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Acquisire e inventare: in viaggio nella magia della mente

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Academic year: 2022

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Riccardo Onnis

Acquisire e inventare: in viaggio nella magia della mente

Il per-corso su come imparare ad imparare e imparare a creare

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© 2021 Wydawnictwo Società Dante Alighieri Tutti i diritti riservati

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta, conservata in qualsiasi sistema di recupero o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo (elettronico, meccani- co, mediante riproduzione fotografica, registrazione o in altro modo) senza il permes- so dell’autore.

Per qualsiasi richiesta di utilizzo del materiale di questa pubblicazione, scrivere una e-mail.

Titolo originale: Acquisire e inventare, in viaggio nella magia della mente Autore: Riccardo Onnis

Illustrazioni: Riccardo Onnis Versione audio: Alessandro Curti Prima edizione: Maggio 2021

Casa editrice: Società Dante Alighieri – Wrocław E-mail: [email protected]

ISBN: 978-83-945213-8-7

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Quale disciplina vorresti imparare? Ti interessa creare un corso da offrire alla comu- nità? Mettiti comodo, ma sii sveglio, attivo e preparati per andare..

…In viaggio nella magia della mente…

È un per-corso, da stampare e usare come un quaderno, che ti faciliterà a utilizzare il tuo strumento più sofisticato, a migliorare il tuo metodo di studio ed eventualmente a sviluppare il tuo corso personalizzato. Essendo costruito seguendo i principi del me- todo antico e dell’approccio induttivo più recente, il lettore/partecipante è chiamato a svolgere dei compiti per essere attivo e protagonista, affinché possa vivere un’avventura con tutto se stesso e impari a memorizzare in pianta stabile ciò che gli serve.

Immaginando di trovarci in un castello abitato da personaggi che svolgono ognuno un proprio ruolo, ci immergeremo nella magia dell’antica arte della memoria che ci aiuterà a scoprire e a usare una parte nascosta di noi, la creatività. Per partecipare de- vi vestire i panni del tuo bambino interiore, imparare è come mettersi in gioco, aprirsi e disporsi ad essere spensieratamente conoscitori di se stessi.

Quali sono i tuoi talenti? Come lavorarci? L’importanza di metterli in pratica corri- sponde alla vita stessa e per farlo bisogna accedere alla propria personale visione in- teriore. Le fasi naturali vanno seguite per giungere, attraverso la collaborazione emi- sferica, ad un’idea originale che trova concretezza nella sua forma materiale:

l’obiettivo di questo corso è il tuo obiettivo. Quindi, armato di cartellone, fogli, mati- te, colori, forbici, colla e un bel sorriso, puoi anche solo ascoltare il racconto letto da Alessandro Curti, ma fai attenzione al testo, ci sono tante attività da svolgere per in- tegrare le informazioni.

Contemporaneamente potrai ricomporre il puzzle del libro nella sua versione ottica e aggiungere le figurine a colori negli spazi. Sarà disponibile prossimamente anche la versione a colori, ma per il momento dovrai pensarci tu a colorare il Castello della mente (puoi stampare a colori solo le figurine dei personaggi. Le immagini presenti lungo il testo appartengono al primo disegno “di brutta”)

Corso online e laboratorio dal vivo. Se desideri il mio supporto per costruire il tuo corso, o più semplicemente vuoi “imparare a imparare” meglio sotto la mia supervi- sione, puoi anche iscriverti al mio laboratorio. Attraverso il confronto, gli spunti e la collaborazione avrai modo di concretizzare meglio la tua opera, imparando a inven- tare. Si tratta di esprimere i propri talenti e la propria creatività per offrire un servizio che porti benessere agli altri attraverso una rete virtuale, e che questo diventi il nostro lavoro! Attraverso un approccio olistico che consentirà di mettere in funzione i diver- si aspetti che ci caratterizzano, ti aiuterò a trovare te stess@ e a unire il piacere all’utilità.

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Car@ partecipante,

la metà di questo per-corso è gratuita, valuterai dopo se varrà la pena continuare, puoi comunque iniziarlo. Se poi apprezzerai il mio lavoro, frutto di studio e pratica, e vorrai riconoscermi un compenso (12 euro il testo completo + puzzle della sua ver- sione ottica, 16 euro con tutti gli audio), ti invierò il materiale completo.

Il corso è inserito nel contesto del progetto didattico multiculturale e interdisciplinare Impara con Piacere, in cui mi propongo di contribuire alla divulgazione della cultu- ra attraverso l’autoconsapevolezza e la fiducia in se stessi. Per l’acquisto del libro in- tero e degli audio o se vuoi fare una donazione per sostenere le mie iniziative, te ne sono grato.

Per le novità, i materiali e i corsi dal vivo e online mi trovi nei seguenti canali:

Sito internet:

Canale youtube: Impara con piacere

Gruppo FB: Impara con piacere, in viaggio nella magia della mente

L’autore..

Riccardo Onnis, laureato in Lettere Moderne, è insegnante dal 2010. Al momento lavora presso il Dipartimento di Romanistica dell’Università di Breslavia, con cui collabora da diverso tempo.

I suoi corsi di lingua cultura italiana per stranieri sono impostati secondo l’approccio comunicativo umanistico affettivo: creatore di percorsi induttivi, dal 2011 presso la Wyzsza Szkoła Filologiczna (Scuola Superiore di Filologia), conduce corsi di formazione per insegnanti LS occupandosi in particolare della creazione di lezioni partendo da materiale autentico.

Autore di video didattici sulle tradizioni della Sardegna, in cui si propone di mostra- re il procedimento nella realizzazione di prodotti tipici, si impegna nel settore della divulgazione culturale.

Inoltre è l’ideatore del programma bilingue online Z ziemi Wloskiej do Polskiej, per la cui realizzazione, tramite i fondi ricevuti dal Comune di Breslavia, ha riunito diverse personalità di alto profilo accademico e artistico. Strutturato in puntate multi- disciplinari, attraverso il filo conduttore della cucina tradizionale, mette a confronto la cultura polacca e quella di diverse regioni italiane.

Attualmente collabora con l’Istituto di Studi Classici, Mediterranei e Orientali dell’Università di Breslavia nella realizzazione del progetto glottodidattico Pastille (nell’ambito del programma Erasmus Plus) di cui è autore di diverse unità didattiche e di un capitolo delle Linee Guida Metodologiche, la Premessa Metodologica.

Ha recentemente pubblicato il Quaderno del tandem linguistico disponibile in ita- liano, inglese e sardo (Casa Editrice Società Dante Alighieri - Wroclaw).

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Dedicato a chi sa di non sapere..

La mente intuitiva è un dono sacro e la mente razionale è un fedele servo. Noi abbiamo creato una società che onora il servo e ha dimenticato il dono.

Albert Einstein.

Bisognerebbe passare meno tempo a inseguire i prodotti della mente trascurando co- sì di coltivare la mente stessa che è onnipotente e può realizzare ogni cosa.

Paramhansa Yogananda

Si deve ricorrere a luoghi numerosi, ben illuminati, distribuiti in ordine preciso, a in- tervalli ridotti; e ad immagini che siano efficaci, nettamente definite, caratteristiche, e che abbiano il potere di presentarsi all’anima e di colpirla rapidamente.

M. T. Cicerone

Lo sguardo della mente comincia davvero a esser penetrante quando gli occhi co- minciano a veder meno.

Platone

Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai spar- so. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo. Il padrone gli rispose: servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio dena- ro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. Togliete dun- que il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sa- rà nell'abbondanza; ma ha chi non ha verrà tolto anche quello che ha.

Gesù

Verrà un giorno che l’uomo si sveglierà dall’oblio e finalmente comprenderà chi è veramente e a chi ha ceduto le redini della sua esistenza, a una mente fallace, men- zognera, che lo rende e lo tiene schiavo… l’uomo non ha limiti e quando un giorno se ne renderà conto, sarà libero anche qui in questo mondo.

