piange. E la vita di un uomo perde sempre più di valore.

Non voglio dire che “si stava meglio quando s i s t a v a peggio”, né che b i s o g n a semplicemente “tornare indietro ai vecchi tempi” (cosa fra l’altro impossibile).

Però forse fermarsi un attimo a riflettere su questi tanto agognati tempi moderni sarebbe utile, e le c l as s ic h e dom a n de “ C h i siamo?”, “Da dove veniamo?” e

“Dove stiamo andando“ non sem brerebbero più tanto sciocche.

E’ allora possibile rallentare il passo, voltarsi indietro, e proseguire con maggiore coscienza?

Una questione indubbiamente importante se si vuole affrontare il problema è quella che riguarda le nuove tecnologie: quante ore p a s s i a m o a l i e n a n d o c i ? V i de o g ioc h i, i nt er ne t , la t e l e v i s i o n e a l l o n t a n a n o soprattutto i giovani dalla realtà.

Non riusciamo più a comunicare serenamente, eppure i mezzi non c i m anc ano. E la d i m o s t r a z i o n e s t a n e g l i i n n u m e r e v o l i c a s i d i emarginazione: quanti ragazzi in età adolescenziale si suicidano perché sono soli, incompresi, i n c a p a c i l o r o s t e s s i d i comunicare il disagio che

provano? Infatti si sente sempre dire “era un bravo ragazzo, normale, che non aveva mai mostrato segni di inquietudine”.

Pia illusione di chi non vuole ammettere il proprio fallimento?

Oppure c’è qualcosa, riferibile allo status quo, alla base di tutto?

Prendiamo il dibattito (ancora aperto) su internet e sugli incontri che si fanno in rete: è possibile che nasca un rapporto profondo sulla base di chat, scambi di e-mail e di identità nascoste dietro un nickname?

C’è parità fra un’amicizia reale e una virtuale? E se ci abituiamo ad avere più amicizie di quest’ultimo tipo che ricaduta ci può essere sul nostro modo di relazionarci?

Non pretendo di dare risposte che solo il tempo potrà dare.

Chissà, magari un giorno arriveremo ad elogiare internet perché abbatte la solitudine di chi è timido. Oppure torneremo al vecchio e caro cortile dove i bambini passavano i loro pomeriggi ai tempi di mio padre.

Quello che mi sento di proporre è moderazione. In tutto.

Nell’uso delle nuove tecnologie come nel campo delle amicizie.

Non è detto che bisogna avere solo amicizie profonde, né però che l’unica amicizia possibile d e b b a e s s e r e q u e l l a superficiale, che ci permette di divertirci e stare in compagnia ma nulla di più. Serve un giusto mezzo. Non dobbiamo eliminare videogiochi e internet dalle nostre case, ma nemmeno sovrautilizzarli.

In poche parole, dobbiamo semplicemente recuperare quell’equilibrio fra noi, gli altri e i mezzi che la tecnologia ci mette a disposizione per goderci la vita meglio che possiamo.

Rubrica: Lo spazio di Ilaria

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Fiumi di parole continuano ad essere spese di fronte all’ondata eccezionale di incendi che questa estate ha investito la nostra città.

Due dati emergono in tutta la loro evidenza dal dibattito sviluppatosi in questi mesi.

In primo luogo è palese l’inadeguatezza del nostro sistema di lotta attiva contro gli incendi in termini di risorse sia umane che finanziarie.

D’altra parte da più fronti viene proposta una radicale modifica del sistema normativo oggi in vigore in materia di repressione del reato di incendio boschivo, sottolineando in particolare l ’ e s i g e n z a d i u n f o r t e inasprimento delle pene.

A tal proposito giova tuttavia ricordare come il nostro sistema legislativo sia dotato di uno strumento, la legge quadro 21 novembre 2000 n. 353, che in materia risulta essere una delle più avanzate in Europa.

Il problema sta evidentemente a monte ovvero nella scarsa, se non del tutto mancata, applicazione delle norme oggi vigenti.

Va infatti precisato che la legge in questione ha introdotto all’art. 11 una nuova fattispecie delittuosa, il reato di “incendio boschivo”, tradottasi nella previsione di uno specifico articolo, il 423 bis del codice penale, che disciplina due distinte fattispecie, quella dolosa e quella colposa, con pene che, relativamente alla prima ipotesi, prevedono la reclusione da un minimo di quattro ad un massimo di dieci anni. Ed inoltre il delitto a norma dell’articolo 380 del codice

di procedura penale rientra tra quelli per i quali è ammesso l’arresto in flagranza anche nel caso di semplice tentativo di reato.

Un insieme di divieti, prescrizioni e s a n z i o n i d i c a r a t t e r e amministrativo è inoltre previsto dall’articolo 10 della stessa legge che prevede una serie articolata di vincoli da imporre sui terreni attraversati da incendi. In particolare va ricordato il divieto di mutamento di destinazione d’uso per almeno quindici anni sui terreni percorsi dal fuoco così come il divieto di porre in essere, sulle medesime superfici, attività edilizia, venatoria e di pascolo.

A rafforzare ulteriormente tale sistema di divieti il secondo comma dell’articolo 10 prevede l’obbligo per i comuni di censire le aree percorse dal fuoco nell’ultimo quinquennio e di aggiornare annualmente il catasto.