Giordano Bruno

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INDICE

0. L’inizio dell’avventura: la cornice del quadro……….…p. 7

1. L’antica arte della memoria – Il giardino………..p. 12

Le stanze del castello:

2. La natura dell’essere umano e la predisposizione a imparare ……….p. 24

3. Il dualismo cerebrale e le funzioni degli emisferi……….…….p. 33

4. Le fasi naturali di studio e gli stili di apprendimento……….……p. 46

5. Le intelligenze e l'influenza dei sensi sulla memorizzazione ………….p. 54

6. Comunicare nella realtà, le tecniche di associazione……….…..p. 61

L’uscita dal castello

7. Il sacro totem ……….…….p. 76

Questa copia gratuita arriva all’uscita della seconda stanza, il terzo capitolo. Alla fine troverai la mappa del castello corrispondente al testo presente, la quale sarebbe da stampare, con le figurine da inserire preferibilmente a colori, in cartoncino (p. 45).

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0) L’inizio dell’avventura:

la cornice del quadro.

Attività 1. Ritaglia i pezzi del puzzle e ricomponi la cornice del cartellone.

Audio 1. I gatti, inseguiti dal cane che non rispetta il bastone, si rifugiano in città, ma in seguito l’aquila elegante oltrepassa le nuvole e finalmente giun- giamo al Castello della Mente.

Miei cari compagni di viaggio, ora che finalmente la luna piena ci mostra i primi barlumi di primavera, tutto inizia a chiarirsi e a prendere forma. Perciò, mentre il fuoco vivacemente riscalda l’atmosfera di questa serata di fine in- verno, vi vorrei raccontare una storia che mi capitò molto tempo fa quando ancora esisteva il vecchio mondo. Mettetevi pu- re comodi, ma cercate di prestare attenzione perché parteciperete attivamente alla sua realizzazione, un po’ come se ci trovassimo in uno spazio senza tempo.

Dovete sapere che agli inizi del XXXI° secolo, il mondo non sembrava avere più pos- sibilità di cambiar rotta. Le politiche degli stati dominanti erano indirizzate solo in apparenza alla pace tra gli esseri umani e la rispettosa convivenza con la natura resta- va una mera propaganda pre-elettorale. La tecnologia avanzata dava solamente una parvenza di evoluzione e le guerre, sia fisiche che psicologiche, continuavano senza sosta in una realtà in cui paradossalmente le ingiustizie erano stabilite per legge. Le amicizie, consentite solo a distanza e svuotate dei loro contenuti più significativi, si atrofizzavano nella solitudine delle proprie case “scatola”. Tempi bui in cui il lavoro non serviva a produrre beni reali, ma era utile solo a mascherare un furto di energia, reso possibile per mezzo della schiavitù, la più subdola e per questo generalizzata a tutta la società, la schiavitù della mente.

Il significato delle parole era capovolto rispetto al passato. I termini che nell’antichità indicavano sentimenti su- blimi avevano progressivamente assunto un’accezione negativa.

La situazione si era aggravata fino agli estremi, quando una malattia, inizialmen- te circoscritta ai paesi maggiormente in- dustrializzati, si diffuse su scala globale.

Non se ne parlava nei mass media e non

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si sapeva di preciso da cosa fosse pro- vocata: era chiamata da certi esperti

“the cap”, il tappo, perché causava una sorta di blocco dall’interno e di conse- guenza una certa ottusità e confusione mentale, pur mantenendo nei soggetti affetti un’apparente lucidità. Non dava una morte repentina, ma determinava un precoce invecchiamento degli orga- ni interni. La realtà delle cose sembra- va tragica e irrecuperabile, ma per fortuna esistevano ancora dei luoghi incontaminati in cui si viveva nella purezza originaria.

Da diverso tempo abitavo nel “Bosco fiorito”, un luogo meraviglioso dove ci si pote- va fidare gli uni degli altri e godere delle sue bellezze in piena serenità. Il tempo qui trascorreva bucolicamente, gli abitanti potevano esprimere la propria creatività e in questo modo manifestavano i loro talenti contribuendo al benessere della comunità.

Tutte le forme di vita erano rispettate, avevano pari dignità e diritti.

Il ritmo dell’esistenza era scandito dalla natura, rispettata e onorata perché riconosciuta la vera e unica maestra. Per celebrarla, ogni notte di novilunio e di plenilunio si tene- va una grande festa e tutti andavano vicino ai confini per godere dei fuochi notturni, non essendo per- messi, stando alla legge che vige da quelle parti, all’interno del bosco.

Era tutto molto bello a parte una strana sensazione che si impadroniva di me quando troppo spesso mi avvicinavo al ruscello delimitante il suo territorio, e doveva essere così anche per il mio fedele cane che in quei momenti diventava sempre più suscetti- bile e irritabile. Fino a quando, una sera di fitta nebbia, attirato subdolamente

dall’arroganza di indisponenti e malefici felini, per seguirli mi trascinò oltre il ponte con tale violenza che in un attimo persi il sentiero e la vista dei fuochi.

Non appena mi resi conto che il buio mi avvolgeva, notai che al contempo l’aria diventava sempre più puzzolente, di un odore acre e dolciastro. Inoltre percepivo che la natura del posto cam- biava progressivamente, diventando anch’essa sempre più arida e aspra. For- tunatamente, almeno così pensai, riuscii

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a vedere davanti a me degli edifici e mi ci diressi. Man mano che mi avvicinavo, la città si manifestava in tutti i suoi odori, colori e suoni, ma d’altra parte il caos diven- tava sempre più assordante. Inoltre, ad ostacolare il mio cammino, delle pietre appun- tite avevano sostituito la verde e morbida erba del “Bosco delle meraviglie”, erano così aguzze e taglienti da provocarmi profonde ferite alle gambe. La mia bocca era diventata così secca che avevo bisogno di bere acqua, ma stranamente non avvertivo sete.

Riuscii per un momento a sentire il miagolio di quegli strani gatti, si trovavano in mezzo a un gruppo di gente sbraitante che sostava attorno a un fuoco. Anche il mio cane li sentì e si diresse in quella direzione trascinandomi con maggiore forza nono- stante volessi ritrovare a tutti i costi la strada per tornare indietro. Attorno a me c’era un gran baccano, erano tutti indaffarati alla ricerca di qualcosa, sembrava si divertis- sero, ma era un divertimento diverso da quello che avevo conosciuto al “Bosco fiori- to”. Più mi avvicinavo e li guarda- vo attentamente, più percepivo una vaga tristezza nei loro occhi.

Attività 2. Ritaglia sommaria- mente tutti i personaggi, più pre- cisamente quelli che sono com- parsi fino ad ora e inseriscili ne- gli spazi opportuni. Puoi intuirne il loro significato nascosto?

Tra questi individui si verificavano spesso contrasti che sfociavano a volte in litigi veri e propri forse proprio a causa di quei felini de- formati. Vedendomi disorientato iniziavano ad avvicinarsi perso- naggi in apparenza gioviali e cor- diali: chi mi offriva dei dolci, chi da bere, qualcuno cercava di prendermi sottobraccio raccontandomi tutto e niente.

Nascosto nell’ombra un individuo osservava indispettito, un altro sembrava gridasse contro di me parole che, pur essendo in una lingua straniera, data l’energia violenta che emanavano, capivo bene.

A un certo punto mentre “dormivo”, come imbambolato, incapace di intendere e di volere, mi sentii come sfiorare sulla mano che teneva il mio bastone e da quel mo- mento iniziai a guardarlo sempre più attentamente. Scomparvero tutti in un attimo, come se fossero delle forze estranee presenti al mio interno alle quali davo io il potere di influenzarmi.

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Mi ritornò così alla mente quando al

“Bosco incantato” feci una domanda ad un vecchio saggio, in apparenza stupida. Gli chiesi come mai i fiori fossero colorati:

«La luce che emana dall’incontro tra bianco e nero, consente agli opposti di unirsi e di formare l’essenza che da colore alla vita. Ma è al bianco che devi tendere, l’angelico opposto al nero deviante, il demoniaco. Il ri- cordo del cuore è da preferire alla memoria razionale, che facilmente fa cadere la ve- rità nell’oblio. La bellezza si ritrova nella gioia di vivere ogni momento come unico, fuori dal tempo. Ti dono il bastone della creatività, che ti possa illuminare nel cam- mino. Trova la tua arte, la tua via al bello, studiala e plasmala rendendo vive le im- magini all’interno dei tuoi luoghi interiori. Pratica l’arte dell’immaginazione e condi- vidila, poiché la memoria è nel sentire e nel vedere con partecipazione, a questo ti aggrapperai quando ti troverai dall’altra parte, è la tua connessione al “Bosco fiorito”.

Non offrirmi nulla in cambio, non voglio niente per me, la mia ricompensa sarà un sorriso donato a chi incrocia il tuo sguardo, l’amicizia che saprai provare per te nel perdonarti gli sbagli, nella comprensione della tua unicità».

Ogni volta che guardavo il bastone magico tutto attorno taceva, potevo accorgermi della meraviglia che destava anche negli altri, come se ne fossero rapiti magicamente.

Ma quando iniziavo a dare importanza all’esterno la magia svaniva. Mi accorsi che più lo osservavo, più prendeva vita, tanto da sembrare che potesse fiorire ancora. Ap- pena mi decisi di focalizzarmi unicamente su di esso per tutto il tempo, il silenzio

tornò e con lui la calma. Da poco immerso in un oceano di pace, udii un batter di ali che si avvicinava, alzai lo sguardo e vidi una meravigliosa aquila bianca: aveva l’eleganza di una colomba mischiata alla forza del predatore. Ci guardammo negli occhi per un lungo e intenso momento.

Di colpo si diresse in picchiata verso di me, afferrò il mio bastone e mi portò in al- to nel cielo. Da quella prospettiva, grazie alla luna che risplendeva nella sua pienez- za, riuscivo a distinguere esattamente la realtà sottostante. La vista era mozzafiato, il mio cane non sembrava spaventato dall’altezza, anzi, ci godevamo il panora-

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ma. Dall’alto si riusciva a scorgere la costruzione ovale composta da sei strutture cir- colari disposte attorno ad una centrale verso la quale ci dirigevamo. Si trattava del

“castello vivente”, tutt’attorno risplendeva il bosco fiorito.

L’aquila mi manteneva stretto e mi faceva sentire sicuro, percepivo la virtù della sua magnanimità nel perdere quota dolcemente, fino a quando, arrivati a meno di mezzo metro da terra, mollò la presa e volò via salutandomi con un fischio deciso, auguran-

domi così “buona fortuna” a suo modo. Mi trovavo all’ingresso del castello nel giardino a sud, pieno di energie, con il mio fedele cane che sembrava rigenerato come me. Mi guardai attorno ripensan- do che al bosco fiorito avevo co- nosciuto qualcuno che era stato oltre quelle mura all’apparenza invalicabili. Ma i racconti erano sempre vaghi, come quando ci si addentra nelle pro- fondità di un sogno, la memoria razionale non tiene dietro all’inconscio. Ad un certo punto pensai che forse il mio viaggio fosse come un sogno da interpretare.

Attività 3. Cosa significa il detto latino “mens sana in corpore sano”? è il momen- to di ossigenare il sangue e di stare dritti con la schiena! Dopo aver fatto qual- che esercizio di allungamento o ballato un po’, collega i simboli al significato che pensi rappresentino e inseriscili nel disegno:

a- aquila b-cane c- bastone d-dolci e-individuo indispettito f-individuo che urla g- bottiglia h-tappo i-fiore l-pietre appuntite m-gatti n-fiume o-bosco fiorito p- vecchio saggio

1-bellezza_________ 2- intelligenza__________ 3-mente incontrollata _______

4-peccato di gola ___________ 5-vita ____________ 6-intestino___________

7-invidia__________8- coscienza___________ 9-pace interiore____________

10-costipazione_______________11-rabbia______________ 12-dolore esisten- ziale_______________ 13-propaganda____________ 14- creatività____________

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Improvvisamente e senza un’apparente ragione mi sentii mancare, caddi a terra privo di sensi con un pensiero in mente:

1. L’antica arte della memoria.

Audio 2. Fui risvegliato da una voce autorevole che pronunciava un sentito discorso davanti ad una folla di persone ammutolite per il suo impetuoso carisma. Sembrava si difendesse da precise accuse, il suo tono e il timbro di voce denotavano una grandez- za d’animo fuori dal comune:

«La mia arte di levatrice poi, in tutto il resto è uguale a quella delle ostetriche, ma se ne differenzia in questo, che agisce sugli uomini in generale e non (solo) sulle donne, e assiste le loro anime, quando partoriscono, e non i corpi. E il pregio più grande in questa nostra arte, mettere alla prova, per quanto è possibile in ogni modo, se il pen- siero del giovane partorisce immagini o menzogne o invece un qualcosa di fertile e di vero. Poiché anche questo mi

appartiene, come alle levatrici:

io sono sterile di sapienza, e quello che già molti mi rimpro- verano è il fatto che interrogo gli altri ma io non rispondo su alcuna questione, per il fatto di non avere alcuna sapienza: e mi rimproverano con verità. La causa di tutto ciò è la seguente, che il Dio mi costringe a eserci- tare la maieutica, ma di partori- re me lo impedì. Io dunque, di

per me stesso, non sono un sapiente; e nessuna scoperta, che sia tale, è parto del mio animo. Quelli invece che sono abituati a frequentarmi, anche se alcuni di essi sem- brano in un primo tempo incolti, tutti, con il protrarsi della frequenza con me, quando il Dio lo concede loro, ne traggono un giovamento sorprendente, come sembra a loro stessi e anche agli altri. Ed è manifesto che da me non hanno imparato nulla, ma essi di per se stessi, hanno fatto e creato molte e belle scoperte».

Il giardino era ora una piazza in fermento: sulla sinistra le rovine di un palazzo che sembrava essere crollato qualche attimo prima, tanta era ancora la polvere nell’aria.

Per terra, proprio davanti a me, vidi una tavoletta di pietra con incisa l’iscrizione di una data: 264 a.C. Improvvisamente mi si avvicinò un uomo e me la porse.

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«Caro viaggiatore, rialzati! Benvenuto nell’agorà, lascia che mi presenti: nacqui nell’isola di Ceo nel 556 a.C, mi chiamavano il Melico per la mia abilità nel compor- re versi, ma tu puoi chiamarmi Simonide. Questa è la cronaca di Paro, un’iscrizione risalente al 264 a.C. in cui sono registrate le date delle scoperte più importanti fatte dal genere umano, in cui si attesta anche la mia invenzione: l’arte della memoria. Fui un celebre poeta lirico, famoso anche per essere stato il primo ad essermi fatto pagare per le mie poesie. Devi sapere che sono figlio della cosiddetta età dell’oro, periodo più fiorente della Grecia a cavallo tra il VI e V secolo a.C. In questo momento storico dominava su tutti la figura del maestro Pitagora, l’illuminato. Egli è il padre della filosofia greca, personaggio dai molteplici interessi, che influenzò tutti i campi dello sciibile umano.

Trattato come una sorta di santo, era considerato l’erede di un sapere molto antico e avanzato che affondava le sue radici all’ombra delle misteriose piramidi».

Si zittì per qualche secondo, tanto bastò per farmi intravedere sul suo viso un velo di tristezza. Continuò poi a parlare con un tono più grave: «Ricordo il giorno quando accadde che utilizzai l’arte della memoria, ma aimè non per un piacevole compito. Guarda le macerie del palazzo, è tutto come in quel momento.

Ringrazio i Dioscuri, anche se non riuscii mai a vederli in carne ed ossa, per avermi sottratto quel giorno a morte certa.

Mi rattrista il solo ricordo di quei terrificanti attimi, leggi come andò».

Mi fece girare la tavoletta, dall’altra parte presentava una storia in disordine.