Va infine segnalato come proprio al fine di scoraggiare precisi intenti speculativi, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con apposita circolare, la n. 2699 del 7/12/05, abbia sancito la non condonabilità degli immobili realizzati su superfici percorse dal fuoco nell’ultimo decennio.

Sembra pertanto difficilmente sostenibile la tesi secondo la quale alla base del dilagare del fenomeno vi sia l’inadeguatezza del nostro sistema normativo.

E’ evidente come al contrario uno dei principi ispiratori della legge quadro del 2000 sia stato quello di rimuovere alla radice ogni possibilità di realizzare profitti

attraverso la distruzione di superfici boschive.

A tal fine uno strumento p r o p ed eu t i co d i as s o l u t a importanza nell’attività di prevenzione e di lotta agli incendi è costituito dal catasto comunale delle aree attraversate dal fuoco.

In questo quadro laddove utilizzato, vedi gli esempi delle Marche e della Toscana, lo strumento del catasto si è rivelato d e t er m i n a n t e n e l r i d u r r e sensibilmente il numero degli incendi.

In Sicilia, come in gran parte delle regioni meridionali, nessun c o m u n e h a p r o v v e d u t o all’istituzione del catasto ed infatti tanto gli incendi quanto l’abusivismo edilizio devastano parimenti il nostro territorio.

In questo contesto il caso di Messina è particolare. Proprio a causa della sua posizione a stretto contatto con i monti Peloritani il territorio comunale presenta un’interfaccia urbano rurale particolarmente vasta con ampie z o n e c o l l i n a r i l a c u i composizione, per quanto attiene l o s t a t u s g i u r i d i c o , è estremamente variegata: fondi privati in larghissima misura in stato di perenne abbandono, demanio forestale, demanio comunale ed un insieme disordinato e disomogeneo di insediamenti abitativi che hanno aggredito negli anni le colline e che sono stati realizzati grazie anche alla concessione di generose sanatorie.

Incendi: quale prevenzione

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PAGE 11 ENERGIA MESSINESE

Al di là di ogni valutazione emerge con evidenza come negli anni lo sviluppo economico della città sia stato disegnato ignorando di fatto il proprio hinterland rurale, in termini tanto di opportunità economica quanto di vantaggio ambientale.

E’ chiaro che sul progressivo ed inesorabile abbandono delle zone rurali che circondano la nostra città abbiano inciso fattori a s c r i v i b i l i a r e a l t à m a c r o e c o n o m i c h e c h e trascendono la dimensione comunale, ma è altresì facilmente riscontrabile come gli enti locali non siano stati sin qui i propulsori di una politica atta a favorire la redditività della cintura verde presente intorno a Messina.

E’ al contrario riscontrabile una s e m p r e p i ù m a r c a t a contrapposizione città-campagna che ha origine negli anni ’60 e che ha visto la seconda, la campagna, esclusivamente in funzione di mero spazio fisico sul quale si è realizzato uno spropositato, quanto incessante, allargamento dei confini della prima, la città.

Il fenomeno degli incendi, ormai quasi fisiologico vista la sua costanza e ricorrenza, è evidentemente imputabile, in primo luogo, allo stato di abbandono, pressoché totale in cui versano le nostre campagne.

Cosa fare a questo punto?

E’ chiaro che di fronte ad un problema così complesso, vista

a n c h e l a c o m p o s i z i o n e estremamente variegata del nostro territorio, non è ipotizzabile il ricorso a soluzioni univoche.

In questo senso l’utilizzo, da taluni propugnato, di metodi sperimentati con successo sì, ma in un contesto quale quello del Parco dell’Aspromonte che nulla ha a che vedere con il territorio della nostra città, va nella direzione della costruzione di modelli di rilevanza meramente teorica.

La circostanza in particolare che gli incendi abbiano interessato in percentuale irrilevante le aree demaniali forestali, ed al contrario in larghissima misura i fondi privati e le aree demaniali comunali, induce a ritenere come sia auspicabile una politica comunale che vada sempre più verso una gestione delegata delle aree verdi.

In questo quadro la cessione al Corpo forestale regionale di quelle aree di particolare pregio naturale, ancora miracolosamente indenni dagli incendi (vedi la pineta di Camaro), può costituire u n a s o l u z i o n e t a n t o d i s a l v a g u a r d i a q u a n t o , i n prospettiva, di rivalutazione del nostro territorio.

Coerente con questo indirizzo è la possibilità di cessione in comodato di aree verdi ad associazioni ambientaliste da parte del Comune attraverso apposite convenzioni, così come forme di orticoltura sociale ovvero l’opportunità per famiglie dal livello di reddito modesto di utilizzare, sotto forma di orti, aree di proprietà comunale.

Dino Alessi

Il numero da chiamare in caso di incendi é il 1515

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Mail di riferimento:

info@energiamessinese.it Referente Massimo:

Sciopi@hotmail.com

L’associazione rientra nella struttura nazionale dei meetup di Beppe Grillo, rete di incontro e scambio informazioni.

Il sito dell’associazione é:

www.energiamessinese.it Il sito del meetup di Messina:

www.grillidellostretto.tk

W W W . E N E RG I A M E S S I N E S E . I T

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