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Attività 1. Riordina il racconto nella giusta sequenza.

a) Qualche anno fa fui invitato ad un banchetto, la mia partecipazione era però vincolata al fatto che avrei dovuto dedicare un componimento poetico al padrone di casa, il nobile tessalo Scopa.

b) venni fatto chiamare fuori da due giovani. Appena uscii però non trovai nessuno ad attendermi, perplesso feci per ritornare all’interno del palazzo, ma mi fermai in tempo. Improvvisamente il tetto della sala in cui aveva luogo il banchetto crollò, il rumore fu assordante.

c) Quello che ti vorrei far notare è quanto, per lo sviluppo di una buona memoria, sia fondamentale affidarsi al senso della vista e avere una disposizione ordinata.

d) Durante la lettura del poema si verificò un battibecco tra me e lo stesso Skopa il quale si lamentava per il fatto che la poesia fosse stata dedicata non solo a lui, ma anche ai Dioscuri.

e) Dopo la discussione, in cui l’aristocratico sosteneva che avrebbe pagato solo la metà del mio compenso, convinto che l’altra metà avrebbero dovuto pagarmela Castore e Polluce,

f) Infatti fui capace di identificare i commensali unicamente grazie al ricordo del posto che occupavano a tavola. I parenti ebbero almeno la seppur magra consolazione di seppellire i rispettivi cari, sapendo che si trattava proprio di loro.

g) Una tragedia! i cadaveri dei convitati erano talmente sfigurati da non essere più riconoscibili, ma fu allora che ideai le regole dell’arte della memoria.

1) ___ 2) ___ 3) ___ 4) ___ 5) ___ 6) ___ 7) ___

Audio 3. Rimasi impressionato dal racconto e dalle circostanze che avevano permesso al Melico di salvarsi. Inoltre avevo già sentito parlare dei Dioscuri: Castore domatore di cavalli, Polluce campione nel pugilato. I mitici figli di Zeus di nome Castore e Polluce, generati da Elena e dal Dio trasformato in cigno, erano inseparabili. Il mito più popolare che li riguarda, durante il quale Castore perse la vita ucciso dagli Afaridi, è il rapimento delle Leucippidi. In quell’occasione Polluce pregò il padre che mandasse la morte anche a lui, ma Zeus gli concesse di rinunciare solo a metà della propria immortalità. È da quel momento che i due vivrebbero insieme alternativamente un giorno nell’Olimpo e l’altro nel regno dei morti consacrandoli divinità benefiche e salvatrici intermediarie tra cielo e terra.

«Prima di svelare le regole della memoria artificiale, vorrei introdurti la materia chiarendo lo sfondo filosofico in cui si sviluppa il concetto in occidente. Platone e Aristotele sono i principali punti di riferimento che seguiremo, qualche secolo dopo

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la mia invenzione trattarono a fondo la materia... a proposito, guarda!

quello è Platone!»

Mi girai e vidi un uomo con una folta barba bianca e ondulata, un vecchio arzillo con sopra la testa delle nuvolette. Appena si rese conto che lo stavamo ad osservare ci si accostò e dopo averci amabilmente sorriso iniziò a parlare:

«Sappiate che le idee sono già presenti nella memoria: come delle preconoscenze possono essere ricordate attraverso l’intuizione, facoltà che risiede nell’anima. Sono pertanto latenti nella memoria e aspettano solo di rivenire alla luce, le cose invece un riflesso, le loro ombre appunto. Secondo la teoria delle idee, che ho esposto nel Fedone, la vera conoscenza consiste nell’adattare le

impronte derivate dalle impressioni sensoriali alle idee, il sigillo da cui derivano. Per questo motivo la vera conoscenza consiste nel dare forma alle cose materiali provenienti dalle impressioni sensorie, riferendosi all’idea perfetta corrispondente che si trova nel mondo soprasensibile, di cui sono copie imperfette. L’obiettivo della retorica non è quello di perseguire, come fanno i

sofisti, i propri fini, ma è l’arte di dire la verità. Alcuni sostengono che per farlo basterebbe ricordarsi di essere l’anima, non identificandosi totalmente con il corpo:

automaticamente il ricordarsi delle idee avverrebbe magicamente in maniera intuitiva. Durante uno dei miei dialoghi Socrate, il mio ineguagliabile maestro, racconta la storia di Thoth (Theuth), un antica divinità di Naucrati, considerato l’inventore della scrittura. Egli offrì al re dell’Egitto Thamus molte invenzioni tra cui i numeri, il calcolo, l’astronomia, la geometria, i dadi ed infine l’alfabeto e la scrittura. Ma avviciniamoci a sentire di cosa discutono proprio ora questi due personaggi».

Al centro della piazza davanti ad un palazzo elegante era in corso un colloquio tra un vecchio seduto su un trono e un altro individuo dall’aria astuta e caparbia il quale teneva in mano una pergamena. Ecco quello che sentii del loro dialogo:

«questa scienza, o re – disse Theuth – renderà gli egiziani più sapienti e arricchirà la loro memoria perché questa scoperta è una medicina per la sapienza e la memoria». E il re rispose: «O ingegnosissimo Theuth, una cosa è la potenza creatrice di arti nuove,

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un’altra è giudicare qual grado di danno e utilità esse posseggano per coloro che le useranno.

E così ora tu, per benevolenza verso l’alfabeto di cui sei inventore hai posto il contrario del suo vero effetto. Perché esso genererà oblio nelle anime di chi lo imparerà: essi cesseranno di esercitarsi nella memoria, perché, fidandosi dello scritto, richiameranno le cose alla mente non più dall’interno di se stessi, ma dal di fuori, attraverso segni estranei: ciò che tu hai trovato non è una ricetta per la memoria, ma per richiamare alla mente. Né tu offri vera sapienza ai tuoi scolari, ma ne dai solo l’apparenza perché essi, grazie a te, potendo avere notizie di molte cose senza insegnamento, si crederanno d’essere dottissimi, mentre per la maggior parte non sapranno nulla; con loro sarà difficile discorrere, imbottiti di opinioni, invece di sapienza».

Detto questo il re rientrò nel palazzo e il suo interlocutore si allontanò con un aria avvilita. Non ero sicuro di aver capito bene il significato di quello strano incontro.

«Hai prestato attenzione al dialogo? È solo così che puoi andare avanti nel viaggio, partecipando attivamente alla costruzione del tuo percorso acquisitivo. I personaggi che incontrerai ti aiuteranno, ma in nessun modo potranno svolgere il tuo lavoro di memorizzazione». Detto questo il filosofo mi porse un’altra pergamena esortandomi a rispondere e ad argomentare le mie scelte.

Attività 2. Vero o falso?

1. Thoth pensa che l’invenzione dell’alfabeto possa apportare grandi vantaggi all’umanità.

2. Il re è d’accordo sulle potenzialità della scoperta e ritiene che possano servire a ricordare.

3. Il re crede che possa generare dimenticanza, ma accetta di divulgarne i contenuti.

4. Thamus ritiene che la vera sapienza sia caratterizzata da opinioni ben costruite.

5. Il rischio è che le persone avranno solo l’impressione di sapere, ma saranno solo istruiti, non saggi.

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Audio 4. «Quindi - intervenni io - se ho compreso bene, la scrittura avrebbe il difetto di dare solo una parvenza di verità, ma in realtà genererebbe futili opinioni. La vera sapienza non consisterebbe in una conoscenza acquisibile al livello razionale e ottenibile con l’aiuto di libri o di informazioni provenienti dall’esterno. La saggezza corrisponde dunque alla gnosi, un sapere che proviene dall’interno: da quanto ho capito sarebbe la vera conoscenza che si può percepire come una vibrazione superiore al livello soprasensibile, sottile diciamo. Ancora non afferro completamente, è attraverso essa che si potrebbe accedere alla memoria dell’anima, quindi alla conoscenza del divino presente in noi?»

«Esattamente» mi rispose il filosofo «sarebbe meglio lasciar perdere le opinioni, generano la confusione della mente che diventa così un impedimento alla contemplazione dei sensi interni». Detto questo si allontanò salutandoci con un sorriso. Riprese la parola Simonide che continuò a illustrarmi questa così antica sapienza.

«Anche Aristotele, filosofo di riferimento della scolastica, nei Topica raccomanda di affidare alla memoria artificiale argomentazioni su questioni che ritornano di frequente, ritenendo che le stesse rendano l’uomo più pronto a ragionare. Nel De memoria et reminiscentia considera l’immaginazione come intermediaria tra percezione e pensiero: l’anima non pensa mai senza un’immagine mentale, pertanto pensare è come ricordare. Le immagini determinano il ricordo attraverso una loro ricostruzione, mentre il pensiero è determinato da una loro selezione deliberata.

Quindi per ricordare si dovrebbero seguire gli stessi principi del pensare, che avvengono in modo naturale. La memoria, appartenendo alla stessa parte dell’anima in cui si trova l’immaginazione, corrisponderebbe alla collezione di immagini mentali, come dei ritratti dipinti il cui stato di durata è descritto come memoria, i quali dipendono dall’età e dal temperamento. Aristotele chiarisce soprattutto i due fondamentali principi di associazione e di ordine: secondo il principio di associazione possiamo ricordare ciò che vogliamo partendo da qualcosa di simile, di contrario o di strettamente connesso: per somiglianza, diversità o contiguità. Il principio di ordine è legato ai movimenti del ricordo i quali seguono la stessa sequenza degli avvenimenti originali, da questo l’importanza di recuperare in ordine i fatti, la necessità di un punto di partenza. L’arte della memoria venne poi perfezionata da Metrodoro di Scepsi, uno degli ultimi rappresentanti dell’Ellenismo e contemporaneo di Cicerone.

Egli fu autore di diversi scritti di retorica, arte di cui la memoria faceva parte e in cui espose la sua dottrina. Esperto di astrologia, Metrodoro basava la propria mnemotecnica sullo zodiaco, a lui dobbiamo l’introduzione degli astri nell’arte.

Quintiliano scrive che il retore greco trovò trecentosessanta luoghi di memoria nei dodici segni «per cui procede il sole». Egli suddivise lo zodiaco in trentasei decani ognuno di dieci gradi, probabilmente attribuendo una figura ad ogni decano. Le ope- re greche sulla memoria sono purtroppo andate perdute, l’unica fonte dell’antichità pervenutaci appartiene alla tradizione latina: si tratta della Rhetorica Ad Herennium, risalente all’86 a. C., in cui si descrivono le cinque parti della retorica. Fino al medioevo la paternità era attribuita a Cicerone, poi si scoprì essere di un anonimo

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maestro, il quale attinse le regole dell’arte da opere greche, presumibilmente dallo stesso Metrodoro di Scepsi».

A quel punto ci recammo nei pressi di una radura dove sostavano delle persone, iniziava a farsi buio, ma notai dei ragazzi che si accingevano ad accendere un fuoco sotto la direzione di quello che sembrava essere il loro maestro, un personaggio insolito per l’alta statura e i suoi folti baffi neri. Man mano che ci avvicinavamo il suo discorso diventava sempre più comprensibile, parlava appunto delle regole di memoria:

«l’arca delle invenzioni e custode di tutte le parti della retorica, la memoria, può essere di due tipi, naturale e artificiale. La prima è innata nella mente ed è direttamente congiunta al pensiero, la seconda può essere invece potenziata e allenata attraverso l’educazione.

Il primo passo per praticare l’arte della memoria artificiale è quello della scelta di un luogo: sarebbe più adatto un edificio spazioso, vario e con ornamenti.

I luoghi non dovrebbero essere simili tra loro, né troppo grandi né troppo piccoli, né troppo illuminati, ma neanche eccessivamente oscuri. Si può utilizzare anche un luogo inventato, sarebbe meglio per esempio un edificio architettonico dalle caratteristiche gotiche dai luoghi irregolari: non è adatta l’architettura classica, poco suggestiva per aiutare la memorizzazione. I luoghi di memoria si possono eventualmente riutilizzare per ricordare cose diverse, semplicemente cancellando il ricordo precedente ed inserendo l’immagine del nuovo ricordo.

In una seconda fase è necessario costruire mentalmente un immagine in atto di fare qualcosa, essa dev’essere di eccezionale bellezza o bruttezza per essere efficace, quindi ornata, sfigurata, impressionante o ridicola. É necessario creare urti emozionali, fatto che facilita la memorizzazione, inoltre ognuno deve formare le proprie personali immagini. Poi bisogna collocarle nei luoghi in modo ordinato affinché si possa ripredere il filo del discorso in ogni momento e partire da qualsiasi punto che si desideri, con la possibilità di procedere in ambedue le direzioni, avanti o a ritroso. La natura stessa insegna il modo di procedere, infatti quando vediamo quacosa che ci tocca in senso positivo o negativo riusciamo a ricordarla senza problemi, mentre le cose normali e consuete scivolano via facilmente dalla memoria». Chiese poi ai suoi studenti se avessero capito:

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«Abbiamo parlato tanto, ma avete compreso almeno i concetti più importanti?

Rispondete alle domande, vi aiuteranno a riassumere e a focalizzare maggiormente l’attenzione»:

Attività 3. Rileggi e rispondi argomentando.

1) Cosa sono le idee per Platone? Come possono essere ricordate?

2) Qual è l’obiettivo della retorica?

3) In cosa consiste la gnosi?

4) Su quali principi, secondo Aristotele, si basa la memoria? A cosa viene paragonata?

5) Per quale motivo è così importante l’Ad Herennium? Chi scrisse quest’opera?

6) Spiega il concetto di maieutica, l’arte della levatrice.

7) Chi è considerato l’inventore dell’arte della memoria? In che periodo visse?

8) Chi è il padre della filosofia greca? Dove si trova la Magna Grecia?

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Audio 5. Presi ancora una volta la parola: «Se ho ben inteso, maestro, l’arte dovrebbe imitare la natura, cercare ciò che la natura richiede e sceglierla a sua guida. Ma la natura appunto, viene prima o dopo la dottrina? Avrei necessità di capire meglio, di un esempio concreto affinché si chiarisca il procedimento mentale...»

Come fosse desideroso che gli venisse posta questa domanda prontamente il maestro rispose: «Nell’invenzione la natura non viene mai per ultima e la dottrina mai per prima; ma al contrario gli inizi delle cose nascono dal talento naturale mentre le conclusioni son raggiunte con la disciplina. In sostanza la memoria può essere paragonabile alla scrittura: i luoghi rappresenterebbero le tavolette cerate, le immagini invece le lettere. La collocazione e la disposizione delle immagini corrispondono alla scrittura. Infine pronunciare un discorso alla lettura. Bisogna però precisare che esitono due tipi di memoria artificiale, la memoria per le cose, i concetti, e la memoria per le parole, memoria verborum, il ricordo di un discorso parola per parola. Nel nostro caso ci occuperemo della memoria rerum lasciando ad altre occasioni quella delle parole».

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Fu allora che il maestro mi diede una tavoletta di cera e, come se mi volesse iniziare a quella pratica, si espresse solennemente:

Attività 4. A) Se anche tu vuoi essere possessore di questa conoscenza prima di tutto colloca i termini nella colonna giusta, ma attenzione agli intrusi! In seguito capirai meglio come metterla in pratica.

Efficaci – normali – definite – indefinite – numerosi – illuminati – in ordine preciso – disordinate – devono saper colpire l’anima – insolite – oscuri – coinvolgenti – spaziosi – vari – irregolari – di medie dimensioni – ridicole – impressionanti –

Caratteristiche dei luoghi Caratteristiche delle immagini

B) È giunto inoltre il momento di scegliere il tuo nome di viaggio, io sono Albero Narrante, potresti anche tu trovare un elemento della natura che ti rappresenti e accostargli un aggettivo adatto alle tue caratteristiche.

Audio 6. «Per imparare bisogna praticare, pertanto ti invito ad applicare la tecnica.

Innanzitutto trova un edificio: potrebbe essere una casa le cui stanze rappresenteranno i capitoli. Per quanto riguarda la nostra storia il giardino era il primo luogo.

Attività 5 . Trovando i simboli che potrebbero raffigurare i concetti da esprimere, po- tresti anche tu dar vita a un sapere che intendi imparare o che conosci e vorresti tra- smettere. Prova a usare la tua creatività per dare forma e azione all’immagine!»

Improvvisamente il rumore di una chiave che girava in una serratura mi ridestò. Ave- vo dormito, ma in un certo senso percepivo la sensazione di aver semplicemente at- traversato una sottile barriera di divisione dimensionale. I personaggi incontrati nel mio dormiveglia erano scomparsi, ma non le strutture architettoniche dove si erano manifestati. Non appena alzai la testa e mi guardai attorno vidi una porta che si stava aprendo. Comparve così un uomo che mi sorrise e mi invitò con un cenno ad entrare.

Il mio cane, rassicurato da quella presenza, mi guardò con fiducia e lentamente ci av- vicinammo.

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Questo gentile signore, in apparenza un maggiordomo, con un viso sorridente ci ac- colse a braccia aperte. Con lui oltrepassammo un suggestivo ingresso alla cui sommi- tà si trovava una scritta:

“il pensiero portato sul cuore diventa ricordo”

La porta era caratterizzata da un bassorilievo in cui era raffigurato un cavaliere nel gesto di infilzare una moneta d’oro al centro di un doppio albero a forma di cuore.

Non appena trascorsero pochi secondi dalla mia estatica ammirazione dell’immagine entrai in un clima di pacifico silenzio tanto che anche la mia mente, fino a quel mo-

mento vittima di un incessante mormorio, si zittì definiti- vamente entrando in contemplazione. Scendemmo attraver- so una scala a chiocciola in una stanza di forma circolare dall’atmosfera calda e avvolgente.

Al centro della sala regnava una grandissima candela acce- sa di un calore vivace. Sulla parete contai sei porte di legno caratterizzate da misteriose immagini in rilievo, ognuna con un’iscrizione sopra. Non appena ci avvicinammo alla candela riaccesi il mio bastone grazie al quale si diffuse in tutto l’ambiente un intenso, ma allo stesso tempo de- licato, odore di incenso.

Il maggiordomo mi diede dei vestiti bianchi puliti e un grande cappello a forma di M, indossandoli notai incu-

riosito che nell’abito erano come incise le vocali, in ordine dal basso U – O – A - E.

Curioso di saperne di più di questo particolare fui sul punto di domandarglielo, ma il mio interlocutore mi precedette iniziando a parlare con vo- ce sicura e lieta:

«tranquillo, la vocale I verrà aggiunta tra poco. Se hai scel- to di entrare hai deciso, con volontà e acceso dal desiderio, di capire come servirti del tuo prezioso tesoro, il meccani- smo di memoria. La casa che lo rappresenta grazie a te prenderà vita e diventerà un tempio. Io ti indicherò il cam- mino, ma sarai tu a doverlo percorrere e a superare le prove che ti si porranno davanti. Togliendoti di dosso i tuoi vec- chi e pesanti vestiti ti libererai dalle tue convinzioni, è ne- cessaria leggerezza per compiere il percorso senza troppo sforzo. Leggi con calma i segreti celati dietro ogni stanza,

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ma con la consapevolezza di quello che ci insegna Cicerone nel De oratore. Sappi che nel mondo latino, in quanto tecnica che permetteva di tenere a mente lunghi di- scorsi accuratamente, la memoria era, dopo l’inventio, la dispositio, l’elocutio e prima dell’actio, una delle parti della retorica. Dopo il racconto della tragica storia che de- termina l’invenzione di questo magico sapere, egli stesso espone le regole a cui si de- ve attenere chi vuole esercitare la memoria artificiale: «si devono scegliere alcuni luoghi, bisogna formarsi delle immagini mentali di cosa si vuol ricordare e collocarle negli ambienti affinché la loro sequenza garantisca l’ordine delle cose».

Ora osserva le iscrizioni sulle porte, rappresentano le situazioni che vivrai visitando le stanze (vedi indice).

«Diversa è la reale conoscenza di sé rispetto a quello che crediamo di essere. Per non immedesimarti nella mente è necessario entrarci come osservatori esterni, capirai che si tratta di uno strumento a tua disposizione utile a dare forma alle idee. Tieni questo fiore e pensa ai temi che sono iscritti su ognuno dei petali. Ora è scolorito, ma ritro- verà la sua vivacità non appena avrai posto la tua attenzione su ogni petalo. Sii sinte- tico nelle risposte. Ti servirà a guardarti dentro e a comprendere, prenditi tutto il tem- po che ti serve e ricordati di respirare con calma e leggerezza. Questa è la tua “I”».

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Attività 5. Parla di te, delle tue esperienze e delle tue intenzioni.

1. Indica le tue passioni, i tuoi studi e le tue esperienze lavorative più significati- ve. Corrispondono?

2. Hai seguito precedentemente dei corsi specifici (di lingua straniera o altro) o hai tratto le tue conoscenze da situa- zioni diverse, per esempio imparando direttamente dalla pratica?

3. Quale metodo era proposto a scuola o nei corsi che hai frequentato? Ricordi le sensazioni legate alla tua esperienza?

4. Per quale motivo hai deciso di studia- re? per piacere, per bisogno o per dove- re?

5. Quanto consideri importante il mante-

nimento di un buon rapporto con l'insegnante e con gli altri partecipanti del corso?

6. Utilizzi qualche particolare strategia che ti aiuti ad imparare? Ti senti portato in qualcosa di particolare?

7. Hai intenzione di dedicare al tuo studio una parte importante delle tue energie e del tuo tempo? Perché?

8. Quale corso vorresti tenere? Perché? In alternativa, quale materia vorresti im- parare?

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Audio 7. Fu così come mi preannunciò il maggiordomo, i petali si vitalizzavano progressivamente mentre li riempivo con le risposte, ognuno prese un colore di- verso creando un effetto arcobaleno lampeggiante. Allo stesso tempo una scintilla penetrò al mio interno proprio all’altezza del cuore, provai un’emozione di felicità mai sperimentata prima. Riuscii a distinguere il rilievo sulla porta davanti a me, sull’insegna era scritto:

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2. L’essere umano e la natura

Mi sentivo rallegrato e riconoscente di poter vivere questa esperienza ac- compagnato dal mio fedele cane e dal saggio maggiordomo di quella miste- riosa casa vivente, il quale, indican- domi l’immagine sulla porta, iniziò a parlare:

«la natura ha dato in dono agli esseri viventi una macchina che nel suo complessivo funzionamento risulta essere perfetta, il corpo. Ogni sua parte svolge un compito specifico ed agisce in sincronia con le altre. Per indirizzarlo al meglio, in modo da raggiungere più facilmente i nostri obiettivi, è necessario imparare a cono- scerlo secondo una prospettiva olistica. Il termine olismo deriva dal greco ὅλος e si- gnifica “tutto, intero, totale”. Si tratta di una visione globale, intendendo le parti che compongono il tutto interdipendenti fra loro. Questo significa che il nostro benessere dipende dal funzionamento armonico del complesso degli aspetti fisici, intellettuali e psichici che ci caratterizzano in quanto esseri viventi.Ogni componente influisce sul- la nostra salute globale e il malfunzionamento di una di esse condiziona, essendo il tutto collegato, il nostro stato generale. Dalla nostra condizione fisica dipende quella emotiva o mentale e viceversa in maniera reciproca.

Grazie all’intelligenza e alla volontà, con una visione oggettiva di noi stessi, abbiamo la possibilità di governare la nostra vita, di scolpire la nostra “lastra marmorea” nel modo in cui vogliamo.Con questo fine proveremo a capire come funziona il cervello, la stazione di controllo del corpo umano, non nei minimi dettagli, ma quanto basti per raggiungere l'obiettivo di “imparare ad imparare”.Tieni questa chiave d’oro, rappre- senta l’arte che consentirà di aprire la porta dell’intelletto rendendoti consapevole del processo di memorizzazione e indipendente nello studio».

Entrammo nella prima stanza, si trattava di una biblioteca. Il disordine era solo appa- rente perché tutto sembrava stare al proprio posto: lungo la parete ovale si sussegui- vano scaffali riempiti da migliaia di libri, al centro pendeva un mappamondo che girava quasi impercettibilmente su se stesso.

«Facciamo un salto indietro nel tempo, ti va?» con questa do- manda si materializzò davanti ai miei occhi un personaggio dai folti capelli biondi e dall’aria al- legra, ma allo stesso tempo com- passata. Io mi dimostrai pieno di

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curiosità e, anche senza che avessi par- lato, sembrò cogliere il mio atteggia- mento.

Mi portò davanti ad una grande scultu- ra, ancora era lontana dall’essere com- piuta, ma già si poteva distinguere una madre con in braccio un figlio che strillava piangente. Lei era nell’atto di porgere al bambino qualche oggetto che sapeva o sperava lo potesse tran- quillizzare. Il giovane si rivolse ancora a me guardandomi con occhi pieni di passione per quello che realizzava:

«Bello il fiore che hai disegnato sulla fronte, significa che ti senti ancora un

po’ bambino anche tu! Ti sarà facile ripensare alla tua infanzia, alla tua crescita che inizialmente è avvenuta in totale armonia. Il bambino è il miglior esempio che la na- tura ci offre per comprendere le diverse fasi di acquisizione. Per rapportarsi alla realtà esterna utilizza inconsciamente e spontaneamente le funzioni basilari del corpo: il pianto per comunicare le esigenze più fondamentali, come autodifesa derivata dall’istinto di sopravvivenza, e il sorriso per esprimere gioia e approvazione.

Prima di sviluppare il linguaggio si relaziona con l’ambiente esterno principalmente attraverso gesti o semplici vocalizzi. Tra gli undici e i quindici mesi inizia ad indicare e a porgere degli oggetti con intenzione, sviluppa così il linguaggio non verbale aiu- tandosi con la voce attraverso monosillabi. Tra i diciotto e i ventiquattro mesi comu- nica verbalmente attraverso frasi semplici dimostrando di capire ciò che gli dicono gli altri, risponde principalmente servendosi dei gesti. Solo verso i due anni e mezzo co- mincia a raccontare storielle manifestando così la conoscenza di qualche regola grammaticale. Via via che passa il tempo sviluppa l’inventiva tramite i giochi di im- maginazione e riesce pian piano a distinguere tra fantasia e realtà. Dopo i quattro anni utilizza il futuro, prima di questa età vive essenzialmente nel presente, non ha una cognizione chiara del tempo.

La vita fa il suo corso e ci insegna tramite la realtà materiale esterna, ma anche attra- verso noi stessi, quello che dobbiamo imparare per star bene su questo pianeta.

I bambini essendo più sensibili perché fortemente legati alla natura, come gli animali capiscono il linguaggio primordiale perché non ancora corrotti dall’impostazione ec- cessivamente razionale e dai limiti imposti dalla società occidentale. Non capiscono o non prestano attenzione ai discorsi degli adulti, ma percepiscono intensamente le loro emozioni, non partecipano ai problemi di carattere sociale, ma alle sensazioni che procurano felicità e tristezza, piacere o dolore.

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Durante la fanciullezza si impara giocando, e si è liberi di farlo, con l'immaginazione, trasportati da una forte creatività e fantasia, partecipando a questo processo con i cin- que sensi e utilizzando il proprio essere in maniera globale.

Dopo il primo settennio di vita purtroppo si verifica un cambiamento e, a mano a ma- no che si frequenta la scuola dell'obbligo, si ha una perdita di questo processo natura- le di acquisizione, come se fossimo "costretti" a crescere e quindi anche ad imparare in modo forzato. Con l'avanzare dell'età aumenta progressivamente la distanza tra noi e la nostra natura poiché, invece di riconoscerla e assecondarla, ci mettiamo contro le sue leggi, ostacolandola. E con il tempo la voce del fanciullino presente al nostro in- terno si indebolisce sempre di più fino a che non è più possibile recepirla».

Attività 1. Facciamo una piccola pausa, hai ora il tempo di completare il puzzle del castello. Se hai un corso che vorresti creare o un sapere che vorresti memo- rizzare, stila un indice degli argomenti e inventa un’immagine corrispondente al titolo che potrebbe rappresentarlo.

Poi, dopo una breve pausa continuò con un tono solenne da dotta citazione:

«è dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi, come credeva Cebes Tebano che primo in sé lo scoperse, ma lagrime ancora e tripudi suoi. Quando la nostra età è tut- tavia tenera, egli confonde la sua voce con la nostra, e dei due fanciulli che ruzzano e contendono tra loro, e, insieme sempre, temono sperano godono piangono, si sente un palpito solo, uno strillare e un guaire solo. Ma quindi noi cresciamo, ed egli resta pic- colo».

L’abitante di quella stanza era felice nel suo essere indaffarato in più cose contempo- raneamente, sembrava fosse alla scoperta di un segreto importante che si sarebbe ma- nifestato dalla riunione sinergica di tanti aspetti diversi, così diceva. Mi confidò però che quando frequentava la scuola dell'obbligo, non gli piaceva molto lo studio proprio perché era considerato un dovere visto come fine a se stesso, rappresentava per lui una costrizione che era vissuta con rifiuto, stress e a volte addirittura paura.

«Questo avviene perché, al livello generale, non essendo messi in condizione di avere uno scopo da perseguire, non percepiamo il bisogno di imparare una disciplina e di conseguenza neanche proviamo piacere nel suo studio».

Vidi allora tra le due pareti un dipinto raccapricciante, raffigurava un’aula scolastica:

alla lavagna un povero bambino torturato psicologicamente da una maestra orribile dal cui copricapo spuntavano due orecchie d’asino, aveva in mano una bacchetta che assomigliava ad un fiammifero. Il motivo dell’umiliazione erano le difficoltà del pic- colo a svolgere un semplice compito di matematica, dietro di lui le risa dei suoi com- pagni di classe.

A quel punto pensai di chiedere spiegazioni sul quadro, ma il mio interlocutore mi precedette:

«La nostra mente naturalmente sceglie quello che vuole ricordare in base a quanto lo reputa attraente. La valutazione di ciò che può essere memorizzato avviene inoltre se è recepito come novità, se funzionale al raggiungimento di un obiettivo che viene re-

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putato realizzabile, quindi non eccessivamente complicato da ottenere in quel mo- mento. Risulta fondamentale una situazione di tranquillità, cioè senza mettere in peri- colo la propria autostima e l'immagine sociale. Il bambino simbolizza il trauma e quel mancato piacere della scoperta del mondo che ci circonda in un modo sano e naturale.

Le lezioni frontali, il materiale e il metodo di studio attraverso cui impariamo a scuo- la normalmente seguono una determinata impostazione didattica, ci si serve princi- palmente del ragionamento logico e per ripetizione, come suggerisce l’operazione matematica sulla lavagna.

Insomma, si apprende in modo cosciente principalmente attraverso l'emisfero sinistro.

L’asina, con tutto il rispetto per questo intelligente animale, risulta essere la maestra che non conosce le leggi di natura.Infatti con un approccio sbilanciato verso un unico emisfero è avvantaggiato chi ha determinate caratteristiche cerebrali, i bambini in prima fila che seguono ordinati e seri l’interrogazione che si svolge davanti ai loro occhi. Essi rappresentano il piacere dei ragionamenti logici e dell’analisi dei partico- lari. In questo contesto il gioco e la fantasia, insieme alla visione globale e alla capa- cità di sintesi, perdono progressivamente la loro importanza e di riflesso si perde la

naturalità e il piacere dell'imparare.

Quante volte ci siamo sentiti ripetere «quando si studia non si gioca» oppure «prima il dovere e poi il piacere» e ci siamo rassegnati ad ab- bandonare l'insegnante pre- sente in noi stessi? Questo atteggiamento, che rappre- senta una delle cause deter- minanti il cosiddetto abbandono scolastico, ha portato all'esclusione, nel processo di formazione della nostra persona, dell’altra componente fondamentale del nostro cer- vello, l'emisfero destro.I bambini in fondo alla classe che giocano spensierati rappre- sentano l'emarginazione di quegli studenti che, anche se maggiormente in difficoltà nei compiti analitici, hanno maggiormente sviluppato le sue funzionalità: la creativi- tà, la percezione della realtà nel suo complesso, la capacità di fare collegamenti che rendono chiara e sintetica una qualsiasi materia.

A questo punto se vuoi che continui c’è bisogno della tua partecipazione, ti faccio un regalo. Si tratta della tavoletta della sintesi, è divisa in due parti, collega le definizioni e i simboli ai termini, ti aiuterà a ricordare.

Si tratta di concetti che troverai all’interno della stanza, l’attività stimolerà la tua ca- pacità intuitiva e favorirà la comprensione globale. Non preoccuparti se non conosci tutte le parole, alla fine potrai verificare autonomamente e inserire la versione defini- tiva, le immagini ti aiuteranno:

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Attività 2.

Mappamondo – chiave – freccia – candela infinita – fiammifero – operazione matematica – madre – orologio meccanico – bambini che giocano insieme

1) Olismo a) Modo di imparare profondo e stabile che genera

comprensione e produzione linguistica con proces- si automatici.

2) Competenza matetica b) Tesi secondo cui il tutto è più della somma delle parti di cui è composto (…) in filosofia del linguag- gio si parla di quelle teorie secondo le quali non è possibile determinare il significato di un enunciato isolatamente considerato, dipendendo esso dalle connessioni che intrattiene con il resto del linguag- gio.

3) Acquisizione c) è un modo di imparare in modo razionale e vo-

lontario, ma di durata relativamente breve: ha il difetto di restare impresso per poco tempo.

4) Apprendimento d) Si tratta di un compito svolto dall’emisfero sini-

stro, si concentra sulla causa e sull’effetto, sul pri- ma e dopo. È sequenziale.

5) Ragionamento logico e) Termine che indica concetti quali “autonomia dell’apprendimento” e “imparare ad imparare”.

6) Direzionalità f) Concetto basilare delle teorie neurolinguistiche, riguarda il percorso delle informazioni accolte dal cervello: dapprima attraverso l’emisfero destro passano poi a quello sinistro in un gioco di rimandi.

7) Collaborazione g) È il termine con cui Chomsky ha denominato il processo innato di acquisizione linguistica.

8) LASS, Language Acquisition Support System (si- stema di supporto all’acquisizione linguistica)

h) Partecipare insieme ad un lavoro, ad una produ- zione.

9) LAD, Language Acquisition Device (meccanismo di acquisizione delle lingue)

i) È l’aiuto che il bambino riceve dalla madre in primo luogo, ma in generale da parte degli adulti e dai bambini più grandi e a scuola dall’insegnante.

Audio 8. La tavoletta dell’intuizione prese un nuovo colore non appena la completai inserendo l’ultima immagine.

«Bene, ora possiamo proseguire il giro della stanza. Dopo la statua e il quadro ecco a te».

Mi mise fra le mani due mezze palle dallo strano incastro. Sembrava un cervello divi- so in due parti. Erano molto simili in apparenza, ma più le guardavo più notavo delle

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differenze. All’interno avevano un meccanismo, apparentemente delle ro- telle di un orologio.

Mentre mi ero perso nell’osservare i due oggetti vidi che il ragazzo giocava con il cane. Lo guardai più attenta- mente, aveva cambiato sembianze! I suoi capelli erano bianchi così come la sua folta barba. Con mio stupore mi resi conto che si trattava del maggior- domo, l’avevo perso di vista dall’ingresso della stanza, chissà dove era sparito quel ragazzo. Con gli occhi luminosi di una saggia felicità iniziò a parlare con voce profonda:

«Il solo fatto di possedere un cervello non ne determina automaticamente un suo cor- retto utilizzo proprio perché la maggior parte delle persone non conosce i suoi mec- canismi più elementari che possano facilitarne l'uso. Per prenderne consapevolezza seguiremo il metodo induttivo: per arrivare al generale partiremo dal particolare. Il mio lavoro riguarda una materia pratica ed interdisciplinare il cui obiettivo è quello di far acquisire le conoscenze, di renderle parte di se stessi in pianta stabile interioriz- zandole e depositandole nella memoria a lungo termine.Dopo che si impara ad anda- re in bici, a nuotare, o a parlare una lingua non lo si dimentica più, anche dopo diver- so tempo di inattività si agirà naturalmente. Le prime volte che guidiamo un'automo- bile abbiamo scarsa confidenza con il mezzo, dobbiamo pensare consciamente ogni volta che dobbiamo compiere un’ azione, come cambiare le marce, un movimento che con il tempo, facendo, provando e sbagliando quante volte vogliamo, diverrà spontaneo, inconscio, per questo motivo “acquisito”.

Allo stesso modo funziona la memorizzazione delle informazioni da parte del cervel- lo, il quale provvede in principio alla valutazione delle informazioni che si ricevono dall’esterno (o dall’interno), in seguito alla loro categorizzazione e memorizzazione ed infine, eventualmente, alla produzione delle idee che verranno concretizzate attra- verso azioni o discorsi».

Mi invitò allora a incastrare quelle semisfere dicendo che solo così avrebbero deter- minato un risultato più alto della loro somma.

«Entrambi gli emisferi collaborano al processo naturale di acquisizione secondo uno schema preciso spiegato dalla teoria della direzionalità. Le informazioni, recepite dapprima attraverso l'emisfero destro, piacevolmente entrano nel cervello quando in- consciamente ci sentiamo attratti da una qualsiasi conoscenza. L’input passa all’emisfero sinistro, il quale riconosce il bisogno concreto, l’utilità di un certo sape- re, per ritornare al destro in un gioco di alternanze. Per imparare bisogna fare, quindi provare e sbagliare, utilizzando queste magiche semi-sfere insieme. Per essere dei

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bravi studenti è necessario prendere coscienza di sé, diventare consapevoli e respon- sabili del proprio percorso di acquisizione cercando di adottare il metodo adeguato, riconoscibile in quanto in totale accordo con le nostre specifiche caratteristiche e fun- zionalità cerebrali, alla natura e quindi alla nostra spontaneità.

Seguendo questi principi, che rappresentano il meccanismo di funzionamento natura- le del cervello umano, validi in generale per tutti anche se applicabili in modo diver- sificato in base alle caratteristiche di ognuno, ogni problema sarà risolto con più faci- lità e ogni sapere acquisito più velocemente.Se si vuole essere autonomi, sarebbe uti- le dapprima essere consapevoli in prima persona dei motivi per cui si è scelto di stu- diare e quindi degli obiettivi e dei bisogni che si intendono soddisfare. Chi vuole im- parare sarà pertanto portato ad essere indipendente, attraverso l'acquisizione del me- todo di studio, e partecipe nella scelta del suo percorso di apprendimento scegliendo le tecniche che considera più congeniali a se stesso. È necessario inoltre fare un breve accenno alla situazione con la quale ci si deve confrontare generalmente per impara- re: un corso frequentato da altre persone. Il gruppo classe dovrebbe considerarsi alla stregua di una piccola comunità, dove gli studenti, come cellule di un corpo, si aiuta- no a vicenda, non per prendere un bel voto, considerato a torto il fine, ma per impara- re dal confronto costruttivo e crescere intellettualmente.

Quante volte ci siamo sentiti ripetere «quando si studia non si gioca» oppure «prima il dovere e poi il piacere» e ci siamo rassegnati ad abbandonare l'insegnante presente in noi stessi? Questo atteggiamento, che rappresenta una delle cause determinanti il cosiddetto abbandono scolastico, portando all'esclusione, nel processo di formazione della nostra persona, di una componente fondamentale del nostro cervello.

Nel contesto della classe si diventa coprotagonisti entrando in rapporto con altre per- sone che hanno un obiettivo che in generale rispecchia il proprio. Instaurando un cli- ma di collaborazione, attraverso lo scambio di idee, aggiungiamo più informazioni che ci portano poi a migliorare il nostro punto di vista, o a non commettere più degli errori, per esempio, linguistici. Se dobbiamo risolvere un problema o perseguire un obiettivo sarà più facile farlo in un gruppo in cui si uniscono tutte le competenze piut- tosto che sfruttando solo le nostre singole capacità, magari per sovrastare gli altri, se- guendo una logica competitiva.

Si considerano essere controproducenti quelle situazioni in cui prevale la competizio- ne, che è positiva solo se intesa come sfida con se stessi o in una situazione ludica, al- trimenti è contro natura, infatti nel nostro mondo ha sempre portato a guerre e distru- zioni».

«La comunicazione è obiettivo e strumento allo stesso tempo. Attraverso il dialogo con gli altri, ma anche con se stessi, si partoriscono le idee, si costruisce la conoscen- za e si fa filosofia, in poche parole si crea, o forse si ricorda il sapere.Ogni persona possiede queste potenzialità. Non si può delegare nessuno che curi i nostri interessi fondamentali, per questo dobbiamo essere noi in prima persona "autisti del nostro cervello" e non lasciare questo compito o la responsabilità esclusivamente all'inse- gnante.

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